N. 255 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 agosto 2011

Ordinanza del 30 agosto 2011 emessa  dal  Tribunale  di  Trieste  nel
procedimento civile promosso da T.G. contro Prefetto di Trieste. 
 
Circolazione stradale -  Patente  di  guida  -  Previsto  divieto  di
  concessione   e   prevista   revoca   per   delinquenti   abituali,
  professionali o per tendenza e per coloro che  sono  o  sono  stati
  sottoposti a  misure  di  sicurezza  personali  o  alle  misure  di
  prevenzione o condannati, anche con pena  patteggiata  (come  nella
  fattispecie) per reati relativi all'uso di sostanze stupefacenti  -
  Operativita' anche  con  riferimento  alle  sentenze  emesse  prima
  dell'entrata in vigore della legge  n.  94/2009  -  Violazione  del
  principio di  uguaglianza  per  irragionevolezza  -  Incidenza  sul
  diritto di difesa. 
- Codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285), art. 120. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.4 del 28-1-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI TRIESTE 
                           Sezione civile  
 
    R.G.A.C. 422/2011 
 
                              Ordinanza 
 
    Nella causa tra  sig.  G.T.,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
Andrej Venuti, con studio in Trieste, via Trento, 11, ricorrente; 
    Contro Prefettura di Trieste, in persona del Prefetto  in  carica
pro tempore, rappresentata e difesa  ex  lege  dall'Avvocatura  dello
Stato di Trieste, Piazza Dalmazia 3, Trieste, resistente. 
 
                       Conclusioni delle parti 
 
    Per il ricorrente: «Nel merito, in via  principale:  disapplicare
il provvedimento  di  revoca  impugnato,  ordinando  alla  Prefettura
l'immediata restituzione della patente al ricorrente; nel merito,  in
subordine e per tuziorismo: nell'eventualita' di rinvio  della  causa
alla Corte  costituzionale,  indicare  fra  le  norme  costituzionali
violate  il   2°   comma   dell'art.   25   Cost.;   preliminarmente:
nell'eventualita' di rinvio della causa  alla  Corte  costituzionale,
sospendere il provvedimento impugnato, sussistendone gravi motivi». 
    Per  la  resistente:  «che  Codesto   Ill.mo   Tribunale   voglia
dichiarare l'inammissibilita' dell'opposizione per inconfigurabilita'
nella fattispecie di una sanzione amministrativa opponibile ai  sensi
della legge n. 689/81; comunque dichiarando l'infondatezza nel merito
della opposizione e confermando l'inidoneita'  morale  dell'opponente
al conseguimento del titolo abilitante alla  guida,  in  applicazione
dell'art. 120  del  Codice  della  strada,  stante  il  pregiudiziale
incontestato giudicato penale sfavorevole a parte opponente.  In  via
cautelare:   dichiarare   l'inammissibilita'   della    domanda    di
sospensione, stante l'inapplicabilita' nella fattispecie del rito  di
cui alla legge n. 689/81. Spese vinte». 
    Il Giudice, sciogliendo la riserva  di  cui  al  verbale  di  cui
all'udienza del 20 luglio  2011,  letti  gli  atti  ed  esaminata  la
documentazione, provvede come di seguito. 
 
                              Premesso 
 
    Con ricorso in opposizione a sanzione amministrativa ex legge  n.
689/81,  il  sig.  G.T.  chiedeva  al  Tribunale  civile  di  Trieste
l'annullamento del  provvedimento  della  Prefettura  di  Trieste  di
revoca della patente di guida, notificato  allo  stesso  in  data  30
agosto 2010. 
    Esponeva, in particolare,  l'opponente  che  il  medesimo  veniva
condannato con sentenza n. 293/07 del Tribunale  penale  di  Trieste,
divenuta definitiva in data 11 febbraio 2008, per il reato  p.  e  p.
dall'art. 73 d.P.R. n. 309/90. La Prefettura di Trieste  -  ricordava
il ricorrente - riteneva in concreto di applicare la sanzione di  cui
al comma 2 dell'art. 120 del  C.d.S.,  come  novellato  dall'art.  3,
comma 52, lett. a), della legge n. 94/2009, entrata in vigore piu' di
un anno dopo. Proposto dalla difesa del sig. T.  ricorso  dinanzi  al
T.A.R. del Friuli Venezia Giulia,  innanzitutto  per  la  sospensione
della predetta sanzione, in quanto asseritamente  contraria  all'art.
25, comma 2, Cost., il T.A.R. adito, ritenendo  che  la  sanzione  in
oggetto   costituisse   sanzione   accessoria   penale,    dichiarava
l'inammissibilita'  del  ricorso  per   difetto   di   giurisdizione,
indicando la giurisdizione del Giudice  ordinario  (con  sentenza  n.
709/10, in atti). Alla luce di cio', essendo la  sentenza  penale  di
condanna passata in giudicato, ai sensi degli artt. 662,  666  e  676
c.p.p., veniva successivamente proposta dallo stesso sig. T., in data
18 ottobre 2010, istanza per la revoca della sanzione  accessoria  al
Giudice  dell'esecuzione   (G.I.P.)   del   Tribunale   di   Trieste.
Quest'ultimo, tuttavia,  si  dichiarava  a  sua  volta  incompetente,
affermando la competenza del Tribunale civile  di  Trieste,  ex  art.
22-bis, comma 3, lett.  c)  della  legge  n.  689/81,  trattandosi  -
secondo il Tribunale penale - di sanzione  non  pecuniaria,  che  non
apparirebbe derivante da  una  violazione  al  Codice  della  strada,
bensi' risulterebbe essere una punizione  del  tutto  anomala,  e  di
dubbia  costituzionalita',  derivante  dalla  semplice  condanna  per
alcuni reati,  da  cui  deriverebbe,  per  presunzione  assoluta,  la
carenza dei requisiti morali per il conseguimento ed il  mantenimento
della patente. 
    Osservava il ricorrente che se la revoca della  patente  ex  art.
120  del  C.d.S.,  nel  testo  novellato,  prevedesse  una   sanzione
amministrativa - come sostenuto  dal  G.I.P.  -  la  sua  irrogazione
sarebbe contraria all'art. l della legge n. 689/81; se invece -  come
affermato invece dal T.A.R. - la norma stabilisse  l'applicazione  di
una sanzione penale accessoria, allora  la  sua  irrogazione  sarebbe
contraria all'art. 25 comma 2 Cost.. Chiedeva  dunque  l'annullamento
del provvedimento prefettizio impugnato, previa sospensione cautelare
del  medesimo,  in  quanto  gravemente  lesivo   del   principio   di
irretroattivita' delle sanzioni penali e/o amministrative. 
    All'udienza del  20  marzo  2011,  fissata  ai  soli  fini  della
discussione della sospensiva, si costituiva la Prefettura di Trieste,
in persona del Prefetto in carica pro tempore,  depositando  memoria.
Sciogliendo la riserva assunta all'udienza citata, con ordinanza  dd.
25  marzo  2011,  il  Giudice,  rilevato  che  nel  caso  de  quo  il
provvedimento prefettizio non dispiegava piu' i suoi effetti, essendo
gia' decorso il termine di tre anni  dalla  data  di  irrevocabilita'
della sentenza, rigettava, per difetto dei requisiti in concreto,  la
domanda di sospensione, senza con cio' anticipare il procedimento  di
merito. 
    Si  costituiva  anche  nel  merito,  con  separata  comparsa,  la
Prefettura di Trieste, in persona del Prefetto in carica pro tempore,
affermando che l'art. 120, comma 1, cit., contempla la  revoca  della
patente di  guida  e  non  richiede  apprezzamento  alcuno  da  parte
dell'Autorita'   amministrativa   circa    il    verificarsi    della
pericolosita' in  concreto;  affermava  l'Amministrazione  resistente
l'inammissibilita'   in   rito   dell'opposizione    introdotta    da
controparte, non vertendosi, nella specie,  in  materia  di  sanzioni
amministrative. Ricordava, poi, l'orientamento per cui che il decreto
con cui il Prefetto dispone la revoca della  patente  di  guida,  per
effetto della sottoposizione del titolare alla misura di prevenzione,
non  costituisce  conseguenza  accessoria  della  violazione  di  una
disposizione in tema di circolazione stradale, costituendo  piuttosto
la constatazione della  originaria  o  sopravvenuta  inesistenza  dei
requisiti  morali  prescritti  per  il   conseguimento   dei   titolo
abilitativi alla guida. 
    All'udienza del 7 giugno 2011, fissata per la prima  comparizione
delle  parti,  il  Giudice  rilevava  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della norma applicata dalla Prefettura,  anche  tenuto
conto  del  suo  carattere  controverso.   Rilevata,   altresi',   la
competenza del Tribunale ordinario, trattandosi di misura che  incide
su diritti soggettivi, considerato che la  Cassazione,  con  sentenza
22491/2010, ha  affermato  che  la  revoca  de  qua  non  costituisce
sanzione amministrativa,  escludendo  in  rito  l'applicazione  della
legge n. 689/81,  disponeva  il  mutamento  del  rito,  fissando  per
l'eventuale rimessione della questione alla  Corte  costituzionale  -
come tuzioristicamente richiesto peraltro dalla difesa del ricorrente
- o per la precisazione delle conclusioni  l'udienza  del  20  luglio
2011. 
    In quella sede, l'Avvocatura dello Stato  chiedeva  la  reiezione
della  domanda,  la   difesa   dell'opponente   depositava   memoria,
concludendo come in atti. Il Giudice si riserva il provvedimento. 
    Nel caso in esame, con  provvedimento  dd.  21  maggio  2010,  il
Prefetto di Trieste revocava il titolo abilitante alla guida ex  art.
l 16 del C.d.S., in applicazione dell'art.  120  del  C.d.S.  stesso,
secondo  cui  «Non  possono  conseguire  la  patente  di  guida,   il
certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli
e il certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori i delinquenti
abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati
sottoposti  a  misure  di  sicurezza  personali  o  alle  misure   di
prevenzione previste dalla  legge  27  dicembre  1956,  n.  1423,  ad
eccezione di quella di cui all'articolo 2, e dalla  legge  31  maggio
1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli  articoli
73 e 74 del testo unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 9 ottobre  1990,  n.  309,  falli  salvi  gli  effetti  di
provvedimenti  riabilitativi,  nonche'  i  soggetti  destinatari  dei
divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma
1, lettera f)  del  medesimo  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la  durata  dei
predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida
le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza  di
condanna  per  il  reato  di  cui  al  terzo  periodo  del  comma   2
dell'articolo 222, la  revoca  della  patente  ai  sensi  del  quarto
periodo  del  medesimo  comma  2.  Fermo  restando  quanto   previsto
dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di  cui
al decreto del Presidente della Repubblica n. 309  del  1990,  se  le
condizioni soggettive indicate al  primo  periodo  del  comma  1  del
presente articolo intervengono in data  successiva  al  rilascio,  il
prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato
di abilitazione professionale per  la  guida  di  motoveicoli  e  del
certificato di idoneita' alla guida di  ciclomotori.  La  revoca  non
puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni dalla data di
applicazione delle misure di prevenzione, o di quella  del  passaggio
in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo
periodo del medesimo comma 1». 
    Orbene, e' d'uopo sin  d'ora  ricordare  che  le  Sez.  Un.,  con
sentenza n. 2446/2006, hanno affermato che  l'art.  120  del  C.d.S.,
comma 1, nel testo risultante a seguito delle  sentenze  della  Corte
costituzionale nn. 354/1998 e 251/2001,  contempla  la  revoca  della
patente  di  guida  e  non  richiede  alcun  apprezzamento  da  parte
dell'autorita'  amministrativa  circa   il   verificarsi   di   detta
pericolosita' nel caso singolo. Secondo la cennata pronuncia - va qui
per completezza ricordato  -  la  domanda  rivolta  a  denunciare  la
illegittimita' del provvedimento di revoca della  patente  di  guida,
reso dal Prefetto a carico  di  persona  sottoposta  alla  misura  di
prevenzione della sorveglianza speciale si ricollega  ad  un  diritto
