N. 129 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2014

Ordinanza del 16 aprile  2014  emessa  dalla  Commissione  tributaria
regionale della Toscana sul ricorso proposto  da  Poggio  Antico  Srl
c/Etruria Servizi Srl. 
 
Imposte e tasse - Imposta comunale sugli immobili (ICI)  -  Esenzione
  per i fabbricati rurali - Facolta' del  contribuente  di  ottenerla
  mediante  la  semplice  domanda  di  variazione  catastale  di  cui
  all'art. 7, comma 2-bis, del decreto-legge  n.  70  del  2011,  con
  decorrenza retroattiva dal quinto  anno  antecedente  a  quello  di
  presentazione  della  domanda  stessa  -  Omessa  previsione  della
  possibilita' per l'Erario comunale di essere ammesso a sostenere  e
  provare, davanti al giudice tributario, l'assenza delle  condizioni
  sostanziali di  legge  alle  quali  il  beneficio  dovrebbe  essere
  subordinato - Irragionevole automaticita' e incontestabilita' degli
  effetti dell'atto  di  volonta'  del  privato  -  Compressione  del
  diritto del Comune alla difesa giurisdizionale  -  Irragionevolezza
  anche in riferimento alla  posizione  degli  altri  contribuenti  -
  Contrasto con il principio di buona amministrazione. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13, comma
  14-bis, in combinato  disposto  con  l'art.  2,  comma  5-ter,  del
  decreto-legge   31   agosto   2013,   n.   102,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 97, primo comma. 
(GU n.35 del 20-8-2014 )
 
           LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI FIRENZE 
                            XVII Sezione 
 
    Composta dai Signori: 
        Giulio de Simone, Presidente, 
        Alessandro Turco, giudice; 
        Maria Cannizzaro, giudice relatore; 
    Riunita in camera di consiglio, pronuncia la  presente  ordinanza
nella causa iscritta al n. 2146 del ruolo  generale  dell'anno  2012,
promossa, in grado d'appello, da 
        da Poggio Antico s.r.l.  rappresentata  a  difesa  da  avv.ti
Fabio Coli, avv.to Prof. Pasquale Russo e avv.to Francesco Corso, 
        appellante avverso la sentenza della  Commissione  tributaria
provinciale di Grosseto n. 16/3/12, 
    Contro   Etruria   Servizi   s.r.l.   in   persona   del   legale
rappresentante pro-tempore, convenuto in  appello,  causa  avente  ad
oggetto: impugnazione dell'avviso  di  accertamento  n.  4  /2751/RUR
I.C.I. anno 2007 e 4/2751/RUR Anno 2008. 
    La commissione, visti gli atti e sentite le parti osserva: 
        con sentenza emessa in data 27 ottobre 2011 dalla commissione
tributaria provinciale di Grosseto, veniva respinto il ricorso  della
societa' Poggio Antico S.r.l. in relazione all'avviso di accertamento
con il quale la Etruria servizi S.r.l., concessionaria  del  servizio
di  accertamento  e  riscossione  per  il   Comune   di   Montalcino,
quantificava l'imposta Ici dovuta e  non  versata  per  i  fabbricati
descritti nello stesso avviso  di  accertamento,  relativamente  alle
annualita' di imposta 2007 e 2008. 
    Rilevava la commissione tributaria di primo grado, premessa ampia
rassegna dell'escursus normativo in merito alla  classificazione  dei
fabbricati  aventi  caratteristiche  di  ruralita',  incidenti  sulla
tassazione ICI, che  doveva  ritenersi  ormai  consolidato  l'approdo
interpretativo cui era giunta la Corte di Cassazione a sezioni  unite
con sentenza depositata il 21  agosto  2009  e  i  principi  in  essa
contenuti in particolare affermando  la  decisivita'  ai  fini  della
tassazione Ici, della classificazione catastale dell'immobile: quando
un fabbricato sia stato  catastalmente  classificato  come  rurale  e
incluso nella categoria A/6i per le unita'  abitati  ve  e  categoria
D/10  per  gli  immobili  strumentali   all'attivita'   agricola   ne
risulterebbe   precluso   ogni   accertamento   diretto   alla    sua
assoggettabilita' all'Ici;  laddove  per  contro  il  fabbricato  non
rientri in una delle  suddette  categorie  catastali,  l'accertamento
della sussistenza del requisito della ruralita' in difformita'  della
inclusione nelle categorie catastali, non puo' essere condotto in via
incidentale dal giudice  tributario  ai  fini  della  verifica  della
intassabilita' degli immobili ai  fini  Ici,  ma  la  classificazione
catastale  deve  essere  oggetto  di  apposita  impugnazione  in  via
principale. In conclusione i fabbricati che  non  siano  classificati
quali  A/6  o  D/10,  sarebbero  assoggettabili  all'Ici,  posto  che
l'attribuzione all'immobile di una diversa categoria  catastale  deve
essere  oggetto  di  impugnativa  specifica  del   contribuente   che
pretenda,  facendo  valere  la  ritenuta  ruralita'  del  fabbricato,
l'esclusione dell'assoggettamento dell'immobile all'imposta Ici. 
    La societa' Poggio Antico ha proposto appello osservando  che  la
sentenza  impugnata  non  ha  tenuto  pero'  conto  dei  sopravvenuti
interventi normativi in materia  di  riconoscimento  della  ruralita'
degli immobili a fini fiscali. L'appellante  sottolineando  come  con
l'articolo 23 comma 1-bis d.l. n. 207 del 2008 qualificata  quale  di
interpretazione autentica, si era chiarito come non potessero  essere
considerati fabbricati, e quindi assoggettabili  all'Ici,  le  unita'
immobiliari anche iscritte o iscrivibili nel catasto,  per  le  quale
ricorrevano i requisiti di ruralita' di cui all'articolo  9  d.l.  30
dicembre 1993 numero 557,  esponendo  come  sul  punto  dopo  diverse
oscillazioni giurisprudenziali si fossero espresse nel  senso  citato
dalla  pronuncia  impugnata,  le  sezioni  unite   della   cassazione
(sentenza  numero  18.565/09  e  sentenza   numero   18.570/09)   con
interpretazione  che  postulava  il  diretto  collegamento   fra   le
risultanze catastali e il  riconoscimento  della  ruralita'  ai  fini
fiscali, secondo la  quale  il  riconoscimento  del  requisito  della
ruralita' era legato alla inclusione degli immobili in una delle  due
a classificazioni catastale A/6 e D/10, osservava che  pero'  proprio
perche' tale principio  di  diritto,  aveva  prodotto  degli  effetti
distorsivi   rispetto   alla   ambigua   regolamentazione    relativa
all'accatastamento degli immobili come stratificatasi nel tempo,  che
rendevano dubbio e problematico istituire il collegamento sostanziale
fra la classificazione catastale suddetta e gli  effettivi  connotati
di ruralita' degli edifici, il legislatore  era  intervenuto  con  il
d.l. 13 maggio 2011 numero 70 prevedendo al comma 2-bis che: «A  fini
del  riconoscimento  della  ruralita'   degli   immobili   ai   sensi
dell'articolo 9 d.l. 30/12/1993 n. 557, convertito con modifica della
legge 26 febbraio 1994 n. 133 e successive modificazioni, i  soggetti
interessati possono presentare all'agenzia del territorio domanda  di
variazione della categoria catastale per l'attribuzione  all'immobile
della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o  della
categoria D/10 per gli  immobili  rurali  ad  uso  strumentale.  Alla
domanda, da presentare  entro  il  30  settembre  2011,  deve  essere
allegata una autocertificazione ai sensi del testo  unico  d.p.r.  28
dicembre  2000  n.  445  nella  quale  il  richiedente  dichiara  che
l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto  anno
antecedente a quello di presentazione della domanda, i  requisiti  di
ruralita' dell'immobile necessari ai sensi del citato articolo 9 d.l.
n. 557 del 1992.» Nel comma  2-ter  del  citato  testo  normativo  si
precisava  ancora  che  l'agenzia  del  territorio   avrebbe   dovuto
convalidare  entro  il  20  novembre  2011  la   certificazione   del
contribuente con l'attribuzione della categoria catastale  richiesta,
che se l'amministrazione non si fosse pronunciata  per  ulteriori  12
mesi, il contribuente avrebbe  potuto  assumere  in  via  provvisoria
l'avvenuta attribuzione della categoria  catastale  richiesta,  e  se
tale attribuzione fosse stata non negata  dall'amministrazione  entro
il 20 novembre 2012 il richiedente avrebbe dovuto pagare  le  imposte
non versate con interessi e sanzioni in misura raddoppiato. 
    Lamentava l'appellante che la  commissione  di  primo  grado  non
avesse   assolutamente   considerato    questa    disposizione    che
sostanzialmente  prevedeva  la  possibilita'  per  i  proprietari  di
immobili aventi  le  caratteristiche  di  ruralita'  e  tuttavia  non
censiti nelle  categorie  degli  immobili  rurali,  A/6  e  D/10,  di
chiedere  l'attribuzione  di  queste   categorie   entro   quell'arco
temporale con previsione di decorrenza degli effetti della domanda di
variazione catastale, a partire dal quinquennio  precedente  rispetto
alla  presentazione  della  domanda.  Tra  i  documenti  l'appellante
espressamente includeva la domanda presentata nei termini ai fini  di
ottenere la classificazione dei propri immobili, oggetto dell'imposta
impugnata, nella categoria di A/6. 
    In particolare circa  l'esattezza  dell'interpretazione  di  tale
ultima norma con riferimento alla estensione retroattiva quinquennale
della  domanda,  l'appellante  adduceva  l'emanazione   del   decreto
ministeriale 26 luglio 2012  e  di  una  circolare  dell'agenzia  del
territorio del 7 agosto 2012 che entrambe richiamerebbero l'efficacia
retroattiva  delle   stesse   domande.   Si   trattava   secondo   il
contribuente,  di  due  interventi  di  normazione   secondaria   che
rimodulavano gli  effetti  della  citata  normativa,  superata  dalla
normazione primaria. Difatti con l'entrata in vigore dell'articolo 13
comma 14 lettera d/bis, delle B. L. Numero 201 del  2011  (cosiddetto
decreto Monti) sono stati  abrogati  i  commi  2-bis,  ter  e  quater
dell'articolo sette del d.l. numero 70 del 2011, a decorrere  dal  1°
gennaio 2012 (si tratta della nonna sopra citate in base  alle  quali
era possibile proporre la domanda di variazione catastale.) Lo stesso
legislatore tuttavia nell'abrogare tale normativa ha fatto salvi  gli
effetti di tali domande in relazione al riconoscimento del  requisito
della ruralita' e ha prorogato anche i termini per  la  presentazione
delle  domande  di  variazione  catastale.   Chiedeva   pertanto   il
contribuente  l'accoglimento  del  ricorso  e  l'annullamento   della
pronuncia di primo grado con riconoscimento dell'illegittimita' della
pretesa tributaria ICI recata dagli avvisi di accertamento. 
    Si costituiva in giudizio in fase d'appello  La  Etruria  servizi
S.r.l. che contestando in sostanza  la  ruralita'  degli  immobili  e
rilevando che  gli  arresti  giurisprudenziale  recati  nelle  citate
sentenze  della  Cassazione  a  sez.  unite  dovesse   ritenersi   di
perdurante attualita', chiedeva il rigetto della  domanda  sostenendo
che per gli immobili quali quelli in  esame,  non  classificati  come
"Rurali", il requisito sostanziale  della  ruralita'  in  difformita'
della classificazione catastale dovesse essere verificato  e  provato
con la richiesta di variazione catastale.  La  convenuta  considerava
difatti non condivisibile l'interpretazione conferita dall'appellante
agli articoli 2-bis, ter e quater del decreto-legge 13 maggio 2011 n.
70 poiche' il  quinquennio  ivi  indicato  rappresenterebbe  solo  un
parametro per misurare la permanenza per un  tempo,  sufficientemente
significativo,  dei  requisiti  della  ruralita'  e  non   gia'   una
previsione di retroattivita'  degli  effetti,  ne'  a  tal  proposito
soccorrerebbe il decreto ministeriale economia e  finanze  26  luglio
2012 articolo 7 secondo il quale: «la presentazione delle domande (ai
sensi dell'articolo due bis articolo sette del 13 maggio 2011  numero
70) e l'inserimento negli atti catastali  dell'annotazione  producono
gli effetti  previsti  per  il  riconoscimento  del  requisito  della
ruralita', fatto salvo quanto indicato dall'articolo cinque comma due
del presente decreto, a  decorrere  dal  quinto  anno  antecedente  a
quello di presentazione della domanda». 
    Cio' in quanto tale  decreto  trovava  origine  nella  previsione
dell'articolo 13 comma 14-bis di L se dicembre 2011 numero  201,  con
il quale veniva per l'appunto demandato a  un  decreto  del  Ministro
dell'economia  delle  finanze  di   «Stabilire   le   modalita'   per
l'inserimento negli atti catastali della  sussistenza  del  requisito
di' ruralita', fermo restando il classamento originale degli immobili
rurali ad uso  abitativo».  In  definitiva  si  trattava  di  decreto
ministeriale che avrebbe dovuto  essere  emanato  in  relazione  alla
nuova normativa Imu e solo a tali specifici fini,  e  pertanto  nella
parte in cui aveva stabilito la portata  retroattiva  e  quinquennale
delle domande di variazioni catastali dei fabbricati rurali,  sarebbe
andato ultra petita. A maggior  ragione  anche  le  circolari  citate
dall'appellante   dovevano   ritenersi    ininfluente    in    ordine
all'interpretazione di cui sopra. 
    Con successiva memoria  difensiva  l'appellante  contrastava  con
ulteriori argomentazioni l'interpretazione da ultimo riportata. 
    Nelle  more  della  pendenza  del  procedimento,  interveniva  in
materia l'art. 2 comma 5-ter d.l. 31/8/2013 n.  102,  convertito  con
modifiche dalla  legge  28/10/2013  n.  124  al  quale  le  parti  si
richiamavano nel corso della discussione orale all'udienza del 21/11/
2013,  all'esito  della  quale  la  Commissione   si   riservava   di
provvedere. 
 
     Sulla rilevanza della questione che si intende prospettare 
 
    E', previamente,  opportuna  una  ricognizione  della  disciplina
normativa e  della  giurisprudenza  riguardanti  la  materia  che  e'
oggetto del giudizio, anche  in  riferimento  all'evoluzione  che  le
medesime hanno subito di recente: 
        a) l'articolo 1 del decreto legislativo 13 dicembre 1992,  n.
504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili, e' del seguente
tenore: 
          «Presupposto dell'imposta e' il possesso di fabbricati,  di
aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti  nel  territorio  dello
Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli  strumentali  o
alla cui produzione o scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa»; 
        b) lo stesso decreto legislativo specifica poi,  all'articolo
2, I comma, che, «ai fini dell'imposta di cui all'articolo I ..., per
fabbricato si intende l'unita' immobiliare iscritta o che deve essere
iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante
del fabbricato l'area occupata dalla  costruzione  e  quella  che  ne
costituisce pertinenza ... »; 
        c) la nozione di fabbricato di cui sopra doveva essere letta,
al momento in cui l'ici fu  istituita,  in  relazione  a  quanto  era
previsto dagli articoli 1 e 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939,
numero 652, convertito in legge con legge 11 agosto  1939,  n.  1249,
secondo il quale, nel disciplinare la costituzione del nuovo  catasto
edilizio urbano, doveva prevedersi che in esso fossero  censiti  come
immobili urbani i fabbricati "diversi dai fabbricati  rurali"  mentre
questi ultimi, poiche' non produttivi di reddito  autonomo,  andavano
iscritti, unitamente all'area sulla quale insistevano,  "nel  catasto
dei terreni"; conseguentemente, all'epoca dell'istituzione  dell'ici,
i fabbricati rurali,  non  essendo  iscritti  nel  "catasto  edilizio
urbano", non erano assoggettabili a tassazione; 
        d) tale assetto  venne  a  mutare  con  l'entrata  in  vigore
dell'articolo  9  del  decreto-legge  30  dicembre  1993,   n.   557,
convertito in legge con legge 26 febbraio 1994, n. 133: infatti,  «al
fine di realizzare un inventario completo e uniforme  del  patrimonio
edilizio», la norma previde «il censimento di tutti  i  fabbricati  o
porzioni di fabbricati rurali e alla loro iscrizione, mantenendo tale
qualificazione,  nel  catasto  edilizio  urbano,  che  assumera'   la
denominazione di "catasto dei fabbricati"»; il comma 3  dell'articolo
in esame previde poi che, per il riconoscimento della "ruralita'"  ai
fini fiscali, dovessero ricorrere  alcune  condizioni,  relative,  in
particolare, all'esistenza di una connessione, anche soggettiva,  tra
l'abitazione nel fabbricato rurale e le esigenze di coltivazione  del
fondo rustico; 
        e) il comma 156 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996,  n.
662, dispose, successivamente, quanto segue: 
          «156. Con uno  o  piu'  regolamenti  da  emanare  ai  sensi
dell'art. 17, comma 2,  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  e'
disposta la revisione dei criteri di  accatastamento  dei  fabbricati
rurali previsti dall'art. 9 del decreto-legge 30  dicembre  1993,  n.
557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994,  n.
133, tenendo conto del fatto che la normativa deve  essere  applicata
soltanto all'edilizia rurale" abitativa con particolare  riguardo  ai
fabbricati  sin  in  zone  montane   e   che   si   deve   provvedere
all'istituzione di una categorici di immobili a destinazione speciale
per il classamento dei fabbricati strumentali,  ivi  compresi  quelli
destinati all'attivita' agrituristica, considerando  inoltre  per  le
aree  montane   l'elevato   frazionamento   fondiario   e   l'elevata
frammentazione delle superfici agrarie e  il  ruolo  fondamentale  in
esse dell'agricoltura a tempo parziale e dell'integrazione  tra  piu'
attivita' economiche per la cura dell'ambiente ... »; 
        f) l'art. 1,  v  comma,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 23 marzo 1998, n. 139 ('Regolamento recante norme  per  la
revisione dei criteri di  accatastamento  dei  fabbricali  rurali,  a
norma dell'art. 3, comma 156, della legge 23 dicembre 1996, n.  662')
stanti che «le costruzioni strumentali  all'esercizio  dell'attivita'
agricola diverse  dalle  abitazioni,  comprese  quelle  destinate  ad
attivita'  agrituristiche  -  venissero  -  censite  nella  categoria
speciale "D/10 - fabbricati per  funzioni  produttive  connesse  alle
attivita'  agricole",  nel  caso  in  cui   le   caratteristiche   di
destinazione e  tipologiche-  fossero  -  da  non  consentire,  senza
radicali trasformazioni, una destinazione diversa da  quella  per  la
quale - erano state - originariamente costruite»; 
        g) con il comma 1-bis dell'articolo 23 del  decreto-legge  30
dicembre 2008, n. 207, comma inserito dalla legge di  conversione  27
febbraio 2009, n. 14, fu stabilito quanto segue: 
          «1-bis. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo  1,  comma
2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 2, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi
nel senso che non considerano fabbricati le unita' immobiliari, anche
iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricali, per le quali ricorrono
i requisiti di ruralita' di cui all'articolo 9 del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni»; 
        h) le sezioni unite della SC, disattendendo quello  che,  per
la verita', sembrava essere il senso della disposizione di legge  ora
ricordata, riaffermarono, pero', con la pronuncia 21/8/2009, n. 18565
(in Giust. civ., 2010, 6, I,  1431,  sm,  con  nota  di  Cantone),  i
principi precedentemente enunciati, secondo i quali, in sostanza, non
poteva dirsi consentito, al giudice tributario,  di  disapplicare  il
classamento  catastale  di  un  fabbricato  per  affermarne  la   non
assoggettabilita' all'Ici: «In tema di Ici, l'immobile che sia  stato
iscritto nel catasto dei fabbricati come "rurale", con l'attribuzione
della  relativa  categoria  (A/6  o  D/10),  in   conseguenza   della
riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall'art. 9  del  d.l.
n. 557 del 1993, conv. con legge n. 133 del  1994,  non  e'  soggetto
all'imposta, ai sensi del combinato  disposto  dell'art.  23-bis  del
d.l. n. 207 del 2008, conv. dalla legge n. 14 del 2009,  e  dell'art.
2, comma 1, lett. a, d.lgs n. 504 del 1992.  Qualora  l'immobile  sia
iscritto  in  una  diversa  categoria  catastale,  sara'  onere   del
contribuente, che pretenda l'esenzione dall'imposta, impugnare l'atto
di  classamento,  restando,  altrimenti,   il   fabbricato   medesimo
assoggettato ad Ici. Allo stesso modo,  il  Comune  dovra'  impugnare
autonomamente l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al
fine  di  poter  legittimamente  pretendere   l'assoggettamento   del
fabbricato all'imposta»(*) . 
        h) la legge 12 luglio 2011, n. 106, nel convertire  in  legge
il d.l. 13 v 2011, n. 70, inseri' nel testo del medesimo, dopo il  II
comma dell'art. 7, i seguenti, ulteriori commi: 
          «2-bis. Ai fini del riconoscimento  della  ruralita'  degli
immobili ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993,
n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio  1994,
n. 133, e successive modificazioni, i  soggetti  interessati  possono
presentare all'Agenzia del territorio una domanda di variazione della
categoria catastale per l'attribuzione all'immobile  della  categoria
A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della  categoria  D/10
per  gli  immobili  rurali  ad  uso  strumentale.  Alla  domanda,  da
presentare  entro  il  30  settembre  2011,  deve   essere   allegata
un'autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale  il
richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via  continuativa  a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della
domanda, i requisiti di ruralita' dell'immobile  necessari  ai  sensi
del citato articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993,  convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  n.  133  del  1994,  e  successive
modificazioni. 
