N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2015
Ordinanza del 16 aprile 2015 della Corte d'appello di Firenze mel procedimento civile promosso da Stefanini Pierluigi contro CONSOB. Sanzioni amministrative - Sanzioni amministrative emesse dalla CONSOB nei confronti del Direttore Generale e di altri esponenti del Monte dei Paschi di Siena - Prevista opposizione alla Corte d'appello in camera di consiglio - Violazione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU. - Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 7. - Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.38 del 23-9-2015 )
LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Sezione I civile Composta da: Giulio De Simone - Presidente; Andrea Riccucci - Consigliere rel.; Domenico Paparo - Consigliere. nel procedimento n. 370/14 V.G., promosso da Pierluigi Stefanini, domiciliato in Firenze, viale Matteotti n. 25 presso l'avv. Pier Ettore Olivetti Rason che lo rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso unitamente all'avv. Diego Rufini di Bologna - opponente - contro CONSOB domiciliata in Firenze, via P. Villari n. 39 presso l'avv. Andrea Vannini e rappresentata e difesa dagli avv. Salvatore Providenti, Gianfranco Randisi e Elisabetta Cappariello che la rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa di costituzione - opposta - P.G. - intervenuto - ha emesso il seguente Decreto 1. Con ricorso ritualmente notificato alla controparte Pierluigi Stefanini ha proposto opposizione ex art 195 comma 4 del d.lgs. n. 58/98 avverso la delibera n. 18885 del 17/4/2014 di applicazione ex art. 196 comma 2 del medesimo TUIF nei confronti di Pierluigi Stefanini della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25.000,00= ai sensi dell'art. 191 comma 2 e per violazione degli artt. 94 commi 2 e 3 e 113 comma 1 del TUIF con riferimento alla mancata "disclosure", ovvero segnalazione, nel prospetto informativo relativo all'offerta al pubblico di sottoscrizione e di ammissione alla negoziazione di azione della Banca rinvenienti dall'aumento di capitale deliberato dall'assemblea dei soci del 6/3/2008 nel contesto del piano di finanziamento relativo all'acquisto dal Banco Santander SA del 100% delle azioni di Banca Antonveneta S.p.A., degli strumenti derivati (aventi come sottostante gli strumenti finanziari convertibili in azioni MPS denominati FRESH 2008 emessi nel contesto della sottoscrizione dell'aumento di capitale della Banca da J.P. Morgan Chase a mezzo del veicolo The Bank of New York S.A. in qualita' di fiduciaria) denominati in sigla TROR, sottoscritti dalla Fondazione MPS. 2. Pierluigi Stefanini ha esposto a fondamento del reclamo i seguenti motivi: a) l'invalidita' del procedimento per omessa chiusura di questo entro 360 giorni secondo la previsione del regolamento CONSOB n. 12697/00; la procedura si era infatti aperta con la nota in data 22/4/2013 e chiuso con la notifica della delibera oggetto di impugnazione in data 23/4/2014, pervenuta a Pierluigi Stefanini il 29/4/2014 decorsi dunque 372 giorni; b) l'intervenuta prescrizione ai sensi dell'articolo 28 della legge numero 689/81 del diritto a riscuotere la sanzione essendo decorsi oltre cinque anni dalla data di pubblicazione del prospetto a quella di notifica della violazione; inapplicabile essendo al riguardo il termine del 30 maggio 2008, quale termine di chiusura dell'offerta e di inizio della negoziazione del titolo, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale dato che nessuna modifica si era resa necessaria rispetto alla approvazione del prospetto in data 23 aprile 2008 ai sensi degli artt. 94 comma 7 e 103 comma 2 TUIF; ed egualmente essendo nella specie inapplicabile il criterio di riferimento della notifica alla data della consegna del plico dall'ufficiale giudiziario, dato che in materia di prescrizione l'atto introduttivo produce effetto dal momento in cui esso viene a conoscenza del destinatario della notifica; e dovendosi ritenere l'illecito consumato al piu' alla data di approvazione del prospetto da parte della CONSOB, ovvero alla data del 23/4/2008, e non certo al momento di chiusura dell'offerta ovvero al 30/5/2008; tenuto conto comunque che la mancata precisazione delle informazioni di cui agli artt. 94 comma 7 e 103 comma 2 costituiscono autonome ipotesi di violazione; c) inesistenza di una responsabilita' di Pierluigi Stefanini, amministratore senza delega, per i fatti contestati a lui non noti ed addebitati solo in quanto dal medesimo "conoscibili" essendo pacifico che il prospetto fu sottoscritto e redatto dal Presidente del CDA, Mussari, e dal direttore generali Vigni; e considerato che anche la CONSOB fu in grado di rilevare la sottoscrizione indiretta dei FRESH 2008 da parte della Fondazione a mezzo della sottoscrizione dei TROR solo in esito all'accesso agli esiti delle indagini svolte in sede penale; mentre non esistevano assolutamente "elementi di attenzione" che avrebbero dovuto indurre i consiglieri non esecutivi (avendo conferito delega) a chiedere chiarimenti ed approfondimenti in relazione all'omessa segnalazione della sottoscrizione dei TROR da parte della Fondazione: i fatti indicati dalla CONSOB erano noti e nessuno - neppure quest'ultima - ritenne fossero meritevoli di approfondimento. Inoltre la responsabilita' di Pierluigi Stefanini sarebbe esclusa pure dal comportamento scorretto e doloso degli amministratori delegati, che pur conoscendola, nascosero l'esistenza dei TROR e non misero dunque i consiglieri in condizione di valutarne la rilevanza: tanto vero che il procedimento penale per questi fatti non ha visto imputato l'opponente ed e' ancora in corso. 3. CONSOB nel costituirsi ha chiesto conferma del provvedimento reclamato, osservando: infondata l'eccezione di invalidita' della delibera per scadenza del termine di 360 gg. di cui alla delibera 12697/00 trattandosi di termine che consolidato indirizzo di legittimita' afferma di natura non perentoria; e considerato che il medesimo non si applica in materia di sanzioni amministrative; infondata l'eccezione di prescrizione data la natura permanente della violazione consumata solo con la chiusura dell'offerta, ovvero al 30/5/2008; che non puo' escludersi la responsabilita' di Pierluigi Stefanini quale amministratore senza delega per omesso necessario controllo sulla gestione dei delegati, anche tenuto conto della previsione dell'art. 2381 comma 3 c.c..; non senza considerare la rilevanza strategica dell'operazione di acquisto della Banca Antonveneta nel contesto dell'attivita' economica della BMPS; che nel merito al contestata violazione sussiste tenuto conto in sostanza della funzione di garanzia in favore degli investitori istituzionali che avevano sottoscritto i titoli FRESH 2008 ma avevano preteso di trasferire il rischio relativo sulla Fondazione con il meccanismo dei titoli derivati; e fattibilita' dell'aumento di capitale riservato riferibile all'acquisto indiretto della meta' dei titoli FRESH 2008 da parte della Fondazione con eliminazione dei rischi di collocamento dei titoli. 4. Il P.G. e' intervenuto, ma non ha concluso. 5. Sentite le parti all'odierna udienza il Collegio ha riservato la decisione. 6. Deve essere sollevata eccezione di incostituzionalita' dell'art. 195 comma 7 del d.lgs. 58/98 in relazione all'art. 117 comma 1 della costituzione in relazione all'art. 6 §1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La questione di costituzionalita' e' in questa sede ammissibile trattandosi di questione rilevabile pure d'ufficio, se rilevante, in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/53. Elementi a conforto della tesi della illegittimita' dello specifico procedimento sanzionatorio devono trarsi dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in data 04 marzo 2014 (Grande Stevens/Italia ricorso n. 18640/10) con la quale, in relazione al procedimento sanzionatorio di cui all'art. 187 septies TUF (eguale a quello di cui all'art. 195 dello stesso TUF), sono stati accertati vizi dovuti: a) al fatto che la relazione dell'Ufficio Sanzioni Amministrative non viene comunicata agli interessati i quali, quindi, non possono difendersi proprio sul documento in relazione al quale la CONSOB fonda la propria decisione; b) gli interessati non hanno la possibilita' di interrogare o far interrogare le persone ascoltate dagli Uffici della CONSOB durante l'istruttoria; c) gli interessati non hanno la possibilita' di partecipare alla seduta nella quale la Commissione in composizione collegiale decide sull'applicazione della sanzione. Sempre in tale sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e' stato affermata per la Commissione la sussistenza della indipendenza ma non anche dell'imparzialita' in quanto gli Uffici preposti all'istruttoria e la Commissione ".... non sono che dei rami dello stesso organo amministrativo, che agiscono sotto l'autorita' e la supervisione di uno stesso Presidente" e cio' comporta "... l'esercizio consecutivo delle funzioni di inchiesta e di decisione nel seno di una stessa istituzione, cio' che e' incompatibile, ad avviso della Corte, con l'esigenza di imparzialita'"; Il procedimento di opposizione dinanzi alla corte d'appello (art. 195 comma 4 del d.lgs. 58/98) e' camerale, come reso evidente dall'art. 195 comma 7 del d.lgs. cit ("La corte d'appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato"). Al riguardo occorre richiamare i principi espressi dalla Corte EDU nella detta sentenza n. 18640 del 04 marzo 2014 resa in un caso in cui si discuteva di sanzioni per illeciti ex art. 187 ter TUF dalla Corte stessa qualificate come sostanzialmente di natura penale. Giova al riguardo ricordare che giusta tale sentenza (cfr. paragrafo 94) ".... al fine di stabilire la sussistenza di una «accusa in materia penale», occorre tener presenti tre criteri: la qualificazione giuridica della misura in causa nel diritto nazionale, la natura stessa di quest'ultima, e la natura e il grado di severita' della «sanzione» (Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 82, serie A n. 22). Questi criteri sono peraltro alternativi e non cumulativi: affinche' si possa parlare di «accusa in materia penale» ai sensi dell'articolo 6 § 1, e' sufficiente che il reato in causa sia di natura «penale» rispetto alla Convenzione, o abbia esposto l'interessato a una sanzione che, per natura e livello di gravita', rientri in linea generale nell'ambito della «materia penale». Cio' non impedisce di adottare un approccio cumulativo se l'analisi separata di ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione chiara in merito alla sussistenza di una «accusa in materia penale» (Jussila c. Finlandia [GC], n. 73053/01, §§ 30 e 31, CEDU 2006-XIII, e Zaicevs c. Lettonia, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-IX (estratti))". Parimenti occorre richiamare la giurisprudenza della Corte cost (in particolare sentenza n. 104 del 2014) per la quale tutte le misure di carattere punitivo afflittivo (ivi comprese evidentemente quelle che l'ordinamento interno qualifica come sanzioni amministrative) devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto (principio espresso agli effetti della irretroattivita' delle disposizioni che introducono sanzioni amministrative). Premesso che non e' incompatibile con la Convenzione affidare la repressione di violazioni ad una autorita' amministrativa quale e' la CONSOB (paragrafo 138 sentenza Corte EDU del 04/03/2014 cit.), il rispetto della Convenzione, a prescindere da carenze di contraddittorio che possano essersi verificate in alcune fasi del procedimento, viene assicurato dalla possibilita' di ricorrere ad un giudice dotato di giurisdizione piena quale e' la Corte d'appello; La conclusione cui e' giunta la Corte EDU e' stata, quindi, nel senso che ".... il procedimento dinanzi alla CONSOB non soddisfacesse tutte le esigenze dell'articolo 6 della Convenzione, soprattutto per quanto riguarda la parita' della armi tra accusa e difesa e il mancato svolgimento di una udienza pubblica che permettesse un confronto orale"; Nonostante quanto precede la Corte ha escluso una automatica violazione dell'art. 6 della Convenzione proprio in quanto: 1) non era contrario alla Convenzione che le sanzioni, giusta la normativa interna, fossero inflitte da un'autorita' amministrativa quale e' la CONSOB; 2) occorreva che i soggetti destinatari passivi dei provvedimenti sanzionatori potessero impugnarli dinanzi ad un tribunale in grado di dare una decisione nel rispetto dell'art. 6 della Convenzione; 3) cio' era avvenuto nella fattispecie in quanto gli interessati si erano avvalsi della possibilita' di' impugnare le sanzioni inflitte dinanzi alla Corte d'appello di Torino. Il problema secondo la Corte EDU atteneva allo stabilire se tale Corte d'appello fosse "organo dotato di piena giurisdizione" ai sensi della sua giurisprudenza (questione risolta in senso affermativo), e se l'udienza svolta dinanzi a tale giudice fosse stata pubblica. E' proprio in riferimento alla assenza di udienza pubblica che la Corte EDU e' giunta alla conclusione della violazione della Convenzione ("161. Alla luce di quanto esposto, la Corte ritiene che, anche se il procedimento dinanzi alla CONSOB non ha soddisfatto le esigenze di equita' e di imparzialita' oggettiva dell'articolo 6 della Convenzione, i ricorrenti hanno beneficiato del successivo controllo da parte di un organo indipendente e imparziale dotato di piena giurisdizione, in questo caso la Corte d'appello di Torino. Tuttavia, quest'ultima non ha tenuto un'udienza pubblica, fatto che, nel caso di specie, ha costituito una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione."). La pubblicita' dell'udienza, nell'assunto espresso dalla Corte EDU in tale decisione, ha, quindi, assunto una funzione centrale e di necessaria chiusura del sistema delle garanzie. Per altro la giurisprudenza della Corte EDU in ordine alla imprescindibilita' della udienza pubblica agli effetti del rispetto dell'art. 6 § 1 della Convenzione non esprime un principio assoluto valido per tutti i casi. Ad es. nella sentenza in data 23/11/2006 nel caso Jussila contro Finlandia la Corte EDU, dopo aver ribadito che tenere un'udienza pubblica e' un principio fondamentale posto dall'art. 6 della Convenzione e che tale principio e' di particolare importanza nella materia penale, ha osservato che ".... l'obbligo di tenere un'udienza pubblica non e' assoluto. L'articolo 6 non esige necessariamente di tenere udienza in tutti i' procedimenti. Cio' vale, in particolare, per i casi che non sollevano questione di credibilita' o che non scatenano controversia sui fatti che necessitano di una udienza e per i quali i tribunali possono pronunciarsi in modo equo e ragionevole sulla base delle conclusioni presentate dalle parti e di altri elementi. Inoltre, la Corte ha riconosciuto che le autorita' nazionali possono tener conto dei problemi di efficienza ed economicita', ritenendo, per esempio, che l'organizzazione sistematica di dibattiti possa costituire un ostacolo alla particolare diligenza richiesta in materia di sicurezza sociale ed, in definitiva, impedire il rispetto di un termine ragionevole ai sensi dell'articolo 6 § 1....". Ancora in tale sentenza e' stato osservato che in un procedimento di prima ed ultima istanza, l'udienza deve essere tenuta, salvo circostanze eccezionali che giustifichino di farne a meno ... l'esistenza di tali circostanze dipende in gran parte dalla natura dei problemi di cui i tribunali sono investiti, e non dalla frequenza dei casi in cui si presentano ...". La sanzione inflitta all'opponente deve essere qualificata di natura lato sensu penale, nonostante l'ordinamento interno la qualifichi formalmente come sanzione amministrativa, in quanto sono vincolanti l'interpretazione data dalla Corte EDU e l'indicazione da essa fornita dei criteri in relazione ai quali vagliare l'effettiva natura di una sanzione; chiarito che la qualificazione data dall'ordinamento interno non e' dirimente, in quanto occorre verificare se una sanzione sia di natura "penale" agli effetti della applicazione della Convenzione, non puo' non considerarsi la particolare gravita' afflittiva della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 191 comma 2 del d.lgs. 58/98, per la violazione degli artt. 94 commi 2 e 3 e 113 comma 1 del TUIF (infrazione contestata all'opponente), in un importo da € 5.000,00 ad € 500.000,00. Al riguardo occorre precisare che deve aversi riguardo, agli effetti che qui interessano, alla sanzione edittale e non a quella in concreto irrogata in quanto, ovviamente, l'individuazione della natura della sanzione prescinde dalle circostanze che ne determinano la modulazione fra il minimo ed il massimo; convince ulteriormente della detta natura lato sensu penale l'esclusione, disposta dall'art. 190 del d.lgs. 58/98 dell'applicabilita' dell'art. 16 L. 689/81 (pagamento in misura ridotta), e soprattutto il regime pubblicitario proprio delle sanzioni CONSOB. Bisogna inoltre ricordare che giusta l'art. 195 comma 3 del d.lgs. 58/98 "Il provvedimento di applicazione delle sanzioni e' pubblicato per estratto nel Bollettino della Banca d'Italia o della CONSOB. La Banca d'Italia o la CONSOB, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, possono stabilire modalita' ulteriori per dare pubblicita' al provvedimento, ponendo le relative spese a carico dell'autore della violazione, ovvero escludere la pubblicita' del provvedimento, quando la stessa possa mettere gravemente a rischio i mercati finanziari o arrecare un danno sproporzionato alle parti": la previsione di pubblicita' (nel caso in esame e' stata confermata la pubblicita' normalmente prevista per estratto nel Bollettino della CONSOB), estensibile a forme ulteriori (quali la pubblicita' su quotidiani), evidenzia ulteriormente il carattere afflittivo della sanzione, in ragione delle ripercussioni negative sull'immagine del soggetto colpito dal provvedimento sanzionatorio. Le considerazioni che precedono evidenziano una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195 comma 7 del d.lgs. 58/98, norma che potrebbe essere in contrasto con l'art. 117 Cost. in quanto non conforme all'art. 6 della Convenzione. La questione oltre ad essere non manifestamente infondata, e' rilevante in questo giudizio in quanto, accertata la natura lato sensu penale della sanzione giusta i vincolanti criteri di valutazione posti dalla Corte EDU, dovendo questa Corte d'appello necessariamente seguire il rito camerale imposto dall'art. 195 comma 7 del d.lgs. 58/98 (senza che sia possibile una diversa interpretazione, salvo una inammissibile disapplicazione della norma, e senza che sia possibile introdurre il correttivo della pubblicita' dell'udienza che, di per se', renderebbe non camerate il procedimento), ed essendo il rito camerale, per definizione, caratterizzato dalla assenza di una pubblica udienza, essendo il giudizio di opposizione, secondo la giurisprudenza della Corte EDU suscettibile di integrare, in presenza di determinate condizioni, il sistema di garanzie che deve connotare il procedimento sanzionatorio, ove un giudizio che si svolge con il rito camerale fosse al riguardo inidoneo, la conclusione obbligata sarebbe l'eccepita illegittimita' dei procedimento sanzionatorio e del provvedimento sanzionatorio che lo conclude. Preme rilevare che il sospetto di non conformita' a Costituzione (art. 117 comma 1) investe l'art. 195 comma 7 del d.lgs. 58/98, e non anche le norme del codice di rito che prevedono il rito camerate; la Corte costituzionale in ordine a tale rito si e' gia' espressa, ed occorre segnatamente ricordare la sentenza n. 543/1989 con la quale e' stato affermato che secondo la costante giurisprudenza della Corte stessa "... il procedimento camerale non e' di per se' in contrasto con il diritto di difesa, in quanto l'esercizio di quest'ultimo e' variamente configurabile dalla legge, in relazione alle peculiari esigenze dei vari processi 'purche' ne vengano assicurati lo scopo e la funzione', cioe' la garanzia del contraddittorio, in modo che sia escluso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti"; nella stessa sentenza e' stato osservato che ".... L'adozione della procedura camerale, anche nei casi in cui si e' in presenza di elementi di giurisdizione contenziosa, risponde dunque a criteri di politica legislativa, inerenti alla valutazione che il legislatore compie circa l'opportunita' di adottare determinate forme processuali in relazione alla natura degli interessi da regolare ed, in quanto tale, sfugge quindi al sindacato di questa Corte 'nei limiti in cui, ovviamente, non si risolve nella violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza' (ordinanza n. 748 del 1988 e sentenza n. 142 del 1970)"; la Corte cost. nella detta sentenza, non ha mancato di rilevare che il rito camerate non viola il diritto di prova in quanto ".... anche nel rito camerate in appello e' possibile acquisire ogni specie di prova precostituita e procedere alla formazione di qualsiasi prova costituenda, purche' il relativo modo di assunzione - comunque non formale nonche' atipico - risulti, da un lato, sempre compatibile con la natura camerale del procedimento, e, dall'altro, non violi il principio generale della idoneita' degli atti processuali al raggiungimento del loro scopo ...". La questione pero' non e' quella di stabilire se il rito camerale assicuri sufficientemente la difesa od il contraddittorio, bensi' quella di stabilire se un'opposizione avanti ad un giudice dotato di giurisdizione piena ma vincolato al rito camerale possa integrare carenze del procedimento sanzionatorio CONSOB; una risposta negativa al quesito porrebbe il detto art. 195 comma 7 del d.lgs. in contrasto con l'art. 6 § 1 della Convenzione e, quindi, con l'art. 117 Cost.; il dubbio al riguardo non e' manifestamente infondato stante la ricordata giurisprudenza della Corte EDU laddove ha segnalato la particolare importanza dell'udienza pubblica quando si discute di sanzioni penali; certo, come si e' detto, il principio della pubblicita' dell'udienza non e' stato espresso in termini assoluti, e la necessita' o meno di una pubblica udienza va ricostruita in relazione alla natura della questione controversa, ma tale operazione si risolve nel giudizio di conformita' all'art. 117 comma 1 Cost. della detta norma , conformita' sulla quale questa Corte non puo' non esprimere un dubbio sulla base della giurisprudenza della Corte EDU (analoga questione, per altro, risulta sollevata recentemente dalla Corte d'appello di Genova; con ordinanza 10/12/2014 - 08/01/2015).
P. Q. M. La Corte, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, comma 7 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in relazione all'art. 117, comma 1 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente giudizio; Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; Dispone altresi' che l'ordinanza venga comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Firenze in camera di consiglio il 15 gennaio 2015. Il Presidente: De Simone