N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2014

Ordinanza  del  25  novembre  2014  del  Tribunale  di  Imperia   nel
procedimento civile promosso da Tropea Pierpaolo e  Ediltech  Sas  di
Meres Marius Ioan & C contro Provincia di Imperia.. 
 
Illecito amministrativo - Sanzioni - Cumulo giuridico nell'ipotesi di
  continuazione - Esclusione salvo  che  l'ipotesi  di  continuazione
  concerna la materia della previdenza e  assistenza  obbligatorie  -
  Ingiustificato trattamento  piu'  favorevole  per  le  sanzioni  in
  materia di assistenza e previdenza obbligatorie. 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art.  8,  comma  secondo,  aggiunto
  dall'art. 1-sexies del  decreto-legge  2  dicembre  1985,  n.  688,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1986, n. 11. 
- Costituzione, art. 3, primo comma. 
(GU n.14 del 8-4-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI IMPERIA 
 
 
                           Sezione Civile 
in composizione  monocratica,  in  persona  del  G.O.T.  Avv.  Andrea
                               Saccone 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai  sensi  degli  artt.  134
Cost. e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, nella causa civile iscritta  al
n. 1398/2014 R.G.A.C. del Tribunale di Imperia, promossa  da:  Tropea
Pier Paolo e Ediltech s.a.s. di Meres Marius Ioan  &  C.,  ricorrenti
contro  provincia  di  Imperia,   resistente   avente   ad   oggetto:
opposizione  a  ordinanza  ingiunzione  ex  artt.  22  e  ss.   Legge
n._689/981. 
 
                        Osservato e ritenuto 
 
    1. A mezzo di ricorso ex artt. 22 e ss. L.  689/1981,  depositato
in Cancelleria  il  14  maggio  2014,  il  sig.  Pier  Paolo  Tropea,
residente in La Loggia (TO) e Ediltech s.a.s. di Meres Marius Ioan  &
C.,  corrente  in  Poirino   (TO),   impugnavano   il   provvedimento
dirigenziale della Provincia di Imperia n. R 18 del 2 aprile  2014  -
ordinanza ingiunzione emessa ai  sensi  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 e Legge n. 689/1981 (violazione degli artt. 193, comma  1  -
lett. b) e 258, comma 4 del decreto legislativo n. 152/2006), con  la
quale era stata determinato ed ingiunto il pagamento  della  sanzione
amministrativa di euro 16.200,00 oltre euro 7,20 per spese postali. 
    Infatti, come da verbale n. 3/24 del 18 aprile 2009  redatto  dal
Comando Carabinieri per la Tutela dell'ambiente  -  Nucleo  Operativo
Ecologico di Genova, a mezzo del quale era stato accertato  a  carico
del sig. Pier Paolo Tropea che  «quale  produttore  trasportatore  di
rifiuti  speciali  non  pericolosi  (macerie  cod.  c.e.r.  17.09.04)
effettuava il trasporto dei medesimi con  formulari  contenenti  dati
incompleti», era risultato che in n. 10 formulari  emessi  tra  il  6
ottobre 2008 ed il 21 ottobre 2008, in corrispondenza del riquadro  6
era stata omessa la quantita' dei rifiuti caricati ed in partenza dal
cantiere di Ospedaletti (IM). 
    Con  provvedimento  del  22  maggio  2014  non  veniva   concessa
l'invocata sospensione dell'impugnata ordinanza  ingiunzione,  stante
la carenza dei requisiti richiesti dall'art. 5, comma 2  del  decreto
legislativo n. 150/2011, con contestuale fissazione  dell'udienza  di
discussione per il 15 ottobre 2014, all'esito della  quale  la  causa
era assunta a riserva. 
