N. 136 ORDINANZA 10 giugno - 7 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Miniere, cave e torbiere -  Concessione  di  giacimento  minerario  a
  terzo - Cessione temporanea del diritto di scavo  -  Riconoscimento
  al titolare del diritto sul giacimento di un  indennizzo  o  di  un
  compenso. 
- Legge della Regione Lombardia 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per
  la disciplina della coltivazione di  sostanze  minerali  di  cava),
  artt. 23, comma 1, e 24, comma 1. 
-   
(GU n.28 del 15-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 23, comma
1, e 24, comma 1, della legge della Regione Lombardia 8 agosto  1998,
n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione  di  sostanze
minerali di cava), promosso dal  Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia nel procedimento vertente tra P.G.  ed  altro  e  la
Provincia di Varese  ed  altri  con  ordinanza  del  2  maggio  2014,
iscritta al n. 147 del registro ordinanze  2014  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  39,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014. 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2015  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   la
Lombardia,  con  ordinanza  del  2  maggio  2014,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 42, terzo comma, e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in relazione  all'art.  1  del  Protocollo  addizionale
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 23, comma  1,  e
24, comma 1, della legge della Regione Lombardia 8 agosto 1998, n. 14
(Nuove  norme  per  la  disciplina  della  coltivazione  di  sostanze
minerali di cava); 
    che il Tribunale rimettente espone  di  essere  stato  adito  per
l'annullamento,   «previa   rimessione   degli   atti   alla    Corte
costituzionale», del provvedimento con  il  quale  il  dirigente  del
settore Ecologia ed Energia della Provincia di Varese ha assegnato in
concessione a terzi alcuni terreni di proprieta' dei  ricorrenti  per
la coltivazione di una cava, con la determinazione di  un  indennizzo
annuale; 
    che, sviluppati analiticamente i motivi  di  censura  prospettati
dai ricorrenti circa l'illegittimita' costituzionale di una serie  di
disposizioni della richiamata legge della Regione Lombardia n. 14 del
1998 e le repliche delle controparti, il TAR rappresenta, in punto di
rilevanza, che le disposizioni censurate costituiscono il  fondamento
normativo del provvedimento impugnato, il quale andrebbe annullato se
queste venissero dichiarate incostituzionali; 
    che l'art. 23, comma 1 - nel disporre, in caso di concessione del
giacimento a terzi,  che  al  titolare  del  diritto  sul  giacimento
medesimo sia corrisposto, per il periodo di durata della concessione,
un indennizzo annuo pari al 30 per cento del  valore  agricolo  delle
aree delimitate nel  provvedimento  di  concessione,  determinato  ai
sensi delle leggi statali - prevedrebbe un criterio di determinazione
dell'indennizzo «astratto e predeterminato (quale quello  del  valore
agricolo)», svincolato dall'effettivo valore di  mercato  dei  suoli,
tale da non garantire agli aventi diritto un indennizzo  integrale  o
ragionevole, «in netto contrasto  con  l'art.  1,  primo  protocollo,
allegato alla Convenzione  CEDU»,  nell'interpretazione  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo e, cosi', in violazione dell'art.  117,
primo comma, Cost.; 
    che sarebbe anche violato  l'art.  42,  terzo  comma,  Cost.,  in
quanto  si  adotterebbe  un  criterio  di  indennizzo  «simbolico  ed
irrisorio», tale da non rappresentare per il proprietario  un  «serio
ristoro», tenuto conto della vocazione produttiva dell'area; 
    che    di    detta    disposizione    risulterebbe    impossibile
un'interpretazione «conforme alle statuizioni convenzionali»; 
    che, per «le medesime ragioni», e  con  riferimento  ai  medesimi
parametri,  sarebbe  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 1, della
legge regionale n. 14 del 1998, nella parte in  cui  dispone  che  il
titolare del diritto  sul  giacimento,  benche'  diffidato  ai  sensi
dell'art. 22, comma 2, della stessa legge regionale, ove  ritenga  di
non presentare domanda di autorizzazione alla coltivazione, possa far
pervenire, a chi abbia presentato la richiesta  di  coltivazione  del
giacimento, una proposta  irrevocabile  di  cessione  temporanea  del
diritto di scavo, ad un compenso annuo  pari  al  30  per  cento  del
valore agricolo delle aree interessate dal giacimento. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 42, terzo comma,  e
117, primo comma, della Costituzione, in  relazione  all'art.  1  del
Protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848, questione di legittimita'  costituzionale  degli
artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, della legge della Regione Lombardia
8  agosto  1998,  n.  14  (Nuove  norme  per  la   disciplina   della
coltivazione di sostanze  minerali  di  cava),  nella  parte  in  cui
prevedono, rispettivamente, a proposito di coltivazione  di  sostanze
minerali di cava, che in caso di concessione del giacimento a  terzi,
al titolare del diritto sul giacimento medesimo sia corrisposto,  per
il periodo di durata della concessione, un indennizzo annuo  pari  al
30  per  cento  del  valore  agricolo  delle  aree   delimitate   nel
provvedimento  di  concessione,  determinato  ai  sensi  delle  leggi
statali; e, ancora, che  il  titolare  del  diritto  sul  giacimento,
benche' diffidato ai sensi dell'art. 22, comma 2, della stessa  legge
regionale, ove ritenga di non presentare  domanda  di  autorizzazione
alla coltivazione, possa far pervenire, a  chi  abbia  presentato  la
richiesta di coltivazione del giacimento, una  proposta  irrevocabile
di cessione temporanea del diritto di scavo,  ad  un  compenso  annuo
pari al 30 per cento del valore agricolo delle aree  interessate  dal
giacimento; 
    che, in particolare, l'art. 23, comma 1, stabilendo  un  criterio
di determinazione dell'indennizzo «astratto e predeterminato»,  senza
alcuna considerazione dell'effettivo  valore  di  mercato  dei  suoli
sulla base delle  loro  «caratteristiche  essenziali»  e  della  loro
«possibile utilizzazione economica», assicurerebbe all'avente diritto
un  indennizzo  «del  tutto  irragionevole,  irrisorio  e   meramente
simbolico»; 
    che, percio', esso contrasterebbe con l'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla  CEDU,
per come interpretato dalla  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,
secondo la quale «una misura che costituisce un'ingerenza nel diritto
al  rispetto  dei  beni  di  una  persona  fisica  o  giuridica  deve
realizzare un  "giusto  equilibrio"  tra  le  esigenze  di  interesse
generale della comunita'  ed  il  principio  della  salvaguardia  dei
diritti e delle liberta' fondamentali», «aggiungendo che, in caso  di
espropriazione  isolata  di  un  terreno,  soltanto   un   indennizzo
integrale puo' essere considerato ragionevole»; 
    che risulterebbe anche violato l'art. 42, terzo comma, Cost., per
come costantemente  interpretato  da  questa  Corte,  nel  senso  che
l'indennita' da corrispondere in ogni procedimento di tipo  ablatorio
deve comunque rappresentare un «serio ristoro» per l'interessato; 
    che la questione relativa all'art. 24, comma 1, risulta priva  di
adeguata  motivazione  sulla  rilevanza,  dal  momento   che   questa
disposizione, censurata  «per  le  medesime  ragioni»  prospettate  a
proposito dell'art. 23, comma 1,  riguarda,  come  si  e'  ricordato,
l'ipotesi della volontaria cessione temporanea del diritto  di  scavo
da  parte  del  titolare  del  diritto  sul  giacimento,  diversa   e
alternativa rispetto a quella di cui al predetto art. 23,  sulla  cui
base, invece, e' stato adottato il provvedimento  di  concessione  di
cui si controverte nel giudizio a quo; 
    che, peraltro, il Tribunale rimettente - limitandosi a  lamentare
che il previsto criterio di indennizzo non consenta al  titolare  del
diritto sul giacimento, gravato dell'onere della concessione a terzi,
di  ottenere,  per  il  suo  sacrificio,  un  «serio  ristoro»  o  un
corrispettivo «ragionevole» - formula un petitum privo di indicazioni
di  tipo  emendativo,  devolvendo  a  questa  Corte  il  compito   di
prescegliere, fra le molteplici soluzioni astrattamente ipotizzabili,
quella da adottare come risolutiva delle problematiche enunciate; 
    che tale indeterminatezza finisce per risolversi nella  richiesta
di una non consentita invasione della  sfera  della  discrezionalita'
legislativa, in assenza di  criteri  univoci  di  commisurazione  che
rendano una specifica opzione come costituzionalmente imposta; 
    che, d'altra parte, il silenzio serbato sul punto  dal  Tribunale
rimettente neppure puo' essere interpretato  come  richiesta  di  una
pronuncia meramente caducatoria della  intera  disciplina  censurata,
dal momento che una simile  soluzione  risulterebbe,  per  un  verso,
incongrua   rispetto   al   perseguito   obiettivo   dell'adeguamento
dell'indennizzo e, per altro verso, comunque non  satisfattiva  della
domanda formulata nel giudizio a quo, rivolta a censurare non gia' il
procedimento relativo al rilascio della concessione,  ma  soltanto  i
previsti criteri di determinazione dell'ammontare dell'indennizzo; 
    che, pertanto, le questioni  proposte  devono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 23, comma 1, e 24,  comma  1,
della legge della Regione Lombardia 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme
per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali  di  cava),
sollevate, in riferimento agli artt. 42, terzo comma,  e  117,  primo
comma, della Costituzione, in relazione  all'art.  1  del  Protocollo
addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, dal Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia con l'ordinanza in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI