N. 274 SENTENZA 1 - 5 dicembre 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanita' pubblica - Trattamenti con medicinali per terapie avanzate  a
  base di cellule  staminali  mesenchimali  (cd.  metodo  STAMINA)  -
  Divieto  per  le  strutture  pubbliche  di  dare  inizio  a   nuovi
  trattamenti dopo l'entrata in vigore della legge n. 57 del  2013  -
  Possibilita' di completare  trattamenti  gia'  avviati  su  singoli
  pazienti,  con  medicinali  lavorati  in  laboratori  di  strutture
  pubbliche e  secondo  procedure  idonee  alla  lavorazione  e  alla
  conservazione di cellule e tessuti, sotto  la  responsabilita'  del
  medico prescrittore. 
- Decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia
  sanitaria) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,
  della legge 23 maggio 2013, n. 57 - art. 2. 
(GU n.51 del 10-12-2014 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario  Rosario  MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  del
decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24 (Disposizioni urgenti  in  materia
sanitaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 23 maggio 2013, n. 57, promosso dal  Tribunale  ordinario
di Taranto, in funzione  di  giudice  del  lavoro,  nel  procedimento
civile tra R.D. e l'Azienda ospedaliera "Spedali Civili  di  Brescia"
ed altri, con ordinanza del 24 settembre 2013, iscritta al n. 65  del
registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18 novembre 2014  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con  l'ordinanza  in  epigrafe,  il  Tribunale  ordinario  di
Taranto, in funzione di giudice del lavoro, provvedendo su un ricorso
cautelare "ante causam" proposto, ai sensi dell'art. 700  del  codice
di procedura civile, nei confronti dell'Azienda ospedaliera  "Spedali
civili di Brescia", oltre che contro la Onlus  "Stamina  Foundation",
il Ministero della salute  e  l'ASL  di  Taranto,  ha  ordinato  alla
suddetta  Azienda  ospedaliera  (quale  resistente   principale)   di
somministrare la cura richiesta  dalla  parte  ricorrente,  sotto  la
responsabilita' del medico che  l'aveva  prescritta,  autorizzando  e
disponendo che l'azienda stessa - ove non avesse ritenuto di  operare
direttamente nell'ambito delle proprie strutture -  richiedesse  alla
«cell-factory», che  avrebbe  ritenuto  di  individuare,  le  cellule
staminali prodotte secondo la metodica elaborata dalla Onlus "Stamina
Foundation", la quale avrebbe dovuto fornire il proprio «know-how» e,
se necessario, il personale competente a  trattare  le  cellule,  con
obbligo per il Ministero della salute  di  prestare  ogni  necessaria
collaborazione scientifica, tecnica e finanziaria. 
    Detto provvedimento e' stato dichiaratamente adottato «ad tempus»
e, cioe', «sino  all'esito  della  decisione  da  parte  della  Corte
costituzionale» della questione - che, per la sua motivata  rilevanza
e sul presupposto della sua non manifesta infondatezza, quel  giudice
ha  contestualmente  sollevato  -  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2 del decreto-legge 25  marzo  2013,  n.  24  (Disposizioni
urgenti  in  materia  sanitaria),  convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  23  maggio  2013,  n.  57,  in
riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione. 
    1.1.- In punto di rilevanza, il Tribunale a quo ha escluso che il
ricorrente (paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica -  SLA)
potesse avvalersi delle cosiddette "cure compassionevoli" di  cui  al
decreto del Ministero della salute 5 dicembre 2006 (Utilizzazione  di
medicinali per terapia genica e per terapia cellulare somatica, al di
fuori  di  sperimentazioni  cliniche  e  norme  transitorie  per   la
produzione di detti medicinali), poiche' alla correlativa disciplina,
di fonte regolamentare, si sarebbe, a suo avviso, sovrapposta  quella
successiva, di fonte primaria, di cui, appunto, alla citata legge  n.
57 del 2013, recante una regolamentazione specifica per l'impiego  di
medicinali  per  terapie  avanzate  a  base  di   cellule   staminali
mesenchimali, con contestuale avvio di un percorso di sperimentazione
clinica. 
    1.2.- Il giudice a quo ha rilevato, poi, che quella stessa  legge
non permetteva, pero', di dar corso, presso strutture  pubbliche,  ai
trattamenti con cellule staminali richiesti, come nel caso in  esame,
dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 24 del 2013:  consentendo  essa,
al suo art. 2,  unicamente  il  "completamento"  dei  trattamenti  di
pazienti avviati presso tali  strutture  anteriormente  a  tale  data
(comma 2), o «in relazione ai quali sia stato  [ivi  gia']  praticato
[...] il prelievo dal paziente o da  donatore  di  cellule  destinate
all'uso terapeutico», ovvero ancora dei trattamenti che  siano  stati
«gia' ordinati dall'autorita' giudiziaria» (comma 3). 
    1.3.-  Ma  in  cio',  appunto,  il  rimettente  ha  ravvisato  la
violazione dei parametri costituzionali evocati, riconducibile, a suo
avviso, alla disparita' di trattamento (art. 3,  primo  comma),  alla
lesione del diritto alla salute (art. 32, primo comma) e  del  dovere
di  solidarieta'   (art.   2)   che,   dalla   censurata   normativa,
discenderebbe in danno di pazienti (come il ricorrente)  esclusi  dal
trattamento in questione in base ad un  mero  dato  cronologico,  del
tutto avulso dalle rispettive condizioni di salute. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  per  il  tramite
dell'Avvocatura generale dello Stato, ha  chiesto  che  la  questione
venga dichiarata inammissibile (sul presupposto che la decisione  del
Tribunale avrebbe dovuto misurarsi con il suddetto  d.m.  5  dicembre
2006, a  suo  avviso,  tuttora  applicabile)  o,  in  subordine,  non
fondata. 
    Secondo la difesa  dello  Stato  sarebbe,  nel  merito,  infatti,
evidente la «diversita' di condizione fra chi ha gia' da tempo  avuto
accesso (nei distinti modi di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 2 del d.l.
n. 24 del 2013 come convertito) ai trattamenti  del  metodo  Stamina,
con esiti comunque non negativi», in tal senso  trovando  (legittima)
applicazione il necessario principio di continuita'  terapeutica,  «e
chi, invece, non ha avuto questa opportunita'». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Taranto, in funzione di giudice  di
lavoro, dubita della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  del
decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24 (Disposizioni urgenti  in  materia
sanitaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 23 maggio 2013, n. 57, in riferimento agli artt. 2,  3  e
32 della Costituzione. 
    2.- Il censurato decreto-legge come convertito -  contestualmente
allo svolgimento, promosso sub  comma  2-bis  (aggiunto  in  sede  di
conversione) del suo art. 2, di una  «sperimentazione  clinica  [...]
condotta anche in deroga alla  normativa  vigente  [...]  concernente
l'impiego di medicinali  per  terapie  avanzate  a  base  di  cellule
staminali mesenchimali» - ha previsto, al precedente  comma  2  dello
stesso art. 2,  che  le  strutture  pubbliche,  in  cui  siano  stati
avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n.  24
del 2013, trattamenti su singoli pazienti con  i  medicinali  di  cui
sopra «possono completare i trattamenti medesimi», ed  ha  precisato,
al successivo comma 3, che «Si  considerano  avviati,  ai  sensi  del
comma 2,  anche  i  trattamenti  in  relazione  ai  quali  sia  stato
praticato, presso strutture pubbliche, il prelievo dal paziente o  da
donatore di cellule destinate all'uso terapeutico e quelli che  siano
stati gia' ordinati dall'autorita' giudiziaria». 
    3.- Resta, quindi, esclusa, alla stregua del  combinato  disposto
dei commi 2 e 3 dell'art. 2 della predetta legge, la possibilita'  di
avviare alle strutture  pubbliche  pazienti  che  il  trattamento  in
questione  abbiano  richiesto,  come  il  ricorrente   nel   giudizio
principale, solo dopo l'entrata in vigore del citato d.l. 
    Da  qui  il  sospetto  di   illegittimita'   costituzionale,   in
particolare, dei predetti commi 2 e 3 dell'art. 2 del d.l. n. 24  del
2013, come convertito, per contrasto con gli artt. 2, 3 e  32  Cost.,
per la violazione del dovere  di  solidarieta'  e  del  diritto  alla
salute (nel suo  contenuto  minimo  ed  essenziale),  e  per  la  non
giustificabile disparita' di trattamento, che ne deriverebbe, secondo
il rimettente, in danno dei  soggetti  i  quali  si  vedano  ex  lege
precluso il trattamento con cellule staminali, di che  trattasi,  non
in base alle loro condizioni di salute, ma unicamente in ragione  del
limite temporale fissato dalla normativa per  tal  profilo,  appunto,
sottoposta a verifica di costituzionalita'. 
    4.- Come piu' ampiamente esposto nella parte in fatto,  l'odierna
questione e' stata sollevata in un procedimento  civile  di  urgenza,
instaurato dopo  l'entrata  in  vigore  del  d.l.  n.  24  del  2013.
Nell'ambito del quale, il  Tribunale  adito  -  ravvisato  nella  non
manifesta infondatezza di detta questione il fumus boni  iuris  della
domanda  cautelare  proposta  da  un  paziente  affetto  da  sclerosi
laterale amiotrofica e volta alla tutela del suo diritto alla  salute
- ha ordinato all'azienda ospedaliera resistente di somministrare  la
terapia a base di cellule staminali richiesta  dal  ricorrente  «sino
all'esito della decisione [...] da parte della Corte» della questione
medesima. 