soggettivo - con soluzione che si ritiene qui  applicabile  anche  al
caso in esame - e di conseguenza, in difetto  di  deroghe  ai  comuni
canoni sul riparto della giurisdizione, spetta  alla  cognizione  del
Giudice ordinario. 
    Nel caso di specie, si ribadisce che il provvedimento prefettizio
in   questione   non   esprime    esercizio    di    discrezionalita'
amministrativa, cioe' di potere idoneo a degradare  la  posizione  di
diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma e' un  atto
dovuto, nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma.
La domanda rivolta a denunciare l'illegittimita' del provvedimento di
revoca della patente di guida si ricollega ad un diritto soggettivo e
percio', in difetto di deroghe ai comuni  canoni  sul  riparto  della
giurisdizione, spetta alla  cognizione  del  Giudice  ordinario  (cui
compete, nell'eventualita' del fondamento della denuncia, di tutelare
il diritto stesso disapplicando l'atto lesivo). 
    Giova, inoltre, ricordare in questa sede che la  Cassazione,  con
la sentenza n. 22491/2010, ha  avuto  moda  di  specificare  che  «il
provvedimento applicato dal Prefetto ai sensi  dell'art.  120  C.d.S.
non puo' essere assimilato alle sanzioni amministrative per le  quali
e' stato previsto in via generale il regime di impugnazione  previsto
dalla legge n. 689 del 1981, sia in relazione al procedimento seguito
che  in  relazione  alla  sua  natura,  in  quanto  dipendente  dalla
applicazione  di  misure  di  prevenzione,  tanto  che,  prima  degli
interventi della Corte costituzionale su  richiamati  dalla  sentenza
delle SU di questa Corte citata, in relazione a tale provvedimento si
riteneva sussistente la giurisdizione amministrativa». 
    Alla luce di cio' si deve ritenere che la  misura  in  questione,
cui consegue la privazione della patente di guida e  l'impossibilita'
di conseguire un nuovo titolo di guida prima di tre anni  dalla  data
di irrevocabilita' della sentenza,  non  sia  ascrivibile  al  novero
delle  sanzioni  penali  accessorie,  non   costituendo   conseguenza
accessoria della violazione di un precetto a rilevanza penale, ne'  a
quello delle sanzioni  amministrative  disciplinate  dalla  legge  n.
689/81, non potendosi, a ben vedere  riscontrare  un  nesso  con  una
violazione del C.d.S.. Ergo, non trova applicazione, in primo  luogo,
il  divieto  di  irretroattivita'  della  legge   penale   consacrato
nell'art. 25, comma 2, Cost. 
    Ne' puo' ritenersi applicabile, in secondo luogo, la norma di cui
all'art. 1 legge n. 689/81 (pur  invocata  dall'attuale  ricorrente),
secondo  la  quale  nessuno  puo'  essere  assoggettato  a   sanzioni
amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore
prima della commissione della violazione: cio', a  tacere  del  fatto
che trattandosi, in questo secondo caso, di  norma  avente  forza  di
legge ordinaria, essa ben  potrebbe  essere  derogata  da  una  fonte
successiva di pari grado, residuando, pertanto, soltanto un (diverso)
problema di ragionevolezza della scelta del legislatore. 
    Tale ultimo profilo, id est  quello  della  ragionevolezza  della
scelta legislativa rimane in tutta la sua  concretezza  e  attualita'
anche nell'ambito della configurazione che codesto Tribunale  ritiene
corretta, e cioe' la sussunzione della fattispecie de qua nell'ambito
di un tertium genus di misure, che fanno corrispondere ad  una  serie
di fatti o atti la constatazione della inesistenza (originaria oppure
anche,  come  nella  specie,  sopravvenuta)  dei   requisiti   morali
prescritti per il  conseguimento  o  mantenimento  della  patente  di
guida. Tale misura prefettizia, nelle ipotesi di violazione dell'art.
73 d.P.R. n. 309/1990, fa corrispondere a tale fatto  la  presunzione
iuris et de iure di inidoneita'. 
    Va osservato, peraltro, che la possibilita' che in concreto  tale
effetto possa prodursi anche con riferimento a fatti  accaduti  prima
dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009  (e  cioe'  della  data
dell'8 agosto 2009)  non  e'  di  per  se'  escluso  dalla  norma  in
questione, che - come sopra ricordato  -  non  prevede  una  sanzione
penale  ne'  una  sanzione  amministrativa  (non  essendo,  comunque,
costituzionalizzato il principio di cui all'art. 1 legge n.  689/81).
