N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2015

Ordinanza del 16 aprile 2015 della Corte  d'appello  di  Firenze  mel
procedimento civile promosso da Stefanini Pierluigi contro CONSOB. 
 
Sanzioni amministrative - Sanzioni amministrative emesse dalla CONSOB
  nei confronti del Direttore Generale e di altri esponenti del Monte
  dei Paschi di Siena - Prevista opposizione alla Corte d'appello  in
  camera  di  consiglio  -  Violazione  di  obblighi   internazionali
  derivanti dalla CEDU. 
- Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 7. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 6  della
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali. 
(GU n.38 del 23-9-2015 )
 
                    LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
                          Sezione I civile 
 
    Composta da: 
        Giulio De Simone - Presidente; 
        Andrea Riccucci - Consigliere rel.; 
        Domenico Paparo - Consigliere. 
    nel procedimento n. 370/14 V.G., promosso da Pierluigi Stefanini,
domiciliato in Firenze, viale Matteotti  n.  25  presso  l'avv.  Pier
Ettore Olivetti Rason che lo rappresenta e difende come da procura  a
margine del ricorso unitamente all'avv. Diego  Rufini  di  Bologna  -
opponente - contro CONSOB domiciliata in Firenze, via P.  Villari  n.
39 presso l'avv. Andrea Vannini e rappresentata e difesa  dagli  avv.
Salvatore Providenti, Gianfranco Randisi e Elisabetta Cappariello che
la rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa
di costituzione - opposta  -  P.G.  -  intervenuto  -  ha  emesso  il
seguente 
 
                               Decreto 
 
    1. Con ricorso ritualmente notificato alla controparte  Pierluigi
Stefanini ha proposto opposizione ex art 195 comma 4  del  d.lgs.  n.
58/98 avverso la delibera n. 18885 del 17/4/2014 di  applicazione  ex
art. 196 comma  2  del  medesimo  TUIF  nei  confronti  di  Pierluigi
Stefanini della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25.000,00=
ai sensi dell'art. 191 comma 2 e per violazione degli artt. 94  commi
2  e  3  e  113  comma  1  del  TUIF  con  riferimento  alla  mancata
"disclosure", ovvero segnalazione, nel prospetto informativo relativo
all'offerta al  pubblico  di  sottoscrizione  e  di  ammissione  alla
negoziazione  di  azione  della  Banca  rinvenienti  dall'aumento  di
capitale deliberato dall'assemblea dei soci del 6/3/2008 nel contesto
del piano di finanziamento relativo all'acquisto dal Banco  Santander
SA del 100% delle azioni di Banca Antonveneta S.p.A., degli strumenti
derivati  (aventi   come   sottostante   gli   strumenti   finanziari
convertibili in azioni MPS denominati FRESH 2008 emessi nel  contesto
della sottoscrizione dell'aumento di capitale  della  Banca  da  J.P.
Morgan Chase a mezzo del  veicolo  The  Bank  of  New  York  S.A.  in
qualita' di fiduciaria) denominati in sigla TROR, sottoscritti  dalla
Fondazione MPS. 
    2. Pierluigi Stefanini ha esposto  a  fondamento  del  reclamo  i
seguenti motivi: 
        a) l'invalidita' del  procedimento  per  omessa  chiusura  di
questo entro 360 giorni secondo la previsione del regolamento  CONSOB
n. 12697/00; la procedura si era infatti aperta con la nota  in  data
22/4/2013  e  chiuso  con  la  notifica  della  delibera  oggetto  di
impugnazione in data 23/4/2014, pervenuta a  Pierluigi  Stefanini  il
29/4/2014 decorsi dunque 372 giorni; 
        b) l'intervenuta prescrizione ai sensi dell'articolo 28 della
legge numero 689/81 del diritto  a  riscuotere  la  sanzione  essendo
decorsi oltre cinque anni dalla data di pubblicazione del prospetto a
quella di notifica della violazione; 
        inapplicabile essendo al riguardo il termine  del  30  maggio
2008, quale termine  di  chiusura  dell'offerta  e  di  inizio  della
negoziazione  del  titolo,  ai  fini  della  decorrenza  del  termine
prescrizionale dato che  nessuna  modifica  si  era  resa  necessaria
rispetto alla approvazione del prospetto in data 23  aprile  2008  ai
sensi degli artt. 94 comma 7  e  103  comma  2  TUIF;  ed  egualmente
essendo nella specie inapplicabile il criterio di  riferimento  della
notifica  alla  data  della   consegna   del   plico   dall'ufficiale
giudiziario, dato che in materia di prescrizione l'atto  introduttivo
produce effetto dal momento  in  cui  esso  viene  a  conoscenza  del
destinatario  della  notifica;  e   dovendosi   ritenere   l'illecito
consumato al piu' alla data di approvazione del  prospetto  da  parte
della CONSOB, ovvero alla data del 23/4/2008, e non certo al  momento
di chiusura dell'offerta ovvero al 30/5/2008; tenuto  conto  comunque
che la mancata precisazione delle informazioni di cui agli  artt.  94
comma 7 e 103 comma 2 costituiscono autonome ipotesi di violazione; 
        c) inesistenza di una responsabilita' di Pierluigi Stefanini,
amministratore senza delega, per i fatti contestati a lui non noti ed
addebitati solo in quanto dal medesimo "conoscibili" essendo pacifico
che il prospetto fu sottoscritto e redatto dal  Presidente  del  CDA,
Mussari, e dal direttore generali Vigni; e considerato che  anche  la
CONSOB fu in grado di rilevare la sottoscrizione indiretta dei  FRESH
2008 da parte della Fondazione a mezzo della sottoscrizione dei  TROR
solo in esito all'accesso agli esiti delle indagini  svolte  in  sede
penale; mentre non esistevano assolutamente "elementi di  attenzione"
che avrebbero dovuto indurre  i  consiglieri  non  esecutivi  (avendo
conferito  delega)  a  chiedere  chiarimenti  ed  approfondimenti  in
relazione all'omessa segnalazione della sottoscrizione  dei  TROR  da
parte della Fondazione: i fatti indicati dalla CONSOB  erano  noti  e
nessuno -  neppure  quest'ultima  -  ritenne  fossero  meritevoli  di
approfondimento. 
    Inoltre la responsabilita' di Pierluigi Stefanini sarebbe esclusa
pure  dal  comportamento  scorretto  e  doloso  degli  amministratori
delegati, che pur conoscendola, nascosero l'esistenza dei TROR e  non
misero dunque i consiglieri in condizione di valutarne la  rilevanza:
tanto vero che il procedimento penale per questi fatti non  ha  visto
imputato l'opponente ed e' ancora in corso. 
    3. CONSOB nel costituirsi ha chiesto conferma  del  provvedimento
reclamato, osservando: 
        infondata  l'eccezione  di  invalidita'  della  delibera  per
scadenza del termine  di  360  gg.  di  cui  alla  delibera  12697/00
trattandosi di termine  che  consolidato  indirizzo  di  legittimita'
afferma di natura non perentoria; e considerato che il  medesimo  non
si applica in materia di sanzioni amministrative; 
        infondata  l'eccezione  di  prescrizione   data   la   natura
permanente  della  violazione  consumata   solo   con   la   chiusura
dell'offerta, ovvero al 30/5/2008; 
        che non  puo'  escludersi  la  responsabilita'  di  Pierluigi
Stefanini quale amministratore senza  delega  per  omesso  necessario
controllo sulla gestione  dei  delegati,  anche  tenuto  conto  della
previsione dell'art. 2381 comma 3 c.c..;  non  senza  considerare  la
rilevanza  strategica  dell'operazione  di   acquisto   della   Banca
Antonveneta nel contesto dell'attivita' economica della BMPS; 
        che nel merito al contestata violazione sussiste tenuto conto
in sostanza della funzione di garanzia in  favore  degli  investitori
istituzionali che avevano sottoscritto i titoli FRESH 2008 ma avevano
preteso di trasferire il rischio relativo  sulla  Fondazione  con  il
meccanismo  dei  titoli  derivati;  e  fattibilita'  dell'aumento  di
capitale riservato riferibile all'acquisto indiretto della meta'  dei
titoli FRESH 2008 da parte  della  Fondazione  con  eliminazione  dei
rischi di collocamento dei titoli. 
    4. Il P.G. e' intervenuto, ma non ha concluso. 
    5. Sentite le parti all'odierna udienza il Collegio ha  riservato
la decisione. 
    6.  Deve  essere  sollevata  eccezione   di   incostituzionalita'
dell'art. 195 comma 7 del d.lgs.  58/98  in  relazione  all'art.  117
comma  1  della  costituzione  in  relazione  all'art.  6  §1   della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. 
    La questione di costituzionalita' e' in questa  sede  ammissibile
trattandosi di questione rilevabile pure d'ufficio, se rilevante,  in
ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell'art. 23 della legge
n. 87/53. 
    Elementi  a  conforto  della  tesi  della  illegittimita'   dello
specifico procedimento sanzionatorio  devono  trarsi  dalla  sentenza
della Corte Europea dei Diritti  dell'Uomo  in  data  04  marzo  2014
(Grande  Stevens/Italia  ricorso  n.  18640/10)  con  la  quale,   in
relazione al procedimento sanzionatorio di cui all'art.  187  septies
TUF (eguale a quello di cui all'art.  195  dello  stesso  TUF),  sono
stati accertati vizi dovuti: 
        a)  al  fatto  che   la   relazione   dell'Ufficio   Sanzioni
Amministrative non viene comunicata agli interessati i quali, quindi,
non possono difendersi proprio sul documento in relazione al quale la
CONSOB fonda la propria decisione; 
        b) gli interessati non hanno la possibilita' di interrogare o
far interrogare  le  persone  ascoltate  dagli  Uffici  della  CONSOB
durante l'istruttoria; 
        c) gli interessati non hanno la possibilita'  di  partecipare
alla seduta nella quale la  Commissione  in  composizione  collegiale
decide sull'applicazione della sanzione. 
    Sempre in tale sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
e'  stato  affermata  per  la  Commissione   la   sussistenza   della
indipendenza ma non anche dell'imparzialita'  in  quanto  gli  Uffici
preposti all'istruttoria e la Commissione ".... non sono che dei rami
dello stesso organo amministrativo, che agiscono sotto l'autorita'  e
la supervisione di  uno  stesso  Presidente"  e  cio'  comporta  "...
l'esercizio consecutivo delle funzioni di inchiesta  e  di  decisione
nel seno di una stessa istituzione, cio'  che  e'  incompatibile,  ad
avviso della Corte, con l'esigenza di imparzialita'"; 
    Il procedimento di opposizione dinanzi alla corte d'appello (art.
195 comma 4  del  d.lgs.  58/98)  e'  camerale,  come  reso  evidente
dall'art. 195 comma 7 del d.lgs.  cit  ("La  corte  d'appello  decide
sull'opposizione  in  camera  di  consiglio,  sentito   il   pubblico
ministero, con decreto motivato"). 
    Al riguardo occorre richiamare i principi  espressi  dalla  Corte
EDU nella detta sentenza n. 18640 del 04 marzo 2014 resa in  un  caso
in cui si discuteva di sanzioni per illeciti  ex  art.  187  ter  TUF
dalla Corte stessa qualificate come sostanzialmente di natura penale. 
    Giova al  riguardo  ricordare  che  giusta  tale  sentenza  (cfr.
paragrafo 94) ".... al  fine  di  stabilire  la  sussistenza  di  una
«accusa in materia penale», occorre tener presenti  tre  criteri:  la
qualificazione giuridica della misura in causa nel diritto nazionale,
la natura stessa di quest'ultima, e la natura e il grado di severita'
della «sanzione» (Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, §  82,
serie A n. 22).  Questi  criteri  sono  peraltro  alternativi  e  non
cumulativi: affinche' si possa parlare di «accusa in materia  penale»
ai sensi dell'articolo 6 § 1, e' sufficiente che il  reato  in  causa
sia di natura «penale» rispetto alla  Convenzione,  o  abbia  esposto
l'interessato a una sanzione che, per natura e livello  di  gravita',
rientri in linea generale nell'ambito della  «materia  penale».  Cio'
non impedisce  di  adottare  un  approccio  cumulativo  se  l'analisi
separata di ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione
chiara in merito alla sussistenza di una «accusa in  materia  penale»
(Jussila c. Finlandia [GC], n. 73053/01, §§ 30 e 31, CEDU  2006-XIII,
e Zaicevs c. Lettonia, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-IX (estratti))". 
    Parimenti occorre richiamare la giurisprudenza della  Corte  cost
(in particolare sentenza n. 104 del  2014)  per  la  quale  tutte  le
misure di carattere punitivo afflittivo (ivi  comprese  evidentemente
quelle   che   l'ordinamento   interno   qualifica   come    sanzioni
amministrative) devono essere soggette alla medesima disciplina della
sanzione penale in senso stretto  (principio  espresso  agli  effetti
della irretroattivita' delle disposizioni  che  introducono  sanzioni
amministrative). 
    Premesso che non e' incompatibile con la Convenzione affidare  la
repressione di violazioni ad una autorita' amministrativa quale e' la
CONSOB (paragrafo 138 sentenza Corte EDU  del  04/03/2014  cit.),  il
rispetto   della   Convenzione,   a   prescindere   da   carenze   di
contraddittorio che possano essersi verificate  in  alcune  fasi  del
procedimento, viene assicurato dalla possibilita' di ricorrere ad  un
giudice dotato di giurisdizione piena quale e' la Corte d'appello; 
    La conclusione cui e' giunta la Corte EDU e' stata,  quindi,  nel
senso che ".... il procedimento dinanzi alla CONSOB non soddisfacesse
tutte le esigenze dell'articolo 6 della Convenzione, soprattutto  per
quanto riguarda la parita' della  armi  tra  accusa  e  difesa  e  il
mancato svolgimento  di  una  udienza  pubblica  che  permettesse  un
confronto orale"; 
    Nonostante quanto precede la  Corte  ha  escluso  una  automatica
violazione dell'art. 6 della Convenzione proprio in quanto: 
        1) non era contrario alla Convenzione che le sanzioni, giusta
la normativa interna, fossero inflitte da un'autorita' amministrativa
quale e' la CONSOB; 
        2)  occorreva  che  i  soggetti   destinatari   passivi   dei
provvedimenti  sanzionatori  potessero  impugnarli  dinanzi   ad   un
tribunale in grado di dare una decisione  nel  rispetto  dell'art.  6
della Convenzione; 
        3)  cio'  era  avvenuto  nella  fattispecie  in  quanto   gli
interessati si erano avvalsi  della  possibilita'  di'  impugnare  le
sanzioni inflitte dinanzi alla Corte d'appello di Torino. 
    Il problema secondo la Corte EDU atteneva allo stabilire se  tale
Corte d'appello fosse "organo dotato di piena giurisdizione" ai sensi
della sua giurisprudenza (questione risolta in senso affermativo),  e
se l'udienza svolta dinanzi a tale giudice fosse stata pubblica. 
    E' proprio in riferimento alla assenza di udienza pubblica che la
Corte  EDU  e'  giunta  alla  conclusione  della   violazione   della
Convenzione ("161. Alla luce di quanto esposto, la Corte ritiene che,
anche se il procedimento dinanzi alla CONSOB non  ha  soddisfatto  le
esigenze di equita' e  di  imparzialita'  oggettiva  dell'articolo  6
della Convenzione, i  ricorrenti  hanno  beneficiato  del  successivo
controllo da parte di un organo indipendente e imparziale  dotato  di
piena giurisdizione, in questo caso la  Corte  d'appello  di  Torino.
Tuttavia, quest'ultima non ha tenuto un'udienza pubblica, fatto  che,
nel caso di specie, ha costituito una violazione dell'articolo 6 §  1
della Convenzione."). 
    La pubblicita' dell'udienza, nell'assunto  espresso  dalla  Corte
EDU in tale decisione, ha, quindi, assunto una funzione centrale e di
necessaria chiusura del sistema delle garanzie. 
    Per altro la  giurisprudenza  della  Corte  EDU  in  ordine  alla
imprescindibilita' della udienza pubblica agli effetti  del  rispetto
dell'art. 6 § 1 della Convenzione non esprime un  principio  assoluto
valido per tutti i casi. 
    Ad es. nella sentenza in data 23/11/2006 nel caso Jussila  contro
Finlandia la Corte EDU, dopo  aver  ribadito  che  tenere  un'udienza
pubblica  e'  un  principio  fondamentale  posto  dall'art.  6  della
Convenzione e che tale principio e' di particolare  importanza  nella
materia penale, ha osservato che ".... l'obbligo di tenere un'udienza
pubblica non e' assoluto. L'articolo 6 non esige  necessariamente  di
tenere udienza in tutti i' procedimenti. Cio' vale,  in  particolare,
per i casi che non sollevano questione  di  credibilita'  o  che  non
scatenano controversia sui fatti che necessitano di una udienza e per
i quali i tribunali possono pronunciarsi in modo equo  e  ragionevole
sulla base delle  conclusioni  presentate  dalle  parti  e  di  altri
elementi.  Inoltre,  la  Corte  ha  riconosciuto  che  le   autorita'
nazionali  possono  tener  conto  dei  problemi  di   efficienza   ed
economicita',   ritenendo,   per   esempio,   che    l'organizzazione
sistematica  di  dibattiti  possa   costituire   un   ostacolo   alla
particolare diligenza richiesta in materia di sicurezza  sociale  ed,
in definitiva, impedire il rispetto  di  un  termine  ragionevole  ai
sensi dell'articolo 6 § 1....". 
    Ancora in tale sentenza e' stato osservato che in un procedimento
di prima ed ultima  istanza,  l'udienza  deve  essere  tenuta,  salvo
circostanze  eccezionali  che  giustifichino  di  farne  a  meno  ...
l'esistenza di tali circostanze dipende in gran  parte  dalla  natura
dei problemi di cui i tribunali sono investiti, e non dalla frequenza
dei casi in cui si presentano ...". 
    La sanzione inflitta all'opponente  deve  essere  qualificata  di
natura  lato  sensu  penale,  nonostante  l'ordinamento  interno   la
qualifichi formalmente come sanzione amministrativa, in  quanto  sono
vincolanti l'interpretazione data dalla Corte EDU e l'indicazione  da
essa fornita dei criteri in relazione ai quali  vagliare  l'effettiva
natura  di  una  sanzione;  chiarito  che  la   qualificazione   data
dall'ordinamento  interno  non  e'  dirimente,  in   quanto   occorre
verificare se una sanzione sia di natura "penale" agli effetti  della
applicazione  della  Convenzione,  non  puo'  non   considerarsi   la
particolare gravita' afflittiva della  sanzione  pecuniaria  prevista
dall'art. 191 comma 2 del d.lgs. 58/98, per la violazione degli artt.
94 commi 2 e  3  e  113  comma  1  del  TUIF  (infrazione  contestata
all'opponente), in un importo da € 5.000,00 ad € 500.000,00. 
    Al riguardo occorre precisare  che  deve  aversi  riguardo,  agli
effetti che qui interessano, alla sanzione edittale e non a quella in
concreto  irrogata  in  quanto,  ovviamente,  l'individuazione  della
natura della sanzione prescinde dalle circostanze che ne  determinano
la modulazione fra il minimo ed il  massimo;  convince  ulteriormente
della detta natura lato sensu penale l'esclusione, disposta dall'art.
190 del d.lgs.  58/98  dell'applicabilita'  dell'art.  16  L.  689/81
(pagamento in misura ridotta), e soprattutto il regime  pubblicitario
proprio delle sanzioni CONSOB. Bisogna inoltre ricordare  che  giusta
l'art. 195 comma 3 del d.lgs. 58/98 "Il provvedimento di applicazione
delle sanzioni e' pubblicato per estratto nel Bollettino della  Banca
d'Italia o della CONSOB. La Banca d'Italia o la CONSOB, tenuto  conto
della natura della violazione e degli  interessi  coinvolti,  possono
stabilire modalita' ulteriori per dare pubblicita' al  provvedimento,
ponendo le relative spese  a  carico  dell'autore  della  violazione,
ovvero escludere la pubblicita' del provvedimento, quando  la  stessa
possa mettere gravemente a rischio i mercati finanziari o arrecare un
danno sproporzionato alle parti": la previsione di  pubblicita'  (nel
caso in esame e' stata confermata la pubblicita' normalmente prevista
per estratto  nel  Bollettino  della  CONSOB),  estensibile  a  forme
ulteriori   (quali   la   pubblicita'   su   quotidiani),   evidenzia
ulteriormente il carattere  afflittivo  della  sanzione,  in  ragione
delle ripercussioni negative sull'immagine del soggetto  colpito  dal
provvedimento sanzionatorio. 
    Le considerazioni che  precedono  evidenziano  una  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 195 comma 7 del  d.lgs.  58/98,
norma che potrebbe essere in contrasto con l'art. 117 Cost. in quanto
non conforme all'art. 6 della Convenzione. 
    La questione oltre ad essere  non  manifestamente  infondata,  e'
rilevante in questo giudizio in  quanto,  accertata  la  natura  lato
sensu  penale  della  sanzione  giusta  i   vincolanti   criteri   di
valutazione posti dalla Corte EDU,  dovendo  questa  Corte  d'appello
necessariamente seguire il rito camerale imposto dall'art. 195  comma
7  del  d.lgs.  58/98  (senza   che   sia   possibile   una   diversa
interpretazione, salvo una inammissibile disapplicazione della norma,
e senza che sia possibile introdurre il correttivo della  pubblicita'
dell'udienza  che,  di  per   se',   renderebbe   non   camerate   il
procedimento),  ed  essendo  il  rito  camerale,   per   definizione,
caratterizzato dalla assenza di  una  pubblica  udienza,  essendo  il
giudizio di opposizione, secondo la giurisprudenza  della  Corte  EDU
suscettibile di integrare, in presenza di determinate condizioni,  il
sistema di garanzie che deve connotare il procedimento sanzionatorio,
ove un giudizio che si svolge con il rito camerale fosse al  riguardo
inidoneo, la conclusione obbligata sarebbe l'eccepita  illegittimita'
dei procedimento sanzionatorio e del provvedimento sanzionatorio  che
lo conclude. 
    Preme rilevare che il sospetto di non conformita' a  Costituzione
(art. 117 comma 1) investe l'art. 195 comma 7 del d.lgs. 58/98, e non
anche le norme del codice di rito che prevedono il rito camerate;  la
Corte costituzionale in ordine a tale rito si e'  gia'  espressa,  ed
occorre segnatamente ricordare la sentenza n. 543/1989 con  la  quale
e' stato affermato che secondo la costante giurisprudenza della Corte
stessa "... il procedimento camerale non e' di per se'  in  contrasto
con il diritto di difesa, in quanto l'esercizio  di  quest'ultimo  e'
variamente configurabile dalla legge,  in  relazione  alle  peculiari
esigenze dei vari processi 'purche' ne vengano assicurati lo scopo  e
la funzione', cioe' la garanzia del contraddittorio, in modo che  sia
escluso ogni ostacolo a far valere le  ragioni  delle  parti";  nella
stessa  sentenza  e'  stato  osservato  che  "....  L'adozione  della
procedura camerale, anche nei casi  in  cui  si  e'  in  presenza  di
elementi di giurisdizione contenziosa, risponde dunque a  criteri  di
politica legislativa, inerenti alla valutazione  che  il  legislatore
compie circa l'opportunita' di adottare determinate forme processuali
in relazione alla natura degli interessi da regolare  ed,  in  quanto
tale, sfugge quindi al sindacato di questa Corte 'nei limiti in  cui,
ovviamente, non si risolve nella  violazione  di  specifici  precetti
costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza'  (ordinanza  n.
748 del 1988 e sentenza n. 142 del 1970)"; la Corte cost. nella detta
sentenza, non ha mancato di rilevare che il rito camerate  non  viola
il diritto di prova in  quanto  "....  anche  nel  rito  camerate  in
appello e' possibile acquisire ogni specie di prova  precostituita  e
procedere alla formazione di qualsiasi prova costituenda, purche'  il
relativo modo di assunzione - comunque non formale nonche' atipico  -
risulti, da un lato, sempre compatibile con la  natura  camerale  del
procedimento, e, dall'altro, non violi il  principio  generale  della
idoneita' degli atti processuali al  raggiungimento  del  loro  scopo
...". 
    La questione pero' non e' quella di stabilire se il rito camerale
assicuri sufficientemente la difesa  od  il  contraddittorio,  bensi'
quella di stabilire se un'opposizione avanti ad un giudice dotato  di
giurisdizione piena ma vincolato al  rito  camerale  possa  integrare
carenze del procedimento sanzionatorio CONSOB; una risposta  negativa
al quesito porrebbe il detto art. 195 comma 7 del d.lgs. in contrasto
con l'art. 6 § 1 della Convenzione e, quindi, con l'art.  117  Cost.;
il dubbio al riguardo  non  e'  manifestamente  infondato  stante  la
ricordata giurisprudenza della Corte  EDU  laddove  ha  segnalato  la
particolare importanza dell'udienza pubblica  quando  si  discute  di
sanzioni  penali;  certo,  come  si  e'  detto,  il  principio  della
pubblicita' dell'udienza non e' stato espresso in termini assoluti, e
la necessita' o meno  di  una  pubblica  udienza  va  ricostruita  in
relazione alla natura della questione controversa, ma tale operazione
si risolve nel giudizio di conformita' all'art.  117  comma  1  Cost.
della detta norma , conformita' sulla quale questa Corte non puo' non
esprimere un dubbio sulla base della giurisprudenza della  Corte  EDU
(analoga questione, per altro, risulta sollevata  recentemente  dalla
Corte d'appello di Genova; con ordinanza 10/12/2014 - 08/01/2015). 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte, visto l'art. 23 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,
dichiara non manifestamente infondata la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 195, comma 7 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n.
58, in relazione all'art. 117, comma 1 della Costituzione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il presente giudizio; 
    Ordina che a cura della Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero,  nonche'  al
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Dispone  altresi'  che  l'ordinanza  venga  comunicata  anche  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Firenze in camera di consiglio il 15  gennaio
2015. 
 
                      Il Presidente: De Simone