    Nel disporre la sospensione della procedura cautelare, differendo
al suo esito ogni  pronunzia  sulle  spese,  e  nel  condizionare  la
conservazione dell'efficacia della concessa misura di  urgenza  «sino
all'esito    della    decisione    [...]    della    questione     di
costituzionalita'», il Tribunale rimettente ha,  con  cio',  comunque
presupposto la prosecuzione  innanzi  a  se'  dello  stesso  giudizio
cautelare,  al  fine  di  pervenire  alla   conferma   o   meno   del
provvedimento adottato, in dipendenza dell'esito -  di  fondatezza  o
non - della questione medesima. 
    E tanto basta per  ritenere  superata  in  senso  affermativo  la
verifica di sussistenza della sua legittimazione a  sollevare,  nella
fattispecie considerata, l'incidente di costituzionalita' (da ultimo,
sentenza n. 172 del 2012). 
    5.- La rilevanza della cosi' proposta questione e' stata motivata
dal Tribunale rimettente sul presupposto della  non  piu'  consentita
applicabilita', dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 24 del 2013,  e,
quindi, nel giudizio a quo, del decreto del Ministero della salute  5
dicembre 2006 (Utilizzazione di medicinali per terapia genica  e  per
terapia cellulare somatica, al di fuori di sperimentazioni cliniche e
norme transitorie per la produzione di detti medicinali). 
    La premessa da cui muove, al riguardo, l'ordinanza di  rimessione
- non condivisa dalla difesa dello Stato  -  appare,  ad  avviso  del
Collegio, corretta. 
    Il citato d.m. del 2006  aveva,  infatti,  autorizzato  l'impiego
delle terapie cellulari somatiche, anche se non contenute nell'elenco
dei farmaci autorizzati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA),  su
singoli pazienti, in mancanza di un'efficace terapia di diverso tipo,
nei casi di urgenza ed emergenza che ponevano il paziente in pericolo
di vita o di grave danno  alla  salute  nonche'  nei  casi  di  grave
patologia    a    rapida    progressione     (cosiddetta     "terapia
compassionevole"), sotto la responsabilita' del medico  prescrittore,
purche' fossero disponibili dati scientifici che  ne  giustificassero
l'utilizzo, che fosse acquisito il consenso informato  del  paziente,
che risultasse il  parere  positivo  del  Comitato  etico  e  che  il
trattamento venisse eseguito in una struttura pubblica o equiparata o
presso istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. 
    E  proprio  avvalendosi  del  suddetto  decreto  -  che,  in  via
provvisoria, aveva anche autorizzato «la produzione di medicinali per
terapia [...] somatica cellulare», da  utilizzare  nei  casi  di  cui
sopra - nel 2011 la "Stamina Foundation" aveva stipulato  un  accordo
con  l'Azienda  ospedaliera  "Spedali  Civili  di  Brescia"  per   la
produzione di cellule staminali adulte con la metodica realizzata nei
propri laboratori per pazienti in gravi condizioni. 
    Con successiva  ordinanza  del  15  maggio  2012,  n.  1,  l'AIFA
vietava, pero', «con decorrenza immediata, di  effettuare:  prelievi,
trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi  e  somministrazioni  di
cellule umane presso l'Azienda Ospedaliera Spedali Civili di  Brescia
in collaborazione con la Stamina Foundation ONLUS». 
    Cio' dava luogo alla proposizione di numerosi ricorsi di  urgenza
davanti ai giudici ordinari che, nella maggioranza dei casi, li hanno
accolti, ordinando alla suddetta Azienda ospedaliera  di  avviare,  o
proseguire, il richiesto trattamento con cellule staminali. 
    In tale contesto, appunto, e' stato adottato il d.l.  n.  24  del
2013, poi convertito, con modificazioni, dalla legge n. 57 del 2013. 
    Detta legge - nella parte in cui, con la promossa sperimentazione
e la consentita prosecuzione dei trattamenti gia' avviati, ha  inciso
sulla medesima materia, dell'impiego  di  medicinali  per  cosiddette
«terapie cellulari somatiche», in  relazione  alla  quale  era  stata
fatta in precedenza applicazione del  citato  decreto  del  Ministero
della salute - si e' inevitabilmente sovrapposta, in quanto fonte  di
rango primario, sulla disciplina di fonte secondaria. 
    Il quesito sulla legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.l.
n. 24 del 2013, come convertito, condiziona,  dunque,  effettivamente
la decisione da adottarsi nel giudizio a quo. Dal  che  la  rilevanza
della questione portata all'esame di questa Corte. 
    6.- La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' affermato che  decisioni  sul  merito  delle
scelte terapeutiche,  in  relazione  alla  loro  appropriatezza,  non
potrebbero nascere da valutazioni di pura  discrezionalita'  politica
del  legislatore,  bensi'  dovrebbero  prevedere  «l'elaborazione  di
indirizzi  fondati  sulla  verifica  dello  stato  delle   conoscenze
scientifiche  e  delle  evidenze  sperimentali   acquisite,   tramite
istituzioni e organismi - di norma nazionali e  sovra-nazionali  -  a
cio' deputati, dato l'essenziale rilievo che a questi fini  rivestono
gli organi tecnico-scientifici» (sentenza n. 282 del 2002). 
    Inoltre, la promozione di una sperimentazione clinica per testare
l'efficacia, ed escludere collaterali effetti  nocivi,  di  un  nuovo
farmaco non consente, di regola, di porre anticipatamente a carico di
strutture pubbliche la somministrazione del farmaco medesimo: e  cio'
per evidenti motivi di tutela della salute, oltre che per esigenze di
corretta utilizzazione e destinazione dei fondi  e  delle  risorse  a
disposizione del Servizio sanitario nazionale. 
    Nel caso in esame, il legislatore del 2013 - nel  dare  corso  ad
una «sperimentazione [...] concernente l'impiego  di  medicinali  per
terapie avanzate a base  di  cellule  staminali  mesenchimali»  -  ha
parzialmente derogato ai principi  di  cui  sopra.  Ma  lo  ha  fatto
intervenendo   nella   particolare   situazione   fattuale,   innanzi
ricordata, che vedeva, in  concreto,  gia'  avviati  trattamenti  con
cellule  staminali  per  iniziativa  di  vari  giudici  che,  in  via
cautelare, avevano ordinato a strutture pubbliche di effettuarli. 
    In tale anomalo contesto, il d.l. n. 24 del 2013, come convertito
dalla legge n. 57 del 2013,  privilegiando  principi  di  continuita'
terapeutica  ed  esigenze  di  non  interferenza  con   provvedimenti
dell'autorita' giudiziaria, ha quindi consentito la prosecuzione  dei
trattamenti con cellule staminali gia' "avviati" o gia'  ordinati  da
singoli giudici. 
    Irragionevole sarebbe l'estensione  indiscriminata  di  siffatta,
temporalmente circoscritta, deroga,  che  l'ordinanza  di  rimessione
mira ad ottenere, facendo leva sugli evocati parametri costituzionali
che, a torto, prospetta violati. Cio'  senza  considerare  che,  allo
stato, la sussistenza delle  condizioni  per  la  prosecuzione  della
sperimentazione prevista dalla legge censurata  risulta  esclusa  dal
decreto  del  Ministero  della  salute  adottato,  sulla  base  della
relazione dell'apposito comitato scientifico,  il  4  novembre  2014,
nelle more del presente giudizio. 
    Le circostanze peculiari ed  eccezionali  che  hanno  indotto  il
legislatore a non interrompere il trattamento con  cellule  staminali
nei confronti dei pazienti che di fatto l'avevano gia' avviato, o per
i quali un giudice aveva,  comunque,  gia'  ordinato  alla  struttura
pubblica di avviarlo, non ricorrono, dunque, nei  riguardi  di  altri
pazienti che quel trattamento successivamente chiedano che  sia  loro
somministrato. 
    In relazione a detti soggetti non trova, infatti, giustificazione
una deroga al principio  di  doverosa  cautela  nella  validazione  e
somministrazione di nuovi farmaci. 
    E cio' pertanto, di per se', all'un tempo esclude, sia che tra le
due  categorie  di  pazienti  poste  in  comparazione   sussista   la
violazione del precetto dell'eguaglianza ipotizzata  dal  rimettente,
sia che possa prospettarsi leso il diritto alla salute o  violato  il
dovere di solidarieta' nei confronti dei pazienti  per  i  quali  non
puo'  darsi  avvio  presso  strutture  pubbliche  al  trattamento  in
questione dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 24 del 2013. 
    Anche la Corte di Strasburgo  ha,  del  resto,  ritenuto  che  il
diniego di accesso alla terapia secondo il metodo "Stamina" - deciso,
nel caso al suo  esame,  da  un  giudice  italiano  in  applicazione,
appunto, del d.l. n. 24 del 2013, come convertito - persegue lo scopo
legittimo  di  tutela  della  salute  ed  e'  proporzionato  a   tale
obiettivo, ne' ha effetti discriminatori (sentenza 6 maggio 2014,  su
ricorso Durisotto contro l'Italia). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 2 del decreto-legge 25  marzo  2013,  n.  24  (Disposizioni
urgenti  in  materia  sanitaria),  convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2013, n.  57,  sollevata,
in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale
ordinario  di  Taranto,  in  funzione  di  giudice  del  lavoro,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'1 dicembre 2014. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI