N. 240 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 marzo 2015
Ordinanza del 23 marzo 2015 della Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile promosso da de Courtois Fredric Marie contro CONSOB. Sanzioni amministrative - Sanzioni amministrative emesse dalla CONSOB nei confronti di componenti del consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi di Siena - Prevista opposizione alla Corte d'appello in camera di consiglio - Violazione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU. - Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 7. - Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.46 del 18-11-2015 )
CORTE APPELLO FIRENZE La Corte d'appello di Firenze, sezione I civile, composta dai magistrati: dott. Pietro Mascagni, presidente; dott. Nicola Antonio Dinisi, consigliere; dott. Eugenia Di Falco, consigliere rel., ha pronunziato la seguente Ordinanza Nel procedimento iscritto sub n. 299-2014 promosso da de Courtois Fredric Marie (avvocati F. Troisi, A. Botto, F. Pacciani, M. Santini); Contro Commissione nazionale per le societa' e la borsa (avvocati S. Providenti, M.L. Ermetes e R. Vampa); E con intervento del P.G. la Corte letti gli atti del procedimento, Osserva quanto segue: La Commissione nazionale per le societa' e la borsa (d'ora in avanti, anche solo Consob) con delibera n. 18856 in data 9 aprile 2014 ha applicato a de Courtois Frederic Marie (unitamente ad altri esponenti della Banca Monte dei Paschi di Siena variamente sanzionati - obbligata in solido la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.) la sanzione pecuniaria amministrativa complessiva di € 150.000,00 per le seguenti violazioni (ascrittegli quale componente del componente del consiglio di amministrazione di MPS nel periodo dal 1° settembre 2010 al 30 ottobre 2012): irregolarita' relative alla disciplina dei conflitti di interesse, ex art. 21, comma 1-bis, lettera a) del TUF e articoli 23 e 25 del regolamento congiunto durante il periodo dal 1° settembre 2010 al 30 ottobre 2012; irregolarita' relative alla valutazione della adeguatezza delle operazioni, ex art. 21, comma 1, lettera d) TUF e art. 15 regolamento congiunto durante il periodo dal 1° settembre 2010 al 30 ottobre 2012; irregolarita' relative alle modalita' di pricing dei prodotti emessi dal gruppo, ex art. 21, comma 1, lettere a) e d) TUF e art. 15 regolamento congiunto durante il periodo dal 1° settembre 2010; avverso tale delibera Caltagirone Gaetano ha proposto opposizione a questa Corte, ex art. 195, comma 4 del decreto legislativo n. 58/1998 deducendo: 1) eccesso di potere, in particolare per carenza di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorieta' ed illogicita' manifesta; 2) assenza di responsabilita' commissiva del ricorrente, per estraneita' del C.d.A rispetto alle violazioni sanzionate, alla luce della ripartizione di ruoli e competenze all'interno della Banca e considerato comunque l'adempimento dei propri doveri di consigliere non esecutivo; 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 2381 e 2392 del codice civile, del paragrafo 2 delle disposizioni di vigilanza della Banca d'Italia 4 marzo 2008 in materia di compliance e dell'art. 11 del regolamento congiunto; 4) violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981 in materia determinazione della sanzione pecuniaria per violazione del principio di parita' di trattamento; 5) violazione e falsa applicazione del regolamento congiunto, delle disposizioni di vigilanza e dell'art. 3 della legge n. 689/1981 in relazione alla valutazione delle irregolarita' sanzionate. Consob si e' costituita in giudizio, ha resistito all'opposizione e ne ha chiesto il rigetto; la causa e' stata chiamata all'udienza camerale del 28 novembre 2014. In limine Consob ha chiesto la trattazione in udienza pubblica, l'opponente ha contestato tale richiesta, la Corte ha disposto la prosecuzione della trattazione in camera di consiglio ed all'esito ha riservato la decisione. Cio' posto, ed in relazione alla modalita' di trattazione del procedimento in camera di consiglio prevista dall'art. 195, comma 7 del T.U.F., deve rilevarsi d'ufficio la questione della legittimita' costituzionale della anzidetta norma processuale in relazione all'art. 117, comma 1 della Cost. che prescrive che la potesta' legislativa e' esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, con specifico riferimento all'art. 6, § 1 della Convenzione EDU inerente il diritto alla pubblicita' del giudizio. La problematica deve essere esaminata partendo dalla premessa, affermata dalla giurisprudenza EDU, che tutte le misure di carattere punitivo afflittivo (ivi comprese evidentemente quelle che l'ordinamento interno qualifica come sanzioni amministrative) devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto. Nella sentenza n. 18640 del 4 marzo 2014, resa in un caso in cui si discuteva di sanzioni per illeciti ex art. 187-ter del TUF, si e' affermato che se non e' incompatibile con la Convenzione EDU affidare la repressione di violazioni ad una autorita' amministrativa quale e' la Consob perche' a prescindere da carenze di contraddittorio che possano essersi verificate in alcune fasi del procedimento il diritto di difesa viene assicurato dalla possibilita' di ricorrere ad un giudice dotato di giurisdizione piena quale e' la corte d'appello (cio' in quanto: 1- non era contrario alla Convenzione che le sanzioni, giusta la normativa interna, fossero inflitte da un' autorita' amministrativa quale e' la Consob; 2- occorreva che i soggetti destinatari passivi dei provvedimenti sanzionatori potessero impugnarli dinanzi ad un tribunale in grado di dare una decisione nel rispetto dell'art. 6 della Convenzione; 3- cio' era avvenuto nella fattispecie in quanto gli interessati si erano avvalsi della possibilita' di impugnare le sanzioni inflitte dinanzi alla corte d'appello di Torino), deve tuttavia escludersi la legittimita' della trattazione in camera di consiglio. Secondo la Corte EDU, infatti, la violazione dell'anzidetto art. 6 sussiste in relazione alle modalita' di svolgimento del giudizio di opposizione dinanzi alla Corte di appello, «organo dotato di piena giurisdizione», in riferimento alla assenza di udienza pubblica: «... 161. Alla luce di quanto esposto, la Corte ritiene che, anche se il procedimento dinanzi alla CONSOB non ha soddisfatto le esigenze di equita' e di imparzialita' oggettiva dell'art. 6 della Convenzione, i ricorrenti hanno beneficiato del successivo controllo da parte di un organo indipendente e imparziale dotato di piena giurisdizione, in questo caso la corte d'appello di Torino. Tuttavia, quest'ultima non ha tenuto un'udienza pubblica, fatto che, nel caso di specie, ha costituito una violazione dell'art. 6 § 1 della Convenzione.»). Deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte EDU in ordine alla imprescindibilita' della udienza pubblica agli effetti del rispetto dell'art. 6, § 1, della Convenzione non esprime un principio assoluto valido per tutti i casi; ad es. nella sentenza in data 23 novembre 2006 nel caso Jussila contro Finlandia la Corte EDU dopo aver ribadito che tenere un'udienza pubblica e' un principio fondamentale posto dall'art. 6 della Convenzione e che tale principio e' di particolare importanza nella materia penale, ha osservato che «... l'obbligo di tenere un'udienza pubblica non e' assoluto. L'art. 6 non esige necessariamente di tenere udienza in tutti i procedimenti. CM vale, in particolare, per i casi che non sollevano questione di credibilita' o che non scatenano controversia sui fatti che necessitano di una udienza e per i quali i tribunali possono pronunciarsi in modo equo e ragionevole sulla base delle conclusioni presentate dalle parti e di altri elementi. Inoltre, la Corte ha riconosciuto che le autorita' nazionali possono tener conto dei problemi di efficienza ed economicita', ritenendo, per esempio, che l'organizzazione sistematica di dibattiti possa costituire un ostacolo alla particolare diligenza richiesta in materia di sicurezza sociale ed, in definitiva, impedire il rispetto di un termine ragionevole ai sensi dell'art. 6, § 1 ...»; ancora in tale sentenza e' stato osservato che «... in un procedimento di prima ed ultima istanza, l'udienza deve essere tenuta, salvo circostanze eccezionali che giustifichino di farne a meno l'esistenza di tali circostanze dipende in gran parte dalla natura dei problemi di cui i tribunali sono investiti, e non dalla frequenza dei casi in cui si presentano ...». Risulta dunque decisivo, ai fini della valutazione circa la legittimita' della trattazione camerale, individuazione della natura della sanzione inflitta all'opponente de Courtois , che l'ordinamento interno qualifica formalmente come sanzione amministrativa, qualificazione che deve essere compiuta alla luce dei criteri, da ritenersi vincolanti, forniti dalla Corte EDU. Orbene, considerata la particolare gravita' afflittiva della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 190, del decreto legislativo n. 58/1998 per le violazioni dell'art. 21 dello stesso decreto legislativo contestate all'opponente de Courtois in un importo da € 2.500,00 ad € 250.000,00 (al riguardo occorre precisare che deve aversi riguardo, agli effetti che qui interessano, alla sanzione edittale e non a quella in concreto irrogata in quanto, ovviamente, l'individuazione della natura della sanzione prescinde dalle circostanze che ne determinano la modulazione fra il minimo ed il massimo), non puo' dubitarsi che si tratti di sanzione lato sensu penale; convince ulteriormente della anzidetta natura l'esclusione, disposta dall'art. 190 del decreto legislativo n. 58/1998 dell'applicabilita' dell'art. 16 della legge n. 689/1981 (pagamento in misura ridotta) e, soprattutto, il regime pubblicitario proprio delle sanzioni Consob; al riguardo occorre ricordare che giusta l'art. 195, comma 3 del decreto legislativo n. 58/1998 «Il provvedimento di applicazione delle sanzioni e' pubblicato per estratto nel Bollettino della Banca d'Italia o della Consob. La Banca d'Italia o la Consob, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, possono stabilire modalita' ulteriori per dare pubblicita' al provvedimento, ponendo le relative spese a carico dell'autore della violazione, ovvero escludere la pubblicita' del provvedimento, quando la stessa possa mettere gravemente a rischio i mercati finanziari o arrecare un danno sproporzionato alle parti»: la previsione di pubblicita' (nel caso in esame e' stata confermata la pubblicita' normalmente prevista per estratto nel Bollettino della Consob), estensibile a forme ulteriori (quali la pubblicita' su quotidiani), evidenzia ulteriormente il carattere afflittivo della sanzione, in ragione delle ripercussioni negative sull'immagine del soggetto colpito dal provvedimento sanzionatorio. Le considerazioni che precedono evidenziano una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, comma 7, del decreto legislativo n. 58/1998, norma che potrebbe essere in contrasto con l'art. 117 Cost. in quanto non conforme all'art. 6 della Convenzione. La questione oltre ad essere non manifestamente infondata, e' rilevante in questo giudizio in quanto, accertata la natura lato sensu penale della sanzione giusta i vincolanti criteri di valutazione posti dalla Corte EDU, dovendo questa Corte d'appello necessariamente seguire il rito camerale imposto dall'art. 195, comma 7 del decreto legislativo n. 58/1998 (senza che sia possibile una diversa interpretazione, salvo una inammissibile disapplicazione della norma, e senza che sia possibile introdurre il correttivo della pubblicita' dell'udienza che, di per se', renderebbe non camerale il procedimento), ed essendo il rito camerale, per definizione, caratterizzato dalla assenza di una pubblica udienza, essendo il giudizio di opposizione, secondo la giurisprudenza della Corte EDU suscettibile di integrare, in presenza di determinate condizioni, il sistema di garanzie che deve connotare il procedimento sanzionatorio, dove un giudizio che si svolge con il rito camerate fosse al riguardo inidoneo, la conclusione obbligata sarebbe l'eccepita illegittimita' del procedimento sanzionatorio e del provvedimento sanzionatorio che lo conclude. Preme rilevare che il sospetto di non conformita' a Costituzione (art. 117, comma 1) investe l'art. 195, comma 7 del decreto legislativo n. 58/1998, e non anche le norme del codice di rito che prevedono il rito camerale; la Corte costituzionale in ordine a tale rito si e' gia' espressa, ed occorre segnatamente ricordare la sentenza n. 543/1989 con la quale e' stato affermato che secondo la costante giurisprudenza della Corte stessa «... il procedimento camerale non e' di per se' in contrasto con il diritto di difesa, in quanto esercizio di quest'ultimo e' variamente configurabile dalla legge, in relazione alle peculiari esigenze dei vari processi "purche' ne vengano assicurati lo scopo e la funzione", cioe' la garanzia del contraddittorio, in modo che sia escluso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti»; nella stessa sentenza e' stato osservato che «... L' adozione della procedura camerale, anche nei casi in cui si e' in presenza di elementi di giurisdizione contenziosa, risponde dunque a criteri di politica legislativa, inerenti alla valutazione che il legislatore compie circa l'opportunita' di adottare determinate forme processuali in relazione alla natura degli interessi da regolare ed, in quanto tale, sfugge quindi al sindacato di questa Corte "nei limiti in cui, ovviamente, non si risolve nella violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza" (ordinanza n. 748 del 1988 e sentenza n. 142 del 1970)»; la Corte cost. nella detta sentenza, non ha mancato di rilevare che il rito camerale non viola il diritto di prova in quanto «... anche nel rito camerale in appello e' possibile acquisire ogni specie di prova precostituita e procedere alla formazione di qualsiasi prova costituenda, purche' il relativo modo di assunzione - comunque non formale nonche' atipico - risulti, da un lato, sempre compatibile con la natura camerale del procedimento, e, dall'altro, non violi il principio generale della idoneita' degli atti processuali al raggiungimento del loro scopo ...». La questione pero' non e' quella di stabilire se il rito camerale assicuri sufficientemente la difesa od il contraddittorio, bensi' quella di stabilire se un'opposizione avanti ad un giudice dotato di giurisdizione piena ma vincolato al rito camerale possa integrare carenze del procedimento sanzionatorio Consob; una risposta negativa al quesito porrebbe il detto art. 195, comma 7 del decreto legislativo in contrasto con l'art. 6, § 1 della Convenzione e, quindi, con l'art. 117 Cost.; il dubbio al riguardo non e' manifestamente infondato stante la ricordata giurisprudenza della Corte EDU laddove ha segnalato la particolare importanza dell'udienza pubblica quando si discute di sanzioni penali; certo, come si e' detto, il principio della pubblicita' dell'udienza non e' stato espresso in termini assoluti, e la necessita' o meno di una pubblica udienza va ricostruita in relazione alla natura della questione controversa, ma tale operazione si risolve nel giudizio di conformita' all'art. 117, comma 1 Cost. della detta norma, conformita' sulla quale questa Corte non puo' non esprimere un dubbio sulla base della giurisprudenza della Corte EDU (analoga questione, per altro, risulta sollevata recentemente dalla Corte d'appello di Genova; con ordinanza 10 dicembre 2014-8 gennaio 2015).
P. Q. M. La Corte, visto art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, comma 7 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in relazione all'art. 117, comma 1 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente giudizio; ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; dispone altresi' che l'ordinanza venga comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Firenze in camera di consiglio il 15 gennaio 2015, su relazione del consigliere Di Falco. Il presidente: Mascagni