    2. A  scioglimento  di  detta  riserva,  preliminarmente  occorre
esaminare l'istanza di  ammissione  delle  prove,  per  interpello  e
testi, formulata dai ricorrenti; con riferimento ai singoli  capitoli
di prova, riportati alle pagine 8 e 9 del  ricorso  introduttivo,  il
capitolo n. 1 non e' ammissibile, in quanto  la  circostanza  non  e'
rilevante ai fini del decidere e, comunque, risulta  documentalmente;
anche il capitolo n. 2 non ha alcuna rilevanza ai fini  del  decidere
e,  come  tale,  non  e'  ammissibile;  il  capitolo  n.  3  non   e'
ammissibile, perche'  oltre  ad  essere  carente  di  ogni  specifico
riferimento   spazio-temporale,   non   puo'   che   essere   provato
documentalmente. 
    I motivi di impugnazione non sono accoglibili, per quanto segue: 
        l'eccepita nullita'/inesistenza della notificazione  eseguita
nei confronti dell'obbligata  in  solido  Ediltech  s.a.s.  di  Meres
Marius Ioan & C. in luogo di Ediltech s.n. c. di Tropea Pier Paolo  &
C. non ha fondamento, in quanto,  come  esattamente  osservato  dalla
resistente,  trattasi   di   trasformazione   societaria   comprovata
dall'identico numero di partita Iva  di  entrambe  le  societa',  con
applicazione del disposto di cui all'art. 2498 Cod. Civ.; 
        l'eccepita carenza dei requisiti dell'impugnato provvedimento
non e' fondata: la  pena  pecuniaria  applicata  e'  pari  al  minimo
edittale (la Provincia di Imperia ha precisato che e' stato  indicato
l'importo di  euro  16.200,00  anziche'  16.000,00  per  mero  errore
materiale) e, come tale non necessita di motivazione in  ordine  alla
quantificazione; trasgressore ed obbligato in solido sono esattamente
individuati, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.  6,  comma  3
della Legge n. 689/1981, nonche' comma 4 della medesima  disposizione
per l'ipotesi di regresso che evita  la  duplicazione  paventata  dai
ricorrenti; 
        il fatto che i rifiuti siano stati pesati  a  destinazione  e
non  anche  alla  partenza  concretizza   l'illecito   amministrativo
contestato, atteso che i dati  del  formulario  erano  effettivamente
incompleti,  cosi'  come  richiesto  dalla  normativa  gia'   citata,
nonche', in particolare, dall'allegato B al D.M. Ambiente  1°  aprile
1998 n. 145,  disposizioni  che,  del  tutto  logicamente,  intendono
garantire la non alterazione del quantitativo dei rifiuti durante  il
trasporto, imponendo l'indicazione sia della quantita' alla  partenza
sia del «peso da verificarsi a destino»;  ne  consegue  che  ne'  una
diversa indicazione del formulario ne' l'asserita  impossibilita'  di
provvedere alla  pesatura  in  partenza  ne'  una  ipotetica  diversa
interpretazione sono in grado  di  modificare  l'illecito  contestato
ovvero addivenire all'annullamento della sanzione. 
    In ogni caso, si deve dare atto  che,  dall'esame  dei  formulari
prodotti, effettivamente, risulta che il sig.  Tropea  ha  effettuato
otto e non  dieci  trasporti,  dovendosi  pertanto  conteggiare  otto
violazioni di legge. 
    3. Ritiene il giudicante di dover sollevare d'ufficio, in  quanto
rilevante  e  non   manifestamente   infondata,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, ultima parte  del  comma  2,
della legge 24 novembre 1981  n.  689,  limitatamente  alle  seguenti
parole «in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie». 
    3.1  La  questione  e'  certamente  rilevante,  in  quanto  nella
fattispecie   ai   ricorrenti   andrebbe   comminata   una   sanzione
amministrativa pari ad  euro  12.800,00  derivante  dall'applicazione
della pena pecuniaria minima edittale,  stabilita  in  euro  1.600,00
dall'art.  258,  comma  4  del  decreto  legislativo   n.   152/2006,
moltiplicata per il numero dei formulari, pari a otto (e  non  dieci)
attribuibili ai trasporti del sig. Tropea, peraltro effettuati in  un
arco temporale di soli giorni quindici e sempre sul medesimo percorso
Ospedaletti - Dolceacqua: in sostanza, cosi'  come  impone  l'art.  8
della legge n. 689/1981 si dovrebbe  applicare  il  cumulo  materiale
delle sanziona. 
    3.2 La questione non puo' dirsi manifestamente infondata  ne'  e'
possibile l'interpretazione della norma costituzionalmente orientata,
per i seguenti motivi. 
    Originariamente l'art. 8 della  legge  n. 689/1981  era  composto
solamente dal seguente comma: «Salvo che sia  diversamente  stabilito
dalla  legge,  chi  con  un'azione   od   omissione   viola   diverse
disposizioni che prevedono sanzioni amministrative  o  commette  piu'
violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista
per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo». 
    Successivamente,  in  data   31   gennaio   1986,   per   effetto
dell'entrata in vigore del decreto-legge  2  dicembre  1985  n.  688,
convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  31  gennaio  1986   n.
11 (nella Gazzetta Ufficiale 31 gennaio  1986),  l'art.  1-sexies  ha
aggiunto, al citato art. 8 della legge n. 689/1981,  i  seguenti  due
comma: «Alla stessa sanzione prevista dal  precedente  comma soggiace
anche chi con piu' azioni od  omissioni,  esecutive  di  un  medesimo
disegno posto in essere  in  violazione  di  norme  che  stabiliscono
sanzioni amministrative,  commette,  anche  in  tempi  diversi,  piu'
violazioni della stessa o di diverse norme di  legge  in  materia  di
previdenza ed assistenza obbligatorie. 
    La disposizione di cui al precedente comma si applica anche  alle
violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore  della  legge
di conversione del decreto-legge 2  dicembre  1985, n.  688,  per  le
quali non sia gia' intervenuta sentenza passata in giudicata». 
    E'  evidente  che  le  singole  norme  che  compongono  l'art.  8
impongono,  senza  possibilita'  di  diversa  interpretazione   della
lettera  della  legge,  l'applicazione  del  cumulo  materiale  delle
sanzioni escludendo difformi possibilita' di quantificazione  se  non
per la materia della previdenza ed assistenza obbligatorie. 
    Ne consegue che l'impossibilita' di applicare il cumulo giuridico
delle pene  in  presenza  di  concorso  formale  o  continuazione  di
illeciti amministrativi diversi da quelli in materia di previdenza ed
assistenza obbligatorie,  consente  di  dubitare  della  legittimita'
costituzionale  della  norma,  anche  alla  luce   delle   successive
argomentazioni e motivazioni, con riferimento  all'art.  3,  comma  1
della Costituzione, stante la disparita' di trattamento  nel  calcolo
delle pene previste. 
    3.3 Questo giudice e' a conoscenza dell'ordinanza n. 139  del  15
aprile 2014  (atto  di  promovimento)  emessa  dalla  I  Sezione  del
Consiglio di Stato, pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  1^  Serie
Speciale - Corte costituzionale n. 37 del 3 settembre 2014,  a  mezzo
della quale e' stata  sollevata  analoga  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Anche  al  fine  di  condividere  il  contenuto   dell'autorevole
precedente, si richiamano e si fanno  proprie  le  seguenti  testuali
argomentazioni: «L'art. 8 della legge 24 novembre 1981 n.  689  sulle
sanzioni amministrative, contenente «Modifiche al sistema penale», ha
introdotto  nel  sistema  sanzionatorio  amministrativo   il   cumulo
giuridico conispondente a quello previsto per le  pene  dall'art.  81
del codice penale, ossia  il  concorso  formale  al  primo  comma,  e
successivamente, al secondo comma, la continuazione,  in  particolare
disponendo «(I) ... chi con  un'azione  od  omissione  viola  diverte
disposizioni che prevedono sanzioni amministrative  o  commette  piu'
