N. 139 SENTENZA 26 maggio - 9 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Contestazioni suppletive di circostanza  aggravante
  o  di  reato  concorrente,   emersi   nel   corso   dell'istruzione
  dibattimentale ma gia' risultanti dagli atti di indagine al momento
  dell'esercizio dell'azione penale - Accesso al giudizio abbreviato. 
- Codice di procedura penale, art. 517. 
-   
(GU n.28 del 15-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  517  del
codice di procedura penale promossi dal Tribunale ordinario di  Lecce
con ordinanza del 9 luglio 2014 e dal Tribunale ordinario  di  Padova
con ordinanza del 7 ottobre 2014, iscritte rispettivamente al n.  218
del registro ordinanze 2014 e al n. 13 del registro ordinanze 2015  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  nn.  50,  prima
serie speciale, dell'anno 2014 e 8, prima serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visti gli atti di costituzione di A.G. e S.A.; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  26  maggio  2015  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo; 
    uditi gli avvocati Paolo Spalluto per A.G. e  Giovanni  Gentilini
per S.A. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 9 luglio 2014  il  Tribunale  ordinario  di
Lecce  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24   della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale: 
    a) dell'art. 517 del codice di procedura penale, nella  parte  in
cui non  prevede  che,  quando  e'  contestata  in  dibattimento  una
circostanza aggravante che gia' risultava  dagli  atti  di  indagine,
l'imputato possa  chiedere  di  definire  il  processo  con  giudizio
abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione; 
    b) del medesimo art. 517 cod. proc. pen., nella parte in cui  non
prevede che, quando e' contestata  in  dibattimento  una  circostanza
aggravante o un reato concorrente che gia' risultava  dagli  atti  di
indagine, l'imputato possa chiedere il giudizio abbreviato  anche  in
relazione alle imputazioni che non hanno formato oggetto di modifica. 
    1.1.- Il Tribunale rimettente premette di  essere  investito  del
processo penale nei confronti di una persona imputata  del  reato  di
violenza  sessuale  continuata  in  danno  della  figlia  della   sua
convivente, minorenne all'epoca  dei  fatti,  nonche'  dei  reati  di
maltrattamenti e violenza sessuale continuata in danno della  propria
moglie. 
    Riferisce,   altresi',   che   in    una    precedente    udienza
dibattimentale, il pubblico ministero aveva  modificato  e  integrato
l'imputazione relativa ai reati commessi in danno della minore, sulla
base di elementi che gia' emergevano dalle dichiarazioni  rese  dalle
persone offese  nel  corso  dell'incidente  probatorio.  Il  pubblico
ministero aveva in particolare contestato, da un lato, la circostanza
aggravante di cui all'art. 609-ter del codice penale, anticipando  la
data di consumazione delle violenze sessuali ad un periodo nel  quale
la persona offesa non  aveva  ancora  compiuto  i  quattordici  anni;
dall'altro, il delitto di cui  all'art.  609-quater  cod.  pen.,  con
riferimento agli atti sessuali che l'imputato avrebbe  compiuto  dopo
che la minore aveva raggiunto i quattordici anni e conviveva con lui. 
    A fronte di cio', il difensore dell'imputato aveva chiesto che il
processo fosse definito con rito abbreviato per tutte le  imputazioni
o, in subordine, per i soli reati oggetto delle nuove contestazioni. 
    Al riguardo, il giudice a quo osserva  che,  per  quanto  attiene
alla contestazione del reato di cui all'art. 609-quater cod. pen., la
Corte costituzionale, con la  sentenza  n.  333  del  2009,  ha  gia'
riconosciuto  all'imputato  il  diritto  di  richiedere  il  giudizio
abbreviato nel caso di contestazione di un  reato  concorrente  (art.
517 cod. proc. pen.) o di un fatto diverso (art. 516 cod. proc. pen.)
risultanti dagli atti di indagine: e cio' dopo  che,  nelle  medesime
ipotesi, la sentenza n. 265 del 1994 aveva consentito all'imputato di
chiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 cod.  proc.
pen. 
    Tale   ultima   facolta'   e'   stata,   altresi',   riconosciuta
all'imputato, con la successiva sentenza n. 184 del 2014, nel caso di
contestazione, ai  sensi  dell'art.  517  cod.  proc.  pen.,  di  una
circostanza aggravante che gia'  emergeva  dagli  atti  di  indagine.
Nell'occasione, la Corte ha ribadito che la scelta in ordine al  rito
da seguire, costituente espressione del diritto di  difesa,  viene  a
dipendere dalla concreta impostazione data al processo  dal  pubblico
ministero. Nel caso in cui, a seguito dell'errore del  rappresentante
della pubblica accusa e del conseguente ritardo  nella  contestazione
dell'aggravante,  l'imputazione  subisca  una  modifica  sostanziale,
risulta, dunque, lesivo del diritto di difesa precludere all'imputato
l'accesso ai riti speciali. Tale preclusione viola, altresi',  l'art.
3 Cost., venendo l'imputato irragionevolmente discriminato,  ai  fini
dell'accesso a detti riti, in  dipendenza  della  maggiore  o  minore
esattezza o completezza  della  valutazione  delle  risultanze  delle
indagini preliminari da parte del pubblico  ministero  alla  chiusura
delle indagini stesse. 
    A parere del  rimettente,  pur  riferendosi  la  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  da  ultimo  ricordata  unicamente  al
"patteggiamento",  gli  argomenti  addotti  a  fondamento   di   essa
varrebbero anche rispetto alla richiesta di giudizio abbreviato. 
    L'art. 517 cod. proc. pen.,  nella  parte  in  cui  non  consente
all'imputato di  accedere  a  detto  rito  alternativo  nel  caso  di
contestazione  suppletiva  di   una   circostanza   aggravante   gia'
risultante dagli atti, si porrebbe, infatti, parimenti  in  contrasto
tanto con l'art. 24 Cost., per violazione del diritto di difesa,  cui
attiene l'opzione per il reato speciale; quanto con l'art.  3  Cost.,
stante la disparita' di trattamento, a parita' di esigenze difensive,
sia rispetto a chi, per effetto della sentenza n. 184 del 2014,  puo'
richiedere nella medesima  ipotesi  l'applicazione  della  pena,  sia
rispetto a chi, per effetto della sentenza  n.  333  del  2009,  puo'
richiedere il giudizio abbreviato nel caso di contestazione "tardiva"
di un reato concorrente. 
    Ad avviso del rimettente, l'art. 517 cod. proc. pen. violerebbe i
parametri evocati anche nella parte in cui, nel caso di contestazione
di  una  circostanza  aggravante  o  di  un  reato  concorrente  gia'
risultanti dagli atti  di  indagine,  non  permette  all'imputato  di
richiedere il giudizio abbreviato anche in relazione ai reati che non
formano oggetto della contestazione suppletiva. 
    In base ad un consolidato orientamento  della  giurisprudenza  di
legittimita', infatti, nel caso in cui il processo abbia  ad  oggetto
piu' imputazioni, la richiesta di rito alternativo  deve  riguardarle
tutte,  giacche'  l'effetto  premiale  che   caratterizza   il   rito
risulterebbe incompatibile con una frammentazione  del  processo  che
costringa comunque a celebrare il dibattimento. Alla stregua di  tale
indirizzo interpretativo -  pur  opinabile,  secondo  il  rimettente,
posto  che  il  giudizio  dibattimentale  e'  comunque   semplificato
dall'accesso al rito alternativo per una parte delle imputazioni - la
mancata estensione del diritto di  chiedere  il  giudizio  abbreviato
alla  globalita'  delle  imputazioni  impedirebbe   all'imputato   di
accedere al rito speciale anche con  riguardo  alle  imputazioni  non
modificate. 
    In  ogni  caso,  poi,  la   preclusione   censurata   impedirebbe
all'imputato di adottare una strategia  difensiva,  relativamente  al
rito da seguire, che tenga conto dell'«intera materia del  processo».
La modifica anche di una soltanto delle plurime imputazioni  sarebbe,
infatti, suscettiva di alterare i presupposti  delle  scelte  operate
dalla difesa considerando i possibili esiti del processo, sulla  base
delle imputazioni originariamente formulate dal  pubblico  ministero.
Detta  modifica  potrebbe,  ad  esempio,  far  cadere   l'aspettativa
dell'imputato di poter fruire, nel caso  di  condanna,  di  una  pena
mite,   suscettibile   di   sospensione   condizionale,   ovvero   di
sostituzione con misure alternative in sede esecutiva.  Ne',  d'altra
parte  -   come   reiteratamente   affermato   dalla   giurisprudenza
costituzionale - potrebbe  farsi  carico  all'imputato  di  non  aver
previsto i possibili sviluppi futuri del processo, nel momento in cui
non ha richiesto il rito alternativo nel termine di legge. 
    1.2.- Si e' costituito A.G., imputato nel processo principale, il
quale, richiamando e facendo proprie le considerazioni  espresse  dal
rimettente, ha chiesto l'accoglimento delle questioni. 
    2.- Con ordinanza del 7 ottobre 2014, il Tribunale  ordinario  di
Padova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma,
Cost., questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  517  cod.
proc. pen., nella parte in cui non prevede la facolta'  dell'imputato
di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato  nel
caso di contestazione in dibattimento di una  circostanza  aggravante
che gia' risultava dagli atti di indagine al  momento  dell'esercizio
dell'azione penale. 
    2.1.- Il giudice a quo riferisce di essere investito del processo
nei confronti di una persona rinviata a giudizio per  il  delitto  di
cessione  continuata  di  sostanza  stupefacente.   Nel   corso   del
dibattimento, il pubblico ministero aveva  modificato  l'imputazione,
contestando  la   circostanza   aggravante   della   consegna   dello
stupefacente a persona di eta' minore, di cui all'art. 80,  comma  1,
lettera a), del decreto del Presidente  della  Repubblica  9  ottobre
1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina  degli
stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,    cura    e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza):  circostanza
aggravante che gia' emergeva dagli atti  compiuti  nella  fase  delle
indagini preliminari. 
    A fronte di cio', l'imputato aveva chiesto  di  essere  giudicato
con rito abbreviato condizionato o, in subordine, con rito abbreviato
semplice. 
    In proposito, il  rimettente  rileva  come  manchi,  allo  stato,
nell'art. 517 cod. proc. pen., una specifica previsione che  consenta
all'imputato di  accedere  al  giudizio  abbreviato  nell'ipotesi  di
contestazione suppletiva di  una  circostanza  aggravante  cosiddetta
"patologica", basata, cioe' - come nel caso di specie -  su  elementi
gia' risultanti dagli atti di indagine: profilo per il quale la norma
censurata verrebbe a porsi in contrasto tanto con l'art. 24,  secondo
comma, che con l'art. 3 Cost. 
    Tale conclusione si imporrebbe in base a considerazioni  analoghe
a quelle che hanno  indotto  la  Corte  costituzionale  a  dichiarare
costituzionalmente illegittimo il citato art. 517  cod.  proc.  pen.,
nella parte  in  cui  non  prevede,  nell'evenienza  considerata,  la
facolta'  dell'imputato  di  chiedere  al  giudice  del  dibattimento
l'applicazione della pena, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. 
    Sarebbe ravvisabile, infatti,  anche  con  riguardo  al  giudizio
abbreviato, la lesione del diritto di difesa connessa al  fatto  che,
nell'ipotesi  in  esame,  le  valutazioni  dell'imputato   circa   la
convenienza del rito speciale risultano sviate da un anomalo  ritardo
nella contestazione della circostanza aggravante - atta  ad  incidere
in  modo  significativo  sull'entita'  della  sanzione  irrogabile  -
conseguente ad un errore o ad un'omissione del  rappresentante  della
pubblica accusa. 
    D'altra  parte,  come  gia'  evidenziato   dalla   stessa   Corte
costituzionale  nella  sentenza  n.  333  del  2009,  avuto  riguardo
all'ipotesi  della  contestazione  di  un   reato   concorrente,   la
differenza di regime, in punto di recupero della facolta' di  accesso
ai  riti  alternativi  di  fronte  ad  una  contestazione  suppletiva
"tardiva", a seconda che si discuta di "patteggiamento" o di giudizio
abbreviato, risulterebbe  ingiustificata  e  fonte,  quindi,  di  una
discrasia rilevante sul piano del rispetto dell'art. 3 Cost. 
    Quest'ultimo  parametro  risulterebbe  violato   anche   per   la
irragionevole discriminazione cui l'imputato  si  trova  esposto,  ai
fini dell'accesso al rito speciale, in dipendenza  della  maggiore  o
minore  esattezza  o  completezza  delle  valutazioni  del   pubblico
ministero  in  ordine  alle  risultanze  delle  indagini  al  momento
dell'esercizio dell'azione penale. 
    Parimenti ingiustificata risulterebbe, infine, la  disparita'  di
trattamento fra l'imputato che subisce la contestazione suppletiva di
una  circostanza  aggravante  e  l'imputato  cui  sia  contestato  in
dibattimento un fatto diverso o un reato concorrente, il quale -  per
effetto delle sentenze n. 333 del 2009 e  n.  237  del  2012  -  puo'
invece  accedere  al  giudizio  abbreviato,   tanto   nel   caso   di
contestazione   "patologica"   che   in   quello   di   contestazione
"fisiologica" (basata, cioe', sulle nuove risultanze  dell'istruzione
dibattimentale). E cio' tanto piu' ove si consideri  che  l'art.  517
cod. proc. pen. prefigurava, in origine, una piena equiparazione  dei
diritti  dell'imputato  nei  casi  di  contestazione  di   un   reato
concorrente ovvero di una circostanza aggravante. 
    2.2.- Si e' costituito S.A., imputato  nel  giudizio  a  quo,  il
quale,  richiamando  le  piu'  significative  decisioni  della  Corte
costituzionale in materia e aderendo alle valutazioni  formulate  dal
rimettente, ha chiesto che la questione venga accolta. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- I Tribunali ordinari di Lecce  e  di  Padova  dubitano  della
legittimita' costituzionale dell'art. 517  del  codice  di  procedura
penale, nella parte in cui non prevede che,  ove  sia  contestata  in
dibattimento una circostanza aggravante che gia' risultava dagli atti
di indagine, l'imputato possa chiedere di definire  il  processo  con
giudizio  abbreviato  relativamente  al  reato  oggetto  della  nuova
contestazione. 
    Ad   avviso   dei   rimettenti,   varrebbero,    in    proposito,
considerazioni  analoghe  a  quelle  svolte  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 184 del 2014, con riguardo alla facolta' dell'imputato di
richiedere, nella medesima evenienza, l'applicazione  della  pena  ai
sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. La norma censurata violerebbe, in
specie, l'art. 24 della Costituzione -  e,  piu'  in  particolare,  a
parere del Tribunale ordinario di Padova, il secondo  comma  di  tale
articolo - in  quanto  la  scelta  in  ordine  al  rito  da  seguire,
costituente espressione del diritto  di  difesa,  viene  a  dipendere
dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico  ministero:
sicche' risulterebbe lesivo di quel diritto  precludere  all'imputato
l'accesso ai riti  speciali  allorche',  a  seguito  dell'errore  del
rappresentante della pubblica accusa e del conseguente ritardo  nella
contestazione dell'aggravante,  l'imputazione  subisca  una  modifica
sostanziale. 
    Risulterebbe inoltre violato, sotto  plurimi  profili,  l'art.  3
Cost. In primo luogo, perche' l'imputato  verrebbe  irragionevolmente
discriminato,  ai  fini  dell'accesso  al  giudizio  abbreviato,   in
dipendenza della maggiore o  minore  esattezza  o  completezza  della
valutazione delle risultanze delle indagini preliminari da parte  del
pubblico ministero alla chiusura delle indagini  stesse.  In  secondo
luogo, per la ingiustificata disparita' di trattamento  dell'imputato
che intenda chiedere il giudizio  abbreviato  nell'ipotesi  in  esame
rispetto all'imputato che, nella medesima ipotesi della contestazione
cosiddetta "tardiva" di una circostanza aggravante,  voglia  chiedere
il  "patteggiamento",  ovvero  che  intenda  richiedere  il  giudizio
abbreviato nel caso di contestazione di un reato  concorrente,  tanto
"tardiva"  che   (secondo   il   Tribunale   ordinario   di   Padova)
"fisiologica": ipotesi, queste ultime,  nelle  quali  la  preclusione
all'accesso al rito alternativo e'  stata  rimossa,  rispettivamente,
dalle sentenze n. 184 del 2014, n. 333 del 2009 e n. 237 del 2012  di
questa Corte. 
    Il solo Tribunale ordinario  di  Lecce  dubita,  altresi',  della
legittimita' costituzionale del medesimo art. 517  cod.  proc.  pen.,
nella parte in cui, nel caso  di  contestazione  di  una  circostanza
aggravante o di un reato concorrente gia' risultanti  dagli  atti  di
indagine,  non  consente  all'imputato  di  richiedere  il   giudizio
abbreviato anche in relazione ai  reati  diversi  da  quello  oggetto
della contestazione suppletiva. 
    Secondo  il  rimettente,  anche  sotto  tale  profilo  la   norma
denunciata si porrebbe in contrasto con gli artt. 3  e  24  Cost.  In
primo luogo, perche', ove si aderisse alla tesi giurisprudenziale che
ritiene inammissibile la richiesta di giudizio abbreviato riferita ad
una parte soltanto delle imputazioni  cumulativamente  formulate  nei
confronti del medesimo imputato, il diritto di difesa di quest'ultimo
rimarrebbe pregiudicato, sul piano delle possibilita' di  accesso  al
rito alternativo, anche con riguardo alle imputazioni  oggetto  della
nuova  contestazione.  In  secondo  luogo,  e  comunque,  perche'  la
preclusione  censurata  impedirebbe  all'imputato  di  elaborare  una
strategia difensiva che tenga conto dell'intera vicenda  processuale,
posto che la modifica anche di una  sola  delle  plurime  imputazioni
sarebbe suscettibile di alterare i presupposti delle  valutazioni  in
ordine alla convenienza  del  rito  speciale,  operate  dalla  difesa
considerando i possibili esiti del processo in base alle  imputazioni
originariamente formulate dal pubblico ministero. 
    2.- Le ordinanze di rimessione sollevano questioni relative  alla
medesima norma e in parte identiche, sicche' i relativi giudizi vanno
riuniti per essere definiti con unica decisione. 
    3.-  Con  le  questioni  in  esame,  questa  Corte  e'   chiamata
nuovamente a verificare, sotto due ulteriori profili, la legittimita'
costituzionale della preclusione all'accesso ai  riti  alternativi  a
contenuto premiale in cui l'imputato incorre  di  fronte  alle  nuove
contestazioni dibattimentali: preclusione conseguente al fatto che la
nuova contestazione  interviene  quando  il  termine  ultimo  per  la
formulazione  della  richiesta  del  rito  alternativo   (individuato
attualmente dagli artt. 438, comma 2, 446, comma 1, e 555,  comma  2,
cod. proc. pen.) e' ormai spirato. 
    Le   doglianze   degli   odierni   rimettenti   attengono,   piu'
specificamente, alla mancata previsione del recupero  della  facolta'
di accesso  al  giudizio  abbreviato  in  presenza  di  contestazioni
suppletive cosiddette "tardive" o "patologiche", basate,  cioe',  non
sulle nuove risultanze dell'istruzione dibattimentale, ma su elementi
che gia' emergevano dagli atti di indagine al momento  dell'esercizio
dell'azione penale (e dunque volte, nella sostanza, a porre rimedio a
incompletezze o errori  del  pubblico  ministero  nella  formulazione
originaria  dell'imputazione):  contestazioni  ritenute   ammissibili
dalla consolidata giurisprudenza di legittimita'. 
    4.- La  prima  delle  due  questioni,  sollevata  da  entrambi  i
rimettenti - concernente la facolta' dell'imputato di  richiedere  il
giudizio abbreviato  nel  caso  di  contestazione  "tardiva"  di  una
circostanza aggravante, con riguardo al reato cui questa si riferisce
- e' fondata. 
    4.1.- Questa Corte,  gia'  con  la  sentenza  n.  265  del  1994,
dichiaro' costituzionalmente illegittimi gli artt.  516  e  517  cod.
proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  non  prevedevano   la   facolta'
dell'imputato   di   richiedere   al   giudice    del    dibattimento
l'applicazione della pena a norma  dell'art.  444  cod.  proc.  pen.,
relativamente al fatto diverso o  al  reato  concorrente  oggetto  di
contestazione "tardiva". 
    Nell'occasione, la Corte rilevo' che le valutazioni dell'imputato
circa la  convenienza  del  rito  alternativo  vengono  a  dipendere,
anzitutto, dalla concreta impostazione data al processo dal  pubblico
ministero: sicche', «quando in presenza di una  evenienza  patologica
del  procedimento,  quale  e'  quella  derivante  dall'errore   sulla
individuazione del fatto e del titolo del reato in cui e' incorso  il
pubblico ministero, l'imputazione subisce una variazione sostanziale,
risulta  lesivo  del  diritto  di  difesa  dell'imputato   precludere
l'accesso ai riti  speciali».  Ne  risultava  violato,  altresi',  il
principio  di  eguaglianza,  venendo   l'imputato   irragionevolmente
discriminato, sul piano della  fruizione  dei  riti  alternativi,  in
dipendenza della maggiore o  minore  esattezza  o  completezza  della
valutazione delle risultanze delle indagini preliminari da parte  del
pubblico ministero al momento della chiusura delle indagini stesse. 
    Ancorche' la contestazione suppletiva  del  reato  concorrente  e
delle circostanze aggravanti sia regolata in modo unitario  dall'art.
517 cod. proc.  pen.,  la  Corte  non  si  espresse,  nel  frangente,
sull'ipotesi  della  contestazione  "tardiva"  di   una   circostanza
aggravante, in quanto non devoluta al suo esame. 
    4.2.- La declaratoria di illegittimita' costituzionale e'  stata,
peraltro, successivamente estesa anche a tale ipotesi dalla  sentenza
n. 184 del 2014. 
    La Corte ha, infatti, rilevato come  le  considerazioni  poste  a
base  della  precedente  decisione  fossero  riferibili  anche   alla
contestazione  "tardiva"  di  circostanze   aggravanti,   in   quanto
parimenti idonea a determinare «un significativo mutamento del quadro
processuale». Le circostanze in questione possono, infatti,  incidere
in modo rilevante sull'entita' della sanzione - tanto piu' quando  si
tratti di circostanze ad effetto speciale - e talvolta  sullo  stesso
regime di procedibilita' del reato. Ne', d'altra parte, poteva  farsi
leva, in senso contrario, sulla neutralizzazione dell'aggravamento di
pena  a  seguito  del  giudizio  di  bilanciamento  con   circostanze
attenuanti, ai  sensi  dell'art.  69  del  codice  penale,  il  quale
rappresenta una mera eventualita'. 
    La Corte ha  osservato,  inoltre,  che  l'imputato  che  si  veda
contestare in dibattimento una circostanza aggravante gia' risultante
dagli atti di indagine si trova in situazione non dissimile da quella
del destinatario della contestazione "tardiva" di un  fatto  diverso:
«evenienza che in realta' potrebbe costituire per l'imputato anche un
pregiudizio minore».  Sicche',  una  volta  divenuta  ammissibile  la
richiesta   di   "patteggiamento"   nel   caso    di    modificazione
dell'imputazione  a  norma  dell'art.  516  cod.   proc.   pen.,   la
preclusione  di  essa  nel  caso  di  contestazione  di   una   nuova
circostanza aggravante, ai  sensi  dell'art.  517  cod.  proc.  pen.,
risultava foriera di ingiustificate disparita' di trattamento. 
    4.3.- Le conclusioni non possono essere diverse con riguardo alla
richiesta  di  giudizio  abbreviato,  cui  si   riferisce   l'odierna
questione. 
    Con la sentenza n.  333  del  2009,  questa  Corte  ha,  infatti,
ritenuto che - per le medesime ragioni indicate dalla sentenza n. 265
del 1994 - anche il  mancato  riconoscimento  della  possibilita'  di
accedere  a  tale  rito  alternativo,  nel  caso   di   contestazione
dibattimentale "tardiva" del fatto diverso o del  reato  concorrente,
si ponesse in contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo  comma,  Cost.,
dichiarando, quindi, costituzionalmente illegittimi, in parte qua,  i
citati artt. 516 e 517 cod. proc. pen. 
    Al  riguardo,  la  Corte   ha   rilevato   che   l'ostacolo   che
precedentemente si opponeva a  tale  declaratoria,  costituito  dalla
problematicita' dell'innesto del giudizio abbreviato nella  fase  del
dibattimento - a fronte della quale la questione era  stata  ritenuta
inammissibile dalla sentenza n.  265  del  1994,  perche'  implicante
scelte discrezionali  devolute  al  legislatore  -  doveva  ritenersi
superato alla luce delle modifiche della disciplina del rito speciale
intervenute  medio  tempore.  Nel  nuovo  panorama   normativo,   «la
differenza di regime, in punto di recupero della facolta' di  accesso
ai  riti  alternativi  di  fronte  ad  una  contestazione  suppletiva
"tardiva", a seconda che si discuta di "patteggiamento" o di giudizio
abbreviato», finiva, quindi, per risultare «essa stessa fonte di  una
discrasia rilevante sul piano del rispetto dell'art. 3 Cost.». 
    4.4.- Alla luce di quanto precede, l'esigenza  costituzionale  di
riconoscere  all'imputato  il  diritto  di  richiedere  il   giudizio
abbreviato  anche  nel  caso  di  contestazione  "tardiva"   di   una
circostanza  aggravante   -   fattispecie   rimasta   estranea   alla
declaratoria di illegittimita'  costituzionale  di  cui  alla  citata
sentenza n. 333 del 2009 - risulta del tutto evidente. 
    Anche sotto tale profilo, infatti, si riscontra il pregiudizio al
diritto di  difesa,  connesso  all'impossibilita'  di  rivalutare  la
convenienza del  rito  alternativo  in  presenza  di  una  variazione
sostanziale dell'imputazione, intesa ad emendare precedenti errori od
omissioni del pubblico  ministero  nell'apprezzamento  dei  risultati
delle indagini preliminari. Cosi' come si riscontra la violazione del
principio  di  eguaglianza,  correlata   alla   discriminazione   cui
l'imputato si  trova  esposto  a  seconda  della  maggiore  o  minore
esattezza e completezza di quell'apprezzamento. 
    Emergono,   inoltre,   non   giustificabili   sperequazioni    di
trattamento   rispetto   all'assetto   complessivo   della   materia,
conseguente ai precedenti interventi di questa Corte: da un lato, nel
confronto con la facolta', di cui l'imputato fruisce a seguito  della
sentenza n. 333 del 2009, di richiedere il  giudizio  abbreviato  nel
caso - non dissimile - di contestazione "tardiva" del fatto  diverso;
dall'altro, nel confronto con  la  possibilita',  di  cui  l'imputato
beneficia in forza della sentenza n. 184 del  2014,  di  accedere  al
"patteggiamento" nella medesima ipotesi della contestazione "tardiva"
di una circostanza aggravante. 
    L'art.   517   cod.   proc.   pen.   va   dichiarato,   pertanto,
costituzionalmente illegittimo, nella  parte  in  cui,  nel  caso  di
contestazione in dibattimento di una circostanza aggravante che  gia'
risultava  dagli  atti  di   indagine   al   momento   dell'esercizio
dell'azione  penale,  non  prevede  la  facolta'   dell'imputato   di
richiedere  al  giudice  del  dibattimento  il  giudizio   abbreviato
relativamente al reato cui attiene la nuova contestazione. 
    5.- Non e' fondata, per converso, la seconda questione, sollevata
dal solo Tribunale ordinario di Lecce, intesa a far si' che, nel caso
di  contestazione  dibattimentale  "tardiva"  tanto   di   un   reato
concorrente  che  di  una  circostanza  aggravante,  la  restituzione
all'imputato della facolta' di  accesso  al  giudizio  abbreviato  si
estenda anche alle imputazioni diverse da quella attinta dalla  nuova
contestazione. L'ipotesi, ovviamente, e' che si sia al cospetto di un
processo oggettivamente  cumulativo,  ossia  con  una  pluralita'  di
imputazioni formulate contro la stessa  persona:  situazione  che  si
determina,  peraltro,  automaticamente  nel  caso  di   contestazione
suppletiva di un  reato  concorrente,  la  quale  va  ad  aggiungersi
all'imputazione originaria. 
    5.1.- Ad avviso del Tribunale salentino, la  predetta  estensione
si imporrebbe anzitutto alla luce  del  corrente  orientamento  della
giurisprudenza di legittimita', in forza del quale non e' ammessa  la
richiesta di giudizio abbreviato "parziale", limitata, cioe',  a  una
parte  soltanto  delle  imputazioni  cumulativamente  formulate   nei
confronti della stessa  persona:  e  cio'  in  quanto,  nel  caso  di
richiesta parziale,  il  processo  non  sarebbe  definito  nella  sua
interezza, onde rimarrebbe ingiustificato l'effetto premiale,  voluto
dal  legislatore  al  fine  di  deflazionare  il  ricorso  alla  fase
dibattimentale per ciascun «processo» relativo al singolo imputato, e
non per ciascun reato, secondo quanto  previsto  dall'art.  438  cod.
proc. pen. Alla luce di tale indirizzo interpretativo - che lo stesso
rimettente reputa, peraltro, «opinabile», in quanto l'accesso al rito
speciale per una parte delle imputazioni semplifica comunque la  fase
dibattimentale  per  le  altre  -  l'imputato  potrebbe  accedere  al
giudizio  abbreviato,  relativamente  all'imputazione  oggetto  della
nuova contestazione, solo qualora tale rito  fosse  esperibile  anche
per le altre imputazioni. 
    In ogni caso, poi  -  secondo  il  giudice  a  quo  -  l'invocata
generalizzazione della facolta' di richiedere il giudizio  abbreviato
sarebbe costituzionalmente necessaria, in riferimento agli artt. 3  e
24 Cost., in quanto la modifica  anche  di  una  sola  delle  plurime
imputazioni potrebbe  mutare  il  quadro  complessivo  della  vicenda
processuale, sulla cui  base  l'imputato  si  e'  determinato  a  non
formulare la richiesta del rito speciale entro il termine di legge. 
    5.2.- Questa Corte ha avuto, peraltro, gia' modo di occuparsi del
problema dell'estensione del recupero della facolta'  di  accesso  al
giudizio  abbreviato  da  parte  dell'imputato,  nel  caso  di  nuova
contestazione  dibattimentale  formulata  nell'ambito   di   processi
oggettivamente cumulativi, tanto con la citata sentenza  n.  333  del
2009 (concernente, come detto, la contestazione "tardiva"  del  fatto
diverso o del reato concorrente), quanto con la  successiva  sentenza
n. 237 del 2012 (attinente alla contestazione "fisiologica" del reato
concorrente). 
    In entrambe le circostanze,  la  Corte  si  e'  trovata  a  dover
prendere in esame  -  in  sede  di  verifica  della  rilevanza  delle
questioni - l'indirizzo giurisprudenziale che  nega  l'ammissibilita'
del   giudizio   abbreviato   "parziale",   richiamato   dall'odierno
rimettente: cio', in quanto gli imputati nei giudizi a quibus avevano
richiesto il rito alternativo in rapporto al solo  reato  concorrente
loro  contestato  in  dibattimento,  e  non  anche  alle  imputazioni
originarie. 
    Superando il dubbio di ammissibilita',  la  Corte  ha,  peraltro,
ritenuto  «non  implausibile»  la  tesi   prospettata   dai   giudici
rimettenti, stando alla  quale  il  predetto  orientamento,  riferito
all'ipotesi in cui l'azione penale per  le  plurime  imputazioni  sia
esercitata nei modi ordinari, non  poteva  reputarsi  automaticamente
estensibile    alle    fattispecie    oggetto    dei    quesiti    di
costituzionalita'. 
    A sostegno di tale conclusione,  si  e'  specificamente  rilevato
che, nel caso di processo oggettivamente cumulativo,  l'esigenza  che
emerge - sul piano del ripristino della legalita' costituzionale - e'
quella di restituire all'imputato la facolta'  di  accedere  al  rito
alternativo relativamente al nuovo addebito, in ordine al  quale  non
avrebbe  potuto  formulare   una   richiesta   tempestiva   a   causa
dell'avvenuto esercizio dell'azione penale  con  modalita'  "anomale"
(nell'ipotesi della contestazione "tardiva"), o comunque  derogatorie
rispetto alle ordinarie cadenze  procedimentali  (nell'ipotesi  della
contestazione "fisiologica"): e cio', «senza che possa ipotizzarsi un
recupero globale della facolta' stessa», esteso,  cioe',  anche  alle
imputazioni diverse da  quelle  oggetto  della  nuova  contestazione,
rispetto alle quali «l'imputato ha consapevolmente  lasciato  spirare
il termine di proposizione della  richiesta»  (sentenza  n.  333  del
2009).   Sarebbe,   infatti,   «illogico   -   e,    comunque,    non
costituzionalmente necessario - che,  a  fronte  della  contestazione
suppletiva di un  reato  concorrente  (magari  di  rilievo  marginale
rispetto  al  complesso  dei   temi   d'accusa),   l'imputato   possa
recuperare, a dibattimento inoltrato, gli effetti premiali  del  rito
alternativo anche in rapporto  all'intera  platea  delle  imputazioni
originarie», relativamente alle quali si e' scientemente astenuto dal
formulare la richiesta  nel  termine  (sentenza  n.  237  del  2012).
Soluzione,  questa,  che  rischia  di  privare  di   ogni   razionale
giustificazione lo sconto di pena connesso all'opzione  per  il  rito
speciale. 
    In tale prospettiva - e sulla falsariga, peraltro, di quanto  era
gia' avvenuto con la  sentenza  n.  265  del  1994,  in  rapporto  al
"patteggiamento" - gli artt. 516 e 517 cod.  proc.  pen.  sono  stati
dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte in  cui,  nelle
evenienze considerate, non restituiscono all'imputato la possibilita'
di  accedere  al  giudizio  abbreviato  relativamente   (e,   dunque,
limitatamente) al reato concorrente o al fatto diverso contestato  in
dibattimento. 
    5.3.- Le considerazioni ora ricordate  -  estensibili  senz'altro
all'ipotesi  della  contestazione  dibattimentale  "tardiva"  di  una
circostanza aggravante - rendono non  configurabile  il  vulnus  agli
artt. 3 e 24 Cost. sotto entrambi i profili denunciati dal giudice  a
quo. 
    Si aggiunga che  qualora  all'imputato  fosse  attribuita,  nelle
ipotesi in esame - come chiede il rimettente, tramite la proposizione
di due distinte questioni, tra  loro  cumulative  -  la  facolta'  di
accedere al giudizio abbreviato tanto in rapporto  (e  limitatamente)
al reato oggetto della nuova contestazione,  quanto  (e  anche)  alle
imputazioni  residue,  l'imputato  stesso  verrebbe  a  trovarsi   in
posizione non gia' uguale, ma  addirittura  privilegiata  rispetto  a
quella in cui si sarebbe trovato se la contestazione  fosse  avvenuta
nei  modi  ordinari.  Egli  potrebbe,  infatti,  scegliere  tra   una
richiesta di giudizio abbreviato "parziale" (limitata alla sola nuova
imputazione) e una richiesta globale: facolta' di scelta della  quale
- stando all'indirizzo giurisprudenziale evocato dal giudice a quo  -
non fruirebbe invece nei casi ordinari, essendogli consentita solo la
seconda opzione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  517  del
codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui,  nel  caso  di
contestazione di una circostanza aggravante che gia' risultava  dagli
atti di indagine al momento dell'esercizio  dell'azione  penale,  non
prevede la  facolta'  dell'imputato  di  richiedere  al  giudice  del
dibattimento il giudizio abbreviato relativamente  al  reato  oggetto
della nuova contestazione; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del medesimo art. 517 del codice di  procedura  penale
nella parte in cui, nel caso di contestazione di un reato concorrente
o di circostanza aggravante che gia' risultava dagli atti di indagine
al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facolta'
dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento  il  giudizio
abbreviato anche in relazione ai reati diversi da  quello  che  forma
oggetto della nuova contestazione,  sollevata,  in  riferimento  agli
artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecce con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2015. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI