N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 aprile 2015

Ordinanza del 24 aprile 2015 del Tribunale di Lecce nel  procedimento
penale a carico di Iasella Anna Rita. 
 
Reati e pene - Reati  tributari  -  Indebita  compensazione  -  Fatti
  commessi sino al 17 settembre 2011 - Omesso versamento delle  somme
  dovute, utilizzando in compensazione, ai  sensi  dell'art.  17  del
  d.lgs. n. 241 del 1997,  crediti  non  spettanti  o  inesistenti  -
  Soglia di punibilita' di euro 50.000 -  Disparita'  di  trattamento
  con riferimento alle soglie di punibilita' previste dagli artt. 4 e
  5 del d.lgs. n. 74 del 2000 prima della riforma  del  decreto-legge
  n. 138 del 2011 e con  riferimento  a  quelle  vigenti  per  l'art.
  10-ter del medesimo d.lgs., a seguito della sentenza n. 80 del 2014
  della Corte costituzionale. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.36 del 9-9-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI LECCE 
                       Seconda sezione penale 
 
Ordinanza (ex art. 23 legge cost, n. 87/1953). 
    Il giudice, in persona della dott.ssa Silvia Saracino; 
    Visti gli atti del processo a carico di Iasella Anna  Rita,  nata
in Svizzera il 16 giugno 1972, difesa dall'avv. Luigi Rella del  Foro
di Lecce, nel procedimento  n.  3323/2011  R.G.N.R.  e  n.  1497/2014
R.G.T.; 
    Pronuncia la seguente; 
 
                              Ordinanza 
 
    1. - Iasella Anna Rita e' stata tratta a giudizio per il reato di
cui all'art. 10-quater del decreto legislativo 10 marzo 2000, n.  74,
in relazione all'ipotesi di cui all'art. 10-bis del medesimo  decreto
legislativo, perche' nella qualita' di  titolare  dell'omonima  ditta
individuale, soggetto tenuto alla dichiarazione annuale in materia di
redditi e di IVA, effettuava  attivita'  di  compensazione  al  sensi
dell'art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997: 
        a) per l'anno fiscale 2008 utilizzando crediti non  spettanti
e/o inesistenti per la somma complessiva  di  euro  60.179,34  (reato
commesso in Diso il 30 settembre 2009); 
        b) per l'anno fiscale 2009 utilizzando crediti non  spettanti
e/o inesistenti per la somma complessiva  di  euro  66.288,61  (reato
commesso in Diso al 30 settembre 2010). 
    2. - Nel corso del procedimento, introdotto il  rito  abbreviato,
dalla difesa dell'imputata e' stato chiesto, con riferimento ai reati
per  cui  si  procede,  di  sollevare   questione   di   legittimita'
costituzionale  della  norma  di  cui  all'art.   10-quater   decreto
legislativo  n.   74/2000,   per   violazione   dell'art.   3   della
Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza della soglia di
punibilita'  di  50.000,00  euro,  ravvisando  un  ingiustificato   e
deteriore trattamento rispetto alle piu' gravi ipotesi  di  cui  agli
articoli 4 e 5 dello stesso decreto, nella formulazione anteriore  al
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  convertito  con  legge  14
settembre 2011, n. 148. 
    Nel corso della discussione, la difesa dell'imputato ha osservato
come tale  illegittimita'  si  manifesti  vieppiu'  alla  luce  dalla
sentenza n. 80/2014 resa  dalla  Corte  costituzionale  all'esito  di
analoga questione sollevata con riferimento al reato di cui  all'art.
10-ter  decreto  legislativo  n.  74/2000  in  relazione   all'omesso
versamento dell'imposta sul valore aggiunto. 
    2. - Ritiene questo giudice che l'eccezione proposta dalla difesa
oltre che rilevante non sia manifestamente infondata. 
    2.1. - La questione proposta e' rilevante nel processo in  corso,
in quanto quest'ultimo non puo' essere definito in assenza dalla  sua
risoluzione,  dovendo  derivare  dalla  eventuale  dichiarazione   di
illegittimita' della norma il proscioglimento dell'imputata. 
