N. 188 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 luglio 2014
Ordinanza del 10 luglio 2014 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sul ricorso proposto da Leone Lorenzo contro Ministero della difesa. Impiego pubblico - Divieto per i pubblici dipendenti di svolgere incarichi non conferiti o non previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza - Previsione in caso di inosservanza del divieto, salvo le piu' gravi sanzioni e la responsabilita' disciplinare, che il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante, o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata di bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti - Lesione del principio di proporzionalita' ed adeguatezza della sanzione. - Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 7. - Costituzione, art. 36, primo comma.(GU n.46 del 5-11-2014 )
REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA PUGLIA (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 264 del 2014, proposto da: Lorenzo Leone, rappresentato e difeso dall'avv. Luca Parillo, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari, P.za Massari, 6; contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Bari, via Melo, 97; per l'annullamento del provvedimento Prot. M-D.ABA002/24695, adottato il 10.12.13 dal Ministero della Difesa - Aeronautica Militare - Comando 36° Stormo - Servizio amministrativo, notificato in pari data, recante richiesta di restituzione delle somme percepite dal ricorrente per attivita' extraprofessionale, non autorizzata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 894; d.lgs. n. 66/10 e 53, comma 7, d.lgs. n. 165/01, in una agli atti preordinati, connessi e consequenziali, di cui non si conoscono data di emissione, estremi e contenuto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Relatore nella Camera di.Consiglio del giorno 27 marzo 2014 la dott.ssa Paola Patatini; Uditi per le parti i difensori avv. Luca Parillo e avv. dello Stato Ines Sisto; Con il ricorso in epigrafe viene impugnata la richiesta, avanzata dal Ministero della Difesa, di restituzione delle somme conseguite dal ricorrente a titolo di compenso per lo svolgimento di attivita' extraprofessionale non autorizzata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 53, comma 7, del D.lgs. n. 165/01 e 894 del D.lgs. n. 66/10. Prevede, infatti, la prima norma che i dipendenti pubblici non possano svolgere incarichi retribuiti che non siano stati previamente conferiti o autorizzati dall'Amministrazione di appartenenza. Dall'inosservanza di tale divieto, deriva, salvo le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare, che il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte debba essere conseguentemente versato, a cura del soggetto erogante o, in difetto, del percettore, all'Amministrazione di appartenenza. Infine, l'art. 894 del D.lgs. n. 66/10 sancisce l'incompatibilita' tra la professione militare e l'esercizio di ogni altra professione o attivita'. Il ricorrente, dipendente del Ministero della Difesa quale ufficiale pilota dell'aeronautica militare, premette invero di aver prestato attivita' lavorativa, percependo la relativa retribuzione, quale pilota di elicotteri presso una compagnia di aviazione spagnola, durante il periodo di congedo straordinario senza assegni, concessogli dall'Amministrazione ai sensi dell'art. 53, comma 2, del D.lgs. n. 53/00. Terminato il suddetto periodo di licenza ed interrotto il rapporto di lavoro con la compagnia spagnola, il ricorrente tornava in servizio attivo presso l'ente di appartenenza, il quale successivamente procedeva, col provvedimento impugnato, a richiedere le somme percepite dallo stesso a seguito dell'attivita' lavorativa svolta senza autorizzazione. Contro tale atto e' quindi insorto il ricorrente, censurandone violazione e falsa applicazione dell'art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/01, nonche' eccesso di potere sotto diversi profili. Inoltre, nell'ambito del secondo motivo di illegittimita' formulato nel ricorso, la parte, citando il precedente del Tar Puglia - Lecce, Ordinanza n. 1532 del 30.05.2013, ha sollevato anche questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 53 suddetto, per violazione degli artt.36 e 97 della Costituzione, in quanto l'obbligo di integrale restituzione di tutti i compensi percepiti per l'attivita' extraprofessionale, in assenza di qualsivoglia valutazione, determinerebbe evidente lesione dell'art. 36 cost. e dei diritti del lavoratore (norma precettiva), Il Ministero resistente si e' costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato. Alla Camera di Consiglio del 13.03.2014, fissata per l'esame dell'istanza cautelare, il Collegio ha concesso l'invocata tutela, con Ordinanza n. 177 del 2014, contestualmente disponendo la remissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenendo la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della norma posta alla base dell'impugnato provvedimento, previa valutazione della sua rilevanza ai fini del decidere, per le ragioni che seguono. Preliminarmente, deve evidenziarsi la rilevanza della questione nel presente giudizio, in quanto l'atto gravato costituisce diretta e immediata conseguenza dell'applicazione della normativa richiamata. La rilevanza della questione discende invero direttamente dall'infondatezza dei restanti motivi di ricorso, relativi, uno, all'asserita necessaria escussione preventiva del soggetto erogatore delle somme da parte dell'Amministrazione, l'altro, alla mancata motivazione del provvedimento impugnato. Secondo l'orientamento seguito in giurisprudenza - tranne un'isolata pronuncia in senso contrario - l'ultima parte del citato art. 53 va letta nel senso di ritenere sussistente in capo al soggetto erogatore l'obbligo di versare le somme dovute solo finche' queste siano nella sua disponibilita', ovvero finche' non siano state gia' corrisposte al lavoratore-dipendente pubblico. Laddove, come nel caso di specie, le somme siano uscite dal patrimonio del primo, per entrare in quello del dipendente pubblico, l'obbligazione