MINISTERO DELL'INTERNO - COMITATO DI COORDINAMENTO PER L'ALTA SORVEGLIANZA DELLE GRANDI OPERE

COMUNICATO

Linee guida recanti: Primi indirizzi per i controlli antimafia di cui
all'articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 10 dicembre  2013,  n.
136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio  2014,  n.
6. (Delibera CCASGO 15 dicembre 2014). (14A10134) 
(GU n.3 del 5-1-2015)

 
1. Ambito di applicazione e metodologia di lavoro. 
    Le presenti Linee Guida sono volte a  definire  le  procedure  di
monitoraggio  e  controllo  antimafia  relative  agli  interventi  di
riqualificazione ambientale sul territorio delle Regione Campania  di
cui all'art. 2-bis, comma 5, del  D.L.  1°  dicembre  2013,  n.  136,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6. 
    Il documento  fornisce,  altresi',  indicazioni  per  l'esercizio
delle funzioni demandate, dal comma 1 dello  stesso  art.  2-bis,  al
Prefetto di Napoli, in qualita' di Prefetto del Capoluogo di Regione,
finalizzate a garantire il coordinamento e l'unita' di  azione  delle
iniziative di prevenzione delle infiltrazioni criminali, con riguardo
agli  affidamenti  e  sub  affidamenti,  nonche'  all'erogazione   di
provvidenze  pubbliche   collegate   alle   predette   attivita'   di
monitoraggio e bonifica. 
    In premessa  si  ritiene  opportuno,  per  una  migliore  e  piu'
intelligente comprensione dei contenuti e della metodologia di lavoro
seguita  dal  Comitato,  fornire  un  sintetico  quadro   sui   punti
qualificanti  il  presente  atto  di  indirizzo,  che  si  troveranno
ampiamente sviluppati nei singoli paragrafi. 
    Innanzitutto, va evidenziato come la tipologia di  interventi  in
esame presenti peculiarita' che la rendono difficilmente assimilabile
a precedenti esperienze, per la presenza di una serie di  fattori  di
complessita'. 
    Il  primo  di  tali  fattori  attiene  alle  note  condizioni  di
criticita' del contesto ambientale in cui si andra'  a  collocare  il
piano di risanamento previsto dal decreto-legge n. 136/2013, contesto
notoriamente  segnato  dall'endemica  e  diffusa  presenza   di   una
consolidata e organizzata rete criminale di stampo mafioso. 
    Il secondo fattore di vulnerabilita' e' connesso  alla  tipologia
degli interventi che si andranno a realizzare - legata alla  gestione
dell'intero ciclo dei rifiuti - e,  di  conseguenza,  alla  categoria
degli operatori  economici  che  parteciperanno  alle  operazioni  di
bonifica. 
    Si tratta di  un  segmento  di  mercato  in  cui  si  riscontrano
frequentemente fenomeni di illegalita', in molti  casi  riconducibili
al crimine organizzato. 
    A  questo  riguardo,  appaiono  significativi  i   risultati   di
un'analisi dei dati giudiziari sviluppata di recente dalla  Direzione
Nazionale Antimafia. Essa dimostra come tra la consumazione dei reati
in materia ambientale e la criminalita' organizzata di  tipo  mafioso
esista un'interazione, alcune volte manifesta, ed altre  dissimulata.
E cio' in quanto la consumazione di quei  reati,  soprattutto  quando
siano di ampia diffusivita' e rilevanza,  comporta  la  utilizzazione
del territorio in maniera illecita, circostanza che, specialmente  in
determinate aree del Paese, puo' essere garantita solo da  quel  tipo
di organizzazioni. 
    A tale riguardo bastera' riferirsi  alle  dichiarazioni  di  vari
collaboratori   di   giustizia   appartenenti   proprio   al    mondo
imprenditoriale della  raccolta  e  gestione  dei  rifiuti:  da  esse
risulta evidentissimo il grande interesse che,  soprattutto  il  clan
dei casalesi, ha riposto in tale business. 
    Allo stesso modo puo' considerarsi un dato ormai giudiziariamente
acquisito la circostanza che l'ingerenza  delle  mafie  nell'illecito
smaltimento  dei  rifiuti  si  avvalga  del   condizionamento   delle
Amministrazioni locali, che assicurano alle ditte  contigue  ai  clan
gli appalti per la raccolta e il  trattamento  dei  rifiuti,  la  cui
esecuzione avviene con modalita' illecite,  cosi'  da  ottimizzare  i
guadagni a  scapito  della  tutela  del  territorio  e  della  salute
pubblica.  Tale  connivenza  con  soggetti  inseriti  negli  apparati
politico-amministrativi  locali  risulta  cosi'   imprescindibile   e
funzionale agli interessi criminali. 
    Tale  ingerenza  criminale  nel  settore   dei   rifiuti   assume
particolare significato in occasione  dell'esecuzione  di  importanti
interventi pubblici, aventi un vasto impatto sia dal punto  di  vista
economico che territoriale e, quindi, sociale. In  presenza  di  tali
evenienze, l'attivita' di prevenzione svolge un  ruolo  fondamentale,
potendosi incidere su tali fenomeni in maniera piu' marcata di quanto
possano farlo gli stessi procedimenti penali. 
    La analisi effettuata  dalla  Direzione  Nazionale  Antimafia  in
questo  specifico  settore,  evidenzia  come   sia   apparso   sempre
imprescindibile, per  gli  intermediari  che  operano  con  modalita'
illecite nel ciclo dei rifiuti, ricorrere a quel tipo di contatti. In
proposito la casistica investigativa e  processuale  di  cui  la  DNA
dispone non lascia adito a dubbi. 
    Peraltro, la presenza della delinquenza mafiosa in questo settore
e' stata registrata ai diversi livelli della filiera  delle  imprese,
declinando la propria dimensione speculativa  su  tutto  il  processo
produttivo, a monte e a  valle  del  ciclo  del  rifiuto,  attraverso
modelli  organizzativi  e  gestionali  semplici  o  a  impronta  piu'
specialistica (si va, in sostanza, dalla gestione della discarica per
inerti a quella di stoccaggio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi  o  di
inertizzazione e riutilizzo degli stessi). 
    La fondata preoccupazione  e',  quindi,  quella  di  evitare  che
l'iniziativa  di  recupero  del  territorio,   oggetto   del   citato
decreto-legge, si trasformi in una ulteriore  occasione  di  guadagno
per gli stessi autori del disastro ambientale che si e'  prodotto  in
quella regione. 
    Un   ulteriore   fattore   di   complessita'   e'   legato   alla
frammentazione, in termini logistici, delle attivita'  «di  cantiere»
che verranno avviate ma anche  alla  necessita'  che  l'attivita'  di
monitoraggio e vigilanza, a fini antimafia, insista su  una  porzione
di territorio particolarmente ampia e solo in parte coincidente con i
singoli siti da bonificare. 
    L'ultimo fattore da tenere in  considerazione,  quale  corollario
dei precedenti, attiene alla pluralita' dei soggetti (si  pensi  solo
al numero dei comuni su cui insistono i siti e dei proprietari  degli
stessi) che, a  vario  titolo,  saranno  coinvolti  nel  processo  di
risanamento di quelle aree e che richiedera'  un  intenso  sforzo  in
termini di coordinamento anche al fine di  mantenere  un  costante  e
omogeneo  livello  di  attenzione  nelle  azioni  di   controllo   di
rispettiva competenza. 
    L'impianto delle cennate Linee-guida, pertanto, ha  dovuto  tener
conto della specificita' del quadro delineato provando a disegnare un
modello operativo «su misura». 
    Se non si ricorre a misure  specifiche,  che  tengano  conto  del
contesto territoriale, del radicamento dei clan  camorristici,  degli
interessi economici in gioco e del grado di infiltrazione  di  alcune
delle imprese operanti  nel  settore,  si  rischia  concretamente  di
affidare le  operazioni  di  bonifica  proprio  a  coloro  che  hanno
avvelenato il territorio campano. 
    In  questo  senso,  il  presente  atto  di  indirizzo  si   muove
nell'ottica di potenziare al massimo i presidi da attivare nella fase
antecedente all'esecuzione degli interventi nella consapevolezza  che
l'affidamento di appalti ed altri subcontratti a soggetti contigui ad
ambienti criminali potrebbe non solo  costituire  un  vulnus  per  la
trasparenza e la liberta' del mercato legale ma  anche  compromettere
ulteriormente il primario diritto alla salute  della  popolazione  di
quei territori. 
    Di particolare utilita' a tal fine si sono rilevati: da un  lato,
l'accresciuta conoscenza, da parte delle Forze  di  polizia  e  della
Autorita' giudiziaria, dei meccanismi  di  penetrazione  mafiosa  nel
«business» ambientale e,  dall'altro,  le  potenzialita'  offerte  da
talune disposizioni contenute  nella  normativa  di  settore  (si  fa
riferimento, in particolare, all'art. 29 del decreto-legge n. 90/2014
in tema di white list, ma anche alla regolamentazione che  disciplina
l'attivita' di gestione ambientale e del ciclo dei rifiuti). 
    Una  particolare  attenzione,  dunque,  e'  stata  rivolta   allo
strumento dello screening preventivo  sugli  operatori  economici  da
parte  della  Prefettura,  con  il   supporto   degli   organi   info
investigativi e la collaborazione offerta dall'Autorita' giudiziaria,
cosi'  come  allo  strumento  delle  «White   List»,   opportunamente
calibrato sulla specificita'  del  rischio  criminale,  che  dovrebbe
costituire il meccanismo di elezione  per  la  scelta  dell'operatore
economico. 
    Sul punto,  vale  la  pena  di  precisare  che  l'impianto  delle
presenti linee guida, anche con specifico riferimento al  tema  delle
white list e' stato condiviso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato
cui e' stato trasmesso il testo per un parere preventivo. 
    Va  infine  sottolineato  che  analoga  considerazione  e'  stata
riservata alla fase dei controlli sulla esecuzione  degli  interventi
che potra' giovarsi non solo del qualificato contributo di componenti
specialistiche delle  Forze  di  polizia  ma  anche  delle  forme  di
collaborazione  istituzionale  con   l'Autorita'   giudiziaria   gia'
positivamente sperimentate in precedenti esperienze. 
2. Quadro di situazione degli interventi avviati e da avviare. 
    In preparazione  del  presente  atto  di  indirizzo,  sono  stati
avviati contatti con l'Istituto Superiore  per  la  Protezione  e  la
Ricerca Ambientale (ISPRA) e il Comando Generale del Corpo  Forestale
dello Stato, per acquisire un quadro informativo circa lo stato delle
iniziative  avviate.  Inoltre,  rappresentanti  del  Comitato   hanno
partecipato ad incontri presso la Direzione Nazionale  Antimafia,  ed
alla quale sono intervenuti il Procuratore Nazionale Antimafia  ed  i
suoi Sostituti, nonche' i Procuratori  Distrettuali  e  Circondariali
dei  territori  campani  maggiormente  interessati  dai  fenomeni  di
sversamenti e smaltimenti abusivi in aree agricole. In tali  incontri
sono stati acquisiti, alla luce di quanto finora  accertato  in  sede
giudiziaria, spunti  di  riflessione  sulle  possibili  criticita'  e
quindi sulle  misure  di  rafforzamento  dell'azione  di  prevenzione
attraverso forme di collaborazione con l'Autorita' Giudiziaria. 
    Il quadro di situazione  emerso  puo'  essere  sintetizzato  come
segue. 
    Il D.L. n. 136/2013 articola il  processo  di  risanamento  delle
aree in discorso in due fasi: 
      a) la  prima  fase  consiste  nella  mappatura  dei  terreni  a
rischio. 
    Tale attivita'  viene  realizzata  attraverso  indagini  tecniche
effettuate da soggetti pubblici specificamente incaricati  (Consiglio
per la Ricerca e la Sperimentazione  in  Agricoltura  -  CRA,  ISPRA,
Istituto Superiore di Sanita' - ISS, e dell'Agenzia Regionale per  la
Protezione  Ambientale  in  Campania  -  ARPAC),  sulla  base   degli
indirizzi e delle priorita' stabilite con una direttiva adottata  dai
Ministri  delle   politiche   agricole,   alimentari   e   forestali,
dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,  e  della
salute, d'intesa con il Presidente della Regione Campania (art. 1 del
D.L. n. 136/2013). A questo scopo, il personale  tecnico  incaricato,
accompagnato da personale del Corpo Forestale dello Stato e  del  NOE
dell'Arma dei Carabinieri e', autorizzato ad accedere a ciascun  sito
per effettuare i prelievi di materiali da analizzare.  A  conclusione
della fase diagnostica, con  decreto  dei  Ministri  delle  politiche
agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare, sono individuati - classificandoli secondo una
scala del rischio che va dal Livello 5 (Rischio molto alto) a Livello
1 (Rischio basso) - i terreni che  non  possono  essere  destinati  a
colture agroalimentari o quelli da destinare solo ad  alcune  colture
agroalimentari. 
    Con la direttiva interministeriale emanata il 23 dicembre 2013 e'
stato elaborato un primo elenco di 57 Comuni (33 della  Provincia  di
Napoli e 24 della Provincia  di  Caserta),  i  cui  territori  devono
formare oggetto prioritario  dell'attivita'  in  questione;  con  una
successiva direttiva interministeriale del 16 aprile  2014  e'  stato
individuato un secondo elenco di 31 Comuni  (22  della  Provincia  di
Napoli e 9 della Provincia di  Caserta),  i  cui  territori  dovranno
formare oggetto delle medesime indagini tecniche. 
    Resta comunque fermo che l'ambito di applicazione delle  presenti
Linee guida - allo stato  riferito  ai  cennati  territori  -  verra'
automaticamente ad estendersi a  quelle  aree  che  dovessero  essere
individuate, a seguito di ulteriori direttive  interministeriali,  ai
fini dei relativi interventi di bonifica; 
      b) la seconda fase consiste nella attuazione  degli  interventi
finalizzati alla bonifica dei siti e alla rivitalizzazione  economica
dei territori, sulla base di un programma straordinario e urgente per
la cui esecuzione potranno essere individuati soggetti attuatori.  E'
previsto che tali interventi possano essere realizzati attraverso  la
stipula di contratti istituzionali di sviluppo di cui all'art. 6  del
decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, nell'ambito dei  quali  la
Regione puo' individuare  anche  misure  incentivanti  l'utilizzo  di
colture di prodotti non destinati all'alimentazione umana  o  animale
(si vedano, in particolare, gli articoli 1, comma 6-quinquies,  e  2,
comma 4). 
    Nel momento in cui viene adottato il presente atto di  indirizzo,
risultano essere in fase di svolgimento le attivita'  riguardanti  la
mappatura dei terreni di cui alla precedente lettera a). 
3. I  soggetti  della  «rete»  di  prevenzione  delle   infiltrazioni
  mafiose. 
    L'art. 2-bis, del  D.L.  n.  136/2013  prevede  che  i  controlli
antimafia sui diversi interventi  connessi  al  monitoraggio  e  alla
bonifica delle  aree  agricole  campane  vengano  sviluppati  secondo
modalita' rafforzate rispetto a quelle attuate in  via  ordinaria  ed
assegna un ruolo centrale di indirizzo e coordinamento al Prefetto di
Napoli. 
    Per lo svolgimento di questi compiti egli potra' avvalersi: 
      a) della Sezione Specializzata di questo Comitato,  di  cui  al
comma 2, del ricordato art. 2-bis; 
      b) del Gruppo interforze centrale  per  il  monitoraggio  e  le
bonifiche    delle     aree     inquinate     (GIMBAI),     organismo
info-investigativo, costituito presso il Dipartimento della  Pubblica
Sicurezza, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 2-bis. 
    Tali organismi vanno  a  integrare  la  «rete»  del  monitoraggio
antimafia, prevista dal D.M. 14 marzo 2003, a cominciare dalla DIA  e
dal Gruppo Interforze,  ed  ovviamente  dalle  altre  Prefetture,  in
primis quella di Caserta,  il  cui  territorio  e'  considerevolmente
interessato dagli interventi di monitoraggio e bonifica. 
    A  questo  fine,  il  Prefetto  di  Napoli  si  fara'  carico  di
individuare le piu'  efficaci  forme  di  raccordo  tra  le  predette
componenti, in modo da garantire la massima circolazione  informativa
nella  fase  ascendente,  verso  quella  prefettura,  e   in   quella
discendente, in  direzione  cioe'  delle  altre  prefetture  e  delle
diverse componenti del sistema rafforzato antimafia. 
    In questo senso, diventera' fondamentale  avviare  un'ancor  piu'
stretta collaborazione con la DDA di Napoli e le  altre  Procure  dei
circondari interessati dal piano degli  interventi  disciplinati  dal
predetto D.L. n. 136/2013, nell'ovvio rispetto dei reciproci ruoli  e
del  segreto  di  indagine.  A  tal  fine,  potra'  essere  presa  in
considerazione la possibilita' di attivare intese, volte a  conferire
alla Prefettura di Napoli  il  ruolo  di  «interfaccia»  privilegiato
delle informazioni che le  citate  Autorita'  Giudiziarie  riterranno
opportuno «riversare» nel circuito amministrativo per le  conseguenti
iniziative. 
    Sempre  nell'ottica  di  rendere  piu'   incisiva   l'azione   di
controllo,  il  Prefetto  di   Napoli   potra'   avviare   iniziative
collaborative  con  gli  altri  stakeholders  pubblici  competenti  a
eseguire o far eseguire il monitoraggio  dei  terreni,  in  linea  di
continuita' con il protocollo di legalita',  gia'  stipulato  con  il
Presidente  della  Regione  Campania,  per   la   prevenzione   della
corruzione e dell'infiltrazione criminale  nelle  opere  di  bonifica
ambientali. 
    In  particolare,  il  Prefetto  di  Napoli  si  fara'  carico  di
promuovere la stipula degli accordi di  legalita'  che,  nei  termini
indicati dalle presenti  Linee  Guida,  definiranno  la  cornice  dei
controlli antimafia sugli interventi  -  ivi  comprese  le  forme  di
incentivazione - contemplati dai contratti istituzionali di  sviluppo
eventualmente stipulati per le esigenze di  cui  ai  gia'  menzionati
articoli 1, comma 6-quinquies, e 2, comma 4, del D.L. n. 136/2013. 
    E' utile ricordare che l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo
n. 88/2011 assoggetta i predetti contratti istituzionali di  sviluppo
alla disciplina prevista dal Codice dei  contratti  pubblici  per  le
realizzazioni comprese nel Piano  delle  Infrastrutture  Strategiche,
anche per  cio'  che  concerne  le  modalita'  di  svolgimento  delle
verifiche antimafia (Parte II, Titolo III, Capo IV del Codice). 
    Ai contratti istituzionali di sviluppo si applica, dunque, l'art.
176 del citato  Codice  che  rende  obbligatoria  la  conclusione  di
appositi accordi di legalita' tra il Prefetto e le parti dei medesimi
contratti, finalizzati a definire, appunto, i controlli e le  cautele
da osservarsi in chiave di prevenzione delle ingerenze criminali. 
    I contenuti di tali protocolli si uniformeranno  al  sistema  dei
controlli antimafia delineato dalla delibera CIPE n. 58 del 3  agosto
2011,  concernente  le  infrastrutture   strategiche   di   interesse
nazionale. 
4. Indicazioni per la prevenzione delle infiltrazioni nella fase  del
  monitoraggio delle aree della Regione Campania oggetto di eventuali
  contaminazioni o inquinamenti. 
    4.1. Il monitoraggio delle aree territoriali. 
    Nell'attuale stadio propedeutico all'attivazione degli interventi
di  bonifica,  e'  ragionevole  ipotizzare  che   l'interesse   della
criminalita' organizzata sia orientato  a  precostituirsi  posizioni,
direttamente o indirettamente, lucrative sia rispetto agli interventi
- e alle relative risorse economiche - destinati al risanamento delle
aree contaminate, sia rispetto ad  eventuali  forme  di  speculazione
edilizia. 
    Di conseguenza l'azione di  monitoraggio  dovra'  prevalentemente
essere rivolta a intercettare manovre intrusive volte  a  interferire
sul regolare processo di campionamento e classificazione dei terreni,
cosi'  come  ad  acquisire  il  controllo  delle   aree   interessate
all'indotto del futuro piano di bonifica. 
    Sintomatici, a tal  fine,  potranno  dunque  rivelarsi,  gia'  in
questa fase, i passaggi di proprieta' riguardanti terreni  ricompresi
nelle aree in questione, cosi' come le richieste di trasformazione di
destinazione d'uso di zone limitrofe (ad esempio da adibire a cave  o
a siti per lo smaltimento di inerti). 
    In tale prospettiva,  il  Prefetto  di  Napoli,  avvalendosi  del
contributo dei Gruppi Interforze e del GIMBAI, avviera', sin da  ora,
le iniziative di screening volte al censimento dei siti  al  fine  di
far emergere situazioni di «allarme» o comunque di «anomalia». 
    Particolarmente  utili,  a  tali  fini,  saranno   i   contributi
informativi  forniti  dai   Gruppi   Interforze,   relativamente   al
censimento dei soggetti proprietari dei terreni  (1)  ,  nonche'  dal
GIMBAI a seguito  dello  screening  periodico  dei  trasferimenti  di
proprieta' nelle zone ove insistono i terreni a rischio. 
    L'eventuale  individuazione  di  elementi  di  «criticita'»,   in
termini di contiguita' mafiosa, che dovessero emergere nei  confronti
di soggetti proprietari dei  terreni  o  interessati  da  transazioni
aventi ad oggetto i terreni stessi, potra' consentire il rilascio  di
attestazioni sfavorevoli qualora i soggetti abbiano in corso rapporti
con la pubblica amministrazione. In ogni caso tali elementi  potranno
dare  adito  ad  ulteriori  accertamenti  volti  alla   proposta   di
applicazione di misure di prevenzione, ovvero sfociare in altre forme
di accertamento di natura giudiziaria. 
    4.2. Il monitoraggio delle cave e delle discariche. 
    E'  facilmente  prevedibile  che  la  «filiera»  degli  operatori
economici impegnati nell'esecuzione degli interventi di bonifica  dei
terreni  agricoli  inquinati  o  contaminati  comprendera'  anche  le
imprese che gestiscono cave o discariche. 
    Si tratta, come e' noto, di attivita'  particolarmente  delicate,
non solo sul versante del rischio prettamente  ambientale,  ma  anche
perche' costituiscono un settore  tradizionalmente  piu'  esposto  ai
tentativi di aggressione e condizionamento del crimine organizzato. 
    In considerazione di cio', appare opportuno che le Prefetture  di
Napoli  e  Caserta  (e  quelle  altre  della   Campania   in   futuro
interessate) proseguano attivamente il monitoraggio,  previsto  dalla
direttiva del Ministro dell'interno del 23 giugno 2010  sui  soggetti
che gestiscono i  predetti  siti  estrattivi  o  di  smaltimento  dei
rifiuti. 
    Lo screening dovra' essere svolto  in  necessaria  collaborazione
con i competenti organi regionali, ed eventualmente  provinciali,  ai
quali andra' richiesto  un  quadro  informativo  esauriente  circa  i
soggetti cui sono stati affidati in concessione i siti  estrattivi  o
cui  sono  state  rilasciate  le  prescritte  autorizzazioni  per  la
gestione  delle  discariche,  allo  scopo  di  accertare  l'effettiva
titolarita' delle attivita'. Altrettanto importante sara'  assicurare
un circuito informativo tempestivo sulle richieste di  autorizzazione
e concessione ancora in itinere o che verranno nel tempo presentate. 
    Nel caso in cui l'operatore economico non risulti  gia'  iscritto
nelle white list e gli accertamenti facciano emergere  le  condizioni
per il rilascio di informazioni antimafia interdittive, le Prefetture
di Napoli e Caserta provvederanno a informare: 
      a)  l'Amministrazione  concedente  o  che  ha  rilasciato   gli
eventuali provvedimenti di tenore autorizzatorio, per l'adozione  dei
conseguenti provvedimenti; 
      b) l'eventuale soggetto aggiudicatore  degli  appalti  pubblici
connessi all'esecuzione delle bonifiche perche', ai fini di una  piu'
efficace ed estesa rete di prevenzione antimafia, inibisca i soggetti
e gli operatori economici interessati dall'intrattenere  rapporti  di
fornitura, approvvigionamento ecc. con le imprese controindicate. 
    Qualora le imprese abbiano sede legale  in  altra  Provincia,  le
Prefetture di Napoli e Caserta provvederanno a attivare le competenti
prefetture ai fini degli adempimenti di cui alle  precedenti  lettere
a) e b). 
    Si segnala che  il  Prefetto,  fuori  dai  casi  in  cui  vengano
accertati  tentativi  di  infiltrazione  mafiosa  che  consentano  il
rilascio di un'interdittiva, potra' in ogni  caso,  nel  contesto  di
questa  attivita'  di   monitoraggio,   esercitare   il   potere   di
segnalazione di cui all'art. 1-septies del d.l. n. 629/1982. 
    Ed infatti, il nuovo Codice  antimafia,  nel  sopprimere  le  cd.
informazione «atipiche», ha comunque mantenuto in capo al Prefetto il
potere  di  comunicare  alle  amministrazioni  competenti  situazioni
suscettibili di essere valutate ai fini della permanenza in  capo  ai
soggetti scrutinati dei requisiti morali richiesti dalle normative di
settore per la concessione e il mantenimento di taluni  provvedimenti
ampliativi della  sfera  giuridica  degli  interessati  (concessioni,
autorizzazioni all'esercizio di alcune  attivita'  economiche,  ecc.,
elencate nel predetto art. 1-septies). 
    Con specifico riguardo alle attivita'  economiche  che  insistono
sul territorio campano,  si  evidenzia  che  la  legge  regionale  13
dicembre  1985,  n.  54,  non  richiede  requisiti  morali  ulteriori
rispetto a quelli antimafia per il rilascio  delle  autorizzazioni  o
concessioni alla coltivazioni di cave. 
    Diverse considerazioni valgono per le  attivita'  riguardanti  la
gestione di discariche e di smaltimento dei rifiuti. 
    L'esercizio  di   tali   attivita'   e',   infatti,   subordinato
all'iscrizione nell'Albo nazionale delle imprese  che  effettuano  la
gestione dei rifiuti, oggi disciplinato dal  regolamento  di  cui  al
D.M. 3 giugno 2014, n. 120. 
    L'art. 20 del citato regolamento  prevede  espressamente  che  le
Sezioni regionali dell'Albo procedono  alla  cancellazione  dall'Albo
stesso degli operatori economici nei confronti dei quali sono  venuti
meno i requisiti morali necessari per l'iscrizione elencati  all'art.
10, comma 2, dello stesso regolamento. 
    Tali  requisiti  comprendono  non  solo  l'assenza  delle   cause
ostative di cui all'art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011 (art.
10, comma 2, del D.M. n. 120/2014), ma anche  l'assenza  di  condanne
definitive per reati ambientali o ad una pena superiore ad un anno di
reclusione per delitti non colposi. 
    L'esistenza quindi di condanne  per  questi  reati  a  carico  di
soggetti iscritti  nelle  Sezioni  del  citato  Albo  potra'  formare
oggetto di comunicazioni di segnalazione da  parte  del  Prefetto  ai
sensi dell'art. 1-septies del D.L. n. 629/1982. 
    4.3. Comunicazione degli esiti dei monitoraggi svolti  dal  Corpo
Forestale dello Stato. 
    In questo contesto, risultera' di  particolare  utilita'  per  il
Prefetto di Napoli e Caserta (e  di  quelli  altri  i  cui  territori
saranno  interessati  dagli  interventi  contemplati  dal   D.L.   n.
136/2013) disporre dei risultati di alcuni  monitoraggi  che  vengono
gia' adesso sviluppati dal Corpo Forestale dello Stato. 
    Ci si riferisce, in particolare, a tre iniziative  che,  come  e'
emerso negli incontri preparatori di queste Linee  Guida,  sono  gia'
stati avviati nei territori dei Comuni dove sono state individuate le
aree oggetto di possibile contaminazione: 
      a) il  censimento  delle  cave  e  degli  altri  analoghi  siti
estrattivi; 
      b)  le  aree  dove  sono  stati  installati  cantieri  per   la
realizzazione di rilevanti opere pubbliche o private; 
      c) il censimento dei soggetti che conducono di fatto i  terreni
agricoli, anche a  prescindere  da  quanto  risulta  formalmente  dai
titoli contrattuali. 
    Gli esiti di tali monitoraggi forniranno,  infatti,  ai  Prefetti
una «mappatura» delle zone che potrebbero, con maggiore probabilita',
essere interessate dal verificarsi  di  nuovi  fenomeni  illeciti  di
sversamento o smaltimento di rifiuti. 
    In particolare, i Prefetti potranno tenere  conto  dei  risultati
delle iniziative in questione anche ai fini  di  meglio  orientare  i
piani di controllo del territorio, in modo  da  realizzare  una  piu'
efficace azione di prevenzione. 
    4.4. Possibili misure per evitare alterazioni dei risultati delle
indagine tecniche relative ai siti monitorati. 
    Sempre con riferimento  alla  fase  propedeutica  all'affidamento
delle attivita' di bonifica, il Comitato ritiene, anche in esito agli
approfondimenti intercorsi presso la Procura nazionale antimafia, che
una  particolare  attenzione   vada   riservata   all'aspetto   della
campionatura dei siti. 
    Risulta evidente, infatti, come le indagini  tecniche  effettuate
per  accertare   l'esistenza   di   inquinamenti   e   contaminazioni
costituiscano uno  dei  punti-cardine  del  processo  di  risanamento
ecologico da avviare. 
    Da tali risultati e dalla conseguente classificazione dei terreni
conseguiranno effetti sulla futura produttivita' di  quelle  aree  ma
anche benefici in termini di incentivi che potranno essere  destinati
ai proprietari dei  siti  dai  programmi  istituzionali  di  sviluppo
previsti dallo stesso decreto-legge. 
    In questa prospettiva,  anche  in  un'ottica  di  deterrenza,  il
Comitato  ritiene  opportuno  segnalare  l'esigenza  di  adottare  le
migliori cautele al fine di garantire la genuinita' dei  risultati  e
delle  indagini  tecniche,  riducendo  il  rischio  di  tentativi  di
manipolazione o di alterazione dei campioni. 
    A  questo  scopo,  potra'  essere  presa  in  considerazione   la
possibilita', da parte dei competenti  Reparti  del  Corpo  Forestale
dello Stato e  del  NOE  dell'Arma  dei  Carabinieri,  di  effettuare
ripetizioni randomiche delle indagini gia' svolte,  previo  un  nuovo
prelievo di materiale, in  modo  da  corroborare  i  risultati  delle
analisi gia' svolte. 
    Ai fini della scelta dei siti in cui reiterare la campionatura, i
Reparti  del  Corpo  Forestale  dello  Stato  e  del   NOE   potranno
valorizzare gli  eventuali  spunti  di  analisi  offerti  dai  Gruppi
Interforze, nonche'  le  risultanze  dell'attivita'  di  intelligence
sviluppata dal GIMBAI e dalla Sezione  specializzata  che  operano  a
supporto del Prefetto di Napoli. 
5. Le white list dei fornitori e prestatori di servizi connessi  agli
  interventi di bonifica dei siti inquinati. 
    L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce che presso
la Prefettura di  Napoli  siano  istituiti  elenchi  di  fornitori  e
prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso,
ai quali possono rivolgersi i soggetti esecutori degli interventi  di
bonifica delle aree agricole inquinate. Ai fini della costituzione di
tali elenchi e' previsto che venga adottato un decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta  dei  Ministri  dell'interno,
della giustizia, dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del
mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'economia
e delle finanze. 
    L'intento perseguito dal Legislatore e' evidentemente  quello  di
apprestare un ulteriore strumento di prevenzione delle  infiltrazioni
criminali,   calibrato   sulle    particolari    esigenze    connesse
all'esecuzione dei progetti di risanamento dei territori in discorso. 
    Il citato art. 2-bis,  comma  6,  si  pone,  quindi,  come  norma
speciale volta alla costituzione di elenchi di imprese  che  solo  in
parte coincidono con quelli disciplinati in via generale dall'art. 1,
commi dal  52  al  57,  della  legge  n.  190/2012,  come  modificato
dall'art. 29  del  D.L.  24  giugno  2014,  n.  90,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. 
    Cio' premesso, nelle more dell'attuazione del citato decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri attuativo, il Comitato  ravvisa
l'opportunita' di avviare sin da  ora,  in  analogia  a  quanto  gia'
effettuato in  altre  vicende,  una  prima  sperimentazione  di  tale
sistema anticipando cosi' al  massimo  la  fase  di  monitoraggio  di
fornitori e  prestatori  di  servizi  che  saranno  interessati  agli
interventi di bonifica delle aree agricole della Campania. 
    Cio' per diversi ordini di ragioni. 