    Si noti che dalla lettura del capo di imputazione  e  dagli  atti
contenuti nei fascicolo del P.M. - pienamente utilizzabili stante  la
peculiarita' del  rito  abbreviato  -  emerge,  dal  punto  di  vista
oggettivo, il superamento della soglia di penale  rilevanza  pari  ad
euro 50.000 prevista dall'art.  10-bis  del  decreto  legislativo  10
marzo 2000, n. 74 e richiamata, per relationem,  dall'art.  10-quater
del medesimo decreto, per il quale il delitto  in  esame  prevede  la
pena da sei mesi a due anni di reclusione. 
    Ed infatti, dalla comunicazione di notizia di reato  de  4  marzo
2011 si  evince  che  per  il  2008  sono  stati  utilizzati  crediti
inesistenti portati a compensazione pari a Euro 60.179,34, mentre per
il 2009 sono state effettuate compensazioni per  crediti  inesistenti
pari a Euro 66.288,61. 
    Con  esclusivo  riferimento  al  capo  a)  della  rubrica,  dalla
documentazione contenuta nel fascicolo del P.M.  si  evince  che  nel
corso del medesimo anno (2008: cfr. pag. 11 e ss. del verbale del  10
marzo  2011)  sono  state  effettuate  indebite   compensazioni   che
singolarmente non eccedono la soglia di cinquantamila  euro,  ma  che
sommate alle precedenti  operazioni  illecite  hanno  determinato  il
superamento di suddetta soglia nel medesimo periodo  di  imposta.  Si
osserva, al riguardo che delitto di  cui  all'art.  10-quater  e'  un
reato eventualmente abituale (o a condotta plurima eventuale)  e  che
in caso di plurime indebite compensazioni effettuate  nel  corso  del
medesimo periodo d'imposta  per  importi  inferiori  alla  soglia  di
cinquantamila euro, il reato deve ritenersi integrato (e si tratta di
un unico reato) allorquando il soggetto attivo  effettui  un'indebita
compensazione per un importo che - sommato a quelli delle  precedenti
operazioni illecite  -  determini  il  superamento  della  soglia  di
punibilita'. Infine, la data dei commessi reati (30 settembre 2009  e
30 settembre  2010)  rientra  nel  periodo  per  il  quale  e'  stata
dichiarata la parziale illegittimita' dell'art. 10-ter citato  e  per
quale si chiede di sollevare analoga questione per la  norma  di  cui
all'art. 10-quater. 
    2.2.  -  La  questione  prospettata  appare  non   manifestamente
infondata alla luce delle considerazioni che seguono. 
    Con sentenza n. 80/2014 la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-ter decreto  legislativo
n. 74/2000 nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino
al 17 settembre 2011, punisce l'omesso  versamento  dell'imposta  sul
valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione  annuale,
per importi non superiori, per ciascun  periodo  d'imposta,  ad  euro
103.291,38. 
    Secondo  le  argomentazioni   svolte   nella   citata   sentenza,
anteriormente alle modifiche introdotte in virtu'  del  decreto-legge
n. 138/2011, l'art. 5 del decreto legislativo n.  74/2000  richiedeva
per la punibillta' dell'omessa dichiarazione (consistente  nel  fatto
di chi al fine di  evadere  le  imposte  sui  redditi  o  sul  valore
aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle  dichiarazioni
annuali  relative  a  dette  imposte)  che  l'imposta   evasa   fosse
superiore, con riferimento a taluna delle singole  imposte,  ad  euro
77.468, 53. 
    Pertanto, in tale arco temporale, nel caso in  cui  l'IVA  dovuta
dal contribuente  si  situasse  nell'intervallo  tra  le  due  soglie
(eccedesse cioe' i 50.000,00 euro, ma non i 77.468,53  euro),  veniva
trattato  in  modo  deteriore  chi  avesse  presentato   regolarmente
dichiarazione IVA, senza versare l'imposta dovuta in  base  ad  essa,
rispetto a chi non avesse presentato la dichiarazione,  evadendo  del
pari l'imposta. 
    Le  conseguenze  illogiche  di  tale  assetto  erano,   altresi',
riscontrabili con riferimento a quanto previsto per la  presentazione
di dichiarazione infedele dall'art. 4 del decreto legislativo  n.  74
del  2000,  la  cui  punibilita'  presupponeva  che  l'imposta  evasa
risultasse superiore ad euro 103.291,38. 
    Invero, alla luce  del  combinato  disposto  di  tali  norme,  il
contribuente avrebbe dovuto rispondere del reato di omesso versamento
Iva, stante il superamento  della  relativa  soglia  di  punibilita',
mentre non sarebbe stato attinto da pena, non superando il limite  di
rilevanza penale, in caso di omessa dichiarazione o di  dichiarazione
infedele. 
    Secondo quanto chiarito dal giudice delle leggi, la  lesione  del
principio di  eguaglianza  risultante  da  tale  complessivo  sistema
sanzionatorio, veniva acuita dal fatto che l'omessa  dichiarazione  e
la dichiarazione infedele costituiscono  illeciti  incontestabilmente
piu' gravi, sul piano  dell'attitudine  lesiva  degli  interessi  del
fisco, rispetto all'omesso versamento IVA. 
    2.2.1. - I principi esposti dalla  Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 80/2014 paiono potersi applicare  anche  con  riferimento
all'art. 10-quater del medesimo decreto legislativo, con il quale  il
legislatore ha inteso punire il contribuente che non versi  le  somme
dovute, utilizzando in  compensazione,  ai  sensi  dell'art.  17  del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti  non  spettanti  o
inesistenti. 
    Con riferimento alla  struttura  formale  della  fattispecie,  si
evidenzia che l'art. 10-quater, al pari dell'art. 10-ter, non prevede
in  modo  esplicito  la  misura  delle  sanzioni  ne'  la  soglia  di
punibilita'  del   reato,   facendo,   invece,   mero   rinvio   alla
«disposizione di cui all'art. 10-bis» e ai «limiti ivi previsti», per
la determinazione della  soglia  di  punibilita'  e  del  trattamento
sanzionatorio. 
    Quanto all'aspetto sostanziale, si osserva  che  in  entrambe  le
fattispecie di reato, i detentori di somme di spettanza del fisco  ne
omettono il versamento alla scadenza temporale predeterminata. 
    Nell'ipotesi di cui all'art. 10-ter cio' si verifica dopo che  il
contribuente ha  presentato  la  dichiarazione  annuale  specificando
quanto dovuto. 
    Nel caso di cui all'art.  10-quater,  l'omesso  versamento  delle
somme dovute si realizza in sede  di  versamento  unificato  previsto
dall'art.  17  del  decreto  legislativo  n.  241/1997   tramite   la
compilazione e la presentazione del Mod.  F24,  ove  il  contribuente
indica indebite compensazioni (utilizzando crediti  non  spettanti  o
inesistenti) per un importo superiore a cinquantamila euro  nell'arco
del medesimo periodo d'imposta. 
    Si tratta, quindi, di condotta analoga a  quella  di  colui  che,
essendo tenuto, ometta il versamento  delle  somme  gia'  riscosse  a
titolo di IVA, pur estrinsecandosi materialmente secondo le modalita'
dell'indebita compensazione. Unica  sembrerebbe,  inoltre,  la  ratio
ravvisabile in  entrambe  le  fattispecie  criminose,  in  quanto  il
decreto-legge n. 223 del 2006, allo scopo  di  rafforzare  la  tutela
penalistica della fase della riscossione, ha introdotto nel corpo del
decreto legislativo n. 74 del 2000 non  solo  il  delitto  di  omesso
versamento  di  IVA  (art.  10-ter),  ma  anche  quello  di  indebita
compensazione  (art.  10-quater),  nell'ottica  di   una   «strategia
consistente   nella   focalizzazione    dell'intervento    repressivo
preminentemente sulla  fase  dell'"autoaccertamento"  del  debito  di
imposta, ossia della dichiarazione annuale ai fini delle imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto» (cfr. sentenza della  Corte  cost.  n.
80/2014). 
    Ne consegue  che  le  considerazioni  svolte  dalla  sentenza  n.
80/2014 della Corte costituzionale in ordine all'art. 10-ter  possono
essere svolte con riferimento anche all'art.  10-quater  del  decreto
legislativo n. 74/2000. 
    Si  consideri,  infatti,  che  quanto  argomentato  dalla   Corte
costituzionale con  riferimento  alla  fattispecie  di  cui  all'art.
10-ter e ai profili di disparita' di trattamento  in  relazione  alle
condotte di cui alle disposizioni contenute negli articoli 4 e 5  del
medesimo decreto (con  riferimento  ai  fatti  commessi  sino  al  17
settembre 2011) sono pienamente estendibili  alla  norma  di  cui  si
chiede il vaglio di legittimita' costituzionale. 
    Ed  invero,  pur  sottolineando  che  la   condotta   incriminata
dall'art. 10-quater decreto legislativo n. 74 del 2000 (consistente a
ben vedere  nella  redazione  e  successivo  invio  di  un  Mod.  F24
ideologicamente  falso  in  quanto  rappresentativo  di  crediti  non
spettanti o inesistenti che imputati  in  compensazione  determinano,
come effetto negativo dell'azione, il mancato  versamento,  totale  o
parziale, delle somme dovute) si risolve in un evidente  inganno  per
l'affidamento   riposto   dallo   Stato   nella    correttezza    del
l'autoliquidazione effettuata  dal  contribuente,  la  stessa  appare
sanzionata in maniera piu' rigorosa rispetto alla fattispecie di  cui
all'art.  4  del  medesimo  decreto  legislativo   che   punisce   la
presentazione di  una  dichiarazione  infedele,  contenente  elementi
attivi per un ammontare  inferiore  a  quello  effettivo  o  elementi
passivi fittizi o rispetto alla fattispecie di  cui  all'art.  5  che
punisce l'omessa dichiarazione. 
    Orbene, tanto premesso in diritto, si  ritiene  che  condotte  di
uguale gravita' debbano essere punite in  modo  eguale,  non  essendo
ragionevole che in relazione  al  reato  di  cui  all'art.  10-quater
decreto legislativo n. 74/2000 la soglia di punibilita' per  i  fatti
commessi sino al 17 settembre 2011 resti fissata - stante  l'espresso
riferimento ai limiti previsti dalla  disposizione  di  cui  all'art.
10-bis del medesimo decreto  legislativo  -  in  euro  50.000,00,  in
misura, quindi, inferiore a quella stabilita dagli artt. 4  e  5  del
medesimo decreto legislativo nella formulazione vigente  prima  delle
modifiche   apportate   dal   decreto-legge   n.   138    del    2011
(rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.468,53). 
    Ne'  puo'  ritenersi  diversamente,  dovendosi   osservare   come
l'intervento della Corte costituzionale  sulla  disposizione  di  cui
all'art. 10-ter del decreto legislativo n. 74/2000 non abbia chiarito
se  -  trattandosi  di  disposizioni  che  rinviano  l'una  all'altra
integrando vicendevolmente precetto penale - anche la fattispecle  di
cui  all'art.  10-quater   decreto   legislativo   debba   intendersi
modificata nel senso di ritenere  che  la  soglia  di  rilevanza  sia
fissata oggi, anche per tale reato, nella somma di euro 103.291,38. 
    Vi sarebbe quindi in questo caso  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione, sia con riferimento alle soglie di punibilita' previste
dagli artt. 4 e  5  del  medesimo  decreto  legislativo  prima  della
riforma introdotta con decreto-legge n. 138/2011, sia con riferimento
a quelle vigenti per l'art.10-ter decreto legislativo cit. in seguito
alla pronuncia della Corte costituzionale n. 80/2014. 
    Appare, in definitiva, necessario il vaglio di  costituzionalita'
della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui, come nel  caso
di  specie,  l'omesso  versamento  delle  somme  dovute  si  realizzi
utilizzando in compensazione,  ai  sensi  dell'art.  17  del  decreto
legislativo  9  luglio  1997,  n.  241,  crediti  non   spettanti   o
inesistenti, per importi inferiori al limite di rilevanza  penale  di
cui all'art. 4,  5  e  10-ter  (nella  formulazione  derivante  dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 80/2014)  decreto  legislativo
n. 74/2000. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 23, legge n. 87/1953 e 159 c.p.; 
    Ritiene rilevante e  non  manifestamente  infondata  la  seguente
questione di legittimita' costituzionale: «se violi il  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 della  Costituzione  la  norma  di  cui
all'art. 10-quater decreto legislativo n.  74/2000,  nella  parte  in
cui, con riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,
punisce  l'omesso  versamento  delle  somme  dovute,  utilizzando  in
compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti, per  un  ammontare
superiore ad Euro 50.000, per ciascun periodo d'imposta»; 
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Sospende il processo in epigrafe a carico di Iasella Anna Rita  e
i termini di prescrizione della relativa imputazione. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Cosi' deciso in Lecce, il 24 aprile 2015 
 
                        Il giudice: Saracino