N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 marzo 2014

Ordinanza del 3 marzo  2014  emessa  dal  Tribunale  di  Firenze  nel
procedimento civile promosso da Ghetti Paolo contro  Ministero  della
giustizia. 
 
Ordinamento giudiziario - Vice procuratori  onorari  -  Spettanza  di
  un'indennita' giornaliera  di  euro  98  per  l'espletamento  delle
  seguenti   attivita',   anche   se   svolte   cumulativamente:   a)
  partecipazione ad una o piu' udienze in  relazione  alle  quali  e'
  conferita la delega; b) ogni altra attivita', diversa da quella  di
  cui alla lettera a), delegabile a norma delle vigenti  disposizioni
  di  legge  -  Violazione   del   principio   di   uguaglianza   per
  irragionevolezza. 
- Decreto legislativo 28 luglio  1989,  n.  273,  art.  4,  comma  2,
  sostituito dall'art. 24-ter del decreto-legge 24 novembre 2000,  n.
  341, convertito nella legge 19 gennaio 2001, n. 4, come  modificato
  dall'art. 52, comma 44, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.43 del 15-10-2014 )
 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
 
     Il Tribunale di  Firenze,  Sezione  1  civile,  in  composizione
monocratica  in  persona  del  Giudice  dott.  Domenico  Paparo,   ha
pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta  al  n.
17867/12 R.G. promossa da Ghetti Paolo, rappresentato e difeso  dagli
avv. Ottaviano Colzi e  Alexey  Colzi  ed  elettivamente  domiciliato
presso il loro studio in Firenze Attore 
    Contro Ministero della  Giustizia,  rappresentato  e  difeso  per
legge  dell'Avvocatura  distrettuale  di  Firenze  ed   elettivamente
domiciliato presso il suoi uffici in Firenze Convenuto 
    1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. Ghetti Paolo esponeva: 
        che dal 2 dicembre 2004, il Procuratore della  Repubblica  di
Prato  gli  aveva  affidato,  quale  Vice  Procuratore  Onorario,  la
trattazione dei fascicoli di competenza del Giudice di Pace; 
        che sino al 31 maggio 2006 era stato l'unico  VPO  incaricato
presso il Giudice di Pace di Prato; 
        che per gli anni 2005 e 2006 aveva  svolto  le  sue  funzioni
delegate ai sensi dell'art. 50 decreto legislativo n. 274/00, fra  le
quali quelle di  provvedere  all'archiviazione,  esercitare  l'azione
penale,  formulando  l'imputazione  e  provvedendo   alla   citazione
dell'imputato avanti al Giudice  di  Pace  nonche'  di  verifica  dei
ricorsi  proposti  ex  art.  21  decreto   legislativo   n.   274/00,
dichiarandoli   inammissibili   o   infondati    ovvero    formulando
l'imputazione e provvedendo alla citazione  dell'imputato  avanti  al
Giudice di Pace; 
        che nel 2005 e 2006 per lo svolgimento di tali funzioni aveva
svolto attivita' preparatorie l'udienza  di  citazione  dell'imputato
per complessivi 107 giorni; 
        che, per i suindicati 107 giorni di attivita', la Cancelleria
gli aveva liquidato a titolo di indennita' ex art. 4  d.lgs.  273/89,
l'importo di € 10.499,91 oltre  IVA  e  CAP,  detraendo  la  ritenuta
d'acconto), per un pagamento totale netto di 10.751,90; 
        che in data 14 novembre 2012 gli  era  stata  notificata,  ai
sensi dell'art. 187 TU Spese di Giustizia, ingiunzione di  pagamento,
da parte del Direttore Amministrativo della Procura della  Repubblica
di Prato con la quale si richiedeva la restituzione di quanto  pagato
indebitamente all'attore per gli anni 2005  e  2006  al  lordo  della
ritenuta di acconto, pari ad € 12.851,87; 
        che l'ingiunzione veniva giustificata dalla  circolare  della
Direzione Generale del Giustizia  Civile,  che  riteneva  che  l'art.
3-bis della I. 186/08, recante la  nuova  disciplina  dell'indennita'
dovute ai VPO a  modificazione  dell'art.  4  d.lgs  n.  273/89,  non
prevedendo  alcuna   disposizione   transitoria   che   disciplinasse
l'indennita' dovuta per attivita' svolta fuori udienza dal VPO  prima
dell'entrata in vigore del citato art. 3-bis,  escludeva  il  diritto
all'indennita' per l'anno 2005  e  2006  relativamente  all'attivita'
svolta fuori udienza dal VPO; 
        che   le   sue   ragioni   per    contestare    la    pretesa
dell'Amministrazione erano contenute nella Circolare del 21  febbraio
2002 del Ministero di Grazia e Giustizia  (confermata  da  altra  del
2006) che  individuava  tutte  le  attivita'  delegabili  ai  VPO  ed
indicava espressamente indica quelle di  cui  al  combinato  disposto
degli artt. 15, 20, 21, 25 e 50 d.lgs. 274/00 -ossia quelle poste  in
essere dall'attore quale VPO - e chiariva la ragione  che  impone  il
riconoscimento ai VPO del diritto all'indennita'  anche  nell'ipotesi
di  attivita'  posta  in  essere  fuori  dall'udienza  superando  una
interpretazione restrittiva,  affermando  che  era  irragionevole  la
mancata previsione espressa di un diritto al  compenso  dei  VPO  per
funzioni  giudiziarie  diverse  dalla  partecipazione   ad   udienze,
comportando una distinzione priva di  obiettiva  giustificazione  tra
attivita' giudiziarie tutte delegabili ai magistrati  onorari,  delle
quali alcune ingenerano il diritto ad un compenso ed  altre  no,  con
una disuguaglianza di trattamento tale  da  dare  adito  a  dubbi  di
legittimita' costituzionale della normativa vigente, con  riferimento
sia all'art. 3 che all'art. 36 della Costituzione; 
        che   l'incostituzionalita'   dell'art.   4   d.lgs.   273/89
interpretato nel senso  di  escludere  l'indennita'  per  l'attivita'
fuori udienza dei VPO  imponeva  di  ricercare  una  via  ermeneutica
costituzionalmente orientata; 
        che l'art. 4, comma 2,  nella  formulazione  previgente  alla
novella del 2008, non aveva mai collegato il  diritto  all'indennita'
dei  VPO  al  concetto  letterale  di   partecipazione   all'udienza,
prevedendo che "ai vice procuratori onorari spetta un'indennita' di L
150.000 per ogni udienza in relazione  alla  quale  e'  conferita  la
delega"; 
        che l'art. 4, al comma 1, stabiliva che "ai  giudici  onorari
di tribunale spetta un'indennita' di L.  150.000  per  ogni  udienza"
mentre il comma 2 prevedeva che "ai vice procuratori  onorari  spetta
un'indennita' di L. 150.000 per ogni udienza in relazione alla  quale
e' conferita la delega"; 
        che poiche' sia i giudici  onorari  che  i  vice  procuratori
onorari   svolgono   la   loro   attivita'   secondo    la    delega,
rispettivamente, del Presidente  del  Tribunale,  e  del  Procuratore
della Repubblica era utile chiarire  la  differenza  di  formulazione
letterale prevista tra i GOT ed i VPO; 
        che per i primi la  norma  inequivocabilmente  richiamava  il
concetto di' partecipazione all'udienza, mentre per i  VPO  la  norma
disponeva "per ogni udienza in relazione alla quale e'  conferita  la
delega" 
        che, poiche' l'attivita' delegabile al VPO  puo'  essere  sia
quella della partecipazione all'udienza sia  quella  di  preparazione
dell'udienza  (mediante  la  formulazione  dell'imputazione  e  della
citazione  a  giudizio  dell'imputato)  il  riferirsi   della   norma
all'udienza "in relazione" alla  delega  consente  all'interprete  di
poter considerare dovuto l'indennizzo sia per l'attivita'  prodromica
dell'udienza che per quella di partecipazione; 
        che per non  rendere  inutile  la  precisazione  della  norma
inerente i soli VPO "per ogni udienza  in  relazione  alla  quale  e'
conferita la delega" anche il principio ermeneutico di  conservazione
nonche' quello  di  lettura  sistematica  delle  norme,  imponeva  di
valorizzare la  succitata  distinzione,  attribuendo  all'espressione
usata un  duplice  significato,  quello  dell'attivita'  preparatoria
l'udienza posta dal  VPO  e  quella  della  sua  partecipazione  alla
stessa; 
        che l'art. 11 delle  Preleggi  imponeva  di  interpretare  le
norme anche secondo l'intenzione del legislatore, rinvenibile anche a
livello sistematico, per cui era ovvio che se  il  legislatore  aveva
voluto ampliare le attivita' delegabili ai VPO anche  alle  attivita'
preparatorie dell'udienza era ragionevole interpretare le espressioni
letterali della norma nel senso di prevedere l'indennizzo  anche  per
tali attivita'; 
        che dalla medesima norma risultava chiaro  che  l'espressione
"udienza" non aveva niente ha che vedere con la 'seduta'  giornaliera
del Giudice; 
        che infatti l'art. 4, stabilito che spetta "un'indennita' per
ogni udienza", stabilisce, sia per i GOT che  per  i  VPO,  che  "non
possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno"; 
        che se l'udienza fosse  la  seduta  giornaliera  del  Giudice
poiche' e' prevista un'indennita' per udienza sarebbe possibile  solo
una indennita'; 
        che poiche' il concetto di "udienza" indicato dalla norma non
e' quello della seduta giornaliera del  Giudice,  era  possibile,  al
fine  di  offrire  una   soluzione   ermeneutica   costituzionalmente
orientata, riferirsi al concetto  di  udienza  in  modo  piu'  ampio,
quindi anche all'attivita' preparatoria; 
        che una simile  interpretazione,  risolvendo  i  problemi  di
costituzionalita', eviterebbe nel caso de  quo  una  rimessione  alla
Corte costituzionale che comunque chiedeva in subordine; 
        che   gli   argomenti   usati    dalla    circolare    citata
nell'ingiunzione  erano   infondati   e   comunque   non   superavano
l'incostituzionalita' rilevata dallo stesso Ministero nella circolare
del 2002; 
        che la mancanza di disposizioni transitorie  lasciava  spazio
alla diversa interpretazione, posto che essa  avrebbe  riguardato  il
futuro e la mancanza di previsione di irripetibilita' di  tali  somme
avrebbe avuto un senso solo se il legislatore avesse ritenuto che  la
vecchia formulazione non contemplava le attivita' in questione; 
        che la novella dei 2008 non prevedeva nuove ipotesi di delega
e dunque di indennizzo, ma solo un criterio  orario  di  attribuzione
della doppia indennita'; 
         che  l'aver  precisato  nel  2008  che  sono  delegabili  ed
indennizzabili sia attivita' di udienza che fuori della medesima, non
vuole certamente significare che per il legislatore  prima  del  2008
non erano egualmente indennizzabili; 
        che spesso il legislatore ha disciplinato la medesima materia
con  novelle  che  semplicemente  chiarivano  i   dubbi   applicativi
precedentemente sorti; 
        che  i  Lavori   Parlamentari   preparatori   della   novella
confermavano dell'effettivo intento del legislatore che era quello di
razionalizzare la disciplina contenuta nel d.lgs.  273/89  a  seguito
delle nuove competenze attribuibili  per  delega  ai  VPO  che  aveva
portato ad una disomogeneita' dei criteri  di  quantificazione  delle
indennita'; 
        che era leso un suo diritto quesito  ed  il  suo  affidamento
nelle corrette interpretazioni offerte dalle circolari succitate  del
2002 e dei 2006, dunque della regolarita' dei suoi compensi; 
        che egli aveva accettato  di  svolgere  le  funzioni  di  VPO
presso il Giudice di Pace ed in particolare l'attivita' svolta  fuori
udienza  sul  presupposto  che  queste  fossero   indennizzate   come
l'attivita' d'udienza; 
        che,  nell'ipotesi  in  cui  non  si  dovesse  accogliere  la
interpretazione  proposta,   il   contratto   d'opera   professionale
intercorso tra l'attore e la Pubblica Amministrazione  doveva  essere
annullato per errore essenziale ex art. 1429, nn. 1 e 4, cc; 
        che, in ipotesi di rigetto delle sue difese  sussistevano  le
condizioni per l'accoglimento della domanda  di  arricchimento  senza
causa. 
    Appare assurdo infatti  che  l'Amministrazione  pretenda  di  far
prestare la loro 
    L'attore  chiedeva  pertanto,  in  accoglimento  dell'opposizione
all'ingiunzione,  l'accertamento  del  suo  diritto  a  percepire  le
indennita' in questione, eventualmente previa remissione  alla  Corte
costituzionale  della  questione  di  costituzionalita'  dell'art.  4
d.lgs.  273/89,  conseguentemente  dichiarare  non  dovute  le  somme
ingiunte all'attore; in ipotesi di rigetto,  annullare  il  contratto
sorto   fra   l'attore   ed   il   Ministero   della   Giustizia,   e
conseguentemente  condannare  il  Ministero  convenuto  al  pagamento
dell'indennizzo ai sensi dell'art. 2041 e seguenti cc. 
    2. Il Ministero convenuto resisteva alle domande assumendo: 
        che doveva anzitutto osservarsi che la normativa in esame  si
inserisca nel  settore  della  finanza  pubblica,  caratterizzato  da
delicate  scelte   di   carattere   strettamente   politico/economico
finalizzate al contenimento della spesa pubblica; 
        che in particolare l'art. 4 costituiva il frutto di  delicate
valutazioni (in relazione all'obbligo di  copertura  ex  art.  81  C.
delle singole voci di spesa pubblica) devolute al solo legislatore; 
        che  si  trattava  di  scelte,  fondate   su   considerazioni
politico-discrezionale che, in quanto tali e ai  sensi  dell'art.  28
della legge n. 87/1953, non possono neppure  costituire  oggetto  del
sindacato della Corte  costituzionale,  essendo  ammissibile  il  suo
intervento  nelle  forme  della  pronuncia  additiva   solo   qualora
l'addizione si concretizzi in una soluzione interpretativa  logica  e
costituzionalmente obbligata e non siano presenti profili rimessi  in
via esclusiva alla solo discrezionalita' del Legislatore; 
        che nel caso vi erano innumerevoli ipotesi tutte possibili  e
legittime la  cui  valutazione  spettava  solo  al  legislatore  (per
esempio, nella scelta dei criteri di quantificazione  dell'indennita'
o dell'imposizione di massimi e minimi giornalieri; 
        che una  lettura  costituzionalmente  orientata  dell'art.  3
d.lgs.  n.  273/89  che  riconoscesse  ai  vice  procuratori  onorari
l'indennita' per le attivita' svolte fuori udienza era  irragionevole
e illegittima in quanto,  non  solo  estendeva  l'ambito  applicativo
della  disposizione  al  di  la'  del  chiaro  dettato  normativo  ma
addirittura giungeva una soluzione interpretativa inibita anche  alla
Corte costituzionale; 
        che la  stessa  conclusione  si  prospettava  in  riferimento
all'analisi letterale della norma,  in  quanto  il  riferimento  alla
"delega" distingueva tale disposizione da quella relativa ai  giudici
onorari ma tale differenza non si fondava in un necessario  rinvio  a
tutte le attivita' delegabili e dunque anche a  quelle  svolte  fuori
udienza, ma semplicemente sulle diverse modalita' in base alle  quali
i VPO e i GOT esercitano le proprie funzioni (i primi soggetti ad una
specifica disciplina che richiede  un  provvedimento  di  delega  che
legittimi ed individui i limiti del loro  operato  mentre  i  secondi
hanno funzioni predefinite direttamente dalla legge); 
        che  pertanto  l'espressione  "in  relazione  alla  quale  e'
conferita delega" precisa che sono oggetto di indennizzo solo  quelle
attivita' d'udienza svolte in funzione di una specifica delega e  non
ipotizza un'estensione  applicativa  delle  norma  cosi  come  invece
auspicato dal ricorrente; 
        che la  giurisprudenza  concorde  ritiene  che  le  circolari
amministrative sono atti che non hanno di per se'  valore  normativo,
che assumono carattere vincolante solo se legittime,  potendo  essere
disapplicate  qualora  siano  contra  legem  e  che   non   vincolano
l'autorita' giudiziaria; 
        che era il provvedimento di liquidazione delle somme a titolo
di indennita' a favore dell'attore  per  le  attivita'  svolte  fuori
udienza, in quanto contrario al  dettato  normativo,  ad  essere  una
prassi contra legem che non poteva fondare la sua legittimita' su una
circolare amministrativa; 
        che era erronea l'affermazione di controparte che la  novella
sia dovuta alla volonta' del legislatore di fare chiarezza in  merito
all'ambito  applicativo  della  normativa  previgente  attraverso  un
intervento che ha permesso di far emergere  direttamente  quello  che
precedentemente era gia' comunque insito nella disciplina  seppur  in
termini meno espliciti.; 
        che invece il  legislatore,  attraverso  una  valutazione  di
nuovi elementi quali l'aumento negli ultimi anni del carico di lavoro
dei magistrati onorari, aveva ritenuto necessario, sulla base di  una
propria insindacabile discrezionalita', una modifica legislativa  del
precedente regime dell'indennita'; 
        che  tale  valutazione,  operata  su  delicati   profili   di
copertura  finanziaria,  ha  imposto  un  intervento  specifico   che
prevedesse un'estensione dell'indennita' anche alle  attivita'  fuori
udienza e che la portata innovatrice dell'art. 3-bis  legge  186/2008
verrebbe vanificata se  si  attribuisse  alla  normativa  previgente,
attraverso un opera ermeneutica, la stessa portata che la riforma  ha
riconosciuto solo nel 2008; 
        che quanto  alla  domanda  di  annullamento  per  errore  del
contratto, eccepiva la nullita' della  domanda  per  indeterminatezza
della stessa, in relazione all'onere di indicazione  in  merito  alla
qualificazione della domanda, non adempiuto,  attesa  la  genericita'
dell'espressione "annullamento per errore" e  vista  la  complessa  e
ramificata disciplina  dettata  dall'art.  1429  c.c.  in  ordine  ai
diversi presupposti di rilevanza previsti per le diverse tipologie di
errore ivi considerati; - che la domanda di arricchimento senza causa
era  improponibile  oltre  che  infondata  sia  di  in  relazione  ai
requisiti strutturali  individuati  dal  dettato  normativo  sia  del
principio di sussidiarieta'; 
        che invero l'art. 2041 cc postula l'assenza di una causa  che
si ponga come giustificazione dell'arricchimento di una parte e della
perdita patrimoniale subita dall'altra  con  la  conseguenza  che  la
sussistenza  di  un  contratto  valido  ed  efficace  e'  la  ragione
giuridica che fonda e legittima uno spostamento patrimoniale  tra  le
due parti con conseguente improponibilita' dell'azione; 
        che  il  codice  qualifica  espressamente   in   termini   di
residualita' l'azione di ingiustificato arricchimento con conseguente
esperibilita' della stessa solo laddove  non  vi  sia  una  specifica
azione che possa produrre  il  medesimo  effetto  di  tutela  per  il
depauperato e che nel caso vi e' un rimedio astrattamente  esperibile
coincidente con quello azionato in via principale dall'attore. 
    3. L'attore  ha  chiesto  in  udienza,  in  ipotesi  di  ritenuta
nullita' della domanda di annullamento, la concessione di un  termine
per una "memoria  integrativa  ex  art.  184  c.p.c.  per  sanare  la
contestata nullita'". 
    4. Su  tale  ultimo  punto,  preliminare  al  merito,  rileva  il
giudicante che la  richiesta  -corretto  l'errore  nella  indicazione
dell'articolo del codice di rito  che  consente  la  sanatoria  della
nullita' della citazione, che e'  l'art.  164-  non  e'  ammissibile,
posto che il rito sommario di  cognizione  ex  art.  702bis  cpc  non
prevede il richiamo a tale disposizione. 
    5. Ritiene il giudicante rilevante e non manifestamente infondata
la questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dall'attore
dell'art. 4 d.lgs. 273/89 in relazione all'art. 3 Cost. 
    5.1. La  questione  e'  certamente  rilevante,  in  quanto  nella
fattispecie all'attore viene richiesto di restituire quanto percepito
proprio in relazione al disposto della norma  indicata,  interpretata
nel senso che non prevede  che  al  VP0  sia  dovuta  indennita'  per
l'attivita'  extra  udienza  delegatagli  ex  artt.  15  e  25  d.lgs
274/2000, incontestatamente svolte. 
    5.2. La questione non puo' dirsi manifestamente infondata ne'  e'
possibile l'interpretazione della norma costituzionalmente  orientata
sostenuta dall'attore. 
    5.2.1. li testo dell'articolo 4 del Dlgs 28 n.  273/1989  vigente
all'epoca, a seguito delle modifiche disposte dall'art. 24 ter  della
1. 4/2001 e dall'art. 52, comma 44, della legge  n. 448/2001  era  il
seguente: 
        «1. Ai giudici onorari di tribunale spetta  un'indennita'  di
E. 190.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di  consiglio.
Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno. 
        2. Ai vice procuratori  onorari  spetta  un'indennita'  di  L
190.000 per ogni udienza in relazione  alla  quale  e'  conferita  la
delega a norma dell'articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n.
12, e  successive  modificazioni.  L'indennita'  e'  corrisposta  per
intero anche se la delega e' conferita soltanto per uno o per  alcuni
dei processi trattati nell'udienza. Non  possono  essere  corrisposte
piu' di due indennita' al giorno.» 
    5.2.2. Non pare invero conforme al  principio  di  ragionevolezza
sotteso all'art. 3 Costi ritenere che al VPO  spetti  una  indennita'
solo per alcune delle attivita' delegategli  -e  che  ovviamente  non
puo' rifiutarsi di prestare- ed affermare che per le  altre  non  gli
spetta alcunche'. 
    5.2.3. Ne' e'  possibile  ritenere,  come  fa  l'attore,  che  la
fissazione di un limite di due indennita' al giorno (tanto per i  GOT
che per i VPO) consenta -sull'assunto che 'udienza'  non  equivale  a
'seduta' perche' altrimenti il GOT non potrebbe per definizione farne
piu' di una al giorno- di superare la dizione  letterale  e  ritenere
che per i VPO nella nozione di 'udienza' (ai fini del  riconoscimento
della relativa indennita') possano rientrare le attivita', pure  esse
delegategli, che non consistono nella partecipazione all'udienza. 
    Invero, a smentire la  tesi  che,  per  quanto  or  ora  esposto,
'udienza' non equivale a 'seduta', basta il secondo periodo del comma
2,  laddove  si  fa  espresso  riferimento   ai   processi   trattati
nell'udienza, che dunque, vuoi dire proprio 'seduta'. 
    Il limite, allora, deve essere inteso  ad  escludere  che  in  un
giorno possano aversi piu' di due 'udienze'  (conferenti  il  diritto
all'indennita') mediante chiusura dell'udienza (intesa  proprio  come
'seduta' del giudice) -ad  es.  al  mattino-  ed  apertura  di  altra
udienza al pomeriggio. 
    5.2.4.  Una  interpretazione  che  ritenesse  che  anche  per  le
attivita' delegate in questione al VPO spetti  l'indennita'  prevista
per l'udienza non costituirebbe una  interpretazione  analogica  (non
essendo  per  definizione  uguali  le  prestazioni,  dell'un  tipo  e
dell'altro). 
    5.2.4.  li  richiamo  del  ministero  convenuto  all'obbligo   di
copertura in bilancio di cui all'art. 81 Cost.  'prova  troppo',  non
parendo possibile affermare che il legislatore  possa  violare  norme
costituzionali e la Corte costituzionale  non  possa  intervenire  in
ragione di tale norma. 
    Analogamente, l'assunto  del  ministero  convenuto  secondo  cui,
trattandosi     di     scelte     "fondate     su      considerazioni
politico-discrezionale che, in quanto tali e ai  sensi  dell'art.  28
della legge n. 87/1953, non possono neppure  costituire  oggetto  del
sindacato della Corte  costituzionale,  essendo  ammissibile  il  suo
intervento  nelle  forme  della  pronuncia  additiva   solo   qualora
l'addizione si concretizzi in una soluzione interpretativa  logica  e
costituzionalmente obbligata e non siano presenti profili rimessi  in
via esclusiva alla sola discrezionalita' del Legislatore" postula una
discrezionalita' del  legislatore  che  possa  non  tener  conto  del
principio di uguaglianza. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
        1) solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art.
4, comma 2, del decreto legislativo 28  luglio  1989,  n.  273,  come
modificato dall'art. 24-ter  della legge  19  gennaio  2001  n.  4  e
dell'art. 52, comma 44,  della legge  28  dicembre 2001  n.  448  per
contrasto con l'art. 3 Cost.; 
        2) dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale e sospende il procedimento in corso; 
        3) ordina che a cura della cancelleria la presente  ordinanza
sia  notificata  alle  parti  in  causa  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
        4) dispone che la presente  ordinanza  sia  comunicata  dalla
Cancelleria al Presidente della Camera dei deputati e  al  Presidente
dei Senato della Repubblica. 
          Firenze, 22 febbraio 2014 
 
                     Il Giudice: Domenico Paparo