N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 maggio 2015
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 maggio 2015 (della Regione Campania). Bilancio e contabilita' pubblica - Anticipazioni del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie - Previsione, ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che il menzionato fondo di rotazione e' autorizzato ad anticipare, nei limiti delle proprie disponibilita', gli oneri finanziari derivanti dalle predette sentenze, entro i termini di scadenza fissati dalle Istituzioni europee - Previsione che il fondo di rotazione stesso provvede al reintegro delle somme anticipate mediante rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, anche con compensazione con le risorse accreditate dall'Unione europea per il finanziamento di interventi comunitari riguardanti iniziative a titolarita' delle stesse amministrazioni e corrispondenti cofinanziamenti nazionali - Ricorso della Regione Campania - Denunciata violazione dei principi costituzionali sulla decretazione d'urgenza, per l'introduzione con la legge di conversione di un emendamento disomogeneo, nonche' dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione dell'autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali - Lesione del principio di coordinamento della finanza pubblica - Violazione del principio di leale collaborazione per la mancanza di previa intesa. - Decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, art. 4-bis. - Costituzione, artt. 77, 97, 114, comma secondo, 117, comma terzo, 118, commi primo e secondo, 119, 120, 121 e 123.(GU n.21 del 27-5-2015 )
Ricorso della Regione Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi della delibera della Giunta regionale n. 171 del 31 marzo 2015, giusta procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Maria D'Elia (c.f. DLEMRA53H42F839H) e Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) dell'Avvocatura regionale, e dal Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto (c.f. CRVBMN54D19H501A), del libero foro, ed elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla Via Poli, n. 29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it); Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 4-bis, del d.l. 5 gennaio 2015, n. 1, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della citta' e dell'area di Taranto», introdotto dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 5 marzo 2015, n. 53, per violazione degli articoli 77, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 121, 123 e 97 e 120 della Costituzione. Fatto Con decreto-legge n. 1 del 5 gennaio 2015, il Governo ha adottato «Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della citta' e dell'area di Taranto». La legge di conversione n. 20/2015 ha introdotto l'art. 4-bis, che statuisce: «All'articolo 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, dopo il comma 9 e' inserito il seguente: "9-bis. Ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e' autorizzato ad anticipare, nei limiti delle proprie disponibilita', gli oneri finanziari derivanti dalle predette sentenze, entro i termini di scadenza fissati dalle Istituzioni europee. Il fondo di rotazione provvede al reintegro delle somme anticipate mediante rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, sentite le stesse, anche con compensazione con le risorse accreditate dall'Unione europea per il finanziamento di interventi comunitari riguardanti iniziative a titolarita' delle stesse amministrazioni e corrispondenti cofinanziamenti nazionali"». La disposizione sopra richiamata consente dunque il recupero delle somme necessarie a dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia europea, attraverso l'anticipazione delle predette somme dal fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, mediante rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato la sentenza di condanna, «sentite le stesse». Le richiamate disposizioni del decreto-legge n. 1 del 2015 risultano gravemente lesive delle prerogative della Regione ricorrente, in quanto viziate da manifesta illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto 1. Illegittimita' dell'art. 4-bis del d.l. n. 1 del 2015, per contrasto con gli articoli 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 121, 123 e 97 e 120 Cost. Come visto nella parte in «fatto», l'art. 4-bis disciplina il recupero, a valere sul Fondo di rotazione, delle somme erogate in esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia, prevedendo la possibilita' per il Fondo di rivalersi sulle amministrazioni che abbiano dato causa alla condanna sentite le stesse. Ebbene, le disposizioni in esame, cosi' come formulate, appaiono in primo luogo lesive degli art. 119 e 120 Cost. L'art. 119, infatti, come noto, prevede che i Comuni, le Province, le Citta' Metropolitane e le Regioni hanno autonomia di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. Tale disposizione, dunque, garantisce piena autonomia finanziaria alle regioni, autonomia che non puo' non tradursi anche nella possibilita', per l'ente, di scegliere quali spese limitare a vantaggio di altre. Ed infatti, se secondo il costante orientamento di Codesta ecc.ma Corte costituzionale, le norme statali recanti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica possono «porre obiettivi di riequilibrio della medesima», ma non devono prevedere «in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 284 e n. 237 del 2009) e devono lasciare alle Regioni «la possibilita' di scegliere in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenze n. 156 del 2010 e n. 341 e n. 237 del 2009), appare del tutto evidente che tale principio debba essere esteso altresi' al caso in cui l'obiettivo del legislatore sia assicurare l'osservanza dei vincoli economici derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Pertanto, non puo' non ritenersi che il coinvolgimento della Regione nel procedimento di rivalsa per quanto erogato a valere sul Fondo di rotazione debba avere i caratteri dell'intesa in senso forte, con la quale si stabiliscano le modalita' di restituzione degli importi nonche' i termini per l'adempimento. Differentemente, in assenza di un'intesa su questi profili, le Regioni si vedrebbero spogliate autoritativamente di risorse finanziarie destinate allo svolgimento di propri compiti istituzionali, e che invece dovrebbero essere reindirizzate a scopi differenti imposti dalla legge statale, cosi' incidendo sull'autonomia organizzativa e sulla programmazione delle attivita' regionali. Le scelte di spesa compiute dall'ente territoriale risulterebbero pertanto alterate, senza possibilita' di dar preferenza a determinati tagli piuttosto che ad altri, ridondando altresi' nella violazione dell'art. 97 Cost. Del resto, la necessita' di un'intesa di tale tipo e' confermata dalla formulazione dei commi precedenti a quello qui in esame. In particolare, il comma 6 dell'art. 43 della legge n. 234/2012 prevede che «La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3 e 4, e' stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entita' del credito dello Stato nonche' l'indicazione delle modalita' e dei termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati piu' decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato». A sua volta, il comma 7 stabilisce che «I decreti ministeriali di cui al comma 6, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalita' di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa e' di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entita' del credito dello Stato e l'indicazione delle modalita' e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa e' recepito, entro un mese dal perfezionamento, con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze, che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati piu' provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma». Da ultimo, il comma 8 dispone che «In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati piu' provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma». Come si vede, dunque, differentemente dal comma 9-bis introdotto dal d.l. n. 1 del 2015, i commi precedenti, ed in particolare il comma 7, si esprimono in termini di intesa. Non si vede, dunque, secondo quale logica gli enti territoriali possano essere coinvolti in termini di intesa quando il procedimento di rivalsa passi per il Ministero dell'economia, e invece solo «sentiti» quando a rivalersi sia il Fondo di rotazione che abbia anticipato le somme dovute all'Unione europea. L'irragionevole - anche alla luce dei commi precedenti - formulazione del comma 9-bis, introdotto con l'art. 4-bis del d.l. n. 1 del 2015, lede, pertanto, altresi' il principio di leale collaborazione sancito dall'art. 120 Cost., in virtu' del quale la coesistenza di diversi livelli di governo sul territorio comporta inevitabilmente la necessita' di individuare forme di collaborazione e di concertazione, al fine di evitare ogni possibilita' di insorgenza di conflitti sul piano amministrativo. Ed infatti, come sancito dalla costante e pacifica giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte costituzionale, «il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti. La genericita' di questo parametro, se utile per i motivi sopra esposti, richiede tuttavia continue precisazioni e concretizzazioni. Queste possono essere di natura legislativa, amministrativa o giurisdizionale, a partire dalla ormai copiosa giurisprudenza di questa Corte» (Corte cost., sent. n. 31 del 2006). Il rispetto di tale principio generale richiede dunque, nel caso di specie, l'osservanza di un dovere di cooperazione istituzionale che si esprime attraverso l'intesa ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131/2003, adottata in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza Unificata, luoghi che rappresentano le sedi di confronto tra i differenti livelli di governo territoriale. Peraltro, nemmeno potrebbe invocarsi, per giustificare la mera consultazione della Regione, il rilievo degli interessi menzionati nella legge statale, e dunque la dichiarata esigenza - nel caso in esame - di evitare un grave danno all'erario. Codesto ecc.mo Collegio ha infatti avuto modo di chiarire come «Il rilievo nazionale degli interessi menzionati nella norma censurata non e' da solo sufficiente a rendere legittimo il superamento dei limiti alla potesta' legislativa dello Stato e delle Regioni fissati dal riparto costituzionale delle competenze», ed altresi' che la Costituzione non consente "che una situazione di necessita' «possa legittimare lo Stato ad esercitare funzioni legislative in modo da sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli enti territoriali [...].» (Corte cost., sent. n. 39 del 2013). Alla luce di tutto quanto sopra, le disposizioni si pongo in contrasto con gli articoli 119 e 120 Cost., e devono pertanto essere dichiarate illegittime. 2. Illegittimita' dell'art. 4-bis del d.l. n. 1 del 2015, per contrasto con l'articolo 77 Cost. Sotto diverso profilo, occorre rilevare che le disposizioni contenute nell'art. 4-bis sono state introdotte dalla legge di conversione n. 20 del 2015 al d.l. n. 1 del 2015, recante «Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della citta' e dell'area di Taranto», e integrano pertanto un emendamento del tutto disomogeneo con il contenuto e le finalita' del menzionato decreto-legge. A tal proposito, e' in primo luogo opportuno ribadire che codesta ecc.ma Corte, con giurisprudenza costante, ha ritenuto ammissibili le questioni di legittimita' costituzionale prospettate da una Regione nell'ambito di un giudizio in via principale anche in riferimento a parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V della Costituzione riguardanti il riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, quando la violazione ridondi su tali competenze o in generale sull'autonomia regionale. In particolare, con riferimento all'art. 77 Cost., codesta ecc.ma Corte ha spesso ribadito «che le Regioni possono impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione del medesimo art. 77, "ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). Ed infatti, attraverso l'utilizzo dello strumento del decreto-legge, lo Stato vincola le Regioni utilizzando uno strumento improprio, ammesso dalla Costituzione per esigenze del tutto diverse. Inoltre, l'approvazione di una disposizione attraverso la corsia accelerata della legge di conversione pregiudica la possibilita' per le regioni di rappresentare le proprie esigenze nel corso del procedimento legislativo. In secondo luogo, e' appena il caso di ricordare come la giurisprudenza costituzionale abbia ripetutamente sostenuto l'inammissibilita' degli emendamenti disomogenei inseriti durante la procedura di conversione per «difetto di omogeneita'», ovvero per la mancanza di un «nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte nella legge di conversione» (Corte cost., sent. nn. 22 del 2012 e 32 del 2014). Ed infatti, il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, ovvero un atto normativo fornito di intrinseca coerenza delle norme in esso contenute, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. Pertanto, la semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'. Con particolare riferimento alla natura della legge di conversione, codesta ecc.ma Corte ha poi ritenuto che tale provvedimento normativo debba essere inteso come «legge a competenza tipica», che non puo' ospitare qualsiasi contenuto ulteriore ma deve esclusivamente rimanere entro il novero degli oggetti normativi individuati originariamente nel decreto-legge. Pertanto, l'aggiunta di ogni altra norma che non rientrasse nel perimetro segnato dalle norme originarie importerebbe un uso improprio del potere di conversione, interrompendo quel «legame essenziale tra decreto-legge e legge di conversione, presupposto dalla sequenza delineata dall'art. 77, secondo comma, Cost.». In tali circostanze, si determina un «vizio procedurale peculiare» che colpisce le stesse norme eterogenee e che spetta alla Corte costituzionale stessa accertare - in relazione all'apprezzamento politico operato dal Governo e controllato dal parlamento -, attraverso un «esame del contenuto sostanziale delle singole disposizioni aggiunte in sede parlamentare poste a raffronto con l'originario decreto-legge». All'esito di tale esame le eventuali disposizioni «intruse» risulteranno «affette da vizio di formazione, per violazione dell'art. 77 Cost., mentre saranno fatte salve tutte le componenti dell'atto che si pongano in linea di continuita' sostanziale, per materia o per finalita', con l'originario decreto-legge» (Sent. n. 32/2014). Tale orientamento costituzionale afferma chiaramente che l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponde a mere esigenze di «buona tecnica normativa», ma e' imposto dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce «un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario». La facolta' di emendamento, pertanto, trova un preciso limite nella impossibilita' di interrompere la sequenza tipica prevista dall'art. 77, secondo comma, Cost. Qualora venisse spezzato il nesso di «interrelazione funzionale» esistente tra le norme del decreto-legge e della legge di conversione si produrrebbe un vizio radicale nella formazione della legge conversione per «carenza» dei suoi presupposti, e non per mancanza dei requisiti di necessita' ed urgenza. Orbene, con specifico riferimento al caso di specie, risulta del tutto evidente la disomogeneita' dell'emendamento inserito dalla legge n. 20/2015. In sede di conversione del d.l. che reca «disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della citta' e dell'aree di Taranto», infatti, la disposizione normativa - che contiene numerose disposizioni inerenti alle imprese che gestiscano stabilimenti industriali, ed in particolar modo a quelle adiacenti la zona di Taranto -, in maniera del tutto disomogenea e incoerente, provvede ad inserire altresi' la disciplina di carattere generale del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. Tale intervento risulta evidentemente estraneo alla finalita' generale e al carattere strutturale della modifica normativa introdotta in sede di conversione del richiamato decreto di straordinaria necessita' e urgenza, e deve pertanto essere dichiarato illegittimo per violazione dell'art. 77 Cost.
P.Q.M. La Regione Campania, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 4-bis, del d.l. 5 gennaio 2015, n. 1, per violazione degli artt. 77, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 121, 123 e 97 e 120 della Costituzione. Roma-Napoli, 4 maggio 2015 Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto Avv. Maria D'Elia Avv. Almerina Bove