N. 254 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 agosto 2011
Ordinanza del 30 agosto 2011 emessa dal Tribunale di Trieste nel procedimento civile promosso da I.A. contro Prefetto di Trieste. Circolazione stradale - Patente di guida - Previsto divieto di concessione e prevista revoca per delinquenti abituali, professionali o per tendenza e per coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione o condannati, anche con pena patteggiata (come nella fattispecie) per reati relativi all'uso di sostanze stupefacenti - Operativita' anche con riferimento alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009 - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa. - Codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285), art. 120. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.4 del 28-1-2015 )
TRIBUNALE DI TRIESTE sezione civile Ordinanza Nella causa tra sig. A. I., rappresentato e difeso dall'Avv. Andrea Frassini, con studio in Trieste, via Beccaria n. 8, Ricorrente; Contro Prefettura di Trieste, in persona del Prefetto in carica pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste, Piazza Dalmazia 3, Trieste, Resistente. Conclusioni delle parti: Per il ricorrente: «Voglia l'Ill.mo Tribunale di Trieste accogliere le seguenti conclusioni. In via principale di merito: 1) previa sospensione del provvedimento di revoca della patente del Prefetto della Provincia di Trieste dd. 20 maggio 2010 n. 0022163 notificato in data 15 settembre 2010; 2) annullare, disapplicare, revocare e comunque dichiarare l'inefficacia del provvedimento sottoposto a gravame, per le ragioni indicate in narrativa, sopra indicato al punto 1); 3) con vittoria di diritti, onorari e spese del procedimento in caso di opposizione». Per la resistente: «che Codesto Ill.mo Tribunale voglia dichiarare l'inammissibilita' dell'opposizione per inconfigurabilita' nella fattispecie di mia sanzione amministrativa opponibile ai sensi della legge 689/81: comunque dichiarando l'infondatezza nel merito della opposizione e confermando l'inidoneita' morale dell'opponente al conseguimento del titolo abilitante alla guida, in applicazione dell'art. 120 del Codice della strada, stante il pregiudiziale incontestato giudicato penale sfavorevole a parte opponente. In via cautelare: dichiarare l'inammissibilita' della domanda di sospensione, stante l'inapplicabilita' nella fattispecie del rito di cui alla legge n. 689/81. Spese vinte». Il Giudice, sciogliendo la riserva di cui al verbale di cui all'udienza del 6 luglio 2011, letti gli atti ed esaminata la documentazione, provvede come di seguito. Premesso Con ricorso in opposizione a sanzione amministrativa ex legge n. 689/81, il sig. A.I. chiedeva al Tribunale civile di Trieste l'annullamento del provvedimento della Prefettura di Trieste di revoca della patente di guida dd. 20 maggio 2010, notificato allo stesso in data 15 settembre 2010. Esponeva, in particolare, l'opponente che al medesimo, per essere stato condannato con sentenza del Tribunale di Trieste n. 1313/07 del 1° febbraio 2008, divenuta irrevocabile in data 5 aprile 2008, per violazione dell'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, veniva notificato provvedimento di revoca della patente di guida categoria "D", in scadenza il 21 luglio 2013. In particolare, il PREFETTO, nel disporre la revoca del titolo di guida dell'opponente disponendo che lo stesso non potesse conseguire un nuovo titolo di guida prima che siano trascorsi tre anni dalla data di irrevocabilita' della sentenza citata, richiamava nel provvedimento de quo l'art. 120 del C.d.S,, cosi' come modificato dalla L. 15 luglio 2009 n. 94. Avverso il provvedimento prefettizio il sig. I. proponeva ricorso, ex art. 204-bis d.lgs. 285/1992 e art. 22 legge 689/81, dinanzi al Giudice di Pace di Trieste, con domanda di sospensiva. Con ordinanza dd. 15 ottobre 2010, notificata in data 22 ottobre 2010, il Giudice di Pace di Trieste dichiarava la propria incompetenza per materia, per cui riteneva invece competente il Tribunale di Trieste, assegnando al ricorrente termine di tre mesi per la riassunzione del ricorso avanti al Giudice competente. Ricorrendo in riassunzione dinanzi al Tribunale di Trieste, l'opponente invocava la violazione di legge in ordine all'art. 1 L. 689/81, secondo la quale nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione, ricordando la giurisprudenza della S.C. in merito. Osservava, la difesa del sig. I. che nel caso in esame il PREFETTO aveva ritenuto di procedere alla revoca della patente di guida sulla base dell'art. 120 C.d.S., cosi' come sostituito dall'art. 3, comma 52, lett. A della L. n. 94/2009, che ha "aggiunto" tra i soggetti ai quali puo' essere revocata la patente di guida (delinquenti abituali, professionali o per tendenza e altri indicati all'art. 1 della norma previgente) anche le persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al d.P.R. n. 309 del 1990. Il sig. I., nella specie, non solo aveva commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della norma, ma addirittura sia la data della sentenza del Tribunale penale di Trieste sia il suo passaggio in giudicato erano precedenti alla norma stessa. Concludeva come in epigrafe. All'udienza del 9 febbraio 2011, fissata ai fini della discussione della sospensiva, il Giudice, rilevata la mancata notifica a cura della Cancelleria, differiva al 23 febbraio 2011 l'udienza stessa. In quella sede, la difesa dell'opponente sottolineava come lo stesso sig. I. fosse in possesso di patente «D», a rischio licenziamento, mentre la Prefettura evidenziava come il divieto di cui all'art 120 C.d.S. scadesse, in concreto, nell'aprile 2011. Sciogliendo la riserva assunta alla citata udienza, il Giudice, rilevato che il provvedimento prefettizio (per effetto dell'applicazione in bonam partem da parte della PREFETTURA del dies a quo da cui far decorrere la revoca di tre anni in oggetto, id est il passaggio in giudicato della sentenza e non quello del provvedimento prefettizio medesimo) era destinato a cessare i suoi effetti nell'aprile 2011, ritenuto pertanto non sussistente il requisito del periculum in mora, rigettava l'istanza cautelare. Si costituiva la PREFETTURA anche per il merito, in persona del PREFETTO in carica pro tempore, affermando che l'art. 120, comma 1, cit. contempla la revoca della patente di' guida e non richiede apprezzamento alcuno da parte dell'Autorita' amministrativa circa il verificarsi della pericolosita' in concreto; affermava l'Amministrazione resistente l'inammissibilita' in rito dell'opposizione introdotta da controparte, non vertendosi, nella specie, in materia di sanzioni amministrative. Ricordava, poi, l'orientamento per cui il decreto con cui il PREFETTO dispone la revoca della patente di guida, per effetto della sottoposizione del titolare alla misura di prevenzione, non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, costituendo piuttosto la constatazione della originaria o sopravvenuta inesistenza dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo abilitativi alla guida. All'udienza del 17 maggio 2011, l'opponente insisteva per la sospensiva, la resistente si richiamava alla memoria; il Giudice, rilevato che la Cassazione, con sentenza n. 22491/2010, ha escluso la natura di sanzione amministrativa della misura in oggetto, considerato che cio' comporta la non applicazione della legge 689/81, disponeva il mutamento del rito; ritenuto che, nel caso di specie, non fosse possibile far venir meno l'effetto della revoca per il solo fatto del decorso dei 3 anni, di fatto gia' avvenuto (per effetto della predetta applicazione retroattiva in battenti partem del dies a quo rispetto al decorso dei tre anni), tenuto conto della circostanza che la caducazione dei titoli abilitativi comportava la necessita' - ai fini lavorativi - del conseguimento della patente "B", e il successivo conseguimento delle patenti "C" e "D", sospendeva l'efficacia del provvedimento prefettizio. All'udienza del 6 luglio 2011, il Giudice si riservava la decisione circa la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 120 del C.d.S.. Nel caso in esame, con provvedimento dd. 20 maggio 2010, il PREFETTO DI TRIESTE revocava il titolo abilitante alla guida ex art. 116 del C.d.S., in applicazione dell'art. 120 del C.d.S. stesso, secondo cui «Non possono conseguire la patente di guida, il certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e il certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di, prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'articolo 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonche' i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f), del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza di condanna per il reato di cui al terzo periodo del comma 2 dell'articolo 222, la revoca della patente ai sensi del quarto periodo del medesimo comma 2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori. La revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni dalla data di applicazione delle misure di' prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1». Orbene, e' d'uopo sin d'ora ricordare che le Sez. Un., con sentenza n. 2446/2006, hanno affermato che l'art. 120 del C.d.S., comma l, nel testo risultante a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 354/1998 e 251/2001, contempla la revoca della patente di guida e non richiede alcun apprezzamento da parte dell'Autorita' amministrativa circa il verificarsi di detta pericolosita' nel caso singolo. Secondo la cennata pronuncia - va qui per completezza ricordato la domanda rivolta a denunciare la illegittimita' del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal Prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale si ricollega ad un diritto soggettivo - con soluzione che si ritiene qui applicabile anche al caso in esame e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sui riparto di' giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario. Nel caso di specie, si ribadisce che il provvedimento prefettizio in questione non esprime esercizio di discrezionalita' amministrativa, cioe' di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma e' un atto dovuto, nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma. La domanda rivolta a denunciare l'illegittimita' del provvedimento di revoca della patente di guida si ricollega ad un diritto soggettivo e percio' in difetto, appunto, di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario (cui compete, nell'eventualita' del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso disapplicando l'atto lesivo). Giova, ricordare in questa sede che la Cassazione, con la sentenza 22491/2010, ha avuto modo di specificare che "il provvedimento applicato dal Prefetto ai sensi dell'art. 120 C.d.S. non puo' essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali e' stato previsto in via generale il regime di' impugnazione previsto dalla L. n. 689 dei 1981, sia in relazione al procedimento seguito che in relazione alla sia natura, in quanto dipendente dalla applicazione di misure di prevenzione, tanto che, prima degli interventi della Corte costituzionale su richiamati dalla sentenza delle SU di questa Corte citata, in relazione a tale provvedimento si riteneva sussistente la giurisdizione amministrativa». Alla luce di cio' - ritenuta applicabile tale opzione ermeneutica anche all'applicazione della norma in oggetto alla fattispecie concreta - si deve ritenere che la misura in questione, cui consegue la privazione della patente di guida e l'impossibilita' di conseguire un nuovo titolo di guida prima di tre anni dalla data di irrevocabilita' della sentenza, non sia ascrivibile al novero delle sanzioni penali accessorie, non costituendo conseguenza accessoria della violazione di un precetto a rilevanza penale, ne' a quello delle sanzioni amministrative disciplinate dalla L. 689/81, non potendosi, a ben vedere riscontrare un nesso con una violazione del C.d.S.. Ergo, non trova applicazione, in primo luogo, il divieto di irretroattivita' della legge penale consacrato nell'art. 25, comma 2, Cost.. Ne' puo' ritenersi applicabile, in secondo luogo, la norma di cui all'art. 1 Legge 689/81 (pur invocata dall'attuale ricorrente), secondo la quale nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge clic sia entrata in vigore prima della commissione della violazione: cio', a tacere del fatto che trattandosi, in questo secondo caso, di norma avente forza di legge ordinaria, essa ben potrebbe essere derogata da una fonte successiva di pari grado, residuando, pertanto, soltanto un (diverso) problema di ragionevolezza della scelta del legislatore. Tale ultimo profilo, id est quello della ragionevolezza della scelta legislativa rimane in tutta la sua concretezza e attualita' anche nell'ambito della configurazione che codesto Tribunale ritiene corretta, e cioe' la sussunzione della fattispecie de qua nell'ambito di un tertium genus di misure, che fanno corrispondere ad una serie di fatti o atti la constatazione della inesistenza (originaria oppure anche, come nella specie, sopravvenuta) dei requisiti morali prescritti per il conseguimento o mantenimento della patente di guida. Tale misura prefettizia, nelle ipotesi di violazione dell'art. 73 D.P.R. 309/1990, fa corrispondere a tale fatto la presunzione iuris et de iure di inidoneita'. Va osservato, peraltro, che la possibilita' che in concreto tale effetto possa prodursi anche con riferimento a fatti accaduti prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009 (e cioe' della data dell'8.08.2009) non e' di per se' escluso dalla norma in questione, che - come sopra ricordato - non prevede una sanzione penale ne' una sanzione amministrativa (non essendo, comunque, costituzionalizzato il principio di cui all'art. 1 L. 689/81). Ne' quantomeno da un punto di vista meramente formale - si rinvengono elementi di per se' ostativi - salvo appunto un'esigenza di ragionevolezza e proporzionalita' - alla previsione normativa dell'assenza o del venir meno dei requisiti morali, in conseguenza di fatti o atti pregressi e non modificabili. Il provvedimento del G.I.P. del Tribunale penale di Trieste dd. 21.12.2010, depositato dalla difesa del ricorrente e concernente un caso simile, nell'affermare la propria incompetenza, competente essendo il Giudice monocratico civile del Tribunale di Trieste (non concordando con la sentenza n. 709/2010 dd. 29.09.2010, che aveva invece definito provvedimento impugnato come sanzione accessoria penale, declinando la propria giurisdizione a favore di quella del Giudice ordinario), non ha mancato di osservare che nella specie si tratterebbe - secondo il Giudice penale - di sanzione non pecuniaria, che non apparirebbe derivante da una violazione al Codice della strada, bensi' risulterebbe essere una punizione del tutto anomala, e di dubbia costituzionalita', derivante dalla semplice condanna per alcuni reati, da cui deriverebbe, per presunzione assoluta, la carenza dei requisiti morali per il conseguimento ed il mantenimento della patente. Con riferimento al profilo riguardante la parificabilita', ai nostri fini, tra pronuncia a seguito di patteggiamento (ricorrente nella specie) e sentenza di condanna, pur ricordando che - secondo la S.C. - la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilita', ed Giudice penale - abbia prestato fede a tale ammissione; detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione 'assistita dall'efficacia del giudicato, ben puo' essere utilizzato come prova nel corrispondente giudizio di responsabilita' in sede civile, (nella specie, la Corte Cass. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto l'espressione "condanna penale", contenuta in un bando di concorso per l'assunzione di conducenti di linea, comprensiva anche della sentenza di patteggiamento; cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent. 05.05.2005, n. 9358) - si richiede comunque all'Ecc.ma Corte una valutazione sulla ragionevolezza di tale interpretazione anche al peculiare caso di specie. La norma di cui al novellato art. 120 Cost. solleva, inoltre, dubbi di irragionevolezza e di mancata proporzionalita' rispetto ai mezzi a disposizione, anche tenendo conto che la misura de qua fa riferimento ad una fattispecie di reato che non richiede, di per se', l'uso della partente di guida (anche se puo' certamente agevolarlo), ma non prende in considerazione altre fattispecie penalmente rilevanti in cui il titolo autorizzativo costituisce strumento indispensabile per delinquere. Infine, sotto il profilo del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., si deve rilevare che, connaturata alroperativita' di cui alla misura prefettizia in discorso, pare potersi rilevare una lesione del diritto di difesa del soggetto interessato. Quest'ultimo, sulla base della condanna per spaccio di' droga, condotta che non presuppone di per se' l'uso personale delle sostanze in oggetto (e fermo l'ulteriore cennato problema dell'applicabilita' o meno della norma ai casi di applicazione della pena su richiesta delle parti), viene - per cosi dire - a subire la presunzione assoluta e incontestabile circa l'asserito venir meno dei requisiti morali. Se cio' e' vero la norma nel nuovo testo ricordato presta il fianco a censure nella parte in cui non prevede una valutazione di tipo prognostico da parte dell'Autorita' prefettizia sulla personalita' del reo e/o sulla possibilita' che il possesso del titolo abilitativo possa agevolare o meno la commissione di reati di particolare allarme sociale.
P.Q.M. Tanto premesso, visti gli artt. 3 e 24 Cost., nonche' l'art. 23 legge 87/1953, letto l'art. 120 C.d.S., letti gli atti di causa ed esaminata la documentazione, ritenuta la rilevanza della questione e la sua non manifesta fondatezza; Sospende alla luce dell'implicito riconoscimento di un fumus boni iuris, l'esecutorieta' del provvedimento prefettizio impugnato dal sig. I; Solleva formalmente la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 120 C.d.S. novellato, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; Dispone la sospensione del presente procedimento civile impregiudicato ogni diritto di difesa - e la trasmissione, a cura della Cancelleria, del fascicolo d'ufficio e dei fascicoli delle parti alla Corte costituzionale. Ordina la notificazione della presente ordinanza, a cura della Cancelleria, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alle parti, e ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Trieste, 12 agosto 2011 Il Giudice onorario di Tribunale: Battaglia