N. 289 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 aprile 2015

Ordinanza del 21 aprile 2015 del Tribunale di Prato nel  procedimento
penale a carico di S.P.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Mancata  previsione  di  un  termine  massimo   di   durata   della
  prestazione di lavoro di pubblica utilita' e dei criteri utili  per
  la sua determinazione. 
- Codice penale, art. 168-bis, inserito dall'art. 3, comma  1,  della
  legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di  pene
  detentive non carcerarie e di riforma  del  sistema  sanzionatorio.
  Disposizioni in materia di sospensione del procedimento  con  messa
  alla prova e nei confronti degli irreperibili); codice di procedura
  penale, artt. 464-bis e seguenti, aggiunti dall'art.  4,  comma  1,
  lett. a), della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo  in
  materia di pene detentive non carcerarie e di riforma  del  sistema
  sanzionatorio.  Disposizioni  in   materia   di   sospensione   del
  procedimento  con  messa  alla  prova   e   nei   confronti   degli
  irreperibili). 
(GU n.50 del 16-12-2015 )
 
                        IL TRIBUNALE DI PRATO 
 
    Nella persona del  giudice  penale  Jacqueline  Monica  Magi,  ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
    Nel procedimento n. R. 1927/14 DIB., n. 6144/13 R.G.N.R.,  contro
S.P. difeso di fiducia dall'avv. C. Vannucchi del Foro di Prato. 
    Per la dichiarazione di rilevanza e  non  manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale degli articoli 168-bis
del codice penale e 464-bis e seguenti del codice di procedura penale
(introdotti con legge n. 67/2014) per contrasto con gli  articoli  3,
24 e 27 della Costituzione. 
    Sulla rilevanza nel caso in specie il PM citava a  giudizio  S.P.
per farlo rispondere del reato di cui all'art. 256, comma 1,  lettera
a) del decreto legislativo n. 152/2006, per aver effettuato attivita'
di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in  Vernio  (Prato)
nel luglio 2013. 
    Il suo difensore depositava memoria chiedendo che  si  sollevasse
la questione di legittimita' costituzionale di  cui  sopra,  relativa
alla legge n. 67/2014 nella parte in cui, introducendo la  disciplina
dell'istituto giuridico della sospensione del procedimento con  messa
alla prova (articoli 168-bis del codice penale e 464-bis  e  seguenti
del  codice  di  procedura  penale),  omette  di  fornire   qualsiasi
informazione circa la durata massima del lavoro di pubblica  utilita'
(limitandosi a prevedere che questo debba  avere  durata  minima  non
inferiore a dieci giorni) ne' consente di  conoscere  quali  siano  i
parametri sulla base dei quali determinarne l'entita' (e  determinare
l'entita' della sospensione,  aggiunge  la  scrivente),  di  tal  che
l'imputato che intenda formulare la suddetta  richiesta  al  fine  di
usufruire di tale possibilita' riconosciutagli  dall'ordinamento  non
e' in grado di conoscere - al momento della  formulazione  -  ne'  la
durata massima del lavoro di pubblica utilita' che andra' a  svolgere
ne' tantomeno i parametri in base ai quali  esso  sara'  determinato,
(ne' tantomeno i parametri della sospensione). 
    Il difensore dubita della conformita' dell'istituto  della  messa
alla prova ed in particolare della preclusione dello svolgimento  del
lavoro di pubblica utilita'  con  gli  articoli  3,  24  e  27  della
Costituzione. 
    La questione appare rilevante ai fini della presente decisione  e
non e' manifestamente infondata. 
    Invero,  dal  capo  di  imputazione,  dagli  atti  contenuti  nel
fascicolo del dibattimento  e  dalla  documentazione  prodotta  dalla
difesa a sostegno della richiesta di sospensione con messa alla prova
emerge la ricorrenza, nel caso di  specie,  di  tutti  i  presupposti
oggettivi e soggettivi che consentirebbero  l'ammissione  alla  messa
alla prova. 
    La  fattispecie  di  cui  all'articolo  e'  punita  con  la  pena
dell'arresto e dell'ammenda e, quindi, con pena massima inferiore  ai
limiti di cui all'art. 168-bis, comma 1 del codice penale. 
    Sono assenti le condizioni ostative ex art. 168-bis, commi 4 e  5
del  codice  penale,  non  avendo  l'imputato  mai  usufruito   prima
dell'istituto in questione e non ricorrendo alcuno dei  casi  di  cui
agli articoli 103, 104, 105 e 108 del codice penale. 
    Il caso concreto, sulla base di quanto contestato  e  dagli  atti
presenti  nel  fascicolo,  appare  di  modesta  gravita',  in  quanto
relativo a un modesto smaltimento di scarti di potatura  e  materiale
plastico. 
    Tutto  cio'  premesso  in  ordine   all'astratta   ammissibilita'
dell'imputato alla messa alla prova, l'unico ostacolo alla  effettiva
predisposizione  in  concreto   di   tale   istituto   deriva   dalla
indeterminata e vaga formulazione dell'art. 168-bis del codice penale
e dell'art. 464-bis del codice di procedura penale,  in  ordine  alle
concrete modalita' di svolgimento del lavoro  di  pubblica  utilita',
non essendo specificato ne' il termine di  durata  massima  che  esso
potra' avere, ne' il soggetto che dovra' determinarla ne', tantomeno,
i parametri in base ai quali tale durata dovra' essere determinata. 
    Risulta di tutta evidenza la rilevanza della  questione  ai  fini
della decisione di questo giudice in questo procedimento, atteso che,
a  fronte  dell'astratta  possibilita'  per  l'imputato  di  accedere
all'istituto  della  messa  alla   prova,   difettano,   nell'attuale
formulazione legislativa,  alcune  essenziali  indicazioni  circa  la
predisposizione e le modalita' della sua concreta attuazione. 
    Sulla non manifesta infondatezza: 
      il giudice penale ritiene di rimettere il ricorso  alla  ecc.ma
Corte alla stregua delle seguenti osservazioni: 
a) con riferimento all'art. 3 Costituzione: 
    La formulazione dell'art. 168-bis del codice penale,  risulta  in
palese contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che  stabilisce  il
principio  generale  di   uguaglianza   dei   cittadini   di   fronte
all'ordinamento, principio da cui discende, quale logico  corollario,
il divieto di trattare situazioni omogenee in modo  differenziato  e,
parimenti, quello di trattare in modo identico situazioni differenti. 
    Ebbene, nel caso di specie il legislatore, con l'art. 168-bis del
codice penale, ha riconosciuto la possibilita' della sospensione  con
messa alla prova per un numero  cospicuo  di  reati  tra  loro  molto
diversi («reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con  la
pena edittale detentiva non superiore nel massimo  a  4  anni  (sola,
congiunta o alternativa a quella pecuniaria) e delitti  indicati  dal
comma 2 dell'art. 550 del codice di procedura penale»). 
    Trattasi di un novero di fattispecie fra  loro  assai  differenti
per tipo e per trattamento sanzionatorio: delitti e  contravvenzioni,
con forbici edittali di pena molto diversi. Cio', a norma dell'art. 3
Cost. imporrebbe una  diversificazione  della  disciplina  idonea  ad
impedire che casi tra loro diversi ricevano un identico  trattamento.
Cio' in particolare nei casi di pena prevista solo pecuniaria; 
b) con riferimento all'art. 24 Costituzione: 
    La legge n. 67/2014, poi, stante la sua formulazione lacunosa  ed
indeterminata, come evidenziato, omette di indicare  termine  massimo
di durata del lavoro  di  pubblica  utilita',  parametri  e  soggetto
competente a determinarne l'entita'. 
    Quanto al primo profilo, infatti, l'art.  168-bis,  comma  3  del
codice penale, si limita a prevedere che  la  durata  del  lavoro  di
pubblica utilita' debba avere durata non inferiore  a  dieci  giorni,
senza nulla aggiungere in ordine alla durata  massima  e  ai  criteri
utili per la sua  determinazione.  Indicazioni  al  riguardo  non  si
possono trarre neppure dall'art.  464-ter,  comma  5  del  codice  di
procedura penale, che si riferisce alla durata massima di sospensione
del procedimento e non a  quella  della  prestazione  del  lavoro  di
pubblica utilita' ne'  puo'  trovare  applicazione  per  analogia  il
limite dell'art. 54 del decreto legislativo  n.  274/2000,  il  quale
trova applicazione solo ove espressamente richiamato. 
    La formulazione eccessivamente generica  di  alcune  disposizioni
disciplinanti l'istituto in esame  pare  stridere  col  principio  di
tassativita' costituzionalmente sancito ed espresso anche dall'art. 1
del codice penale, che impone  al  legislatore,  in  una  prospettiva
garantista per il cittadino, di stabilire con sufficiente  precisione
il contenuto della norma penale, si' da delineare un quadro normativo
certo e ben definito idoneo a soddisfare  l'esigenza  della  certezza
del diritto. 
    Inoltre il diritto di  difesa  impone  la  conoscenza,  da  parte
dell'imputato, delle  sanzioni  in  cui  puo'  incorrere,  conoscenza
adesso impossibile; 
c) con riferimento all'art. 27 Costituzione: 
    Il nuovo istituto, pur presentando una  connotazione  afflittiva,
costituisce  un  percorso  di   risocializzazione   e   reinserimento
alternativo per gli autori di reati di minore allarme  sociale,  che,
consentendo di  evitare  il  dibattimento,  rappresenta  altresi'  un
importante strumento deflattivo del contenzioso. 
    Tali caratteristiche riflettono il doppio profilo, sostanziale  e
processuale, della sospensione con messa alla prova che si  atteggia,
per un verso, a causa di  estinzione  del  reato  (articoli  168-bis,
168-ter, 168-quater del codice penale) e, per altro,  a  procedimento
speciale (titolo V-bis, articoli  464-bis  -  nonies  del  codice  di
procedura penale). 
    La messa  alla  prova,  dunque,  pur  non  potendosi  considerare
formalmente una pena, ne possiede le caratteristiche sostanziali.  Se
cosi' stanno le cose, la mancata previsione di un limite  massimo  di
durata e l'omessa predeterminazione dei criteri da seguire per la sua
predisposizione violano il  finalismo  rieducativo  che  la  sanzione
penale deve indefettibilmente possedere. 
    Sulla base di quanto detto  in  precedenza  appare  opportuna  la
trasmissione  degli  atti   alla   Corte   costituzionale   per   una
considerazione  della  questione  con  conseguente  sospensione   del
presente giudizio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' Costituzionale degli articoli 168-bis del codice  penale
e 464-bis e seguenti del codice di procedura penale, con  riferimento
agli articoli 3, 24 e 27 Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina che a cura della cancelleria la presente  ordinanza  venga
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e' sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Prato, 21 aprile 2015 
 
                 La Giudice: Jacqueline Monica Magi