N. 238 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 2015

Ordinanza del  6  luglio  2015  del  Collegio  arbitrale  di  Palermo
nell'arbitrato in corso tra Runfola Antonio ed altri contro l'Azienda
ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta specializzazione Civico Di
Cristina-Benfratelli. 
 
Arbitrato -  Arbitrato  nelle  controversie  su  diritti  soggettivi,
  derivanti  dall'esecuzione  dei  contratti  pubblici,  relativi   a
  lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di  idee  -
  Obbligo  di  previa  e  motivata   autorizzazione   amministrativa,
  introdotto   dalla   legge   n.   190   del   2012   (c.d.   "legge
  anticorruzione") a pena di nullita' delle clausole compromissorie e
  del ricorso all'arbitrato  -  Inapplicabilita'  ai  soli  arbitrati
  conferiti o autorizzati prima della  data  (28  novembre  2012)  di
  entrata in vigore della stessa legge -  Conseguente  necessita'  di
  autorizzazione per gli arbitrati conferiti dopo tale data  (ma)  in
  relazione a clausole compromissorie pattuite anteriormente - Omessa
  previsione  che  l'autorizzazione  possa  ritenersi  surrogata   da
  comportamenti ed atti formali che confermino il chiaro  ed  univoco
  intendimento   dell'Amministrazione   appaltante    di    coltivare
  l'arbitrato  -  Denunciata  retroattiva  attribuzione  alla   parte
  pubblica del diritto potestativo di impedire l'instaurazione  o  la
  prosecuzione  del  giudizio  arbitrale  -  Retroattiva  nullita'  o
  inefficacia di atti giuridici legittimamente adottati  -  Contrasto
  con  il  principio  di  certezza  e   stabilita'   dell'ordinamento
  giuridico e lesione dell'affidamento -  Contrasto  con  i  principi
  inerenti  la  liberta'  di  iniziativa  economica   e   l'autonomia
  negoziale - Violazione dei principi  di  parita'  delle  parti  del
  processo e di economicita'  dei  mezzi  processuali  -  Restrizione
  della tutela giurisdizionale - Violazione del principio del giudice
  naturale individuato in via negoziale -  Ingiustificata  disparita'
  di trattamento rispetto alla disciplina degli arbitrati  risultante
  dal codice di procedura civile - Riferimento alla sentenza  n.  108
  del 2015 della Corte costituzionale. 
- Legge  6  novembre  2012,  n.  190,  art.  1,  comma  25;   decreto
  legislativo 12 aprile  2006,  n.  163,  art.  241,  comma  1,  come
  modificato dall'art. 1, comma 19, della legge 6 novembre  2012,  n.
  190. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 41, 102, 108 e 111. 
(GU n.46 del 18-11-2015 )
     Il Collegio arbitrale costituitosi in Palermo  con  verbale  del
16.12.2013, composto dai Sigg.: 
        Prof. Arch. Raffaello Frasca, Presidente; 
        Avv. Vito Augusto Candia; 
        Prof. Avv. Gaetano Armao, 
    nella sede dello stesso Collegio in Palermo, via  G.  Bonanno  n.
67, ha pronunciato la seguente  Ordinanza  ex  art.  819-bis  C.P.C.,
nella controversia tra i Sigg.: Arch. Antonio Runfola, Ing.  Antonino
Di  Bella,  Ing.  Luigi  Castiglia,  Ing.  Francesco  Paolo  Vizzini,
rappresentati e difesi dal Prof. Avv. Salvatore Raimondi e  dall'Avv.
Luigi Raimondi, contro l'Azienda Ospedaliera di Rilievo  Nazionale  e
di  Alta  Specializzazione  Civico   Di   Cristina   -   Benfratelli,
rappresentata e difesa dall'Avv. Loredana Danile, avente per  oggetto
il  pagamento  dei  compensi  per   l'attivita'   di   progettazione,
direzione, misura e contabilita' dei lavori di  ristrutturazione  del
padiglione  di  Chirurgia  Generale   dell'A.R.N.A.S.   di   cui   al
disciplinare di incarico del 13.6.2000. 
 
                                Fatto 
 
    Nel corso degli anni 1985 - 1987,  con  singole  deliberazioni  e
relativi disciplinari, la USL 58 incaricava l'ing. Paolo  Li  Castri,
l'ing. Luigi  Castiglia,  l'arch.  Antonio  Runfola  e  l'ing.  Paolo
Vizzini, della progettazione  di  vari  interventi  finalizzati  alla
ristrutturazione del padiglione di Chirurgia  Generale  dell'Ospedale
Civico di Palermo. 
    Successivamente, l'A.R.N.A.S, succeduta de jure alla  U.S.L.  58,
nell'ambito dell'approvazione del programma di  edilizia  ospedaliera
ai sensi dell'art. 38 della L.R. n. 30 del 7.8.1997, con delibera  n.
5865 del 22.12.1997, stabiliva di procedere ad un unico intervento di
ristrutturazione del padiglione di Chirurgia Generale. 
    Pertanto, con delibera n. 1463 del 20.5.1998, l'Azienda conferiva
incarico per la progettazione e direzione lavori di  ristrutturazione
del padiglione di Chirurgia  Generale  al  gruppo  di  professionisti
composto  dall'arch.  Antonio  Runfola,  dall'ing.  Luigi  Castiglia,
dall'ing. Francesco  Paolo  Vizzini,  dall'ing.  Francesco  Paolo  Li
Castri,  e  dall'ing.  Benedetto  Bagarello   (poi   deceduto),   con
contestuale approvazione del disciplinare d'incarico. 
    Il 13.6.2000, l'A.R.N.A.S. e il suddetto gruppo di professionisti
sottoscrivevano il disciplinare d'incarico,  avente  per  oggetto  la
variante ai singoli  progetti  esecutivi  che,  tenendo  conto  delle
modifiche distributive intervenute, delle  nuove  e  mutate  esigenze
dell'amministrazione,   nonche'   delle   sopravvenute   disposizioni
normative, integri, adegui, aggiorni  e  rielabori  i  progetti  gia'
redatti singolarmente dai suddetti professionisti. 
    Con delibera n. 276 del  26.2.2003,  l'A.R.N.A.S.  accoglieva  le
dimissioni dell'Ing. Francesco Paolo Li Castri e, contestualmente, lo
sostituiva con l'ing. Antonino Di Bella. 
    Eseguita la progettazione generale  esecutiva,  i  professionisti
redigevano  un  progetto  di  1°  Stralcio  funzionale,  che   veniva
approvato e realizzato. 
    Nel dicembre 2005, i progettisti trasmettevano all'A.R.N.A.S. gli
elaborati relativi al 2° Stralcio Funzionale, intervento gia' ammesso
a   finanziamento   ed   approvato   dall'Azienda   committente   con
deliberazione n. 2479 del 27.12.2005. 
    Durante l'esecuzione dei lavori relativi al 2° stralcio, venivano
redatte perizie di variante  e  suppletive,  secondo  le  indicazioni
della committente. 
    Effettuato il collaudo dei lavori, con delibera  del  30.11.2011,
n. 1708, l'A.R.N.A.S. stabiliva di procedere con decorrenza immediata
alla revoca dell'incarico di direzione lavori delle opere in oggetto,
conferendolo ad una unita' interna dell'ufficio tecnico. 
    In data 12.1.2012, gli  attori  trasmettevano  all'A.R.N.A.S.  le
parcelle, munite di visto  di  congruita',  relative  alla  direzione
lavori, misura e contabilita' (6° SAL) del 2° stralcio, nonche'  alla
redazione della perizia di variante e suppletiva. 
    Con atto notificato in data 15.2.2013, i  sigg.ri  arch.  Antonio
Runfola, ing, Antonio di Bella, ing. Luigi Castiglia, ing.  Francesco
Paolo Vizzini, difesi dal prof. avv. Salvatore Raimondi  e  dall'avv.
Luigi Raimondi, attivavano la clausola compromissoria di cui all'art.
17 del  disciplinare  di  incarico  stipulato  13.6.2000:  "Tutte  le
controversie che possano sorgere relativamente alla liquidazione  dei
compensi previsti dalla presente convenzione e non  definite  in  via
amministrativa saranno, nel termine di 30 giorni da quello in cui  fu
notificato il provvedimento amministrativo, deferite ad  un  collegio
arbitrale   costituito   da   tre   membri,   di   cui   uno   scelto
dall'Amministrazione tra gli Avvocati dello  Stato  o  designato  dal
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati con la  qualifica  di  avvocato,
uno dai professionisti ed il terzo  da  designarsi  d'intesa  tra  le
parti o, in mancanza, dal Presidente del Tribunale competente". 
    Col medesimo atto, gli istanti designavano quale  arbitro  l'avv.
Vito Augusto Candia e formulavano i seguenti quesiti: 
        1) Accerti il Collegio arbitrale l'inadempimento dell'Azienda
Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Civico Di
Cristina - Benfratelli alle obbligazioni assunte nei confronti  degli
attori, giusta, da ultimo, il disciplinare di incarico registrato  in
data 13 giugno 2000 (sulla base della delibera del direttore generale
20 maggio  1998,  n.  1463),  avente  ad  oggetto  "L'incarico  della
variante ai singoli  progetti  esecutivi  che,  tenendo  conto  delle
modifiche distributive intervenute  e  delle  nuove  mutate  esigenze
dell'amministrazione,   nonche'   delle   sopravvenute   disposizioni
normative e legislative, integri,  adegui,  aggiorni  e  rielabori  i
progetti di  cui  sopra,  gia'  redatti  singolarmente  dai  suddetti
professionisti, e  relativo  alla  ristrutturazione,  all'adeguamento
alle norme di sicurezza e alla piu' recente prescrizione di  legge  e
alla  sistemazione  esterna  del  padiglione  di  chirurgia  generale
dell'ex ospedale civico di Palermo e relativi impianti, nonche' della
direzione,  misura,  contabilita',  liquidazione  e   assistenza   al
collaudo". 
        2) Dica il Collegio Arbitrale  che  gli  importi  a  ciascuno
dovuti ammontano: € 152.618,16 per l'arch. Runfola, e  98.185,21  per
l'ing. Vizzini, € 152.011,98 per ring. Di  Bella,  €  104.755,74  per
l'ing. Castiglia, per un totale di €  507.571,09  (i  citati  importi
sono comprensivi di IVA  e  CNPAIA  e  decurtati  della  ritenuta  di
acconto). 
        3) Dica il Collegio Arbitrale  che  spetta  agli  attori,  su
tutte le somme che ad essi verranno  riconosciuti,  la  rivalutazione
monetaria e gli  interessi  al  tasso  legale  sino  al  momento  del
soddisfo. 
        4) Dica  il  collegio  arbitrale,  in  via  subordinata,  che
compete agli istanti, a titolo di  indebito  arricchimento  ai  sensi
dell'art. 2041 cod. civ., per le  prestazioni  professionali  svolte,
l'indennizzo  che  sara'  ritenuto  di  giustizia,   anche   in   via
equitativa. 
        5) Emetta il collegio arbitrale, in relazione alle  pronunzie
sui quesiti che precedono, le  conseguenti  statuizioni  di  condanna
dell'Azienda   Ospedaliera   di   Rilievo   Nazionale   e   di   Alta
Specializzazione Civico Di Cristina - Benfratelli. 
        6) Condanni il collegio arbitrale  l'Azienda  Ospedaliera  di
Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione  Civico  Di  Cristina  -
Benfratelli  al  pagamento  di  tutte  le  spese  di  costituzione  e
funzionamento del Collegio arbitrale, compresi i diritti, gli onorari
e gli accessori di legge di competenza degli  arbitri,  le  spese  di
segreteria e le spese legali e tecniche di parte attrice. 
    L'A.R.N.A.S., in persona del Commissario Straordinario  e  legale
rappresentante  pro-tempore,  dott.   Carmelo   Pullara,   con   atto
notificato in data 23.5.2013, nominava arbitro di propria elezione il
prof. avv. Gaetano Armao. 
    Sull'accordo di  entrambe  le  parti,  comunicata  agli  arbitri,
veniva designato terzo arbitro il prof. arch. Raffaello Frasca. 
    Con delibera n. 1051 del  27.6.2013,  l'ARNAS  incaricava  l'avv.
Daniela Danile  di  rappresentarla  ed  assisterla  nel  procedimento
arbitrale. 
    In data 16.12.2013 si costituiva il Collegio Arbitrale. Il  prof.
arch. Raffaello Frasca assumeva cosi' le  funzioni  di  Presidente  e
chiamava ad  esercitare  le  funzioni  di  segretario  l'avv.  Marina
Bonfiglio. 
    Il Collegio Arbitrale stabiliva la propria sede in  Palermo,  via
G. Bonanno n. 67 ed assegnava alle parti il termine fino al 18.2.2014
per la presentazione di memorie e documenti ed ulteriore termine fino
al 20.3.2014 per repliche, riservandosi di adottare  i  provvedimenti
all'esito del deposito delle difese delle parti. 
    Con  prima  memoria  depositata   il   18.2.2014,   gli   istanti
insistevano su tutti i quesiti avanzati con la domanda di arbitrato e
aggiornavano gli importi a ciascuno dei professionisti  dovuti:  oggi
con l'Iva al 22%,  CNPAIA  e  decurtati  della  ritenuta  di  acconto
ammontano: € 155.068,02 per l'arch. Runfola (inclusa tassa ordine), €
99.869,10 per l'ing. Vizzini, € 154.641,67 per  l'ing.  Di  Bella,  €
106.504,20 per l'ing. Castiglia, per un totale di € 516.082,99, oltre
a rivalutazione monetaria ed interessi legali. 
    Con memoria di risposta del 18.2.2014 si costituiva l'A.R.N.A.S.,
rappresentata e difesa dall'avv. Loredana Danile,  giusta  procura  a
margine rilasciata dal Commissario Straordinario  pro-tempore,  Dott.
Carmelo Pullara, avanzando i seguenti quesiti: 
    In via preliminare: 
        1) disporsi la chiamata  di  terzo  ai  sensi  dell'art.  816
quinques; 
    Sempre in via preliminare 
        2) ritenere e dichiarare  il  difetto  di  giurisdizione  e/o
competenza a favore del giudice ordinario per  i  motivi  di  cui  al
punto I; 
        3) ritenere e dichiarare il difetto di legittimazione passiva
della convenuta per i motivi di cui al punto II; 
    Nel merito: 
        4) rigettare la domanda di pagamento avanzata dal gruppo  dei
professionisti e dei conseguenti accessori per i  motivi  di  cui  al
punto III ed in subordine per i motivi di' cui al punto IV; 
        5) rigettare la domanda di arricchimento senza causa ex  art.
2041 c.c. per i motivi di cui al punto V; 
    In via riconvenzionale sempre nel merito 
        6) accertare  e  dire  e  condannare  i  professionisti  alla
restituzione delle somme erogate per il 1° stralcio funzionale e d.l.
come indicati al punto VI e per i motivi di cui  al  punto  VI  oltre
interessi e rivalutazione monetaria; 
    In subordine nel merito: 
        7) accertare e dire, che la domanda di pagamento  va  ridotta
per il 1° stralcio in una misura non  inferiore  al  50%  pari  ad  €
8.514,885 e per il 2° stralcio in una misura  non  inferiore  al  50%
pari ad € 173.466,435 relativamente alla progettazione e fino  al  5°
Sal oltre che per € 91.303,22 relativamente alla PVS per i motivi  di
cui al punto VII  ovvero  nella  misura  maggiore  o  minore  che  si
riterra' di giustizia anche all'esito di una c.t.u.; 
        8) emettere le conseguenti statuizioni tutte in relazione  ai
quesiti posti; 
        9) con vittoria di spese e  competenze  legali  del  presente
procedimento nonche' delle spese e competenze del collegio arbitrale. 
    In via istruttoria, l'A.R.N.A.S. chiedeva ammettersi prova  orale
con i propri dirigenti ing. Salvatore Caronia e ing.  Antonino  Bono,
nonche' consulenza tecnica. 
    Con memoria di  replica  depositata  il  20.3.2014,  gli  istanti
insistevano sulle richieste e sui rilievi di cui ai precedenti  atti,
chiedendo il  rigetto  di  tutte  le  eccezioni,  domande,  difese  e
deduzioni prospettate dall'A.R.N.A.S. 
    Nella memoria di replica depositata  il  20.3.2014,  l'A.R.N.A.S.
insisteva sulle richieste istruttorie, sui quesiti 1),  2),  3),  4),
5), 8), 9) proposti in memoria di costituzione, infine  rimodulava  i
quesiti 6) e 7): 
    In sub ordine nel merito: 
        6) accertare e dire che la domanda di  pagamento  va  ridotta
per il 2° stralcio in una misura non  inferiore  al  50%  pari  ad  €
245.156,77 relativamente alla progettazione e fino al 6°  Sal,  ad  €
17.265,55 relativamente alla perizia di variante e suppletiva,  ad  €
91.303,22 relativamente all'aggiornamento della PVS per i  motivi  di
cui al punto VI ovvero nella misura maggiore o minore che si riterra'
di giustizia anche all'esito di una c.t.u. 
    In via riconvenzionale sempre nel merito: 
        7) accertare  e  dire  e  condannare  i  professionisti  alla
restituzione delle somme erogate per il 1° stralcio funzionale e d.l.
negli importi come indicati al punto VII e per i  motivi  di  cui  al
punto VII oltre interessi e rivalutazione monetaria; 
    Con ordinanza del 15.4.2014, il Collegio arbitrale  ammetteva  la
prova orale richiesta dall'A.R.N.A.S., prorogando di  180  giorni  il
termine per la pronuncia del lodo, ex art. 820, quarto  comma,  lett.
a), c.p.c. 
    All'udienza del 12.5.2014 venivano escussi i testi indotti  dalla
parte pubblica resistente, ing. Salvatore  Caronia  e  ing.  Antonino
Bono, assegnato termine alle parti fino al 29.5.2014 per il  deposito
di deduzioni alla prova testimoniale e fissata l'udienza del 6.6.2014
per la trattazione e la precisazione delle conclusioni. 
    All'udienza del 6.6.2014, precisate le conclusioni,  il  Collegio
poneva la controversia in deliberazione ed assegnava  alle  parti  il
termine del 23.9.2014 per il deposito di  memorie  conclusive  e  del
13.10.2014 per eventuali repliche. 
    Acquisite le memorie conclusive e  le  repliche  di  entrambe  le
parti, con ordinanza del 6.2.2015, il  Collegio  arbitrale  ammetteva
consulenza tecnica d'ufficio, fissando l'udienza del 23.2.2015 per il
conferimento dell'incarico al CTU arch. Sergio Verace, con il quesito
di  seguito  formulato:  "accerti  il   CTU,   previo   esame   della
documentazione  prodotta  in  atti  e  con   facolta'   di   assumere
informazioni dalle parti e da terzi  e  di  acquisire  ogni  elemento
necessario, se il compenso dovuto  ai  Professionisti  arch.  Antonio
Runfola,  ing.  Antonino  Di  Bella,  ing.  Luigi  Castiglia  e  ing.
Francesco Paolo Vizzini per l'attivita' dagli stessi svolta, e'  pari
a  quello  determinato  nelle  fatture  e  nei  relativi  pareri   di
congruita' dei rispettivi Ordini Professionali,  quantificando  anche
gli interessi maturati ed in caso di risposta negativa o parzialmente
negativa sul giudizio di congruita', indichi l'adeguato corrispettivo
dell'opera professionale prestata secondo le tariffe professionali  e
le previsioni del disciplinare d'incarico sottoscritto dalle parti". 
    Con la suddetta ordinanza, visto l'art. 820 c.p.c.,  il  Collegio
prorogava il termine  per  la  pronuncia  del  lodo  di  giorni  180,
decorrenti dalla scadenza del termine. 
    All'udienza  del  23.2.2015,  il  CTU  dichiarava  di   accettare
l'incarico, chiedendo termine di giorni 30 per rispondere ai quesiti,
decorrenti  dal  5.3.2015,  data  di  inizio  delle   operazioni   di
consulenza. 
    Il Collegio arbitrale concedeva il chiesto termine di giorni  30,
decorrenti dall'inizio delle operazioni peritali ed alle parti sino a
tale data per la nomina di eventuali consulenti di parte. 
    Il Collegio,  altresi',  assegnava  alle  parti  il  termine  del
16.4.2015 per la trasmissione di  eventuali  osservazioni  al  CTU  e
disponeva per quest'ultimo il termine del 28.4.2015 per  il  deposito
della relazione, delle osservazioni  di  parte  e  di  una  sintetica
valutazione delle stesse. 
    Infine, il Consiglio fissava i seguenti termini: al 13.5.2015 per
il deposito di eventuali osservazioni al  CTU  e  precisazione  delle
conclusioni, al 25.5.2015 per il deposito di comparse conclusionali e
al 3.6.2015 per eventuali repliche. 
    L'A.R.N.A.S., quindi, nominava con specifica  indicazione,  quale
consulente di parte, l'ing. Vincenzo Spera. 
    In data 24.4.2015, il CTU depositava la relazione  definitiva  di
consulenza tecnica. 
    In data 13.5.2015, le parti depositavano le proprie  osservazioni
alla CTU. 
    Con  memoria  conclusiva  depositata  il  25.5.2015  gli  istanti
insistevano in tutti i quesiti avanzati con la domanda di  arbitrato,
chiedevano il rigetto di tutte le richieste e difese  dell'A.R.N.A.S.
in quanto inammissibili e infondate  e  aggiornavano  gli  importi  a
ciascuno  dei  professionisti  dovuti,  secondo  un  prospetto  cosi'
riassumibile: 
        arch. Runfola: € 147.752,41; 
        ing. Castiglia: € 101.528,86; 
        ing. Vizzini: € 95.318,13; 
        ing. Di Bella: € 146.917,03. 
    In   data    25.5.2015,    l'A.R.N.A.S.    depositava    comparsa
conclusionale, in cui chiedeva raccoglimento dei seguenti quesiti: 
    In via preliminare 
        1) disporsi la chiamata  di  terzo  ai  sensi  dell'art.  816
quinques; 
    Sempre in via preliminare 
        2) ritenere e dichiarare  il  difetto  di  giurisdizione  e/o
competenza a favore del giudice ordinario per  i  motivi  di  cui  al
punto I; 
        3) ritenere e dichiarare il difetto di legittimazione passiva
dell'A.R.N.A.S. per i motivi di cui al punto II; 
        4) ritenere e dichiarare la nullita' della CTU per violazione
della parita' tra le parti e del contraddittorio; 
    Nel merito 
        5) di conseguenza, non tenere conto della CTU perche' nulla e
rigettare  la  domanda  di  pagamento   avanzata   dal   gruppo   dei
professionisti e dei conseguenti accessori per i  motivi  di  cui  al
punto III ed in subordine per i motivi di  cui  al  punto  IV  e  per
carenza di prova; 
        6) di conseguenza, non tenere conto della CTU perche' nulla e
rigettare la domanda di arricchimento senza causa ex art.  2041  c.c.
per i motivi di cui al punto V e per carenza di prova; 
        7) accertare e dire che nulla e' dovuto per la II Perizia  di
variante  e  suppletiva,  poiche'  intervenuta  successivamente  alla
revoca dell'incarico giusta delibera dell'A.R.N.A.S. n. 1708/2011; 
    In via riconvenzionale sempre nel merito 
        8) accertare  e  dire  e  condannare  i  professionisti  alla
restituzione delle somme erogate per il 1° stralcio funzionale e d.l.
negli importi come indicati al punto VII e per i  motivi  di  cui  al
punto VII oltre interessi e rivalutazione monetaria; 
        9) emettere le conseguenti statuizioni tutte in relazione  ai
quesiti posti; 
        10)  con  vittoria  di  spese   e   competenze   legali   del
procedimento nonche' delle spese e competenze del collegio arbitrale. 
    In data 3.6.2015, la resistente depositava  memoria  di  replica,
insistendo nelle conclusioni e domande tutte proposte. 
    Il 12.6.2015, gli istanti trasmettevano a mezzo P.E.C. le proprie
repliche, insistendo nelle domande  e  nelle  difese  precedentemente
svolte. 
    La controversia veniva cosi' posta in deliberazione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Il Collegio ritiene pregiudiziale, al fine  emettere  il  lodo
arbitrale richiesto,  doversi  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 25, legge n, 190/2012,in  relazione
agli artt. 3, 24, 25, 41, 108, 111 e dell'art. 241, comma  1  decreto
legislativo n. 163/2006, come modificato dall'art. 1, comma 19, legge
n. 190/2012 in relazione agli artt. 3, 24, 25, 41, 102, 111 Cost. 
    L'art.  1,  comma  19,  l.  n.  190/2012  ha  previsto  che   «le
controversie su diritti  soggettivi,  derivanti  dall'esecuzione  dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di
progettazione e di  idee,  comprese  quelle  conseguenti  al  mancato
raggiungimento  dell'accordo  bonario  previsto  dall'articolo   240,
possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da
parte dell'organo di governo dell'Amministrazione. L'inclusione della
clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o
nell'avviso con cui e' indetta la gara ovvero, per le procedure senza
bando, nell'invito, o  il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva
autorizzazione, sono nulli». Il comma 25 afferma,  invece,  che:  "Le
disposizioni di cui ai commi  da  19  a  24  non  si  applicano  agli
arbitrati conferiti o autorizzati prima  della  data  di  entrata  in
vigore della presente legge". 
    Il presente arbitrato e'  stato  incardinato  dopo  l'entrata  in
vigore  della  legge  n.  190  del  2012,  tuttavia   rispetto   alle
determinazioni  formalmente  assunte  dall'Azienda   Ospedaliera   di
Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione  Civico  Di  Cristina  -
Benfratelli nel corso del giudizio - nell'ordine: 
        a) nomina dell'arbitro; 
        b) la nomina del difensore; 
        c) il conferimento della procura ad litem; 
        d) la condivisione nell'individuazione del Presidente; 
        e) la nomina quale consulente di parte l'ing. Vincenzo Spera; 
        f) l'autorizzazione alla testimonianza di fronte al  Collegio
di un proprio tecnico; 
    il Collegio ha ritenuto che queste costituissero  epifenomeno  di
univoca e  reiterata  volonta'  della  parte  pubblica  di  coltivare
l'arbitrato,  in  guisa  da  assimilare  tali  ed   incontrovertibili
manifestazioni  di   volonta'   all'autorizzazione   introdotta   dal
legislatore del 2012. 
    Come si avra' modo di  sottolineare  tale  convincimento  trovava
riscontro  anche  nella  giurisprudenza  amministrava   che,   seppur
isolatamente,  si   era   pronunciata   nel   senso   di   assimilare
all'autorizzazione motivata  comportamenti  concludenti  della  parte
pubblica, anche successivi all'incardinamento dell'arbitrato. 
    2. Quando la questione era stata gia'  assunta  in  decisione  e'
stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale  n.  108  del
2015, depositata in Cancelleria il 9  giugno  2015,  che  ha  risolto
negativamente la questione di costituzionalita' sollevata da Collegio
arbitrale costituito in Roma (e relativo  alla  controversia  tra  la
Seriana 2000 societa' cooperativa sociale Onlus e l'AUSL Roma E)  con
ordinanza del 16 giugno 2014. 
    Il Giudice  delle  leggi  ha  cosi'  dichiarato  non  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 25, della
legge 6 novembre 2012, n. 190, in riferimento agli artt. 3,  24,  25,
41, 108 e 111 della Costituzione,  e  dell'art.  241,  comma  1,  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e  2004/18/CE),  come  sostituito  dall'art.  1,
comma 19, della legge n. 190 del 2012, in riferimento agli  artt.  3,
24, 25, 41, 97, 102 e 111 Cost. 
    L'ordinanza del collegio arbitrale che ha sollevato questione  di
legittimita'  costituzionale  relativamente   a   tali   disposizioni
normative aveva ravvisato che le norme  appena  richiamate  avrebbero
determinato,   retroattivamente,   l'inefficacia    della    clausola
d'arbitrato anteriore all'entrata in vigore della legge ed  avrebbero
riservato alla  parte  pubblica  il  potere  di  decidere  in  ordine
all'azionabilita' della clausola arbitrale, determinando  l'insorgere
di una questione pregiudiziale rispetto alla definizione  nel  merito
della  lite  la  cui  risoluzione  era  stata  affidata  al  Collegio
arbitrale. 
    Secondo la condivisibile prospettazione  del  Collegio  arbitrale
remittente, infatti, andava ritenuta rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma  19  e
comma 25, della legge n. 190/2012. 
    E cio' nel presupposto che  l'art.  241,  comma  1,  del  decreto
legislativo n. 163/2006, nella sua  formulazione  in  vigore  dal  28
novembre 2012 (ai sensi dell'art. 1, comma 19, della legge 6 novembre
2012  n.  190,  c.d.  legge  anticorruzione),  stabilisce   che   "Le
controversie su diritti  soggettivi,  derivanti  dall'esecuzione  dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di
progettazione e di  idee,  comprese  quelle  conseguenti  al  mancato
raggiungimento  dell'accordo  bonario  previsto  dall'articolo   240,
possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da
parte dell'organo di governo dell'amministrazione". 
    La norma prosegue poi prevedendo che "L'inclusione della clausola
compromissoria,  senza  preventiva  autorizzazione,   nel   bando   o
nell'avviso con cui e' indetta la gara ovvero, per le procedure senza
bando, nell'invito, o  il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva
autorizzazione, sono nulli". 
    Il legislatore, secondo il giudice  delle  leggi,  avrebbe  cosi'
introdotto nell'ordinamento  "una  norma  imperativa  che  condiziona
l'autonomia contrattuale delle parti" (cosi' sempre la sent.  n.  108
del 2015). 
    Mentre con il  richiamato  art.  1,  comma  25,  della  legge  n.
190/2012 e s.m.i. il legislatore ha inteso  prevedere  l'applicazione
di tale  regime  anche  alle  clausole  compromissorie  inserite  nei
contratti pubblici anteriormente all'entrata in vigore della legge n.
190 del 2012, fatti salvi  gli  arbitrati  nei  quali  gli  incarichi
arbitrali siano  stati  conferiti  o  per  i  quali  sia  intervenuta
l'autorizzazione prima di tale data. 
    L'Arbitrato che  ha  dato  luogo  al  giudizio  costituzionale  -
analogamente al presente - e' stato  «conferito»  dopo  l'entrata  in
vigore della legge n. 190/2012 s.m.i. In termini analoghi, infatti  -
come precisato in fatto - gli  arbitri  del  presente  giudizio  sono
stati nominati nel 2013. 
    Nel  presente  giudizio,  peraltro,  non  e'  intervenuta  alcuna
autorizzazione (ne' un diniego) da parte della l'Azienda  Ospedaliera
di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Civico Di Cristina  -
Benfratelli,  pur  essendo   stato   l'arbitrato   "conferito"   dopo
dell'entrata in  vigore  della  predetta  legge  alla  stregua  della
clausola compromissoria come in atti. 
    L'art. 1, comma 19 e 25 della legge n. 190/2012, determinando  la
confluenza anche dell'arbitrato de  quo  nel  campo  di  applicazione
della disciplina scaturente dalla c.d. Legge Anticorruzione,  avrebbe
l'effetto di rendere inefficaci, e con evidente effetto  retroattivo,
pattuizioni assunte ben prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge
stessa ovvero rimettendo alla parte pubblica il potere di decidere in
ordine alla possibilita' di compromettere in arbitri la controversia,
pur di fronte all'adozione di atti e comportamenti univoci nel  senso
di convenire in arbitri la controversia. 
    Anche  nella  fattispecie  in  esame  ed  avuto   riguardo   alla
peculiarita' appena descritta, pur a seguito del  pronunciamento  del
Giudice  delle  leggi,  la  norma  suscita  consistenti   dubbi   di'
legittimita'  costituzionale  ed  impone   a   questo   Collegio   di
prospettarla nuovamente alla Corte costituzionale. 
    La questione di costituzionalita', quindi,  oltre  che  rilevante
per evidenti ragioni di pregiudizialita'  rispetto  alla  definizione
nel merito della lite  insorta  tra  le  parti,  in  quanto  riguarda
l'ammissibilita' del ricorso all'arbitrato pur in assenza di  formale
"autorizzazione"  da  parte  dell'Azienda  Ospedaliera   di   Rilievo
Nazionale  e  di  Alta  Specializzazione   Civico   Di   Cristina   -
Benfratelli, appare non manifestamente infondata. 
    Ed infatti, giusta l'art. 1, comma 25, della richiamata legge  n.
190/2012 sussiste l'obbligo di autorizzazione motivata  all'arbitrato
siccome sancito  dall'art.  241,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
163/2006, in guisa  da  trovar  applicazione  anche  in  relazione  a
clausole compromissorie stipulate ben  prima  all'entrata  in  vigore
della legge  del  2012  e  nonostante  siano  intervenute  chiare  ed
inequivocabili  manifestazioni  di  volonta'  espresse  dalla   parte
pubblica dopo la notificazione dell'atto di accesso arbitrale -  come
nel caso di specie - con evidenti effetti  retroattivi  che  incidono
non solo sui diritti e sulle liberta' garantite dagli artt. 24, 41  e
108 Cost. e comunque dagli artt. 3, 25 e 111 Cost. 
    Non puo' revocarsi in dubbio,  quindi,  che  la  pronuncia  della
Corte  costituzionale  da  ultimo   citata   abbia   statuito   sulla
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 19, della legge n. 190
del 2012, ove essa prevede che la preventiva autorizzazione  motivata
da  parte  dell'organo  di  governo  dell'amministrazione  parte  del
giudizio arbitrale, a pena di nullita' della clausola compromissoria,
e' una norma imperativa che condiziona l'autonomia contrattuale delle
parti, ma non ha riguardato la questione della compatibilita' con  le
richiamate norme costituzionali di  un'interpretazione  che,  pur  di
fronte ad atti e compartimenti univoci della parte pubblica,  ritenga
tassativa l'adozione di un'autorizzazione espressa. 
    Da quanto previsto, giusta il  comma  25  dello  stesso  art.  1,
discende  che  tale  previsione  si  applica  anche   alle   clausole
compromissorie inserite nei  contratti  pubblici  in  data  anteriore
all'entrata in vigore della piu' volte richiamata legge  n.  190  del
2012, fatti salvi gli arbitrati nei  quali  gli  incarichi  arbitrali
siano stati conferiti o per i quali sia intervenuta  l'autorizzazione
prima di tale data. 
    E ad avviso della Corte costituzionale, nella piu'  volte  citata
sentenza del 2015, tale tipo  di  effetto  si  sottrae  alle  censure
sollevate nella  precedente  ordinanza  di  rimessione  del  collegio
arbitrale. 
    In termini di diritto intertemporale, conseguentemente,  "lo  ius
superveniens consistente nel divieto di deferire le  controversie  ad
arbitri  senza  una  preventiva  e  motivata  autorizzazione  non  ha
l'effetto  di  rendere  nulle  in   via   retroattiva   le   clausole
compromissorie originariamente inserite nei contratti, bensi'  quello
di  sancirne  l'inefficacia  per  il  futuro,  in  applicazione   del
principio, espresso dalla costante  giurisprudenza  di  legittimita',
secondo il quale la nullita' di un contratto o  di  una  sua  singola
clausola,   prevista   da   una   norma   limitativa   dell'autonomia
contrattuale che sopravvenga nel corso di esecuzione di un  rapporto,
incide sul  rapporto  medesimo,  non  consentendo  la  produzione  di
ulteriori effetti, sicche' il contratto o la sua singola clausola  si
devono ritenere non piu' operanti. Non si pone conseguentemente alcun
problema di retroattivita' della norma censurata o di  ragionevolezza
della supposta deroga all'art. 11 delle disposizioni sulla  legge  in
generale". 
    La  Corte,  nel  giudicare  sulla  fattispecie,   si   spinge   a
qualificare  come  effetto   di   una   scelta   "discrezionale   del
legislatore" quella  di  subordinare  a  una  preventiva  e  motivata
autorizzazione  amministrativa  il  deferimento  ad   arbitri   delle
controversie  derivanti  dall'esecuzione   dei   contratti   pubblici
relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di
idee, non e' manifestamente  irragionevole,  configurandosi  come  un
mero   limite   all'autonomia   contrattuale,   "la   cui    garanzia
costituzionale non  e'  incompatibile  con  la  predeterminazione  di
limiti a tutela di interessi generali" (ordinanza n. 11 del 2003). 
    Da qui la conclusione che "Le medesime esigenze  di  contenimento
dei costi delle controversie e di  tutela  degli  interessi  pubblici
coinvolti valgono  anche  in  questa  materia,  nella  quale  a  tali
esigenze  si  accompagna   la   generale   finalita'   di   prevenire
l'illegalita'   della   pubblica   amministrazione.   Ad   essa    e'
dichiaratamente ispirata la censurata previsione della legge  n.  190
del 2012, che non esprime un irragionevole  sfavore  per  il  ricorso
all'arbitrato,  come  sostiene  il  rimettente,  ma   si   limita   a
subordinare il  deferimento  delle  controversie  ad  arbitri  a  una
preventiva autorizzazione amministrativa che  assicuri  la  ponderata
valutazione degli interessi coinvolti e delle  circostanze  del  caso
concreto". 
    3. Le norme della c.d. Legge Anticorruzione sin  qui  richiamate,
in   quanto   postulano   l'ineludibilita'   del   provvedimento   di
autorizzazione motivata della parte  pubblica,  rendendo  irrilevanti
evidenti  ed  uniche  manifestazioni  di  volonta'  al   conferimento
dell'arbitrato, producono effetti lesivi e pertanto debbono ritenersi
incostituzionali. 
    Ed infatti non potrebbe approdarsi a diversa conclusione circa il
riconoscimento di un vero e proprio 'privilegio' della parte pubblica
di porre nel nulla una clausola compromissoria  per  effetto  di  una
disposizione   sopravvenuta,   che   travolge   l'efficacia   e    la
vincolativita' di un patto spontaneamente stipulato tra le parti o  a
cui, comunque, la parte privata ha dato adesione. 
    In tal guisa, sebbene con riguardo alla questione  nuova  che  si
solleva, vanno ribadite le censure gia' prospettate  al  cospetto  di
codesta Corte costituzionale con l'ordinanza sulla quale si  e'  gia'
pronunciata,  ed  alla  stregua  delle  quali  deve   ritenersi   che
legislatore  ha  quindi  disatteso  il  principio  della  certezza  e
stabilita' del diritto e dell'ordinamento giuridico,  che  impone  di
non introdurre disposizioni che operino retroattivamente su  clausole
contrattuali  esistenti,  ledendo  principi  e   diritti   di   rango
costituzionale (nonche' quelli inerenti  la  liberta'  di  iniziativa
economica e l'autonomia negoziale e di  impresa  ex  art.  41  Cost),
peraltro rafforzata dalla circostanza secondo la quale, nel  caso  di
specie, la novella del 2012 conduce dei contratti pubblici imporrebbe
di considerare irrilevanti atti e comportamenti processuali  adottati
dalla p.a. in spregio ai principi di proporzionalita' e parita' delle
parti nel processo. 
    Sicche' va condivisa la  censura  alla  stregua  della  quale  il
principio  dell'irretroattivita'  della  legge  -  sopratutto  quando
determina  effetti  come  quelli  descritti  nel  presente   giudizio
arbitrale  -  non  consente  all'atto  normativo  nuovo  di  produrre
effetti, oltre che sui rapporti giuridici esauriti  prima  della  sua
entrata in vigore, anche su quelli sorti anteriormente ed  ancora  in
essere se, in tal modo, si rendono nulli o comunque  inefficaci  atti
giuridici che gia' sono stati legittimamente adottati. 
    Secondo la giurisprudenza della Corte  Costituzionale  (v.  Corte
Cost. n.  229/1999),  l'applicazione  retroattiva  della  norma,  che
restringa a  tal  punto  diritti  costituzionalmente  tutelati,  puo'
essere giustificata solo in ipotesi eccezionali, in quei casi in  cui
sussistano interessi aventi parimenti rilevanza costituzionale  ed  a
condizione che vi sia un'adeguata  giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza (cfr., tra le altre, Corte Cost. n. 229/1999). 
    Neanche nella fattispecie in esame si possono ravvisare  esigenze
che   possano   ragionevolmente   giustificare,    nell'ottica    del
bilanciamento, la decisione del legislatore di privare di  efficacia,
in via retroattiva, le clausole compromissorie. 
    Infatti, se da un lato la facolta' delle parti  di  stipulare  un
patto  negoziale  per  adire  il  giudice  arbitrale  per  le  future
controversie e' riconosciuta e tutelata dagli  artt.  24,  41  e  1o8
Cost., dall'altro lato la  decisione  del  legislatore  di  estendere
l'obbligo  di  autorizzazione  motivata  all'arbitrato  ai   rapporti
scaturiti  da  clausole  compromissorie  antecedenti  alla  legge  n.
190/2012 non risulta giustificata da  un  contrapposto  interesse  di
rilevanza costituzionale di pari peso. 
    La previsione dell'autorizzazione come disciplinata  dalla  legge
n.  190/2012  rimessa  alla  parte  pubblica,  senza  contemplare  la
rilevanza di atti e comportamenti adottati  nel  corso  del  giudizio
arbitrale ed aventi analoga  portata,  appare  incompatibile  con  la
tutela di un istituto tutelato a livello  europeo  e  costituzionale,
qual e' l'arbitrato, giusta gli artt. 24, 41, 108 e 111 Cost. 
    La  previsione  normativa   di   un   obbligo   inderogabile   di
autorizzazione come quello descritto non risulta conforme agli  artt.
3, 24, 25, 41 e Cost. anche  sotto  altro  profilo.  Esso  determina,
infatti, una lesione dell'affidamento da parte di coloro che  abbiano
volontariamente e  consapevolmente  stipulato  le  suddette  clausole
contrattuali,  senza  poter   prevedere   che   sarebbero   scaturite
conseguenze negative sul piano dell'accesso alla giustizia, con  cio'
affievolendo  irragionevolmente  la  certezza  nella  stabilita'  del
diritto e dell'ordinamento giuridico.  Come  pure  dei  privati  che,
nonostante la presenza di tale obbligo, abbiano coltivato l'arbitrato
anche indotti dall'adozione di atti  e  comportamenti  univoci  della
p.a. 
    In tali ipotesi, infatti, il giudice naturale ex  art.  25  Cost.
risulta gia' individuato, seppur in via negoziale,  con  la  clausola
compromissoria, per  effetto  dell'esercizio  dell'autonomia  privata
delle parti ex art, 41 Cost. e rendendo  comunque  piu'  difficoltoso
l'accesso alla giurisdizione arbitrale, in violazione degli artt. 24,
25 e 111 Cost. 
    Parimenti l'art. 1, comma 19, legge  n.  190/2012,  che  modifica
l'art. 241, comma 1, d.lgs. n. 163 del  2006  e  s.m.i.,  risulta  di
dubbia costituzionalita' avuto riguardo agli artt.  3,  24,  25,  41,
102, 111 Cost. sotto ulteriori profili. 
    In primo luogo emerge con gli artt. 3 e 111  della  Cost.,  nella
parte in cui  sanciscono  i  principi  di  parita'  delle  parti  nel
processo, l'economicita' dei mezzi  processuali,  la  garanzia  della
tutela giurisdizionale. 
    Ebbene tale parita'  verrebbe  vulnerata,  ben  oltre  le  stesse
statuizioni di codesta Corte, laddove fossero considerati tamquam non
esset    rilevanti    manifestazioni    di    volonta'    processuale
dell'amministrazione  pubblica  parte   del   giudizio,   con   grave
pregiudizio dell'integrita' dell'istituto arbitrale. 
    Analoga  sorte  subirebbe   poi   il   principio   di   economica
processuale,  poiche'  seguendo  un'interpretazione  letterale  della
previsione sulla tassativita' dell'autorizzazione motivata dovrebbero
porsi nel nulla molteplici atti processuali  utili  alla  risoluzione
della  controversia  per   la   quale   le   parti   hanno   acceduto
volontariamente all'arbitrato. 
    Appare  quindi  incompatibile  con   il   delineato   quadro   di
riferimento incentrato sulla  parita'  delle  armi  nel  processo  il
riconoscimento di un vero e proprio  privilegio  processuale  per  la
Pubblica   Amministrazione   vincolato   a   soli   profili   formali
(l'ineludibilita' dell'autorizzazione motivata). 
    In  guisa  da  favorire  solo  una  parte   della   controversia,
realizzando un ingiustificato sbilanciamento  a  favore  della  parte
pubblica, in senso analogo a  quello  sbilanciamento  gia'  censurato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2013 (con  la  quale
e' stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220). 
    Come gia' segnalato, il Giudice delle leggi ha affermato  con  la
sentenza n. 376 del 2001, che  l'arbitrato  costituisce  procedimento
comunque  assoggettato  alle  garanzie  di   contraddittorio   e   di
imparzialita' tipiche della giurisdizione civile  ordinaria,  sicche'
proprio sulla base di tale principio e' stato riconosciuto ai collegi
arbitrali  il  potere  di  sollevare  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli atti normativi. 
    Ne'   d'altronde   possono   revocarsi   dubbi    sulla    natura
giurisdizionale dell'arbitrato, considerata la  giurisprudenza  della
Corte Costituzionale e della Corte di  Cassazione  (cfr.  di  recente
anche Cass. SS.UU. n. 24153/2013). 
    Ancor  piu'  marcato,  nella  nuova  prospettazione   che   della
questione postula questo Collegio, appare poi il contrasto con l'art.
3 Cost. avuto riguardo all'ingiustificata disparita'  di  trattamento
rispetto alla  disciplina  degli  arbitrati  risultante  dal  c.p.c.,
rispetto ad un'interpretazione della richiamata norma di cui all'art.
241 del d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. che ritenga di accedere ad un
approccio formale all'autorizzazione motivata all'arbitrato. 
    4. Sulla questione giova, altresi', richiamare la statuizione del
giudice amministrativo che con riguardo  al  concetto  di  "arbitrato
autorizzato", di cui all'art. 1, comma 25, della  legge  n.  190  del
2012, ha osservato che esso non puo' essere in tutto assimilabile  al
concetto di autorizzazione di cui al precedente comma 19 in quanto la
previsione da ultimo richiamata varrebbe "soltanto  per  i  contratti
stipulati successivamente al 28 novembre 2012". 
    Con  la  conseguenza  che  la  previsione  di  cui  al  comma  25
riguarderebbe invece il regime delle clausole compromissorie inserite
nei contratti di appalto stipulati prima dell'entrata in vigore della
legge n. 190 del 2012  ma  il  significato  dell'autorizzazione  ieri
richiamata non potrebbe  "essere  direttamente  ricavata  dal  regime
contenuto nel precedente  comma  18  che  richiede,  in  effetti,  un
assenso espresso per  poter  attivare  la  clausola  arbitrale"  (TAR
Lazio, III, 10 febbraio 2015, n. 2423). 
    In tal guisa l'autorizzazione prescritta dal comma 25 dell'art. 1
della legge n. 190 del 2012 - a tenore della richiamata pronuncia del
giudice amministrativo -  andrebbe  riferita  anche  a  tutte  quelle
ipotesi  in  cui  la  stazione  appaltante  ha   comunque   mantenuto
"comportamenti inequivoci  idonei  a  far  emergere  la  volonta'  di
attivare la clausola arbitrale contenuta nel contratto di appalto  di
che trattasi, anche prescindendo da una  manifestazione  espressa  in
tal senso". 
    Ed  in  questo  senso  militerebbe,  altresi',  quanto   previsto
dall'art. 808  quinquies  del  c.p.c.  alla  stregua  del  quale  "la
conclusione del procedimento arbitrale senza  pronuncia  sul  merito,
non toglie efficacia alla convenzione d'arbitrato"  e  dal  che  puo'
ricavarsi che la procedura arbitrale non si estingue  fino  a  quando
non vi sia  una  pronuncia  sul  merito  della  controversia  e  che,
pertanto, "esiste un collegamento che parte dalla  prima  attivazione
della clausola compromissoria fino alla conclusione  della  procedura
arbitrale con l'adozione di un  lodo  che  definisca  il  merito  del
contenzioso insorto tra le parti". 
    Cio' posto, emergerebbe  quindi,  con  nitore,  che  il  consenso
prestato   dall'Amministrazione   all'attivazione   della    clausola
arbitrale espresso con atti concludenti "possa rientrare nel concetto
di "arbitrato autorizzato" contenuta nell'art.  1,  comma  25,  della
legge n. 190 del 2012" in guisa  da  non  far  ricadere  la  clausola
compromissoria nel regime di inefficacia  sopravvenuta  di  cui  alla
normativa piu' volte richiamata. 
    In conclusione, il Collegio arbitrale, se si trova di  fronte  al
chiaro pronunciamento della  Corte  costituzionale  che,  secondo  il
canone ermeneutico prescelto, impone  di  applicare  la  prescrizione
circa  la  necessita'  della   preventiva   autorizzazione   motivata
all'arbitrato, non puo'  esimersi  dal  rilevare  che  la  richiamata
disposizione della legge n. 190 del  2012  risulta  non  conforme  ai
principi   in   precedenza    declinati    laddove    non    assimila
all'autorizzazione,  comportamenti  concludenti  ed   atti   formali,
peraltro reiterati come nel  presente  giudizio,  che  consentano  di
rilevare la conclamata ed incontroversa volonta' della parte pubblica
di coltivare l'arbitrato. 
    Con la conseguenza di trasformare, in  palese  contrasto  con  il
principio  di  effettivita',  l'autorizzazione  non  nella  forma  di
estrinsecazione dell'intendimento consapevole della p.a. di ricorrere
all'arbitrato (e come tale individuabile anche in  altri  epifenomeni
che tale volonta' possano far rilevare), ma in  uno  stretto  vincolo
formale la cui inosservanza puo' essere utilizzata  in  ogni  momento
per rendere inefficace l'attivita' svolta dal  collegio  arbitrale  e
dalla stessa parte pubblica che  l'arbitrato  ha  coltivato.  Per  di
piu', in una fase di prima applicazione della norma ed in pendenza di
una  questione  di  legittimita'  costituzionale  sulla  disposizione
normativa in esame, solo da qualche giorno risolta  con  sentenza  di
codesta Corte. 
    Se come precisato da codesta Corte costituzionale nella  sentenza
da ultimo richiamata in materia di arbitrato, va rilevata una  scelta
discrezionale del legislatore che ha deciso  di  subordinare  ad  una
preventiva e motivata autorizzazione amministrativa il deferimento ad
arbitri delle controversie derivanti  dall'esecuzione  dei  contratti
pubblici  relativi  a  lavori,  servizi,   forniture,   concorsi   di
progettazione e di idee, non configurandosi,  in  tal  senso,  alcuna
manifesta  irragionevolezza,  ma  un   «mero   limite   all'autonomia
contrattuale, la cui garanzia costituzionale non e' incompatibile con
la prefissione di limiti a tutela di interessi generali (ordinanza n.
11 del 2003)». 
    Non puo' tuttavia revocarsi in dubbio che tale scelta risulta non
conforme ai declinati principi costituzionali laddove  non  considera
l'intervenuta adozione di atti e comportamenti  che,  univocamente  e
reiteratamente,  confermino  il  chiaro   ed   univoco   intendimento
dell'amministrazione appaltante di coltivare l'arbitrato incardinato. 
    5. Questo Collegio ritiene che qualora  non  si  tenga  conto  di
cio',  e  dunque  venisse  dichiarata  l'inefficacia  della  clausola
arbitrale, dovrebbe riscontrarsi non "un  mero  limite  all'autonomia
contrattuale"  ma  una  vera  e  propria  vulnerazione  della  stessa
incompatibile con l'ordinamento costituzionale. 
    La norma censurata appare, sotto  ulteriore  profilo,  di  dubbia
costituzionalita' in quanto determinerebbe un  assetto  in  contrasto
con gli artt. 3, e 111 della Cost., nella parte in cui  sanciscono  i
principi di uguaglianza e di parita' delle parti nel processo  e  con
l'art. 24 Cost. che garantisce il diritto di difesa  come  necessita'
che le parti, tra le quali e' sorta la controversia  e  che  si  sono
rivolte al giudice per ottenere la decisione sulla medesima,  possano
esercitare pienamente le proprie ragioni. 
    Non si puo' non affermare che l'autonomia negoziale di  cui  gode
la P.A. e' pur sempre limitata e funzionale, poiche'  deve  svolgersi
nel   rispetto   dei   principi    costituzionali    di    legalita',
d'imparzialita' e di tutela del terzo, che devono  essere  perseguiti
nell'osservanza di criteri imperativi e continuativi, in  assenza  di
discriminazioni e di limitazioni del diritto di azione  dei  terzi  a
tutela d'interessi legittimi. 
    Ne consegue che  lo  strumento  contrattuale  puo'  essere  usato
solamente nel rispetto degli  scopi  fissati  dal  legislatore.  Tali
condizioni vengono meno nel caso di specie. 
    La legge n. 190 del 2012 diretta alla prevenzione  e  repressione
della corruzione e dell'illegalita'  nella  pubblica  amministrazione
disegna un complesso quadro di misure, dirette a contrastare fenomeni
di corruzione e illegalita' sia attraverso una  strategia  repressiva
che di prevenzione dei fenomeni illegali improntando il comportamento
a parametri di lealta', di correttezza, di servizio  al  bene  comune
che dovrebbe rappresentare l'essenza stessa del pubblico  dipendente,
cosi' come prescrive la  Costituzione,  che  impone  di  svolgere  le
funzione pubbliche con "disciplina e onore» (art. 54, comma  2),  con
imparzialita' (art. 97) nonche' di essere al servizio esclusivo  alla
Nazione (art. 98). 
    La Corte, in merito alla ragionevolezza della normativa in esame,
ha affermato nella sentenza piu' volte richiamata  che  "Le  medesime
esigenze di contenimento dei costi  delle  controverse  e  di  tutela
degli interessi pubblici coinvolti valgono anche in  questa  materia,
nella quale a tali esigenze si accompagna la  generale  finalita'  di
prevenire l'illegalita' della pubblica amministrazione.  Ad  essa  e'
dichiaratamente ispirata la censurata previsione della legge  n.  190
del 2012, che non esprime un irragionevole  sfavore  per  il  ricorso
all'arbitrato,  come  sostiene  il  rimettente,  ma   si   limita   a
subordinare il  deferimento  delle  controversie  ad  arbitri  a  una
preventiva autorizzazione amministrativa che  assicuri  la  ponderata
valutazione degli interessi coinvolti e delle  circostanze  del  caso
concreto". 
    La  pubblica  amministrazione  essendo   parte   attiva   di   un
procedimento arbitrale, come nel giudizio in questione, ha  non  solo
effettuato - sia implicitamente che esplicitamente, sebbene in  forma
diversa dall'autorizzazione motivata - la scelta di ricorrere a  tale
procedura, che dunque e' stata dalla stessa reiteratamente ponderata,
ma ha dato seguito ad un iter  procedimentale  che  ha  generato  una
copiosa  attivita'  processuale  e  costi.  Mentre  la  stessa  parte
pubblica   non   ha   mai    rilevato    la    palettata    tassativa
dell'autorizzazione motivata di che trattasi. 
    Come ha osservato nella precedente  ordinanza  di  rimessione  il
Collegio arbitrale, la disciplina  dell'autorizzazione  all'arbitrato
determinerebbe orbene un vero e proprio diritto potestativo in merito
alla instaurazione ed  addirittura  alla  prosecuzione  del  giudizio
arbitrale favorendo solo una parte  della  controversia,  realizzando
uno sbilanciamento a favore della parte pubblica. 
    6. Sembra infine utile richiamare quanto affermato dall'Autorita'
nazionale anticorruzione (ANAC) con la Determinazione  n.  6  del  18
dicembre 2013, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  18  del  23
gennaio 2014 - recante  "Indicazioni  interpretative  concernenti  le
modifiche apportate  alla  disciplina  dell'arbitrato  nei  contratti
pubblici dalla legge 6 novembre 2012, n.  190,  recante  disposizioni
per  la   prevenzione   e   la   repressione   della   corruzione   e
dell'illegalita' nella pubblica amministrazione". 
    Nella richiamata  determinazione  l'Autorita'  ha  affermato  che
"rimane irrisolta, tuttavia, una questione di' non poco rilievo, vale
a dire quella dell'inclusione nel potere  di  previa  autorizzazione,
riconosciuto all'organo di governo, anche del potere di  convalidare,
motivando espressamente, le  clausole  arbitrali  gia'  inserite  nei
bandi per gli arbitrati non ricadenti nell'ipotesi di cui all'art. 1,
comma 25. Sempre secondo l'Autorita' "Nel silenzio della norma,  tale
aspetto  appare   particolarmente   critico,   anche   in   relazione
all'incidenza sull'autonomia negoziale delle parti:  se  da  un  lato
l'impossibilita' di convalidare le pregresse clausole  compromissorie
puo' ritenersi conforme alla ratio della novella, intesa  a  limitare
il ricorso all'arbitrato, dall'altro, l'impossibilita' di convalidare
le pregresse clausole compromissorie da parte dell'organo di  governo
si porrebbe in contrasto con il potere espressamente  riconosciuto  a
quest'ultimo   di   contemplarle    pro    futuro.    Onde    evitare
un'irragionevole disparita' di trattamento tra  i  contratti  futuri,
per  i  quali  e'  sempre  possibile  rendere  l'autorizzazione,   in
conformita' al comma 19 dell'art. 1 della  legge  n.  190/2012  ed  i
contratti in corso, in ordine ai  quali  i  relativi  bandi  di  gara
rechino clausole arbitrali (pur in assenza  dell'autorizzazione  alla
data di entrata in vigore della legge sopra richiamata),  si  ritiene
ammissibile, anche per quest'ultimi il rilascio di  un'autorizzazione
a posteriori". 
    Alla stregua della determinazione sin qui richiamata -  dunque  -
per arbitrato autorizzato deve intendersi l'arbitrato per  il  quale,
prima dell'entrata in vigore della legge n. 190/2012, sia intervenuto
il consenso dell'ente di appartenenza dell'arbitro, se  del  caso  da
parte dell'organo di autogoverno e ritiene possibile  rilasciare  una
autorizzazione a posteriori per convalidare, motivando espressamente,
le clausole arbitrali gia' inserite nei bandi per gli  arbitrati  non
ricadenti nell'ipotesi di cui all'art. 1, comma 25. 
    Continua in questo senso a trovare applicazione l'art. 810 c.p.c.
con la precisazione  che  per  i  casi  di  clausole  arbitrali  gia'
inserite nei bandi, per gli arbitrati non ricadenti  nell'ipotesi  di
cui all'art. 1, comma 25 (arbitrati non conferiti o  non  autorizzati
alla data di entrata in  vigore  della  legge),  e',  in  ogni  caso,
possibile e necessaria l'autorizzazione postuma. 
    Sarebbe  dunque   in   contrasto   con   gli   evocati   principi
costituzionali  ai   quali   va   ancorato   l'istituto   processuale
dell'arbitrato non ammettere che tale  autorizzazione  postuma  possa
avvenire anche tramite comportamenti concludenti  come  nel  caso  in
oggetto. 
    7.  In  senso  analogo  a  quanto  prospettato  milita  anche  la
giurisprudenza  del  giudice  di  nomofilachia  che  fornisce   utili
riferimenti proprio con riguardo all'istituto arbitrale. Sembra utile
ricordare  che  la  giurisprudenza  di  legittimita'  in  materia  di
arbitrato internazionale, ad esempio, ha  gia',  con  piu'  pronunce,
riconosciuto pregnante rilevanza a tali atti e comportamenti. 
    La Cassazione civile sez. un. nella sentenza 13 luglio  2005,  n.
14695  ha  affermato  che  la  cosiddetta   "proroga   tacita   della
giurisdizione" del giudice adito che si realizza, ai sensi  dell'art.
18 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968  in  tema  di
competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni  in  materia
civile e commerciale, quando il convenuto, costituendosi in giudizio,
non contesti la giurisdizione del giudice adito, ovvero  la  sollevi,
in proposito, contestazioni meramente aggiuntive rispetto alle  altre
deduzioni difensive, svolte in merito o in rito, delle  quali  chieda
l'esame e  la  risoluzione  non  in  via  subordinata  rispetto  alla
questione della giurisdizione, ma in via prioritaria. 
    Sempre secondo l'orientamento della Suprema Corte  di  Cassazione
civile sez. un. 25 ottobre 2013 n. 24153 ha affermato che il  difetto
di  giurisdizione   nascente   dalla   presenza   di   una   clausola
compromissoria siffatta puo' essere rilevato  in  qualsiasi  stato  e
grado  del  processo  a  condizione  che  il  convenuto   non   abbia
espressamente o tacitamente accettato la  giurisdizione  italiana,  e
dunque solo qualora questi, nel suo primo atto  difensivo,  ne  abbia
eccepito la carenza. 
    Mentre altra pronuncia del giudice di  nomofilachia  (Cass.  civ.
sez.  un.  21  ottobre  2009  n.  22236),  in  tema  di  deroga  alla
giurisdizione italiana a favore di  un  giudice  straniero  o  di  un
arbitrato estero l'art. 41, n. 218 del 1995, ha attribuito rilevanza,
ai  fini  dell'accettazione  della  giurisdizione,  al  comportamento
concludente delle parti o idoneo a fare riconoscere la volonta' delle
parti. 
    8. Deve quindi ritenersi che ricorrano i presupposti  contemplati
dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  per  la  rimessione
delle questioni di legittimita' costituzionale come sin qui delineate
e  segnatamente  la  rilevanza  e  l'impossibilita'  di  definire  il
presente giudizio arbitrale indipendentemente dalla risoluzione delle
questioni e la non manifesta infondatezza delle stesse. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   25,   legge   n.
190/2012,in relazione agli artt. 3, 24, 25, 41, 108, 111 e  dell'art.
241,  comma  1  decreto  legislativo  n.  163/2006,  come  modificato
dall'art. 1, comma 19, legge n. 190/2012 in relazione agli  artt.  3,
24, 25, 41, 102, 111 Cost. 
    Dispone la notificazione della presente ordinanza alle parti,  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la   comunicazione   ai
Presidenti dei due rami del Parlamento. 
    Dispone la sospensione del giudizio arbitrale e  la  trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale. 
        Cosi' deciso in Palermo nella  camera  di  consiglio  del  29
giugno 2015. 
 
              Prof. Arch. Raffaello Frasca, Presidente 
 
 
                      Avv. Vito Augusto Candia 
 
 
                      Prof. Avv. Gaetano Armao 
 
    Ordinanza depositata il 6 luglio 2015