N. 157 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2015

Ordinanza  del  10  marzo  2015  del  Tribunale   di   Grosseto   nel
procedimento penale a carico di T.F.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Mancata previsione che il giudice, ai fini  di  ogni  decisione  di
  merito da assumere nel procedimento speciale di messa  alla  prova,
  proceda alla acquisizione e valutazione degli atti  delle  indagini
  preliminari di cui gia' altrimenti non disponga, restituendoli  per
  l'ulteriore corso nel caso di esito negativo della pronuncia  sulla
  concessione o sull'esito della messa alla prova  -  Violazione  dei
  principi di uguaglianza, dell'obbligo  di  idonea  motivazione  dei
  provvedimenti giurisdizionali, di legalita',  di  non  colpevolezza
  sino alla condanna definitiva. 
- Codice di procedura penale, art. 464-quater, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 111, comma sesto, 25, comma secondo,  e  27,
  comma secondo. 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa  alla  prova
  dell'imputato  -  Denunciata  prescrizione   dell'applicazione   di
  sanzioni penali legalmente indeterminate - Violazione del principio
  di tassativita' e determinatezza legale delle pene. 
- Codice penale, art. 168-bis, commi secondo e terzo. 
- Costituzione, art. 25, comma secondo. 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Provvedimenti  giurisdizionali  modificativi  o   integrativi   del
  programma di trattamento - Previsione  del  consenso  dell'imputato
  quale condizione di ammissibilita', di validita' o di  efficacia  -
  Violazione del principio dell'assoggettamento del giudice  e  delle
  sue funzioni soltanto alla legge - Contrasto con  il  principio  di
  buon andamento ed efficienza delle attivita' dei pubblici poteri  e
  con i principi di economicita' e ragionevole  durata  del  processo
  penale. 
- Codice di procedura penale, art. 464-quater, comma 4. 
- Costituzione, artt. 97, 101 e 111, comma secondo. 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Denunciata prescrizione della irrogazione ed esecuzione di sanzioni
  penali consequenziali ad un reato per cui non  risulta  pronunciata
  ne' di  regola  pronunciabile  alcuna  condanna  definitiva  o  non
  definitiva - Violazione del principio di non colpevolezza sino alla
  condanna definitiva. 
- Codice di procedura penale, artt. 464-quater e 464-quinquies. 
- Costituzione, art. 27, comma secondo. 
(GU n.35 del 2-9-2015 )
 
                 IL TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO 
 
 
              Ufficio penale dibattimentale monocratico 
 
    Insediato  in  persona  del  magistrato  Giovanni  Muscogiuri  in
funzione di giudice della cognizione in primo grado nel  procedimento
penale iscritto al R.G. n. 16/2014/883 nei confronti dell'imputata T.
F. sulla base della imputazione di fatti di reato di cui  agli  artt.
186 c.d.s., 
    Visti  gli  atti  relativi  alla  procedura  di  sospensione  del
processo con messa alla prova dell'imputato incardinata come in  atti
ai sensi degli artt. 464-bis ss. c.p.p., adesso pervenuta allo stadio
della pronuncia della ordinanza prevista dall'art. 464-quater comma 1
c.p.p. in funzione decisoria sul merito della istanza di  messa  alla
prova, 
    All'udienza in. data 06.03.2015, in  sede  di  trattazione  della
relativa procedura  camerale  nel  contraddittorio  delle  parti,  ha
pronunciato d'ufficio la seguente ordinanza 
    I. - Gli artt. 3 ss. della legge n. 67/2014 entrata in vigore  in
data  07.05.2014  hanno   introdotto   nell'ordinamento   penale   il
procedimento  speciale  di  cui  agli  artt.  464-bis   ss.   c.p.p.,
applicabile in funzione alternativa al rito ordinario  di  cognizione
strumentalmente alla formazione giudiziale della causa estintiva  del
reato  della  sospensione  del  procedimento  con  messa  alla  prova
dell'imputato  prevista  dall'art.  168-bis  ss.  c.p.   (fattispecie
sostanziale estintiva della punibilita' in astratto, quale soggezione
del reo alla pena comminata dalla legge in via generale  ed  astratta
ovvero  all'esercizio  dell'azione  penale  esprimente   la   pretesa
statuale). 
    Il nuovo procedimento speciale,  applicabile  ai  reati  indicati
dall'art.  168-bis  comma 1  c.p.  indipendentemente  dai   rito   di
cognizione rispettivamente loro proprio  (rito  collegiale,  rito  di
cognizione monocratica previa udienza preliminare, rito di cognizione
monocratica su citazione diretta del  pubblico  ministero),  tuttavia
contempla in effetti almeno tre schemi procedurali,  progressivamente
differenziati  sul  piano  strutturale  a  seconda  della  fase   del
procedimento  penale  (indagini  preliminari,  udienza   preliminare,
giudizio di cognizione) in cui risultino incardinati. 
    La prima fattispecie procedimentale,  conseguente  ad  iniziativa
formalizzata prima dell'esercizio dell'azione  penale  (art.  464-ter
c.p.p.), e' configurata  secondo  uno  schema  negoziale  processuale
bilaterale, e' applicabile indipendentemente dal rito  di  cognizione
ordinaria ed e' destinata alla trattazione da parte del  giudice  per
le indagini preliminari allo  stato  degli  atti  del  fascicolo  del
pubblico ministero; la seconda fattispecie, conseguente ad iniziativa
formalizzata nell'udienza preliminare,  e'  configurata  secondo  uno
schema  negoziale  processuale  unilaterale,   e'   applicabile   nei
procedimenti di rito collegiale e di  rito  monocratico  a  citazione
indiretta ed e' destinata  alla  trattazione  da  parte  del  giudice
dell'udienza preliminare allo stato  degli  atti  del  fascicolo  del
pubblico ministero;  mentre  la  terza  fattispecie,  conseguente  ad
iniziativa proposta (a norma dell'art. 464-bis comma 2 c.p.p.) oppure
reiterata (a norma dell'art. 464-quater comma 9 c.p.p.) nello  stadio
introduttivo del giudizio ordinario  di  cognizione,  e'  configurata
anch'essa secondo uno schema negoziale  processuale  unilaterale,  e'
applicabile soltanto nei procedimenti di rito monocratico a citazione
diretta ed  e'  destinata  alla  trattazione  da  parte  del  giudice
dibattimentale  allo  stato  degli  atti   del   fascicolo   per   il
dibattimento. 
    In  considerazione  della   concreta   vicenda   processuale   in
trattazione nel processo  a  quo,  l'incidente  di  costituzionalita'
sollevato in questa sede concerne la terza fattispecie di messa  alla
prova, applicabile nello stadio  della  trattazione  delle  questioni
preliminari al giudizio dibattimentale di cognizione  monocratica  su
citazione diretta. 
    II. - Secondo la relativa disciplina normativa, la scansione  del
procedimento  speciale  in  esame   possiede   struttura   trifasica,
articolandosi in tre segmenti distinti ed eterogenei. 
    II.1  -  La  fase  amministrativa  preliminare  del  procedimento
speciale di messa  alla  prova  e'  radicata  allorquando,  ai  sensi
dell'art. 141 comma 2 disp. att. c.p.p. "l'imputato rivolge richiesta
all'ufficio locale di esecuzione penale esterna competente  affinche'
predisponga un programma di trattamento" ed  all'uopo  "deposita  gli
atti rilevanti del procedimento penale nonche' le osservazioni  e  le
proposte che ritenga di fare". 
    Di seguito, ai sensi dell'art. 141 comma  3  disp.  att.  c.p.p.,
l'ufficio locale di esecuzione penale esterna competente  compie  una
attivita' istruttoria che si articola: 
        nello svolgimento di una "indagine  socio-familiare"  il  cui
esito  e'  riversato  nella   relazione   tecnica   (contenente   gli
accertamenti e le considerazioni sviluppate dall'ufficio  a  sostegno
del programma di  trattamento  conseguentemente  elaborato)  con  cui
"riferisce    specificamente    sulle     possibilita'     economiche
dell'imputato, sulla  capacita'  e  sulla  possibilita'  di  svolgere
attivita' riparatorie nonche' sulla possibilita'  di  svolgimento  di
attivita' di mediazione, anche avvalendosi a tal  fine  di  centri  o
strutture pubbliche o private presenti sul territorio"; 
        nella  elaborazione,  all'esito   della   suddetta   indagine
socio-familiare, di  un  "programma  di  trattamento"  che  ai  sensi
dell'art.  464-bis  comma  4  c.p.p.  prevede  "A)  le  modalita'  di
coinvolgimento dell'imputato, nonche' del suo nucleo familiare e  del
suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove  cio'
risulti necessario e possibile; B) le prescrizioni comportamentali  e
gli altri impegni specifici che l'imputato assume anche  al  fine  di
elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando  a  tal
fine  il  risarcimento  del  danno,  le  condotte  riparatorie  e  le
restituzioni, nonche' le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica
utilita' ovvero all'attivita' di volontariato di rilievo sociale;  c)
le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione  con  la
persona offesa"; 
        nella acquisizione, in ordine  al  programma  di  trattamento
come sopra elaborato,  del  consenso  dell'imputato  e  del  soggetto
destinatario delle prestazioni ivi contemplate; 
        nella trasmissione al giudice procedente della documentazione
relativa alla  istruttoria  amministrativa  espletata  (relazione  di
indagine socio-familiare, programma di trattamento, atti di  consenso
dei soggetti coinvolti nella esecuzione del programma). 
    II.2 - La susseguente fase di cognizione giurisdizionale camerale
del procedimento speciale viene instaurata ai sensi dell'art. 464-bis
commi 1, 2, 3 e 4 c.p.p. allorquando  l'imputato,  entro  il  termine
decadenziale  rapportato  alla  pronuncia  della   dichiarazione   di
apertura del dibattimento, formalizza la istanza di messa alla  prova
dinanzi alla autorita' giudiziaria procedente al giudizio  ordinario,
allegando il programma di trattamento elaborato  dall'ufficio  locale
di esecuzione penale esterna ai sensi  dell'art.  141 comma  3  disp.
att. c.p.p.  (oppure  allegando,  onde  evitare  di  incorrere  nella
inammissibilita'  dell'istanza  e  nella   decadenza   consequenziale
all'apertura del  dibattimento,  la  prova  della  incolpevole  causa
impeditiva di tale produzione). 
    Ai sensi dell'art. 464-quater comma 1,  periodo  2  c.p.p.,  alla
iniziativa  di  parte  imputata   ritualmente   formulata   (mediante
presentazione  di   istanza   che   non   debba   essere   dichiarata
inammissibile per difetto  di  taluno  dei  presupposti  e  requisiti
previsti dall'art. 464-bis  commi  1,  2,  3  e  4  c.p.p.)  consegue
l'attivazione di una procedura giurisdizionale di  cognizione  penale
camerale necessario allargato nel corso della quale: 
        ai sensi dell'art. 464-quarter comma 2 c.p.p, il giudice puo'
emettere l'eventuale provvedimento  di  convocazione  con  cui  (come
previsto dall'art. 446 comma 5 c.p.p. nel  procedimento  speciale  di
applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti)  dispone   la
comparizione dell'imputato  per  verificare  la  volontarieta'  della
richiesta di messa alla prova; 
        ai sensi dell'art. 464-bis comma 5 c.p.p.,  il  giudice  puo'
emettere  gli  eventuali  provvedimenti  istruttori  con  cui   (come
previsto dall'art. 422 c.p.p. nella procedura  camerale  dell'udienza
preliminare nonche' dall'art  666  comma  5  c.p.p.  nella  procedura
camerale per incidente di esecuzione) acquisisce "tramite la  polizia
giudiziaria, i servizi  sociali  o  altri  enti  pubblici,  tutte  le
ulteriori  informazioni  ritenute  necessarie   in   relazione   alle
condizioni  di  vita  personale,  familiare,  sociale  ed   economica
dell'imputato",  informazioni  le  quali   "devono   essere   portate
tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e  del  difensore
dell'imputato"; 
        ai sensi dell'art. 464-quater comma 1 c.p.p., il giudice deve
emettere l'eventuale provvedimento di  rinvio  della  trattazione  ad
ulteriore udienza occorrente per l'integrazione  del  contraddittorio
in  confronto  della  persona  offesa  dal  reato  non  comparsa  che
altrimenti, ai sensi dell'art. 464-quarter  comma 7  c.p.p.,  avrebbe
prerogativa  di  impugnare   per   cassazione   ogni   consequenziale
provvedimento sull'istanza di messa alla prova; 
        ai sensi dell'art. 464-quater comma 1 c.p.p.,  il  giudice  -
una volta perfezionato il contraddittorio di tutte le parti  e  della
persona offesa  dal  reato,  ed  assunte  le  eventuali  informazioni
integrative necessarie - da'  corso  alla  discussione  camerale  sul
merito della istanza di sospensione del procedimento con  messa  alla
prova dell'imputato; 
        ai sensi dell'art. 464-quater commi 3 e 4 c.p.p., il  giudice
pronuncia la ordinanza che decide in via definitiva o  interlocutoria
sul merito della istanza di messa alla prova. 
    II.3  -  In  particolare,  il  provvedimento  giurisdizionale  di
cognizione  sul  merito  della  istanza  di  messa  alla   prova   e'
pronunciato allo stato degli atti del fascicolo per  il  dibattimento
quale  esso  si  trova  nello  stadio   introduttivo   del   giudizio
(antecedente la dichiarazione di apertura del dibattimento) in cui la
procedura deve essere attivata a pena di decadenza: fascicolo percio'
originariamente composto soltanto dal decreto di rinvio a giudizio  e
dalla eventuale documentazione prevista dall'art. 431 c.p.p., nonche'
successivamente  integrato  soltanto  dalla  relazione  di   indagine
socio-familiare redatta dall'ufficio esecuzione  penale  esterna  (ai
sensi  dell'art.  141-bis  disp.  att.  c.p.p.)  e  dalle   eventuali
ulteriori  informazioni  sulle  condizioni  di   vita   dell'imputato
acquisite dal giudice  ai  fini  della  decisione  sulla  istanza  di
ammissione al beneficio (ai sensi dell'art. 464-bis comma 5 c.p.p.). 
    Peraltro, ai sensi  dell'art.  464-quater  comma  7 c.p.p.,  tale
provvedimento e' dato con  ordinanza  soggetta  ad  impugnazione  per
cassazione non sospensiva -  dimodoche'  il  procedimento  penale  di
primo grado, comunque si proceda in esito al tenore del provvedimento
impugnato, deve proseguire in pendenza del giudizio di legittimita' -
proponibile dall'imputato, dal pubblico  ministero  e  dalla  persona
offesa indebitamente pretermessa dal contraddittorio camerale. 
    In  relazione  al  suo  contenuto   dispositivo,   la   decisione
giurisdizionale  camerale  sulla  istanza   di   messa   alla   prova
dell'imputato si distingue: 
        a seconda che  il  giudice  emetta  -  quando,  "in  base  ai
parametri di cui all'articolo 133  del  codice  penale,  reputa"  non
irrimediabilmente inidoneo "il programma di trattamento presentato  e
ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere ulteriori reati"  -
un provvedimento decisorio con cui "puo' integrare  o  modificare  il
programma di trattamento" e che, tuttavia,  resta  caratterizzato  da
funzione meramente  interlocutoria,  in  quanto  e'  suscettibile  di
acquisire efficacia soltanto "con il consenso dell'imputato"  al  cui
gradimento deve quindi andare sottoposto; 
        oppure a seconda che il giudice emetta - quando, "in base  ai
parametri  di  cui  all'articolo  133  del  codice  penale,   reputa"
irrimediabilmente inidoneo (anche per causa di dissenso dell'imputato
alla  integrazione  o  modifica  disposta  nell'eventuale   pregresso
provvedimento   interlocutorio)   "il   programma   di    trattamento
presentato" e/o comunque quando  "ritiene  che  l'imputato"  non  "si
asterra' dal commettere ulteriori reati" - un provvedimento decisorio
definitivo di reiezione della istanza suddetta; 
        oppure a seconda che il giudice emetta - quando, "in base  ai
parametri di cui all'articolo 133 del codice penale, reputa idoneo il
programma di trattamento  presentato  e  ritiene  che  l'imputato  si
asterra' dal commettere ulteriori reati" - un provvedimento decisorio
definitivo di accoglimento dell'istanza suddetta. 
    Il provvedimento di accoglimento dovrebbe recepire il  "programma
di  trattamento"  al  quale  l'imputato  abbia  prestato  consenso  e
tradurne i contenuti programmatici gia' delineati su base  volontaria
ai sensi dell'art. 464-bis comma  4  c.p.p.  in  precetti  imperativi
articolati   secondo   tre   ordini   di   statuizioni   le    quali,
rispettivamente: 
        ai sensi dell'art. 168-bis comma 2 periodo 1 c.p.p. in  primo
luogo riguardano la prestazione di condotte volte  alla  eliminazione
delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato,  nonche',
ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso  cagionato"  ed
inoltre,  ai  sensi   dell'art.   464-quinquies   comma   1   c.p.p.,
stabiliscono "il  termine  entro  il  quale  le  prescrizioni  e  gli
obblighi relativi alle condotte riparatorie  o  risarcitorie  imposti
devono essere adempiuti [il quale] puo' essere prorogato, su  istanza
dell'imputato, non piu' di una volta e solo per gravi motivi"; 
        ai sensi dell'art. 168-bis comma 2 periodo 2 c.p., in secondo
luogo riguardano "l'affidamento dell'imputato al servizio sociale per
lo svolgimento di un  programma  che  puo'  implicare,  tra  l'altro,
attivita' di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza  di
prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o  con  una
struttura sanitaria, alla dimora,  alla  liberta'  di  movimento,  al
divieto di frequentare determinati locali" e che peraltro,  ai  sensi
dell'art. 464-quater comma 3, periodo 2 c.p.p.,  deve  assicurare  la
imposizione all'imputato di  un  "domicilio"  che  risulti  "tale  da
assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato"; 
        ai sensi dell'art. 168-bis  comma  3  c.p.,  in  terzo  luogo
riguardano la "prestazione di lavoro di pubblica utilita' [il  quale]
consiste in una prestazione non retribuita,  affidata  tenendo  conto
anche delle  specifiche  professionalita'  ed  attitudini  lavorative
dell'imputato, di durata non inferiore  a  dieci  giorni,  anche  non
continuativi, in favore della collettivita', da  svolgere  presso  lo
Stato, le regioni, le province, i  comuni,  le  aziende  sanitarie  o
presso enti o organizzazioni, anche internazionali,  che  operano  in
Italia, di  assistenza  sociale,  sanitaria  e  di  volontariato.  La
prestazione e' svolta con modalita' che non pregiudichino le esigenze
di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la  sua
durata giornaliera non puo' superare le otto ore". 
    II.4 - Ai  sensi  dell'art.  464-quinquies  c.p.p.,  la  concreta
attuazione del  trattamento  sanzionatorio  stabilito  nel  programma
recepito dal provvedimento giurisdizionale  camerale  di  messa  alla
prova forma oggetto di una apposita procedura di esecuzione penale la
quale: 
        ai sensi dell'art. 464-quater comma 6 c.p.p., ha  inizio  con
la "sottoscrizione del verbale di messa  alla  prova  dell'imputato",
momento  a  partire  dal  quale  soltanto  decorre  un   periodo   di
sospensione della prescrizione del  reato  che  (ai  sensi  dell'art.
168-ter comma 1 c.p.) si esplica di diritto ma soltanto in  confronto
dell'imputato ammesso  al  procedimento  speciale  (e  non  anche  in
confronto dei concorrenti nel reato, in deroga alla  regola  generale
di cui all'art. 161 comma 1  c.p.),  nonche'  nei  limiti  di  durata
previsti dall'art. 464-quater comma 5 c.p.p.  (due  anni,  quando  si
procede per reati comunque puniti con pena detentiva; un anno, quando
si procede per reati puniti soltanto con pena pecuniaria); 
        ai sensi dell'art. 141-ter commi 4 e  5  disp.  att.  c.p.p.,
trova svolgimento sotto la vigilanza del competente ufficio locale di
esecuzione penale esterna il quale redige  relazioni  periodiche  con
cui "informa il giudice, con la cadenza stabilita  nel  provvedimento
di ammissione e comunque non superiore  a  tre  mesi,  dell'attivita'
svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario,
modifiche al programma di  trattamento,  eventuali  abbreviazioni  di
esso ovvero, in caso di grave o reiterata  trasgressione,  la  revoca
del provvedimento di sospensione"  ed  inoltre,  "alla  scadenza  del
periodo  di  prova,  [...]  trasmette  al   giudice   una   relazione
dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima"; 
        ai  sensi  dell'art.  464-quinquies  comma   3   c.p.p.,   e'
suscettibile di dare  luogo  ad  incidenti  di  esecuzione  anch'essi
trattati  ai  sensi  dell'art.  127  c.p.p.  con  apposite  procedure
giurisdizionali camerali a contraddittorio necessario allargato  alla
persona offesa dal reato, nel corso delle quali "il giudice,  sentiti
l'imputato e il pubblico ministero, puo' modificare con ordinanza  le
prescrizioni originarie, ferma restando  la  congruita'  delle  nuove
prescrizioni rispetto alle finalita' della messa alla prova"; 
        ai sensi dell'art.  464-opties  c.p.p.,  e'  suscettibile  di
conclusione anticipata mediante ordinanza di revoca della messa  alla
prova  pronunciata  dal  giudice  anche  d'ufficio  sulla  base   dei
presupposti sostanziali di cui all'art. 168-quater c.p. (1) , con  il
rito di cui all'art. 464-opties comma 2  c.p.p.  (apposita  procedura
camerale a contraddittorio necessario allargato alla  persona  offesa
dal reato) nonche' (anche) alla stregua  delle  informazioni  di  cui
all'art.  141-bis  comma   4   disp.   att.   (relazioni   periodiche
dell'ufficio esecuzione penale  esterna  che  ha  "preso  in  carico"
l'imputato  ai  sensi  dell'art.  464-quinquies  "comma  2   c.p.p.);
l'ordinanza  di  revoca  e'  suscettibile  di  impugnazione  mediante
ricorso per cassazione (ai sensi dell'art. 464-octies comma 3 c.p.p.)
ed alla sua irrevocabilita' consegue che "il procedimento  [ordinario
di cognizione] riprende il suo corso dal momento in cui  era  rimasto
sospeso e cessa l'esecuzione  delle  prescrizioni  e  degli  obblighi
imposti" (art. 464-octies comma 4 c.p.p.); 
        ai sensi dell'art. 464-septies  c.p.p.,  e'  suscettibile  di
conclusione naturale mediante provvedimento  dichiarativo  dell'esito
negativo o positivo della messa alla prova  pronunciato  dal  giudice
anche d'ufficio "decorso il periodo di sospensione  del  procedimento
con messa alla prova" sulla base dei presupposti sostanziali  di  cui
all'art. 464-septies comma 1 periodo 1 c.p.p. ossia in considerazione
"del comportamento dell'imputato e del  rispetto  delle  prescrizioni
stabilite", con il rito di cui all'art. 464-septies comma l,  periodo
2  c.p.p.  (sempre  nel  corso  di  apposita  procedura  camerale   a
contraddittorio necessario allargato alla persona  offesa  dal  reato
celebrata ai sensi  dell'art.  127  c.p.p.)  ed  alla  stregua  della
relazione conclusiva di cui all'art. 464-septies comma 1,  periodo  2
c.p.p.  (consistente  nella  "relazione  dettagliata  sul  decorso  e
sull'esito della prova" formata ai sensi dell'art.  141-bis  comma  5
disp. att. c.p.p.  dall'ufficio  esecuzione  penale  esterna  che  ha
"preso in carico" l'imputato). 
    In tale sede "se, tenuto conto del comportamento dell'imputato  e
del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova"  non
l'abbia avuto esito positivo" (art. 464-septies comma  1,  periodo  1
c.p.p.), il giudice  pronuncia  ordinanza  con  cui  dispone  che  il
procedimento  prosegua  nella  forma  del   giudizio   ordinario   di
cognizione dibattimentale (2) . Se invece il giudice,  "tenuto  conto
del comportamento dell'imputato e  del  rispetto  delle  prescrizioni
stabilite, ritiene che la prova abbia  avuto  esito  positivo"  (art.
464-septies comma 1, periodo 1 c.p.p.), allora pronuncia sentenza  di
proscioglimento anticipato di  rito  a  norma  dell'art.  129  c.p.p.
(previa delibazione di insussistenza di cause di proscioglimento  nel
merito) a titolo di non doversi procedere in ragione della  causa  di
estinzione del reato di cui all'art. 168-ter comma 2 c.p., disponendo
"l'applicazione  delle  sanzioni   amministrative   accessorie,   ove
previste dalla legge" (art. 168-ter comma 3 c.p.). 
    III. - Il riordino concettuologico della disorganica  sequela  di
enunciati normativi introdotti dalla legge  n.  67/2014  consente  di
ravvedere nel procedimento speciale in esame una complicata scansione
che  si  articola,  nei  termini  sopra  riepilogati,  in  una   fase
amministrativa preliminare condotta  dall'ufficio  esecuzione  penale
esterna  (in  funzione  istruttoria  e  preparatoria),  in  una  fase
giurisdizionale di  cognizione  culminante  nella  formazione  di  un
titolo esecutivo provvisorio emesso in forma di  ordinanza  (anziche'
di sentenza) ed in una fase di  esecuzione  penale  culminante  nella
adozione di un provvedimento emesso in forma di sentenza (anziche' di
ordinanza). 
    L'oggetto della  procedura  consiste  nella  unilaterale  offerta
dell'imputato di una prestazione identificabile nella sua  volontaria
soggezione alla esecuzione del trattamento giuridico penale  irrogato
in forza di un titolo esecutivo provvisorio emesso allo  stato  degli
atti del fascicolo per il dibattimento in funzione  strumentale  alla
susseguente declaratoria giurisdizionale di accertamento  costitutivo
della fattispecie giudiziale  estintiva  del  reato  conseguentemente
formata. Ai sensi dell'art. 168-bis commi 2 e  3  c.p.;  la  suddetta
prestazione dell'imputato presenta un contenuto complesso, riferibile
necessariamente alla applicazione  di  due  concorrenti  sanzioni  di
natura personale (la misura alternativa dell'affidamento in prova  al
servizio sociale e la sanzione sostitutiva  del  lavoro  di  pubblica
utilita')  nonche'  riferibile  eventualmente  (soltanto  qualora  ne
ricorrano  i  concreti  presupposti)  alla  esecuzione  di  ulteriori
prestazioni  di  carattere  patrimoniale  o  personale  di  carattere
ripristinatorio, riparatorio  e  riconciliativo  (eliminazione  delle
conseguenze dannose o pericolose derivanti  dal  reato,  risarcimento
del danno dallo stesso cagionato). 
    Ai fini dell'inquadramento della  fattispecie  e  di  ogni  altra
considerazione svolta in questa sede, il remittente  ritiene  che  la
prestazione volontaria la cui  offerta  ed  attuazione  costituiscono
oggetto del procedimento speciale di messa alla prova consista  nella
soggezione  volontaria  dell'imputato  all'esecuzione  di  una   pena
criminale, sia pure morfologicamente strutturata in forma alternativa
e  sostitutiva  rispetto  alle  ordinarie  sanzioni  pecuniarie   e/o
detentive previste dal codice penale: trattasi infatti  a  tutti  gli
effetti (compresi quelli del ragguaglio  previsto  dall'art.  657-bis
c.p.p. secondo cui, ai fini  dell'esecuzione  della  condanna  penale
pronunciata nel processo  susseguente  all'eventuale  esito  negativo
della prova, tre giorni di quest'ultima sono equiparati ad un  giorno
di pena detentiva ovvero  a  250  euro  di  pena  pecuniaria)  di  un
trattamento  giuridico  sanzionatorio  penale  irrogato  in  funzione
retributiva, specialpreventiva, rieducativa e risocializzante,  oltre
che eventualmente anche in funzione ripristinatoria e riparatoria. 
    Lo  schema  fondamentale  della  fattispecie,  siccome  contempla
l'offerta di una prestazione il cui adempimento integra la  causa  di
estinzione del reato, palesemente richiama  quello  gia'  noto  della
oblazione, tuttavia con un duplice e cospicua differenza. Infatti  da
un lato la prestazione offerta consiste (non nel mero  versamento  di
una somma di denaro predeterminata e/o obbiettivamente determinabile,
bensi')  nella  soggezione  dell'imputato  a   vincoli   ablatori   e
conformativi  della  sua  sfera  personale  e  patrimoniale  la   cui
quantita' e  qualita',  lungi  dal  recare  alcuna  predeterminazione
normativa, deve essere  determinata  dal  giudice  sulla  base  delle
complesse  valutazioni  discrezionali  di   merito   finalizzate   al
cosiddetto  trattamento;  e  d'altro  lato  la  stessa   declaratoria
giurisdizionale  dell'esito  positivo   della   messa   alla   prova,
implicando anch'essa valutazioni di merito che  trascendono  di  gran
lunga  la   mera   ricognizione   vincolata   del   dato   obbiettivo
precostituito concernente l'esatto adempimento di  una  mera  dazione
pecuniaria,  riveste   efficacia   costitutiva   anziche'   meramente
dichiarativa   della   fattispecie   sostanziale   estintiva    della
punibilita'. Inoltre, come gia' accennato,  la  stessa  procedura  di
messa alla prova  attivabile  dinanzi  al  giudice  del  dibattimento
differisce profondamente da quella  attivabile  prima  dell'esercizio
dell'azione penale (a  norma  dell'art.  464-ter  c.p.p.),  la  quale
invece riflette il tutt'altro schema negoziale del patteggiamento (3)
; ed altresi' differisce, sia pure in minore misura, dalla  procedura
della messa alla prova attivabile dinanzi al giudice per le  indagini
preliminari o dinanzi  al  giudice  per  l'udienza  preliminare  dopo
l'esercizio dell'azione penale (4) 
    Ad avviso del remittente, la  specifica  procedura  che  dovrebbe
adesso applicarsi nella trattazione del presente  processo  penale  a
quo dinanzi a questo giudice del dibattimento  appare  viziata  dalle
ragioni di illegittimita' costituzionale  appresso  enunciate;  fermo
peraltro restando che tutte le censure di seguito illustrate,  tranne
la  prima,  si  appalesano  egualmente  predicabili  in  relazione  a
qualsivoglia ipotesi di messa alla prova prevista dalle  disposizioni
introdotte dalla legge n. 67/2014. 
    III.1  -  L'art.  464-quater  comma  3  c.p.p.  prevede  che  "la
sospensione del procedimento con messa alla prova e' disposta  quando
il giudice, in base ai parametri di cui all'articolo 133  del  codice
penale, reputa  idoneo  il  programma  di  trattamento  presentato  e
ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere  ulteriori  reati";
dunque  la  fase   di   cognizione   giurisdizionale   camerale   del
procedimento speciale in parola, avente ad oggetto la predisposizione
e valutazione delle condizioni di accesso dell'imputato al beneficio,
dovrebbe fisiologicamente culminare nella pronuncia  della  ordinanza
apprestante il titolo esecutivo provvisorio che irroga il trattamento
sanzionatorio criminale il cui  positivo  esito  applicativo  darebbe
luogo  alla  causa  di  estinzione  del  reato  costituente   oggetto
dell'accertamento   costitutivo   emesso   con   la    sentenza    di
proscioglimento che sarebbe pronunciata all'esito  della  susseguente
fase esecutiva del procedimento speciale. 
    Sennonche',  secondo  il  vigente   ordinamento   processuale   e
costituzionale, la irrogazione di qualsiasi trattamento sanzionatorio
di diritto  penale  criminale  -  compreso  quello  che  risulterebbe
stabilito nella ordinanza di messa alla prova  e  la  cui  esecuzione
anticipata darebbe luogo alla correlativa fattispecie  estintiva  del
reato - postula l'indefettibile  presupposto  del  convincimento  del
giudice in ordine alla responsabilita' dell'imputato in relazione  al
reato per cui si procede. 
    Cio' si desume dalle piu' comuni  nozioni  delle  istituzioni  di
diritto e procedura penale (secondo  cui  l'espiazione  di  una  pena
presupponga una condanna intesa come accertamento giurisdizionale  di
fatti  penalmente  rilevanti  dichiarato,  sia  pure   a   cognizione
sommaria,  in  funzione   costitutiva   di   responsabilita'   penali
attribuite in base al principio di colpevolezza); nonche'  si  desume
dal  tenore  dell'art.  168-bis  comma  2  c.p.  (che   menziona   le
conseguenze  "derivanti"  dal  reato,  il  quale  percio'  stesso  si
presuppone non soltanto commesso ma  anche  esaustivamente  accertato
addirittura nei suoi eventuali  effetti  antigiuridici  persistenti);
nonche'  si  desume  dalla  stessa  previsione  (ai  sensi  dell'art.
464-quater comma 3 c.p.p.) della  valutazione  giurisdizionale  della
idoneita' del "programma di trattamento" da  compiersi  "in  base  ai
parametri di cui all'art. 133 c.p."  (tra  i  quali,  come  e'  noto,
figura  anzitutto  la  gravita'  del  reato  che  percio'  stesso  si
presuppone non soltanto commesso, ma anche pienamente  valutabile  in
tutte le sue  modalita'  fenomenologiche  manifestate  dalla  natura,
dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni
altra modalita' dell'azione, nonche' dalla gravita' del danno  o  del
pericolo cagionato alla  persona  offesa  dal  reato,  nonche'  dalla
intensita' del dolo o dal grado della colpa); nonche' si desume,  per
quel che vale, perfino dalla stessa grammatica  dell'art.  464-quater
comma  3  c.p.p.  (laddove,  con   la   menzione   della   previsione
giurisdizionale che l'imputato si asterra' dal commettere "ulteriori"
reati, l'accertamento giurisdizionale del reato per cui si procede ed
il correlato giudizio di responsabilita' sono letteralmente dati  per
scontati). 
    D'altronde, la indefettibilita' del giudizio di  colpevolezza  ai
fini della irrogazione delle sanzioni penali  che  danno  luogo  alla
messa alla prova e' dichiarata dalla stessa Corte costituzionale  che
difatti, pronunciando  giustappunto  in  tema  di  messa  alla  prova
dell'imputato  minorenne,  ha  spiegato  che  il  "convincimento  del
giudice in ordine alla  responsabilita'  penale  dell'imputato  [...]
costituisce [...] un presupposto logico essenziale del  provvedimento
dispositivo della messa alla prova" al punto che allo stesso  giudice
procedente compete di valutare  caso  per  caso  se  le  esigenze  di
accertamento del  fatto  contestato  in  funzione  della  fisiologica
formazione del suddetto  convincimento  comportino  che,  in  ragione
della inadeguatezza dei dati cognitivi attualmente disponibili  nello
stadio processuale in atto, "la  sospensione  non  possa  intervenire
nella fase predibattimentale, occorrendo viceversa,  affinche'  possa
ritenersi adeguatamente formato quel convincimento,  che  il  giudice
tenga  conto  anche  dell'istruzione  dibattimentale"  (Corte   cost.
sentenza n. 125/1995 in data 05.04.1995). 
    Nondimeno, lo schema normativo della messa alla prova applicabile
ai sensi degli artt. 464-bis e 464-quater c.p.p. nei procedimenti  di
rito a citazione diretta dinanzi al giudice monocratico (a differenza
di quanto previsto per le omologhe procedure  attivabili  dinanzi  al
giudice  per  le  indagini  preliminari  e  dinanzi  al  giudice  per
l'udienza preliminare) presuppone che la relativa procedura si svolga
allo stato degli atti del fascicolo per il  dibattimento  considerato
nella  minimalistica  composizione  in  cui  si  trova  nello  stadio
introduttivo del  giudizio  ordinario  (5)  ;  ossia  allorquando  il
compendio di dati cognitivi in  possesso  del  giudice  -  per  ovvia
conseguenza dello stesso impianto normativo accusatorio del  processo
ordinario di cognizione, siccome radicato  sui  principi  del  doppio
fascicolo e della formazione dibattimentale della prova - risulta  di
regola largamente insufficiente o inidoneo a  fornire  la  plausibile
rappresentazione del fatto occorrente ai fini della  formulazione  di
alcun giudizio positivo di responsabilita', che pertanto  il  giudice
dovrebbe allora letteralmente formulare pur senza avere cognizione di
causa (6) 
    Percio', in definitiva,  lo  schema  decisorio  del  procedimento
speciale   in   trattazione   riflette   quello    della    pronuncia
dibattimentale preliminare sulla oblazione (o su  qualsivoglia  altra
causa di estinzione del reato) perfino  sotto  il  profilo  dei  dati
cognitivi che nelle due ipotesi risultano rispettivamente disponibili
a fondamento della declaratoria giurisdizionale. E cio' quantunque la
pronuncia resa ai sensi dell'art. 129 c.p.p. in materia di  oblazione
(o di qualsivoglia altra causa di estinzione del reato  finora  nota)
consista in una declaratoria liberatoria recante il mero accertamento
dichiarativo di dati fattuali precostituiti  di  pronta  ricognizione
oggettiva; mentre, all'opposto,  la  procedura  dibattimentale  della
messa alla prova riveste pur sempre la peculiare funzione di irrogare
all'imputato sanzioni penali consequenziali ad un reato in  relazione
al  quale,  percio'  stesso,  l'ordinamento  costituzionale   postula
necessariamente la formulazione di  un  giudizio  di  responsabilita'
personale.  Nondimeno,  alla  stregua  della  procedura  cosi'   come
legalmente delineata, nella quasi totalita'  dei  casi  concretamente
configurabili ogni provvedimento del giudice in tema  di  messa  alla
prova (ovvero sia in sede di ammissione dell'imputato  al  beneficio,
sia in sede di susseguente valutazione del  relativo  esito  ai  fini
della eventuale emissione della sentenza di  non  doversi  procedere)
dovrebbe  essere  emesso  sulla  base  di  null'altro  che  la  prova
(risultante dalla emissione del decreto di  rinvio  a  giudizio)  del
mero fatto giuridico  processuale  concernente  l'avvenuto  esercizio
dell'azione  penale;  ovvero  senza  che  il  giudice,  pur   dovendo
esprimere   un   convincimento   in   ordine   alla   responsabilita'
dell'imputato per il fatto storicamente  descritto  e  giuridicamente
qualificato nella imputazione, disponga dei dati cognitivi  necessari
e sufficienti a stabilire se  e  quale  fatto  previsto  dalla  legge
penale sia stato commesso, con quali modalita'  e  da  chi.  In  tali
condizioni, la irrogazione della pena criminale stabilita nel  titolo
esecutivo provvisorio che dispone la messa alla prova dovrebbe quindi
fondarsi  sulla  enunciazione  di   un   giudizio   di   colpevolezza
esplicitamente o implicitamente formulato  in  maniera  illogica  e/o
fittizia  poiche',   secondo   lo   stesso   meccanismo   processuale
normativamente  prefigurato,  del   reato   contestato   al   giudice
procedente poco o null'altro sarebbe dato di sapere  se  non  che  il
pubblico ministero abbia ritenuto di  dedurlo  in  giudizio  mediante
esercizio dell'azione penale. 
    Deve concludersene che le disposizioni  di  legge  che  prevedono
siffatto congegno - prefigurante un provvedimento giurisdizionale  di
irrogazione di un trattamento giuridico di diritto  penale  criminale
suscettibile  di   essere   pronunciato   sul   presupposto   di   un
convincimento di responsabilita' di carattere letteralmente assurdo o
mendace poiche' implicitamente o esplicitamente formulato  nonostante
la indisponibilita' degli elementi occorrenti a  stabilire  se  alcun
fatto sia avvenuto, come e da chi sia stato commesso e quale  ne  sia
la qualificazione giuridica -  appaiono  contrastanti  con  l'art.  3
Cost., alla stregua del quale  deve  ritenersi  che  le  enunciazioni
consapevolmente  incongrue  o  simulatorie  non  possono   costituire
presupposto o strumento di trattamenti giuridici; nonche' con  l'art.
111 comma 6 Cost., alla stregua del quale deve ritenersi  che  cotali
medesime enunciazioni non  possono  costituire  parte  integrante  di
alcun  provvedimento  giurisdizionale  in  funzione  di  assolvimento
dell'obbligo di motivazione del medesimo; nonche' con l'art. 25 comma
2 Cost., alla stregua del  quale  deve  ritenersi  che  la  punizione
criminale puo' essere irrogata in ragione di un fatto previsto  dalla
legge come reato e non  anche  in  ragione  della  plateale  finzione
radicabile sulla mera contestazione processuale del medesimo; nonche'
con l'art. 27 comma 2 Cost., alla stregua del  quale  deve  ritenersi
che il giudizio di responsabilita' dell'imputato giustificativo della
irrogazione  di  pene  criminali  consiste  in   una   considerazione
giurisdizionale di colpevolezza radicata sulla cognizione  storica  e
sulla valutazione giuridica del fatto e  non  certo  su  alcuna  mera
declamazione nomenclatoria o discorsiva,  tantomeno  se  vistosamente
insensata o simulatoria. 
    Nella prassi  giudiziaria  della  fattispecie  dibattimentale  in
parola, tale incompletezza del meccanismo normativo (la  quale,  come
accennato, invece non sussiste nelle omologhe fattispecie  attivabili
dinanzi al giudice per le indagini  preliminari  ed  al  giudice  per
l'udienza preliminare) sarebbe  superabile  per  via  di  mero  fatto
attraverso il consenso che le parti intendessero  prestare  ai  sensi
dell'art.  493  comma  3  c.p.p.  alla  acquisizione  e   valutazione
giurisdizionale  del  fascicolo  del  pubblico   ministero.   Ma   la
considerazione di tale concreta  eventualita',  lungi  dal  rimuovere
l'anzidetta  censura  di  incostituzionalita',   serve   soltanto   a
confermarla  perfezionando  la   constatazione   di   un   meccanismo
processuale il cui funzionamento, cosi' come  ab  origine  legalmente
delineato, e' precluso gia' alla stregua delle elementari esigenze di
coerenza dell'ordinamento processuale e costituzionale. 
    Le ragioni  di  incostituzionalita'  derivanti  dalla  denunciata
incompletezza del meccanismo  processuale  in  parola  si  appalesano
suscettibili di  elisione  mediante  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 464-quater comma 1 c.p.p. nella parte in cui
non prevede che il giudice, ai fini di  ogni  decisione  da  assumere
nell'ambito della procedura di messa alla prova, acquisisca e  valuti
gli atti e documenti del fascicolo del pubblico ministero  dei  quali
altrimenti gia' non disponga; poi restituendoli per l'ulteriore corso
nel caso di esito  negativo  della  pronuncia  sulla  (concessione  o
sull'esito della) messa alla prova, similmente a quanto  avviene  nei
procedimenti speciali del giudizio abbreviato  e  della  applicazione
della pena su richiesta delle parti. 
    D'altronde,  alla  stregua  del  rimedio  da  ultimo  ipotizzato,
verosimilmente la cognizione giurisdizionale degli atti  di  indagine
in funzione ricognitiva e valutativa del fatto e decisoria sul merito
della  medesima  regiudicanda  determinerebbe,  in  capo  al  giudice
dibattimentale che abbia definito negativamente la procedura di messa
alla prova  per  ragioni  attinenti  al  merito  della  medesima,  la
incompatibilita' all'ulteriore  trattazione  del  processo.  Infatti,
alla relativa ipotesi si appalesano  applicabili  in  parte  qua  gli
argomenti gia' enunciati, in relazione ai procedimenti  speciali  del
patteggiamento e del rito abbreviato, nelle sentenze n. 124/1992,  n.
399/1992, n. 439/1993 e n. 155/1996 della Corte costituzionale; donde
la  configurazione  di  una  ulteriore  ragione   di   illegittimita'
costituzionale anche dell'art. 34  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non
prevede la incompatibilita' al giudizio del giudice  il  quale  abbia
emesso  l'ordinanza  di  messa  alla   prova   dell'imputato   (cosi'
formulando un giudizio di responsabilita' nei suoi confronti)  oppure
abbia respinto la relativa istanza per ragioni di merito (concernenti
la inidoneita' del programma di trattamento e/o la prognosi di futura
recidivanza dell'imputato ritenute in conseguenza  della  valutazione
del fatto e/o della personalita' del suo autore). 
    III.2 - Le considerazioni e le censure immediatamente  precedenti
devono essere integralmente riproposte e ribadite in  relazione  agli
analoghi profili di illegittimita' costituzionale che,  per  analoghe
ragioni di incongruenza  del  meccanismo  processuale  rispetto  agli
esiti decisionali che  si  pretende  debba  radicare,  colpiscono  la
previsione dell'art. 464-quater c.p.p.  secondo  cui  il  giudice  e'
chiamato ad esprimere, "in base ai parametri di cui all'articolo  133
del codice  penale"  un  giudizio  di  idoneita'  o  inidoneita'  del
programma di trattamento presentatogli. 
    Pare difatti intuitivo che il giudice dibattimentale - al  quale,
alla stregua  degli  atti  del  fascicolo  del  dibattimento  in  suo
possesso nella fase introduttiva del giudizio, nulla o quasi sia dato
di sapere in ordine alla vicenda  sostanziale  presupposta  -  nessun
giudizio possa seriamente emettere in ordine alla  idoneita'  o  meno
del cosiddetto programma  di  trattamento  in  funzione  retributiva,
specialpreventiva  rieducativa  e   risocializzante   rispetto   alla
perpetrazione di un reato che, in effetti, lo stesso giudice in tutto
o in parte ignora se, come e da chi sia stato  commesso.  Dimodoche',
in  sostanza,  ancora  una  volta  il  giudice  si  troverebbe  nella
condizione di dover formulare  un  giudizio  illogico  e/o  fittizio,
poiche' strumentale all'inconsulta  affermazione  della  idoneita'  o
inidoneita' di trattamenti giuridici penali  che  si  riferiscono  ad
esigenze personologiche sconosciute  poiche'  in  tutto  o  in  parte
definibili in relazione ad un fatto storico a sua volta ignoto. 
    III.3 - Come e' noto, gli enunciati normativi che definiscono  la
nuova procedura non si curati di stabilire  la  finalita'  legalmente
tipica del "programma di trattamento" la quale, pertanto, deve essere
ricavata  per  via  interpretativa  attingendo  i  relativi  elementi
teleologici  dai  principi   ordinamentali   e   costituzionali   che
definiscono le  funzioni  dei  trattamenti  sanzionatori  di  diritto
penale  criminale;   tuttavia,   nessun   canone   ermeneutico   pare
tecnicamente evocabile per sopperire alla ancor piu' grave noncuranza
manifestata dal legislatore in tema di determinazioni  qualitative  e
quantitative  delle  sanzioni  penali   alternative   e   sostitutive
irrogabili in sede  di  esplicazione  del  procedimento  speciale  in
esame. 
    Tale indeterminatezza, in primo luogo, appare piuttosto  evidente
gia' sotto il profilo del contenuto  del  cosiddetto  trattamento  il
quale, risultando definito dall'art. 168-bis commi  2  e  3  c.p.  in
maniera  sommamente  generica,   sul   piano   qualitativo   potrebbe
risolversi in un nonnulla di  fatto  (poco  piu'  della  declamazione
nominalistica della qualifica attribuita  alla  situazione  giuridica
personale dell'imputato);  oppure,  viceversa,  potrebbe  svilupparsi
mediante applicazione  di  un  insieme  di  vincoli  conformativi  ed
ablatori della liberta' personale implicanti, per  le  loro  concrete
determinazioni  oggettuali  e/o  modali  e/o   temporali,   risultati
afflittivi  e  restrittivi  della  sfera  giudica  dell'imputato   di
intensita' paragonabile o  magari  anche  superiore  a  quella  delle
stesse pene edittali previste dalla legge in relazione al  reato  per
cui si procede. 
    E soprattutto, in secondo luogo, la indeterminatezza  legale  del
trattamento sanzionatorio anticipato irrogabile in sede di messa alla
prova appare insostenibile sotto il profilo quantitativo,  ossia  con
riferimento  alla   misura   temporale   delle   sanzioni   criminali
alternative e sostitutive da applicarsi in luogo delle pene  edittali
del  reato  per  cui  si  procede.  Infatti,  al   riguardo   l'unica
indicazione che si rinviene nella legge e' quella contenuta nell'art.
168-bis comma 3 c.p. secondo cui  "il  lavoro  di  pubblica  utilita'
consiste in una prestazione [...] di durata  non  inferiore  a  dieci
giorni"; dimodoche',  in  definitiva,  il  trattamento  sanzionatorio
penale la cui espiazione anticipata costituisce  oggetto  della  fase
esecutiva della procedura di messa  alla  prova  risulta  determinato
soltanto  nel  minimo  (dieci  giorni)  in  relazione  alla  sanzione
sostitutiva  del  lavoro   di   pubblica   utilita',   e   totalmente
indeterminato in relazione alla misura  alternativa  dell'affidamento
al servizio sociale. 
    D'altronde  non   pare   che   a   questi   ultimi   profili   di
indeterminatezza legale si possa  sopperire  attingendo  i  necessari
riferimenti  precettivi,  mediante  la  procedura  ermeneutica  della
analogia  legis,  dall'art.  464-quater   comma   5   c.p.p.   (norma
processuale  che  stabilisce  soltanto  la   durata   massima   della
sospensione   del   processo   conseguente   alla   attivazione   del
procedimento speciale in trattazione) oppure dall'art. 657-bis c.p.p.
(norma sostanziale che stabilisce soltanto i  criteri  di  ragguaglio
applicabili in sede di determinazione della pena da espiare nel  caso
di esito negativo della procedura). Infatti,  tali  applicazioni  del
ragionamento per analogia in funzione definitoria di sanzioni  penali
dovrebbero   ritenersi   categoricamerete   vietate   dal   principio
costituzionale  di'  tassativita'  legale  delle  pene,   oltre   che
radicalmente precluse dalla inconfigurabilita' dei presupposti logici
all'uopo  occorrenti,  a  cominciare   da   quello   concernente   la
similitudine  tra  la  fattispecie  (non  regolata)  di  cui  occorre
stabilire  la  disciplina  e  quelle  (regolate)  la  cui  disciplina
formerebbe oggetto della estensione analogica (7) .L'importanza della
censura di incostituzionalita' in parola, nonche' la insostenibilita'
tecnica e pratica dell'ipotesi  che  i  referenti  di  determinazione
della durata delle sanzioni irrogate a titolo  di  messa  alla  prova
possano ricavarsi per analogia  dagli  artt.  464-quater  comma  5  e
657-bis c.p.p., appaiono particolarmente evidenti nei casi in cui  si
proceda per delitti di  cospicua  gravita'  edittale  (posto  che  il
procedimento speciale di messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis
comma 1 c.p., risulta applicabile anche a delitti punibili  con  pene
detentive addirittura pari o superiori ai dieci anni di  reclusione).
Infatti, in simili ipotesi, facendosi riferimento all'art. 464-quater
comma 5 c.p.p. l'imputato non  potrebbe  essere  assoggettato  ad  un
trattamento di  durata  superiore  ai  due  anni,  ad  onta  di  ogni
possibile profilo  di  gravita'  del  reato  e  di  intensita'  delle
correlate esigenze di trattamento;  mentre  per  converso,  facendosi
riferimento  all'art.  657-bis  c.p.p.,  si  dovrebbe  ammettere   la
ipotizzabilita' di sanzioni  di  messa  alla  prova  suscettibili  di
durata protratta per numerosi decenni. 
    Da   tali   considerazioni   pare   consegua   una   censura   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis  c.p.  per  contrasto
con l'art. 25 comma 2 cost. nella parte in cui sancisce il  principio
di tassativita' e  determinatezza  legale  delle  pene  poiche',  nel
disegno legislativo che definisce il procedimento speciale in  esame,
le  determinazioni  qualitative   e   quantitative   concernenti   il
trattamento sanzionatorio penale applicabile  appaiono  rimesse  alla
libera scelta delle autorita' procedenti (prima l'ufficio  locale  di
esecuzione penale che predispone il programma di trattamento,  e  poi
il giudice che tale programma  convalida  o  modifica);  trovando  di
fatto l'unico loro possibile limite (a sua volta non del tutto o  non
sempre fisiologico, come si  dira'  appresso)  nelle  valutazioni  di
interesse privato sulla base  delle  quali  l'imputato,  qualora  non
gradisse le relative deliberazioni del giudice,  sic  et  simpliciter
eserciterebbe a sua volta la sovrana prerogativa di  non  prestare  o
revocare il proprio consenso  all'ulteriore  corso  della  procedura,
cosi' facendola cadere nel nulla. 
    III.4  -  Le  considerazioni  da  ultimo  sviluppate  valgono  ad
introdurre   l'esposizione    di    un    ulteriore    sospetto    di
incostituzionalita' che colpisce  le  disposizioni  di  cui  all'art.
464-quater comma; 4  e  6  c.p.p.  nella  parte  in  cui  introducono
nell'ordinamento  penale  processuale  una  procedura   destinata   a
svilupparsi secondo lo schema di una sorta di patteggiamento di fatto
che, per la prima volta nel percorso storico della  procedura  penale
di cognizione, si svolge (non tra le parti al cospetto  del  giudice,
bensi') tra una delle parti e il giudice stesso. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 c.p.p., al giudice
dibattimentale procedente in tema di  messa  alla  prova  compete  di
verificare la idoneita' del programma di  trattamento  rispetto  alle
presupposte   esigenze,   apportando   alle   sanzioni   riparatorie,
alternative  e  sostitutive   ivi   contemplate   le   modifiche   ed
integrazioni all'uopo ritenute necessarie ed opportune sia in termini
di contenuti, sia in termini di durata. Pertanto, l'unica ipotesi  in
cui lo schema della procedura  in  parola  possa  avere  corso  senza
necessita' di alcun intervento modificativo o integrativo del giudice
e' quella in cui il programma cosi' come  elaborato  dall'ufficio  di
esecuzione penale esterna con il consenso dell'imputato risulti - sia
in termini di qualita', sia in termini di  quantita'  delle  sanzioni
applicabili - in primo luogo esaustivamente delineato, ed in  secondo
luogo interamente condiviso dal giudice. 
    Tuttavia, quest'ultima ipotesi  (anche  per  conseguenza  pratica
della grave carenza di parametri legalmente precostituiti di  cui  lo
stesso ufficio di esecuzione penale  esterna  possa  avvalersi  nella
predisposizione del programma) pare connotata da  margini  statistici
di accadibilita' concreta pressoche' irrisori, che potrebbero  magari
essere superati o aggirati se le determinazioni  all'uopo  occorrenti
fossero di fatto suggerite dallo stesso giudice procedente  il  quale
si facesse carico del relativo giudizio  anticipandolo  informalmente
e/o al di fuori dello schema legale del procedimento. 
    In ogni altro caso (ovvero: ogni qual volta  il  trattamento  non
risultasse ab origine esaustivamente definito dall'ufficio esecuzione
penale  esterna,  nonche'  ogni  qual   volta   il   programma   gia'
esaustivamente  definito  non  risultasse  anche  incondizionatamente
condiviso  dal  giudice),   si   rende   necessario   un   intervento
giurisdizionale modificativo o integrativo del relativo programma che
tuttavia, sempre ai sensi dell'art.  464-quater comma  4  c.p.p.,  e'
ammissibile soltanto "con il  consenso  dell'imputato";  e  cio',  in
particolare, sia nella ipotesi che il  giudice  debba  modificare  la
quantita' o qualita' delle prescrizioni, sia  nella  ipotesi  che  il
giudice debba stabilire la durata delle prestazioni  e  quindi  della
stessa fase esecutiva della messa alla  prova,  poiche'  lasciata  in
tutto o in parte indeterminata nel programma di trattamento elaborato
dal  competente  ufficio  di  esecuzione  penale  (come  giustappunto
concretamente avvenuto nel caso del presente procedimento a quo). 
    Di siffatte determinazioni modificative  o  integrative  si  puo'
supporre che  esse,  senza  particolari  formalita',  possano  essere
discorsivamente  rappresentate  dal  giudice  e  magari   da   questi
mercanteggiate  con  l'imputato  nel  corso  dell'udienza,  salvo  il
problema di come poter fedelmente e decorosamente riportare  siffatte
evenienze  nel  verbale   del   processo;   oppure   si   puo'   piu'
verosimilmente supporre che, costituendo espressione di  ponderazioni
assunte in funzione  di  applicazione  giurisdizionale  della  legge,
debbano costituire materia di un apposito  provvedimento  formalmente
pronunciato. 
    Nell'uno e nell'altro caso, tuttavia, il procedimento speciale di
messa alla prova, indipendentemente dalla entita' e dal  costo  delle
attivita' paragiudiziarie e giudiziarie all'uopo gia' esperite (8)  ,
e'  destinato  a  culminare  nella   assunzione   di   determinazioni
giurisdizionali la cui  efficacia  ed  utilita',  cosi'  come  quelle
dell'intera   procedura   fino   ad   allora   celebrata,   rimangono
sospensivamente condizionate al consenso  che  l'imputato  intendesse
esprimere alla stregua delle  proprie  insindacabili  valutazioni  di
personale  convenienza;  donde  la  constatazione  della   innovativa
materializzazione, ad opera della legge  n.  67/2014  istitutiva  del
procedimento speciale in discorso, di una fattispecie processuale che
contempla, in funzione di  atto  costitutivo  e  definitorio  di  una
subprocedura penale, (non la decisione legalmente verificabile emessa
dal giudice in ordine alle istanze delle parti, bensi') la  decisione
inoppugnabile emessa da una della parti in ordine alle determinazioni
del giudice. 
    Questi  rilievi   inducono   ad   ipotizzare   una   censura   di
incostituzionalita' dell'art. 464-quater comma 4 c.p.p. per contrasto
con l'art. 101 cost. nel senso  che  la  disposizione  censurata,  in
spregio al principio costituzionale dell'assoggettamento del  giudice
e delle sue funzioni soltanto alla legge, attribuisce  alla  volonta'
dell'imputato  la  capacita'  sovrana  di  integrare  la   condizione
meramente potestativa cui resta  insindacabilmente  subordinato  ogni
profilo  di   efficacia   formale   ed   utilita'   sostanziale   del
provvedimento giurisdizionale di messa alla prova nonche' - qualunque
ne sia stato il costo in termini di dispendio di tempo e di pubbliche
risorse amministrative e giudiziarie  -  dell'intera  procedura  gia'
celebrata strumentalmente alla pronuncia del  medesimo.  Laddove,  ad
avviso del remittente, l'azzardo di  tale  interpretazione  estensiva
della citata disposizione costituzionale appare  giustificabile  alla
stregua dell'almeno  altrettanto  inusitata  innovazione  legislativa
prefigurante  l'ipotesi  in  cui  una  procedura  giudiziaria  e   le
determinazioni giurisdizionali ivi assunte  risultano  immediatamente
vanificabili dalla parte  privata  controinteressata  non  attraverso
l'esercizio del mezzo di impugnazione  appositamente  previsto  dalla
legge cui  le  prerogative  giurisdizionali  sono  costituzionalmente
assoggettate, bensi' mediante una mera  manifestazione  personale  di
insindacabile dissenso. 
    In  ogni  caso,  la  medesima  disposizione   di   legge   appare
incompatibile con i principi  costituzionali  di  buon  andamento  ed
efficienza delle attivita' dei pubblici poteri (art. 97 Cost.) e  con
i principi di economicita' e ragionevole durata del  processo  penale
(art.  111  comma  2  Cost.)  nella  misura  in  cui  stabilisce   lo
svolgimento di attivita' paragiudiziarie  e  giudiziarie  che,  senza
riguardo  al  dispendio  di  tempi  e  risorse  processuali  all'uopo
occorrenti, devono essere necessariamente disimpegnate dai competenti
pubblici uffici (prima l'ufficio esecuzione penale esterna e  poi  il
giudice procedente) per il solo fatto  che  ne  faccia  richiesta  la
stessa parte  processuale  al  cui  mero  insindacabile  beneplacito,
contestualmente, si attribuisce anche la prerogativa di  deciderne  a
posteriori la sorte, ossia addirittura di stabilire a  piacimento  se
tali attivita', una volta che abbiano avuto luogo, siano state o meno
compiute  soltanto  a  titolo  di  futile   dissipazione   di   tempi
processuali e denari pubblici. 
    Percio', in definitiva, si Ritiene che dall'art. 464-quater comma
4 e c.p.p. debba espungersi la  innaturale  ed  incongrua  previsione
della capacita' condizionante  del  consenso  dell'imputato;  la  cui
tutela avverso eventuali determinazioni giurisdizionali  illegittime,
peraltro, e' altrimenti assicurata dalla impugnazione per  cassazione
che risulta gia' prevista avverso l'ordinanza di messa alla prova (ai
sensi dell'art. 464-quater comma  7  c.p.p.),  indipendentemente  dal
fatto che essa contenga o meno disposizioni giurisdizionali emesse in
funzione integrativa o modificativa del programma di trattamento. 
    Si puo' notare che considerazioni analoghe andrebbero  riproposte
in relazione alla previsione dell'art. 464-quinquies comma 1 parte  2
c.p.p. nella parte in cui similmente dispone che il pagamento rateale
delle somme dovute a titolo di risarcimento del  danno  possa  essere
stabilito  dal  giudice  soltanto  "con  il  consenso  della  persona
offesa". Tuttavia con  la  peculiarita'  che  quest'ultimo  enunciato
normativo  -  siccome  coniato  ignorandosi  perfino  la   elementare
distinzione nozionistica tra  la  qualita'  di  "persona  offesa  dal
reato" e la qualita' di "persona civilmente danneggiata dal reato"  -
si presta ad ulteriori censure di illegittimita'  costituzionale  per
violazione dell'art. 3 Cost.; infatti  la  relativa  disposizione  di
legge,  ogni  qual  volta  che   in   concreto   non   ricorrano   le
accidentalita'   fattuali   donde   scaturisca   il   cumulo    delle
summenzionate qualita' nel medesimo soggetto giuridico, illogicamente
ed  irrazionalmente  attribuisce  alla  persona  titolare  del   bene
protetto dalla fattispecie incriminatrice astratta la prerogativa  di
decidere in ordine alle  modalita'  di  esercizio  e  soddisfacimento
degli altrui diritti al ristoro del  pregiudizio  civile  risarcibile
derivato dalla fattispecie criminosa concreta. 
    III.5 - Le precedenti considerazioni  consentono  di  riepilogare
come il congegno processuale delineato dagli artt. 464-bis ss. c.p.p.
postuli che l'imputato, dopo essere stato destinatario  del  giudizio
di colpevolezza necessariamente presupposto  (quantunque  di  massima
concretamente  fittizio  poiche'  emesso  da  un  giudice  privo   di
cognizione di causa, nei termini indicati supra sub §  III.1),  venga
assoggettato   ad   un   trattamento   giuridico    (teleologicamente
altrettanto artificioso poiche' preordinato ad esigenze concretamente
ignote per le medesime ragioni, nei  termini  indicati  supra  sub  §
III.2) corrispondente alla espiazione di una pena  criminale  che  si
definisce come tale poiche' (quantunque organizzata  sotto  forma  di
costrizioni e prestazioni  morfologicamente  diverse  da  quelle  che
sostanziano le pene previste dal codice penale) risulta  naturalmente
qualificata  sia  da   caratteristiche   strutturali   e   funzionali
retributive, specialpreventive, rieducative e  di  risocializzazione,
sia da  correlative  ripercussioni  afflittive  e  restrittive  della
liberta' personale del soggetto. 
    Tuttavia, la pena suddetta viene irrogata sempre e soltanto sulla
base  del   mero   titolo   esecutivo   giurisdizionale   provvisorio
rappresentato dalla ordinanza di  messa  alla  prova  pronunciata  in
esito alla fase di cognizione  camerale  del  procedimento  speciale;
donde il riconoscimento inevitabile che,  in  cotali  condizioni,  il
giudicabile e' assoggettato alla esecuzione anticipata  di  una  pena
che per definizione costui deve espiare non soltanto  prima  e  senza
che risulti intervenuta alcuna condanna  definitiva,  ma  addirittura
anche  prima  e  senza  che  risulti  intervenuta  alcuna   condanna,
definitiva o meno. 
    Peraltro lo stesso esito positivo della procedura di  messa  alla
prova, comportando il  proscioglimento  nel  rito  in  ragione  della
sopravvenuta  formazione  giudiziale  della  correlativa   causa   di
estinzione  del  reato,  elide  in  radice  la  stessa   possibilita'
giuridica che alcuna condanna possa intervenire finanche dopo  cotale
espiazione della pena. Dimodoche' la  suddetta  esecuzione  penale  -
siccome in effetti non  segue  ma  neppure  precede  alcuna  condanna
definitiva  o  non  definitiva  -  neppure  puo'  propriamente  dirsi
anticipata, salvo soltanto il caso di esito negativo del procedimento
speciale di messa alla prova cui  faccia  seguito  una  decisione  di
responsabilita' penale- pronunciata in  esito  alla  trattazione  del
processo nelle forme dibattimentali ordinarie. 
    Dunque le disposizioni di  cui  agli  artt.  artt.  464-quater  e
464-quinquies c.p.p., che prevedono siffatta espiazione di  una  pena
criminale fuori dai casi in cui in relazione  al  reato  per  cui  si
procede  risulti  pronunciata  e/o  pronunciabile   alcuna   condanna
definitiva e/o non definitiva, risultano contrastanti con  l'art.  27
comma 2 cost. poiche' stabiliscono non tanto una  violazione,  quanto
la radicale negazione della garanzia formale racchiusa nel  principio
secondo cui  l'imputato  non  puo'  essere  considerato  e  tantomeno
trattato come colpevole sino alla condanna penale definitiva. 
    E senza che, nella materia in parola, cotale obliterazione di uno
dei  principi   fondamentali   della   civilta'   giuridica   risulti
controbilanciata da alcuna esigenza di tutela di valori  di  dignita'
costituzionale pari o superiore; ben diversamente - come sara' appena
il caso di Osservare - da quanto avviene nella  materia  della  messa
alla prova degli  imputati  minorenni,  laddove  invece  la  relativa
deroga, lungi dal fondarsi su frettolosi e malaccorti  vagheggiamenti
di mere utilita' erariali, e' giustificata dalla  cogente  necessita'
di protezione della personalita' dell'imputato  ancora  in  corso  di
formazione, come ponderata e formalmente sancita dall'art. 31 comma 2
della Costituzione. 
    IV. -  Sotto  il  profilo  della  rilevanza  delle  questioni  di
costituzionalita'  sollevate  con  la  presente   ordinanza   occorre
osservare che adesso, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento a
quo esitato alla rituale presentazione della istanza  di  messa  alla
prova, questo giudice deve pronunciare in ordine alla  idoneita'  del
programma di trattamento predisposto in maniera largamente incompleta
dal competente ufficio di esecuzione  penale  esterna  (il  quale  ha
sbrigato  la  relativa  incombenza   risolvendola   nella   perplessa
compilazione di un modulo prestampato alla stregua del quale, a tacer
d'altro, le programmate sanzioni alternative e sostitutive  risultano
prive di qualunque determinazione temporale). Tale pronuncia dovrebbe
essere  adottata  alla  stregua  degli  atti  del  fascicolo  per  il
dibattimento (i quali, allo stato, non contengono alcun  elemento  di
prova utile ai fini della ricognizione storica  e  della  valutazione
giuridica del fatto di reato per cui  si  procede),  integrato  dalla
cosiddetta relazione di indagine socio-familiare redatta  dal  citato
ufficio (che parrebbe a sua volta consistere nel mero resoconto delle
notizie  che  l'imputato,  all'uopo  interpellato,   abbia   ritenuto
opportuno far conoscere sulle proprie condizioni e vicende di vita). 
    Tanto premesso, si  osserva  che  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale   come   sopra   sollevate   appaiono    pregiudiziali
all'ulteriore corso del presente procedimento a quo in quanto adesso,
per dare corso alla procedura cosi' come legalmente delineata: 
        anzitutto questo giudice, quantunque privo di ogni cognizione
di  causa  legalmente  acquisita  in  qualsivoglia  forma,   dovrebbe
pronunciare nei confronti dell'imputato  un  fittizio  o  simulatorio
giudizio di colpevolezza in relazione al reato contestato del  quale,
allo  stato  degli  atti   legalmente   disponibili,   al   decidente
giustappunto null'altro e' dato sapere se non  che  esso  ha  formato
oggetto di contestazione da parte del pubblico  ministero  (donde  le
ragioni di illegittimita' costituzionale di cui supra, sub § III.1); 
        contestualmente, sempre nulla conoscendo del  fatto  e  delle
caratteristiche personologiche dell'imputato definibili in  relazione
ad esso, questo giudice dovrebbe rendere altro fittizio o simulatorio
giudizio sia in ordine alla idoneita' del programma di trattamento in
relazione alle esigenze sanzionatorie retributive, specialpreventive,
rieducative e di risocializzazione manifestate dal fatto per  cui  si
procede, sia in ordine alla prognosi che l'imputato si  asterra'  dal
commettere reati ulteriori rispetto a quello ignoto per cui  si  gia'
procede (donde le ragioni di  illegittimita'  costituzionale  di  cui
supra, sub § III.2); 
        quindi, qualora ritenesse di  orientare  in  qualche  modo  i
fittizi o simulatori contenuti di  tutti  gli  anzidetti  giudizi  in
senso  favorevole  all'accoglimento  della  istanza,  questo  giudice
dovrebbe  adoperarsi  all'invenzione   delle   sanzioni   penali   da
applicare,  stabilendone  il  contenuto  e  la  durata   -   lasciati
pressoche' totalmente  indeterminati  nel  programma  di  trattamento
elaborato  dal  competente  ufficio  -  al   di   fuori   di   alcuna
predeterminazione  normativa  (donde  le  ragioni  di  illegittimita'
costituzionale di cui supra, sub § III.3); 
        laddove,  dovendo  necessariamente  colmare  le  lacune   del
programma   presentato   quanto   meno   sotto   il   profilo   della
quantificazione  temporale,  questo  giudice  dovrebbe  assumere   le
necessarie determinazioni negoziandole con l'imputato o  ponderandole
unilateralmente per sottoporle opinamento della parte privata, il cui
dissenso vanificherebbe sic et simpliciter la relativa determinazione
giurisdizionale nonche' la apposita procedura finora celebrata (donde
le ragioni di illegittimita'  costituzionale  di  cui  supra,  sub  §
III.4); 
        ed infine, se ottenesse  il  consenso  del  giudicabile  alla
integrazione del programma di trattamento occorrente  alla  ulteriore
prosecuzione  della  procedura  finora  celebrata,   questo   giudice
dovrebbe pronunciare la conseguente ordinanza  di  messa  alla  prova
cosi irrogando all'imputato il  trattamento  giuridico  sanzionatorio
penale conseguente ad un reato per cui nessuna condanna, definitiva o
meno, e'  stata  pronunciata  (donde  le  ragioni  di  illegittimita'
costituzionale di cui supra, sub § III.5). 
    V. - Sotto il profilo  della  non  manifesta  infondatezza  delle
questioni di costituzionalita' segnalate  in  questa  sede,  si  deve
rimarcare  la  impossibilita'  per  il  remittente  di   scongiurarle
mediante    alcuna    interpretazione    logicamente    definita    e
costituzionalmente orientata delle disposizioni di  legge  censurate.
Infatti queste ultime - per quanto sopra gia' osservato, nonche' alla
stregua delle considerazioni che seguono - pare definiscano una  mera
sequela di adempimenti formali rivestiti di  etichette  nomenclatorie
vagamente altisonanti la cui ragion d'essere, tuttavia,  risiederebbe
nell'apparecchiamento di una purchessia piattaforma burocratica (come
si desumerebbe gia' dalla plateale  trascuratezza  normativa  perfino
dei  profili  teleologici  del  cosiddetto  trattamento,  e  come  si
conferma alla stregua della considerazione che  la  nuova  procedura,
qualora  dovesse  effettivamente  comportare   una   ponderazione   e
definizione non meramente nominalistica delle  pletoriche,  complesse
ed eterogenee esigenze che vi si predicano  coinvolte,  implicherebbe
un impegno di risorse ed  attivita'  tutt'altro  che  necessariamente
inferiore a quello occorrente alla celebrazione della  maggior  parte
dei correlativi dibattimenti)  a  sua  volta  evocatile  in  funzione
formalmente   giustificativa   di    provvedimenti    giurisdizionali
produttivi di mere utilita'  erariali  (sfollamento  penitenziario  e
deflazione processuale) le quali, a loro volta, appaiono  vagheggiate
non soltanto in difetto di  coerenza  ai  criteri  tecnici  e  valori
giuridici all'ordinamento processuale e  costituzionale,  ma  perfino
sulla base di presupposti logicamente inconsistenti.  A  quest'ultimo
riguardo, si puo' anzitutto osservare come il  costrutto  legislativo
esaminato,  nella  sua  pretesa  strumentalita'  alle   esigenze   di
decarcerizzazione dei trattamenti giuridici penali, risulti  gia'  ab
origine pressoche' totalmente privo di concreta utilita',  visto  che
risulta destinato ad applicarsi in relazione ad un catalogo di  reati
che  sono  gia'  sottratti  all'ordinario  trattamento  sanzionatorio
detentivo non soltanto in forza dell'equivalente copertura fornita da
meccanismi previsti da specifiche disposizioni  di  legge  (9)  ,  ma
perfino  ab  origine   ovvero   in   considerazione   della   cornice
sanzionatoria edittale loro propria. Ed infatti, ai  sensi  dell'art.
168-bis c.p., la sospensione del procedimento con  messa  alla  prova
dell'imputato  e'  applicabile  anche  nei  procedimenti  per   reati
punibili con la sola pena pecuniaria; ivi comprese,  incredibilmente,
perfino  le  contravvenzioni  punite  con  mere  pene  pecuniarie   o
alternative  in  relazione  alle  quali,  pertanto,  il  procedimento
speciale in esame null'altro concreta  che  una  sorta  di  mostruoso
doppione della tradizionale procedura di oblazione gia' prevista  dal
codice penale. Donde la configurabilita' delle ulteriori  censure  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis c.p.  -  che  non  si
possono  tuttavia  formalizzare  in  questa  sede  per  difetto   del
requisito  di  rilevanza  della  relativa   questione   in   rapporto
all'oggetto del procedimento a quo -  riferibili  al  suo  ambito  di
applicazione illogicamente macroscopico. Per altro verso,  i  margini
di sostanziale futilita' applicativa della procedura anche  sotto  il
profilo delle sue ipotetiche funzioni di  deflazione  processuale  in
primo  luogo  sono  palesati  dalla  osservazione  che  le   relative
attivita' (qualora disimpegnate seriamente, ovvero secondo  modalita'
e finalita' tecnicamente ponderate e definite)  presenterebbero,  per
le fattispecie bagatellari cui dovrebbero in gran parte concretamente
applicarsi (contravvenzioni al codice della strada ed analoghi  reati
suscettibili di istruzione  dibattimentale  compiutamente  esauribile
nell'arco di pochi minuti), un costo di tempi ed risorse paragonabile
e  magari  superiore  a  quello  occorrente  alla  celebrazione   dei
correlativi dibattimene; ed in  secondo  luogo  sono  palesati  dalla
considerazione  della  proliferazione   delle   attivita'   e/o   dei
procedimenti  -  con  proporzionale  moltiplicazione  delle   risorse
giudiziarie  occorrenti,  anche  in   relazione   alle   ipotesi   di
incompatibilita' del giudice configurabili  -  che  dovrebbero  avere
luogo nei casi di "acquisizione delle  prove  non  rinviabili  o  che
possono condurre  al  proscioglimento"  (art.  464-sexies  c.p.p.)  e
soprattutto nelle ipotesi  (che  alla  stregua  della  disciplina  di
riferimento appaiono perfettamente plausibili) di  attivazione  della
procedura  speciale  soltanto  nei  limiti  di   una   porzione   del
procedimento penale oggettivamente o soggettivamente complesso (ossia
soltanto in relazione ad alcuni soltanto dei reati contestati e/o  in
relazione alla posizione di taluno soltanto degli imputati). 
    Del resto, proprio in considerazione dei profili di  insensatezza
radicali nel complessivo disegno  legislativo  in  discussione,  pare
doversi escludere la praticabilita' della interpretazione alternativa
dell'art. 464-quater c.p.p. astrattamente proponibile a rimedio delle
peculiari ragioni di incostituzionalita'  riferibili  a  quest'ultima
disposizione di legge nella parte in cui non prevede che il  giudice,
ai fini delle  decisioni  di  merito  da  assumere  nel  procedimento
speciale di messa alla prova, proceda alla acquisizione e valutazione
degli atti delle indagini preliminari (cfr.  sopra  sub  §§  III.1  e
III.2); interpretazione che consisterebbe  nell'ammettere  che,  ogni
qual volta i dati cognitivi risultanti dal fascicolo del dibattimento
risultassero insufficienti ai fini delle decisioni  da  adottare  sul
merito della procedura di messa alla prova, il giudice debba comunque
procedere  alla  celebrazione  dell'istruzione  dibattimentale   (non
diversamente da quanto  avviene  nel  procedimento  penale  minorile,
secondo la citata sentenza n. 125/1995 della  Corte  costituzionale),
sia pure soltanto per assumere le  prove  occorrenti  alla  decisione
sulla istanza di messa alla prova e sulla idoneita' del programma  di
trattamento. 
    Tuttavia,  ad  avviso  del  remittente  anche   l'interpretazione
riparatoria di  cui  sopra  si  appalesa  insostenibile  poiche',  in
relazione alle stesse plausibili ragioni d'essere  della  innovazione
normativa, darebbe  luogo  alla  estrema  contraddizione  in  termini
insista nella previsione di un rito speciale alternativo al  giudizio
ordinario  di  cognizione  che  tuttavia,   siccome   necessariamente
comporta lo svolgimento delle medesime  attivita'  proprie  del  rito
dibattimentale, in effetti non sostituisce quest'ultimo bensi' vi  si
sovrappone  soltanto:  con   il   paradossale   risultato   (non   di
semplificare, bensi')  di  raddoppiare  la  struttura  procedimentale
nonche' i tempi tecnici e le energie processuali occorrenti alla  sua
realizzazione. 
    Percio', la menzionata  opzione  interpretativa  secondo  cui  il
procedimento speciale di messa alla prova  comporterebbe  addirittura
lo svolgimento dell'istruzione dibattimentale appare a sua  volta  di
dubbia  compatibilita'  costituzionale  per  contrasto  rispetto   ai
principi  di   ragionevolezza   delle   discipline   giuridiche,   di
economicita' delle attivita' dei pubblici  poteri  e  di  ragionevole
durata del processo. Infatti, alla  stregua  di  tali  principi  pare
inconcepibile che alcun procedimento penale - magari  concernente  un
reato  suscettibile  di  estinzione  mediante   oblazione   -   debba
svilupparsi in maniera da  tutelare  soltanto  il  privato  interesse
dell'imputato agli eventuali e piuttosto dubbi  benefici  che  gliene
deriverebbero; nel mentre, di  converso,  il  pubblico  interesse  ne
sarebbe   incondizionatamente   sacrificato,   rimanendo   a   carico
dell'apparato giudiziario statuale soltanto i costi ed  i  tempi  del
processo penale il quale, nonostante la applicazione del procedimento
speciale, di fatto andrebbe comunque celebrato non soltanto con forme
identiche a  quelle  del  rito  ordinario,  ma  anche  con  tutte  le
ulteriori complicazioni e possibili  ulteriori  disfunzioni  arrecate
dalla sovrapposizione della procedura speciale. 
    Deve concludersene che, in relazione  alla  maggior  parte  delle
concrete  ipotesi  di  reato  cui  risulterebbe   indiscriminatamente
applicabile, e massimamente rispetto a quelle comunque  punibili  con
la sola pena pecuniaria, la disciplina legislativa  del  procedimento
speciale  in  parola  manifesta  una  moltitudine  di   insostenibili
controsensi che si definiscono come tali gia' in  relazione  ad  ogni
possibile ratio dell'innovazione; mentre di fatto  appresta  cospicui
appigli  di  stampo  formalistico   -   particolarmente   utili   nei
procedimenti per  reati  contravvenzionali,  ovvero  di  prescrizione
breve o  comunque  imminente  che  ogni  imputato  disinteressato  ad
ottenere una  pronuncia  di  merito  potra'  azionare  (con  svariati
espedienti,  a  cominciare  da  quello   consistente   nel   semplice
approfittamento  dei  tempi  tecnici  occorrenti   agli   uffici   di
esecuzione penale  esterna  per  svolgere  gli  adempimenti  di  loro
competenza) in  funzione  dilatoria  dei  tempi  di  definizione  del
processo e/o allo scopo di incamerare un variabile e non trascurabile
periodo di vano decorso dei termini prescrizionali(10). (10) 
    Ne' si deve trascurare che - secondo la  clausola  di  invarianza
finanziaria di cui all'art. 16 della  legge  n.  67/2014  -  siffatti
nuovi, costosi e praticamente  inconcludenti  meccanismi  legislativi
demolitori della coerenza  ed  effettivita'  dell'ordinamento  penale
andrebbero messi in opera senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, ossia sottraendo tutte  le  risorse  umane,  strumentali  e
finanziarie  all'uopo  occorrenti  a  quelle  -   gia'   notoriamente
insufficienti   finanche   alle   vere    e    minimali    necessita'
dell'applicazione della legge  penale  -  di  cui  le  organizzazioni
giudiziaria e penitenziaria attualmente dispongono. 
    In  definitiva,  pare   che   i   tradizionali   canoni   tecnici
dell'interpretazione della  legge  possano  utilmente  applicarsi  al
costrutto legislativo  in  discorso  soltanto  nella  misura  in  cui
risultino strumentali alla definizione  costituzionalmente  orientata
di questioni estrinseche ai suoi specifici contenuti  dispositivi  ed
alle interrelazioni sistematiche che ne conseguono (come  ad  esempio
la questione  dell'efficacia  normativa  intertemporale  delle  nuove
disposizioni, piuttosto discussa dai  primi  commentatori  a  cagione
della mancanza di norme transitorie e che nondimeno, proprio  perche'
i suoi termini  prescindono  dagli  specifici  contenuti  dispositivi
della  novella,  tra   le   inesauribili   problematiche   poste   da
quest'ultima si appalesa forse quella piu'  agevolmente  risolvibile)
(11) . Invece, sotto ogni altro aspetto  la  grammatica  degli  artt.
168-bis  c.p.  e  464-bis  ss.  c.p.p.   appare   insuscettibile   di
conformazione ermeneutica alle istanze del precostituito  ordinamento
processuale e costituzionale, dal quale il procedimento  speciale  di
messa alla prova  appare  non  tanto  discrepante,  quanto  piuttosto
complessivamente avulso,  come  se  costituisse  espressione  di  una
cultura  giuridica  alternativa  e  parallela   rispetto   a   quella
tradizionalmente radicata e riconoscibile nell'ordinamento  suddetto.
Al punto che, come si e' notato, ogni tentativo  di  adeguamento  dei
margini di compatibilita' costituzionale del  meccanismo  legislativo
in discorso deve arrendersi al cospetto del rilievo di vizi logici ed
assiologici talmente pervasivi da denotare l'evidenza di un  episodio
di formazione ordinaria essenzialmente infortunistico poiche' capace,
per   la   disinvolta   grossolanita'   tecnica   della   correlativa
manomissione dell'ordinamento giuridico, di compromettere la coerenza
di  quest'ultimo  e  la   funzionalita'   del   sistema   giudiziario
arrecandovi i pregiudizi  derivanti  dai  consequenziali  esperimenti
giurisdizionali  applicativi   di   disposizioni   costituzionalmente
illegittime che descrivono superfetazioni procedimentali sconcluse  o
addirittura  controproducenti  in  relazione  alle  stesse  finalita'
apparentemente perseguite. Non pare dunque casuale che  la  legge  n.
67/2014 recante le disposizioni censurate  sia  la  stessa  che,  nel
sancire l'abolizione dell'istituto  giuridico  della  contumacia,  ha
manifestato l'impensabile incuria  di  tralasciarne  quasi  tutte  le
preesistenti  menzioni  contenute  nel  codice  di  procedura;  cosi'
attribuendo  all'ordinamento  processuale   penale   adesso   vigente
l'ineffabile primato di comminare la nullita'  dei  provvedimenti  di
rinvio a giudizio (ai sensi degli artt. 429 comma 1 lettera f e comma
2 e 552 comma 1 lettera D e comma 2 c.p.p.) nel  contesto  dei  quali
l'autorita'   giudiziaria   procedente   ometta   di    somministrare
l'avvertimento letteralmente falso che l'imputato, in caso di mancata
comparizione, sara' sottoposto  al  giudizio  celebrato  nella  forma
contumaciale oramai inapplicabile poiche' abrogata. 
    VI. Sulla  base  degli  argomenti  illustrati,  al  remittente  -
siccome incapace di  spiegarsi  alla  luce  del  vigente  ordinamento
costituzionale  la  pretesa  legislativa  che  il   giudice   penale,
spacciandosi convinto della colpevolezza dell'imputato  in  quanto  e
fin tanto che costui glielo consenta, disponga  l'esecuzione  di  una
pena criminale di propria libera inventiva in conseguenza di un reato
di cui  possiede  contezza  minimale  o  letteralmente  nulla  ed  in
relazione al quale, in ogni caso, nessuna condanna sia stata e  possa
essere comunque pronunciata - non  resta  che  rivolgere  alla  Corte
costituzionale la consequenziale istanza di estremo rimedio. 

(1) Ossia in caso di grave o reiterata trasgressione al programma  di
    trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero di  rifiuto  alla
    prestazione del lavoro di pubblica utilita', nonche' in  caso  di
    commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non
    colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a  quello
    per cui si procede. 

(2) Infatti, il giudice  «in  caso  di  esito  negativo  della  prova
    dispone con ordinanza che il  processo  riprenda  il  suo  corso»
    (art. 464-septies  comma  2  c.p.p.)  cosicche',  ai  fini  della
    esecuzione della eventuale condanna riportata  dall'imputato  nel
    susseguente giudizio di cognizione, «il pubblico  ministero,  nel
    determinare la pena da eseguire, detrae un periodo corrispondente
    a quello della prova eseguita [laddove] ai fini della detrazione,
    tre giorni di prova sono equiparati a un giorno di  reclusione  o
    di arresto, ovvero a 250  euro  di  multa  o  di  ammenda»  (art.
    657-bis c.p.p.). 

(3) Trattandosi in tal caso di procedura che comporta la applicazione
    (anticipata) della pena  (in  forma  alternativa  e  sostitutiva)
    irrogata sul consenso di entrambe parti in  forza  di  un  titolo
    esecutivo giurisdizionale provvisorio a  sua  volta  emesso  (non
    soltanto sulla base della mera contestazione del  reato,  bensi')
    alla stregua di una sommaria cognizione del  fatto  condotta  dal
    giudice per le indagini preliminari allo  stato  degli  atti  del
    fascicolo del pubblico ministero. 

(4) Infatti anche quest'ultima procedura - che pure  non  prevede  il
    consenso del pubblico ministero, e quindi manifesta anch'essa  lo
    schema negoziale processuale unilaterale della oblazione anziche'
    quello bilaterale del patteggiamento - presenta a  sua  volta  la
    differenza strutturale che l'applicazione anticipata  della  pena
    sul  consenso  dell'imputato  avviene  in  forza  di  un   titolo
    esecutivo provvisorio che, diversamente da quello formato in sede
    dibattimentale, presuppone anch'esso una sommaria cognizione  del
    fatto condotta (dal giudice per le  indagini  preliminari  o  dal
    giudice per l'udienza preliminare)  sulla  base  degli  atti  del
    fascicolo  del   pubblico   ministero   (di   cui   tali   organi
    giurisdizionali sempre dispongono). 

(5) Infatti la  fattispecie  procedimentale  in  parola  deve  essere
    instaurata  a  pena  di  decadenza  prima  della   apertura   del
    dibattimento, quindi senza che l'istruzione dibattimentale  possa
    avere avuto luogo (ai sensi dell'art. 464-bis comma 2 c.p.p.). In
    tale stadio processuale il compendio di dati cognitivi risultanti
    dal fascicolo del giudice, come ben  sanno  tutti  gli  operatori
    professionali del diritto penale, nella assoluta maggioranza  dei
    casi della pratica giudiziaria  si  esaurisce  letteralmente  nel
    decreto  di  rinvio  a  giudizio   e   nel   certificato   penale
    dell'imputato; in una esigua minoranza di eventualita'  comprende
    anche talaltro dei documenti e/o  atti  non  ripetibili  previsti
    dell'art. 431 c.p.p.; e soltanto in una percentuale irrisoria  di
    casi (riferibili ai cosiddetti processi documentali) contiene  la
    rappresentazione cartolare della totalita' delle fonti  di  prova
    risultanti dagli atti delle indagini preliminari  concernenti  il
    fatto per cui si procede. 

(6) Pare appena il caso di osservare che  il  procedimento  di  messa
    alla prova incardinato in sede dibattimentale  neppure  contempla
    la  cognizione  giurisdizionale  del  fascicolo  delle   indagini
    preliminari  per  la  semplice  ragione  che,  nel  disporre   in
    proposito, il legislatore si  e'  preoccupato  di  attribuire  la
    disponibilita' degli «atti  rilevanti  del  procedimento  penale»
    soltanto all'ufficio  di  esecuzione  penale  esterna  (ai  sensi
    dell'art.  141-ter  disp.  att.  c.p.p.);  mentre  l'accesso  del
    giudice dibattimentale  agli  atti  delle  indagini  preliminari,
    costituente ipotesi derogatoria  rispetto  ad  uno  dei  principi
    fondamentali  e  qualificanti  dell'intero  assetto   processuale
    definito dal codice vigente, non risulta prescritto o  consentito
    da alcuna specifica disposizione di legge (diversamente da quanto
    previsto dall'art. 442 c.p.p. in  tema  di  giudizio  abbreviato,
    nonche' dall'art. 135 disp. att. c.p. p. in tema di  applicazione
    della pena su richiesta delle parti). 

(7) In proposito si assume che il  ragionamento  per  analogia  legis
    (ubi endem ratio, ibi endem dispositio) consista nel procedimento
    logico di integrazione ermeneutica delle lacune  dell'ordinamento
    giuridico concretantesi nella ricostruzione interpretativa  della
    norma giuridica inespressa che ricollega la  medesima  disciplina
    prevista dalla legge per una  determinata  fattispecie  ad  altra
    fattispecie la quale, quantunque non regolata da norme  positive,
    tuttavia  esprime  la  stessa   ratio   legis   riferibile   alla
    fattispecie regolata; laddove l'estensione della disciplina della
    fattispecie regolata alla fattispecie non regolata si  fonda  sul
    presupposto giustificativo del  rilievo,  tra  l'una  e  l'altra,
    della medesimezza di ratio legis (elemento assiologico del fatto,
    che  identifica   la   funzione   della   disciplina   giuridica)
    predicabile in considerazione della somiglianza della  rispettiva
    struttura (elemento ontologico del fatto, che genera e  configura
    l'esigenza pratica suscettibile di disciplina giuridica). 

(8) Ovvero:  l'istruttoria  amministrativa   espletata   dall'ufficio
    esecuzione penale esterna per svolgere l'indagine socio-familiare
    ed elaborare il programma  di  trattamento  (ai  sensi  dell'art.
    141-ter disp. att. c.p.p.); l'attivita' processuale eventualmente
    sviluppata dal giudice per integrare il contraddittorio (ai sensi
    dell'art. 464-quater commi 1 e 2 c.p.p.); l'istruttoria  camerale
    eventualmente compiuta per  assumere  le  ulteriori  informazioni
    occorrenti (ai  sensi  dell'art.  464-bis  comma  5  c.p.p.);  le
    ulteriori attivita' cognitive e decisorie eventualmente  compiute
    dal giudice procedente ai fini delle integrazioni o modifiche  da
    apportare al programma di trattamento gia' elaborato  in  maniera
    non irrimediabilmente inidonea  (ai  sensi  dell'art.  464-quater
    comma 4 c.p.p.). 

(9) Come  l'art.  656  comma  5   c.p.p.,   che   gia'   prevede   la
    concedibilita' della misura dell'affidamento in prova al servizio
    sociale in alternativa alla  irrogazione  di  pene  detentive  di
    durata fino a tre anni (in ogni caso) o addirittura  fino  a  sei
    anni (nei casi di condanna per reati in materia di stupefacenti);
    ovvero  come  l'art.  47-ter  ord.  pen.,  che  gia'  prevede  la
    concedibilita'  della  misura  della  detenzione  domiciliare  in
    alternativa alla irrogazione di pene detentive di durata  fino  a
    quattro anni. 

(10) In proposito va osservato che,  ai  sensi  dell'art.  464-quater
     comma 6 c.p.p., la fatidica sospensione del procedimento e della
     prescrizione del reato  correlata  alla  messa  alla  prova  non
     consegue affatto (come invece ictu  oculi  parrebbe  molto  piu'
     ragionevole) alla richiesta di  elaborazione  del  programma  di
     trattamento rivolta all'ufficio esecuzione penale  esterna,  ne'
     alla istanza di concessione della messa alla  prova  rivolta  al
     giudice   procedente,   e   neppure   alla   stessa    ordinanza
     giurisdizionale   di   messa   alla   prova;   invece,   risulta
     procrastinata addirittura alla  susseguente  sottoscrizione  del
     verbale  di  esecuzione  della  messa  alla   prova   da   parte
     dell'imputato.  Dunque  tale  sospensione   fornisce   copertura
     soltanto ai tempi e contrattempi occorrenti al disimpegno  della
     fase di esecuzione della procedura ma non anche  alle  pregresse
     fasi amministrativa e  di  cognizione  giurisdizionale.  D'altro
     lato, il conseguimento del fisiologico esito dell'intera vicenda
     procedimentale cosi' come normativamente  delineata  riposa  pur
     sempre   sulla   prestazione   e   persistenza   del    consenso
     dell'imputato; il quale percio' stesso in  qualsiasi  momento  -
     ossia  ogni  qual  volta  ritenesse  bastevole  ai  propri  fini
     dilatori la dissipazione di tempi ed  energie  processuali  gia'
     intercorsa - non dovrebbe fare altro che manifestare il  proprio
     dissenso all'ulteriore corso della procedura. 

(11) Potendosi al riguardo senz'altro ritenere  quanto  meno  che  la
     disciplina in parola, poiche' riguardante un istituto  giuridico
     di diritto penale sostanziale favorevole al giudicabile, risulti
     soggetta alla regola della  efficacia  retroattiva  relativa  in
     melius ai sensi dell'art. 2 comma 4 c.p. (secondo cui  le  norme
     penali  sostanziali  introduttive  di  modificazioni   normative
     favorevoli al reo si applicano anche ai reati gia'  commessi,  e
     quindi  nei  procedimenti  gia'  incardinati  al  momento  della
     innovazione  normativa,   purche'   non   sia   intervenuta   la
     preclusione  derivante  dalla  sentenza  irrevocabile);  con  la
     conseguenza  che  il  termine  decadenziale  previsto   per   la
     proposizione della relativa istanza di parte (ai sensi dell'art.
     464-bis comma 2 c.p.p.), nei  procedimenti  in  cui  al  momento
     della entrata in vigore della nuova disciplina  risultasse  gia'
     superato in ragione  dello  stadio  processuale  in  atto,  deve
     intendersi ipso iure procrastinato in coincidenza con  il  primo
     momento susseguente  concretamente  utile  alla  formalizzazione
     della predetta istanza. 
 
                               P.Q.M. 
 
 
                 IL TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO 
 
 
              Ufficio penale dibattimentale monocratico 
 
    Visti gli artt. 1 della legge cost. n. 1/1948 e 23 della legge n.
87/1953, 
    Dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza,  in  funzione
della trattazione del presente processo penale secondo il rito  della
messa alla prova attivato come in epigrafe: 
        della  questione  di  illegittimita'  costituzionale  -   per
contrasto con gli artt. 3,111 comma 6, 25 comma 2 e 27 comma 2  Cost.
- della disposizione di cui all'art. 464-quater comma 1 c.p.p.  nella
parte in cui non prevede che il giudice, ai fini di ogni decisione di
merito da assumere nel procedimento speciale  di  messa  alla  prova,
proceda alla acquisizione e valutazione  degli  atti  delle  indagini
preliminari di cui gia' altrimenti non  disponga,  restituendoli  per
l'ulteriore corso nel caso di esito negativo  della  pronuncia  sulla
concessione o sull'esito della messa alla prova (nei termini  di  cui
in motivazione,  § § III.1 e III.2); 
        della  questione  di  illegittimita'  costituzionale  -   per
contrasto con l'art. 25 comma 2 Cost. -  della  disposizione  di  cui
all'art. 168-bis comma 2 e 3 c.p. in quanto prescrive la applicazione
di sanzioni penali legalmente indeterminate (nei termini  di  cui  in
motivazione, § III.3); 
        della  questione  di  illegittimita'  costituzionale  -   per
contrasto con gli  artt.  97,  101  e  111  comma  2  Cost.  -  della
disposizione di cui all'art. 464-quater comma 4 c.p.p. nella parte in
cui  prevede  il   consenso   dell'imputato   quale   condizione   di
ammissibilita',  di  validita'  o  di  efficacia  dei   provvedimenti
giurisdizionali  modificativi  o   integrativi   del   programma   di
trattamento (nei termini di cui in motivazione, § III.4); 
        della  questione  di  illegittimita'  costituzionale  -   per
contrasto con l'art. 27 comma 2 Cost. -  delle  disposizioni  di  cui
agli artt. 464-quater e 464-quinquies c.p.p. in quanto prescrivono la
irrogazione ed esecuzione di sanzioni  penali  consequenziali  ad  un
reato per cui non risulta pronunciata  ne'  di  regola  pronunciabile
alcuna condanna definitiva o non definitiva (nei termini  di  cui  in
motivazione, § III.5); 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, 
    Ordina  la  sospensione  deI  presente  processo  penale   e   la
trasmissione   degli   atti   alla   Corte   costituzionale,   previa
notificazione della presente ordinanza alla Presidenza del  Consiglio
dei ministri e previa comunicazione  della  medesima  ordinanza  alla
Presidenza del Senato ed alla Presidenza della Camera dei deputati; 
    Visto l'art. 1 della deliberazione della Corte costituzionale  in
data 9 novembre 2008. 
    Ordina la trasmissione in  originale  alla  Corte  costituzionale
della presente ordinanza e del fascicolo processuale,  contenente  la
prova documentale dell'esecuzione delle notificazioni e comunicazioni
come sopra disposte. 
        Grosseto, addi' 6 marzo 2015 
 
                   Il Giudice: Giovanni Muscogiuri