passa in capo a quest'ultimo. Il Ministero delle Difesa ha quindi correttamente richiesto le somme al ricorrente, senza prima rivolgersi alla compagnia spagnola, essendo, al momento della contestazione, il rapporto di lavoro non autorizzato gia' interrotto e le somme gia' erogate in favore del ricorrente. Anche il motivo di censura relativo al difetto di motivazione non merita accoglimento, atteso il chiaro tenore letterale del provvedimento gravato, dalle cui premesse si evincono agevolmente le ragioni che hanno supportato l'adozione dello stesso, nonche' la doverosita' del disposto recupero. La questione di costituzionalita' risulta pertanto rilevante e anzi decisiva ai fini della decisione nel merito, in relazione alla delibazione del relativo profilo di censura dedotto nell'ambito del secondo motivo. Ne' il Collegio ravvisa un'interpretazione alternativa, costituzionalmente orientata, della norma in questione, oltre a quella sospettata di incostituzionalita'. Passando all'esame della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, va vagliata innanzitutto la censura sollevata dal ricorrente. Assume il ricorrente che la prevista restituzione all'Amministrazione di appartenenza di tutti gli emolumenti percepiti dal lavoratore per l'attivita' svolta in violazione dell'art. 53 del D.Lgs 165/2001, in assenza di valutazione alcuna in ordine all'effettiva incidenza negativa dell'attivita' cosi' svolta sul corretto adempimento degli obblighi istituzionali del dipendente, o piu' in generale, sul buon andamento dell'azione amministrativa, integrerebbe violazione della garanzia della retribuzione minima prevista dal primo comma dell'art. 36 Cost. Rileva in proposito il Collegio, che a norma dell'art. 1 Cost. il lavoro e la tutela giurisdizionale dei diritti del lavoratore costituiscono espressamente primo fondamento dei valori della Repubblica italiana. Alla stregua di quanto sopra, la tutela dei diritti dei lavoratori deve ritenersi fondamentale e oggetto di prioritaria salvaguardia. Il primo comma dell'art. 36 Cost., dopo aver statuito "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantita' e qualita' del suo lavoro", prevede comunque - nella seconda parte - "in ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa". L'incipit "in ogni caso" e' pacificamente ritenuto espressione di una previsione di garanzia minima e indefettibile, a chiusura del sistema tutela offerto, nel senso che quandanche la retribuzione non fosse adeguata e proporzionata alla quantita' e qualita', del lavoro svolto, la stessa deve in ogni caso risultare sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Tale disposizione deve ritenersi norma precettiva e di immediata applicazione. Proprio in ragione di quanto sopra, la prevalenza e imprescindilita' di tale tutela della retribuzione minima, rispetto ad altri valori ed interessi, ritenuti conseguentemente recessivi, ha condotto la giurisprudenza, ad esempio, a garantire entro tali limiti tutela al lavoratore anche nell'ipotesi di attivita' lavorativa prestata in conseguenza di un rapporto illegittimamente conseguito e, addirittura, ove prestato in esecuzione di un rapporto radicalmente nullo, come si ricava chiaramente anche dall'art. 2126 c.c. che riconosce il diritto alla retribuzione anche a fronte di un rapporto di lavoro mai sorto, a fronte di una prestazione di fatto. Nella fattispecie in esame, le somme percepite rappresentano l'unico mezzo di sostentamento del dipendente e della sua famiglia. Ed invero, la restituzione di tutti gli emolumenti percepiti imposta al lavoratore dalla citata norma di cui all'art. 53, settimo comma, in assenza di alcuna valutazione in ordine alla garanzia in ogni caso della retribuzione minima, che si identifica con quella necessaria a garantire al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, sembra al Collegio idonea ad integrare violazione dell'art. 36, primo comma Cost., in quanto la restituzione di che trattasi priverebbe il lavoratore e la famiglia dei mezzi di sussistenza necessari, apparendo viceversa conforme ai principi costituzionali non gia' l'indiscriminato obbligo di restituzione di tutti gli emolumenti percepiti, bensi' la restituzione della sola parte eccedente gli emolumenti che il dipendente avrebbe percepito nell'ambito del rapporto di impiego con l'Amministrazione di appartenenza, al fine di sanzionare in tal modo l'indebita locupletazione che il lavoratore si sarebbe illegittimamente procurato, svolgendo un'attivita' lavorativa non autorizzata e in violazione degli obblighi assunti. Alla stregua di quanto sopra, la decisione del suindicato motivo di censura presuppone la previa delibazione della questione di costituzionalita' della norma applicata (art. 53, comma 7, D.Lgs 165/2001) in relazione all'art. 36, primo comma, ultima parte della Costituzione. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, comma 2, 1. n. 87/53, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, questo Tribunale solleva questione di legittimita' costituzionale nei termini sopra enunciati, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella G.U. della Repubblica italiana della decisione della Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt.79 e 80 c.p.a. e 295 c.p.c. Va riservata alla sentenza definiftva ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione Seconda, visti gli artt.79, comma 1, c.p.a. e 23, L n. 87/53, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 7, D Lgs. n. 165/01 in relazione all'art. 36, primo comma, ultima parte della Costituzione, dispone la sospensione del giudizio e la sessione degli atti alla Corte costituzionale: Rinvia ogni definitiva statuizione nel merito e sulle spese di lite all'esito del promosso giudizio incidentale ai sensi degli artt. 79 e 80 c.p.a. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Bari nella Camera di Consiglio del giorno 27 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati: Antonio Pasca, Presidente Giacinta Serlenga, Primo Referendario Paola Patatini, Referendario, Estensore Il Presidente: Pasca L'Estensore: Patatini