AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE

DETERMINA 10 dicembre 2015 

Aggiornamento della determina n.  6  del  18  dicembre  2013  recante
indicazioni interpretative concernenti le  modifiche  apportate  alla
disciplina  dell'arbitrato  nei  contratti  pubblici  dalla  legge  6
novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione  e  la
repressione  della  corruzione  e  dell'illegalita'  nella   pubblica
amministrazione. (Determina n. 13). (15A09524) 
(GU n.300 del 28-12-2015)

 
 
 
                            IL PRESIDENTE 
 
Premessa 
 
  La legge 6 novembre 2012, n. 190  (c.d.  legge  anticorruzione)  ha
apportato  delle  modifiche  alla  disciplina  dell'arbitrato,   come
prevista dagli artt. 241-243 del decreto legislativo 12 aprile  2006,
n. 163 (nel prosieguo, Codice). 
  La novella e' contenuta ai commi da 18 a 25 dell'art.  1,  come  di
seguito  riportato:  "18.  Ai  magistrati  ordinari,  amministrativi,
contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello  Stato  e  ai
componenti delle commissioni tributarie e' vietata, pena la decadenza
dagli incarichi e la nullita' degli atti compiuti, la  partecipazione
a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico.  19.
Il comma 1 dell'articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e' sostituito dal
seguente:  «1.  Le  controversie  su  diritti  soggettivi,  derivanti
dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi  a  lavori,  servizi,
forniture, concorsi di  progettazione  e  di  idee,  comprese  quelle
conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo  bonario  previsto
dall'articolo  240,  possono  essere  deferite  ad  arbitri,   previa
autorizzazione   motivata   da   parte   dell'organo    di    governo
dell'amministrazione.  L'inclusione  della  clausola  compromissoria,
senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con  cui  e'
indetta la gara, ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito, o
il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva  autorizzazione,  sono
nulli.». 20. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri,  di  cui
all'articolo 241, comma 1, del codice di cui al  decreto  legislativo
12 aprile 2006, n. 163, come sostituito dal  comma  19  del  presente
articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni
e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una
societa' a partecipazione pubblica ovvero una societa' controllata  o
collegata  a  una  societa'  a  partecipazione  pubblica,  ai   sensi
dell'articolo 2359 del codice  civile,  o  che  comunque  abbiano  ad
oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci
pubblici.   A   tal   fine,    l'organo    amministrativo    rilascia
l'autorizzazione di cui al  citato  comma  1  dell'articolo  241  del
codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, come sostituito
dal comma 19 del presente articolo. 21. La nomina degli  arbitri  per
la risoluzione delle controversie nelle quali e' parte  una  pubblica
amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicita' e di
rotazione e secondo le modalita' previste dai commi 22, 23 e  24  del
presente articolo, oltre che  nel  rispetto  delle  disposizioni  del
codice di cui al decreto legislativo  12  aprile  2006,  n.  163,  in
quanto applicabili. 22. Qualora la controversia  si  svolga  tra  due
pubbliche amministrazioni, gli  arbitri  di  parte  sono  individuati
esclusivamente tra dirigenti pubblici. 23.  Qualora  la  controversia
abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato,  l'arbitro
individuato dalla pubblica amministrazione e' scelto  preferibilmente
tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica
amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti  pubblici,
la nomina e' disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle
disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163.  24.  La  pubblica  amministrazione  stabilisce,  a  pena  di
nullita' della  nomina,  l'importo  massimo  spettante  al  dirigente
pubblico  per  l'attivita'  arbitrale.  L'eventuale  differenza   tra
l'importo  spettante  agli  arbitri  nominati  e  l'importo   massimo
stabilito per il dirigente e' acquisita al  bilancio  della  pubblica
amministrazione che ha indetto la gara. 25. Le disposizioni di cui ai
commi da 19  a  24  non  si  applicano  agli  arbitrati  conferiti  o
autorizzati prima della data di  entrata  in  vigore  della  presente
legge". 
  Svolti i necessari approfondimenti sulla  novella  normativa  sopra
riportata, per quanto concerne  i  riflessi  sulle  competenze  della
Camera arbitrale, l'Autorita'  ha  rilevato  dubbi  interpretativi  e
problemi di coordinamento con  la  vigente  normativa  con  specifico
riguardo ai seguenti profili: 
    1.   problematiche   di   diritto   transitorio   in    relazione
all'applicazione dei divieti dettati dal comma 18 dell'art.  1  della
legge n. 190 del 2012 (entrata in vigore il 28/11/2012)  che  esclude
determinate categorie professionali dal novero dei soggetti ai  quali
puo' essere affidato l'incarico di arbitro; 
    2.  problematiche  di  diritto  transitorio  in  relazione   alla
autorizzazione preventiva e motivata da parte dell'organo di  governo
della PA prevista dal comma 19, che sostituisce il comma 1  dell'art.
241 del Codice, anche in relazione alla sanzione  di  nullita'  della
clausola ivi prevista; 
    3. rapporto tra la nuova disciplina dettata dal Codice  e  l'art.
810 c.p.c.; 
    4. individuazione dei soggetti  ai  quali  puo'  essere  affidato
l'incarico di arbitro della p.a. alla luce  del  generico  rinvio  al
Codice, contenuto all'art. 1, comma 21, della legge n. 190/2012. 
1) Individuazione dell'ambito di estensione del  divieto  di  cui  al
  comma 18 dell'art. 1,  legge  n.  190/2012  e  profili  di  diritto
  intertemporale 
  Il divieto introdotto al comma 18 dell'art. 1, della  l.  190/2012,
non  comprende  le  categorie  degli  avvocati  dello  Stato  e   dei
magistrati a riposo, cio' in quanto, attesa l'espressa dizione  della
norma,  la  medesima  deve  correttamente  essere  riferita  solo  ai
magistrati (ordinari, amministrativi,  militari  e  contabili),  agli
avvocati e procuratori dello Stato ed ai componenti delle commissioni
tributarie in servizio. 
  Tale interpretazione e' anche coerente con  la  ratio  legis  della
norma. In merito, si osserva, infatti, come lo scopo della norma  sia
quello  di  evitare  il  verificarsi  di  potenziali  situazioni   di
conflitto di  interesse  e,  dunque,  sottintende  verosimilmente  lo
svolgimento attuale delle funzioni proprie  dei  magistrati  e  degli
avvocati dello Stato. 
  Quanto ai profili di diritto intertemporale  dell'applicazione  del
citato comma 18,  si  rileva  come  il  suddetto  divieto  non  abbia
efficacia  retroattiva  con  riguardo  agli  incarichi   relativi   a
procedimenti  arbitrali  in  corso  od  a  collegi   arbitrali   gia'
costituiti alla data del 28 novembre 2012 (data di entrata in  vigore
della norma); a tale ipotesi  deve  assimilarsi  anche  il  caso  dei
provvedimenti di nomina, con  conseguente  accettazione,  intervenuti
prima della data suddetta, anche ove il collegio non si fosse  ancora
costituito e sia stata  presentata  l'istanza  di  nomina  del  terzo
arbitro alla camera  arbitrale  successivamente  a  tale  data.  Tale
interpretazione e' ormai consolidata (anche a seguito del  Comunicato
n. 38, del 19.12.2012 della Camera arbitrale, del parere espresso  al
riguardo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (DAGL)  e  degli
orientamenti assunti dalla stessa Avvocatura Generale  dello  Stato).
Essa e', altresi',  conforme  ai  principi  generali  in  materia  di
efficacia di legge nel tempo (e, in particolare,  all'art.  11  delle
preleggi), attesa l'assenza di una diversa disciplina transitoria, ed
e' suffragata dalla  stessa  giurisprudenza  della  Corte  EDU  sulla
generale irretroattivita' delle norme a meno di motivi imperativi  di
interesse  generale.  Aderendo,  peraltro  all'orientamento  espresso
dalla Corte di Cassazione (cfr. sez. III, 16 aprile  2008  n.  9972),
secondo cui il principio di irretroattivita' della legge implica  che
la  norma  sopravvenuta  sia  applicabile  agli  effetti  non  ancora
esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente solo  allorche'
la nuova legge sia diretta a disciplinare tali effetti  con  autonoma
considerazione dei medesimi, si rileva come tale  ipotesi  certamente
non ricorra nel  caso  di  specie.  Detta  conclusione  e',  inoltre,
coerente anche con una  lettura  costituzionalmente  orientata  della
norma, giacche' l'intervento  sugli  arbitrati  in  corso  -  con  la
caducazione del collegio gia' nominato - si porrebbe in contrasto con
l'art. 111 della Costituzione. 
  A conferma dell'interpretazione sin qui fornita,  giova,  altresi',
rilevare  che  il  divieto  de  quo  non  e'  stato  configurato  dal
legislatore  come  motivo  di  possibile  ricusazione  degli  arbitri
divenuti incompatibili, con implicita salvezza degli  incarichi  gia'
conferiti, bensi'  come  divieto  di  assumere  l'incarico,  rivolto,
ragionevolmente, agli arbitrati nei quali non si sia ancora proceduto
alla nomina dei componenti del collegio. Il divieto in esame concerne
soltanto l'assunzione dell'incarico e non il suo mantenimento. 
  Si  puntualizza  che,  al  pregresso  conferimento,   deve   essere
equiparata anche la nomina ex art.  810  c.p.c.,  poiche'  la  nomina
effettuata dal Presidente del Tribunale ha, com'e'  noto,  natura  di
provvedimento di volontaria giurisdizione  sostitutiva  di  attivita'
manchevole delle parti ed e',  come  tale,  appunto  equiparabile  al
conferimento ad opera delle parti. 
2) Nomina dell'arbitro di elezione pubblica 
  In  ordine  alle  modalita'  di  nomina  dell'arbitro  di  elezione
pubblica, scelto a  norma  dell'art.  1,  comma  23  della  legge  n.
190/2012 "preferibilmente" tra i  dirigenti  pubblici  (nel  caso  di
arbitrato tra p.a. e soggetti privati) si osserva quanto segue. 
  In relazione alla disposizione normativa  appena  richiamata  giova
precisare come l'espressa previsione della stessa porti ad escludere,
innanzitutto, l'applicabilita' a tale ipotesi dell'art. 815, comma 1,
n. 5, c.p.c. che ammette, la ricusazione dell'arbitro «se  e'  legato
ad una delle parti, a una societa' da questa controllata, al soggetto
che la controlla, o a societa' sottoposta a comune controllo,  da  un
rapporto di lavoro subordinato  o  da  un  rapporto  continuativo  di
consulenza o di  prestazione  d'opera  retribuita,  ovvero  da  altri
rapporti di natura patrimoniale o associativa  che  ne  compromettono
l'indipendenza; inoltre, se e' tutore o curatore di una delle parti». 
  Con specifico riguardo, invece, al rinvio al Codice  contenuto  nel
medesimo comma 23 dell' art. 1 (per  il  caso  di  impossibilita'  di
individuare  un  dirigente  pubblico  cui  affidare   l'incarico   di
arbitro), e' da ritenere che la genericita' di detto rinvio  comporti
la riferibilita' al  complesso  delle  disposizioni  del  Codice  ivi
comprese quelle relative alle modalita' di nomina  degli  arbitri  di
cui all'art. 241; la  stessa  genericita'  porta  ad  escludere,  per
contro, l'idoneita' del richiamo al Codice ad attribuire alla  Camera
Arbitrale il (nuovo) potere di nomina dell'arbitro della p.a. 
  A cio' si aggiunga che il comma 21 stabilisce, in via generale, che
la nomina degli arbitri per la risoluzione delle  controversie  nelle
quali e' parte una pubblica amministrazione avviene «nel rispetto dei
principi di  pubblicita'  e  di  rotazione  e  secondo  le  modalita'
previste dai commi 22, 23 e 24 del presente articolo, oltre  che  nel
rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto  legislativo
12 aprile 2006, n. 163, in quanto  applicabili».  Detta  disposizione
sembrerebbe, dunque,  trovare  applicazione  sia  con  riguardo  alle
controversie tra p.a. (comma 22) che con riguardo  alle  controversie
tra privati e p.a. (comma 23).  Puo',  altresi',  osservarsi  che  ai
sensi dell'art. 19, comma 1, lett. c) del Codice, quest'ultimo non si
applica ai contratti pubblici concernenti i servizi d'arbitrato e  di
conciliazione. La nomina dell'arbitro di parte deve comunque avvenire
nel rispetto della disciplina generale ai sensi dell'art. 241,  commi
4 e 6, del Codice, ove sono stabiliti i  motivi  di  incompatibilita'
per l'affidamento dell'incarico. 
3) Profili di diritto intertemporale  relativi  all'applicazione  del
  comma 19 sull'autorizzazione preventiva 
  Sull'applicazione dell'obbligo di  previa  autorizzazione  motivata
dell'organo di governo ai fini del valido inserimento della  clausola
compromissoria nel bando, in via preliminare, si rammenta che, con il
comma 19 del piu' volte citato art. 1, viene sostituito  il  comma  1
dell'art.  241  del  Codice,  prevedendo  la  facolta'  di  ricorrere
all'arbitrato «previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di
governo    dell'amministrazione.    L'inclusione    della    clausola
compromissoria,  senza  preventiva  autorizzazione,   nel   bando   o
nell'avviso con cui e' indetta la gara ovvero, per le procedure senza
bando, nell'invito  o  il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva
autorizzazione, sono nulli». 
  Innanzitutto, occorre rilevare che l'espressione «inclusione  della
clausola compromissoria (...) nel bando  o  nell'avviso  con  cui  e'
indetta la gara ovvero, per le procedure  senza  bando,  nell'invito»
deve essere interpretata nel senso che il bando o l'avviso con cui e'
indetta la gara o l'invito a partecipare alla gara  indicheranno  che
il contratto conterra' la clausola compromissoria e  non  conterranno
essi stessi la clausola compromissoria, come  espressamente  indicato
dall'art. 241, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006. 
  Nell'interpretare detta disposizione, si rileva come  il  comma  25
escluda dall'applicazione del comma  19  gli  arbitrati  conferiti  o
autorizzati prima della  data  di  entrata  in  vigore  della  legge;
pertanto, l'illustrato comma 19 si applica agli altri  casi,  con  la
rilevante  conseguenza  che  dovranno  ritenersi  inefficaci   quelle
clausole compromissorie,  ancorche'  contrattualmente  assunte  dalle
parti, non previamente autorizzate dall'organo di governo. 
  La disposizione del comma 19 deve essere interpretata come  diretta
a  porre,   rispetto   all'originario   contenuto   del   regolamento
contrattuale, una nuova norma  imperativa  condizionante  l'autonomia
contrattuale delle parti, essendo assente una norma  transitoria  che
preveda  l'ultrattivita'  della  previgente   disciplina   normativa,
sicche' la clausola compromissoria contrattualmente prevista  risulta
sostanzialmente privata della relativa operativita'. 
  Cio' che determina, in assenza di previa autorizzazione dell'organo
di governo (non prevista dalla normativa previgente), la sopravvenuta
inefficacia delle clausole compromissorie contenute nei bandi di gara
antecedenti all'entrata in vigore della norma, con salvezza dei  soli
arbitrati gia' conferiti o autorizzati prima di detta data  (art.  1,
comma 25), laddove per arbitrato conferito deve intendersi quello  in
cui  l'ente  abbia   operato   la   designazione   (con   conseguente
accettazione) dell'arbitro; per arbitrato autorizzato  deve,  invece,
intendersi l'arbitrato per il quale,  prima  dell'entrata  in  vigore
della legge n. 190/2012, sia intervenuto  il  consenso  dell'ente  di
appartenenza dell'arbitro,  se  del  caso  da  parte  dell'organo  di
autogoverno. 
  Sul punto, la Corte Costituzionale, con la sentenza 9 giugno  2015,
n. 108 ha fornito una lettura costituzionalmente orientata del  comma
19 dell'art. 1, nel senso di attribuirgli una  valenza  in  relazione
alla nullita' delle clausole inserite dopo la data  del  28  novembre
2012, escludendo che potesse ipotizzarsi  una  nullita'  sopravvenuta
per clausole antecedentemente inserite e non autorizzate. Per  queste
ultime, la Corte ha  espressamente  chiarito  che  e'  invocabile  la
categoria dell'inefficacia sopravvenuta. 
  Rimane irrisolta, tuttavia, una questione di non poco rilievo, vale
a dire quella dell'inclusione nel potere  di  previa  autorizzazione,
riconosciuto   all'organo   di   governo,   anche   del   potere   di
autorizzazione a posteriori,  motivando  espressamente,  le  clausole
arbitrali gia' inserite nei bandi per  gli  arbitrati  non  ricadenti
nell'ipotesi di cui all'art. 1, comma 25. 
  Nel silenzio  della  norma,  tale  aspetto  appare  particolarmente
critico, anche in relazione  all'incidenza  sull'autonomia  negoziale
delle parti: l'impossibilita' di autorizzazione  a  posteriori  delle
pregresse clausole compromissorie da parte dell'organo di governo se,
da un lato, puo' ritenersi conforme alla ratio della novella,  intesa
a limitare il  ricorso  all'arbitrato,  dall'altro,  si  porrebbe  in
contrasto con il potere espressamente riconosciuto a quest'ultimo  di
contemplarle pro futuro. Onde evitare un'irragionevole disparita'  di
trattamento tra i contratti futuri, per i quali e'  sempre  possibile
rendere l'autorizzazione, in  conformita'  al  comma  19,  dell'art.1
della legge n. 190/2012, ed i contratti in corso, in ordine ai  quali
i relativi bandi di gara rechino clausole arbitrali (pur  in  assenza
dell'autorizzazione alla data di entrata in vigore della legge  sopra
richiamata),  si  ritiene  ammissibile,  anche  per  quest'ultimi  il
rilascio di un'autorizzazione a posteriori. 
  Al   riguardo,   si   richiama   l'attenzione    delle    pubbliche
amministrazioni sulla necessita' che sia garantita la certezza  delle
posizioni giuridiche dei  diversi  contraenti  e  che,  pertanto,  in
ossequio ai principi di correttezza e trasparenza  nonche'  di  buona
fede (intesa come obbligo di protezione, volto a garantire  la  sfera
personale della controparte ed a prevenire  quei  danni  che  possono
verificarsi nello svolgimento del rapporto obbligatorio  originario),
incombe sulle medesime l'obbligo di  parlare  chiaramente  in  ordine
alla possibilita'  o  meno  di  compromettere  in  arbitri  eventuali
controversie e, quindi, di attivarsi tempestivamente per  l'eventuale
rilascio dell'autorizzazione postuma  sulle  clausole  compromissorie
gia' inserite. 
  Infine, con riferimento ai casi ricadenti nella previsione  di  cui
al comma 25, che esclude dall'applicazione del comma 19 gli arbitrati
conferiti o autorizzati prima della data di entrata in  vigore  della
legge, la giurisprudenza ha evidenziato che il concetto di "arbitrato
autorizzato"  (prima  della  novella  legislativa  in  esame)  ed  il
significato  dell'autorizzazione  ivi  richiamata  non  puo'   essere
direttamente ed esclusivamente  ricavato  dal  regime  contenuto  nel
precedente comma 19 che richiede, in effetti, un assenso espresso per
poter attivare la clausola arbitrale, dal momento  che  il  comma  25
riguarda, piuttosto, il regime delle clausole compromissorie inserite
nei contratti di appalto stipulati prima dell'entrata in vigore della
legge  n.  190/2012.   E'   ragionevole,   pertanto,   ritenere   che
l'autorizzazione di cui al predetto comma 25 dell'art. 1 della  legge
n. 190/2012 possa ritenersi sussistente anche in tutte quelle ipotesi
in  cui  la  pubblica  amministrazione   abbia   comunque   mantenuto
comportamenti  inequivoci  idonei  a  far  emergere  la  volonta'  di
secondare  la  clausola  arbitrale,   anche   prescindendo   da   una
manifestazione espressa in tal senso. Esempi  di  tali  comportamenti
potrebbero   essere   costituiti   dalla   nomina   dell'arbitro   di
designazione pubblica, oppure, dal sollevamento dell'eccezione  circa
il difetto di competenza del giudice ordinario in favore del giudizio
arbitrale, dunque, in ogni caso, atti formali apprezzabili  in  linea
di principio anche ai sensi degli artt. 1362, 2°, c.c. e 808, 1°  c.,
c.p.c. (Tar Lazio, sez. III, 10 febbraio 2015, n. 2423). 
  L'univocita' del comportamento concludente deve essere desunta  nel
rispetto dei principi elaborati dalla piu' recente giurisprudenza (v.
Cons. Stato, sez. VI, n. 5887/2014), che riconosce la sussistenza del
provvedimento implicito quando «l'Amministrazione pur  non  adottando
formalmente un provvedimento, ne determina univocamente  i  contenuti
sostanziali,  o  attraverso  un  comportamento  conseguente,   ovvero
determinandosi  in  una  direzione,  anche  con  riferimento  a  fasi
istruttorie coerentemente svolte, a cui non  puo'  essere  ricondotto
altro volere che quello equivalente al  contenuto  del  provvedimento
formale corrispondente» (Cons. Stato, Sez. IV, 7  febbraio  2011,  n.
813), congiungendosi i due elementi di una manifestazione  chiara  di
volonta' dell'organo competente e della possibilita' di desumerne  in
modo non equivoco una specifica volonta' provvedimentale  «nel  senso
che l'atto implicito deve essere l'unica conseguenza possibile  della
presunta manifestazione di volonta'» (CGA, 1 febbraio 2012, n. 118). 
  Per  l'inserimento,  invece,  delle  clausole   compromissorie   in
contratti pubblici e bandi di gara, successivamente  al  28  novembre
2012, l'autorizzazione non puo' che essere espressa. 
4) Rapporto tra la nuova disciplina dettata dal Codice e  l'art.  810
  c.p.c. 
  Per quanto concerne il rapporto tra la novella normativa in esame e
l'art. 810 c.p.c., applicabile anche agli arbitrati nel  settore  dei
contratti pubblici,  per  quanto  non  disciplinato  dal  Codice,  si
osserva quanto segue. 
  Come noto, l'articolo citato prevede che,  "Quando  a  norma  della
convenzione d'arbitrato gli  arbitri  devono  essere  nominati  dalle
parti, ciascuna, di esse, con atto  notificato  per  iscritto,  rende
noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito  a
procedere alla designazione dei  propri.  La  parte,  alla  quale  e'
rivolto l'invito, deve notificare  per  iscritto,  nei  venti  giorni
successivi, le generalita'  dell'arbitro  o  degli  arbitri  da  essa
nominati. 
  In mancanza, la parte che ha fatto l'invito puo' chiedere, mediante
ricorso [c.p.c. 125], che la nomina  sia  fatta  dal  presidente  del
tribunale nel cui circondario e' la sede dell'arbitrato. Se le  parti
non hanno ancora determinato la sede, il  ricorso  e'  presentato  al
presidente del tribunale del luogo  in  cui  e'  stata  stipulata  la
convenzione di arbitrato oppure, se  tale  luogo  e'  all'estero,  al
presidente del tribunale di Roma. 
  Il  presidente  del  tribunale  competente  provvede  alla   nomina
richiestagli, se la convenzione  d'arbitrato  non  e'  manifestamente
inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero. 
  Le stesse disposizioni si applicano se la  nomina  di  uno  o  piu'
arbitri e'  demandata  dalla  convenzione  d'arbitrato  all'autorita'
giudiziaria o se, essendo demandata a un  terzo,  questi  non  vi  ha
provveduto". 
  La perdurante applicabilita' della norma  de  qua  e'  stata  gia',
sopra, implicitamente affermata,  laddove  si  e'  precisato  che  la
"nomina effettuata dal Presidente del Tribunale" - la quale ha com'e'
noto natura di provvedimento di volontaria giurisdizione  sostitutiva
di attivita' manchevole delle parti - sia, appunto,  equiparabile  al
"conferimento ad opera delle parti". Con riferimento all'applicazione
della norma de qua ed al relativo coordinamento con  le  disposizioni
della legge n. 190/2012, si osserva come,  per  i  casi  di  clausole
arbitrali gia' inserite nei bandi, per gli  arbitrati  non  ricadenti
nell'ipotesi di cui all'art. 1, comma 25 (arbitrati non  conferiti  o
non autorizzati alla data di entrata in vigore della legge), sia,  in
ogni caso, necessaria l'autorizzazione postuma. Per i casi in parola,
trova, inoltre, applicazione la  disposizione  di  cui  al  comma  24
dell'art.  1  della  legge  n.  190/2012,  che  obbliga  la  pubblica
amministrazione  a  stabilire,  a  pena  di  nullita'  della  nomina,
l'importo massimo spettante al  dirigente  pubblico  per  l'attivita'
arbitrale. 
 
    Approvato dal Consiglio nell'adunanza del 10 dicembre 2015 
 
                                               Il Presidente: Cantone 
 
Depositato presso la Segreteria del Consiglio  in  data  15  dicembre
2015 
 
Il Segretario: Esposito