N. 2 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 gennaio 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 gennaio 2015 (della Regione Abruzzo). 
 
Energia - Misure urgenti per l'approvvigionamento e il trasporto  del
  gas naturale introdotte dal decreto-legge n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che i gasdotti  di  importazione  di
  gas dall'estero,  i  terminali  di  rigassificazione  di  GNL,  gli
  stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete  nazionale
  di trasporto del gas naturale, incluse le  operazioni  preparatorie
  necessarie  alla  redazione  dei  progetti  e  le  relative   opere
  connesse,   rivestono   carattere    di    interesse    strategico,
  costituiscono  una  priorita'  a  carattere  nazionale  e  sono  di
  pubblica utilita' nonche' indifferibili  e  urgenti  -  Previsione,
  altresi', che l'Autorita' per l'energia  elettrica,  il  gas  e  il
  sistema idrico stabilisce meccanismi  regolatori  incentivanti  gli
  investimenti per lo sviluppo  di  ulteriori  prestazioni  di  punta
  effettuati a decorrere dal 2015 - Ricorso della Regione  Abruzzo  -
  Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa  concorrente
  delle Regioni in materia di produzione, trasporto  e  distribuzione
  nazionale dell'energia - Attribuzione  generica  del  carattere  di
  "strategicita'" a tutte  le  infrastrutture,  senza  alcuna  previa
  intesa con le  Regioni  interessate  -  Impossibilita'  per  queste
  ultime di valutare la necessita'  e  priorita',  nonche'  l'impatto
  ambientale, sociale ed economico di ciascuna opera - Violazione  di
  funzioni amministrative di spettanza regionale e del  principio  di
  leale collaborazione - Mancanza di specifica quantificazione  delle
  forme di  retribuzione  economica  concedibili  dall'Autorita'  per
  l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 37. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che  le  attivita'  di  prospezione,
  ricerca e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di  stoccaggio
  sotterraneo  di  gas  naturale  rivestono  carattere  di  interesse
  strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e  indifferibili  -
  Previsione, altresi', che i relativi titoli abilitativi comprendono
  la dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed  urgenza
  dell'opera e l'apposizione del  vincolo  preordinato  all'esproprio
  dei beni in  essa  compresi  -  Ricorso  della  Regione  Abruzzo  -
  Denunciata  attribuzione   esclusiva   allo   Stato   di   potesta'
  autorizzatorie nel settore energetico - Violazione della competenza
  legislativa  concorrente  e  delle  funzioni  amministrative  delle
  Regioni  in  materia  di  produzione,  trasporto  e   distribuzione
  nazionale dell'energia - Generica  e  immotivata  attribuzione  dei
  caratteri di indifferibilita' e  urgenza  e  di  "strategicita'"  a
  tutti gli interventi, con conseguente applicazione  ad  essi  delle
  procedure semplificate e accelerate di VIA (valutazione di  impatto
  ambientale)  ed  estromissione  delle  Regioni  dal  relativo  iter
  autorizzativo. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 1). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") -  Previsione  che  il  Ministro  dello  sviluppo
  economico, con proprio decreto, predispone un piano delle  aree  in
  cui  sono  consentite  le  attivita'  di  prospezione,  ricerca   e
  coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio  sotterraneo  di
  gas  naturale  -  Ricorso  della  Regione  Abruzzo   -   Denunciata
  esclusione  delle   Regioni   dalla   programmazione   delle   reti
  infrastrutturali  energetiche  di  interesse  nazionale   e   dalla
  relativa articolazione - Mancata previsione dell'intesa "forte" con
  le  Regioni  interessate  -  Violazione  del  principio  di   leale
  collaborazione  -  Incidenza   sulle   competenze   legislative   e
  amministrative  regionali  in  materia  di  energia,  governo   del
  territorio e tutela della salute. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 1-bis). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che la Regione conclude entro il  31
  marzo  2015  i  procedimenti  di  VIA   (valutazione   di   impatto
  ambientale) relativi alla prospezione, ricerca  e  coltivazione  di
  idrocarburi, in corso presso di essa alla data di entrata in vigore
  del decreto, e che, decorso inutilmente tale termine, trasmette  la
  documentazione  al  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
  territorio e del mare  per  i  seguiti  istruttori  di  competenza,
  dandone notizia al Ministero dello  sviluppo  economico  -  Ricorso
  della Regione Abruzzo -  Denunciata  avocazione  allo  Stato  della
  competenza regionale relativa al rilascio  dei  titoli  abilitativi
  per la ricerca e produzione di idrocarburi  -  Interferenza  con  i
  procedimenti gia'  in  corso  di  cui  e'  titolare  la  Regione  -
  Contrasto  con  i   principi   di   sussidiarieta'   e   di   leale
  collaborazione. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 4). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") -  Previsione  che  le  attivita'  di  ricerca  e
  coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sono svolte a seguito
  del rilascio di un titolo concessorio unico - Ricorso della Regione
  Abruzzo - Denunciato contrasto con la  distinzione,  imposta  dalla
  direttiva 94/22/CE,  tra  permesso  di  ricerca  e  concessione  di
  coltivazione  -  Inosservanza  dei  vicoli  derivanti  dal  diritto
  comunitario. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 5). 
- Costituzione, artt. 117, commi primo e terzo, e 118,  primo  comma;
  direttiva  94/22/CE  del  30  maggio  1994,  attuata  dal   decreto
  legislativo 25 novembre 1996, n. 625; (codice civile, art. 840). 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Disciplina del procedimento amministrativo  per
  il rilascio del titolo concessorio unico -  Ricorso  della  Regione
  Abruzzo - Denunciata totale estromissione  degli  enti  locali  dai
  procedimenti autorizzativi  riguardanti  le  attivita'  offshore  -
  Marginalizzazione  del  ruolo  regionale   e   mancata   previsione
  dell'intesa  "forte"  -  Violazione  della  competenza  legislativa
  concorrente  e  delle  funzioni  amministrative  delle  Regioni  in
  materia  di  produzione,  trasporto   e   distribuzione   nazionale
  dell'energia - Violazione del principio di leale  collaborazione  -
  Improprio uso delle valutazioni ambientali. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, commi 6, 6-bis, 6-ter e 7). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione  che  le  disposizioni  inerenti  il
  titolo concessorio unico ed il relativo procedimento  si  applicano
  anche ai titoli rilasciati successivamente alla data di entrata  in
  vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed  ai  procedimenti
  in corso - Ricorso della Regione Abruzzo (-  Denunciata  avocazione
  allo Stato della competenza  regionale  relativa  al  rilascio  dei
  titoli abilitativi per la ricerca e  produzione  di  idrocarburi  -
  Contrasto  con  i   principi   di   sussidiarieta'   e   di   leale
  collaborazione). 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 8). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per  la  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
  nazionali introdotte  dal  decreto-legge  n.  133  del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che, al fine di tutelare le  risorse
  nazionali di idrocarburi in mare localizzate nel mare continentale,
  il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero
  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite  le
  Regioni interessate, puo' autorizzare, per un periodo non superiore
  a cinque anni, progetti sperimentali di coltivazione di  giacimenti
  di  idrocarburi  -  Ricorso  della  Regione  Abruzzo  -  Denunciata
  possibilita' di deroga al divieto di esercizio di  nuove  attivita'
  in mare entro  12  miglia  marine  dalla  costa,  non  condizionata
  all'acquisizione dell'intesa "forte" con la Regione  interessata  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  concorrente  (e   delle
  funzioni  amministrative  regionali)  in  materia  di   produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  art.  38  (in
  particolare, comma 10, aggiuntivo dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quater
  all'art. 8 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
  con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). 
- Costituzione, artt. 117, commi primo e terzo, e 118,  primo  comma;
  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 6, comma 17. 
(GU n.6 del 11-2-2015 )
    Ricorso del Presidente della  Giunta  Regionale  Regione  Abruzzo
(Codice fiscale n. 80003170661), in persona del  suo  Presidente  pro
tempore dott. Luciano D'Alfonso (Codice fiscale n. DLFLCN65T13E558N),
giusta delibera della Giunta Regionale n. 861 del 16  dicembre  2014,
rappresentato   e   difeso    dall'Avvocato    Manuela    de    Marzo
(DMRMNL70C41C632R)  (avvmanuelademarzo@cnfpec.it)  dell'   Avvocatura
Regionale, ai sensi della LR n. 9 del 14 febbraio 2000 ed  in  virtu'
di procura  speciale  a  margine  del  presente  atto,  elettivamente
domiciliato presso e nello studio dell'Avv. Francesca Lalli, in Roma,
via Lucio Sestio, 12, Sc. C, Roma; 
 
                               Contro 
 
    Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso  ex
lege dall'Avvocatura Generale dello Stato. 
    Per la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 37 e 38, decreto-legge 133/2014, quali risultanti  dalla  legge
di conversione n. 164/2014, per  contrasto  con  gli  artt.  117,  3°
comma, e 118, 1° comma, Cost., nonche'  con  l'art.  117,  1°  comma,
Cost. in relazione alla Direttiva 94/22/CE  recepita  in  Italia  con
decreto legislativo n. 625/1996. 
    La proposizione del presente ricorso e'  stata  deliberata  dalla
Giunta Regionale dell'Abruzzo nella seduta del 16 dicembre 2014. 
    Il  decreto-legge  n.  133/2014  (recante  «Misure  urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive.») con  legge  n.  164  dell'11  novembre  2014,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 dell'11 novembre 2014,  e'
stato convertito in legge con modificazioni, tra l'altro, anche degli
artt. 37 e 38 che dettano misure urgenti in materia di energia e che,
nell'intento  dichiarato  dai  promotori,  dovrebbero  rilanciare   e
valorizzare la produzione nazionale di idrocarburi,  garantendone  la
sicurezza. 
    La normativa  sopra  richiamata  esplica  la  sua  efficacia  sul
territorio  regionale  della  Regione  Abruzzo  in   particolare   in
relazione ai procedimenti ad oggi in corso e  relativi  proprio  alle
attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e  gassosi
che interessano la medesima Regione Abruzzo. 
    Dette   disposizioni   presentano   profili   di   illegittimita'
costituzionale per i seguenti: 
 
                               Motivi 
 
    Prima di entrare  nel  merito  specifico  delle  censure,  questa
difesa ritiene necessario premettere una breve disamina  dell'origine
del testo normativo oggi impugnato. 
    In data 29 agosto 2014, il Consiglio dei Ministri ha approvato il
decreto-legge  n.  133/2014,  recante   «Disposizioni   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico, la  ripresa  delle  attivita'
produttive», entrato in vigore il 13 settembre 2014. 
    Gia' all'indomani dell'entrata in vigore del decreto cd. «sblocca
Italia» le Regioni, ivi  compreso  l'Abruzzo,  hanno  manifestato  al
Governo, in sede  di  Conferenza  Stato-Regioni,  le  criticita'  del
decreto medesimo e  del  relativo  disegno  di  conversione  come  di
seguito brevemente riassunto. 
    Il decreto-legge n. 133/2014, nell'introdurre misure  urgenti  in
materia di energia, agli artt. 37 e 38 ha riconosciuto alle attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi ed a quelle  di
stoccaggio  sotterraneo,  la  qualifica  di   interesse   strategico,
pubblica utilita',  urgenza  ed  indifferibilita'  volendo  con  cio'
attrarre la materia nella competenza esclusiva statale sottraendola a
quella concorrente cui invece indubbiamente spetta ex  art.  117,  3°
comma, Cost. 
    L'attribuzione del carattere «di interesse strategico»,  infatti,
risultava assolutamente  generica  e  carente  della  fissazione  dei
presupposti necessari  ad  individuarne  specificamente  l'ambito  di
applicazione. 
    Le  denunciate  disposizioni  configuravano,  in   realta',   una
«chiamata in sussidiarieta'» (in materia di produzione,  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia,  riservata  alla   competenza
legislativa  concorrente)  senza  che  a   monte   vi   fosse   stata
l'imprescindibile intesa con le Regioni territorialmente interessate. 
    Ciononostante, il Governo  ha  proceduto  all'approvazione  della
legge di conversione (n. 164/2014) senza  tener  in  alcun  conto  le
istanze manifestate in ordine agli articoli 37 e 38,  che,  pertanto,
presentano ancora profili di illegittimita'  costituzionale  come  di
seguito motivato. 
    Preliminarmente si ribadisce che entrambi gli articoli censurati,
introdotti nel panorama normativo  con  ricorso  allo  strumento  del
decreto-legge,  oggi  convertito  in  legge,   appaiono   scarsamente
motivati sul piano della sussistenza dei presupposti di straordinaria
necessita'  ed  urgenza,  richiamati  in  realta'  con   formulazioni
apodittiche. 
    Al contrario, come ribadito da  codesta  Ecc.ma  Corte  (cfr.  da
ultimo  sent.  n.  220/2013),  «i  decreti-legge  traggono  la   loro
legittimazione generale da casi  straordinari  e  sono  destinati  ad
operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative  rapide
a  situazioni  bisognose  di  essere  regolate  in  modo   adatto   a
fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'. Per questo motivo,
il legislatore ordinario, con  una  norma  di  portata  generale,  ha
previsto che il decreto-legge debba contenere  «misure  di  immediata
applicazione» (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988,  n.  400
«Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei ministri»)». 
    Tale ultima disposizione, pur  non  avendo,  sul  piano  formale,
rango costituzionale, esprime ed esplicita cio'  che  deve  ritenersi
intrinseco alla natura stessa del decreto-legge (sentenza n.  22  del
2012), che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse se
contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici  differiti
nel tempo, in quanto recanti, com'e' nel caso di  specie,  discipline
mirate alla  individuazione  di  nuovi  e  definitivi  meccanismi  di
distribuzione delle competenze, peraltro a Costituzione invariata. 
    Per altro verso, e' altresi' incontestabile che i tempi realmente
necessari all'attivita' di ricerca delle  fonti  energetiche  non  si
conciliano con un intervento dichiarato urgente. 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  37,  (Misure  urgenti
per    l'approvvigionamento     e     il     trasporto     di     gas
naturale) decreto-legge n. 133/2014 quale risultante dalla  legge  di
conversione n. 164/2014 per violazione degli artt. 117, 3°  comma,  e
118, 1° comma, Cost.. L'art. 37 cit. stabilisce che  «i  gasdotti  di
importazione di gas dall'estero, i terminali di  rigassificazione  di
GNL, gli stoccaggi di gas naturale e  le  infrastrutture  della  rete
nazionale di  trasporto  del  gas  naturale,  incluse  le  operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei  progetti  e  le  relative
opere  connesse  rivestono  carattere  di  interesse   strategico   e
costituiscono una priorita' a carattere nazionale e sono di  pubblica
utilita', nonche' indifferibili e urgenti ai sensi  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327», e che,  per  tale
motivo, i relativi procedimenti saranno garantiti  da  una  serie  di
semplificazioni ed incentivi. 
    Orbene, la Regione Abruzzo rileva in primo luogo che la  suddetta
materia, essendo attinente alle attivita' di ricerca  e  coltivazione
di idrocarburi liquidi e gassosi, va senza  alcun  dubbio  ricompresa
nell'ambito della legislazione concorrente e che, dunque,  l'art.  37
cit. e' lesivo della sfera di competenza delle Regioni e, come  tale,
costituzionalmente  illegittimo  per  violazione  dell'art.  117,  3°
comma, Cost. 
    La norma in questione si pone in contrasto anche con l'art.  118,
1° comma, Cost., e con il principio di  leale  collaborazione,  nella
parte in cui, in materia  appartenente  alla  competenza  legislativa
concorrente di Stato e Regioni, ha attribuito d'imperio  a  tutte  le
infrastrutture in  questione  la  qualifica  di  opere  di  interesse
strategico senza alcuna previa intesa con le Regioni interessate. 
    Non solo, ma l'assoluta genericita' della norma  oggi  censurata,
rende addirittura impossibile definire quale sia  l'esatta  tipologia
delle  infrastrutture  da  autorizzare,   cosi'   come   il   mancato
coinvolgimento  delle  amministrazioni  regionali  rende  impossibile
valutare il grado di impatto attuale e futuro sui  territori  oggetto
delle attivita' in questione. 
    Essa,   dunque,   invece   che   aumentare   la   sicurezza    di
approvvigionamento (come dichiarato dai suoi promotori)  avra'  quale
unica  conseguenza  quella  di  moltiplicare  le  infrastrutture   in
questione senza che venga effettuata a monte una doverosa valutazione
(costituzionalmente  di  spettanza  delle   Regioni   dei   territori
interessati) delle necessita' e priorita',  come  anche  dell'impatto
ambientale, sociale ed economico, di ciascuna opera. 
    La  norma  impugnata,  inoltre,  manca  di  una   quantificazione
specifica delle forme di retribuzione economica che  l'Autorita'  per
l'energia elettrica, il gas e il  servizio  idrico,  puo'  concedere,
nonche'  dell'indicazione,  quantomeno,  dell'intensita'   dell'aiuto
diretto alla ricerca nel sottosuolo di gas ed  idrocarburi.  Essa  si
limita a disporre che l'Autorita' per l'energia elettrica, il  gas  e
il servizio idrico, stabilisce meccanismi tariffari incentivanti  gli
investimenti per  lo  sviluppo  di  ulteriori  prestazioni  di  punta
effettuati a decorrere dal 2015, in tal modo  impedendo  finanche  di
verificare se cio' possa costituire o meno un  aiuto  di  Stato  agli
operatori nazionali  coinvolti.  Infine,  si  rileva  che  le  misure
previste in  materia  di  approvvigionamento  energetico,  attraverso
energie rinnovabili, riduce significativamente e retroattivamente gli
incentivi gia' previsti riducendo le possibilita'  di  avvantaggiarsi
degli  investimenti  internazionali  e  limitando  il   governo   del
territorio da parte della Regione. 
    Da    tutto    quanto    sopra    esposto    risulta     evidente
l'incostituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n.  133/2014,  come
convertito con legge n. 164/2014, per violazione degli artt. 117,  3°
comma, e 118, 1° comma, Cost. 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art.  38,  (Misure  per  la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali) decreto-legge  n.
133/2014 quale risultante dalla legge di conversione n. 164/2014, per
violazione degli artt. 117, 3° comma, nonche' 1° comma (in  relazione
alla Direttiva 94/22/CE recepita in Italia con decreto legislativo n.
625/1996) e 118, comma 1, Cost.. 
    Anche  l'art.   38   cit.   merita   le   medesime   censure   di
incostituzionalita' gia' motivate in relazione all'art. 37, in quanto
attribuisce allo Stato, in via esclusiva, la potesta'  autorizzatoria
in materia appartenente alla  competenza  concorrente  in  violazione
degli art. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, Cost.. 
    L'art.  117,  comma  3,  Cost.,  infatti,  annovera  la   materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» tra le
materie di legislazione concorrente, ripartendone la legislazione tra
lo Stato, chiamato a stabilirne i principi fondamentali, e le Regioni
chiamate a dettarne la concreta disciplina nel rispetto degli  stessi
principi. 
    Orbene, e' assolutamente incontestabile che nel  suddetto  ambito
rientrano le attivita' del settore energetico oggetto dell'intervento
normativo statale oggi censurato. 
    Al fine di dimostrare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
38 cit., questa difesa ritiene utile argomentare per singoli commi. 
    Comma 1: «Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali
e garantire la  sicurezza  degli  approvvigionamenti  del  Paese,  le
attivita' di prospezione, ricerca e  coltivazione  di  idrocarburi  e
quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono  carattere
di interesse strategico  e  sono  di  pubblica  utilita',  urgenti  e
indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto  la
dichiarazione  di  pubblica  utilita',  indifferibilita'  ed  urgenza
dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio  dei
beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente  della
Repubblica 8 giugno 2001,  n.  327,  recante  il  testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita'.». 
    La norma, nel qualificare le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale,  come  attivita'  di  interesse  strategico,  di   pubblica
utilita', urgenti e indifferibili, risulta illegittimamente  generica
e  soprattutto   priva   di   motivazione   idonea   a   giustificare
l'attribuzione del  predetto  status  giuridico.  In  particolare,  i
requisiti dell'urgenza e dell'indifferibilita' degli  interventi  non
possono per definizione essere stabiliti  a  priori,  quindi  in  via
generale  ed  astratta,  ma  richiedono  una  motivazione  specifica,
circoscritta caso per caso a ciascun singolo intervento, e connessa a
circostanze o situazioni concrete e straordinarie,  che  mancano  del
tutto nel caso in esame. 
    Inoltre, l'attribuzione del carattere di «strategicita'» comporta
l'applicazione alle attivita' di prospezione, ricerca e  coltivazione
di idrocarburi nonche' di stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale,
della seguente procedura semplificata ed accelerata di Valutazione di
Impatto Ambientale: 
        la Commissione VIA esamina il progetto preliminare; 
        il  CIPE  valuta  la  compatibilita'  ambientale  (mentre  le
amministrazioni  preposte  alla  tutela  dell'ambiente  e  dei   beni
paesaggisti e culturali rendono solo un parere); 
        i cittadini e gli enti locali interessati possono  presentare
osservazioni sul progetto preliminare, nel termine  tassativo  di  30
giorni (ma non sono previste controdeduzioni alle medesime); 
        dopo  l'eventuale  giudizio  positivo,  reso  dal  CIPE   sul
progetto preliminare, il proponente sviluppa il progetto definitivo; 
        il progetto definitivo viene valutato semplicemente sotto  il
profilo dell'ottemperanza o meno alle prescrizioni gia' date in  sede
di esame di progetto preliminare (senza  tener  conto  di  tutti  gli
impatti  che  emergeranno,  invece,  solo   in   sede   di   progetto
definitivo). 
    Prima di tale intervento normativo, al contrario, la procedura di
VIA in materia di sfruttamento di risorse energetiche richiedeva: 
        la valutazione di impatto ambientale sul progetto definitivo; 
        la  presentazione  di  osservazioni  da  parte  di   chiunque
interessato al progetto entro 60 giorni; 
        la  valutazione  dei  pareri  forniti  dalle  P.A.  e   delle
osservazioni dei cittadini; 
        la  conclusione  del  procedimento  da  parte  del  Ministero
dell'ambiente con emanazione di un  provvedimento  di  VIA  espresso,
motivato e reso anche nell'ambito di una Conferenza  di  servizi.  Da
quanto sopra,  risulta  evidente  che  l'estensione  delle  procedure
semplificate  ed  accelerate  ad  una  larghissima   ed   imprecisata
categoria  di  interventi,  inibisce   l'intervento   delle   Regioni
nell'iter autorizzativo in questione, in violazione degli artt.  117,
3° comma, e 118, 1° comma, Cost.. 
    Comma 1-bis: «Il Ministro dello sviluppo economico,  con  proprio
decreto,  sentito  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, predispone un piano delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita' di cui al comma 1.» 
    La  norma  autorizza  il  Ministro  dello  Sviluppo  economico  a
predisporre un piano che individui le aree nelle quali consentire  le
attivita' in parola, senza, tuttavia, ne' coinvolgere le Regioni, ne'
individuare  i  criteri  da  seguire  nell'elaborazione   del   piano
medesimo, il quale,  potenzialmente,  potrebbe  riguardare  tutto  il
territorio nazionale, violando cosi' le  prerogative  delle  Regioni.
Come chiarito infatti da  codesta  Ecc.ma  Corte  (cfr.  sentenza  n.
383/2005),   in   materia   di   «programmazione»   energetica,    e'
assolutamente necessaria  l'acquisizione  di  una  intesa  «in  senso
forte» da parte della Conferenza unificata. 
    Ne deriva che anche il comma 1 bis cit. si pone in contrasto  con
gli artt. 117, 3° comma, e 118,  1°  comma,  Cost.,  nonche'  con  il
principio di leale collaborazione; esso, infatti, esclude  del  tutto
le  Regioni  dalla   programmazione   delle   reti   infrastrutturali
energetiche  di  interesse  nazionale  e  dalla  loro   articolazione
territoriale, benche'  l'esercizio  di  tali  funzioni  incida  sulle
competenze regionali in materia di energia, nonche'  di  governo  del
territorio e tutela della salute. 
    Comma 4: «Per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale
in corso presso le  regioni  alla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca  e  coltivazione
di idrocarburi, la regione  presso  la  quale  e'  stato  avviato  il
procedimento conclude lo stesso  entro  il  31  marzo  2015.  Decorso
inutilmente  tale  termine,  la   Regione   trasmette   la   relativa
documentazione  al  Ministero  dell'ambiente  e  della   tutela   del
territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone
notizia al Ministero dello sviluppo economico. 
    I conseguenti oneri di spesa istruttori rimangono a carico  delle
societa' proponenti e sono versati  all'entrata  del  bilancio  dello
Stato   per   essere   successivamente   riassegnati   al   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.» 
    Gia' dalla semplice lettura del testo  normativo,  nonche'  della
relazione al disegno di  legge  di  conversione  (cfr.  doc.  2),  e'
assolutamente agevole  comprendere  che  la  normativa  in  questione
costituisce un'avocazione allo Stato,  in  materia  di  rilascio  dei
titoli abilitativi per la ricerca e  produzione  di  idrocarburi,  di
competenza regionale, cosi' motivata: «l'attuale legislazione, frutto
di una  progressiva  stratificazione  normativa,  ha  condotto  a  un
procedimento articolato e complesso, che conduce  in  molti  casi  al
blocco  dello  stesso  per  mancanza  di  intese,  e  comunque   alla
conclusione in tempi molto lunghi, quasi il doppio  di  quelli  degli
altri Paesi OCSE.» 
    Per superare tali criticita', dunque, la norma oggetto di censure
ha imposto un termine temporale secco (31 marzo 2015) entro il quale,
in mancanza di conclusione dei procedimenti VIA in  corso  presso  le
Regioni  (relativi  alla  prospezione,  ricerca  e  coltivazione   di
idrocarburi),  il  Ministero  dell'ambiente  e   della   tutela   del
territorio e del mare di fatto avoca  a  se'  la  relativa  attivita'
istruttoria. 
    La norma, dunque, determinando un accentramento delle funzioni in
materia di VIA in capo allo Stato, in assenza  di  un  coinvolgimento
della Regione quale soggetto attualmente  titolare  del  procedimento
(alla quale viene assegnato unicamente ed unilateralmente un termine,
peraltro ristretto, per la  conclusione  dello  stesso)  si  pone  in
contrasto con i principi di sussidiarieta' e di leale  collaborazione
di cui all'art. 118, 1° comma, Cost., soprattutto alla luce del fatto
che tale passaggio di funzioni si riferisce a  procedimenti  gia'  in
corso. Il  legislatore  statale  pretende  che  procedimenti  di  VIA
avviati  dalle  Regioni  (sulla  base  di  norme  diverse  per   ogni
amministrazione  e  che  quindi  prevedono   modalita'   diverse   di
svolgimento e di assunzione delle decisioni finali) abbiano a cessare
«per decorrenza dei termini», passando automaticamente nelle mani del
Ministero dell'ambiente e  seguendo  una  procedura  semplificata  ed
accelerata,  senza  nemmeno  prevedere   meccanismi   transitori   di
esaurimento delle procedure in atto. 
    Alla luce di quanto sopra esposto, e' fuor di  dubbio  che  anche
tale disposizione  concretizza  un'ingerenza  da  parte  dello  Stato
rispetto a compiti e  funzioni  che  la  Regione  sta  legittimamente
esercitando,  nel  rispetto   delle   competenze   costituzionalmente
attribuite in materia, ed il cui risultato sara'  (forse)  quello  di
sbloccare i procedimenti in corso di autorizzazione, ma in violazione
degli artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma, Cost.. 
    Comma 5: «Le attivita' di ricerca e coltivazione  di  idrocarburi
liquidi e gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte
a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base  di
un programma generale di lavori  articolato  in  una  prima  fase  di
ricerca, per la durata di sei anni,  prorogabile  due  volte  per  un
periodo di tre anni nel caso sia necessario completare  le  opere  di
ricerca, a cui seguono, in caso  di  rinvenimento  di  un  giacimento
tecnicamente  ed   economicamente   coltivabile,   riconosciuto   dal
Ministero dello sviluppo economico, la  fase  di  coltivazione  della
durata di trenta anni, prorogabile  per  una  o  piu'  volte  per  un
periodo  di  dieci  anni  ove  siano  stati  adempiuti  gli  obblighi
derivanti dal decreto di concessione e il giacimento  risulti  ancora
coltivabile, e quella di ripristino finale.» 
    Anche  il  su  riportato  comma,   nell'introdurre   un   «titolo
concessorio unico», per ricerca e coltivazione di idrocarburi,  viene
a porsi in contrasto con l'art. 117, 1° comma,  Cost.,  in  relazione
alla Direttiva 94/22/CE (recepita in Italia con  decreto  legislativo
n. 625/1996) in base alla quale, invece, i titoli  abilitanti  devono
essere due: a) permesso di ricerca; b) concessione di coltivazione. 
    Tale  distinzione,  imposta  dal  diritto  europeo,  trova  anche
internamente il suo fondamento  giuridico  non  solo  nel  dovere  di
rispettare i diversi regimi autorizzatori (perche'  diverse  sono  le
opere strumentali da realizzare, nonche' le aree  su  cui  insistere,
mare e terraferma) ma anche nel dovere  di  tutelare  il  diritto  di
proprieta' dei privati. 
    Con riferimento a quest'ultimo aspetto, infatti, l'art. 840  c.c.
stabilisce che il proprietario del suolo e' anche proprietario  dello
spazio sovrastante e di tutto cio' che si  trovi  sopra  e  sotto  la
superficie. Il sottosuolo, quindi,  appartiene  al  proprietario  del
fondo fino a quando il giacimento minerario non sia scoperto e ne sia
dichiarata la coltivabilita'. Solo a partire da questo momento si  ha
l'acquisizione del giacimento al patrimonio indisponibile pubblico  e
solo successivamente il giacimento puo' essere dato  in  concessione.
Da quanto detto  risulta  evidente,  anche  sotto  tale  profilo,  la
sostanziale diversita' tra il permesso di ricerca e la concessione di
coltivazione  e  stoccaggio:  il  primo  costituisce  un  limite   al
godimento della proprieta', la seconda costituisce  nuove  capacita',
poteri e diritti che altrimenti non si avrebbero. 
    Orbene, poiche' il legislatore nazionale e' tenuto ex  art.  117,
1° comma, Cost., a rispettare i  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario, la norma impugnata, che prevede un titolo autorizzatorio
unico, risulta costituzionalmente illegittima in quanto  contrastante
con la previsione comunitaria (gia' recepita  internamente),  secondo
la quale i titoli in  questione  devono  scaturire  da  due  distinti
procedimenti. 
    Diversamente, la concessione di coltivazione verrebbe  rilasciata
ancor prima della scoperta del giacimento e, dunque,  paradossalmente
in carenza di una dimostrata utilita' generale.  Non  solo,  ma  essa
dovrebbe contenere sin dalla fase della ricerca  persino  il  vincolo
preordinato all'esproprio. 
    Commi da 6 a 7: "Il titolo concessorio unico di cui al comma 5 e'
accordato: a) a seguito di un procedimento unico svolto  nel  termine
di centottanta giorni tramite apposita conferenza di servizi, nel cui
ambito e' svolta anche  la  valutazione  ambientale  preliminare  del
programma complessivo dei lavori espressa, entro sessanta giorni, con
parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto  ambientale
VIA/VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare; b) con  decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,
previa intesa con la regione o la provincia autonoma di Trento  o  di
Bolzano territorialmente interessata, per le attivita' da svolgere in
terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e  le  risorse
minerarie e le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale  minerario
idrocarburi e georisorse; c) a soggetti che dispongono  di  capacita'
tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla
esecuzione e  realizzazione  dei  programmi  presentati  e  con  sede
sociale in Italia o in altri Stati membri dell'Unione  europea  e,  a
condizioni di reciprocita', a soggetti di altri Paesi. 
    Il rilascio del titolo concessorio unico ai medesimi soggetti  e'
subordinato alla presentazione  di  idonee  fideiussioni  bancarie  o
assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale
previste." "I  progetti  di  opere  e  di  interventi  relativi  alle
attivita' di ricerca e  di  coltivazione  di  idrocarburi  liquidi  e
gassosi relativi a un titolo concessorio unico di cui al comma 5 sono
sottoposti a valutazione di impatto  ambientale  nel  rispetto  della
normativa dell'Unione europea. La valutazione di  impatto  ambientale
e' effettuata secondo le modalita' e  le  competenze  previste  dalla
parte seconda del decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  e
successive modificazioni." "Il rilascio di nuove  autorizzazioni  per
la ricerca e per la coltivazione di idrocarburi e'  vincolato  a  una
verifica sull'esistenza di tutte  le  garanzie  economiche  da  parte
della societa' richiedente, per  coprire  i  costi  di  un  eventuale
incidente durante le attivita', commisurati a  quelli  derivanti  dal
piu' grave incidente nei diversi scenari ipotizzati in fase di studio
ed analisi dei rischi." "Con disciplinare tipo, adottato con  decreto
del  Ministero  dello  sviluppo  economico,  sono  stabilite,   entro
centoottanta giorni dall'entrata in vigore del presente  decreto,  le
modalita' di conferimento del titolo  concessorio  unico  di  cui  al
comma 5, nonche' le modalita' di esercizio delle  relative  attivita'
ai sensi del presente articolo." 
    Le disposizioni da ultimo trascritte disciplinano il procedimento
amministrativo per il rilascio del "titolo concessorio unico". 
    Al  riguardo  si   evidenzia   la   totale   estromissione,   dai
procedimenti autorizzativi riguardanti le attivita'  offshore,  degli
Enti locali, la cui partecipazione era  invece  diritto  riconosciuto
dalla legge n. 239/2004, sebbene nei limiti di  cui  alla  successiva
legge n. 99/2009. 
    Oltre  all'esclusione  degli  enti  locali,  nella  su  riportata
normativa risulta evidente anche la marginalizzazione  delle  Regioni
che vengono ivi considerate alla stregua di tutte le  amministrazioni
che concorrono al processo decisionale. 
    Anche in tal caso,  dunque,  e'  incontestabile  l'illegittimita'
della norma per violazione delle competenze attribuite  alle  Regioni
dagli artt. 117, 3° comma, e 118, 1° comma,  Cost.,  che,  come  gia'
detto, in materia di energia presuppongono la necessita'  di  "intese
forti" nel rispetto del principio di leale collaborazione. 
    Nel dettato normativo oggi censurato, infatti,  non  e'  previsto
che la previa intesa  con  la  regione  territorialmente  interessata
avvenga in sede di Conferenza di servizi, ne'  che  la  sua  mancanza
abbia alcuna conseguenza giuridica; la' dove l'intesa  forte  con  la
Regione si rende invece necessaria proprio al fine di  compensare  la
perdita di competenza avvenuta a seguito della sua attrazione in capo
allo Stato. La stessa giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte  (cfr.
sent. n. 383/2005) in materia energetica,  ricorda  che  tali  intese
costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita'
costituzionale della disciplina legislativa statale che  effettui  la
"chiamata  in  sussidiarieta'"  di  una  funzione  amministrativa  in
materie affidate alla legislazione regionale e che, in  questi  casi,
la volonta' della Regione interessata non puo' essere  sostituita  da
una determinazione unilaterale dello Stato. (cfr. anche  le  sentenze
n. 482/1991 e n. 383/2005, secondo  cui  la  Regione  ha  diritto  di
partecipare alle decisioni assunte in sede statale con  l'intesa,  la
cui mancanza potrebbe provocare un conflitto di attribuzione). 
    Le  disposizioni  normative   statali   da   ultimo   richiamate,
costituiscono altresi' un uso improprio delle valutazioni ambientali,
poiche' confondono la  valutazione  ambientale  di  un  programma  di
ricerca (legato alla realizzazione di un singolo progetto, come  tale
sottoposto a VIA), con un  piano/programma  che  riguarda  un  intero
settore o  categoria  di  interventi,  quali  quelli  energetici  (da
sottoporre invece a VAS, ai sensi della Direttiva 2001/42/CE e  degli
artt. 5, commi 1 e 6, D.Lgs. n. 152/2006). 
    Ne consegue che la cd. Strategia  Energetica  Nazionale,  di  cui
alle norme impugnate, non e' sottoposta a VAS, mentre vi si sottopone
il singolo e specifico progetto  di  ricerca,  dimenticando  che  nel
corso  della  ricerca  si  svolgono  anche  attivita'   con   impatto
ambientale, da sottoporre, invece, a VIA. 
    A questo ultimo proposito si rileva che il T.A.R. Puglia - Lecce,
Sez. I, (sentenze nn. 1295, 1296 e 1341 del  13-14  luglio  2011)  in
fattispecie identiche a quella in esame  (tre  distinte  ma  contigue
aree di permesso per la ricerca in mare di idrocarburi con la tecnica
dell'Air Gun), ha affermato che "quando l'intervento progettato,  pur
essendo  suddiviso  in  singole  frazioni  anche  al  solo  fine   di
soddisfare esigenze di snellezza procedimentale dell'impresa,  appare
riconducibile ad un unico programma imprenditoriale,  la  conseguenza
che si registra sul terreno del doveroso  assoggettamento  a  VIA  e'
senz'altro quella di una analisi che tenga conto necessariamente  dei
cd impatti cumulativi". 
    Comma 8: "I commi 5, 6 e  6-bis  si  applicano,  su  istanza  del
titolare o del richiedente, da presentare entro novanta giorni  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, anche ai titoli  rilasciati  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e ai
procedimenti in corso. Il comma 4 si applica fatta  salva  l'opzione,
da  parte  dell'istante,  di  proseguimento   del   procedimento   di
valutazione di impatto ambientale presso la  regione,  da  esercitare
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto." 
    La norma estende le disposizioni inerenti il  titolo  concessorio
unico, ed  il  relativo  procedimento,  anche  ai  titoli  rilasciati
successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006
ed ai procedimenti in corso. 
    Valgano, al riguardo, le  medesime  considerazioni  espresse  con
riferimento al comma 4. 
    Comma 10: "All'articolo 8 del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.
133, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: 
    "1-bis. Al fine di tutelare le risorse nazionali  di  idrocarburi
in mare localizzate nel  mare  continentale  e  in  ambiti  posti  in
prossimita'  delle  aree  di  altri  Paesi  rivieraschi  oggetto   di
attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il
relativo gettito fiscale allo  Stato  e  al  fine  di  valorizzare  e
provare  in  campo  l'utilizzo  delle   migliori   tecnologie   nello
svolgimento dell'attivita' mineraria,  il  Ministero  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del  mare,  sentite  le  Regioni  interessate,  puo'
autorizzare, previo espletamento della procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale che dimostri l'assenza di  effetti  di  subsidenza
dell'attivita' sulla costa, sull'equilibrio dell'ecosistema  e  sugli
insediamenti antropici, per un periodo non superiore a  cinque  anni,
progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. I progetti  sono
corredati  sia  da  un'analisi   tecnico-scientifica   che   dimostri
l'assenza  di  effetti  di  subsidenza  dell'attivita'  sulla  costa,
sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici e  sia
dai relativi progetti  e  programmi  dettagliati  di  monitoraggio  e
verifica, da condurre sotto il controllo del Ministero dello sviluppo
economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare.  Ove  nel  corso  delle  attivita'  di  verifica  vengano
accertati   fenomeni   di   subsidenza   sulla   costa    determinati
dall'attivita',   il   programma   dei   lavori   e'   interrotto   e
l'autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al termine  del
periodo  di  validita'  dell'autorizzazione   venga   accertato   che
l'attivita'  e'  stata   condotta   senza   effetti   di   subsidenza
dell'attivita' sulla costa, nonche' sull'equilibrio dell'ecosistema e
sugli insediamenti antropici,  il  periodo  di  sperimentazione  puo'
essere prorogato per ulteriori cinque anni,  applicando  le  medesime
procedure di controllo. 
    1-ter. Nel caso di attivita' di cui al comma 1-bis, ai  territori
costieri si applica quanto previsto dall'articolo 1, comma  5,  della
legge n. 239 del 2004 e successive modificazioni. 
    1-quater. All'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n.
239, e successive modificazioni, dopo le parole:  "Le  regioni"  sono
inserite le seguenti: ", gli enti pubblici territoriali"." 
    La norma stabilisce  che  in  relazione  a  determinate  "risorse
nazionali di idrocarburi"  il  Ministero  dello  Sviluppo  Economico,
sentite   le   regioni   interessate,   puo'   autorizzare   progetti
"sperimentali" di coltivazione di giacimenti di idrocarburi. 
    Anche tale disposizione e' costituzionalmente illegittima poiche'
comporta una deroga al divieto  (ex  art.  6,  comma  17,  D.Lgs.  n.
152/2006) di esercizio di nuove attivita' in mare, che ricadano entro
le 12 miglia marine dalla costa, senza che sia prevista la necessaria
partecipazione  regionale  cd.  "forte"  vertendosi  in  materia   di
legislazione concorrente. 
    Piu' in particolare, con il comma 10 cit. il legislatore  statale
ha trasformato gli studi relativi alla verifica del mantenimento  del
divieto delle attivita' di prospezione,  ricerca  e  coltivazione  in
Alto Adriatico (imposto  dall'art.  8,  legge  n.  112/2008,  per  il
rischio di subsidenza) in "progetti  sperimentali  di  coltivazione",
con rilevanti ripercussioni ambientali. 
    Per  meglio  comprendere  quanto  sopra  affermato,  si   ritiene
opportuno riportare il testo dell'art. 8, comma 1, cit.: "Il  divieto
di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque del
golfo di Venezia, di cui all'articolo 4 della legge 9  gennaio  1991,
n. 9, come modificata dall'articolo 26 della legge 31 luglio 2002, n.
179, si applica fino a quando il Consiglio dei Ministri, su  proposta
del Ministro dell'ambiente, del territorio  e  del  mare,  non  abbia
definitivamente accertato la non sussistenza di  rischi  apprezzabili
di subsidenza sulle coste, sulla base di nuovi  e  aggiornati  studi,
che dovranno essere presentati dai titolari di permessi di ricerca  e
delle  concessioni  di  coltivazione,   utilizzando   i   metodi   di
valutazione piu'  conservativi  e  prevedendo  l'uso  delle  migliori
tecnologie disponibili per la coltivazione." 
    Se ne deduce che: mentre  sinora  le  attivita'  di  prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi  nell'Alto  Adriatico  facevano
capo al solo Ministero  dell'Ambiente  (cosi'  da  subordinarle  alla
mancanza di rischi di subsidenza), con l'introduzione  dei  "progetti
sperimentali" quelle stesse attivita',  giustificatamente  interdette
per motivi ambientali e di protezione civile, vengono ora  ad  essere
subordinate anche al parere del Ministero dello Sviluppo Economico e,
dunque, al fine economico e produttivo. 
    Ne risulta evidente  la  soggezione  della  tutela  dell'ambiente
all'esigenza di riprendere le  attivita'  di  produzione,  che  erano
state interrotte nel 2002 nel rispetto del principio di precauzione. 
    E tutto questo nonostante le evidenze  del  fenomeno:  secondo  i
dati dell'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale il  litorale
ravennate  (dove  e'   presente   un'intensa   attivita'   estrattiva
offshore), presenta abbassamenti generalmente fino a circa 5 mm/anno,
con alcune aree piu' critiche, come l'area costiera compresa  tra  il
Lido Adriano e la foce del Bevano che presenta una  depressione  piu'
importante, facendo registrare un abbassamento pari a 20  mm/anno  in
corrispondenza della foce dei Fiumi Uniti. 
    Il  comma  10  cit.,  infine,  pone  anche  un  rilevante  dubbio
interpretativo: l'espresso riferimento alle  "risorse  nazionali"  e,
allo stesso tempo, agli "altri Paesi rivieraschi"  (invece  che  alle
"aree di cui al comma 1 del presente articolo") consente di  ritenere
che essa sia riferita non solo all'Alto Adriatico ma anche  ad  altre
aree, ad esempio al Canale di Sicilia? 
 
                             Conclusioni 
 
    Da tutto quanto esposto,  risulta  incontestabile  che  tutta  la
normativa impugnata contiene una chiamata in  sussidiarieta'  e  che,
per essere costituzionalmente legittima, avrebbe dovuto rispettare il
principio di leale collaborazione. 
    Orbene, detto principio  impone  il  rispetto  di  una  procedura
articolata,  a  struttura   necessariamente   bilaterale,   tale   da
assicurare lo svolgimento di reiterate trattative  e  non  superabile
con decisione unilaterale di una delle parti. 
    Applicato al caso di specie, il principio di leale collaborazione
impone che il Piano Energetico Nazionale  venga  predisposto  per  il
tramite di un'azione programmata e condivisa coi territori. 
    Al contrario, gli artt. 37 e 38 impugnati, privi di riferimenti a
quella  procedura  articolata  che  sola  garantirebbe  la  richiesta
condivisione, contrastano  irrimediabilmente  con  l'attuale  assetto
costituzionale di competenze tra Stato e Regioni. 
    Inoltre,  l'avocazione  sussidiaria  da  parte  dello  Stato   di
competenze concernenti  l'individuazione  e  la  realizzazione  degli
interventi in materia di  produzione,  trasmissione  e  distribuzione
dell'energia, ai sensi dell'art. 118, 1° comma, Cost.,  e'  legittima
solo ove scaturente da un  imprescindibile  giudizio  positivo  sulla
proporzionalita' degli interventi stessi  (cfr.  C.  Cost.  sent.  n.
165/2011). 
    Le disposizioni impugnate, invece, si sono limitate a qualificare
come di "natura strategica" gli interventi in questione; ma cio'  non
soddisfa affatto il principio di proporzionalita',  essendo  all'uopo
necessario e sufficiente  che  l'intervento  statale  garantisca  una
realizzazione unitaria e coordinata degli interventi medesimi. 
    In  altri  termini,  se  da  una  parte  la  natura  "strategica"
legittima uno spostamento di competenze, e  dunque  una  chiamata  in
sussidiarieta', dall'altra, essa da sola non legittima l'adozione  di
un atto unilaterale dello Stato (cfr. C. Cost. sent. n. 117/2013). 
    Conferma la tesi  di  questa  difesa  il  ragionamento  giuridico
seguito in una recente sentenza (n. 239/2013) da codesta Ecc.ma Corte
in  altro  giudizio  costituzionale  avente  ad  oggetto   l'asserita
illegittimita' di una norma statale con riferimento all'art. 117,  3°
comma, Cost., ed al  principio  di  leale  collaborazione  (art.  118
Cost., 1° comma). 
    In quel caso la norma censurata era l'art. 38, comma 1,  d.l.  n.
83/2012, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  134/2012,
nella parte in cui dispone: «... nel caso di mancata  espressione  da
parte delle amministrazioni regionali degli  atti  di  assenso  o  di
intesa, comunque denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7
e 8 del presente articolo, entro il termine di centocinquanta  giorni
dalla richiesta nonche' nel caso di mancata  definizione  dell'intesa
... il Ministero  dello  sviluppo  economico  invita  le  medesime  a
provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di
ulteriore  inerzia   da   parte   delle   amministrazioni   regionali
interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del
Consiglio  dei  Ministri,  la  quale,  entro  sessanta  giorni  dalla
rimessione, provvede in merito con la  partecipazione  della  regione
interessata...». 
    Orbene, in quell'ipotesi codesta Ecc.ma Corte ebbe a rigettare la
questione di legittimita', proposta dalla Regione  Basilicata,  sulla
base della circostanza che  la  norma  impugnata  mirava  a  superare
quelle forme di inerzia che danno luogo ad ingiustificate  stasi  del
procedimento. 
    Nella motivazione della sentenza si legge che la norma  impugnata
non meritava la censura  di  incostituzionalita'  in  quanto  facente
riferimento "... al caso  di  «mancata  espressione  da  parte  delle
amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa  comunque
denominati», al caso «di mancata definizione dell'intesa» e  ai  casi
«di mancato rispetto da parte  delle  amministrazioni  regionali  dei
termini per l'espressione dei pareri o per l'emanazione degli atti di
propria competenza». Dinanzi a queste fattispecie,  gia'  concretanti
di per se' forme  di  inerzia  delle  amministrazioni  regionali,  il
legislatore statale,  solo  in  caso  di  «ulteriore  inerzia»  delle
amministrazioni stesse, a seguito dell'invito rivolto  alle  medesime
di provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni, prevede
la rimessione degli atti alla Presidenza del Consiglio dei  ministri,
la quale  decide  in  merito  con  la  partecipazione  della  Regione
interessata." 
    In quel caso, dunque, codesta Ecc.ma Corte non ritenne  la  norma
incostituzionale solo in quanto la medesima contiene procedure idonee
a consentire le "reiterate  trattative"  assolutamente  necessarie  a
superare le divergenze. 
    Al  contrario,  le  norme  oggi  censurate  non  prevedono  alcun
sollecito  nei  confronti  delle   Regioni,   prima   di   addivenire
all'avocazione delle competenze in  favore  dello  Stato,  ne'  altre
procedure  di  reiterazione  delle  trattative,   ne',   infine,   la
partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento
statale (cfr. Corte Cost. sentenze n. 165 e n. 33 del 2011). Esse  si
limitano a prevedere l'intervento del Ministero come mera conseguenza
automatica della mancata conclusione del relativo procedimento in  un
termine   fisso,   con   sacrificio   della   sfera   di   competenza
costituzionalmente  attribuita  alla  Regione   e   violazione,   per
l'effetto, del principio di leale collaborazione. 
    Ne consegue, seguendo il  richiamato  ragionamento  giuridico  di
codesta Ecc.ma Corte, secondo cui le parti hanno l'onere di sostenere
un   dialogo   e   di   tenere   un   comportamento    collaborativo,
l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate. 
    Infine, si ritiene  utile,  riassumere  le  conseguenze  negative
delle norme impugnate dal punto di vista piu' strettamente tecnico. 
    In tale ottica, le disposizioni impugnate: 
        a) consentono  di  applicare  le  procedure  semplificate  ed
accelerate, proprie delle infrastrutture strategiche di cui al D.Lgs.
n. 163/2006, ad una intera categoria di interventi senza che  ne  sia
stata individuata alcuna priorita' reale; 
        b) rischiano che i benefici economici che il Governo  ritiene
di poter trarre dalla semplificazione delle  procedure  autorizzative
siano frustrati  dalla  mancanza  di  verifica  della  sostenibilita'
dell'impatto delle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione  e
stoccaggio delle risorse energetiche  nazionali,  sui  territori  sui
quali vanno ad insistere; 
        c) trasferiscono d'autorita' le VIA sulle attivita'  a  terra
dalle Regioni al Ministero dell'Ambiente senza neanche  tenere  conto
della  necessita'  di  esaurire  le   procedure   in   corso   presso
l'amministrazione che  le  ha  avviate  e  violando  le  disposizioni
costituzionali, artt. 117, 3° comma, e 118, in materia di  competenza
legislativa concorrente tra Stato e Regioni; 
        d) subordinano il  rischio  subsidenza  in  Adriatico  ad  un
incerto profitto economico; 
        e) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela  estesa
dell'ambiente e della biodiversita' rispetto a quanto disposto  dalla
Direttiva Offshore 2013/13/UE; 
        f) non rispettano l'attenzione  dedicata  alla  tutela  della
biodiversita', nonche' al ruolo delle Regioni e  degli  enti  locali,
dalla  nuova  Direttiva  2014/52/UE  sulla  Valutazione  di   Impatto
Ambientale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede   che   codesta   Ecc.ma   Corte   voglia   dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 37  e  38,  DL  133/2014,
quali  risultanti  dalla  legge  di  conversione  n.  164/2014,   per
contrasto con gli artt. 117,  3°  comma,  e  118,  1°  comma,  Cost.,
nonche' con l'art. 117, 1° comma, Cost., in relazione alla  Direttiva
94/22/CE recepita in Italia con D.lgs n. 625/1996. 
    Si depositano: 
        1) delibera di Giunta Regione Abruzzo n. 861/2014; 
        2) estratto relazione al disegno di legge di  conversione  n.
164/2014. 
 
        Roma, 19 dicembre 2014 
 
                        Avv. Manuela de Marzo