    Innanzitutto, per la peculiarita' di tali operatori economici che
l'esperienza di questi  anni  ha  dimostrato  essere  particolarmente
esposti alla  pressione  criminale.  Si  richiamano  al  riguardo  le
considerazioni svolte  nel  precedente  paragrafo  1,  relative  agli
approfondimenti  svolti  dalla  Direzione  Nazionale  Antimafia   con
riguardo alle interazioni tra criminalita'  ambientale,  criminalita'
mafiosa  e  delitti  contro  la  Pubblica   Amministrazione.   Appare
inevitabile dunque che, se si vuole provare a costituire  un  sistema
di imprese virtuose  veramente  funzionale  alla  specificita'  degli
interventi che si andranno a realizzare,  dovranno  essere  presi  in
considerazione  parametri  di  valutazione  altrettanto  specifici  e
calibrati   sul   livello   di   rischio   preconizzabile   in   base
all'esperienza info-investigativa maturata sul campo. 
    A cio' si aggiunge il non  trascurabile  intento  di  mettere  in
condizione gli operatori economici interessati di poter accedere  per
tempo a queste nuove «white list», in modo da  non  pregiudicarne  le
chances di partecipazione alle procedure di gara che saranno  indette
in relazione al processo di risanamento in questione. 
    D'altra parte, come ha anche  evidenziato  l'Avvocatura  Generale
dello Stato, nel parere reso in merito ai contenuti del presente atto
di indirizzo, le white list costituiscono uno strumento  sostitutivo,
in  un'ottica  di  semplificazione  amministrativa  e   di   ordinari
controlli antimafia. La stessa Avvocatura, inoltre,  ha  riconosciuto
che le white list del comma 5, dell'art. 2-bis del d.l. n.  136/2013,
rivestono carattere di specialita',  rispetto  alle  «normali»  white
list poiche'  afferenti  a  contratti  pubblici  e/o  a  subcontratti
relativi agli interventi di cui al comma 1 dell'art. 2-bis e, in  tal
senso, piu' restrittive, ed anche derogatorie, quanto ai requisiti di
iscrizione. 
    Le forniture e i servizi per  i  quali  andranno  costituiti  gli
elenchi in questione dovranno ricomprendere  tipologie  di  attivita'
gia' oggi incluse nelle white list istituite ai  sensi  dell'art.  1,
comma 52, della legge n. 190/2012,  cui  si  andranno  ad  aggiungere
ulteriori specifiche tipologie (bonifica di siti; bonifica di beni  e
siti contenenti amianto). 
    Il  Comitato   rileva   l'opportunita'   che   questi   «elenchi»
sperimentali costituiscano la modalita'  obbligatoria  attraverso  la
quale saranno effettuati i controlli antimafia sulle imprese operanti
nei predetti settori, che  pertanto  non  potranno  partecipare  agli
interventi  di  riqualificazione  ambientale  previsti  dal  D.L.  n.
136/2013, se non iscritti nelle white list. In tal  modo  i  predetti
«elenchi» verranno a costituire, con le peculiarita' di cui si  dira'
appresso, un'estensione delle white list nazionali di cui al ripetuto
art. 1, comma 52, della legge  n.  190/2012.  In  analogia  a  quanto
previsto per  tale  ultima  categoria  generale,  l'iscrizione  negli
elenchi sperimentali avra' una durata  di  dodici  mesi  a  decorrere
dalla data del provvedimento che la dispone. 
    Nel caso  in  cui  l'attivita'  svolta  dall'operatore  economico
ricomprenda uno o piu' tipologie di forniture e  servizi  tra  quelli
indicati ovvero nei casi di attivita' promiscua  -  intendendosi  per
tale l'attivita' che riguardi congiuntamente una delle  forniture  di
beni o servizi sopra indicate  -  l'iscrizione  verra'  eseguita  con
riguardo all'elenco di ciascuna attivita'. 
    Si  evidenzia,  inoltre,  che  le  «liste»  in  questione   fanno
riferimento ad attivita' prive di caratterizzazione territoriale, per
cui l'ammissione ad esse potra' essere richiesta sia dagli  operatori
economici aventi sede legale o una sede secondaria con rappresentanza
stabile nel territorio dello Stato  ex  art.  2508  c.c.,  sia  dalle
imprese aventi sede legale  all'estero,  prive  di  un'organizzazione
stabile nel territorio dello Stato. 
    Per quanto concerne i requisiti necessari  per  l'iscrizione,  va
evidenziato che l'art. 2-bis,  comma  6,  del  D.L.  n.  136/2013  fa
riferimento  ad  operatori  economici  «non  soggetti  a  rischio  di
inquinamento mafioso». 
    Appare  consequenziale  che  l'ammissione  nell'elenco  venga  ad
essere  correlata  ad   accertamenti   approfonditi   finalizzati   a
verificare l'assenza del fumus di mafiosita'. 
    In questo senso, si ritiene che l'iscrizione sara', innanzitutto,
subordinata alla verifica dei  requisiti  che  consentono,  ai  sensi
dell'art. 84, comma  3,  del  decreto  legislativo  n.  159/2011,  il
rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, e cioe':  l'assenza
delle situazioni ostative di cui all'art. 67 del decreto  legislativo
n. 159/2011, nonche' di eventuali tentativi di infiltrazione  mafiosa
tendenti a condizionare le  scelte  e  gli  indirizzi  delle  imprese
interessate. Si e' tuttavia accennato in precedenza all'esigenza  che
lo scrutinio di mafiosita',  nel  caso  specifico,  venga  effettuato
tenendo conto del dato di esperienza giudiziaria che induce  a  porre
in stretta correlazione,  vieppiu'  in  quel  contesto  territoriale,
criminalita' ordinaria  di  natura  ambientale  con  criminalita'  di
stampo mafioso,  legittimando  una  valutazione  di  «sintomaticita'»
della prima rispetto alla seconda. 
    Ma analogamente, come si e' gia'  osservato,  i  dati  giudiziari
dimostrano che la presenza delle  mafie  nel  ciclo  dei  rifiuti  si
coniuga con  la  complicita'  dei  pubblici  amministratori,  il  cui
coinvolgimento e' indispensabile per ottenere le commesse  pubbliche.
Ne' puo' trascurarsi che funzionale all'operativita' dell'impresa che
agisce illecitamente nel settore dello  smaltimento  dei  rifiuti  e'
l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. 
    Si ritiene pertanto di prevedere, quale profilo  di  specificita'
rispetto al modello piu' generale previsto dalla legge  n.  190/2012,
che l'ammissione alle liste dovra' essere subordinata  alla  verifica
dell'assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa desunti oltre  che
dalle situazioni di cui all'art. 84, comma 4, del decreto legislativo
n. 159/2011 anche dalle seguenti situazioni: 
      a) misure  cautelari  (personali  o  reali),  provvedimenti  di
rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive,  per  i  seguenti
delitti: combustione illecita di rifiuti (art.  256-bis  del  decreto
legislativo n. 152/2006), falsita' nella certificazione  dell'analisi
dei  rifiuti  (art.  258,  comma  4,  secondo  perioso,  del  decreto
legislativo n. 152/2006), traffico organizzato di rifiuti  (art.  260
del decreto legislativo n. 152/2006), delitti  commessi  nel  settore
dello smaltimento dei rifiuti nel periodo dello  stato  di  emergenza
dichiarato ai sensi della legge n.  225/1992  (art.  6  del  D.L.  n.
172/2008), disastro doloso (art. 434, comma 2,  c.p.),  avvelenamento
delle acque (439 c.p.), disastro colposo (449 c.p.); 
      b) misure  cautelari  (personali  o  reali),  provvedimenti  di
rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive, per il delitto di
cui all'art. 321 c.p. in relazione agli articoli 318, 319, 319-ter  e
320 c.p., nonche' per il delitto di cui all'art. 319-quater, comma 2,
c.p. nonche' ancora per i delitti di cui agli articoli 2 e 8  decreto
legislativo n. 74/2000; 
      c)  annotazione  nominativa  nei  registri  delle   misure   di
prevenzione di cui all'art. 81  del  citato  decreto  legislativo  n.
159/2011. 
    Nella  logica  sopra  illustrata,   ai   fini   dell'accertamento
dell'esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto  di
Napoli  potra'  altresi'  valutare  l'esistenza,  nei  confronti  dei
soggetti rilevanti della compagine d'impresa, di piu' condanne, anche
non definitive, per le contravvenzioni previste in materia ambientale
dal decreto legislativo n. 152/2006 nonche' dall'art. 21 della  legge
n. 646/1982 (subappalto non autorizzato). In relazione a tali  ultime
fattispecie, si  richiama  peraltro  l'attenzione  sull'opportunita',
come evidenziato anche  nel  parere  dell'Avvocatura  Generale  dello
Stato, che tali  condanne  siano  suffragate  da  ulteriori  elementi
sintomatici e risultino collegate funzionalmente a una  modalita'  di
gestione  dei  rifiuti  e  dalla   considerazione   degli   interessi
ambientali  non   consona   all'attivita'   per   cui   si   richiede
l'iscrizione. 
    Resta inteso che al fine  di  procedere  a  tali  valutazioni  la
Prefettura  di  Napoli  dovra'  acquisire  copia  dei   provvedimenti
giudiziari. 
    Tornando al procedimento volto all'iscrizione nei cennati elenchi
prefettizi, con particolare riguardo alle modalita'  di  accertamento
della sussistenza dei  requisiti  di  specialita'  sopraindicati,  si
ritiene che nei  confronti  delle  imprese  aventi  sede  legale  nel
territorio della propria Provincia, la Prefettura  di  Napoli  potra'
fare riferimento alle procedure delineate dal decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 18  aprile  2013  per  l'iscrizione  nelle
white list «nazionali», di cui all'art. 1, comma 52, della  legge  n.
190/2012. 
    Per le  imprese  aventi  sede  legale  nel  territorio  di  altre
Province,  la  Prefettura  di  Napoli  interpellera'  la   Prefettura
territorialmente  competente  che,  previa  valutazione  del   Gruppo
Interforze, provvedera' a comunicare l'esito delle verifiche  svolte,
formulando una valutazione propositiva circa il provvedimento  finale
da adottare. 
    Per quanto concerne le imprese estere, prive di  sede  secondaria
in  Italia,  il  Comitato,  nella  logica  di  controllo   rafforzato
perseguita dalle presente Linee Guida, rileva l'opportunita' che  gli
accertamenti vengano sviluppati secondo un procedimento  derogatorio,
rispetto a quello  ordinario,  disciplinato  dal  combinato  disposto
degli  articoli  85,  comma  2-ter,  e  91,  comma  5,  del   decreto
legislativo  n.  159/2011,  gia',  peraltro,  sperimentato  in  altri
contesti. Pertanto, la Prefettura di Napoli provvedera' a: 
      1)  verificare  autonomamente  attraverso  il  CED   Interforze
l'eventuale sussistenza nei confronti dei soggetti  di  cui  all'art.
85, comma 2-ter, del decreto  legislativo  n.  159/2011  di  tutti  i
requisiti di iscrizione, anche aggiuntivi rispetto a quelli ordinari,
stabiliti dal presente  paragrafo  per  le  imprese  aventi  sede  in
Italia. La  Prefettura  di  Napoli  verifichera'  l'attualita'  delle
iscrizioni  pregiudizievoli  eventualmente  riscontrate,   acquisendo
presso le  competenti  Autorita'  Giudiziarie  copia  dei  pertinenti
provvedimenti; 
      2) acquisire i certificati giudiziari e  dei  carichi  pendenti
nei riguardi dei soggetti di cui al citato art. 85, comma 2-ter,  del
decreto legislativo n. 159/2011; 
      3) richiedere al  GIMBAI  di  verificare  presso  i  competenti
organi  del  Ministero  dell'interno   l'eventuale   sussistenza   di
eventuali segnalazioni provenienti dai collaterali uffici di  polizia
stranieri; 
      4)  sulla  base  delle  informazioni  partecipate  dal  GIMBAI,
adottare le conseguenti determinazioni relativamente alla domanda  di
iscrizione presentata dall'operatore economico estero. (2) 
    Si  precisa  che,  qualora  l'impresa   abbia   gia'   conseguito
l'iscrizione in corso di validita' nelle white list ex art. 1,  comma
52, della legge n. 190/2012, le verifiche dovranno essere  effettuate
tenendo conto dell'effetto-equipollenza, previsto  dal  comma  52-bis
recentemente inserito nel medesimo articolo dall'art. 29 del D.L.  n.
90/2014. 
    Conseguentemente,  in  tali   ipotesi,   le   verifiche   saranno
circoscritte  esclusivamente  all'accertamento   dell'assenza   delle
predette situazioni ostative  derivanti  da  procedimenti  penali  in
corso per i reati di cui ai punti a)  e  b)  del  presente  paragrafo
ovvero dall'iscrizione nel registro delle misure di prevenzione. 
    Quanto all'art. 29, comma 2, del D.L.  n.  90/2014  che,  per  un
periodo  transitorio   di   dodici   mesi,   considera   equipollente
all'iscrizione nelle «white list» nazionali  la  presentazione  della
sola domanda di iscrizione, si  ritiene  che  tale  previsione  debba
essere applicata in termini compatibili con la logica  dei  controlli
rafforzati postulati dal D.L. n. 136/2013. 
    Pertanto, analogamente a quanto e' stato gia'  previsto  per  gli
interventi connessi all'EXPO 2015 e di ricostruzione «post sisma»  in
Abruzzo,  la  Prefettura  di   Napoli   dovra'   procedere   comunque
all'accertamento dei  requisiti  per  il  rilascio  dell'informazione
antimafia liberatoria, anche nei riguardi delle imprese,  richiedenti
l'iscrizione  negli  «elenchi»  in  argomento,   le   quali   abbiano
presentato la domanda di ammissione alle white list nazionali di  cui
al ripetuto art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012. 
    Si  soggiunge  infine  che,  trattandosi,  come   precisato   nel
paragrafo 4.2, di imprese  soggette  all'iscrizione,  sulla  base  di
requisiti di moralita' specifici, qualora nel corso  delle  verifiche
venga accertata l'esistenza di situazioni che  determinino  il  venir
meno  di  tali  requisiti,  il  Prefetto  di  Napoli   potra'   darne
comunicazione - in esercizio  dei  poteri  di  segnalazione  ex  art.
1-septies del D.L.  n.  629/1982,  delegati  in  via  permanente  dal
Ministro dell'interno - alla competente Sezione  regionale  dell'Albo
dei gestori ambientali per l'adozione dei conseguenti provvedimenti. 
6. I controlli sugli  interventi  di  bonifica  delle  aree  agricole
  oggetto di inquinamento o contaminazione: 
      a) Indirizzi per i soggetti attuatori 
    6.1. Quadro di situazione. 
    L'art. 2 del  D.L.  n.  136/2013  stabilisce  che  gli  indirizzi
fondamentali per la bonifica dei  terreni  e  delle  falde  acquifere
siano definiti da un Comitato interministeriale ad hoc presieduto dal
Presidente del Consiglio dei  ministri,  o  da  un  Ministro  da  lui
delegato,  composto  dai  Ministri   della   coesione   territoriale,
dell'interno,  delle  politiche  agricole  alimentari  e   forestali,
dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  delle
infrastrutture e dei  trasporti,  della  salute,  dei  beni  e  delle
attivita' culturali e della difesa e che vede  la  partecipazione  di
diritto del Presidente della Regione Campania (comma 1). 
    Sulla base di tali indirizzi, un'apposita  Commissione  adottera'
il  programma  degli  interventi   straordinari   e   urgenti   anche
finalizzati al risanamento delle aree in  questione,  individuando  i
soggetti  attuatori  e  le  modalita'  di  realizzazione   dei   vari
interventi. 
    La fase delineata dalla disposizione in commento versa ancora  in
uno stadio incipiente. 
    Nondimeno, il Comitato ritiene opportuno anticipare, con  riserva
di ulteriori  indirizzi,  le  misure  organizzative  e  di  controllo
antimafia che dovranno essere realizzate  dai  Soggetti  attuatori  e
dalla filiera delle imprese. 
    6.2. I bandi di gara. 
    Attualmente non sono ancora note le modalita'  con  cui  verranno
affidati  gli  interventi  di  risanamento  delle  aree  oggetto  del
decreto-legge   n.   136/2013,   con   particolare   riguardo    alla
individuazione  di  uno  o  piu'  soggetti  attuatori  deputati  alla
gestione dei procedimenti di gara  e  alle  fasi  dell'aggiudicazione
nonche' all'esecuzione dei contratti pubblici. 
    Il Comitato ritiene, tuttavia, nelle more di tale individuazione,
di  anticipare   alcune   linee   di   azione   con   riguardo   alla
predisposizione dei contenuti dei bandi di  gara,  che  costituiscono
uno dei fattori determinanti nell'azione  di  prevenzione  sul  piano
amministrativo. 
    A  tal  fine,  appare  opportuno  che  i  soggetti  attuatori  si
attivino, in via preventiva, al fine di condividere con la Prefettura
lo schema dei bandi di gara da elaborarsi secondo criteri di  massima
trasparenza nel quadro dei criteri che verranno individuati da questo
Comitato di concerto con l'ANAC, in particolare, oltre ai criteri  di
aggiudicazione,  ai  fini  della   definizione   dei   requisiti   di
partecipazione  dei   concorrenti   alle   procedure   di   selezione
dell'aggiudicatario, secondo i principi stabiliti dall'art. 2,  comma
2, e art.  69,  del  decreto  legislativo  n.  163/2006  in  tema  di
salvaguardia delle esigenze sociali e di tutela dell'ambiente e della
salute, nonche' dall'art. 44 del medesimo codice in tema di misure di
gestione  ambientale.  In  via  generale,  come  sottolineato   anche
dall'Avvocatura Generale dello Stato, appare  opportuno  che,  sia  a
garanzia della Stazione appaltante che degli operatori della filiera,
nei bandi di gara siano precisati  gli  specifici  impegni  derivanti
dall'attuazione delle presenti Linee guida, al fine di dare  compiuta
conoscenza dei vincoli nascenti a carico delle imprese, con specifico
riguardo alla capacita'  giuridica  a  contrarle.  Nell'ambito  della
pianificazione degli interventi, potra' essere valutata, d'intesa con
il soggetto attuatore, la possibilita' di procedere alla suddivisione
degli interventi stessi in lotti funzionali ex art. 2,  comma  1-bis,
del decreto legislativo n. 163/2006; aspetto di cui si  terra'  conto
nei bandi di gara, sia ai fini della «tornata di gara»  sia  ai  fini
delle aggiudicazioni multiple. 
    ANAC potra' predisporre un'attivita' di verifica preventiva delle
procedure di selezione dei concorrenti e di esecuzione dei  contratti
di  lavori,  servizi  e  forniture,  anche  sulla  base  dei  modelli
sperimentati in ambito Expo 2015 di Milano. Le modalita' di esercizio
di tali verifiche preventive, potranno includere visite a campione  e
senza preavviso in qualsiasi fase di svolgimento  delle  gare,  della
esecuzione dei contratti e di  ogni  altra  prestazione  in  capo  ai
soggetti attuatori. Segnatamente, ANAC,  con  suoi  rappresentanti  o
delegati, potra' accedere e presenziare, ai fini documentativi,  alle
sedute pubbliche o riservate  delle  commissioni  giudicatrici  o  di
eventuali sub-commissioni tecniche in corso di svolgimento, estraendo
copia di atti o di verbali. Analoga attivita' di verifica a  campione
e senza preavviso, potra' essere dispiegata da ANAC  in  merito  agli
incombenti dei responsabili del procedimento dei soggetti  attuatori,
dei progettisti e dei direttori dei lavori. 
    6.3. L'Anagrafe degli esecutori. 
    In primo  luogo,  i  Soggetti  attuatori  dovranno  prevedere  la
costituzione di un'anagrafe  degli  esecutori  (d'ora  in  poi  solo:
«Anagrafe»)  accessibile  alla  DIA,  ai  Gruppi   Interforze   delle
Prefetture campane interessate e che sara' a disposizione  anche  del
Servizio Alta Sorveglianza del ministero delle infrastrutture  e  dei
trasporti, realizzata secondo  i  criteri  individuati  dal  Comitato
nelle  linee  guida  allegate  alla  delibera   CIPE   n.   58/20111.
All'Anagrafe potranno,  altresi',  accedere  la  Direzione  Nazionale
Antimafia, nonche' le Direzioni Distrettuali Antimafia. 
    Il Comitato si riserva di valutare la possibilita' di  consentire
la creazione di un'unica Anagrafe che  potra'  essere  utilizzata  in
comune da tutti i Soggetti attuatori,  una  volta  che  il  programma
degli interventi di bonifica  sara'  stato  definito  nel  dettaglio,
eventualmente  valorizzando  le  possibilita'  dischiuse   dal   gia'
ricordato protocollo di legalita' stipulato tra il Prefetto di Napoli
e il Presidente della  Regione  Campania  per  la  prevenzione  della
corruzione e delle infiltrazioni da parte  della  criminalita'  nelle
opere di bonifica ambientale. In  questo  contesto,  il  Prefetto  di
Napoli potra' prendere in considerazione la possibilita'  di  mutuare
le soluzioni tecniche che, su questo specifico versante,  sono  state
gia' positivamente sperimentate per l'EXPO 2015 di Milano. 
    I  Soggetti  attuatori  si  avvarranno,  per  la   formazione   e
l'inserimento dei dati necessari al popolamento dell'Anagrafe,  della
collaborazione degli stessi soggetti esecutori, con i quali  potranno
essere assunte intese per la definizione delle  specifiche  modalita'
collaborative. 
    Tale collaborazione, in quanto rivolta  a  realizzare  specifiche
esigenze  informative  di  tipo  sistemico   connesse   a   finalita'
antimafia, non determina alcun onere aggiuntivo a carico dei Soggetti
attuatori, nel senso che non comporta alcuna variazione  del  prezzo,
importo o  valore  del  contratto,  subcontratto  o  subappalto,  ne'
legittima alcuna richiesta in tal senso. 
    A questo riguardo, occorre ricordare che l'art. 1, quinto  comma,
del D.L.  n.  629/1982  stabilisce  che  le  imprese,  individuali  e
collettive, aggiudicatarie  di  contratti  pubblici,  sono  tenute  a
fornire notizie di carattere  organizzativo,  finanziario  e  tecnico
sulla propria attivita', nonche' ogni indicazione ritenuta  utile  ad
individuare gli effettivi titolari dell'impresa ovvero delle azioni o
quote sociali. 
    Il  conferimento  dei   dati   nell'Anagrafe   viene   dunque   a
rappresentare una modalita' di attuazione di tale obbligo,  assistito
dalla sanzione penale di cui all'art. 1, sesto  comma,  del  medesimo
D.L. n. 629/1982. 
    Le informazioni presenti nell'Anagrafe saranno utilizzabili dalla
DIA ai fini  delle  attivita'  istituzionali  di  monitoraggio  sugli
appalti pubblici volte a prevenire  e  contrastare  le  infiltrazioni
della criminalita' organizzata. 
    Un report delle risultanze dell'Anagrafe, corredato da  eventuali
osservazioni di rilievo, sara' messo  a  disposizione  della  Sezione
Specializzata e del Comitato stesso. 
    6.4. Controlli antimafia. 
    Alla luce dei positivi  risultati  conseguiti  nella  prevenzione
delle infiltrazioni criminali nei diversi contesti soggetti a  regimi
rafforzati di controllo, il Comitato ritiene fondamentale che,  anche
per gli interventi connessi alla bonifica delle aree inquinate  della
Campania, le verifiche antimafia si svolgano  estendendo  a  tutti  i
soggetti appartenenti  alla  «filiera»  delle  imprese  l'obbligo  di
assoggettarsi al regime delle  informazioni  prefettizie  di  cui  al
Libro II, Capo IV, del decreto legislativo n. 159/2011. 
    Tali informazioni costituiranno, pertanto, l'unica  ed  esclusiva
forma di accertamento  antimafia  per  le  fattispecie  contrattuali,
sub-contrattuali, i subappalti, i cottimi le prestazioni d'opera,  le
forniture di servizi, indipendentemente dal  loro  importo,  oggetto,
durata e da qualsiasi condizione o modalita' di esecuzione. 
    In particolare, fino alla definitiva attivazione della Banca dati
di cui all'art. 96 del decreto legislativo n.  159/2011,  i  Soggetti
attuatori richiederanno, indipendentemente dal luogo di  residenza  o
sede legale dell'operatore economico interessato, il  rilascio  delle
informazioni antimafia alla Prefettura di Napoli che provvedera' agli
adempimenti stabiliti nel successivo paragrafo 7. 
    L'eventuale emissione di un'informazione  antimafia  interdittiva
determinera'  l'impossibilita'  di  stipulare  il  contratto   o   di
autorizzare  il  subcontratto  o  subappalto,  nonche'  in  caso   di
accertamento successivo alla stipula o all'autorizzazione, la perdita
del contratto, sub-contratto o subappalto, dando luogo  all'esercizio
del recesso unilaterale o alla revoca dell'autorizzazione. 
    Le stazioni appaltanti adotteranno  tali  provvedimenti,  con  la
massima tempestivita' e, comunque, entro il termine massimo di  sette
giorni dalla data di notifica del predetto provvedimento prefettizio. 
    Accede alla sanzione della perdita del contratto,  l'applicazione
di una penale  pecuniaria,  stabilita  nella  misura  minima  del  5%
dell'importo  o  del  valore  del  contratto  stesso  subcontratto  o
subappalto, salva dimostrazione del  maggior  danno  da  parte  della
stazione appaltante. Tale sanzione,  la  cui  entita'  potra'  essere
elevata dai protocolli di legalita' di cui si dira' a breve, risponde
ad una duplice esigenza: 
      a) assolvere ad un'efficace dissuasiva, generalmente propria di
ogni  misura  che  aggredisca  o  minacci   di   aggredire   l'ambito
economico-patrimoniale del soggetto potenzialmente destinatario della
sanzione pecuniaria; 
      b)  ammortizzare  le  perniciose  conseguenze  derivanti  dalla
necessita' per il soggetto in bonis di  procedere  alla  sostituzione
«in corsa» dell'impresa colpita  dalla  determinazione  interdittiva.
Sotto  questo  punto  di  vista  la  sanzione  pecuniaria   viene   a
corrispondere ad una sorta di  liquidazione  forfettaria  del  danno,
salvo che la parte lesa non lamenti  un  maggior  danno  per  il  cui
riconoscimento  restano  naturalmente  ferme  le   ordinarie   tutele
risarcitorie. 
    La  perdita  del  contratto  andra'  comunicata,   a   cura   del
responsabile  del  procedimento,  all'ANAC  divenuta  competente,  in
virtu' del citato D.L. n. 90/2014, per i conseguenti provvedimenti in
tema  di  casellario  informatico  delle  imprese   stabiliti   dalla
determinazione n. 1/2008, a suo tempo adottata dalla soppressa AVCP. 
    6.5. Indirizzi per il monitoraggio delle attivita' di cantiere. 
    Il Comitato rileva, altresi', l'opportunita'  che  anche  per  le
bonifiche da realizzarsi ai sensi del D.L. n. 136/2013 venga  attuata
l'esperienza del «Piano di controllo coordinato del  cantiere  e  del
sub cantiere», in linea con i criteri delineati per le opere comprese
nel Piano delle Infrastrutture Strategiche (PIS) e in  conformita'  a
quanto stabilito dagli articoli 4 e 5 della legge n. 136/2010. 
    La fase di  cantierizzazione  degli  interventi  e',  come  noto,
particolarmente  delicata,  in  quanto,  proprio   durante   il   suo
svolgimento, possono manifestarsi le pressioni a carattere  estorsivo
della criminalita' organizzata, spesso perpetrate con metodi violenti
ai danni di cose o persone. 
    In considerazione di cio',  appare  necessario  che  siano  fatti
oggetto di attenta valutazione i piani coordinati di  controllo  onde
verificare, in relazione alla dislocazione delle aree di  cantiere  e
alla mappatura  dei  rischi,  l'esigenza  di  possibili  modifiche  o
integrazione dei dispositivi in atto. 
    Il  «Piano  di  controllo  coordinato  del  cantiere  e  del  sub
cantiere» si impernia sulla costituzione di un data  base  della  cui
gestione  e'  responsabile   l'impresa   affidataria   principale   o
concessionaria  che,  all'uopo  individua  un  proprio  referente  di
cantiere, in cui e' inserito con cadenza settimanale, il piano  delle
informazioni (cd. settimanale di cantiere) relative a: 
      a) le ditte che intervengono sul cantiere, a  qualunque  titolo
risultino coinvolte; 
      b) i mezzi impiegati, di cui devono essere indicati gli estremi
identificativi e i relativi proprietari; 
      c) il personale delle ditte la  cui  presenza  e'  prevista  in
cantiere nell'arco di validita' temporale  del  piano,  con  relativa
indicazione   nominativa   (peraltro,    dovra'    essere    ribadita
l'obbligatorieta' della dotazione e utilizzazione  delle  tessere  di
riconoscimento di cui all'art. 18 del decreto legislativo n. 81/2008; 
      d) le persone che, per motivi diversi  da  quelli  indicati  al
punto  precedente,  risultino  comunque  autorizzate  all'accesso  in
cantiere. 
    Per assicurare il concreto rispetto del piano di informazioni  e,
conseguentemente, preservarne l'efficacia, e' altresi' necessario che
il referente di  cantiere  comunichi  senza  ritardo  ogni  eventuale
variazione che dovesse intervenire relativa ai dati gia' inseriti nel
piano stesso. 
    Il piano delle informazioni e' trasmesso, per  il  tramite  delle
Prefetture nel cui territorio vengono eseguiti gli  interventi,  alle
rispettive Forze di polizia territoriali e alla direzione dei lavori,
mediante interfaccia  web.  Le  Forze  di  polizia  provvederanno  al
riscontro dei dati,  in  occasione  degli  accessi  ai  cantieri.  Le
eventuali anomalie o altre evidenze  ritenute  di  interesse  saranno
vagliate dal competente Gruppo  Interforze,  provvedendo  a  riferire
alla Sezione Specializzata gli esiti delle analisi sviluppate. 
    Giova, comunque, precisare che la responsabilita' sulla sicurezza
dei cantieri, anche in relazione al potere di accesso, continua a far
capo alle Prefetture del  luogo  in  cui  gli  stessi  cantieri  sono
ubicati. Cio' non toglie che la  Prefettura  di  Napoli,  in  ragione
della speciale competenza  in  materia  di  rilascio  e  informazione
antimafia per tutti gli interventi di bonifica, oggetto del  presente
atto  di  indirizzo,   potra'   attivare   i   necessari   interventi
sollecitatori nei riguardi delle Prefetture di altre province in  cui
stanno realizzando interventi  gli  operatori  economici  interessati
agli interventi di bonifica, ovvero la stessa D.I.A., qualora ritenga
utile acquisire elementi info-investigativi sul profilo della impresa
stessa. 
    E' opportuno, inoltre, che vengano  previsti  incontri  periodici
tra i referenti di  cantiere  e  il  Gruppo  Interforze  al  fine  di
procedere  ad  aggiornamenti  di  situazione  e  allo  sviluppo   dei
focalpoint. 
    Quanto al tracciamento, ai fini di  trasparenza,  dei  flussi  di
manodopera, tale esigenza corrisponde alla considerazione secondo cui
la pressione  criminale  viene  talora  ad  interferire  anche  nelle
attivita' di reclutamento di unita'  lavorative,  rappresentando  una
forma di mascheramento di indirette pratiche di carattere estorsivo. 
    Questa  forma  di  monitoraggio  puo'  contribuire  ad  infrenare
fenomeni di sfruttamento e caporalato, con connessa evasione/elusione
della  normativa  di  protezione  sociale,  spesso   sintomatici   di
ingerenze criminali. 
    In relazione agli adempimenti previsti  dal  presente  paragrafo,
con  particolare  riguardo  alle  modalita'  di  funzionamento  della
piattaforma informatica a supporto delle attivita' di  controllo  dei
cantieri, potra' costituire valido riferimento  il  sistema  messo  a
punto per EXPO dalla Prefettura di Milano. 
    6.6. Obblighi di denuncia. 
    L'impresa  aggiudicataria  o  affidataria  degli  interventi   di
bonifica e  le  altre  imprese  della  «filiera»  dovranno,  inoltre,
assumere una serie di obblighi finalizzati a rafforzare la cornice di
legalita'   entro   la   quale   dovra'   svilupparsi    l'esecuzione
contrattuale. 
    Nei  contratti  stipulati,  dovranno  essere  pertanto   inserite
apposite clausole che impegnino l'impresa  aggiudicataria/affidataria
e le imprese subcontraenti a: 
      a) denunciare i tentativi  di  estorsione  o  concussione,  con
qualunque forma e modalita' essi siano perpetrati; 
      b)   assumere   gli   obblighi    previsti    dalle    clausole
«anticorruzione» di cui alle Linee guida  annesse  al  protocollo  di
legalita' stipulato tra dal Ministro dell'interno  e  dal  Presidente
dell'ANAC il 15 luglio 2014. 
    Le  predette  clausole  dovranno  essere  assistite  da  apposite
sanzioni che, in ragione della gravita'  della  violazione,  potranno
prevedere anche la perdita del contratto. 
    In analogia a quanto previsto dall'art. 176, comma 3, lettera  e)
del decreto legislativo n. 163/2011,  il  comportamento  dell'impresa
aggiudicataria/affidataria  sara'  oggetto  di   comunicazione   alla
stazione appaltante perche'  possa  essere  valutato  ai  fini  della
successiva ammissione ad  ulteriori  procedure  contrattuali  gestite
dalla medesima stazione appaltante. 
    6.7. Tracciabilita' dei flussi finanziari. 
    L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce  che,  con
il  medesimo  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
destinato a disciplinare in via definitiva  le  white  list  dedicate
alla bonifica delle aree campane, siano stabilite anche le  modalita'
di tracciabilita'  dei  flussi  finanziari  derivanti  dagli  appalti
concernenti gli interventi di risanamento e dalla  concessione  delle
erogazione e delle provvidenze pubbliche correlate. 
    Nelle  more  dell'emanazione  di   tale   provvedimento,   appare
necessario che la tracciabilita' venga realizzata osservando le norme
generali stabilite in materia dagli articoli 3 e  6  della  legge  n.
136/2010 sia per quanto concerne i predetti appalti, sia  per  quanto
concerne la concessione di finanziamenti pubblici, anche  europei,  a
soggetti a qualunque titolo interessati agli interventi  di  bonifica
in discorso. 
    Il Comitato valutera',  d'intesa  con  i  Prefetti  di  Napoli  e
Caserta e le stazioni  appaltanti  interessate,  la  possibilita'  di
rafforzare ulteriormente il regime di tracciabilita', applicando agli
appalti  pubblici  relativi  a  specifici  progetti,  il  sistema  di
monitoraggio finanziario, previsto dall'art. 36 del D.L.  n.  90/2014
per  gli  interventi  compresi   nel   Piano   delle   Infrastrutture
Strategiche (PIS). 
    6.8. Protocolli di legalita' relativi ai contratti  istituzionali
di sviluppo. 
    Come si e' gia' accennato, gli arti. 1, comma 6-quinquies,  e  2,
comma 4, del  D.L.  n.  136/2013  prevedono  che  la  concessione  di
incentivi da  parte  della  Regione  Campania  e  gli  interventi  di
bonifica  possano  avvenire  nel  contesto  di   appositi   contratti
istituzionali di  sviluppo  da  stipularsi  tra  le  parti  pubbliche
interessate ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo n. 88/2011. 
    Tali contratti sono sottoposti,  anche  per  quanto  concerne  il
controllo antimafia,  alle  disposizioni  del  Codice  dei  contratti
pubblici previste per le  opere  infrastrutturali  comprese  nel  PIS
(articoli dal 161 al 194), per  cui  ad  essi  trovera'  applicazione
l'art. 176, comma 3, del citato  Codice  che  richiede  di  stipulare
appositi accordi finalizzati a garantire la legalita' dell'iniziativa
pubblica  e  a  prevenire   le   infiltrazioni   della   criminalita'
organizzata. 
    In considerazione di cio', il Prefetto di Napoli si fara'  carico
di promuovere la stipula di  tali  intese  le  quali  dovranno  avere
contenuti conformi alle indicazioni formulate con la  presente  Linea
Guida. 
    In particolare, per quanto concerne le  forme  di  incentivazione
che saranno previste da  tali  contratti,  appare  necessario  che  i
citati accordi prevedano l'obbligo per l'Amministrazione erogante  di
richiedere sempre le informazioni antimafia nei riguardi del soggetto
interessato, anche in deroga ai limiti di importo stabiliti dall'art.
91, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 159/2011 e  delle
clausole di esenzione stabilite dall'art. 83,  comma  3,  lettera  d)
dello stesso decreto legislativo. 
7. Indicazioni per il Prefetto di Napoli e per le altre Prefetture. 
    Nel presente paragrafo vengono forniti  elementi  indicativi,  di
piu' specifico  interesse  del  Prefetto  ma  comunque  di  carattere
generale, in merito alle procedure ed all'ambito  degli  accertamenti
antimafia. 
    7.1. Il procedimento di rilascio delle informazioni antimafia. 
    In via preliminare e' necessario che i controlli antimafia  siano
improntati al  criterio  dell'efficacia,  della  speditezza  e  della
dinamicita'. 
    In  questa  prospettiva  appare  pertanto  opportuno   confermare
l'impianto operativo gia' sperimentato per Abruzzo ed Expo, imputando
al Prefetto di  Napoli  la  competenza  all'emanazione  di  tutte  le
informative che interessino imprese anche aventi sede legale in altra
provincia, cosi' garantendo la concentrazione  operativa  dei  flussi
informativi anche nella fase decisionale. 
    Peraltro, questo sistema si e'  rivelato  di  particolare  pregio
anche in ipotesi, quale quella della ricostruzione in Abruzzo, ove  i
territori interessati  dagli  interventi  erano  ricompresi  in  piu'
ambiti provinciali. 
    E' evidente che, anche in questo caso, il meccanismo  derogatorio
ipotizzato dovra' essere accompagnato  da  un  sistema  che  supporti
adeguatamente il carico  di  lavoro  che  gravera'  sulla  Prefettura
evitando  appesantimenti  nello  scambio  informativo  tra  tutti   i
soggetti costituenti la rete di monitoraggio e controllo. 
    Fondamentale a tal riguardo sara'  innanzitutto  il  ruolo  della
Sezione specializzata costituita  presso  la  Prefettura  cosi'  come
quello del GIMBAI. 
    In linea  con  le  indicazioni  formulate  dal  Ministro  con  la
direttiva del 28 ottobre 2013, il Comitato ha ritenuto  di  acquisire
la disponibilita' del Dipartimento della  pubblica  sicurezza  ad  un
peculiare coinvolgimento della DIA, nelle sue articolazioni  centrali
e territoriali, al fine di rendere piu'  incisivo  il  meccanismo  di
coordinamento e di circolarita' informativa che fa capo  al  Prefetto
di Napoli. Spettera' alla DIA, anche in considerazione della precipua
missione istituzionale e del patrimonio informativo di  cui  dispone,
costituire  il  punto  di  snodo  imprescindibile   delle   attivita'
info-investigative di preventivo controllo fermo restando il ruolo di
intelligence e di analisi del contesto che fa capo al GIMBAI  e  alle
altre  Forze  di  polizia  che  operano   sul   territorio.   Analoga
valorizzazione  va  conferita,   nello   specifico   contesto,   alla
componente del  Corpo  Forestale  dello  Stato  per  la  tradizionale
vocazione al contrasto e alla prevenzione  degli  illeciti  in  campo
ambientale e per il preminente ruolo operativo svolto nella  fase  di
monitoraggio dei siti ancora in via  di  definizione.  In  tal  senso
sara' pertanto importante che la presenza  di  un  rappresentante  di
tale Corpo, gia' prevista in seno alla  Sezione  specializzata  e  al
GIMBAI, venga assicurata anche nell'ambito del Gruppo interforze  che
opera presso la prefettura di Napoli,  che  dovra'  essere,  percio',
opportunamente integrato. 
    Sempre nell'ottica  di  coniugare  tempestivita'  ed  incisivita'
nell'azione   di   prevenzione   del   prefetto,   si   inquadra   la
disponibilita' manifestata  dalla  Direzione  nazionale  antimafia  a
rafforzare gli strumenti di collaborazione interistituzionale,  sulla
scorta di quanto gia' sperimentato per Expo. Cio'  con  l'attivazione
di un circuito informativo dedicato  che  consenta,  nei  limiti  del
doveroso rispetto del segreto d'indagine ex art. 329 c.p.p. e secondo
le modalita' che verranno  descritte  nel  prosieguo,  di  verificare
l'attualita' delle notizie contenute  nelle  Banche  dati  interforze
attinenti a procedimenti penali per i delitti  di  cui  all'art.  51,
comma 3-bis, c.p.p. 
    Particolarmente significativa appare poi la  possibilita',  nella
logica di proattiva collaborazione emersa nel  corso  della  riunione
precedentemente citata, che sia la stessa Procura  nazionale,  o  per
suo tramite la competente DDA, a fornire alla prefettura, sulla  base
del materiale investigativo raccolto  e  nel  rigoroso  rispetto  del
segreto d'indagine, ulteriori spunti per meglio orientare la  propria
azione di accertamento, di  carattere  amministrativo,  sia  in  fase
istruttoria di rilascio dell'informazione antimafia sia  in  fase  di
accesso ai cantieri. Cio' con evidenti  positivi  effetti  anche  sul
piano della ottimizzazione dell'impegno delle Forze di polizia. 
    Non va  infine  esclusa,  in  relazione  all'inevitabile  maggior
carico  di  lavoro  che  gravera'  sulla  Prefettura  di  Napoli,  la
possibilita'  che  lo  stesso   Prefetto,   analogamente   a   quanto
verificatosi per Expo, possa procedere, anche in linea con le  intese
di recente formalizzate nel protocollo  stipulato  tra  Prefettura  e
Regione Campania, alla istituzione  di  una  task  force,  che  possa
avvalersi del  supporto,  sul  piano  amministrativo,  dei  Corpi  di
polizia locale, comunale e provinciale, secondo  modalita'  operativa
da concordare in un apposito strumento pattizio. 
    Passando,  ora,  alla  piu'  puntuale  descrizione  del   modello
procedimentale volto al rilascio  dell'informazione  prefettizia,  si
ritiene che l'iter degli accertamenti debba svilupparsi come segue: 
      a) la stazione appaltante richiede alla Prefettura di Napoli il
rilascio  dell'informazione  antimafia  nei  confronti   dell'impresa
aggiudicataria  dell'appalto,  o   affidataria   del   subappalto   o
subcontratto, indipendentemente dal luogo di residenza o sede  legale
di quest'ultima. La richiesta deve essere corredata dei dati indicati
all'art. 91, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011. Qualora la
richiesta risulti incompleta, perche'  mancante  dell'indicazione  di
dati essenziali per la conclusione del procedimento, la Prefettura di
Napoli provvede a dichiararne l'improcedibilita' secondo le modalita'
semplificate stabilite oggi dall'art. 2 della legge n. 241/1990, come
modificato dalla legge «anticorruzione» n. 190/2012, indicando i dati
con i quali la domanda deve essere integrata. In tal caso  i  termini
previsti all'art. 94 commi 2 e 3 del decreto legislativo n.  159/2011
non iniziano a decorrere; 
      b)  la  prefettura  di  Napoli  procede   quindi   ad   avviare
immediatamente   le   necessarie   verifiche   presso   il   Ced    e
contestualmente a interessare la Dia, oltre che  le  altre  Forze  di
polizia, in modo da consentire a quest'ultima di fornire  appieno  il
proprio contributo conoscitivo  con  particolare  riguardo  a  quelle
imprese   che   operino   fuori   provincia.   Analoga    contestuale
comunicazione verra' data alla Prefettura competente nel caso in  cui
l'impresa abbia sede legale in altra provincia; 
      c) qualora emerga l'esistenza delle situazioni ex articoli 67 e
84, comma 4, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 159/2011,
la Prefettura di Napoli avvia il procedimento volto a  verificare  la
loro attualita', interpellando: 
        1.  l'Autorita'  Giudiziaria  per  conoscere  lo  stato   del
procedimento penale o di prevenzione. In tali  casi,  quale  che  sia
l'Autorita' interpellata, si richiama l'attenzione  sulla  necessita'
di acquisire il provvedimento giudiziario dalla cui lettura  potranno
emergere ulteriori elementi utili per stabilire, in  via  definitiva,
se nei riguardi dell'impresa esaminata sussistano o meno tentativi di
infiltrazione mafiosa. Risultera' di  fondamentale  importanza,  come
detto sopra, la collaborazione della Direzionale Nazionale Antimafia,
che, secondo le intese raggiunte, procedera' come segue: ove a carico
di  un  nominativo  risulti  emesso  un   provvedimento   giudiziario
«ostensibile» per uno di tali reati, come pure ove risulti  emessa  o
proposta una misura di prevenzione, il documento sara' estratto dalla
Banca dati della  D.N.A.  (SIDNA),  o  se  assente,  sara'  richiesto
all'A.G. competente, e trasmesso con modalita' PEC alla Prefettura di
Napoli. 
    Pertanto, allorquando risultino dal CED iscrizioni  attinenti  ai
reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.  o  ad  una  misura  di
prevenzione personale o patrimoniale, l'istanza di conoscere lo stato
del procedimento e la richiesta  di  trasmissione  dei  provvedimenti
giudiziari potra' essere  rivolta,  oltre  che  all'A.G.  competente,
anche  alla  D.N.A.,  che  riscontrera'  direttamente  l'istanza  del
Prefetto. 
    Si sottolinea che la collaborazione offerta dalla D.N.A. riguarda
esclusivamente il reperimento e la trasmissione  di  atti  giudiziari
ostensibili, come le misure cautelari, personali o reali, eseguite, i
decreti che  dispongono  il  giudizio,  le  sentenze,  i  decreti  di
applicazione e le proposte di misure di  prevenzione  (queste  ultime
solo dopo l'esecuzione  dell'eventuale  sequestro  anticipato  ovvero
della notifica al proposto della fissazione dell'udienza in camera di
consiglio). 
    Laddove invece i procedimenti instaurati per reati  ex  art.  51,
comma 3-bis, c.p.p. risultino  pendenti  nella  fase  delle  indagini
preliminari e nel loro ambito o all'esito delle stesse non sia  stato
adottato  alcun  provvedimento  ostensibile   (ad   esempio,   misura
cautelare, richiesta di rinvio a giudizio ...) o nel caso in  cui  la
proposta di misura di prevenzione non sia ancora stata notificata  al
destinatario,  la  D.N.A.  inviera'  una  risposta  con  la  seguente
dicitura: «non risultano informazioni suscettibili di comunicazione»,
dovendosi intendere che l'espressione utilizzata comprende sia i casi
in cui non risultano iscrizioni a carico del soggetto, sia i casi  in
cui non possono essere fornite informazioni,  in  quanto  coperte  da
segreto. 
    Infine, nel  caso  in  cui  l'esame  del  CED  abbia  evidenziato
iscrizioni relative a reati diversi da quelli elencati nel 51,  comma
3-bis, c.p.p. - i cd. reati spia che ai sensi dell'art. 84, comma  4,
del decreto legislativo n. 159/2011 hanno comunque valenza indiziante
- la richiesta di copia dei provvedimenti  giudiziari  dovra'  essere
rivolta alle  Procure,  distrettuali  o  circondariali,  ovvero  agli
organi di P. G. procedenti. In proposito, nel richiamare l'attenzione
sull'esistenza di procedimenti e/o  condanne  per  reati  ambientali,
anche contravvenzionali, che - nel caso  in  questione  -  potrebbero
venire in rilievo quali reati spia, ai sensi del citato art.  84,  si
rinvia  alle  considerazioni  fornite  nel  paragrafo  5  in   merito
all'esigenza che le determinazioni prefettizie siano  corroborate  da
ulteriori elementi sintomatici pregnanti e attuali. 
    Si precisa al riguardo che tutte le comunicazioni  e  i  dati  di
scambio dovranno intercorrere tramite apposito  canale  dedicato,  da
concordare con l'A.G.; 
        2. la Questura competente, allo  scopo  di  conoscere  se  le
segnalazioni riferibili anche a fatti potenzialmente suscettibili  di
sfociare nell'avvio di un procedimento per l'applicazione  di  misure
di prevenzione personali o patrimoniali siano da considerarsi attuali
e se esse abbiano portato all'adozione di iniziative sul piano penale
o  dell'avvio  di  procedimenti  per  l'applicazione  di  misure   di
prevenzione; 
      d)  Ove  nel  corso  dell'attivita'  istruttoria   non   emerga
l'esistenza  delle  situazioni  ostative  sopraindicate,  vengono  in
rilievo gli accertamenti ulteriori concernenti situazioni  indizianti
che prescindono da evidenze documentali, giudiziarie o di prevenzione
(art. 84, comma 4, lettere d) ed f), nonche' art. 91,  comma  6,  del
decreto legislativo n. 159/2011). 
    Rilevano a questo fine i contributi che provengono: 
      1. dall'attivita' informativa disposta dal Prefetto di Napoli e
da quella disposta dal Prefetto di altra provincia nel  caso  in  cui
l'impresa esaminata abbia la sede legale fuori da quella  di  Napoli.
In tale contesto, saranno utilizzabili gli strumenti  che  consentono
di  effettuare  verifiche  dinamiche   sull'esecuzione   dell'appalto
(attraverso gli accessi ai cantieri espletati dai Gruppi Interforze),
nonche' i poteri conoscitivi di cui al D.L. n. 629/1982, delegati  ai
Prefetti  con  decorrenza  1°  gennaio  1993.  In  questa  fase,  gli
accertamenti assumono i contorni  di  un'indagine  amministrativa  di
prevenzione in cui sussiste la necessita' che il Prefetto,  Autorita'
procedente, venga a disporre di ogni elemento ritenuto indispensabile
all'emissione del giudizio prognostico. Non va esclusa, pertanto,  la
possibilita' di attivare gli ulteriori  poteri  conoscitivi  previsti
dall'art. 14, commi dal 3-bis  al  3-septies,  del  decreto-legge  13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni,  nella  legge  12
luglio 1991, n. 203. Si ravvisa l'opportunita' che  gli  accertamenti
siano svolti secondo un modello che implichi una costante interazione
tra la Prefettura di Napoli, nel suo ruolo  di  coordinamento,  e  le
Prefetture e i rispettivi Gruppi Interforze del luogo di sede  legale
delle imprese; 
      2. dalle analisi della DIA che sono  svolte  anche  sulla  base
delle attivita' dei Gruppi Interforze e  degli  eventuali  contributi
pervenuti dal GIMBAI; 
      3.  dagli  ulteriori  spunti   informativi   resi   disponibili
dall'A.G. 
    Le Prefetture  trasmetteranno  gli  esiti  degli  approfondimenti
svolti a livello territoriale al Gruppo interforze  della  Prefettura
di Napoli ed al Centro Operativo DIA di  Napoli.  Quest'ultimo  sulla
base degli  elementi  acquisiti  nell'iter  istruttorio  fornira'  un
proprio rapporto alla Prefettura di Napoli; 
      e) Qualora la complessita' degli accertamenti non  consenta  di
concludere il  procedimento  nel  termine  ordinario  di  45  giorni,
previsto dall'art. 92, comma 3, del Codice antimafia, la  prefettura,
in un'ottica di collaborazione, ne dara' espressa comunicazione  alla
stazione appaltante, la quale, come stabilito dallo stesso  art.  92,
comma 3, potra' procedere alla stipula del contratto solo  decorsi  i
successivi trenta giorni. 
    Resta in ogni caso fermo, anche in relazione  a  tale  fase,  che
qualora nel corso delle  verifiche  venga  accertata  l'esistenza  di
situazioni  che  determinino  il  venir  meno  dei  requisiti  morali
necessari al mantenimento  dell'iscrizione  dell'impresa  in  elenchi
detenuti da pubbliche amministrazioni ovvero la possibilita'  di  una
sospensione di tale titolo abilitativo, il Prefetto di Napoli  potra'
darne opportuna comunicazione all'ente che detiene  l'elenco,  per  i
conseguenti provvedimenti. 
    7.2. L'ambito oggettivo degli accertamenti e quello soggettivo. 
    Nei  precedenti  paragrafi  e'  stata   richiamata   l'attenzione
sull'utilita' della massima anticipazione dei presidi di  prevenzione
antimafia facendo perno sulla disposizione  contenuta  nell'art.  95,
comma 3,  del  Codice  antimafia,  secondo  cui  il  prefetto  svolge
accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio
di tentativi di infiltrazione mafiosa e' ritenuto maggiore. 
    La norma consente uno screening preventivo ad ampio raggio  delle
imprese che operano in particolari settori «sensibili»,  come  quello
delle bonifiche, a prescindere dalla loro  effettiva  partecipazione,
in seguito, alla fase esecutiva. Nell'ipotesi in cui siano  accertate
infiltrazioni di tipo criminale, la disposizione  richiamata  prevede
effetti pienamente ostativi che comportano l'esclusione  dell'impresa
dai lavori in ogni caso, qualunque sia  il  valore  o  l'importo  del
subappalto e/o del subcontratto. 
    Di fondamentale importanza, a tal fine,  e'  la  possibilita'  di
conoscere il prima possibile il quadro della  filiera,  a  cominciare
dalle  figure  dei  subappaltatori  e  cottimisti.  Cio'   non   solo
nell'ottica di accelerare  le  verifiche  antimafia  antecedentemente
alla  fase  di  aggiudicazione,  o  al  fine  dell'autorizzazione  al
subappalto, ma anche in funzione della  migliore  pianificazione,  da
parte  del  Prefetto,  delle  attivita'  di  accesso  in  situ  nella
successiva fase di esecuzione dell'appalto comprensiva  dello  stesso
collaudo. 
    Si raccomanda  pertanto  di  prevedere,  nell'ambito  dei  futuri
protocolli,  specifiche  prescrizioni  che   impegnino   le   imprese
aggiudicatarie  a  trasmettere   tempestivamente   il   piano   degli
affidamenti. 

(1) Le Prefetture  cureranno,  secondo  le  modalita'  stabilite  dal
    regolamento di cui all'art. 99, comma 1, del decreto  legislativo
    6 settembre 2011, n. 159, l'inserimento dei  dati  riguardanti  i
    controlli effettuati  nella  Banca  dati  nazionale  unica  della
    documentazione,  una  volta  che  quest'ultima   sara'   divenuta
    operativa. 

(2) Si segnala che le stazioni appaltanti, al fine di  verificare  il
    possesso da parte degli operatori economici esteri dei  requisiti
    morali per la partecipazione alle procedure  di  gara,  richiesti
    dall'art.  38  del  decreto  legislativo  n.  163/2006,  potranno
    applicare le indicazioni di cui  al  paragrafo  1.2  delle  Linee
    Guida,  pubblicate  il  12   agosto   2010,   e   relative   alla
    ricostruzione "post sisma in Abruzzo, consultabili attraverso  il
    link del  CCASGO  presso  il  sito  istituzionale  del  Ministero
    dell'interno.