N. 220 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Gioco e scommesse - Uso degli  apparecchi  da  gioco  -  Liberta'  di
  apertura  di  nuovi  esercizi  commerciali  -  Poteri  normativi  e
  provvedimentali dei Comuni e delle Province. 
- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
  sull'ordinamento degli enti  locali),  artt.  42  e  50,  comma  7;
  decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita, l'equita' e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici)  -
  convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22
  dicembre 2011, n. 214 - art. 31, comma 2. 
-   
(GU n.31 del 23-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 42  e  50,
comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti  locali),  nonche'  dell'art.
31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 22 dicembre 2011, n. 214, promosso dal Tribunale amministrativo
regionale per il Piemonte, con ordinanze del 18  settembre  2012,  14
febbraio e 24 aprile 2013, rispettivamente iscritte  al  n.  292  del
registro ordinanze del  2012  ed  ai  nn.  115  e  161  del  registro
ordinanze  del  2013,  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale   della
Repubblica nn. 1, 22 e 28, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione  di  Rosa  Giglio  ed  altri,  del
Comune di Rivoli, di Lottomatica Videolot Rete spa e  del  Comune  di
Santhia', nonche' gli atti di intervento del CODACONS ed altra, e del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  dell'8  luglio  2014  il  Giudice   relatore
Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Saverio Sticchi  Damiani  per  Rosa  Giglio  e
altri, Beniamino Caravita di Toritto per  Lottomatica  Videolot  Rete
spa, Marco Pizzetti per il Comune di Rivoli, Luca Di Raimondo per  il
Comune di Santhia' e l'avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo  regionale  per  il  Piemonte  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 32 e 118 Cost. -  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 42 e 50, comma 7, del decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali), nonche' dell'art. 31,  comma  2,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per
la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, nella  parte  in  cui  tali  disposizioni  non
prevedono la competenza dei  Comuni  ad  adottare  atti  normativi  e
provvedimentali volti a limitare l'uso degli apparecchi da  gioco  di
cui al comma 6 dell'art. 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza),  in
ogni esercizio a cio' autorizzato ai sensi dell'art. 86 dello  stesso
r.d. n. 773 del 1931. 
    2.- In particolare l'art. 50, comma 7, del d.lgs. 18 agosto 2000,
n. 267, prevede che «Il sindaco, altresi',  coordina  e  riorganizza,
sulla  base  degli  indirizzi  espressi  dal  consiglio  comunale   e
nell'ambito dei criteri eventualmente  indicati  dalla  Regione,  gli
orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi
pubblici,  nonche',  d'intesa  con  i  responsabili  territorialmente
competenti delle amministrazioni interessate, gli orari  di  apertura
al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine
di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive
e generali degli utenti». 
    Viene inoltre censurata, in  riferimento  agli  stessi  parametri
degli artt. 32 e 118 Cost., la disposizione dell'art.  31,  comma  2,
del d.l. n. 201 del 2011, il quale prevede che «Secondo la disciplina
dell'Unione Europea e nazionale in materia di  concorrenza,  liberta'
di  stabilimento  e  libera  prestazione  di   servizi,   costituisce
principio generale dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura
di nuovi  esercizi  commerciali  sul  territorio  senza  contingenti,
limiti territoriali  o  altri  vincoli  di  qualsiasi  altra  natura,
esclusi quelli connessi alla tutela  della  salute,  dei  lavoratori,
dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei  beni  culturali.
Le Regioni e gli enti  locali  adeguano  i  propri  ordinamenti  alle
prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto.». 
    Il TAR ha infine sollevato - sempre con riferimento  ai  medesimi
parametri - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42 del
d.lgs. n. 267 del 2000, il quale stabilisce le funzioni attribuite ai
consigli  comunali,  comprendendovi,  fra  le  altre,  la  competenza
regolamentare. 
    2.1.- Le prime due ordinanze di rimessione (r.o. n. 292 del  2012
e n. 115 del 2013) traggono origine dai  giudizi  aventi  ad  oggetto
l'impugnazione dell'ordinanza 23 maggio 2012, n. 263, con la quale il
sindaco  del  Comune  di  Rivoli  ha  disposto   limitazioni   orarie
all'utilizzo di  apparecchi  da  gioco,  nonche'  l'impugnazione  del
regolamento comunale per le sale  giochi  e  per  l'installazione  di
apparecchi elettronici o da gioco, approvato con delibera  consiliare
del 21 dicembre 2011, n. 124. 
    Il  TAR  evidenzia  che  l'ordinanza   sindacale   impugnata   fa
applicazione dell'art. 50, comma 7,  del  d.lgs.  n.  267  del  2000;
riferisce  inoltre  che,  a  sostegno  dell'impugnativa,   le   parti
ricorrenti hanno contestato -  fra  l'altro  -  la  contrarieta'  del
regolamento e dell'ordinanza impugnata alle disposizioni nazionali in
tema di liberalizzazione degli orari di  apertura  e  chiusura  degli
esercizi commerciali; la violazione  delle  norme  costituzionali  in
tema di riparto  delle  competenze  legislative  (art.  117,  secondo
comma, lettera h, Cost.), nonche' la violazione degli artt. 50  e  54
del d.lgs. n. 267 del 2000. 
    Nella terza ordinanza di rimessione (r.o. n. 161  del  2013),  il
TAR - dato atto di avere annullato  due  ordinanze  del  sindaco  del
Comune di Santhia' limitative dell'apertura di sale giochi nel centro
storico - riferisce di essere chiamato a valutare la legittimita' del
regolamento dello stesso Comune per la disciplina delle sale  giochi,
approvato con delibera consiliare del 20 dicembre  2011,  n.  92.  In
questo  caso,  osserva  il  TAR,  il  Comune  resistente   ha   fatto
applicazione «di un potere di disciplina limitativa in via  ordinaria
di attivita' che possono  pregiudicare  categorie  della  popolazione
meritevoli di specifica tutela, la  cui  fonte  andrebbe  individuata
nell'art. 42 e nell'art. 50, comma 7, TUEL». 
    2.2.- In tutte le ordinanze  di  rimessione,  il  giudice  a  quo
osserva, in punto di rilevanza, che le questioni di costituzionalita'
coinvolgono i presupposti normativi sui quali  si  fondano  gli  atti
impugnati,  dal  momento  che  il  petitum  sostanziale  delle  parti
ricorrenti consiste nella negazione della  competenza  in  capo  agli
enti locali del potere di limitare l'uso degli apparecchi da gioco di
cui al comma 6 dell'art. 110 del r.d.  18  giugno  1931,  n.  773;  a
questo riguardo, il giudice a quo sottolinea il carattere preliminare
della censura  riguardante  l'incompetenza  dell'autorita'  emanante,
rispetto alle altre censure dei ricorrenti. 
    2.3.- Quanto alla non manifesta  infondatezza,  nelle  prime  due
ordinanze,  derivanti  dai  giudizi  di  impugnazione  dell'ordinanza
sindacale di Rivoli, il TAR  osserva  che  la  stessa  sarebbe  stata
adottata in difetto dei presupposti di cui all'art. 50, comma 7,  del
d.lgs. n. 267 del 2000, poiche' il sindaco non si sarebbe limitato  a
esercitare  la  potesta'  di  coordinamento  e  riorganizzazione  del
commercio  attribuita  dalla  disposizione  censurata,  ma   avrebbe,
invece, apportato limitazioni in ordine alla  localizzazione  e  alla
fascia oraria di utilizzo e funzionamento degli apparecchi da  gioco,
con cio' ponendosi in contrasto - in particolare - con i principi  di
cui alla lettera d-bis) dell'art. 3, comma 1, della  legge  4  agosto
2006,  n.  248  (Conversione  in  legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per
il  rilancio  economico  e  sociale,  per  il   contenimento   e   la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione  fiscale),   cosi'   come
modificata dallo stesso art. 31  del  d.l.  n.  201  del  2011.  Tale
disposizione prevede infatti che  «[...]  le  attivita'  commerciali,
come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e  di
somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza  i  seguenti
limiti e prescrizioni:  [...]  d-bis)  il  rispetto  degli  orari  di
apertura e di chiusura». 
    Nella terza ordinanza, emessa nel giudizio  di  impugnazione  del
regolamento consiliare di Santhia', il TAR rileva che non si rinviene
nell'ordinamento una norma che attribuisca ai  Comuni  il  potere  di
adottare, mediante l'ordinario strumento del regolamento  consiliare,
una disciplina valida per  il  territorio  comunale  degli  orari  di
utilizzo degli apparecchi da gioco, dovendosi riscontrare, dunque, la
carenza di una adeguata base normativa per l'esercizio  del  relativo
potere da parte dell'ente locale. 
    Nell'ambito di tutte le ordinanze di rimessione, il  TAR  ritiene
quindi che i provvedimenti impugnati siano stati adottati al di fuori
di una competenza comunale, in una materia disciplinata  dalla  legge
statale. 
    2.4.- Il TAR richiama la sentenza  n.  115  del  2011  di  questa
Corte, la quale ha dichiarato costituzionalmente  illegittimo  l'art.
54, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, come sostituito dall'art.  6
del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di
sicurezza pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 24 luglio 2008,  n.  125,  nella  parte  in  cui
comprende la locuzione «, anche», prima delle parole «contingibili  e
urgenti»; in tale pronuncia si afferma che per il legittimo esercizio
da parte del sindaco del potere di cui  all'art.  54,  comma  4,  del
d.lgs. n. 267 del 2000, e' indispensabile che ricorrano,  nell'ambito
del territorio comunale interessato, i presupposti  di  «urgenza»,  a
fronte  del  verificarsi  di  eventi  di  danno  o  di  pericolo  non
fronteggiabili con le misure ordinarie. 
    Peraltro, il giudice a  quo  ritiene  che  nella  fattispecie  il
Comune non abbia applicato l'art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267  del
2000, bensi' un potere normativo - individuato dall'art. 50, comma 7,
del d.lgs. n. 267 del 2000 - che limita in via ordinaria le attivita'
che possono pregiudicare categorie della  popolazione  meritevoli  di
specifica  tutela.  A  questo  riguardo,  il  TAR  osserva  che   «la
diffusione degli apparecchi da gioco leciti non  costituisce  di  per
se'  una  motivazione  sufficiente  per  intervenire  al   di   fuori
dell'ordinaria distribuzione delle competenze». 
    2.5.- Ne' d'altra parte, ad avviso del TAR,  sarebbe  rinvenibile
nell'ordinamento una norma che attribuisca ai  Comuni  il  potere  di
adottare una disciplina dell'orario di utilizzo degli  apparecchi  da
gioco. L'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, e  l'art.  31,
comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 determinerebbero  quindi  l'assenza
di principi normativi di contrasto della patologia ormai riconosciuta
e denominata «ludopatia». 
    Pertanto, solo attraverso una declaratoria di incostituzionalita'
delle disposizioni censurate ed, in  particolare,  riconoscendo  agli
enti  locali  una  specifica  funzione  di  contrasto  del   fenomeno
patologico, in  applicazione  dei  principi  di  prossimita'  con  la
collettivita'  locale  e  di   sussidiarieta'   tra   amministrazioni
pubbliche, si doterebbe  l'ordinamento  giuridico  di  strumenti  per
un'azione  amministrativa  volta  ad   arginare   la   disponibilita'
illimitata dell'offerta  di  gioco,  limitandone  gli  ingenti  costi
sociali, mediante la delimitazione dei  periodi  della  giornata  nei
quali si manifestano con piu' evidenza  i  fenomeni  di  devianza  ed
emarginazione sociale di soggetti appartenenti ai ceti piu' deboli. 
    La violazione dei principi di cui  agli  artt.  118  e  32  Cost.
discenderebbe proprio dalla mancata attribuzione agli enti locali del
potere di disciplina sussidiaria in funzione di tutela dei cittadini,
anche al di fuori di una situazione di  emergenza,  ovvero  di  grave
pericolo per l'incolumita' pubblica e la sicurezza  urbana,  prevista
dall'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000. 
    2.6.- D'altra parte,  non  sarebbe  sufficiente  a  garantire  la
tutela delle categorie deboli la disciplina dell'art.  1,  comma  70,
della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di  stabilita'
2011), la quale demanda all'Amministrazione autonoma dei monopoli  di
Stato, di concerto con il Ministero della salute, la  predisposizione
di linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il  recupero  di
fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo. 
    Anche la circolare dell'Agenzia delle entrate 13 maggio 2005,  n.
21, applicativa dell'art. 1, comma 497, della legge 30 dicembre 2004,
n. 311  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello  Stato  -  legge  finanziaria  2005),  in  tema  di
esenzione IVA per la raccolta delle giocate  con  gli  apparecchi  da
intrattenimento, sarebbe  volta  a  salvaguardare  esclusivamente  la
stabilita' del gettito tributario, anche a sacrificio di interessi di
rango superiore, con conseguente violazione dei principi di cui  agli
artt. 118 e 32 Cost. 
    2.7.- Il TAR richiama inoltre la sentenza n. 300 del 2011, che ha
escluso la violazione della riserva  di  legge  statale  in  tema  di
ordine pubblico, laddove lo scopo  delle  norme  non  sia  quello  di
evitare che dalle attivita' in questione possano derivare conseguenze
penalmente rilevanti, ma esclusivamente quello di  «preservare  dalle
implicazioni  negative  del  gioco,  anche  se  lecito,   determinate
categorie di persone, non in grado, per le loro condizioni personali,
di  gestire  in   modo   adeguato   l'accesso   a   tale   forma   di
intrattenimento». 
    Nel caso in questione, le disposizioni censurate hanno riguardo a
situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo  di
commissione di fatti penalmente illeciti o di  turbativa  dell'ordine
pubblico, inteso  nei  termini  dianzi  evidenziati,  preoccupandosi,
piuttosto, delle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce
di consumatori psicologicamente piu' deboli, nonche' dell'impatto sul
territorio  dell'afflusso  degli  utenti  verso  detti  giochi.  Tali
caratteristiche varrebbero quindi ad escludere che  la  normativa  in
esame  sia  riconducibile  alla  competenza  legislativa  statale  in
materia di «ordine pubblico e sicurezza», materia  che  attiene  alla
«prevenzione dei reati  ed  al  mantenimento  dell'ordine  pubblico»,
inteso questo quale «complesso  dei  beni  giuridici  fondamentali  e
degli interessi pubblici primari sui  quali  si  regge  l'ordinata  e
civile convivenza nella comunita' nazionale» (ex  plurimis,  sentenza
n. 35 del 2011). 
    Ad avviso del giudice a quo, gli «interessi pubblici primari» che
vengono in rilievo sarebbero unicamente gli interessi  essenziali  al
mantenimento di un'ordinata convivenza civile: infatti,  diversamente
opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione delle  nozioni  di
sicurezza e ordine  pubblico,  tale  da  porre  in  crisi  la  stessa
ripartizione  costituzionale  delle   competenze   legislative,   con
l'affermazione di una preminente competenza  statale,  potenzialmente
riferibile a ogni tipo di attivita'. La semplice circostanza  che  la
disciplina normativa attenga a un  bene  giuridico  fondamentale  non
varrebbe, dunque, di per se', a  escludere  la  potesta'  legislativa
regionale o provinciale, radicando quella statale. 
    2.8.- Il giudice rimettente  evidenzia  inoltre  che  il  recente
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1,  della  legge  8  novembre  2012,  n.  189,  all'art.  7  ha
qualificato come ludopatie i fenomeni patologici connessi all'uso  di
apparecchiature per il gioco, attribuendo alla relativa normativa  di
contrasto la valenza di una  disciplina  della  salute  pubblica,  ai
sensi dell'art. 32 Cost. Inoltre, il comma 10  del  medesimo  art.  7
prevede la pianificazione, da parte dell'Amministrazione autonoma dei
monopoli di Stato, di forme di progressiva ricollocazione  dei  punti
della rete fisica di raccolta del gioco, territorialmente prossimi  a
istituti scolastici  primari  e  secondari,  strutture  sanitarie  ed
ospedaliere,  luoghi  di  culto;  ai  fini  di  tali  pianificazioni,
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di  Stato  tiene  conto,  tra
l'altro,  delle  proposte  motivate  dei   Comuni.   Tuttavia,   tali
pianificazioni operano solo rispetto alle concessioni di raccolta  di
gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore
della legge di  conversione  del  decreto;  sono  quindi  escluse  le
autorizzazioni gia' rilasciate. 
    Pertanto,  ad  avviso  del  TAR,   la   normativa   vigente   non
realizzerebbe la tutela della salute pubblica, mediante il  contrasto
dei fenomeni di «ludopatia», in quanto la stessa non  terrebbe  conto
delle concessioni  bandite  in  data  anteriore  alla  disciplina  di
conversione del d.l. n. 158 del 2012. 
    2.9.- D'altra parte, con riferimento  alla  violazione  dell'art.
118 Cost., il TAR richiama la sentenza n. 14 del  2012,  nella  quale
ritiene di ravvisare il riconoscimento in capo al Comune  del  potere
di  individuare  limitazioni  e  destinazioni  ulteriori  e   diverse
rispetto  a  quelle  predefinite  dalla  legislazione   nazionale   e
regionale, nell'ambito della pianificazione del  territorio  e  delle
attivita' economiche. E tuttavia  tale  potere  sindacale  -  che  si
porrebbe in linea con l'autonomia riconosciuta anche  ai  Comuni  dal
Titolo  V  della  Costituzione,  e  segnatamente  con   la   potesta'
regolamentare riconosciuta dall'art. 117, sesto comma,  Cost.  -  non
sarebbe conferito ai  Comuni  da  alcuna  specifica  disposizione  di
legge. 
    3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio relativo al reg. ord. n. 292 del 2012 con memoria depositata
il  22  gennaio  2013  in  cui  ha  eccepito,  in  via   preliminare,
l'inammissibilita'  delle  questioni  sollevate  dal  TAR,  sotto  il
profilo del difetto di rilevanza, in quanto l'art. 50, comma  7,  del
d.lgs.  n.  267  del  2000,  non  costituirebbe  il  fondamento   dei
provvedimenti  impugnati;  infatti,  la  disposizione  in  esame   si
limiterebbe a disciplinare il potere  del  sindaco  di  coordinare  e
organizzare  gli  orari  di  apertura  al  pubblico  degli   esercizi
commerciali, senza peraltro affidare allo stesso alcuna competenza in
materia di limitazioni all'uso degli apparecchi di gioco  ubicati  in
tali esercizi. 
    A fronte delle censure formulate dal TAR con riferimento all'art.
50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, l'Avvocatura generale  dello
Stato  suggerisce  un'interpretazione  costituzionalmente   orientata
della norma dell'art. 54, comma  4,  del  d.lgs.  n.  267  del  2000,
conseguente all'intervento  parzialmente  demolitorio  operato  dalla
sentenza n. 115 del 2011, la quale potrebbe portare a  rinvenire  nel
potere   d'ordinanza   contingibile   e   urgente,   il    fondamento
giustificativo dell'intervento dell'ente locale  in  questa  materia,
intervento che viceversa il TAR  rimettente  ritiene  precluso  dalla
legislazione vigente. 
    Nel merito, l'Avvocatura dello Stato deduce l'infondatezza  delle
censure formulate nelle ordinanze di rimessione. La materia del gioco
lecito dovrebbe infatti essere  ricondotta  alla  tutela  dell'ordine
pubblico e della sicurezza, che  la  lettera  h)  del  secondo  comma
dell'art. 117 Cost. riserva allo Stato. E  d'altra  parte,  dall'art.
118 Cost.  discenderebbe  che  la  materia  dell'«ordine  pubblico  e
sicurezza» debba essere attribuita agli organi statali,  in  modo  da
garantirne un esercizio unitario su tutto il territorio nazionale. 
    D'altra parte, la drastica limitazione  degli  orari  delle  sale
giochi opererebbe esclusivamente come uno strumento  espulsivo  e  di
sradicamento  (in  contrasto  con  l'art.  41  Cost.  e  la   recente
liberalizzazione) per alcune attivita' gia' insediate sul  territorio
comunale,  senza  alcun   beneficio   sistemico,   in   quanto   cio'
determinerebbe un incremento del  pendolarismo  dei  giocatori  verso
altre localita' piu' permissive. 
    Analoghe  argomentazioni  sono   state   svolte   dall'Avvocatura
generale dello Stato nelle successive  memorie  del  13  giugno  2013
(reg. ord. n. 115 del 2013) e del 30 luglio 2013 (reg.  ord.  n.  161
del 2013). 
    4.- Il Comune di Rivoli si e' costituito  nel  giudizio  relativo
alla ordinanza n. 292 del  2012  e  ha  chiesto  che  la  Corte,  con
sentenza interpretativa, dichiari che le disposizioni  censurate  non
ostano all'esercizio di poteri regolamentari  e  provvedimentali  dei
Comuni volti a limitare - per esigenze di carattere socio-sanitario -
l'uso degli apparecchi da gioco negli esercizi  autorizzati.  In  via
subordinata, la difesa del  Comune  di  Rivoli  ha  chiesto  che  sia
dichiarata l'illegittimita' delle disposizioni censurate, nella parte
in cui determinano una situazione di assenza di principi normativi  a
contrasto della patologia, ormai  riconosciuta,  della  ludopatia  ed
escludono la competenza  dei  Comuni  ad  emanare  atti  normativi  e
provvedimentali volti a limitare  l'uso  degli  apparecchi  da  gioco
autorizzati. 
    5.- Nel giudizio relativo all'ordinanza di rimessione n. 292  del
2012, si sono costituite tutte le parti private  ricorrenti  e,  dopo
avere riferito lo svolgimento del processo a quo, hanno  chiesto  che
la Corte dichiari inammissibili e comunque infondate le questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dal TAR. 
    6.- Nel giudizio relativo all'ordinanza di rimessione n. 115  del
2013, il 17 giugno 2013 si e' costituita  la  ricorrente  Lottomatica
Videolot Rete  spa,  chiedendo  che  le  questioni  siano  dichiarate
inammissibili e comunque infondate. In particolare, nella memoria del
17  giugno  2014,  la  stessa  parte  ha  evidenziato,  in  punto  di
ammissibilita', la  carenza,  nell'ordinanza  di  rimessione,  di  un
petitum  unico  e  definito  e  la  conseguente   impossibilita'   di
individuare i precisi confini dell'intervento invocato dal giudice  a
quo. La societa' ricorrente ha eccepito che le censure formulate  dal
TAR postulano un intervento additivo di sistema, che esula dai poteri
della Corte. 
    Nel  merito,  Lottomatica   ha   dedotto   l'infondatezza   della
questione, in considerazione della competenza statale in  materia  di
«tutela della salute»; ed ha osservato che, d'altra  parte,  gia'  al
momento dell'adozione degli atti comunali impugnati  nel  giudizio  a
quo,  sarebbe  stata  adottata  una  disciplina  nazionale  volta   a
contrastare le patologie legate al gioco,  da  ultimo  integrata  dal
d.l. n. 158 del 2012. 
    La questione sollevata dal  TAR  sarebbe  altresi'  infondata  in
considerazione della connessione tra la disciplina del gioco lecito e
la «materia della sicurezza, ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera h), Cost., la quale non si esaurisce nell'adozione di  misure
relative alla prevenzione e repressione dei reati,  ma  comprende  la
tutela dell'interesse generale  alla  incolumita'  delle  persone,  e
quindi  la  salvaguardia  di   un   bene   che   abbisogna   di   una
regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale» (sentenza
n. 21 del 2010). 
    Inoltre, la dedotta incostituzionalita' degli artt. 50, comma  7,
del d.lgs. n. 267 del 2000 e 31, comma 2, del d.l. n. 201  del  2011,
dovrebbe essere esclusa anche in considerazione dei riflessi  che  la
materia del gioco lecito determina sulla liberta'  costituzionale  di
iniziativa economica ed imprenditoriale, sancita dall'art. 41 Cost. 
    Infine, sotto un diverso profilo, la questione sarebbe  infondata
anche alla luce della competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
«tutela della concorrenza»  (art.  117,  secondo  comma,  lettera  e,
Cost.); ed invero, laddove si riconoscesse ai Comuni la  possibilita'
di limitare l'offerta  di  giochi  mediante  gli  apparecchi  di  cui
all'art.  110,  comma  6,  del  r.d.  18  giugno  1931,  n.  773,  si
rimetterebbe a tali enti il potere di ostacolare  lo  svolgimento  di
un'attivita'  economica  lecita,  con  rischio  di  compromettere  il
principio di liberalizzazione, sotteso al citato art. 31 del d.l.  n.
201 del 2011. 
    7.- Nel giudizio relativo all'ordinanza di rimessione n. 161  del
2013, si e' costituito il Comune di Santhia',  il  quale  ha  chiesto
l'accoglimento della questione di legittimita'  costituzionale  degli
artt. 42 e 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, nonche' dell'art.
7 del d.l. n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni,  dalla  l.
n. 189 del 2012. 
    Il Comune ha dedotto in particolare che, in  forza  della  tutela
costituzionale assicurata al diritto alla salute e  dei  principi  di
sussidiarieta' e adeguatezza, al Comune debba essere riconosciuto  il
potere di introdurre limitazioni alla  distribuzione  sul  territorio
delle sale da gioco attraverso l'imposizione sia di  distanze  minime
tra queste e i luoghi sensibili, sia di ragionevoli orari di apertura
di tali attivita'. D'altra parte, e' lo  stesso  art.  118  Cost.  ad
individuare nel  Comune  il  necessario  titolare  di  ogni  funzione
amministrativa; pertanto, la omessa attribuzione  al  Comune  di  una
funzione amministrativa determinerebbe l'inefficacia  dell'intervento
comunale. 
    8.- Nel medesimo giudizio relativo all'ordinanza n. 161 del 2013,
con atto depositato l'8 agosto  2013  sono  intervenuti  il  CODACONS
(Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente  e  dei
diritti degli utenti e dei consumatori) e l'AIDMA Onlus (Associazione
italiana per i diritti del malato),  chiedendo  l'accoglimento  della
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 42 e  50,  comma
7, del d.lgs. n. 267 del 2000, per violazione degli artt.  118  e  32
Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo  regionale  per  il  Piemonte  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 32 e 118 Cost. -  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 42 e 50, comma 7, del decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali), nonche' dell'art. 31,  comma  2,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per
la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, nella  parte  in  cui  tali  disposizioni  non
prevedono la competenza dei  Comuni  ad  adottare  atti  normativi  e
provvedimentali volti a limitare l'uso degli apparecchi da  gioco  di
cui al comma 6 dell'art. 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza),  in
ogni esercizio a cio' autorizzato ai sensi dell'art. 86 dello  stesso
r.d. n. 773 del 1931. 
    2.- Le tre ordinanze di rimessione pongono questioni identiche, o
tra  loro  strettamente  connesse,  in   relazione   alla   normativa
censurata. 
    Ed  invero,  lo  stesso  giudice  rimettente  -   ravvisando   la
violazione  dei  medesimi  parametri  costituzionali  -  denuncia  le
disposizioni sopra indicate, che disciplinano i  poteri  normativi  e
provvedimentali attribuiti agli  organi  rappresentativi  degli  enti
locali, nella parte in cui le stesse disposizioni non  prevedono  che
tali poteri possano essere  esercitati  con  finalita'  di  contrasto
della diffusione del gioco di azzardo patologico. 
    I giudizi, pertanto,  vanno  riuniti  per  essere  congiuntamente
esaminati e decisi con unica pronuncia. 
    3.-  In  via  preliminare,   va   dichiarata   l'inammissibilita'
dell'intervento del CODACONS e dell'AIDMA Onlus nel giudizio relativo
all'ordinanza di rimessione n. 161 del 2013. 
    Ed invero - a prescindere  dalla  legittimazione  ad  intervenire
delle associazioni sopra indicate - l'intervento e' avvenuto oltre il
termine di cui all'art. 4  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, termine che, secondo  il  costante
orientamento di questa Corte, deve essere ritenuto perentorio (tra le
molte, sentenza n. 303 del 2010) e che non  risulta  osservato  dalle
parti intervenienti sopra indicate (l'ordinanza di rimessione del TAR
Piemonte e' stata pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale,  prima  serie
speciale, n. 28 del 10 luglio 2013, mentre l'atto  di  intervento  e'
stato depositato l'8 agosto 2013). 
    4.- Va inoltre rilevata l'inammissibilita' delle deduzioni svolte
dal Comune di Santhia', volte ad estendere il thema decidendum - come
fissato  nell'ordinanza  di  rimessione  -  anche  all'art.   7   del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189. 
    Infatti, per costante giurisprudenza di questa  Corte,  l'oggetto
del giudizio di legittimita' costituzionale  in  via  incidentale  e'
limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di
rimessione; non possono, pertanto, essere  presi  in  considerazione,
oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni  o  profili  di
costituzionalita' dedotti dalle parti, sia  eccepiti,  ma  non  fatti
propri dal  giudice  a  quo,  sia  volti  ad  ampliare  o  modificare
successivamente il contenuto delle stesse ordinanze  (fra  le  molte,
sentenze n. 271 del 2011, n. 236 e n. 56 del 2009, n. 86 del  2008  e
n. 244 del 2005; ordinanza n. 174 del 2003). 
    5.- La questione relativa all'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267
del 2000, e' inammissibile. 
    5.1.- Il TAR Piemonte dubita - con riferimento agli  artt.  32  e
118 Cost. - della legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma  7,
del d.lgs. n.  267  del  2000,  che  disciplina  poteri  normativi  e
provvedimentali attribuiti al sindaco, nella parte in cui non prevede
che tali poteri possano essere esercitati con finalita' di  contrasto
del  fenomeno  del  gioco  di   azzardo   patologico   (g.a.p.).   In
particolare, il rimettente individua, nella  capillare  e  illimitata
disponibilita' sul territorio  delle  apparecchiature  per  il  gioco
lecito, la causa della recente emersione di gravi  forme  di  disagio
sociale legate all'utilizzo di tali  apparecchiature  e  denuncia  il
contrasto tra il bene tutelato dall'art. 32 Cost. e  la  mancanza  in
capo agli enti  locali  del  potere  di  adottare  atti  normativi  e
provvedimentali per arginare la diffusione di una patologia che, come
questa, lo mette a repentaglio. 
    Tuttavia, il giudice a quo omette di considerare che l'evoluzione
della giurisprudenza amministrativa,  sia  di  legittimita',  sia  di
merito, ha elaborato un'interpretazione dell'art. 50,  comma  7,  del
d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile  con  i  principi  costituzionali
evocati, nel senso di ritenere che la stessa  disposizione  censurata
fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione. 
    In particolare, e'  stato  riconosciuto  che  -  in  forza  della
generale previsione dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000
- il sindaco puo' disciplinare gli orari delle sale  giochi  e  degli
esercizi nei quali siano installate apparecchiature per  il  gioco  e
che cio' puo' fare per esigenze di tutela della salute, della  quiete
pubblica, ovvero della circolazione stradale. 
    E' pur vero che non sono mancate, anche recentemente, pronunce di
segno  contrario,  le  quali  hanno  affermato  l'illegittimita'  dei
provvedimenti in questione, rilevando  l'incompetenza  dell'autorita'
emanante; tuttavia il TAR omette di confrontarsi con altre  possibili
soluzioni  interpretative,  limitandosi  a  richiamare  solo   alcune
pronunce di merito, a sostegno della illegittimita'  delle  ordinanze
in esame. 
    La diversa interpretazione della norma  impugnata  (nello  stesso
senso auspicato dal giudice rimettente) e' confermata dalle  pronunce
nelle quali il Consiglio di  Stato  ha  affrontato  lo  stesso  thema
decidendum oggetto del presente scrutinio, relativo alla legittimita'
di ordinanze sindacali limitative degli orari di apertura delle  sale
giochi, ai sensi dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267  del  2000,
per i motivi sopra indicati (Consiglio di Stato, sentenza n. 3271 del
2014; ordinanze n. 2133, n. 996 del 2014 e  n.  2712  del  2013;  TAR
Lombardia, Brescia, sentenza n. 1484 del 2012; TAR Campania, sentenza
n. 2976 del 2011; TAR Lazio, sentenza n. 5619 del 2010). 
    Sotto un diverso profilo, il TAR rimettente omette di considerare
che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle  sale
da gioco attraverso l'imposizione  di  distanze  minime  rispetto  ai
cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresi' essere ricondotto alla
potesta' degli enti locali in materia di pianificazione e governo del
territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge  ordinaria
conferiscono al Comune le relative funzioni. 
    Dello stesso avviso e' il Consiglio di Stato quando  afferma  che
l'esercizio del potere di pianificazione non puo' essere inteso  solo
come un coordinamento delle potenzialita'  edificatorie  connesse  al
diritto di proprieta', ma deve  essere  ricostruito  come  intervento
degli enti esponenziali sul proprio  territorio,  in  funzione  dello
sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che  tenga  conto  sia
delle potenzialita' edificatorie dei suoli, sia di valori  ambientali
e paesaggistici, sia di esigenze di  tutela  della  salute  e  quindi
della vita salubre degli abitanti (Consiglio di  Stato,  sentenza  n.
2710 del 2012). 
    La non adeguata utilizzazione dei poteri  interpretativi  che  la
legge riconosce al giudice rimettente e la  mancata  esplorazione  di
diverse,  pur  praticabili,  soluzioni  ermeneutiche,   costituiscono
omissioni tali da rendere inammissibile la  questione  (ex  plurimis,
ordinanze n. 304 e n. 102 del 2012). 
    6.- La questione relativa all'art. 31, comma 2, del d.l.  n.  201
del 2011 e' inammissibile. 
    6.1.- Va preliminarmente rilevato che, sia nel  dispositivo,  sia
nella parte motivazionale, il TAR ha indicato,  tra  le  disposizioni
impugnate, il primo comma dell'art. 31 del  d.l.  n.  201  del  2011,
ancorche' emerga con estrema chiarezza -  dal  contenuto  complessivo
delle  ordinanze  di  rimessione  -  che  le  censure  riguardano  la
disposizione del secondo comma del medesimo art.  31,  il  cui  testo
viene riportato per esteso dal rimettente. 
    Tale  erronea  indicazione   non   appare   tuttavia   preclusiva
dell'esame della questione; va infatti riconosciuta  la  possibilita'
di procedere a rettificare l'indicazione erronea, laddove  i  termini
della stessa, come nella specie,  risultino  sufficientemente  chiari
(sentenze n. 387 del 2008, n. 430 del 1995, n. 188 del 1994 e n.  142
del 1993; ordinanze n. 211 del 2004, n. 5  del  1998  e  n.  476  del
1994). 