violazioni della stessa disposizione, soggiace sanzione prevista  per
la violazione piu' grave, aumentala sino al triplo. (II) Alla  stessa
sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche  chi  con  piu'
azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere
in violazione di  norme  che  stabiliscono  sanzioni  amministrative,
commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa  o  di
diverse norme  di  legge  in  materia  di  previdenza  ed  assistenza
obbligatorie», e percio' limita la continuazione,  e  il  conseguente
cumulo giuridico delle pene, alle sole violazioni di leggi in materia
di previdenza ed assistenza obbligatorie (vedersi,  in  proposito  la
sentenza 21 giugno 2010 n. 19659, citata nella relazione ministeriale
e che richiama  la  costante  giurisprudenza  d'inapplicabilita'  del
«concorso materiale» fiori del  caso  predetto).  La  Sezione  dubita
della legittimita'  costituzionale  della  predetta  limitazione  (in
materia di previdenza ed assistenza obbligatorie»),  con  riferimento
all'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione.  La  questione   e'
rilevante,  sia  per  l'infondatezza  delle  tre  censure  assorbenti
rispetto al quarto  motivo  -  con  le  quali  il  ricorrente  chiede
l'annullamento   dell'intera   provvedimento,    sia    perche'    la
continuazione  nell'illecito   e'   espressamente   affermata   nella
motivazione del provvedimento, laddove si dice che «e' stato messo in
atto un meccanismo di sconto sui premi  della  clientela,  per  poter
acquisire  il  maggior  numero  di  polizze  e  non  perdere   quelle
esistenti», sia infine perche' l'applicazione  del  cumulo  giuridico
delle sanzioni previsto dal secondo comma dell'art. 8 della legge  n.
689 del 1981 comporterebbe una sanzione complessiva massima inferiore
a quella irrogata (sanzione massima per  ciascuna  violazione  10.000
euro,  aumentati  fino   al   triplo   30.000   euro,   ulteriormente
raddoppiabili in presenza delle aggravanti, peraltro non  contestate,
della particolare gravita' o della  ripetizione  dell'illecito;  art.
324  del  decreto  legislativo  citato).  Circa  la   non   manifesta
infondatezza della questione, valgono le osservazioni  seguenti.  Gli
istituti del cumulo giuridico e dell'assorbimento delle  sanzioni  in
determinati casi di concorso di illeciti, cioe'  di  piu'  violazioni
della legge penale da parte  della  stessa  persona,  hanno  origine,
appunto, nel sistema penale. Il codice penale  del  1889,  dopo  aver
posto con  gli  artt.  da  67  a  77  le  regole  per  l'applicazione
cumulativa delle pene nel  caso  di  concorso  di  condanne,  prevede
all'art. 78 il corso formale: «colui che con un medesimo fratto viola
diverse disposizioni di legge»; e con l'art. 79 la  continuazione,  o
concorro materiale  di  reati  collegati  da  un  unico  fine:  «Piu'
violazioni della stessa disposizione di legge, anche se  commesse  in
tempi diversi, con atti  esecutivi  della  medesima  risoluzione,  si
considerano come mi solo reato», prevedendo per il  concorso  formale
il sistema dell'assorbimento, cioe' dell'applicazione della sola pena
piu' grave tra quelle stabilite dalla legge per i  diversi  reali,  e
per la continuazione il sistema del cumulo giuridico delle  sanzioni,
ossia dell'aumento della pena con una quota o per un multiplo;  nelle
specie, da un terzo alla meta'. Il codice penale vigente, emanalo con
regio decreto 19 ottobre 1930 n. 1398, nell'intento di rafforzare  la
repressione  dei  reati,  per  il  concorso  formale   ha   eliminato
