N. 256 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 dicembre 2011
Ordinanza del 23 dicembre 2011 emessa dal Tribunale di Trieste nel procedimento civile promosso da M.W. contro Prefetto di Trieste. Circolazione stradale - Patente di guida - Previsto divieto di concessione e prevista revoca per delinquenti abituali, professionali o per tendenza e per coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione o condannati, anche con pena patteggiata (come nella fattispecie) per reati relativi all'uso di sostanze stupefacenti - Operativita' anche con riferimento alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009 - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa. - Codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285), art. 120. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.4 del 28-1-2015 )
TRIBUNALE DI TRIESTE Sezione civile Ordinanza R.G.A.C. 1851/2011 Nella causa tra sig. W. M. rappresentato e difeso dall'Avv. Massimo Scrascia, con studio in Trieste, Passo Goldoni n. 2, ricorrente Contro prefettura di Trieste, in persona del prefetto in carica pro tempore, Ministero degli interni, in persona del Ministro in carica pro-tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste, Piazza Dalmazia 3, Trieste resistenti Conclusioni delle parti Per il ricorrente: «Rigettata e disattesa ogni contraria richiesta, eccezione e conclusione, Voglia l'Ecc.mo Giudice, in via preliminare: disporre, anche inaudita altera parte, l'immediata sospensione cautelare dell'efficacia del provvedimento impugnato per tutti i motivi di cui in premessa sussistendo sia il fumus boni iuris, sia il periculum in mora; nel merito: voglia l'Ecc.mo Tribunale annullare il provvedimento di revoca n. 0024350 del 7 giugno 2010 del Prefetto di Trieste e/o dichiararne, in ogni caso, la nullita'/inesistenza/invalidita'/inefficacia anche di ogni altro presupposto, connesso o conseguente. Con ogni ulteriore statuizione, anche in ordine alle spese per le quali si chiede la vittoria». Per i resistenti: «che Codesto Ill.mo Tribunale voglia dell'opposizione dichiarare l'inammissibilita' dell'opposizione per inconfigurabilita' nella fattispecie di una sanzione amministrazione opponibile ai sensi della L. 689/81: comunque dichiarando l'infondatezza nel merito della opposizione e confermando l'inidoneita' morale dell'opponente al conseguimento del titolo abilitante alla guida, in applicazione dell'art. 120 del Codice della Strada, stante il pregiudiziale incontestato giudicato penale sfavorevole a parte opponente. In via cautelare, dichiarare l 'inammissibilita' della domanda di sospensione, stante l'inapplicabilita' nella fattispecie del rito di cui alla L. 689/81. Spese vinte». Il Giudice, letti gli atti ed esaminata la documentazione, provvede come di seguito. Premesso Con ricorso per l'annullamento, previa sospensione cautelare, della revoca della patente ex art. 120 C.d.S., depositato in data 30 maggio 2010, il sig. W. M. chiedeva al Tribunale civile di Trieste l'annullamento del provvedimento della Prefettura di Trieste di revoca della patente di guida dd. 7 giugno 2010, notificato allo stesso in data 1° settembre 2010. Esponeva, in particolare, l'opponente che in data 30 giugno 2006 veniva perquisita dalla Polizia Giudiziaria l'abitazione del medesimo, indagato del reato di cui all'art. 73 del D.P.R. 309/90 in materia di sostanze stupefacenti. In quella sede, venivano rinvenuti grammi 55 di hashish. Lo stesso richiedeva di applicarsi la pena ex art. 444 c.p.p. (dispositivo pronunciato all'udienza preliminare dd. 3 marzo 2007). In data 17 ottobre 2009 veniva notificato l'estratto contumaciale al sig. M. In data 1° settembre 2010 la Prefettura di Trieste notificava il provvedimento di revoca della patente di guida, oggi impugnato, ai sensi dell'art. 120 C.d.S, come modificato dal cd. "pacchetto sicurezza" del 2009 (L. n. 94/2009). Ai sensi dell'art. 120, comma 4, del C.d.S. il sig. M. impugnava dapprima la revoca innanzi al Ministero degli Interni, e successivamente impugnava innanzi al T.A.R. del F.V.G. il silenzio - rifiuto dell'Amministrazione. Con sentenza n. 175/2011 dd. 25 marzo 2011 il T.A.R. del F.V.G. rigettava il ricorso per difetto di giurisdizione in favore del Giudice ordinario, senza specificare, peraltro, se penale o civile, ed in tale ultimo caso se il Tribunale ordinario o il Giudice di Pace, sulla scorta delle motivazioni prese dalle Sez. Un. nella sentenza n. 2446/2006, concedendo all'istante i termini per la riassunzione. Successivamente, anche il Giudice dell'esecuzione penale, con provvedimento dd. 26 aprile 2011, notificato in data 18 maggio 2011, si dichiarava incompetente richiamandosi alla recente pronuncia della Cassazione civile n. 22491/2010, secondo la quale il provvedimento di revoca prefettizia ex art. 120 C.d.S. non puo' essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali e' previsto, in via generale, il regime di impugnazione di cui all'art. 22-bis della legge 689/81, poiche' esso non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, bensi' la constatazione dell'insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida; ne consegue - secondo la S.C. - che il giudizio di opposizione avverso tale provvedimento, non rientrando nella competenza per materia del Giudice di pace, e' devoluto alla competenza ordinaria del Tribunale ex art. 9 c.p.c.. Il ricorrente sig. M. ricordava che la sentenza n. 89/2007 del Tribunale di Trieste e' sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, che non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi ex art. 445 c.p.p.. Rilevava, inoltre, che i fatti contestati allo stesso risalivano al 2006, e che da allora egli aveva tenuto una condotta irreprensibile. La revoca della patente era stata notificata ad oltre tre anni dalla sentenza del GUP. Rilevava, inoltre, la difesa del ricorrente come nessuna concreta valutazione di merito fosse stata svolta dall'Amministrazione sul ricorrente stesso, per ritenerlo moralmente inidoneo a mantenere la propria patente di guida con la quale lavora e senza la quale incorrerebbe nel serio rischio di perdere il lavoro (essendo elettricista nel campo dello spettacolo); nessun reato e' stato commesso dal medesimo alla guida o potrebbe essere agevolato dalla permanenza dell'abilitazione alla guida. Invocava le norme di cui agli artt. 25 Cost. e 1 L. 689/81, evidenziando l'incostituzionalita' della norma applicata dalla Prefettura sotto il profilo della violazione degli artt. 2, 3, 35 Cost., oltre al fatto che la norma si rivolge alle sentenze di applicazione "della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p.. Affermava, ancora, che la Prefettura avrebbe il potere di revoca solo previa valutazione in concreto dell'insussistenza dei requisiti morali del titolare del documento di circolazione, sottolineando comunque la carenza di motivazione. Concludeva, in via preliminare e nel merito, come in epigrafe. La Prefettura di Trieste, in persona del Prefetto in carica pro tempore, e il Ministero degli interni, in persona del Ministro in carica pro tempore, si costituivano con comparsa di risposta dd. 14 novembre 2011, chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' dell'opposizione o l'infondatezza nel merito. Evidenziava l'Amministrazione resistente come le Sez. Un., con sentenza n. 2446/2006, avesse affermato che l'art. 120, comma 1, nel testo risultante a seguito delle sentenze della Corte costituzionale 21 ottobre 1998 n. 354, 18 ottobre 2000, n. 421 e 17 luglio 2001 n. 251, contempla la revoca della patente di guida e non richiede alcun apprezzamento da parte dell'Autorita' amministrativa circa il verificarsi di detta pericolosita' nel singolo caso. Il provvedimento prefettizio di revoca della patente in dipendenza di misure di prevenzione non esprime, quindi, esercizio di discrezionalita' amministrativa, ma e' atto dovuto; la domanda rivolta a denunciare l'illegittimita' del provvedimento di revoca della patente di guida si ricollegherebbe, dunque, ad un diritto soggettivo e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione spetta alla cognizione del Giudice ordinario. Ricordavano, inoltre, i resistenti che con la sentenza n. 22491/2010, la S.C. ha affermato che il provvedimento applicato dal Prefetto ai sensi dell'art. 120 del C.d.S. non puo' essere assimilato alle sanzioni amministrative. Nel merito, invocava la presunzione di inidoneita' juris et de jure conseguente alla sentenza penale del Tribunale di Trieste. Concludevano, in via cautelare e nel merito, come in epigrafe. All'udienza del 13 luglio 2011, fissata ai fini della discussione della sospensiva, il Giudice disponeva il mutamento del rito alla luce del cennato arresto della Cassazione (sentenza n. 22491/2010), sospendendo l'efficacia dell'impugnato provvedimento. All'udienza del 15 novembre 2011, fissata per il merito, il Giudice fissava l'udienza del 19 dicembre 2011 al fine di decidere preliminarmente sull'eventuale questione di legittimita' costituzionale della norma oggetto di applicazione nel caso concreto. Va rilevato, preliminarmente, che la domanda del ricorrente si ricollega ad un diritto soggettivo, trattandosi di impugnazione di un atto che non esprime giudizio di discrezionalita' amministrativa, e che quindi deve riconoscersi la giurisdizione del Giudice ordinario (rilevato che il provvedimento prefettizio impugnato pareva prima facie qualificabile non come sanzione accessoria - nel qual caso avrebbe trovato applicazione la regola di cui all'art. 1 L. 689/81 - bensi' come atto amministrativo che si basa, di per se', sul successivo venir meno dei requisiti richiesti per conseguire e/o conservare il titolo autorizzatorio, anche alla luce della ratio della norma). Nel caso in esame, il Prefetto di Trieste revocava il titolo abilitante alla guida ex art. 116 dei C.d.S., in applicazione dell'art. 120 del C.d.S. stesso, secondo cui "Non possono conseguire la patente di guida, il certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e il certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'art. 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reali di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonche' i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza di condanna per il reato di cui al terzo periodo del comma 2 dell'art. 222, la revoca della patente ai sensi del quarto periodo del medesimo comma 2. Fermo restando quanto previsto dall'art. 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori. La revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1". Orbene, e' d'uopo ricordare che le Sez. Un., con sentenza n. 2446/2006, hanno affermato che l'art. 120 del C.d.S., comma 1, nel testo risultante a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 354/1998 e 251/2001, contempla la revoca della patente di guida e non richiede alcun apprezzamento da parte dell'autorita' amministrativa circa il verificarsi di detta pericolosita' nel caso singolo. Secondo la cennata pronuncia - va qui per completezza ricordato la domanda rivolta a denunciare la illegittimita' del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal Prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale si ricollega ad un diritto soggettivo - con soluzione che si ritiene qui applicabile anche al caso in esame - e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto di giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario. Nel caso di specie, si ribadisce che il provvedimento prefettizio in questione non esprime esercizio di discrezionalita' amministrativa, cioe' di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma e' un atto dovuto, nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma. La domanda rivolta a denunciare l'illegittimita' del provvedimento di revoca della patente di guida si ricollega ad un diritto soggettivo e percio', in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario (cui compete, nell'eventualita' del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso disapplicando l'atto lesivo). Giova, inoltre, ricordare in questa sede che la Cassazione, con la sentenza 22491/2010, ha avuto modo di specificare che "il provvedimento applicato dal Prefetto ai sensi dell'art. 120 C.d.S. non puo' essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali e' stato previsto in via generale il regime di impugnazione previsto dalla L. n. 689 del 1981, sia in relazione al procedimento seguito che in relazione alla sia natura, in quanto dipendente dalla applicazione di misure di prevenzione, tanto che, prima degli interventi della Corte costituzionale su richiamali dalla sentenza delle SU di questa Corte citata, in relazione a tale provvedimento si riteneva sussistente la giurisdizione amministrativa". Alla luce di cio' si deve ritenere che la misura in questione, cui consegue la privazione della patente di guida e l'impossibilita' di conseguire un nuovo titolo di guida prima di tre anni dalla data di irrevocabilita' della sentenza, non sia ascrivibile al novero delle sanzioni penali accessorie, non costituendo conseguenza accessoria della violazione di un precetto a rilevanza penale, ne' a quello delle sanzioni amministrative disciplinate dalla L. 689/81, non potendosi, a ben vedere riscontrare un nesso con una violazione del C.d.S.. Ergo, non trova applicazione, in primo luogo, il divieto di irretroattivita' della legge penale consacrato nell'art. 25, comma 2, Cost.. Ne' puo' ritenersi applicabile, in secondo luogo, la norma di cui all'art. 1 L. 689/81 (pur invocata dall'attuale ricorrente), secondo la quale nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione: cio', a tacere del fatto che trattandosi, in questo secondo caso, di norma avente forza di legge ordinaria, essa ben potrebbe essere derogata da una fonte successiva di pari grado, residuando, pertanto, soltanto un (diverso) problema di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore. Tale ultimo profilo, id est quello della ragionevolezza della scelta legislativa rimane in tutta la sua concretezza e attualita' anche nell'ambito della configurazione che codesto Tribunale ritiene corretta, e cioe' la sussunzione della fattispecie de qua nell'ambito di un tertium genus di misure, che fanno corrispondere ad una serie di fatti o atti la constatazione della inesistenza (originaria oppure anche, come nella specie, sopravvenuta) dei requisiti morali prescritti per il conseguimento o mantenimento della patente di guida. Tale misura prefettizia, nelle ipotesi di violazione dell'art. 73 D.P.R. 309/1990, fa corrispondere a tale fatto la presunzione iuris et de iure di inidoneita'. Va osservato, peraltro, che la possibilita' che in concreto tale effetto possa prodursi anche con riferimento a fatti accaduti prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009 (e cioe' della data dell'8 agosto 2009) non e' di per se' escluso dalla norma in questione, che - come sopra ricordato - non prevede una sanzione penale ne' una sanzione amministrativa (non essendo, comunque, costituzionalizzato il principio di cui all'art. 1 L. 689/81). Ne', quantomeno da un punto di vista meramente formale, si rinvengono elementi di per se' ostativi - salvo appunto un'esigenza di ragionevolezza e proporzionalita' alla previsione normativa dell'assenza o del venir meno dei requisiti morali in conseguenza di fatti o atti pregressi e non modificabili. Con riferimento al profilo riguardante la parificabilita', ai nostri fini, tra pronuncia a seguito di patteggiamento (ricorrente nella specie) e sentenza di condanna, si richiede all'Ecc.ma Corte la ragionevolezza di tale interpretazione anche al peculiare caso di specie, pur ricordando che, secondo la S.C., la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilita', ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione; detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, ben puo' essere utilizzato come prova nel corrispondente giudizio di responsabilita' in sede civile (nella specie, la Corte Cass. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto l'espressione "condanna penale", contenuta in un bando di concorso per l'assunzione di conducenti di linea, comprensiva anche della sentenza di patteggiamento. Cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent. 5 maggio 2005, n. 9358). La norma di cui al novellato art. 120 Cost, solleva, inoltre, dubbi di irragionevolezza e di mancata proporzionalita' rispetto ai mezzi a disposizione, anche lenendo conto che la misura fa riferimento ad una fattispecie di reato che non richiede, di per se', l'uso della partente di guida (anche se puo' certamente agevolarlo), ma non prende in considerazione altre fattispecie penalmente rilevanti in cui il titolo autorizzativo costituisce strumento indispensabile per delinquere. Infine, sotto il profilo del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., si deve rilevare che, connaturata all'operativita' di cui alla misura prefettizia in discorso, pare potersi rilevare una lesione del diritto di difesa del soggetto interessato. Quest'ultimo, sulla base della condanna per spaccio di droga, condotta che non presuppone di per se' l'uso personale delle sostanze in oggetto (e fermo l'ulteriore cennato problema dell'applicabilita' o meno della norma ai casi di applicazione della pena su richiesta delle parti), viene per cosi' dire - a subire la presunzione assoluta e incontestabile circa l'asserito venir meno dei requisiti morali. Se cio' e' vero, la norma nel nuovo testo ricordato presta il fianco a censure nella parte in cui non prevede una valutazione di tipo prognostico da parte dell'Autorita' prefettizia sulla personalita' del reo e/o sulla possibilita' che il possesso del titolo abilitativo possa agevolare o meno la commissione di reati di particolare allarme sociale.
P.Q.M. Tanto premesso, visti gli artt. 3 e 24 Cost., nonche' l'art. 23 L. 87/1953, letto l'art. 120 C.d.S., letti gli atti di causa ed esaminata la documentazione, ritenuta la rilevanza della questione e la sua non manifesta fondatezza, confermando la sospensione dell'esecutorieta' del provvedimento prefettizio impugnato dal sig. M. Solleva formalmente la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 120 C.d.S. novellato, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; Dispone la sospensione del presente procedimento civile - impregiudicato ogni diritto di difesa - e la trasmissione, a cura della Cancelleria, del fascicolo d'ufficio e dei fascicoli delle parti alla Corte costituzionale, Ordina la notificazione della presente ordinanza, a cura della Cancelleria, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alle parti, e ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Trieste, 19 dicembre 2011 Il giudice onorario di Tribunale: Battaglia