          2-ter. Entro il 20 novembre 2011, l'Agenzia del territorio,
previa verifica dell'esistenza dei  requisiti  di  ruralita'  di  cui
all'articolo  9  del  decreto-legge  30  dicembre   1993,   n.   557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.  133,
e successive modificazioni, convalida la  certificazione  di  cui  al
comma 2-bis del presente articolo e  riconosce  l'attribuzione  della
categorici catastale richiesta. Qualora entro il termine  di  cui  al
periodo  precedente  l'amministrazione   finanziaria   non   si   sia
pronunciata, il contribuente puo' assumere, in  via  provvisoria  per
ulteriori  dodici  mesi,  l'avvenuta  attribuzione  della   categoria
catastale   richiesta.   Qualora   tale   attribuzione   sia   negata
dall'amministrazione finanziaria  entro  il  20  novembre  2012,  con
provvedimento motivato, il richiedente e' tenuto al  pagamento  delle
imposte non versate, degli interessi e delle sanzioni determinate  in
misura  raddoppiata  rispetto  a  quelle  previste  dalla   normativa
vigente. 
          2-quater. Con decreto del Ministro  dell'economia  e  delle
finanze sono stabilite le modalita' applicative e  la  documentazione
necessaria ai fini della presentazione della certificazione di cui al
comma 2-bis nonche' ai  fini  della  convalida  della  certificazione
medesima, anche sulla base della documentazione acquisita, in sede di
accertamento,   da    parte    dell'Agenzia    del    territorio    e
dell'amministrazione comunale». 
        i) il comma 14-bis dell'art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011,  n.
201 (comma inserito, in sede di conversione, dall'articolo  1,  comma
1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214), dispose, poi, quanto segue: 
          «Le  domande  di  variazione  della   categoria   catastale
presentate,  ai  sensi  del   comma   2-bis   dell'articolo   7   del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106,  anche  dopo  la  scadenza  dei
termini originariamente posti e fino alla data di entrata  in  vigore
della legge  di  Conversione  del  presente  decreto,  producono  gli
effetti previsti in relazione  al  riconoscimento  del  requisito  di
ruralita', fermo restando il classamento  originario  degli  immobili
rurali ad uso abitativo. Con decreto  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge  di  conversione  del  presente  decreto,  sono
stabilite le modalita' per l'inserimento negli atti  catastali  della
sussistenza del requisito di ruralita', fermo restando il classamento
originario degli immobili rurali ad uso abitativo»; 
        l) con lo stesso  d.l.  6  dicembre  2011,  n.  201,  furono,
contestualmente, abrogati sia il comma I  bis  dell'articolo  23  del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, comma (supra ricordato sub g)
gia' inserito dalla legge di conversione  27  febbraio  2009,  n.  14
(abrogazione disposta dall'articolo 13, comma 14, lettera d),  che  i
commi (supra ricordati sub h) 2-bis, 2-ter e 2 quale, gia'  inseriti,
nel testo dell'art. 7 del d.l. 13 v  2011,  n.  70,  dalla  legge  di
conversione  12  luglio  2011,  n.  106  (abrogazione,  quest'ultima,
disposta dall'articolo 13, comma 14, lettera  d  bis,  inserita,  nel
testo del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201,  dall'articolo  1,  I  comma,
della legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214); 
        m) si arriva cosi'  al  comma  5-ter  (inserito  in  sede  di
conversione) dell'art. 2 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102,  convertito
in legge, con modificazioni, con legge 28 ottobre 2013, n. 124, comma
che cosi' dispone: 
          «Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge  27  luglio
2000, n. 212,  l'articolo  13,  comma  14-bis,  del  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge  22
dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che  le  domande  di
variazione catastale  presentate  ai  sensi  dell'articolo  7,  comma
2-bis, del decreto-legge 13  maggio  2011,  n.  70,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n.  106,  e  l'inserimento
dell'annotazione negli atti catastali producono gli effetti  previsti
per il riconoscimento del requisito di ruralita' di cui  all'articolo
9 del  decreto-legge  30  dicembre  1993,  n.  557,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994,  n.  133,  e  successive
modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente  a  quello  di
presentazione della domanda»; 
        n) cercando di orizzontarsi nella selva normativa  apprestata
dal legislatore sembra che il filo (di Arianna)  debba  partire  (per
quanto,  almeno,  interessa  in  questa   sede)   dal   comma   1-bis
dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008,  n.  207,  comma
(supra  ricordato  e  trascritto  sub  i)  inserito  dalla  legge  di
conversione 27 febbraio 2009, n. 1; con  tale  disposizione,  secondo
cio' che pare alla Commissione, il legislatore, intervenendo  in  una
situazione nella quale la piu' recente giurisprudenza del  SC  aveva,
sostanzialmente, affermato il carattere vincolante, ai fini  fiscali,
del classamento catastale (giurisprudenza che si  trovava,  peraltro,
in linea con le riforme legislative della disciplina catastale  e  di
quella fiscale, pure supra ricordate, le quali ne avevano, per  cosi'
dire,  preparato  il  terreno),  intese,  di  contro,  sganciare   il
carattere  della   ruralita',   valevole   ai   fini   fiscali,   dal
corrispondente classamento catastale; 
        o) la giurisprudenza del SC, a sezioni unite, mise, pero', in
qualche modo, nel nulla la recente riforma legislativa,  riaffermando
(con la pronuncia 21/8/2009, n. 18.565, supra ricordata sub h), da un
canto, l'impossibilita', per il giudice tributario, di  disapplicare,
ai fini fiscali, il classamento catastale del bene e  d'altro  canto,
al contempo, che solo un classamento rurale (id est:  un  classamento
rurale  in  A/6  o  in  D/10)  consentisse  il  riconoscimento  della
ruralita' ai fini fiscali; 
        p)  il  legislatore,  coi  commi  2-bis,  2-ter  e   2-quater
dell'art. 7 del d.l. 13 v  2011,  n.  70,  inseriti  dalla  legge  di
conversione 12 luglio 2011, n. 106 (vedili  supra,  sub  h),  sembro'
voler  aderire  al  criterio  della  corrispondenza   biunivoca   tra
ruralita' ai fini fiscali  e  corrispondente  classamento  catastale,
dettando una disciplina transitoria volta, appunto, a favorire, per i
fabbricati  ontologicamente  rurali,  l'acquisto  del  corrispondente
classamento;  e'  importante  notare  che  i  tre  commi  de   quibus
disegnavano un procedimento amministrativo e un sistema di  efficacia
provvisoria  degli  atti  del  tutto  ragionevole   ed   equilibrato:
l'Amministrazione aveva un  ruolo  attivo  di  verifica  e  controllo
rispetto alle dichiarazioni  del  privato,  pur  essendo  soggetta  a
ristretti termini di intervento,  in  assenza  del  quale  scattavano
comunque,  sia  pure  provvisoriamente,  in  favore  del  dichiarante
privato, i benefici fiscali connessi alla qualita' dichiarata; 
        q) pochi mesi dopo, pero', il legislatore muto' orientamento:
con la legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione  in  legge  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, furono, infatti, disposte,  da
un canto, con la lettera d bis del  comma  14  dell'articolo  13  del
decreto-legge  predetto,  l'abrogazione  dei  commi  2-bis,  2-ter  e
2-quater dell'art. 7 del d.l. 13 v 2011,  n.  70,  dei  quali  si  e'
appena detto (supra, lettera l) e, d'altro canto, con il comma 14-bis
dello stesso articolo 13 (supra, lettera i): 
          I) la riapertura, fino alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto, dei termini di presentazione  delle
domande di variazione della categoria  catastale  gia'  previste  dal
comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011,  n.  70
(comma che, come si e' detto, veniva contestualmente abrogato); 
          II) la produzione, in riferimento alle predette domande  di
variazione della categoria  catastale,  degli  «effetti  previsti  in
relazione  al  riconoscimento  del  requisito  di  ruralita',   fermo
restando il classamento  originario  degli  immobili  rurali  ad  uso
abitativo»; 
        r) puo', incidentalmente, notarsi come non sia facile  capire
il senso della riserva dettata dal legislatore con le  parole  «fermo
restando il classamento  originario  degli  immobili  rurali  ad  uso
abitativo»: se, con essa, si sia inteso affermare che,  solo  in  via
transitoria, ovvero prima della decisione in ordine alla  domanda  di
variazione catastale, il  classamento  degli  immobili  in  questione
debba rimanere quello originario, ci si potrebbe domandare per  quale
motivo la stessa riserva non  sia  stata  dichiarata  anche  per  gli
immobili ad uso non abitativo:  puo',  a  tal  proposito,  formularsi
l'ipotesi che, per quest'ultimo  tipo  di  immobili,  il  legislatore
abbia inteso che l'effetto immediato della domanda ricomprenda  anche
il  classamento  catastale,  oltre  che   il   trattamento   fiscale,
conclusione che pero' sembrerebbe rendere la norma irragionevole, non
potendosi pienamente comprendere la  ragione  di  questo  trattamento
differenziato; un'altra ipotesi e' che il legislatore abbia  disposto
nel senso che, per gli immobili rurali ad uso abitativo, l'originario
classamento debba, in ogni caso, rimanere fermo, al di la' dell'esito
della domanda di variazione catastale e, temporalmente,  anche  oltre
il  medesimo  esito;  questa  interpretazione  porta,  pero',  a   un
risultato paradossale, in quanto una domanda volta  ad  ottenere  una
variazione catastale che la stessa  legge  imporrebbe  di  respingere
determinerebbe l'effetto del riconoscimento, ai. fini fiscali,  della
ruralita';   ne'    si    capirebbe,    nell'ambito    dell'ipotetica
interpretazione di cui  trattasi,  quale  dovrebbe  essere,  dopo  la
decisione definitiva circa la domanda  di  variazione  catastale,  il
trattamento   fiscale   del   bene;   l'interpretazione   in    esame
comporterebbe, inoltre, la considerazione che il legislatore avrebbe,
ancora una volta, abbandonato il criterio,  sostenuto  dalle  sezioni
unite della Cassazione, della corrispondenza biunivoca fra  ruralita'
ai fini fiscali e classamento rurale nel catasto, e cio'  darebbe  la
stura a un'ulteriore serie di  interrogativi;  v'e'  ancora,  per  la
verita', un'altra ipotesi da formulare,  ovvero  che  il  legislatore
abbia, in  certo  modo,  voluto  preparare  l'introduzione  di  nuove
categorie  catastali,  costituite  dalle  originarie   categorie   A,
affiancate dalla annotazione della  ruralita';  questa  possibilita',
aperta, forse, dall'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n.
557, convertito in legge con legge 26  febbraio  1994,  n.  133,  che
prevedeva, come supra ricordato sub d,  «il  censimento  di  tutti  i
fabbricati o porzioni di fabbricati rurali» e  la  «loro  iscrizione,
mantenendo tale qualificazione, nel ...  "catasto  dei  fabbricati"»,
troverebbe, tra l'altro, una spiegazione e  una  giustificazione  nel
fatto che, attualmente, l'unica categoria catastale abitazione per la
quale  la  caratteristica  della  ruralita'  entra  nel  criterio  di
individuazione  della  categoria  stessa   e'   la   categoria   A/6,
caratterizzata, pero',  nel  suo  disciplinare,  da  una  particolare
modestia  abitativa  (non  si  dimentichi  che,  originariamente,   i
fabbricati rurali, non necessariamente cosi'  modesti,  non  potevano
essere iscritti nel catasto  urbano,  facendo  parte,  senza  rendita
autonoma, dei terreni iscritti  nel  catasto  dei  terreni);  non  si
possono, dunque, nascondere le difficolta' tecniche che incontrerebbe
l'iscrizione in categoria A/6 di un immobile  avente  caratteristiche
non modeste, finora non iscritto al catasto  dei  fabbricati  perche'
agricolo, e non si puo' escludere che il legislatore, sia pure  nelle
forme  incongrue  delle  quali  si  tratta,  abbia  inteso,  proprio,
superare, in qualche modo, le  difficolta'  in  questione  (evitando,
cosi',  di  percorrere  la  via  maestra  della  ridefinizione  della
categoria A/6 e dell'abbandono di un concetto  di  ruralita'  legato,
non solo a requisiti oggettivi del bene,  ma  anche  alle  condizioni
soggettive del proprietario; probabilmente, tra l'altro,  e'  da  qui
che nascono tutti i problemi ed e' qui che  occorrerebbe  cercare  la
chiave per la loro risoluzione: il classamento catastale e', per  sua
natura (economica e giuridico-tributaria) e per costruzione  (storica
e logica), fondato sulle caratteristiche obbiettive del  bene  e  non
puo' tollerare, se non a prezzo di un grave  vulnus  del  suo  stesso
principio fondante,  di  dipendere  da  considerazioni  attinenti  al
soggetto proprietario; dunque, se il legislatore  intende  (rimanendo
sulla scia delle sezioni unite) utilizzare il  catasto  ai  fini  del
riconoscimento  della  ruralita',  dovrebbe,  anzitutto,  dettare  un
disciplinare del "fabbricato  rurale"  legato,  esclusivamente,  alle
caratteristiche  obbiettive  di   esso,   fornendo,   tuttavia,   una
definizione  diversa  e  assai  piu'   ampia   di   quella   dettata,
attualmente, per la categoria A/6; nulla  vieterebbe  del  resto,  de
jure condendo, che, ai fini dell'ottenimento di determinati  benefici
fiscali, siano richiesti, congiuntamente, sia il  classamento  rurale
del bene, quale condizione oggettiva, che  l'attitudine  rustica  del
proprietario, quale condizione soggettiva, sia pure da  riscontrarsi,
a sua volta, attraverso criteri oggettivi); 
        s)  col  comma  5-ter  (inserito  in  sede  di   conversione)
dell'art. 2 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge, con
modificazioni, con legge 28  ottobre  2013,  n.  124,  si  stabilisce
infine: 
          I)  che  la  produzione  degli  effetti  previsti  per   il
riconoscimento del requisito di ruralita' di' cui all'articolo 9  del
decreto-legge  30  dicembre  1993,  si  compia   con   «l'inserimento
dell'annotazione della domanda di variazione negli atti catastali»; 
          II) che tali effetti si producano «a decorrere  dal  quinto
anno antecedente a quello di presentazione della domanda». 
    E' pacifico, tra le parti, che la contribuente abbia, nei termini
di legge (e, precisamente,  nei  termini  originariamente  previsti),
proposto la domanda di variazione catastale degli immobili  che  sono
oggetto del  presente  giudizio,  e  cio'  al  fine  di  ottenere  il
riconoscimento della ruralita' degli stessi. 
    Non e' dubbio, quindi, che, in qualunque  modo  si  interpretino,
per altri versi, le disposizioni di legge  vigenti,  la  contribuente
appellante dovrebbe, allo stato, in riferimento agli anni 2007 e 2008
che rientrano nel quinquennio  precedente  alla  presentazione  della
domanda,  poter  usufruire  dell'esenzione  dall'ici  concessale  dal
combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis, del  decreto-legge
6 dicembre 2011, n. 201, e successive modificazioni, e  dell'art.  2,
comma  5-ter,  del  d.l.  31  agosto  2013,  n.  102,  e   successive
modificazioni; con accoglimento de plano dell'appello e senza entrare
nel  merito  della  sussistenza  dei  requisiti   sostanziali   della
ruralita'  degli  immobili  in  questione,  contestata  dalla   parte
appellata la cui assenza non sarebbe  impeditiva  alla  realizzazione
degli effetti  espressamente  e  incondizionatamente  previsti  dalla
legge. 
    La Commissione dubita, in riferimento ai parametri costituzionali
degli articoli 3, 24 e  97  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale del combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in  legge,  con
modificazioni, con legge 22 dicembre 2011, n.  214,  e  dell'art.  2,
comma 5-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito  in
legge, con modificazioni, con legge 6 dicembre 2011,  n.  201,  nella
parte  in  cui  tali  disposizioni  consentono  al  contribuente   di
ottenere, con un semplice, proprio atto, l'esenzione  dall'ici  senza
che l'Erario comunale possa, davanti al  giudice  tributario,  essere
ammesso  a  sostenere  e  a  provare   l'assenza   delle   condizioni
sostanziali di  legge  alle  quali  dovrebbe  essere  subordinato  il
beneficio di cui trattasi; l'applicazione della disciplina della  cui
legittimita' costituzionale si dubita  imporrebbe  alla  Commissione,
come gia' osservato sub  10,  l'immediato  accoglimento  dell'appello
mentre, ove  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  che  la
Commissione si propone di sollevare fosse  accolta,  dovrebbe  essere
dato  ingresso  alla  valutazione  della  concreta  ricorrenza  delle
condizioni  sostanziali  della  ruralita',  con   esperimento   della
relativa istruttoria e possibili  differenti  esiti  decisionali:  la
questione di legittimita' costituzionale  di  cui  trattasi  risulta,
pertanto,  senz'altro  rilevante  ai  fini  della  definizione  della
presente controversia. 
 
Sulla non manifesta  infondatezza  della  questione  che  si  intende
                             prospettare 
 
    La questione alla quale si e' fatto, sopra, riferimento non e', a
parere della  Commissione,  manifestamente  infondata:  va  anzitutto
osservato, in proposito, che la  disciplina  in  esame  non  prevede,
contrariamente a quella, abrogata, dettata dai commi 2-bis,  2-ter  e
2-quater dell'art. 7  del  d.l.  13  v  2011,  n.  70,  e  successive
modificazioni, un termine, per l'Amministrazione finanziaria, per  la
decisione in ordine alla domanda di variazione  catastale;  ne'  essa
prevede che, dall'eventuale, riconosciuta infondatezza della  domanda
(anche, eventualmente, intesa nel senso sostanziale di domanda  volta
ad ottenere il  riconoscimento  della  condizioni  della  ruralita'),
derivino, per il contribuente, indennita' di  mora  o  sanzioni;  non
esiste, dunque, in concreto, alcuna remora, per il contribuente, alla
proposizione  di  una  domanda  che  sia,  in  ipotesi,  radicalmente
infondata; a fronte di cio'  sarebbe,  a  parere  della  Commissione,
ragionevole che l'Erario  comunale  fosse,  quanto  meno,  ammesso  a
sostenere e a provare, davanti  al  giudice  tributario,  il  difetto
delle condizioni sostanziali della ruralita' gia' contestate: non  si
tratterebbe neanche, nel  caso,  della  disapplicazione  di  un  atto
amministrativo ritenuto illegittimo dal  giudice,  poiche'  l'effetto
giuridico dell'esenzione dall'ici nasce, secondo la disciplina che la
Commissione   mette,   qui,    in    discussione,    automaticamente,
incontestabilmente e a tempo  indeterminato,  col  semplice  atto  di
volonta' del privato,  i  cui  effetti,  previsti  dalla  legge,  non
possono essere, in nessun caso, impediti dal Comune; e' vero  che  il
Comune potrebbe, di  fatto,  adoperarsi  affinche'  l'Amministrazione
finanziaria dello Stato non riconosca la  ruralita',  tuttavia  cio',
pur potendo consentire, nel futuro, al Comune di recuperare i tributi
arretrati, non lo solleverebbe dal pregiudizio del mancato incasso di
essi  nel  tempo,  di  solito   notevole,   della   definizione   del
procedimento amministrativo; e comunque  anche  il  semplice  ritardo
imposto a  un  soggetto  nell'accesso  alla  difesa  giurisdizionale,
quando non limitato a tempi assai ristretti (e, comunque, definiti) e
giustificato dal perseguimento di interessi  generali  (come  invece,
per esempio, nel caso di Corte Costituzionale, 13/7/2000, n. 276), si
porrebbe, senz'altro, a parere della Commissione,  in  contrasto  con
l'articolo  24  della  Costituzione;  la  mancata  possibilita',  per
Comune, di difendersi nel merito dalla pretesa  del  contribuente  di
avvalersi del beneficio appare, a parere della Commissione, del tutto
irragionevole  anche  in  riferimento  alla  posizione  degli   altri
contribuenti (art. 3 della Costituzione) e, per giunta, in  contrasto
con il principio di buona amministrazione dettato  dall'articolo  97,
1°  comma,   della   stessa   Costituzione,   non   potendo   trovare
giustificazione,  a  parere  della  Commissione,  la   posizione   di
impotenza in cui la legge ha  posto  l'Amministrazione  in  casi  nei
quali essa dovrebbe, invece, esercitare, secondo le regole  generali,
la propria potesta' tributaria. 
    In definitiva, dunque, la Commissione ritiene non  manifestamente
infondata, in riferimento agli artt. 3, 24  e  97,  1°  comma,  della
Costituzione, la  questione  della  legittimita'  costituzionale  del
combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis, del  decreto-legge
6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni,  con
legge 22 dicembre 2011, n. 214,  e  dell'art.  2,  comma  5-ter,  del
decreto-legge 31 agosto  2013,  n.  102,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, con legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in  cui
tali disposizioni consentono al  contribuente  di  ottenere,  con  un
semplice, proprio atto,  l'esenzione  dall'ici,  senza  che  l'Erario
comunale possa, davanti  al  giudice  tributario,  essere  ammesso  a
sostenere e a provare l'assenza delle condizioni sostanziali di legge
alle quali dovrebbe essere subordinato il beneficio di cui trattasi. 
    Poiche'  il  presente   giudizio   non   puo'   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione di tale questione, esso, ex  art.
23 della legge 11/3/1953, n. 87, va sospeso, mentre, ai  sensi  della
stessa norma, va disposta l'immediata trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale e va ordinato che, a cura della Cancelleria,  la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
 
                                P Q M 
 
    La Commissione tributaria regionale di Firenze, XVII sezione, 
    Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante la questione di
legittimita' costituzionale sopra illustrata, 
    Visto l'art. 23 della legge 11/3/1953, n. 87, 
    Sospende il presente giudizio; 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti  in
causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Firenze, nella camera  di  consiglio  del  14
febbraio 2014. 
