N. 18 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 gennaio 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 29 gennaio 2015  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Edilizia residenziale  pubblica  -  Norme  della  Regione  Abruzzo  -
  Riduzione dei canoni delle  locazioni  relative  al  patrimonio  di
  edilizia residenziale pubblica in regime di canone  concordato  con
  contratto non ancora stipulato alla data del 30  settembre  2014  -
  Ricorso del  Governo  -  Denunciata  violazione  del  principio  di
  copertura finanziaria per la mancata  indicazione  della  fonte  di
  finanziamento delle minori entrate. 
- Legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2014, n. 40, art. 3. 
- Costituzione, art. 81, comma terzo. 
Energia - Norme della Regione Abruzzo - Opere per le quali  e'  stata
  negata l'intesa - Previsione che la soluzione  per  la  quale  c'e'
  stato il diniego sara' valutata entro sei mesi, di concerto con gli
  organi statali competenti e in ottemperanza al principio  di  leale
  collaborazione,  con  le  soluzioni  alternative  elaborate   dalla
  Regione al fine di scegliere la proposta che accolga nel modo  piu'
  completo possibile le ragioni alla base del  diniego  e  che  abbia
  minore impatto  ambientale  e  sismico  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata  violazione  del  principio  di  buon  andamento   della
  pubblica  amministrazione  -  Lesione  della  sfera  di  competenza
  legislativa esclusiva statale  in  materia  di  livelli  essenziali
  delle prestazioni -  Violazione  dei  principi  fondamentali  posti
  dalla  legislazione  statale  nella   materia   concorrente   della
  "produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia"  -
  Violazione del principio di leale collaborazione per la  previsione
  di una forma d'intesa non paritaria. 
- Legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2014, n. 40, art. 4. 
- Costituzione, artt. 97, 117, commi secondo, lett. m) (in  relazione
  agli artt. 14-quater, comma 3, e 29, comma  2-ter,  della  legge  8
  agosto 1990, n. 241), e terzo, e 118; legge 23 agosto 2004, n. 239,
  art. 1, commi 7, lett. n), e 8, lett. b), n. 2. 
(GU n.11 del 18-3-2015 )
    Ricorso n. 18 depositato il 29 gennaio 2015  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del  Consiglio  dei
Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale
dello Stato (CF  80224030587  per  il  ricevimento  degli  atti,  FAX
06/96514000 e PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i  cui
uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,
contro la Regione Abruzzo (CF 80003170661) in persona del  Presidente
della Giunta Regionale pro tempore, P.zza S. Giusta Palazzo  Centi  -
L'Aquila - cap 67100 
 
       Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale 
 
    della Legge della Regione Abruzzo n. 40  del  12  novembre  2014,
pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n.  47  del
26-11-2014, recante "Modifiche ed integrazioni all'art. 2 della  L.R.
28 aprile 2014, n. 16, all'articolo 14 della L.R.  25  ottobre  1996,
96, alla L.R. 10 marzo 2008, n. 2 ed ulteriori norme  in  materia  di
edilizia residenziale pubblica", ed in particolare, gli artt. 3  e  4
della legge, come da delibera del Consiglio dei Ministri in  data  20
gennaio 2015. 
 
                                Fatto 
 
    La legge della  Regione  Abruzzo  n.  40  del  12  novembre  2014
presenta profili di  illegittimita'  costituzionale  con  riferimento
agli articoli 3 e 4, per i motivi  di  seguito  specificati,  e  deve
pertanto  essere  impugnata  ai   sensi   dell'articolo   127   della
Costituzione. 
1) L'articolo 3 presenta profili di illegittimita' costituzionale per
contrasto con l'articolo 81, comma 3, della Costituzione. 
    La disposizione dispone una riduzione dei canoni delle  locazioni
relative al patrimonio di edilizia residenziale pubblica in regime di
canone concordato con contratto non ancora stipulato alla data del 30
settembre 2014. 
    In particolare, per i canoni superiori a 250  euro,  e'  prevista
una riduzione percentuale pari al cinquanta  per  cento  sull'importo
eccedente detto limite. 
    Tale previsione, determinando una riduzione delle  entrate  delle
ATER, comporta minori entrate a carico del  bilancio  regionale,  non
quantificate e a fronte delle quali non e' indicata la relativa fonte
di finanziamento, con conseguente violazione dell'art. 81,  comma  3,
Cost. 
2) L'articolo 4 presenta profili di illegittimita' costituzionale per
contrasto con  l'articolo  117,  comma  3,  della  Costituzione  (con
riferimento  alla  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia»), con l'art. 118, comma 1 della Costituzione,
e con l'articolo 97 della  Costituzione,  per  i  motivi  di  seguito
specificati. 
    La disposizione impugnata introduce  l'articolo  1.1  alla  legge
regionale 10 marzo 2008,  n.  2  (recante  "Provvedimenti  urgenti  a
tutela del territorio regionale"), prevedendo che "sulle opere per le
quali e' stata negata l'intesa, la soluzione per la  quale  e'  stata
data la negazione sara' valutata  e  comparata  entro  sei  mesi,  di
concerto con gli organi  statali  competenti  e  in  ottemperanza  al
principio di  leale  collaborazione,  con  le  soluzioni  alternative
elaborate dalla Regione al fine di scegliere la proposta che  accolga
nel modo piu' completo possibile le ragioni alla base della negazione
e che abbia  minore  impatto  ambientale  e  il  piu'  basso  impatto
sismico". 
    Preliminarmente, occorre osservare che  il  generico  riferimento
alle "opere per le quali e' stata negata l'intesa" potrebbe  apparire
come il seguito di quanto disposto  nell'articolo  1  della  medesima
legge regionale n. 2/2008, il quale detta disposizioni programmatiche
per il  rilascio  dell'intesa  prevista  dall'articolo  1,  comma  7,
lettera n) della legge 23 agosto  2004,  n.  239  (attribuzioni  allo
Stato delle  funzioni  amministrative  relative  alle  determinazioni
inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di  idrocarburi,  ivi
comprese  le  funzioni  di  polizia  mineraria,  adottate,   per   la
terraferma, di intesa con le amministrazioni interessate). 
    Il  suddetto  riferimento,  tuttavia,   potrebbe   anche   essere
interpretato in senso ampio, in modo da  considerare  la  norma  come
volta a disciplinare, in via generale, le  modalita'  di  risoluzione
del dissenso tra Regione e amministrazioni  statali,  in  tutti  quei
procedimenti nei quali l'amministrazione  regionale  e'  chiamata  ad
esprimere la propria intesa "forte", la cui negazione impone  l'avvio
di idonee procedure  per  consentire  reiterate  trattative  volte  a
superare le divergenze. 
    Questa  seconda  interpretazione  pare  avvalorata,   oltre   che
dall'ampiezza della dizione  utilizzata  dal  legislatore  regionale,
della collocazione sistematica della  norma  in  un  articolo  a  se'
stante e dell'assenza di riferimento alle  opere  di  coltivazione  e
ricerca di idrocarburi disciplinate  all'articolo  1  della  l.r.  n.
2/2008. 
    In questo caso, nell'ambito delle "opere per cui e' stata  negata
l'intesa" dovrebbero annoverarsi tutte le opere energetiche  soggette
ad intesa regionale, ovunque localizzate,  tra  cui  i  gasdotti,  le
centrali di spinta e quant'altro. 
    Orbene, non  vi  e'  dubbio  che  le  intese  disciplinate  dalla
disposizione  censurata,  in  entrambe  le  interpretazioni  offerte,
ineriscano a materia di competenza statale. 
    La Corte costituzionale ha in piu'  occasioni  affermato  che  la
disciplina di riordino del settore energetico contenuta nella  l.  n.
239/2004 e, in particolare, le disposizioni contenute all'articolo 1,
comma 7, lettera n) (che attribuisce allo  Stato  "le  determinazioni
inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di  idrocarburi,  ivi
comprese  le  funzioni  di  polizia  mineraria,  adottate,   per   la
terraferma, di intesa  con  le  regioni  interessate");  e  comma  8,
lettera b), numero 2 (che attribuisce allo  Stato  "l'individuazione,
di intesa con  la  Conferenza  unificata,  della  rete  nazionale  di
gasdotti"), costituiscono  principi  fondamentali  nella  materia  di
potesta'   legislativa   concorrente   «produzione,    trasporto    e
distribuzione  nazionale  dell'energia»  (C.  cost.   nn.   124/2010;
282/2009; 383/2005). 
    Analogamente, afferiscono alla materia  di  potesta'  legislativa
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia»  l'articolo  29,  comma  2,  lettera  g)  del   decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che riserva  allo  Stato  funzioni
amministrative e autorizzatorie in materia  di  impianti  costituenti
parte della rete energetica nazionale  (sentenze  n.  313/2010  e  n.
383/2005) e la disciplina relativa ai procedimenti di  autorizzazione
di  infrastrutture  lineari  energetiche  contenuta  nella  legge  n.
330/2004, modificativa del D.P.R. 327/2001. 
    Tali  disposizioni  hanno   ridefinito   in   modo   unitario   i
procedimenti di autorizzazione delle maggiori infrastrutture  lineari
energetiche, posta la necessita' di riconoscere un ruolo fondamentale
agli organi  statali  nell'esercizio  delle  corrispondenti  funzioni
amministrative (sul punto, C. cost., sentenza n. 6/2004,  Considerato
in diritto, punti 6 ss). 
    La competenza legislativa statale in questi casi e' effetto della
c.d. "chiamate in sussidiarieta'" (cfr. C. cost. n. 303/2003),  e  la
previsione  di  forme  di  collaborazione  e  coordinamento  con   le
autonomie ne e' conseguenza fondamentale. 
    La Corte costituzionale  al  riguardo  ha  riconosciuto  che  "E'
oramai principio acquisito nel rapporto tra  legislazione  statale  e
legislazione regionale che quest'ultima possa venire spogliata  della
propria capacita' di disciplinare la funzione amministrativa attratta
in  sussidiarieta',  a  condizione  che  cio'  si   accompagni   alla
previsione di un'intesa in sede di esercizio della funzione, con  cui
poter recuperare un'adeguata autonomia...(sentenze n. 383 e n. 62 del
2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)" (C. cost. n. 278/2010). 
    Al riguardo, la giurisprudenza costituzionale ha  anche  chiarito
che la disciplina di detta intesa rientra nei  principi  fondamentali
di competenza dello Stato. 
    Con la sentenza  n.  121  del  2010,  in  particolare,  la  Corte
costituzionale   ha   chiarito   che   la   disciplina   dell'intesa,
caratterizzata dalla paritaria codeterminazione dell'atto, "non  deve
attribuire ad alcuna delle parti «un ruolo preminente,  incompatibile
con il regime dell'intesa »; non e' legittima  infatti  «la  drastica
previsione, in  caso  di  mancata  intesa,  della  decisivita'  della
volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione  di
un parere  il  ruolo  dell'altra»  (sentenza  n.  24  del  2007).  Il
superamento  delle  eventuali  situazioni  di  stallo   deve   essere
realizzato attraverso  la  previsione  di  idonee  procedure  perche'
possano  aver  luogo  «reiterate  trattative  volte  a  superare   le
divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo»  (sentenza
n. 339 del 2005). Se queste cautele sono valide per tutti casi in cui
sia prevista un'intesa, esse acquistano una pregnanza particolare nel
sistema dei rapporti tra Stato e Regioni, in cui sono da integrare la
potesta' unificatrice del primo  e  le  autonomie  costituzionalmente
tutelate delle seconde". 
    La  Corte  costituzionale  ha  inoltre  chiarito  che  "forme  di
collaborazione e coordinamento -  pure  auspicabili  -  tra  apparati
statali, regionali e  di  enti  locali,  che  coinvolgano  compiti  e
attribuzioni   dello   Stato   non   possano   essere    disciplinati
unilateralmente   e   autoritativamente   dalle    Regioni    nemmeno
nell'esercizio della loro potesta' legislativa, ma debbono trovare il
loro fondamento o presupposto in leggi statali  che  le  prevedano  o
consentano, o in accordi  tra  gli  enti  interessati"  (sentenze  n.
322/2006; n. 104/2010). 
    Sul punto, la Corte costituzionale ha ulteriormente  specificato,
con la sentenza n. 331 del 2010, che, ferma restando la necessita' di
garantire forme di collaborazione tra Stato e Regioni per l'esercizio
delle relative funzioni amministrative da  rinvenire,  per  il  grado
piu'  elevato,  nell'intesa  tra  Stato  e  Regione  interessata  "la
disciplina normativa di  queste  forme  collaborative  e  dell'intesa
stessa spetta, di conseguenza, al legislatore che sia titolare  della
competenza legislativa in materia, sia laddove questi sia chiamato  a
dettare  una  disciplina  esaustiva  con  riferimento   alla   tutela
dell'ambiente, sia laddove la legge nazionale si  debba  limitare  ai
principi  fondamentali,  con  riferimento   all'energia.   Anche   in
quest'ultimo caso determinare le forme e i modi della collaborazione,
nonche'  le  vie  per  superare  l'eventuale  stallo  ingenerato  dal
perdurante dissenso  tra  le  parti,  caratterizza,  quale  principio
fondamentale, l'assetto normativo vigente e le stesse opportunita' di
efficace conseguimento degli  obiettivi  prioritari,  affidati  dalla
Costituzione alla cura del legislatore statale". 
    In altre parole, e' pacifico che il compito di garantire adeguate
forme di collaborazione tra i  diversi  apparati  dello  Stato  e  di
disciplinare tali forme di collaborazione, tra  le  quali  la  stessa
intesa, spetta, come principio fondamentale caratterizzante l'assetto
normativo vigente, al  legislatore  statale,  sia  nelle  materie  di
competenza legislativa esclusiva che nelle  materie  di  legislazione
concorrente, escludendo quindi possibili interventi in tal  senso  da
parte del legislatore regionale. 
    Questa conclusione e' da ritenersi valida anche nel caso  in  cui
nella normativa statale manchino  i  principi  fondamentali  volti  a
guidare il legislatore  regionale  per  superare  il  dissenso  della
Regione nella conclusione dell'intesa. 
    Anche  quando  questo  si  verifichi,   la   procedura   per   il
raggiungimento    dell'intesa    non    puo'    essere    determinata
unilateralmente dal legislatore regionale, senza violare  i  principi
di sussidiarieta' e leale collaborazione. 
    Se infatti cio' fosse  possibile,  si  potrebbe  giungere  a  una
procedura di  superamento  del  dissenso  diversa  per  ogni  regione
italiana, con conseguente vulnus  non  solo  del  principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa sancito dall'articolo 97,  comma
1, della Costituzione, ma anche dell'esigenza di unitarieta' che,  in
quanto espressione dell'articolo 118, comma 1, della Costituzione, e'
fondamento della "chiamata in  sussidiarieta'"  e,  conseguentemente,
dell'intesa stessa. 
    Alla luce di  quanto  osservato,  e'  evidente  che  entrambe  le
interpretazioni  della  disposizione  regionale  impugnata  sono   da
considerarsi  affette  dai  denunciati  profili   di   illegittimita'
costituzionale  in  quanto.   interferendo   indebitamente   con   la
competenza legislativa  statale,  disciplinano  in  modo  unilaterale
forme  di  collaborazione  e  coordinamento  che  coinvolgono   anche
attribuzioni  e  compiti  dello  Stato  in  materia  di   produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. 
    Infine, occorre precisare che, se si accoglie  la  seconda  delle
interpretazioni offerte, la disposizione  impugnata  viola  altresi',
l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. 
    Il procedimento unico di autorizzazione di infrastrutture lineari
energetiche disciplinato dalla legge n. 330/2004, infatti, prevede la
convocazione della conferenza dei servizi  ai  sensi  della  legge  7
agosto 1990, n. 241. 
    La  norma  regionale,  prevedendo  un   meccanismo   alternativo,
contrasta con l'art. 14-quater, comma 3, della legge 8  agosto  1990,
n. 241, che  disciplina  un  apposito  procedimento  di  composizione
d'interessi  confliggenti  da  seguire  nelle  ipotesi   di   diniego
dell'intesa e che costituisce, ai sensi dell'art. 29, comma 2-ter, l.
n. 241/1990, norma afferente ai livelli essenziali delle  prestazioni
di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione. 
    Per questi motivi, si chiede l'annullamento degli articoli 3 e  4
della legge della Regione  Abruzzo  n.  40/2014  dinanzi  alla  Corte
Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   Costituzionale   voglia
dichiarare costituzionalmente  illegittima  la  Legge  della  Regione
Abruzzo n. 40 del 12 novembre 2014, nella sua interezza  e,  in  ogni
caso, gli artt. 3 e 4 della medesima L.R. n. 40/2014, pubblicata  sul
Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo  n.  47  del  26  novembre
2014, recante "Modifiche ed integrazioni all'art.  2  della  L.R.  28
aprile 2014, n. 16, all'articolo 14 della L.R. 25 ottobre  1996,  96,
alla L.R. 10 marzo 2008, n.  2  ed  ulteriori  norme  in  materia  di
edilizia residenziale pubblica", come da delibera del  Consiglio  dei
Ministri in data 20 gennaio 2015. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1.  estratto  della  delibera  del  Consiglio  dei   Ministri
20-1-2015; 
        2. copia della Legge regionale impugnata; 
        3. rapporto della Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri  -
Dipartimento degli Affari Regionali. 
    Con ogni salvezza. 
          Roma, addi' 21 gennaio 2015 
 
                L'Avvocato dello Stato: Vincenzo Rago