N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 2014

Ordinanza del 28 febbraio 2014 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso  proposto  da  ARIS  Associazione  religiosa
Istituti  socio  sanitari  -  Regione  Lazio  contro  Commissario  ad
acta per il Piano di rientro  dai  disavanzi  del  settore  sanitario
della Regione Lazio ed altri.. 
 
Sanita'  pubblica  -  Razionalizzazione  e  riduzione   della   spesa
  sanitaria - Previsione che a tutti i singoli contratti e a tutti  i
  singoli accordi regionali nell'esercizio 2012,  per  l'acquisto  di
  prestazioni  sanitarie  da   soggetti   privati   accreditati   per
  l'assistenza  specialistica  ambulatoriale   e   per   l'assistenza
  ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei volumi  di
  acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla  Regione  o
  dalla Provincia autonoma, tale  da  ridurre  la  spesa  complessiva
  annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello  0,5
  per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2
  per cento a decorrere dall'anno 2014 - Violazione dei  principi  di
  affidamento e di certezza del diritto - Incidenza sul principio  di
  tutela  della  salute  -  Lesione  del  principio  di  liberta'  ed
  iniziativa economica  privata  -  Lesione  del  principio  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione - Violazione  della  sfera
  di competenza legislativa concorrente regionale  per  l'imposizione
  di vincoli dettagliati, anziche' di principi fondamentali. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 15, comma 14. 
- Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, 32, 41, 97 e  117,  comma
  terzo. 
(GU n.5 del 4-2-2015 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
 
 
                       (Sezione terza quater) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 999 del 2013, proposto da: 
      A.R.I.S., Associazione  Religiosa  Istituti  Socio  Sanitari  -
Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso lo Studio  Legale
Recchia e Associati in Roma, corso Trieste, 88; 
    Contro: 
    il Commissario Delegato al Piano di Rientro per il disavanzo  del
Settore Sanitario della Regione Lazio, la  Presidenza  del  Consiglio
dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e
delle Finanze, il Ministero del Lavoro  e  delle  Politiche  Sociali,
tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    la  Regione  Lazio,  in  persona  del  Presidente  pro   tempore,
rappresentata e difesa  dall'avv.  Roberta  Barone  ed  elettivamente
domiciliata presso la sede dell'Avvocatura  Regionale  in  Roma,  Via
Marcantonio Colonna n. 27; 
    Nei confronti di: 
    Casa  di  Cura  Villa  Sacra  Famiglia,  in  persona  del  legale
rappresentante p.t., n.c.; 
    l'Azienda  Policlinico  Umberto  I  di  Roma,  in   persona   del
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv.  Paola  Baglio,
con domicilio eletto presso l'Avvocatura dell'Azienda, in Roma, viale
del Policlinico, 155; 
    Per l'annullamento: 
    del decreto del  Commissario  ad  acta  della  Regione  Lazio  n.
U00349/2012, avente ad oggetto: «Legge n.  135/12  -  Conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95,
recante disposizioni urgenti per la revisione  della  spesa  pubblica
con invarianza dei servizi ai cittadini - applicazione art. 15  comma
14 - Assistenza ospedaliera anno 2012» 
    del decreto del  Commissario  ad  acta  della  Regione  Lazio  n.
428/2012, conosciuto per tramite della nota della  Regione  prot.  n.
114 del 9.1.2013, avente ad oggetto: «Definizione budget provvisori I
trimestre 2013 delle strutture private erogatrici di prestazioni  con
onere a carico  del  SSR,  Ospedali  Classificati,  IRRCS  privati  e
Policlinici  Universitari  non  statali»;  nonche'  ove  occorra  del
Decreto n. 88/2012 e del decreto n. 115/2012; nonche'  dell'eventuale
provvedimento di  validazione  dei  suddetti  decreti  ad  opera  del
Ministero del Lavoro e del Ministero dell'Economia e  delle  Finanze;
nonche' di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del  Commissario
Delegato al Piano di Rientro per il disavanzo del  Settore  Sanitario
della Regione Lazio, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del
Ministero della Salute, del Ministero dell'Economia e delle  Finanze,
del Ministero del Lavoro e delle  Politiche  Sociali,  della  Regione
Lazio e del Policlinico Umberto I di Roma; 
    Viste le memorie difensive delle parti; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 19  novembre
2013 il cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    L'Associazione ricorrente, Associazione Religiosa Istituti  Socio
Sanitari -  Regione  Lazio,  prospetta  di  avere  la  rappresentanza
processuale  degli  aderenti  operativi  nella  Regione  Lazio,   che
esercitano attivita' ospedaliera. 
    Con il proposto gravame impugna i decreti del Commissario ad acta
della  Regione   Lazio,   in   epigrafe   indicati,   tra   i   quali
prioritariamente  (per  il  rilievo  fondamentale  che  esso   assume
nell'economia decisionale della controversia)  quello  (DCA  349  del
22.11.2012) che ha rideterminato il budget  e  i  finanziamenti  gia'
assegnati per il 2012 alle strutture rappresentate dalla  ricorrente,
disponendone le seguenti riduzioni: 
    6,8519% per le prestazioni ospedaliere di cui al DPCA U  088/2012
e s.m.i.; 
    identica percentuale  del  6,8519%  per  il  finanziamento  delle
funzioni assistenziali e delle funzioni di  didattica  e  di  ricerca
connesse alle attivita' assistenziali di cui al DPCA 115/2012. 
    Il suddetto decreto e' stato adottato in  applicazione  dell'art.
15, comma 14, del D.L. n. 95/2012, convertito con legge n.  135/2012,
il quale dispone che «A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli
accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi  dell'art.  8-quinquies
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per  l'acquisto  di
prestazioni   sanitarie   da   soggetti   privati   accreditati   per
l'assistenza   specialistica   ambulatoriale   e   per   l'assistenza
ospedaliera,  si   applica   una   riduzione   dell'importo   e   dei
corrispondenti  volumi  di  acquisto  in  misura  percentuale  fissa,
determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre
la spesa complessiva annua,  rispetto  alla  spesa  consuntivata  per
l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012,  dell'1  per  cento
per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014». 
    Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi di doglianza: 
    1) Violazione dell'art. 15 comma 14 della L.  n.  135  del  2012.
Eccesso di potere per sviamento e difetto di istruttoria, illogicita'
e disparita' trattamento. Violazione del principio di  retroattivita'
degli atti amministrativi; 
    2) Violazione dell'art. 15 comma 14 della L.  n.  135  del  2012.
Eccesso di potere per sviamento e difetto di istruttoria, illogicita'
e disparita' di trattamento, sotto ulteriore profilo; 
    3) Violazione del principio di buona amministrazione ex  art.  97
Cost. e del diritto alla salute ex  art.  32  Cost..  Violazione  dei
principi  procedimentali  di  cui  alla  L.  n.  241/90.   Violazione
dell'art. 32 comma 8 della legge n. 449 del 27.12.1997,  dell'art.  1
comma 32 della L. 23.12.1996, n. 662, dell'art. 2 comma 8 della L. n.
549/1995 e dell'art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502/1992.  Eccesso  di
potere   per   difetto   di   istruttoria,   per    sviamento,    per
contraddittorieta' e difetto di motivazione; 
      4)  Illegittimita'  derivata  del  decreto  n.  428  del  2012.
Violazione dell'art. 15 comma 14 della L. n. 135 del 2012. Eccesso di
potere per difetto di istruttoria e presupposti. 
    Si sono  costituite  in  giudizio  le  intimate  amministrazioni,
contestando  la  fondatezza   delle   prospettazioni   ricorsuali   e
concludendo per il rigetto delle stesse. 
    Alla pubblica udienza del 19.11.2013 il ricorso e' stato  assunto
in decisione. 
    Oggetto della presente controversia e' il decreto del Commissario
ad acta per l'attuazione del  Piano  di  rientro  dei  disavanzi  del
settore sanitario della Regione Lazio, in epigrafe indicato,  che  ha
rideterminato i budget gia' assegnati  per  il  2012  alle  strutture
sanitarie   private   (ed   ospedali   classificati,   come    quelli
rappresentati   dalla   ricorrente   associazione)   in   regime   di
accreditamento con il servizio sanitario. 
    Come sopra esposto i  gravati  decreti  sono  stati  adottati  in
applicazione dell'art. 15, comma 14, del D.L. n. 95/2012,  convertito
con modifiche con L. n. 135/2012, il  quale  testualmente  stabilisce
che «A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi  vigenti
nell'esercizio 2012,  ai  sensi  dell'art.  8-quinquies  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto  di  prestazioni
sanitarie  da   soggetti   privati   accreditati   per   l'assistenza
specialistica  ambulatoriale  e  per  l'assistenza  ospedaliera,   si
applica una riduzione dell'importo e  dei  corrispondenti  volumi  di
acquisto in misura percentuale fissa,  determinata  dalla  regione  o
dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua,
rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento
per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a
decorrere dall'anno 2014». 
    Costituisce  problematica  che  il  Collegio  reputa  prioritaria
(anche ai  fini  della  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale del sopra citato art. 15 comma 14,  che  si  intendono
sollevare   con   la    presente    ordinanza),    quella    relativa
all'applicabilita' o meno di tale disposizione di legge agli ospedali
classificati, equiparati a quelli pubblici,  anche  dopo  la  riforma
sanitaria, ex art. 4 comma 12 del d.lgs. n. 502/1992. 
    L'opzione interpretativa secondo cui  la  disposizione  di  legge
suddetta non si applicherebbe ai detti ospedali  non  e'  quella  del
Collegio, dato il tenore letterale e del senso  logico  dell'art.  15
comma 14 del DL n. 95/2012. Tale norma  si  riferisce  espressamente,
invero, a tutti i contratti ed accordi per  acquisto  di  prestazioni
sanitarie «da soggetti privati accreditati». Ora, non v'e' dubbio che
gli ospedali classificati siano nondimeno soggetti privati, retti  da
regole privatistiche e gestiti secondo principi di economia,  se  non
lucrativi. E' pacifico tra l'altro, secondo la  giurisprudenza  della
Corte di Cassazione (cfr. sez. un. 02/04/2007 n. 8088), che gli  enti
ecclesiastici  esercenti   attivita'   ospedaliera,   non   sono   da
includersi, secondo l'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tra
dette amministrazioni, che  ai  sensi  dell'art.  1  di  detto  testo
normativa comprendono le amministrazioni, le aziende e gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale. La classificazione, invero, degli  enti
ecclesiastici civilmente riconosciuti non vale ad attribuire ad  essi
natura di ente  ospedaliero  o  di  ente  pubblico,  ma  ne  comporta
l'equiparazione agli ospedali pubblici solo per effetti determinati e
limitati,  quali,  attualmente,   l'inserimento   nell'ambito   della
programmazione sanitaria e il riconoscimento delle medesime  tariffe.
Per il resto, resta ferma l'autonomia  amministrativa  e  finanziaria
dei detti ospedali e la loro natura di  soggetti  privati.  E'  stato
anche affermato, al riguardo (v. Cass. Sez. Lav., sent. n. 12039  del
19-12-1990) che gli enti  ecclesiastici  civilmente  riconosciuti,  i
quali esercitano professionalmente attivita' ospedaliera, assumono la
qualita' di imprenditore, nonostante il fine  spirituale  o  comunque
altruistico perseguito, ove la loro  prestazione  sia  oggettivamente
organizzata in modo che essa sia resa  previa  compenso  adeguato  al
costo del servizio dato che il requisito dello scopo di lucro  assume
rilievo meramente oggettivo ed  e'  collegato  alle  modalita'  dello
svolgimento dell'attivita' - con la  conseguente  applicabilita'  nei
confronti di tali enti dell'art. 18 della legge n. 300  del  1970  in
ordine ai lavoratori da essi illegittimamente licenziati. Ed  ancora,
si e' precisato (Cass. Sez. Lav., sent. n. 3623 del 28-03-1995)  come
debba escludersi, nei confronti degli enti  ecclesiastici  civilmente
riconosciuti, nella disciplina della legge 12 febbraio 1968  n.  132,
non modificata in materia dalla legge 23 dicembre  1978  n.  833,  la
qualifica di enti ospedalieri cioe' di enti pubblici  non  economici,
in mancanza di un'espressa  qualificazione  in  tal  senso  resa  con
Decreto del Presidente della Repubblica,  mentre  resta  a  tal  fine
irrilevante la circostanza che l'ente ecclesiastico abbia ottenuto la
classificazione  del  proprio  ospedale  fra  quelli  soggetti   alla
programmazione ospedaliera (art. 1, sesto comma,  in  relazione  agli
artt. 20 e segg. della legge 132 del 1968).  Si  applica  quindi  nei
loro confronti, ad avviso di questo Collegio, l'art. 15 comma 14  del
DL di cui trattasi n. 95/2012. D'altra parte, si tratta pur sempre di
soggetti  destinatari  di  accreditarnento  istituzionale,  ai  sensi
dell'art.  8-quater  del  D.Lgs.  n.  502/92  e  di  tetto  di  spesa
prestabilito e delimitato a carico del SSN.  Quanto  all'affermazione
poi (che si ritrova talora nella giurisprudenza meno recente) per cui
tali  ospedali  riconosciuti  sarebbero  consustanziali  al   sistema
sanitario nazionale come gli stessi ospedali pubblici, si  tratta  di
assunto da rettificare alla stregua della piu' recente giurisprudenza
amministrativa che ben chiaramente ha avuto modo di  precisare  come,
particolarmente dopo l'entrata in  vigore  del  DL  n.  112/2008,  le
strutture private  «equiparate»  alle  pubbliche  (come  appunto  gli
ospedali classificati) sono soggette a tetto  di  spesa  invalicabile
oltre il quale non hanno alcun diritto a remunerazione pubblica.  Ne'
esse hanno diritto a ripiano di  eventuali  disavanzi  finanziari  da
parte ed a carico delle Regioni e del SSN  (v.  Consiglio  di  Stato,
sez. III, 06/02/2013, n.  697).  Da  ultimo,  puo'  soggiungersi  che
sempre  sul   piano   letterale   l'applicabilita',   agli   ospedali
classificati della normativa (emergenziale) ex art. 15 comma 14  piu'
volte citato, appare confermata anche tenendo  conto  dell'estensione
della riduzione, secondo l'espressa dicitura della legge, non solo ai
contratti, ma agli stessi «accordi» (conferenti,  questi  ultimi,  ex
art 8-quinquies del d.lgs. n. 502/92, proprio,  tra  le  altre,  alle
strutture private «equiparate»). 
    Premesso  quanto  sopra,  rileva  il  Collegio  che  appare   non
manifestamente infondato, anche alla stregua di quanto al riguardo in
parte dedotto dalla ricorrente, il  dubbio  di  costituzionalita'  in
ordine alla disciplina normativa che ha giustificato  l'adozione  del
contestato decreto, per contrasto con gli art. 117,  comma  3,  della
Costituzione, con il principio di irretroattivita' delle leggi e  con
gli artt. 41, 3, 97 e 32 della Costituzione. 
    Relativamente alla detta violazione dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione deve essere invero evidenziato che: 
    a) la Sanita' rientra, giusta quanto  previsto  dalla  richiamata
disposizione   costituzionale,   nelle   materie   di    legislazione
concorrente per le quali spetta alle Regioni la potesta' legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservata
alla legislazione dello Stato; 
    b) in tale quadro normativo il menzionato art. 15, comma 14,  nel
prevedere un taglio generalizzato della spesa per il  2012  (ed  anni
successivi) che le singole regioni sono chiamate  a  sostenere  sulla
base di accordi precedentemente stipulati con  le  singole  strutture
accreditate,  non  puo'  in  alcun  modo  essere  annoverata  tra  la
normativa che fissa i principi fondamentali, e,  pertanto,  per  tale
aspetto, essa risulta in palese contrasto con il richiamato art. 117,
comma 3. 
    Ed invero il Collegio, pur tenendo presente l'orientamento  della
Corte costituzionale secondo cui «l'autonomia legislativa concorrente
delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare
nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'  incontrare
limiti alla  luce  degli  obiettivi  della  finanza  pubblica  e  del
contenimento della  spesa»,  peraltro  in  un  «quadro  di  esplicita
condivisione da parte delle  Regioni  della  assoluta  necessita'  di
contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012
e n. 193 del  2007),  e  secondo  cui  il  legislatore  statale  puo'
«legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente  per
assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica  complessiva,
in  connessione  con  il  perseguimento   di   obiettivi   nazionali,
condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del  2012,
n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010), osserva tuttavia che  la  suddetta
disposizione, proprio perche' individua  specificatamente  i  settori
ove conseguire (con imposizione di tagli «lineari» senza alternative)
i risparmi  nella  spesa  sanitaria,  senza  limitarsi  ad  una  mera
quantificazione in via generale dei suddetti risparmi lasciando  alla
discrezionalita' dell'amministrazione regionale l'individuazione  dei
compatti di spesa dove ottenerli e delle  modalita'  per  conseguirli
(magari differenziando i  destinatati  dei  tagli  di  spesa  secondo
propri criteri apprezzati  discrezionalmente  come  piu'  rispondenti
all'interesse e alle peculiarita' regionali), risulta  non  in  linea
con quanto disposto dal menzionato art. 117, terzo  comma.  Pertanto,
la  questione  di  costituzionalita',  sotto  tale  aspetto,  non  e'
manifestamente infondata. 
    Pure non manifestamente infondata e'  la  prospettata  violazione
dell'art. 97 Cost., oltre che dell'art. 3 della Cost., e dei principi
individuati dalla Corte  costituzionale  al  fine  di  assicurare  la
costituzionalita' di una legge retroattiva. 
    In particolare, tenendo anche conto di quanto  prospettato  dalla
ricorrente, va sottolineato che: 
    a) giusta il  consolidato  e  notorio  orientamento  della  Corte
occorre  che  siano  rispettati  una   serie   di   limiti   generali
all'efficacia   retroattiva   delle   leggi,   che   attengono   alla
salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, quale il secondo
comma dell'art. 25 Cost., di altri fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e  dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza che  ridonda  nel  divieto  di  introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; 
    b) nella fattispecie in esame la richiamata disposizione  nonche'
il successivo decreto regionale attuativo,  adottato  quest'ultimo  a
fine novembre 2012 quando  il  limite  del  budget  era  stato  ormai
sostanzialmente raggiunto, hanno inciso (limitatamente al  2012)  sul
legittimo  affidamento  venutosi  a  creare  in  capo  alle   singole
strutture sanitarie  ad  erogare  le  prestazioni  e  a  ricevere  il
relativo   corrispettivo   cosi'   come   stabilito   nei   contratti
antecedentemente stipulati, per  la  corretta  esecuzione  dei  quali
hanno d'altra parte allestito le relative  risorse  organizzative  ed
effettuato  i  correlati  investimenti  in  materiali,  personale  ed
attrezzature. Ora al riguardo non ignora il Collegio che viene  anche
ritenuta legittima, secondo la  giurisprudenza  amministrativa  (cfr.
CdS, Ad. Pl. n. 4/2012), l'introduzione retroattiva di tetti di spesa
in materia sanitaria. Ma cio' si e'  ritenuto  che  possa  ammettersi
soltanto in presenza di tetti di spesa degli anni precedenti ai quali
gli interessati si siano potuti rapportare tenendo contemporaneamente
conto  di  ulteriori  limiti  imposti  dai  tagli   stabiliti   dalle
disposizioni  finanziarie   conoscibili   dalle   strutture   private
all'inizio e nel corso dell'anno. Oltre tale limite, invero, non vi e
piu' tutela dell'affidamento e questo appare essersi appunti inverato
nella specie per l'anno 2012 in quanto i tagli di budget  sono  stati
per  tale  anno  imposti,   con   parziale   decorrenza   retroattiva
dall'1.1.2012, dalla disposizione legislativa in questione, a  budget
gia'  approvati  e  senza  alcun  preesistente  parametro  da  cui  i
destinatari abbiano potuto preavvertire l'intervento  della  disposta
riduzione. 
    Risulta poi non manifestamente infondata, ad avviso del Collegio,
anche la violazione dell'art. 41  della  Costituzione  in  quanto  la
richiamata normativa nel decurtare i budget fissati  antecedentemente
verrebbe in sostanza ad impedire la remunerazione di prestazioni gia'
erogate,  con  conseguente  violazione  del  principio  di   liberta'
dell'attivita' economica privata. 
    Ugualmente non manifestamente infondata, nel  suddetto  contesto,
e' la violazione  dell'art.  32  della  Costituzione,  in  quanto  le
contestate riduzioni dei budget, giustificate unicamente da motivi di
ordine economico-finanziario e che fanno seguito ad altre  precedenti
riduzioni, possono determinare una compromissione  del  diritto  alla
salute costituzionalmente tutelato dall'art. 32, in palese  contrasto
con quanto affermato  dalla  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.
309/1999, secondo la quale «le esigenze della  finanza  pubblica  non
possono assumere nel bilanciamento del legislatore un  peso  talmente
preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del  diritto  alla
salute protetto dalla  Costituzione  come  ambito  inviolabile  della
dignita' umana». 
    La rilevanza e la pregiudizialita' delle sollevate  questioni  di
costituzionalita' per la  controversia  in  esame  appare  del  tutto
evidente, stante  che  esse  investono  la  disciplina  normativa  in
applicazione della quale sono stati adottati i contestati decreti del
Commissario ad acta per la Sanita' della Regione Lazio. 
    Per  le  ragioni  suesposte  deve  essere  quindi   disposta   la
remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione  del
giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della
legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, dell'art. 23  della  legge
11 marzo 1953 n. 87 e dell'art. 79 c.p.a. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza
Quater),  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  la
sollevata questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,
comma 14, del DL n. 15 del 6 luglio 2012, convertito  in  Legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012,  n.  135,  per
contrasto  con  gli  artt.  117  comma  3,  3,  97,  41  e  32  della
Costituzione, secondo quanto specificato in motivazione. 
    Sospende il giudizio e ordina la  trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale. 
    Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  19
novembre 2013 con l'intervento dei magistrati: 
    Italo Riggio, Presidente 
    Domenico Lundini, Consigliere, Estensore 
    Giulia Ferrari, Consigliere 
 
                        Il Presidente: Riggio 
 
 
                                                 L'Estensore: Lundini