 
                   Il Presidente: Giulio de Simone 
 
______ 
     (*) A proposito della questione  che  e'  oggetto  del  presente
giudizio e al fine di comprendere compiutamente  la  ratio  decidendi
della pronuncia ora ricordata sembra utile riportare testualmente  il
seguente brano della sua motivazione: 
      «Il  piu'  recente  di   questi   interventi   legislativi   e'
rappresentato dal d.l.  n.  207  del  2008,  art.  23,  comma  1-bis,
convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009, che  recita:
ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2, della  legge  27
luglio 2000, n. 212, l'articolo 2, comma 1, lettera a),  dei  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel  senso  che
non si considerano fabbricati le unita' immobiliari, anche iscritte o
iscrivibili  nel  catasto  fabbricati,  per  le  quali  ricorrono   i
requisiti di ruralita' di cui all'articolo  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio  1994,  n.  133,  e  successive  modificazioni".  La  norma,
mediante il richiamo alla legge n. 212 del 2000, art. 1, comma 2,  e'
dichiarata espressamente disposizione di interpretazione autentica ed
e'   quindi    applicabile    retroattivamente:    invero,    secondo
l'orientamento  gia'  espresso   da   queste   Sezioni   Unite,   "la
qualificazione  di  una  disposizione  di   legge   come   norma   di
interpretazione autentica - al di la'  dei  carattere  effettivamente
interpretativo della previsione - esprime univocamente l'intento  del
legislatore  di  imporre  un  determinato  significato  a  precedenti
disposizioni di pari grado, cosi' da far regolare dalla  nuova  norma
fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, dovendosi
escludere,  in  applicazione  dei  canone  ermeneutico   che   impone
all'interprete di attribuire un  senso  a  tutti  gli  enunciati  del
precetto legislativo, che la disposizione possa  essere  intesa  come
diretta ad imporre una determinata  disciplina  solo  per  il  futuro
(Cass. S.U. n. 9941 del 2009). Si tratta in ogni caso  di  una  norma
che ha effettivamente carattere interpretativo  intervenendo  su  una
materia oggetto di differenziati orientamenti interpretativi, sia  in
giurisprudenza che in dottrina, per  chiarire  definitivamente,  dopo
tante incertezze, che i fabbricati rurali non sono soggetti ad ICI: e
lo  fa  colmando  una  lacuna  avvertita  da  tutti  gli  interpreti,
stabilendo cioe' un diretto  collegamento  tra  riconoscimento  della
ruralita' e normativa ICI,  definendo  il  senso  della  disposizione
fondamentale in materia circa il  concetto  di  "fabbricato"  il  cui
possesso e'  presupposto  dell'imposizione.  Alla  luce  di  siffatta
disposizione  non  puo'  piu'  essere   mantenuta   l'interpretazione
condivisa dal piu' recente orientamento di  questa  Corte  in  ordine
all'applicabilita' dell'ICI ai fabbricati rurali, secondo  il  quale,
«in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il requisito della
"ruralita'" del fabbricato, ai fini del  trattamento  agevolato,  non
esclude  l'assoggettamento  del  medesimo  all'imposta,  ma   produce
effetti   solo   ai   fini   dell'accatastamento   e   dell'eventuale
attribuzione della rendita,  poiche'  l'iscrizione  nel  catasto  dei
fabbricati e l'attribuzione della rendita  costituiscono  presupposti
(contestabili unicamente  nei  confronti  dell'organo  preposto  alle
relative operazioni e non  nei  confronti  del  comune)  necessari  e
sufficienti ai fini  dell'assoggettamento  dell'immobile  all'imposta
stessa, senza che possano indurre a diversa conclusione  il  d.l.  30
dicembre 1993, n. 567, art. 9, (convertito in legge 26 febbraio 1994,
n. 133) e le successive modifiche ed integrazioni di cui al d.P.R. 23
marzo 1998, n. 139, e al d.l. 1° ottobre 2007, n. 159, (convertito in
legge 29 novembre 2007, n. 222), che hanno influito sui criteri della
classificazione catastale e dell'attribuzione della rendita,  ma  non
hanno determinato la non  assoggettabilita'  all'ICI  del  fabbricato
qualificato come rurale" (Cass. n. 15321 del 2008, in senso  conforme
Cass. n. 20532 del 2008). Tuttavia, lo jus  superveniens  in  qualche
misura  valorizza  la  scelta  esegetica   compiuta   dal   ricordato
orientamento   giurisprudenziale,   portando    l'attenzione    sulla
decisivita'   della   classificazione   catastale    come    elemento
determinante per escludere (o per affermare)  l'assoggettabilita'  ad
ICI di  un  "fabbricato".  La  norma  interpretativa  sostanzialmente
conferma  che  la   "ruralita'"   del   fabbricato   direttamente   e
immediatamente  rileva  ai  fini   della   relativa   classificazione
catastale,  ma  ricollega   a   questa   conseguita   classificazione
l'esclusione  del  «fabbricato  (catastalmente   riconosciuto   come)
rurale" dalla (stessa) "nozione" di 'fabbricato imponibile» (ai  fini
ICI): le disposizioni di  cui  al  d.l.  n.  557  del  1993,  art.  9
(convertito dalla legge n. 133 del 1994), e successive modificazioni,
giocano, quindi, il loro ruolo, peraltro in perfetta coerenza con  la
ratio e persino  con  lo  stesso  titolo  assegnato  alla  norma  dal
legislatore   ("Istituzione   del   catasto    fabbricati"),    nella
determinazione della categoria catastale nella quale il  "fabbricato"
e' classificabile, con la conseguenza che il fabbricato che sia stato
classificato "rurale", con  attribuzione  della  relativa  categoria,
perche' in possesso dei requisiti indicati  dalla  richiamata  norma,
sara' automaticamente escluso dall'area di imponibilita' ai fini ICI,
per effetto della  disposizione  di  interpretazione  autentica  piu'
volte ricordata. 
    Cio'  significa  che,   qualora   un   "fabbricato"   sia   stato
catastalmente classificato come "rurale" (categoria A/6 per le unita'
abitative, categoria D/10 per gli immobili strumentali alle attivita'
agricole),  resta  precluso  ogni  accertamento,  in  funzione  della
pretesa assoggettabilita' ad ici del fabbricato in questione, che non
sia connesso ad  una  specifica  impugnazione  della  classificazione
catastale riconosciuta nei riguardi dell'amministrazione  competente:
allo stesso modo, e in senso inverso, qualora il "fabbricato" non sia
stato catastalmente classificato come "rurale", il  proprietario  che
ritenga, tuttavia, sussistenti i requisiti per il riconoscimento come
tale, non avra' altra strada che impugnare la classificazione operata
al fine di ottenerne la relativa variazione. 
    L'accertamento  dei  predetti  requisiti  in  difformita'   della
attribuita   categoria   catastale   non   puo',   tuttavia,   essere
incidentalmente  compiuto  dal  giudice  tributario  che  sia   stato
investito  della  domanda  di  rimborso   dell'ICI   da   parte   del
contribuente. Il classamento,  infatti,  e',  rispetto  alla  pretesa
tributaria concretamente opposta, l'atto presupposto e in ragione del
"carattere impugnatorio del processo tributario,  avente  un  oggetto
circoscritto agli atti che scandiscono le  varie  fasi  del  rapporto
d'imposta, e nel quale il potere di disapplicazione  del  giudice  e'
limitato ai regolamenti ed  agli  atti  amministrativi  generali  ...
legittimati  a  contraddire  in  merito   all'impugnativa   dell'atto
presupposto  (possono  essere)  unicamente  gli  organi  che  l'hanno
adottato", ossia (prima l'UTE, ora) l'Agenzia del  Territorio  (Cass.
n. 6386 del 2006; 15449  del  2008).  Tra  la  controversia  relativa
all'ICI e quella  relativo  al  classamento  vi  e'  un  rapporto  di
pregiudizialita'  che  esclude  il  "litisconsorzio  necessario   fra
l'Agenzia  del  territorio  ed   il   Comune,   privo   di   autonoma
legittimazione  nella  causa  relativo  alla  rendita  catastale,  il
provvedimento  di  attribuzione  della  quale,  una  volta   divenuto
definitivo,  vincola  non  solo  il  contribuente,  ma  anche  l'ente
impositore, tenuto ad applicare l'imposta unicamente  sulla  base  di
quella rendita, costituente il presupposto  di  fatto  necessario  ed
insostituibile per tutta l'imposizione fiscale che la  legge  a  tale
dato commisura" (Cass. n. 9203 del 2007; 25278  del  2008;  v.  anche
Cass. n. 6386 e 26380 del 2006). Per i  fabbricati  non  iscritti  in
catasto,  invece,  l'accertamento  della  "ruralita'"   puo'   essere
direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia  investito
dalla pretesa del contribuente di  conseguire  il  rimborso  dell'ICI
pagata per il fabbricato al quale ritenga  spetti  il  riconoscimento
come "fabbricato rurale": in  questo  caso,  trattandosi  di  domanda
fondata  su  una  pretesa  esenzione   dall'imposta,   spettera'   al
contribuente dimostrare la sussistenza  dei  requisiti  indicati  nel
d.l. n. 557 del 1993, art.  9,  commi  3  e  3-bis.  Tra  i  predetti
requisiti,  per  quanto  concerne  gli  immobili  strumentali,   deve
escludersi la necessita' dell'identita' soggettiva del  titolare  del
diritto  sui  fabbricato  e  del  titolare  del  diritto  sul   fondo
asservito, in quanto il D.L. n. 557 del 1993, art. 9,  comma  3  bis,
non solo non indica, diversamente da quanto  fa  il  comma  3,  della
medesima disposizione per i fabbricati adibiti ad abitazione, tra  le
condizioni elencate, la necessita' che chi utilizzi il fabbricato sia
anche proprietario (o titolare di altro  diritto)  sul  terreno  "per
esigenze connesse all'attivita' agricola  svolta",  ma  espressamente
prevede il carattere strumentale degli immobili ove le cooperative, o
i   loro   consorzi,   svolgono    attivita'    di    "manipolazione,
trasformazione, conservazione, valorizzazione  o  commercializzazione
dei prodotti  agricoli  conferiti  dai  soci.  Pertanto  deve  essere
affermato il seguente principio  di  diritto:  "in  tema  di  imposta
comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto  nel
catasto fabbricati come rurale,  con  l'attribuzione  della  relativa
categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta  ricorrenza
dei requisiti previsti dal d.l. n. 557 del 1993, art.  9,  conv.  con
legge n. 133 del 1994, e successive modificazioni,  non  e'  soggetto
all'imposta ai sensi del combinato disposto del d.l. n. 207 del 2008,
art. 23, comma 1-bis, convertito con modificazioni dalla legge n.  14
del 2009, e del d.lgs n. 504 del 1992, art. 2,  comma  1,  lett.  a).
L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria  catastale  deve
essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la  non
soggezione all'imposta per  la  ritenuta  ruralita'  del  fabbricato,
restando altrimenti quest'ultimo assoggettato  ad  ICI:  allo  stesso
modo  il  Comune  dovra'  impugnare  l'attribuzione  della  categoria
catastale A/6 o 0/10 al  fine  di  potere  legittimamente  pretendere
l'assoggettamento del fabbricato all'imposta. Per  i  fabbricati  non
iscritti in catasto  l'assoggettamento  all'imposta  e'  condizionato
all'accertamento  positivamente  concluso   della   sussistenza   dei
requisiti  per  il  riconoscimento  della  ruralita'  del  fabbricato
previsti dal d.l. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni
che puo' essere  condotto  dal  giudice  tributario  investito  dalla
domanda di  rimborso  proposta  dal  contribuente,  sul  quale  grava
l'onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i
predetti  requisiti,  per  gli  immobili  strumentali,   non   rileva
l'identita' tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo
la  ruralita'  essere  riconosciuta   anche   agli   immobili   delle
cooperative che svolgono attivita' di manipolazione,  trasformazione,
conservazione,  valorizzazione  o  commercializzazione  dei  prodotti
agricoli conferiti dai  soci.  Nel  caso  di  specie,  l'applicazione
dell'enunciato principio conduce al rigetto  del  ricorso  in  quanto
l'immobile in  questione  risulta  pacificamente  classificato  nella
categoria D/8  e  la  societa'  cooperativa  non  ha  impugnato  tale
classificazione, nei confronti dell'Agenzia del Territorio,  al  fine
di ottenerne la variazione in D/10, dimostrando, come in questa  sede
pretenderebbe  di  dimostrare,  che  il  fabbricato  de  quo  e'   un
fabbricato strumentale alle attivita' agricole  cui  dapprima  si  e'
fatto riferimento. Restano cosi' assorbiti gli  ulteriori  motivi  di
ricorso, funzionali  a  censurare  la  sentenza  impugnata  sotto  il
profilo del mancato accertamento della ruralita'  del  fabbricato.  A
questo punto deve  essere  precisata  l'irrilevanza,  ai  fini  della
definizione del presente giudizio, della  questione  di  legittimita'
costituzionale della  legge  n.  244  del  2007,  art.  2,  comma  4,
sollevata dalla Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia-Romagna,
Sede di Parma, con ordinanza del 12 marzo 2008, e  dalla  Commissione
Tributaria Provinciale di Chieti, con ordinanza del 27  maggio  2008:
questione risolta positivamente, nel  senso  della  dichiarazione  di
Illegittimita' costituzionale della  denunciata  disposizione,  dalla
Corte costituzionale con sentenza n. 227 dei 14 luglio 2009  (udienza
7 luglio  2009).  Lo  stesso  giudice  delle  leggi,  confermando  il
carattere di interpretazione autentica della norma di cui al d.l.  n.
207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, afferma che  questo  disposizione
non incide direttamente  sulla  questione  oggetto  del  giudizio  di
costituzionalita', ne' consente  una  diversa  interpretazione  della
norma sospettata di illegittimita', alla quale non puo'  darsi  altro
significato che quello di impedire il recupero di un tributo  il  cui
pagamento  non  era  dovuto.  E  in  cio'  sta  la  ragione  evidente
dell'irrilevanza   della   norma    censurata    di    illegittimita'
costituzionale  nel  presente  giudizio:  poiche'  lo   scopo   della
disposizione di cui alla legge n. 244 del 2007, art. 2, comma 4,  e',
appunto, quello di impedire il rimborso di un tributo non dovuto,  il
che ne determina la illegittimita' costituzionale secondo il ribadito
orientamento del giudice delle leggi, occorre,  perche'  la  medesima
norma rilevi, che sussistano in concreto le condizioni per  le  quali
il tributo non sia dovuto che, per le motivazioni esposte,  nel  caso
di specie non e', non spettando alla ricorrente cooperativa  rimborso
richiesto, stante la  non  impugnata  classificazione  catastale,  la
quale non ha riconosciuto il carattere rurale del fabbricato per  cui
e' causa»