    6.2.- La  disposizione  in  esame  -  dopo  avere  affermato  che
costituisce  «principio  generale   dell'ordinamento   nazionale   la
liberta' di apertura di nuovi  esercizi  commerciali  sul  territorio
senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli  di  qualsiasi
altra natura» - ammette la derogabilita' del  generale  principio  di
liberta' attraverso l'introduzione di  limiti  territoriali,  purche'
«connessi alla tutela della salute,  dei  lavoratori,  dell'ambiente,
ivi incluso l'ambiente urbano, e  dei  beni  culturali».  La  seconda
parte della disposizione censurata stabilisce  quindi  quali  possano
essere le esigenze suscettibili di  giustificare  le  limitazioni  al
generale  principio  di  liberta'  di  apertura  di  nuovi   esercizi
commerciali sul territorio. 
    Peraltro, il  dato  testuale  appare  insuperabile  nel  richiamo
all'«apertura»  di  «nuovi»  esercizi  commerciali.  Il   presupposto
applicativo del principio generale, nonche' delle sue deroghe, appare
costituito proprio dalla  «novita'»  degli  esercizi  commerciali  ai
quali si riferisce la disposizione. 
    Tuttavia,  lo  sviluppo  argomentativo  delle  due  ordinanze  di
rimessione  non  fornisce  alcun   elemento   di   conoscenza   circa
l'effettiva  novita'  degli  esercizi  commerciali  interessati   dai
provvedimenti impugnati;  in  tal  modo,  il  giudice  a  quo  si  e'
sottratto all'onere di motivare compiutamente la necessita'  di  fare
applicazione della norma  impugnata.  La  questione  di  legittimita'
costituzionale  risulta   quindi   inammissibile   per   difetto   di
motivazione in ordine alla rilevanza della stessa. 
    7.- La questione relativa all'art. 42 del d.lgs. n. 267 del  2000
e' parimenti inammissibile. 
    7.1.-  Nella  prospettazione  dell'ordinanza  di  rimessione,  il
petitum del giudice a quo e' volto ad  ottenere  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 42  del  d.lgs.  n.  267  del
2000, «nella parte in cui determina[no] una situazione di assenza  di
principi normativi a contrasto  della  patologia  ormai  riconosciuta
della "ludopatia"». 
    Il TAR si limita a  riferire  che  oggetto  dell'impugnativa  e',
unitamente ad altri atti della medesima amministrazione comunale,  il
regolamento consiliare per la disciplina delle sale giochi e che  «il
petitum sostanziale consiste nella negazione della competenza in capo
agli enti locali del potere di limitare  l'uso  degli  apparecchi  da
gioco [...] in ogni esercizio a cio' autorizzato»;  risulta  tuttavia
omessa qualsiasi indicazione in ordine al contenuto  dispositivo  del
regolamento impugnato, nonche' ai profili di illegittimita'  di  tale
atto consiliare. 
    Al di la' della  carente  descrizione  della  fattispecie  -  per
l'omessa indicazione del contenuto dell'atto impugnato e dei vizi  di
legittimita' dai quali sarebbe affetto - e al di  la'  della  mancata
individuazione della specifica disposizione  in  cui  si  ravvisa  la
violazione  dei  parametri  costituzionali,  va   rilevato   che   il
rimettente non invoca affatto  una  pronuncia  ablativa  della  norma
censurata, ma richiede piuttosto  un  intervento  di  tipo  additivo,
volto ad ampliare l'ambito  delle  attribuzioni  consiliari,  in  una
prospettiva  di  contrasto  e  prevenzione  dei  fenomeni  patologici
connessi al gioco; e tuttavia, ai  fini  del  conseguimento  di  tale
obiettivo, e' stata omessa ogni indicazione in ordine alla  direzione
e ai contenuti dell'intervento correttivo auspicato, tra i molteplici
astrattamente  ipotizzabili.  Tale   omissione   si   risolve   nella
indeterminatezza ed  ambiguita'  del  petitum,  le  quali  comportano
l'inammissibilita' della questione (sentenze n. 220 del 2012; n.  186
e n. 117 del 2011; ordinanze n. 335, n. 260 e n. 21 del 2011,  n.  54
del 2008). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)   dichiara    inammissibile    l'intervento    del    CODACONS
(Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente  e  dei
diritti  degli  utenti  e  dei  consumatori)   e   dell'AIDMA   Onlus
(Associazione italiana per i diritti del malato); 
    2) dichiara l'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 50, comma  7,  del  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali), sollevata, in riferimento agli artt.  32  e  118  della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte,
con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    3) dichiara l'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 31, comma 2, del  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art.  1,  comma  1,  della  legge  22  dicembre  2011,  n.  214,
sollevata, in riferimento agli artt. 32 e 118 della Costituzione, dal
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con le  ordinanze
iscritte al n. 292 del registro ordinanze del 2012 e al  n.  115  del
2013; 
    4) dichiara l'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 42 del d.lgs. n. 267 del 2000, sollevata, in
riferimento  agli  artt.  32  e  118  Costituzione,   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Piemonte, con l'ordinanza iscritta al
n. 161 del registro ordinanze del 2013. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI