N. 33 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2014
Ordinanza del 12 dicembre 2014 del Tribunale di Milano nel procedimento civile promosso da J. D. P. contro INPS. Straniero - Pensione di invalidita' civile per i sordi ed indennita' di comunicazione - Condizioni - Titolarita' della carta di soggiorno - Lesione del principio di solidarieta' sociale - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo dell'ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee a seguito di pronunce della Corte costituzionale (sent. nn. 11/2009 e 187/2010) - Violazione di norme di diritto internazionale generalmente riconosciute - Lesione del principio di tutela della salute - Violazione della garanzia assistenziale. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 19. - Costituzione, artt. 2, 3, 10, 32 e 38.(GU n.11 del 18-3-2015 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO sezione lavoro Il Giudice dott. Tullio Perillo, letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n. 8107/2014 RGL pendente tra J. D. P. e INPS, sciogliendo la riserva assunta in data 12 dicembre 2014 cosi' rileva. Con ricorso al Tribunale di Milano, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 10 luglio 2014, J. D. P. ha convenuto in giudizio INPS per l'accertamento del diritto alla indennita' di comunicazione e alla pensione di invalidita' civile per sordi. Si e' ritualmente costituito in giudizio INPS contestando in fatto e in diritto l'avversario ricorso. Nel presente giudizio e' pacifico che il ricorrente, a seguito di domanda di invalidita' civile, in data 22 aprile 2010, veniva riconosciuto dalla Commissione sanitaria presso l'Asl sordo senza necessita' di revisione, salvo non aver ottenuto il riconoscimento della pensione di inabilita' civile ai sordomuti nonche' dell'indennita' di comunicazione, avendo l'istituto previdenziale evidenziato come non risulti titolare di carta di soggiorno o permesso di soggiorno di lungo periodo; tale e', peraltro, l'unico elemento valorizzato dall'ente previdenziale per disconoscere il diritto dell'odierno istante. Pertanto nel presente giudizio, essendo pacifico il possesso, in capo all'odierno istante, del requisito reddituale di legge, l'unica ragione del contendere, riguarda il requisito della prolungata permanenza nel territorio italiano secondo la previsione dell'articolo 80, comma 19, legge n. 388/2000 che cosi' dispone: Ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno: per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani e' consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni. Inoltre l'art. 41 del d.lgs. n. 286/1998 cosi' prevede: Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonche' i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti. Per quanto di ulteriore interesse la «carta di soggiorno» e' disciplinata dall'art. 9 del d.lgs. n. 286/1998 - ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo - come modificato dall'art. 1. d.lgs. n. 3/2007, ed il suo rilascio presuppone il possesso da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validita'. Come noto, la Corte costituzionale, fin dalla la sentenza n. 11 del 14-23 gennaio 2009, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Diposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) - come modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, e poi sostituito dall'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) - nella parte in cui escludono che la pensione di inabilita', di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti dalla carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. L'ente previdenziale convenuto ha peraltro insistito nel valorizzare l'assenza, in capo all'istante, quantomeno del requisito del soggiorno in Italia da almeno 5 anni. A tale proposito, tuttavia, va evidenziato, che la Corte costituzionale, con sentenza 28 maggio 2010, n. 187, con specifico riferimento alla necessita' della titolarita' del permesso di soggiorno di lunga durata CE ai fini del riconoscimento del beneficio di cui all'art. 13 legge n. 118/1971 ha osservato che «cio' che dunque assume valore dirimente, ai fini dell'odierno scrutinio, non e' tanto la configurazione "nominalistica" dello specifico strumento previdenziale che puo' venire in discorso, quanto, piuttosto, il suo concreto atteggiarsi nel panorama degli istituti di previdenza, cosi' da verificarne la relativa "essenzialita'" agli effetti della tutela dei valori coinvolti. Occorre, in altri termini, accertare se, alla luce della configurazione normativa e della funzione sociale che e' chiamato a svolgere nel sistema, lo specifico "assegno" che viene qui in discorso integri o meno un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento dei "bisogni primari" inerenti alla stessa sfera di tutela della persona umana, che e' compito della Repubblica promuovere e salvaguardare; rimedio costituente, dunque, un diritto fondamentale perche' garanzia per la stessa sopravvivenza del soggetto. D'altra parte, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha sottolineato come, "in uno Stato democratico moderno, molti individui, per tutta o parte della loro vita, non possono assicurare il loro sostentamento che grazie a delle prestazioni di sicurezza o di previdenza sociale". Sicche', "da parte di numerosi ordinamenti giuridici nazionali viene riconosciuto che tali individui sono bisognosi di una certa sicurezza e prevedono, dunque, il versamento automatico di prestazioni, a condizione che siano soddisfatti i presupposti stabiliti per il riconoscimento dei diritti in questione" (la gia' citata decisione sulla ricevibilita' del 6 luglio 2005, Stelo ed altri contro Regno Unito). Ove, pertanto, si versi in tema di provvidenza destinata a far fronte al "sostentamento" della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, avuto riguardo alla relativa lettura che, come si e' detto, e' stata in piu' circostanze offerta dalla Corte di Strasburgo». Da tale argomentazione ne e' derivato l'ulteriore rilievo (con specifico riferimento all'assegno di invalidita') che [...] si tratta, dunque, all'evidenza, di una erogazione destinata non gia' ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di "sostentamento", atto ad assicurarne la sopravvivenza; un istituto, dunque, che si iscrive nei limiti e per le finalita' essenziali che questa Code - anche alla luce degli enunciati della Corte di Strasburgo - ha additato come parametro di ineludibile uguaglianza di trattamento tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dal che deriva che la previsione di cui all'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000 deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dell'assegno mensile di invalidita' di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. Cio' che deve valorizzarsi e', quindi la circostanza che il requisito individuato come rilevante dalla Consulta per i cittadini extraconnunitari e' l'essere legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato; trattasi evidentemente di un requisito che non attiene alla stabilita' della condizione, ma all'effettivita' della stessa in senso sostanziale. Posta tale premessa, e' quindi evidente che, al fine del decidere il presente giudizio, il diritto della parte ricorrente e' condizionato all'interpretazione del complesso normativo sopra richiamato, che, subordinando l'accesso a determinati benefici previdenziali e assistenziali alla titolarita' della carta di soggiorno, appare in violazione dei precetti costituzionali ed in particolar modo degli articoli 2, 3, 10, 32 e 38, in quanto in violazione delle norme poste a tutela del diritto alla salute nonche' in relazione al principio di non discriminazione degli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. Tuttavia non si puo' che convenire con la piu' recente giurisprudenza di legittimita', la quale ha avuto modo di evidenziare la necessita' di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, in quanto la normativa di riferimento non consente una interpretazione costituzionalmente orientata ne' tantomeno puo' ritenersi che le pronunce gia' espresse per altre prestazioni possano essere estese oltre i limiti di efficacia delle pronunce costituzionali, cosi' come del pari va esclusa la possibilita' di ravvisare un contrasto ai sensi dell'articolo 14 CEDU trattandosi di norma di principio senza efficacia diretta nell'ordinamento (Cass., ordinanza n. 11053 del 20 maggio 2014 da intendersi in questa sede integralmente richiamata ai sensi dell'articolo 118 disp. att. cpc). Per quanto detto va sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 80, comma 19, legge n. 388/2000 attesa, da un lato, la evidente rilevanza della questione al fine del decidere nonche' la non manifesta infondatezza della questione stessa attese le pronunce gia' rese dal Giudice delle Leggi su analoga materia e l'impossibilita' di una interpretazione costituzionalmente conforme. Visto l'art. 23 legge n. 87/1953,
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 80, comma 19, legge n. 388/2000 nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di invalidita' civile per sordi e della indennita' di comunicazione; Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina alla Cancelleria che la presente ordinanza venga notificata alle parti del presente giudizio, al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati. Milano, 12 dicembre 2014 Il Giudice: Perillo