l'assorbimento disponendo il cumulo materiale delle pene  secondo  le
normali regole, e ha inasprito  il  cumulo  giuridico  per  il  reato
continuato. Recitava l'art. 81 «Piu' violazioni di una o  di  diverse
disposizioni di legge con una o piu' azioni. Reato continuato:   «(I)
chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni  di
legge o commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge
e' punito a norma degli articoli precedenti.   (II)  Le  disposizioni
degli articoli precedenti non si applicano a chi, con piu' azioni  od
omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche
in tempi diversi, piu'  violazioni  della  medesima  disposizione  di
legge, anche se di diversa gravita'. (III) In  tal  caso  le  diverse
violazioni si considerano mine un solo mito e si applica la pena  che
dovrebbe infliggersi per la piu'  grave  delle  violazioni  commesse,
aumentata fino al triplo».  Infine  l'art.  8  del  decreto-legge  1°
aprile 1974 n. 99 convertito nella legge 7  giugno  1974  n.  220  ha
sostituito il testo art. 81 del codice  penale  con  quello  vigente,
prevedendo il sistema  del  cumulo  giuridico  sia  per  il  concorso
formale sia per la continuazione ed estendendo quest'ultima  al  caso
di piu'  violazioni  di  diverse  disposizioni  di  legge:  «Concorso
formale. Reato continuato. (I) E' punito con  la  pena  che  dovrebbe
infliggersi per la violazione piu' grave alimentata  sino  al  triplo
chi con una sola azione od omissione viola  diverse  disposizioni  di
legge ovvero commette piu' violazioni della medesima disposizione  di
legge (II). 
    Alla stessa pena soggiace  chi  con  piu'  azioni  od  omissioni,
esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche  in  tempi
diversi piu' violazioni della stessa o  di  diverse  disposizioni  di
legge. (III) Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena  non  puo'
essere superiore a quella  che  sarebbe  applicabile  a  norma  degli
articoli precedenti». Va da se' che la finalita'  delle  disposizioni
trascritte e' quella di non pervenire a pene complessive spropositate
quando la pluralita' di reati consiste pur  sempre  in  una  medesima
azione od omissione, in un medesimo /atto secondo la terminologia del
1889 (concorso formale), o in una condotta, o comportamento,  diretta
a un unico fine (continuazione). Quando il legislatore ha messo mano,
con quella che sarebbe divenuta  la  legge  n.  689  del  1981,  alla
disciplina generale degl'illeciti amministrativi, il disegno di legge
339 approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 18 settembre
1980 all'art. 6, intitolato  «Piu'  violazioni  di  disposizioni  che
prevedono Sanzioni amministrative», prevedeva  soltanto  il  concorso
formale: «Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge,  chi  con
un'azione od  omissione  viola  diverse  disposizioni  che  prevedono
sanzioni amministrative  o  commette  piu'  violazioni  della  stessa
disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione  piu'
grave, aumentata sino al triplo». Il testo fu  soppresso  dal  Senato
(testo trasmesso alla Camera il 17  giugno  1981)  essendo  stato,  a
quanto si legge nel resoconto della seduta della IV commissione della
Camera del 22 luglio 1981, ritenuto superfluo perche' la disposizione
era ricavabile dai  principi  generali;  ma  fu'  ripristinato  dalla
Camera, nella seduta del 10  settembre  1981  della  IV  commissione,
sempre con la previsione del cumulo giuridico per il concorso formale
di illeciti. 
