N. 229 SENTENZA 21 ottobre - 11 novembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procreazione medicalmente assistita - Divieto, penalmente sanzionato,
  di  selezionare  a  scopo  eugenetico  gli  embrioni   -   Divieto,
  penalmente sanzionato, di soppressione degli  embrioni,  anche  ove
  trattasi di embrioni soprannumerari risultati affetti  da  malattie
  genetiche a seguito di selezione finalizzata ad evitarne l'impianto
  nell'utero della donna. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme  in  materia  di  procreazione
  medicalmente assistita), art. 13, commi 3, lettera b), e 4, e  art.
  14, commi 1 e 6. 
-   
(GU n.46 del 18-11-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  commi
3, lettera b), e 4, e dell'art. 14, commi  1  e  6,  della  legge  19
febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di  procreazione  medicalmente
assistita),  promosso  dal  Tribunale   ordinario   di   Napoli   nel
procedimento penale a carico di D.B. ed altri  con  ordinanza  del  3
aprile 2014, iscritta  al  n.  149  del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di costituzione di D.B. ed altri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  6  ottobre  2015  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    udito l'avvocato Gennaro Lepre per D.B. ed altri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un processo penale, il  Tribunale  ordinario  di
Napoli - premessane la rilevanza e la non manifesta  infondatezza  in
riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione,  nonche'  per
contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.  848  -
ha sollevato, con  l'ordinanza  in  epigrafe,  duplice  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 3, lettera b), e 4, e
dell'art. 14, commi 1 e 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme
in materia di procreazione medicalmente assistita),  nella  parte  in
cui dette norme contemplano quali ipotesi di  reato  -  come  quelle,
appunto, tra le altre contestate ai professionisti, imputati in  quel
giudizio - rispettivamente, la selezione eugenetica e la soppressione
degli embrioni soprannumerari, «senza alcuna eccezione», non facendo,
quindi, salva l'ipotesi in cui una  tale  condotta  «sia  finalizzata
all'impianto nell'utero della donna dei soli embrioni non affetti  da
malattie genetiche o portatori  sani  di  malattie  genetiche»  e  la
soppressione concerna, conseguentemente, gli embrioni  soprannumerari
affetti, invece, da siffatte malattie. 
    1.1.- In particolare, secondo il rimettente, l'art. 13, commi  3,
lettera b), e 4, della su citata legge  n.  40  del  2004  -  con  il
sanzionare penalmente anche la condotta dell'operatore medico volta a
consentire il trasferimento nell'utero della donna dei soli  embrioni
sani o portatori sani di malattie genetiche -  violerebbe  l'art.  3,
sotto il  profilo  della  ragionevolezza,  e  l'art.  32  Cost.,  per
contraddizione  rispetto  alla  finalita'  di  tutela  della   salute
dell'embrione di cui all'art. 1 della medesima legge n. 40. 
    E contrasterebbe, altresi', con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,
«in  relazione  all'art.  8  della  CEDU,  come  interpretato   nella
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, laddove  ha
affermato che il diritto al rispetto della vita privata  e  familiare
include il desiderio della coppia di generare un figlio  non  affetto
da malattia genetica (in tal senso, Corte EDU, Costa e  Pavan  contro
Italia, sentenza del 28 agosto 2012, § 57)». 
    1.2.- A sua volta sempre  ad  avviso  del  Tribunale  a  quo,  il
successivo art. 14, commi 1 e 6, della legge n. 40,  pregiudicherebbe
il  diritto  di  autodeterminazione  garantito  dall'art.  2   Cost.;
violerebbe l'art. 3 Cost., sotto il profilo della  ragionevolezza;  e
si porrebbe, pure esso, in contrasto con il richiamato art.  8  della
CEDU, con conseguente violazione dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.
Cio' sul rilievo che «l'assoggettare a  sanzione  penale  l'operatore
medico che proceda alla soppressione  degli  embrioni  soprannumerari
affetti da malattie genetiche, costringerebbe  le  coppie  che  fanno
ricorso alle tecniche di PMA, e che volessero evitare il procreare un
figlio affetto da malattia genetica, a subire in ogni caso l'impianto
degli  embrioni  affetti  da  malattie  genetiche  -   con   evidente
pregiudizio della salute dalla donna se non sotto il profilo  fisico,
quantomeno da un punto di  vista  psicologico  -  nonche'  a  seguire
necessariamente  la   strada   dell'interruzione   volontaria   della
gravidanza». 
    2.-  Nell'introdotto   giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale si sono  costituiti,  con  memoria  depositata  il  29
settembre 2014, cinque degli imputati nel procedimento penale a  quo,
per  chiedere  l'accoglimento  delle  questioni  nei   termini   come
prospettati dal giudice rimettente. 
    3.-  Non  si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Napoli sospetta che l'art. 13 della
legge 19 febbraio 2004, n.  40  (Norme  in  materia  di  procreazione
medicalmente assistita) - con il vietare, sub comma 3, lettera b),  e
penalmente sanzionare, sub comma 4,  in  modo  indiscriminato,  «ogni
forma  di  selezione  a  scopo  eugenetico  degli  embrioni»,   senza
escludere, dalla fattispecie di reato cosi' configurata, l'ipotesi in
cui la condotta dei sanitari «sia finalizzata ad  evitare  l'impianto
nell'utero della donna degli embrioni affetti da malattie  genetiche»
- contrasti con gli artt. 3 e 32 della Costituzione, «per  violazione
del  principio  di  ragionevolezza,  corollario  del   principio   di
uguaglianza» e per vulnus al  diritto  alla  salute,  tutelato  dalla
stessa "legge 40" anche nei confronti  della  coppia  generatrice;  e
violi altresi' l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione  all'art.
8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4  novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,  n.  848
«come interpretato  nella  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, laddove ha affermato che il  diritto  al  rispetto
della vita privata e familiare include il desiderio della  coppia  di
generare un figlio non affetto da malattia genetica  (in  tal  senso,
Corte EDU, Costa e Pavan contro Italia, sentenza del 28 agosto  2012,
§ 57)». 
    Lo stesso Tribunale  sottopone  al  vaglio  di  costituzionalita'
anche il successivo art. 14, commi 1 e 6, della predetta legge n.  40
del 2004, nella  parte  in  cui  parallelamente  vieta  e  penalmente
sanziona la  condotta  di  soppressione  degli  embrioni,  anche  ove
trattasi di embrioni soprannumerari  risultati  affetti  da  malattie
genetiche a seguito di  selezione  finalizzata  ad  evitarne  appunto
l'impianto nell'utero della donna. 
    Il rimettente dubita, con riguardo a  detto  disposto  normativo,
che ne risultino violati l'art. 2  Cost.,  «sotto  il  profilo  della
tutela del diritto all'autodeterminazione  della  coppia»;  l'art.  3
Cost., per irragionevolezza e contraddittorieta' rispetto al disposto
dell'art. 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per  la  tutela
sociale  della  maternita'  e  sull'interruzione   volontaria   della
gravidanza), che  «consente  agli  operatori  sanitari  di  praticare
l'aborto  terapeutico  -  anche  oltre  il  termine  di   90   giorni
dall'inizio della gravidanza - in presenza di  "processi  patologici,
tra cui quelli relativi a  rilevanti  anomalie  o  malformazioni  del
nascituro"»; oltre che l'art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione
al medesimo parametro europeo come sopra evocato. 
    2.- La prima questione e' fondata per l'assorbente ragione e  nei
limiti che si diranno. 
    2.1.- Con la recente sentenza n. 96 del 2015,  questa  Corte  ha,
infatti,  gia'   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale   dei
precedenti artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della stessa legge  n.
40 del 2004, «nella parte in  cui  non  consentono  il  ricorso  alle
tecniche di procreazione medicalmente assistita alle  coppie  fertili
portatrici  di  malattie  genetiche  trasmissibili,  rispondenti   ai
criteri di gravita' di cui all'art. 6, comma  1,  lettera  b),  della
legge 22 maggio 1978, n. 194 [...], accertate da  apposite  strutture
pubbliche». 
    E «Cio' al fine esclusivo», come chiarito in motivazione,  «della
previa  individuazione»,  in   funzione   del   successivo   impianto
nell'utero della donna, «di embrioni cui  non  risulti  trasmessa  la
malattia del genitore comportante il pericolo di rilevanti anomalie o
malformazioni (se non la morte precoce) del nascituro», alla  stregua
del suddetto "criterio normativo di gravita'". 
    2.2.- Quanto e' divenuto cosi' lecito, per effetto della suddetta
pronunzia additiva, non  puo'  dunque  -  per  il  principio  di  non
contraddizione - essere piu'  attratto  nella  sfera  del  penalmente
rilevante. 
    Ed e' in questi esatti termini e limiti che l'art. 13,  commi  3,
lettera  b),  e  4,  della  legge  n.  40  del  2004  va  incontro  a
declaratoria di illegittimita' costituzionale, nella parte,  appunto,
in cui vieta, sanzionandola penalmente,  la  condotta  selettiva  del
sanitario volta esclusivamente ad evitare il trasferimento nell'utero
della donna  di  embrioni  che,  dalla  diagnosi  preimpianto,  siano
risultati affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti  ai
criteri di gravita' di cui all'art. 6, comma  1,  lettera  b),  della
legge n. 194 del 1978, accertate da apposite strutture pubbliche. 
    3.-   La   seconda   connessa   questione   -   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, commi 1 e 6, della legge n. 40 del  2004
- e', invece, non fondata. 
    Come reiteratamente, infatti, ribadito  nella  giurisprudenza  di
questa Corte, la discrezionalita' legislativa circa  l'individuazione
delle condotte penalmente punibili puo' essere censurata in  sede  di
giudizio di  costituzionalita'  soltanto  ove  il  suo  esercizio  ne
rappresenti un uso distorto od arbitrario, cosi'  da  confliggere  in
modo manifesto con il canone della ragionevolezza (sentenze n. 81 del
2014, n. 273 del 2010, n. 364 del 2004, ordinanze n. 249 del 2007, n.
110 del 2003, n. 144 del 2001, ex plurimis). 
    Nel caso in esame, deve escludersi che risulti, per tali profili,
censurabile  la  scelta  del  legislatore  del  2004  di  vietare   e
sanzionare penalmente la condotta di «soppressione di embrioni»,  ove
pur riferita - cio' che propriamente il rimettente  denuncia  -  agli
embrioni che, in esito a diagnosi preimpianto, risultino  affetti  da
grave malattia genetica. 
    Anche con riguardo a detti embrioni, la cui malformazione non  ne
giustifica, sol per  questo,  un  trattamento  deteriore  rispetto  a
quello degli embrioni sani creati in «numero [...] superiore a quello
strettamente necessario ad un unico  e  contemporaneo  impianto»,  ex
comma 2 del medesimo art. 14, nel testo risultante dalla sentenza  n.
151 del 2009,  si  prospetta,  infatti,  l'esigenza  di  tutelare  la
dignita' dell'embrione, alla quale non  puo'  parimenti  darsi,  allo
stato,   altra   risposta   che    quella    della    procedura    di
crioconservazione. L'embrione, infatti, quale che ne sia il,  piu'  o
meno ampio,  riconoscibile  grado  di  soggettivita'  correlato  alla
genesi della vita, non e'  certamente  riducibile  a  mero  materiale
biologico. 
    Con la citata sentenza n. 151 del 2009, questa Corte ha gia', del
resto,  riconosciuto  il  fondamento  costituzionale   della   tutela
dell'embrione, riconducibile al precetto generale dell'art. 2  Cost.;
e l'ha bensi' ritenuta  suscettibile  di  «affievolimento»  (al  pari
della tutela del concepito: sentenza n. 27 del 1975), ma solo in caso
di conflitto con altri interessi di pari rilievo costituzionale (come
il diritto alla salute della donna) che, in temine di  bilanciamento,
risultino, in date situazioni, prevalenti. 
    Nella fattispecie in esame, il vulnus alla tutela della  dignita'
dell'embrione  (ancorche')  malato,  quale  deriverebbe   dalla   sua
soppressione tamquam res, non trova pero' giustificazione, in termini
di contrappeso, nella tutela di altro interesse antagonista. 
    E cio' conferma la non manifesta irragionevolezza della normativa
incriminatrice denunciata. 
    La  quale  neppure   contrasta   con   l'asserito   «diritto   di
autodeterminazione»  o,  per  interposizione,   con   il   richiamato
parametro  europeo,  per  l'assorbente  ragione  che  il  divieto  di
soppressione dell'embrione malformato non  ne  comporta,  per  quanto
detto,  l'impianto  coattivo  nell'utero  della  gestante,  come   il
rimettente presuppone e, in relazione ai suddetti parametri,  appunto
censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  13,  commi
3, lettera b), e 4 della legge 19 febbraio  2004,  n.  40  (Norme  in
materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte  in  cui
contempla come ipotesi  di  reato  la  condotta  di  selezione  degli
embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente  finalizzata
ad evitare l'impianto nell'utero della donna di embrioni  affetti  da
malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri  di  gravita'
di cui all'art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22  maggio  1978,
n. 194 (Norme per la tutela della  maternita'  e  sulla  interruzione
della gravidanza) e accertate da apposite strutture pubbliche; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 14, commi 1 e 6, della legge 19 febbraio
2004,  n.  40  (Norme  in  materia   di   procreazione   medicalmente
assistita), sollevata -  in  riferimento  agli  artt.  2  e  3  della
Costituzione  ed  all'art.  117,  primo  comma  Cost.,  in  relazione
all'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848 - dal  Tribunale  ordinario  di  Napoli,  con  l'ordinanza  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 novembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI