N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2015

Ordinanza del 28 aprile 2015 della Corte d'appello di  Catanzaro  sul
reclamo  proposto  da  Rotundo  Antonio  n.q.  di  socio   e   legale
rappresentante della cooperativa agricola APOA Demetra soc.  coop.  a
rl. contro Curatela del fallimento «Cooperativa agricola APOA Demetra
soc. coop. a r.l.».. 
 
Fallimento  e   procedure   concorsuali   -   Procedimento   per   la
  dichiarazione di fallimento  -  Notificazione  del  ricorso  e  del
  decreto di convocazione del debitore  e  dei  creditori  istanti  -
  Modalita' di esecuzione della notifica dell'atto  che  non  si  sia
  potuto consegnare presso  la  sede  della  societa'  debitrice  (in
  specie, s.r.l.) - Sufficienza del deposito dell'atto presso la casa
  comunale  della  sede  risultante  dal  registro  delle  imprese  e
  perfezionamento della notifica nel momento del  deposito  stesso  -
  Irragionevole disparita' di trattamento  rispetto  alle  norme  (in
  particolare, art. 145 c.p.c.) ed ai principi in tema  di  notifiche
  alle persone giuridiche - Inidoneita' del  previsto  incombente  ad
  assicurare la conoscibilita' dell'atto -  Lesione  del  diritto  di
  difesa e della garanzia del contraddittorio. 
- Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, art.  15,  comma  terzo,  come
  sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a),  del  decreto-legge  18
  ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17
  dicembre 2012, n. 221. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.40 del 7-10-2015 )
 
                   LA CORTE D'APPELLO DI CATANZARO 
                          II Sezione Civile 
 
    Riunita in Camera di Consiglio e composta dai magistrati: 
    dott. Rita Majore - Presidente; 
    dott. Francesca Romano - Consigliere relatore; 
    dott. Chiara Ermini - Consigliere; 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza,  nella   causa   civile
d'appello iscritta al n. 1375/2014 RG, vertente tra Rotundo  Antonio,
nella qualita' di socio e  legale  rappresentante  della  Cooperativa
Agricola APOA Demetra soc,  coop.  a  r.l.,  rappresentato  e  difeso
dall'avv. Marco Costantino, elettivamente domiciliato presso  il  suo
studio, in Catanzaro, Via Buccarelli n. 49, reclamante; 
    Contro: 
    Curatela del Fallimento «Cooperativa  Agricola  A.P.O.A.  Demetra
s.c. a r.l.», rappresentata e difesa  dall'avv.  Valentina  Putorti',
elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv.  Daniela  Dante,
in Cropani, Via Sila Piccola n. 12; 
    Terfinance Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Pugno
e Rossella Campagna, elettivamente domiciliata  presso  quest'ultima,
in Catanzaro, Via Pugliese n. 30, 
reclamati. 
    La Corte d'Appello, in  esito  all'udienza  dell'11  marzo  2015;
letti gli atti; 
 
                               Osserva 
 
Premesso in fatto. 
    Il 16 maggio 2014 la Terfinance spa ha prodotto  ricorso  per  la
dichiarazione di fallimento della APOA Demetra s.c. a r.1., deducendo
di vantare un credito di € 59.648,10 portato nel  decreto  ingiuntivo
n.  14554/2012   emesso   dal   Tribunale   di   Torino,   dichiarato
provvisoriamente esecutivo in pendenza di opposizione;  la  procedura
ha preso il n. 30/2014 del R.P.F. del Tribunale di Crotone. 
    Il giudice delegato  dal  Tribunale,  con  provvedimento  del  28
maggio 2014, ha fissato l'udienza di comparizione del debitore per il
giorno 25 giugno 2014, ore 9,45. Il decreto,  regolarmente  trasmesso
tramite  PEC  al  creditore  istante,  non  e'  stato  comunicato  al
debitore:  l'attestazione  della   notificazione   effettuata   dalla
cancelleria in via  telematica  all'indirizzo  di  posta  elettronica
certificata     risultante     dal     registro     della     imprese
(APOADEMETRA@PEC.IT) indica l'esito negativo per  essere  l'indirizzo
«non disponibile». 
    Di tanto veniva data comunicazione al creditore istante, il quale
ha provveduto a richiedere la notifica di persona  tramite  Ufficiale
Giudiziario;  anche  tale  tentativo  si  e'  risolto  in   un'omessa
notifica, poiche' all'indirizzo presso il quale, secondo il  registro
delle imprese,  avrebbe  dovuto  trovarsi  la  sede  della  societa',
l'Ufficiale Giudiziario ha  rinvenuto  «una  costruzione  incompleta,
chiusa e priva di alcuna insegna». E'  dunque  seguito,  in  data  30
maggio 2014, il deposito dell'atto presso la casa comunale del luogo;
dall'annotazione apposta sulla busta nel quale l'atto depositato  era
racchiuso, questo risulta ritirato il 14 novembre 2014, ossia dopo la
sentenza dichiarativa del fallimento, emessa il 17 ottobre 2014. 
    Espletata   l'istruttoria   prefallimentare   nell'assenza    del
debitore, il Tribunale di Crotone,  con  sentenza  depositata  il  17
ottobre 2014, ha dichiarato il fallimento della Cooperativa  Agricola
A.P.O.A. Demetra s.c. a r.l., in primo luogo ritenendo la regolarita'
della notifica. La sentenza impugnata ha affermato inoltre nel merito
la fallibita' della societa'  destinataria  della  relativa  istanza,
attesa la ricorrenza del requisito  di  cui  all'art.  2545-terdecies
c.c., relativo alla svolgimento, da parte della societa' cooperativa,
di attivita' commerciale;  indici  di  tale  attivita'  sarebbero  la
stessa forma  legale  di  societa'  a  responsabilita'  limitata,  la
esistenza di una partita IVA, la commercializzazione verso  terzi  di
prodotti agricoli conferiti dai soci (senza che sia risultato che  la
cooperativa  versasse  ai  soci  per  intero  il  prezzo   riscosso),
dall'autotrasporto per  conto  terzi,  dalla  presenza  di  personale
dipendente. 
    Ha affermato altresi' la esistenza, oltre che del presupposto  di
cui all'ultimo comma dell'art. 15 l.f. quanto all'importo dei  debiti
scaduti,  della  condizione  di  insolvenza,  denotata   dall'entita'
complessiva dei debiti risultante dal bilancio al 31 dicembre 2012 (€
4.897.128), della entita' del credito azionato, del  suo  persistente
inadempimento  nonostante  il   tempo   trascorso,   dell'infruttuoso
esperimento del pignoramento. 
    La societa', a mezzo del suo rappresentante legale - che  non  e'
chiaro se agisca anche nella veste di socio della stessa, profilo che
invero  in  questa  sede  poco  rileva   -,   ha   prodotto   reclamo
preliminarmente contestando la validita' della notifica.  Ha  dedotto
in proposito: - che era obiettivamente noto alla parte istante che la
sede operativa  della  societa'  fosse  in  Catanzaro,  alla  Via  XX
Settembre,  e  che  l'indirizzo  del  legale   rappresentante   fosse
anch'esso  in  Catanzaro  Via  F.  Squillate  n.  21,  avendo  questi
indirizzato in tali luoghi ogni  documentazione  ed  anche  gli  atti
giudiziari posti a base della istanza di fallimento; -  che  il  mero
deposito dell'atto presso la casa  comunale  richiesto  dall'art.  15
l.f. costituisce non la notificazione, ma un  "mezzo  di  pubblicita'
ulteriore" per il caso in  cui  la  notificazione  non  possa  essere
compiuta; - che nulla era detto in  sentenza  sull'omessa  esecuzione
della  notifica  a  mezzo  la  posta  elettronica  certificata  della
societa', desumibile dal registro delle  imprese,  mentre  la  stessa
fallita non poteva essere tenuta responsabile per guasti o disservizi
della  comunicazione;  -  che  l'art.  107  del  d.P.R.  n.  1229/59,
richiamato dall'art. 15 l.f., esclude solo che la notifica avvenga  a
mezzo posta,  ma  non  la  procedura  di  cui  all'art.  145  c.p.c.,
soprattutto con riguardo alla persona del  rappresentante  legale;  -
che non sarebbe stato effettuato il tentativo di notifica  presso  la
sede,  poiche'  tale  incombente  non  era  trascritto  sulla   copia
depositata  presso  la  casa  comunale   e   consegnata   al   legale
rappresentante della societa' (l'unica che  avrebbe  valore  di  atto
pubblico),  ma  era  presente  solo  sulla  copia  depositata   nella
cancelleria del Tribunale (che invece atto pubblico  fidefacente  non
sarebbe);  -  che  comunque,  ove  anche  fosse  da  ipotizzarsi   la
esecuzione di tale notifica presso la sede della societa', una  volta
verificata l'assenza di possibili prenditori, si sarebbe dovuto  fare
ricorso all'art. 140 c.p.c.; - che era implicito nell'art.  15  della
l.f.  il  necessario  invio  dell'avviso  di  deposito,  non  potendo
ipotizzarsi diversamente anche la sola conoscibilita'  dell'esistenza
di un atto depositato da ritirare; - che, ove si  fosse  fatta  della
norma la lettura che ne aveva dato il Tribunale,  si  sarebbe  dovuto
rinvenire la illegittimita' costituzionale  della  disposizione,  per
violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianze, di  difesa
e del contraddittorio. 
    Il reclamante ha contestato inoltre i singoli elementi da cui  il
Tribunale  ha  desunto  la  presenza  di   un'attivita'   commerciale
prevalente  su  quella   di   produzione   agricola,   rilevando   la
indifferenza dei primi due  (forma  societaria  e  partita  Iva),  la
irrilevanza dell'assunzione di  una  dipendente/segretaria,  nonche',
infine, della mancanza della prova,  positiva,  sull'espletamento  di
attivita' di autotrasporto in conto terzi e  della  prova,  negativa,
sul mancato versamento integrale ai soci del prezzo dei beni venduti.
Ha contestato altresi' lo  stato  di  insolvenza,  rilevando  che  il
credito vantato dalla Terfinance spa era  in  contestazione  (tant'e'
che pendeva opposizione al decreto ingiuntivo) mentre l'ammontare del
credito vantato dall'AGEA per  rimborsi  di  contributi  erogati  era
contrastato dal ben maggiore credito vantato dalla  Cooperativa  Apoa
Demetra nei confronti della detta agenzia. 
    La curatela del fallimento e la Terfinance spa si sono costituite
sottolineando, in  rito,  di  aver  osservato  tutti  gli  incombenti
richiesti  dall'art.  15  l.f.  e,  nel  merito,  la  condizione   di
insolvenza della societa'.  Concesso  il  richiesto  termine  per  la
produzione di note, la causa e' stata posta in decisione  all'udienza
dell'11 marzo 2015. 
 
                             In diritto 
 
    Il  rilievo  di  legittimita'  costituzionale  che  il   collegio
condivide  investe  la   modalita'   della   notifica   del   ricorso
introduttivo e del decreto di convocazione del debitore. 
    Il procedimento nella specie seguito risulta del tutto conforme a
quello previsto dal comma 3 dell'art. 15  del  R.D.  n.  267/1942,  a
tenore del quale "il ricorso ed il decreto devono essere notificati a
cura della cancelleria all'indirizzo di posta elettronica certificata
del  debitore  risultante  dal   registro   delle   imprese   e   dei
professionisti.  L'esito  della  comunicazione  e'   trasmesso,   con
modalita' automatica, all'indirizzo di posta elettronica  certificata
del ricorrente. Quando, per qualsiasi ragione, la  notificazione  non
risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica,  a  cura  del
ricorrente, del ricorso e del decreto  si  esegue  esclusivamente  di
persona a norma dell'articolo 107, primo comma del d.P.R. 15 dicembre
1959 n. 1229 presso la sede risultante dal  registro  delle  imprese.
Quando  la  notificazione  non  puo'  essere  compiuta   con   queste
modalita', si esegue con il deposito dell'atto  nella  casa  comunale
della sede che risulta iscritta  nel  registro  delle  imprese  e  si
perfeziona nel momento del deposito stesso. L'udienza e' fissata  non
oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso e  tra  la  data
della  comunicazione  o  notificazione  e  quella  dell'udienza  deve
intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni". Il testo e'
quello innovato dal d.l. 18  ottobre  2012  n.  179,  convertito  con
modifiche nella legge 17 dicembre 2012 n.  221,  applicabile  dal  1°
gennaio 2013 e quindi al caso in disamina. 
    L'iter  prevede  delle  modalita'  in  ordine   sequenziale,   da
applicarsi secondo la progressione imposta  dalla  norma;  in  primis
deve effettuarsi, a cura della cancelleria, la notifica a mezzo  PEC,
fallita la quale e' la parte a dover provvedere,  solo  "di  persona"
presso la sede risultante dal registro delle imprese; ove anche  tale
modalita' fallisca, la notifica "si esegue con il deposito  dell'atto
nella casa comunale della sede  che  risulta  iscritta  nel  registro
delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso". 
    Ritiene il collegio che tale disposizione si ponga  in  contrasto
con gli artt. 3 e 24 della Costituzione: quanto  all'art.  3  perche'
essa  costituisce  un'irragionevole  ed  immotivata   disparita'   di
trattamento rispetto alle modalita' richieste  dall'art.  145  c.p.c.
per la notifica alle persone giuridiche  (e  forse,  pur  se  non  e'
questo il caso in disamina, anche all'art. 140 c.p.c.  per  quel  che
investe la notifica alle persone fisiche), in specie per il  caso  di
mancato reperimento nel luogo indicato dalla legge;  quanto  all'art.
24 perche', nel prevedere modalita' di notifica  che  non  comportano
neanche  astrattamente  la  conoscibilita'   della   pendenza   della
procedura, ledono il diritto di difesa del soggetto che ne e' parte. 
    Mette conto di ricordare che  la  modalita'  di  notifica  teste'
indicata si rivolge sia alle imprese esercitate in forma  individuale
che  a  quelle  esercitate  in  forma   societaria;   essa   registra
significative  deviazioni  con  riguardo   all'ipotesi   di   mancato
reperimento del notificato, posto che, com'e' ovvio, nessuna  censura
puo' porsi al procedimento in esame ove esso risulti perfezionato con
le modalita' previste dalla norma nel suo ordine preferenziale, ossia
con l'utile invio presso l'indirizzo di posta certificata  o  con  la
notifica effettuata solo di  persona  dall'Ufficiale  Giudiziario  (e
dunque non per posta, e, a seconda dei casi, col sistema previsto per
le persone fisiche e/o per le persone giuridiche). 
    Deve segnalarsi che l'inciso contenuto nella norma -  secondo  il
quale deve passarsi alla notifica tradizionale quando la  notifica  a
mezzo pec "non risulta  possibile  o  non  ha  esito  positivo"  "per
qualsiasi ragione" sembra rimandare  al  solo  dato  oggettivo  della
mancata ricezione, senza indagare se cio' possa essere addebitabile a
fatto del mittente o a fatto del destinatario. Sotto tale profilo, la
norma non sembra investire addebiti di sorta nella mancata  notifica,
limitandosi a registrare il dato della sua  omissione;  diversamente,
ad  esempio  nell'ipotesi  che  la  mancanza  sia   addebitabile   al
notificato, si sarebbe  dovuto  escludere  il  passaggio  alle  forme
successive, invece previste quando, "per qualsiasi ragione", si debba
ritenere  di  trovarsi  di  fronte  ad  una  notifica  omessa.   Cio'
d'altronde risponde alla previsione  di  cui  all'art.  16  del  D.M.
44/2011 (emanato in attuazione del d.lgs. n. 82/2005 e della legge n.
24/2010), nel testo modificato dal DM 209/2012, secondo il quale  "la
comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel  momento
in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da  parte  del
gestore di posta elettronica certificata del destinatario  e  produce
gli  effetti  di   cui   agli   articoli   45   e   48   del   codice
dell'amministrazione digitale". In tal senso la disposizione  risulta
interpretata sia da giurisprudenza di merito (e sul punto Cass.  Sez.
lav. 2 luglio 2014 n. 15070 e 20 maggio 2013 n. 12205, nonche'  Corte
d'Appello Bologna 30 maggio 2014), tutte comprovanti la  sufficienza,
sia pure  con  diverse  modalita'  in  relazione  ai  diversi  regimi
temporali, ai fini del verificarsi della notifica,  della  formazione
della  ricevuta  di  consegna  all'indirizzo,  restando   del   tutto
indifferente l'effettiva lettura di quanto trasmesso. 
    Nell'assetto attuale dunque, e vieppiu' in  forza  di  quanto  la
stessa norma suggerisce con quella dizione "a chiusura", ogni ragione
che determini il mancato perfezionamento della notifica  equivale  ad
omessa notifica ed esige il passaggio alla forma  successiva,  quella
della notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario "di persona". 
    Il richiamo alla notifica  "di  persona"  di  cui  al  d.P.R.  n.
1229/1959 pone subito un primo  problema  di  compatibilita'  tra  la
nuova disciplina e la disposizione di cui all'art.  140  c.p.c.,  nel
caso in cui si parli di impresa individuale, ossia di notifica ad una
persona fisica, sia pure, de iure, solo nella sede della impresa  che
questa eserciti; l'ufficiale giudiziario dovra' limitarsi,  nei  casi
di mancata consegna nelle ipotesi  ivi  previste,  al  mero  deposito
dell'atto o dovra' predisporre  il  corredo  di  incombenti  previsti
nell'art. 140 c.p.c. (affissione alla  porta  dell'ufficio  ed  invio
della raccomandata con l'avviso di avvenuto deposito; incombenti  sui
quali e' intervenuta, proprio in favor del notificato ed  a  garanzia
dell'effettivita' della conoscenza, la  sentenza  della  Consulta  n.
3/2010)? In questo  caso,  tuttavia,  si  puo'  forse  ipotizzare  la
possibilita' di una interpretazione  della  norma  costituzionalmente
orientata, e dunque ritenere che,  col  richiamo  alla  notifica  "di
persona", la norma voglia operare un richiamo anche  agli  incombenti
di cui all'art. 140 c.p.c.. E' vero che cio'  sembra  togliere  senso
alla innovazione dell'art. 15 l.f., in  specie  nella  parte  in  cui
dispone che alla notifica basta il deposito preso la  casa  comunale;
tuttavia  occorre  considerare  che  la  disposizione,  che  si  pone
certamente come speciale rispetto a quelle delle notifiche  ordinarie
previste dal codice, contiene in  se'  entrambi  i  riferimenti  (uno
testuale ed uno col metodo del rinvio), si' che essi si pongono sullo
stesso piano di validita', non risultando in posizione  di  reciproca
deroga. All'interprete e' percio' possibile ritenere, anche  al  fine
di dirimere il possibile contrasto tra il rinvio all'art. 140  c.p.c.
e la dichiarata sufficienza del  deposito,  che  la  interpretazione,
consentita dal testo e dal  sistema  dei  principi  sulle  notifiche,
possa essere quella gia' segnata dalle sentenza  della  Consulta  (si
ribadisce, sempre con  riguardo  ai  soli  incombenti  a  garanzia,),
individuando cosi' il "deposito" testualmente previsto come una parte
del piu' ampio procedimento previsto col richiamo indiretto  (tramite
l'art. 107 del d.P.R. n. 1229/59) all'art. 140 c.p.c..  Non  si  puo'
negare che il problema  esista  anche  con  riferimento  alla  deroga
operante rispetto ai luoghi di notifica, poiche' qui il  testo  della
legge preclude qualsiasi diversa interpretazione, richiamando si'  le
modalita'  dell'art.   107   d.P.R.   n.   1229/59   ma   limitandone
l'espletamento solo presso la sede sociale  risultante  dal  registro
delle imprese. Se tale luogo, in presenza di una crisi  dell'impresa,
puo'  risultare  chiuso  (come  sovente  capita  di  verificare   nei
procedimenti che sopraggiungono all'esame di questa Corte),  tuttavia
un  temperamento  e'  dato  dalla  sequela  degli  atti  -affissione,
deposito ed invio della raccomandata - sebbene resti  l'interrogativo
sul perche' una simile modalita' non possa  e  non  debba  esplicarsi
anche in  altri  luoghi,  fatto  che  ex  se  non  sembra  comportare
particolari aggravi. Il richiamo alla  sede  dell'impresa  non  rende
applicabile  (o  almeno  non  sembra  che  renda  applicabile)   agli
imprenditori individuali la modalita' di  cui  all'art.  143  c.p.c.,
posto che vi e' un luogo conosciuto ed ex lege deputato alla notifica
(fatto che esclude i presupposti di operativita' della notifica  agli
irreperibili) presso il quale operare, in ipotesi, la notifica ex art
140 c.p.c. 
    Nessuno spiraglio  interpretativo  e'  invece  possibile  per  le
disposizioni dell'art. 15  l.f.  che  riguardano  le  notifiche  alle
persone giuridiche e per le quali, invece, e'  da  escludere  che  il
richiamo coinvolga l'art. 140  c.p.c..  Sono  in  proposito  principi
consolidati quelli secondo cui: -a tenore dell'art.  145  c.p.c.,  la
notifica  alle  societa'  si  considera  adempiuta  con  la  consegna
dell'atto alla stessa presso la sede legale o, "in mancanza", con  la
consegna alla persona  fisica  che  la  rappresenta,  sempre  che  il
nominativo, la qualita' e  la  residenza  di  questa  siano  indicati
nell'atto stesso; - "e' valida la notifica di un atto ad una  persona
giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non  essendovi
alcuna previsione di legge ostativa  al  riguardo,  purche'  mediante
consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in  assenza
di  tali  persone,  deve  escludersi  la  possibilita'  del  deposito
dell'atto e dei conseguenti avvisi presso l'ufficio  postale;  l'art.
145 c.p.c., infatti, non consente la notifica alle  societa'  con  le
modalita' previste dagli artt. 140 e 143 c.p.c., e, quindi,  con  gli
avvisi di deposito di cui all'art. 8 legge 20 novembre 1982  n.  890,
che costituiscono modalita' equivalenti alla  notificazione  ex  art.
140  c.p.c.,  essendo  questa  riservata  esclusivamente  al   legale
rappresentante" (Cassazione civile, sez. VI, 13  settembre  2011,  n.
18762; conformi, tra le altre, Cass. Civ. 21 aprile 2009 n. 9447 e  7
giugno 2012 n. 9237). Nel caso, invece, si ammette  che  la  notifica
avvenga anche in assenza di consegna dell'atto e che  si  compia  col
solo deposito presso la casa comunale, ossia con forme che  ricalcano
quelle dell'art. 140 c.p.c epurato di tutte le garanzie poste ai fini
della conoscenza/conoscibilita' dell'atto. 
    La  duplice  previsione  derogatoria  -  della  esecuzione  della
notifica di persona presso la sede. e del suo perfezionamento, quando
tale modalita' non sia fruttuosa, solo col deposito  dell'atto  -  si
risolve in una deroga alla disposizione di cui all'art.  145  c.p.c.,
introducendo  una  disparita'  di  trattamento   tra   le   notifiche
"ordinarie" e quelle del processo  fallimentare  che,  a  parere  del
collegio, non  appare  ne'  ragionevole  ne'  motivata,  a  cio'  non
bastando l'urgenza  cui  la  procedura  e'  improntata,  e  che  gia'
giustifica sia la drastica riduzione di  termini  a  difesa,  sia  la
disposizione di cui al 5° comma dell'art. 15  l.f.  (in  forza  della
quale, in presenza di particolari ragioni di urgenza,  il  presidente
del Tribunale puo' disporre che decreto e ricorso vengano  portati  a
conoscenza  delle  parti  "con  ogni  mezzo  idoneo",  "omessa   ogni
formalita' non indispensabile alla conoscibilita' degli stessi').  E'
peraltro  una  disparita'  di  trattamento  che   va   in   direzione
esattamente opposta a quella sancita da ripetuti  insegnamenti  della
Consulta, intesi a rafforzare le  garanzie  sulla  instaurazione  del
contraddittorio e sul conseguente diritto di difesa della  parte;  il
mero deposito dell'atto presso la casa comunale  non  costituisce  un
mezzo idoneo  a  rendere  conoscibile  l'atto  al  suo  destinatario,
mancando  qualsiasi  altra  cautela  diretta  a  rendere  edotto   il
notificato, cautela peraltro gia' ampiamente prevista e codificata in
altri, e non differenti, casi. 
    Nel  caso  degli  imprenditori  collettivi  -   per   il   quale,
all'interno dell'art. 15 l.f , il richiamo all'art. 140 c.p.c. non e'
previsto, ne' e' ipotizzabile in  forza  dell'ambito  applicativo  di
tale norma, come offerta anche dal giudice di legittimita' - non puo'
pertanto   operarsi   alcuna    interpretazione    costituzionalmente
orientata, attesa la portata speciale della  norma,  in  forza  della
quale  la  notifica  dell'istanza  diretta  alla   dichiarazione   di
fallimento e' validamente eseguita, quando presso la sede  non  possa
effettuarsene la consegna, solo col deposito dell'atto presso la casa
comunale, senza che possa farsi luogo ad applicazione analogica degli
incombenti di cui all'art. 140 c.p.c.,  inapplicabile  alla  notifica
alle societa'. Una  tale  interpretazione,  totalmente  additiva,  e'
preclusa sia dalla specialita' del procedimento che dal  testo  della
disposizione, ed e' comunque  contraria  a  tutti  i  principi  sopra
richiamati,  che  gia'  hanno  ritenuto  inapplicabile  alle  persone
giuridiche  il  procedimento  notificatorio  dell'art.  140   c.p.c.,
testualmente negato dall'art. 145 c.p.c. proprio perche' inidoneo  al
suo scopo nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche. 
    V'e'  da  dire  che  il  problema  non   resta   superato   dalla
possibilita' di  eseguire  la  notifica  anche  nei  confronti  della
persona  fisica  legale   rappresentante.   Anche   tralasciando   di
considerare  i  dubbi  sulla   possibilita'   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata (su cui  il  lume  della  Corte  sarebbe
indispensabile proprio per evitare le diversita' di pronunce che gia'
si registrano) con riguardo all'applicabilita' delle  relative  norme
del codice di procedura, va detto che intanto il luogo della notifica
e' solo la sede dell'impresa - ossia un luogo reso gia'  problematico
proprio dalla crisi della stessa e comunque lo stesso luogo nel quale
gia' non e' andata a buon fine la notifica  alla  societa'  -  e,  in
secondo luogo, che la norma  non  prevede  affatto  (come  invece  fa
l'art. 145 c.p.c.) la necessita' della notifica alla  persona  fisica
in  difetto  di  quella  alla  societa',  poiche'  questa  e'  invece
ritualmente attuata dal deposito presso la casa comunale. 
    In altre parole, la regolarita'  del  procedimento  notificatorio
alla societa' resta consumata dal solo deposito dell'atto  presso  la
casa comunale, senza alcuna necessita' di dare  conto  e  notizia  di
tale incombente, e cio' esclude che debba  procedersi  alla  notifica
alla persona fisica  del  legale  rappresentante.  Per  contro,  come
detto, l'art. 145 c.p.c. nega validita' alla  notifica  che  non  sia
stata consegnata nella sede della societa', imponendo,  nel  caso  di
impossibilita' (che equivale a mancanza della notifica), la  notifica
alla persona fisica legale  rappresentante,  cui  si  lega  tutto  il
corredo della garanzie di cui all'art. 140 c.p.c. (e della sua  forma
omologa nel caso di notifica postale), nel caso di specie  del  tutto
mancanti e non sostituite da modalita' che rispondano all'esigenza di
rendere quanto meno conoscibile l'atto. 
    Nemmeno puo' dirsi, almeno a parere di questo  collegio,  che  il
procedimento di cui all'art. 15 l.f.  legittimamente  introduca,  con
riferimento alle imprese persone giuridiche, una forma di notifica ad
irreperibile, ossia una forma analoga a quella  dell'art.  143  c.c.,
cui farebbe pensare la sufficienza del deposito dell'atto.  La  ratio
di tale norma e' quella di consentire  l'avveramento  della  notifica
nel caso in cui non si disponga di notizie su persone e luoghi  utili
al fine; in questo caso, invece, si omette di considerare che intanto
il luogo e' conosciuto (la  sede  dell'impresa),  sicche'  del  tutto
irragionevole torna a presentarsi una  modalita'  che:  a  -  non  e'
conferente rispetto alla situazione cui  si  applica  (nell'art.  143
c.p.c. il mero deposito dell'atto  e'  motivato  dall'inesistenza  di
luoghi e/o persone cui rimettere il relativo avviso); b -  si  limita
alla sola sede dell'impresa  nel  contempo  escludendo  sia  l'ultimo
comma dell'art. 145 c.p.c,  sia  la  sequela  di  attivita'  previste
dall'art.  140  c.p.c.  Anche  in  tal   caso,   dunque,   torna   ad
evidenziarsi, almeno a parere di questa  Corte,  il  duplice  profilo
della irragionevole disparita' di  trattamento  e  della  lesione  al
diritto di difesa, connessa al vulnus del  contraddittorio  derivante
da modalita' inidonee alla conoscibilita' dell'atto. 
    Cio' da' conto della non manifesta infondatezza della  questione,
per la ritenuta contrarieta' della  norma  ai  principi  posti  negli
artt. 3 e 24 della Costituzione. 
    La  questione  che  va  sottoposta  alla  Corte  appare   inoltre
rilevante ai fini della  decisione,  sebbene  la  rilevanza  sia  qui
circoscritta all'ipotesi della notifica alla  persona  giuridica;  e'
evidente che nel caso di accoglimento della prospettata  contrarieta'
alle norme costituzionali, il procedimento dovrebbe essere restituito
al primo  giudice  o  deciso  con  l'annullamento  tout  court  della
sentenza (a seconda che l'ipotesi si prospetti come nullita', o, come
sembra piu' plausibile, come inesistenza della notificazione), mentre
in caso diverso dovrebbe essere ritenuto correttamente instaurato  il
contraddittorio, con conseguente esame del merito del reclamo. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte d'Appello di Catanzaro; 
    visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    dichiara non manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini  del
giudizio di reclamo avverso la sentenza  dichiarativa  di  fallimento
della Cooperativa Agricola APOA Demetra Soc. Coop. a  r.l.,  proposto
da Rotundo Antonio, nella qualita', la  questione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 15 comma 3 regio decreto  n.  267/1942,  con
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui,
creando un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  alle
norme ed ai principi in tema di notifiche  alle  persone  giuridiche,
dichiara eseguita  la  notifica  dell'atto  che  non  si  sia  potuto
consegnare presso la sede della societa' col solo deposito presso  la
casa comunale, incombente inidoneo alla conoscibilita' dell'atto; 
    dispone che a cura della Cancelleria vengano trasmessi  gli  atti
alla Cancelleria della Corte costituzionale; 
    dispone  che  a  cura  della  Cancelleria  questa  ordinanza  sia
notificata alle parti, al Presidente del Consiglio  dei  ministri,  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei deputati; 
    dispone la sospensione del presente giudizio di  reclamo  avverso
la sentenza dichiarativa di fallimento n. 29/2014  del  Tribunale  di
Crotone. 
 
    Deliberato in Catanzaro nella Camera di Consiglio del  1°  aprile
2015. 
 
                  Il Presidente: dott. Rita Majore