    In tale testo e' stato emanato l'art. 8 della legge  n.  689  del
1981. Il cumulo giuridico per la continuazione fu introdotto 1-sexies
della legge 31 gennaio 1986  n.  11,  di  conversione  in  legge  del
decreto-legge 2 dicembre 1985 n.  688  recante  misure  urgenti,  tra
l'altro,  in  materia   previdenziale,   nel   quadro   della   lotta
all'evasione contributiva, allo scopo di evitare una pesantezza delle
sanzioni che avrebbe potuto scoraggiare gli  evasori  a  mettersi  in
regola (seduta della Camera del 24 gennaio  1986).  Ne  e'  risultato
l'attuale  secondo  comma  dell'art.  8,  secondo  cui  «Alla  stessa
sanzione prevista dal precedente  comma  (per  il  concorso  formale)
«soggiace anche chi con piu' azioni od  omissioni,  esecutive  di  un
medesimo  disegno  posto  in  essere  in  violazione  di  norme   che
stabiliscono  sanzioni  amministrative,  commette,  anche  in   tempi
diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse nonne di legge  in
materia di previdenza ed assistenza obbligatorie; e la limitazione e'
dovuta a null'altro che alla circostanza che la  normativa  in  esame
atteneva alla materia previdenziale, senza  nessuna  riconsiderazione
del sistema  sanzionatorio  generale.  Cosi'  ricostruito  il  quadro
normativo, la Sezione si prospetta  il  dubbio  che  la  limitazione,
cosi' introdotta, della continuazione alle sole violazioni in materia
di  previdenza  ed  assistenza   obbligatorie   crei   un'irrazionale
disparita' di trattamento, tra chi  appunto  commetta  violazioni  in
materia  previdenziale  e  assistenziale  e  chi  commetta   illeciti
amministrativi in altre materie. Non  si  dubita  che  rientri  nella
discrezionalita'   del   legislatore   prevedere   in   un    sistema
sanzionatorio l'uno o l'altro trattamento del concorso d'illeciti,  e
prevedere il cumulo giuridico delle sanzioni  per  il  solo  concorso
formale e non anche per l'illecito continuato o viceversa (per quanto
la mancata previsione della continuazione gia' nel  testo  originario
della legge n. 689 del 1981 sembri essere stata piuttosto casuale che
voluta); e neppure che il legislatore possa  sottrarre  al  beneficio
del  tumulo  giuridico,  assoggettandole  al  cumulo  materiale,   le
sanzioni per violazioni attinenti a  una  determinata  materia  nella
quale ritenga sussistenti ragioni per usare un particolare rigore. La
questione piu' specifica e' se il legislatore possa, introducendo  in
una  legge  recante  la   disciplina   generale   sulla   repressione
degl'illeciti amministrativi, con una legge settoriale,  un  istituto
parimenti  generale  di  mitigazione  delle  sanzioni  qual   e'   la
continuazione, limitano alla sola  materia  considerata  dalla  legge
settoriale, cosi' immotivatamente escludendolo  da  tutte  le  altre;
tanto piu' che la continuazione, come istituto di  mitigazione  delle
sanzioni appunto, in linea di principio e salvo ragionevoli eccezioni
e' valido per la generalita' delle leggi repressive. Il caso in esame
e' emblematico della questione che si  solleva,  perche'  l'Autorita'
disciplinale, pur fissando nel minimo la sanzione-base, e'  pervenuta
a una sanzione complessiva di 108.000 euro, che rappresenta il minimo
per il concorso materiale (il  massimo  sarebbe  stato  di  1.080.000
euro); o, se si vuole, ha dovuto fissare nel minimo la  sanzione-base
per contenere il cumulo materiale, il  quale  in  ogni  caso  sarebbe
cresciuto a dismisura e senza limite  se  solo  l'accertamento  fisse
avvenuto in una data successiva. La Sezione non ignora che  la  Corte
costituzionale con due ordinanze, 27 luglio 1989 n. 468 e 19  gennaio
1995 n. 23, ha dichiarato manifestamente inammissibile  la  questione
sopra  prospettata,  sul  rilievo   che   la   discrezionalita'   del
legislatore  preclude  un'intervento  additivo  «nel  configurare  il
concorso fra violazioni omogenee, o anche ha  violazioni  eterogenee,
nonche'  (e  soprattutto)  nel   predisporre   un'idonea   disciplina
organizzativa in ordine all'accertamento ed alla contestazione  della
continuazione»; e nondimeno si  auspica  una  riconsiderazione  della
questione alla luce delle argomentazioni sopra  svolte;  da  un  lato
considerando che non sembra  essersi  trattato  di  discrezionalita',
quale potrebbe esservi nel sottrarre  una  determinata  materia  alla
disciplina  generale  della  continuazione,   quanto   piuttosto   di
casualita'  dovuta  ad  un  intervento  settoriale;  dall'altro   non
comprendendosi il richiamo, contenuto nelle suddette ordinanze,  alla
necessita' di una disciplina organizzativa in ordine all'accertamento
e alla contestazione della continuazione. 
    3.4 Pur condividendo la fondatezza della soprariportata ordinanza
del massimo consesso amministrativo, sembra  opportuno  un  ulteriore
approfondimento,  in  considerazione   del   fatto   che   la   Corte
costituzionale ha avuto modo di occuparsi di  identica  questione  di
legittimita', non solamente in occasione delle ordinanze  citate  dal
Consiglio  di  Stato,  ma  anche  in  quella  di  poco   antecedente,
depositata il 19 novembre 1987 con il n. 421. 
    In detta ordinanza, la Corte costituzionale aveva gia' dichiarato
la manifesta infondatezza delle questioni  sollevate  in  riferimento
all'originario testo dell'art. 8 Legge n. 689/1981 che, all'epoca era
composto dal solo primo comma, cosi' argomentando: 
        quanto alla parte in cui prevede il  cumulo  giuridico  delle
sanzioni amministrative per la sola ipotesi  di  concorso  formale  e
noti anche per l'ipotesi in cui gli illeciti vengano commessi in modo
continuato,   ha   rilevato,   da   una   parte,    «che    l'ipotesi
del concorso formale  -  consistente  nella  realizzazione  di   piu'
illeciti mediante  una  sola  azione  od  omissione  e'  ben  diversa
dall'ipotesi   dalla   continuazione,   consistente   invece    nella
realizzazione di piu' illeciti mediante  piu'  azioni  od  omissioni,
seppure attuate in esecuzione di un medesimo disegno» e,  dall'altra,
«che la Corte costituzionale,  con  sentenza  n.  217/1972,  ha  gia'
statuito che il dare al concorso di reati una diversa disciplina agli
effetti della pena, distinguendo quando si deve applicare il criterio
generale del cumulo materiale e quando invece il criterio particolare
del cumulo giuridico, non pone in  essere  discriminazioni  ai  sensi
dell'art. 3 della Costituzione, in quanto ciascun istituto opera  nei
riguardi di tutti coloro che si trovano nella situazione o condizione
prevista»; 
        quanto  alla  parte   in   cui   non   estende   all'illecito
amministrativo il regime previsto dall'art. 81 cod. pen. per il reato
continuato, in  primo  luogo  ha  osservato  «che  il  raffronto  tra
previsioni  della  disciplina   penale   e   previsioni   di   quella
amministrativa e' scarsamente significata, se si tiene conto che  tra
le due categorie di illeciti esistono sostanziali  diversita',  anche
sul piano costituzionale»; quindi ha ricordato  «che  il  legislatore
del 1981 ha disciplinato l'illecito amministrativo anche con  ricorso
ad istituti di diritto civile (v. l'art. 6 in tema di responsabilita'
solidale e l'art. 28 in tema di prescrizione),  di  modo  che  appare
insussistente la omogeneita' della  disciplina  penale  e  di  quella
amministrativa»;  infine,  ha   sostenuto   «che   l'istituto   della
continuazione  si  fonda  sulla  esistenza  di  un  medesimo  disegno
criminoso,  per  il  cui  accertamento  si  richiede   una   indagine
psicologica, irrilevante invece  per  l'illecito  amministrativo  (v.
art. 3 della legge n. 689/1981)». 
    Questo giudice ritiene  di  poter  sottoporre  un  riesame  della
questione di legittimita' costituzionale  prospettata  in  forza  del
fatto che, come gia' anticipato,  all'originario  testo  dell'art.  8
sono stati aggiunti il secondo ed il terzo comma che hanno introdotto
significative eccezioni all'obbligo  di  quantificazione  della  pena
pecuniaria con il solo cumulo materiale: detti comma sono entrati  in
vigore il 31 gennaio 1986, in epoca di  poco  antecedente  ovvero  di
poco  successiva  alle  date  delle  cinque  diverse   ordinanze   di
rimessione, le quali non ne fanno cenno. 
    Inoltre,  per  apportare  un  ulteriore  contributo  al   riesame
dell'argomentazione portante dell'ordinanza n. 421/1987, laddove sono
state sottolineate le  differenze  tra  la  disciplina  sanzionatoria
penale  e  quella  amministrativa,  appare  quanto   mai   necessario
confrontare la Legge n. 689/1981 con il decreto  legislativo  del  18
dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in  materia  di  sanzioni
amministrative  per  le  violazioni  di  norme  tributarie,  a  norma
dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662). 
    Entrambe le normative disciplinano in  modo  uguale,  spesso  con
enunciazioni e terminologie del tutto identica, i  seguenti  principi
generali: il principio di legalita' e quello  di  non  retroattivita'
della sanzione (art. 1 della Legge n. 689/1981 e art. 3  del  decreto
legislativo n. 472/1997);  la capacita' di  intendere  e  di  volete,
nonche' l'irrilevanza dell'elemento psicologico nel  soggetto  attivo
(artt. 2 e 3  della  Legge  689/1981  e  artt.  3  e  4  del  decreto
legislativo n. 472/1997); il concorso di persone  e  la  solidarieta'
(artt. 5 e 6 della Legge n. 689/1981 e  artt.  9  e  11  del  decreto
legislativo  n.  472/1997);  l'intrasmissibilita'  agli  eredi  della
sanzione (art. 7 della  Legge  n.  689/1981  e  art.  8  del  decreto
legislativo n. 472/1997). 
    Le richiamate norme disciplinano, di  fatto,  l'identica  materia
delle sanzioni amministrative, con la  precisazione  che  il  decreto
legislativo n. 472/1997 riguarda la materia tributaria, la quale  non
e' altro che una species del  piu'  ampio  genus  disciplinato  dalla
Legge n. 681/1981, in tema di sanzioni amministrative. 
    Tuttavia, mentre l'art. 8, comma 2 di quest'ultima  non  permette
di applicare il regime sanzionatorio piu'  favorevole  previsto  solo
per  la  continuazione  in  materia  di  previdenza   ed   assistenza
obbligatorie, l'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n.  472/1997
ha sostituito il precedente cumulo materiale con il cumulo  giuridico
delle pene per il concorso di violazioni e la continuazione. 
    3.5  Ne  consegue  che  una  cosi'  macroscopica  disparita'   di
trattamento ha introdotto nell'assetto ordinamentale un  elemento  di
irrazionalita' che  esula  dalle  scelte  fondate  su  considerazioni
politico-discrezionale che, in quanto tali e ai  sensi  dell'art.  28
della Legge n. 87/1953, non possono neppure  costituire  oggetto  del
sindacato della Corte  costituzionale,  essendo  ammissibile  il  suo
intervento al fine di addivenire ad una soluzione non solo logica, ma
anche  costituzionalmente  legittima,  dovendosi  escludere   profili
rimessi in via esclusiva alla sola discrezionalita' del  legislatore,
il quale, comunque, non puo' non tenere in debito conto il  principio
di uguaglianza. 
    Ribadite tutte le argomentazioni e le motivazioni prospettate dal
Consiglio di Stato e da questo giudice, 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    solleva d'ufficio la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 2, della Legge  24  novembre  1981  n.  689,  come
modificato dall'art. 1-sexies della Legge  31  gennaio  1986  n.  11,
limitatamente alle parole «in materia  di  previdenza  ed  assistenza
obbligatorie», in riferimento all'art. 3, comma 1 della Costituzione,
ritenendola rilevante e non manifestamente infondata; 
        sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste; dispone  che,  a  cura  della
Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata a  tutte  le  parti
del processo e al Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'
comunicata  ai  Sigg.ri  Presidente  della  Camera  dei  Deputati   e
Presidente del Senato della Repubblica. 
 
        Imperia, 25 novembre 2014 
 
                       Il G.O.T.: Avv. Saccone