Ne' - quantomeno  da  un  punto  di  vista  meramente  formale  -  si
rinvengono elementi di per se' ostativi - salvo  appunto  un'esigenza
di ragionevolezza e  proporzionalita'  -  alla  previsione  normativa
dell'assenza o del venir meno dei requisiti morali in conseguenza  di
fatti o atti progressi e non modificabili. 
    Con riferimento al profilo  riguardante  la  parificabilita',  ai
nostri fini, tra pronuncia a seguito di patteggiamento e sentenza  di
condanna, pur ricordando che - secondo la S.C. - la  sentenza  penale
di applicazione della pena ex art. 444 cod.  proc.  pen.  costituisce
indiscutibile elemento di prova per il giudice di  merito  il  quale,
ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il  dovere  di
spiegare le ragioni  per  cui  l'imputato  avrebbe  ammesso  una  sua
insussistente responsabilita', ed il giudice  penale  abbia  prestato
fede a tale  ammissione;  detto  riconoscimento,  pertanto,  pur  non
essendo  oggetto  di   statuizione   assistita   dall'efficacia   del
giudicato, ben puo' essere utilizzato come prova  nel  corrispondente
giudizio di responsabilita' in sede civile. (nella specie,  la  Corte
cass. ha  confermato  la  decisione  di  merito  che  aveva  ritenuto
l'espressione "condanna penale", contenuta in un  bando  di  concorso
per l'assunzione di conducenti  di  linea,  comprensiva  anche  della
sentenza di patteggiamento. Cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent.  5  maggio
2005, n. 9358) - si richiede all'ecc.ma Corte  la  ragionevolezza  di
tale interpretazione anche al peculiare caso di specie. 
    La norma di cui al novellato art.  120  Cost.  solleva,  inoltre,
dubbi di irragionevolezza e di mancata proporzionalita'  rispetto  ai
mezzi  a  disposizione,  anche  tenendo  conto  che  la   misura   fa
riferimento ad una fattispecie di reato che non richiede, di per se',
l'uso della patente di guida (anche se puo'  certamente  agevolarlo),
ma  non  prende  in  considerazione  altre   fattispecie   penalmente
rilevanti  in  cui  il  titolo  autorizzativo  costituisce  strumento
indispensabile per delinquere. 
    Infine, sotto il profilo del diritto di difesa di cui all'art. 24
Cost., si deve rilevare che, connaturata all'operativita' di cui alla
misura prefettizia in discorso, vi e'  una  lesione  del  diritto  di
difesa del  soggetto  interessato.  Quest'ultimo,  sulla  base  della
condanna per spaccio di droga, condotta che non presuppone di per se'
l'uso personale  delle  sostanze  in  oggetto  (e  fermo  l'ulteriore
cennato problema dell'applicabilita' o meno della norma  ai  casi  di
applicazione della pena su richiesta delle parti), viene - per  cosi'
dire - a  subire  la  presunzione  assoluta  e  incontestabile  circa
l'asserito venir meno dei requisiti morali. Se cio' e' vero, la norma
nel nuovo testo ricordato presta il fianco a censure nella  parte  in
cui  non  prevede  una  valutazione  di  tipo  prognostico  da  parte
dell'Autorita' prefettizia  sulla  personalita'  del  reo  e/o  sulla
possibilita' che il possesso del titolo abilitativo possa agevolare o
meno la commissione di reati di particolare allarme sociale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Tanto premesso, visti gli artt. 3 e 24 Cost., nonche'  l'art.  23
legge n. 87/1953, letto l'art. 120 C.d.S., letti gli atti di causa ed
esaminata la documentazione, ritenuta la rilevanza della questione  e
la sua non manifesta fondatezza, 
    Sospende alla luce dell'implicito riconoscimento di un fumus boni
iuris, l'esecutorieta' del provvedimento  prefettizio  impugnato  dal
sig. T.; 
    Solleva formalmente la questione di  legittimita'  costituzionale
della norma di cui all'art. 120  C.d.S.  novellato,  con  riferimento
agli artt. 3 e 24 Cost.; 
    Dispone  la  sospensione   del   presente   procedimento   civile
impregiudicato - ogni diritto di difesa - e la trasmissione,  a  cura
della Cancelleria, del fascicolo  d'ufficio  e  dei  fascicoli  delle
parti alla Corte costituzionale; 
    Ordina la notificazione della presente ordinanza,  a  cura  della
Cancelleria, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alle  parti,
e ai presidenti del  Senato  della  Repubblica  e  della  Camera  dei
deputati. 
        Trieste, 12 agosto 2011 
 
             Il giudice onorario di Tribunale: Battaglia