N. 340 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2015
Ordinanza del 23 settembre 2015 della Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Campania nel procedimento contabile promosso da Cariello Gian Paolo ed altri contro INPS. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014) - Trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS - Assoggettamento ad un contributo di solidarieta' a decorrere dal 1° gennaio 2014 o per un periodo di tre anni. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)"), art. 1, comma 486.(GU n.2 del 13-1-2016 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la Campania In composizione monocratica nella persona del consigliere Rossella Cassaneti, in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 66614/PC (Gian Paolo Cariello), n. 66616/PC (Sergio Visconti), n. 66617/PC (Gaetano Annunziata), n. 66618/PC (Bruno Schisano), n. 66619/PC (Pietro Lignola), n. 66620/PC (Giuliano Taglialatela), n. 66622/PC (Vincenza Tagliarini), n. 66623/PC (Renato Vitiello) e n. 66624/PC (Pasquale Del Grosso), tutti depositati collettivamente il 1° agosto 2014 per il tramite del difensore incaricato, giusta mandato a margine dell'atto introduttivo del giudizio, dall'avv. Luigi Maria D'Angiolella, presso il quale gli istanti hanno eletto domicilio in Napoli al viale A. Gramsci n. 16, avverso la decurtazione del trattamento pensionistico ordinario in godimento operata dall'INPS - Gestione Dipendenti Pubblici - Sede Territoriale di Napoli in applicazione dell'art. 1, comma 486, legge 27 dicembre 2013, n. 147; Visti il ricorso e gli atti e documenti di causa; Udita alla pubblica udienza del 18 settembre 2015 soltanto l'avv. Maria Sofia Lizzi, comparsa per l'Ufficio Avvocatura INPS, che si e' riportata alle deduzioni ed alle conclusioni versate nella memoria scritta, rimettendosi comunque alla valutazione del G.U. riguardo il merito della pretesa e la prospettata questione d'incostituzionalita'; Premesso che: I ricorrenti, tutti magistrati ordinari in quiescenza, chiedono che venga accertato il loro diritto a percepire la piena pensione senza le decurtazioni relative al trattamento superiore a 14 volte il minimo INPS disposte per un periodo di tre anni, da gennaio 2014, quale "contributo di solidarieta'", dall'art. 1, comma 486, legge 27.12.2013, n. 147, con condanna dell'amministrazione a restituire quanto illegittimamente trattenuto, maggiorato di accessori. Parte attrice lamenta l'incostituzionalita' della disposizione sotto vari profili: 1) Violazione e falsa applicazione del giudicato costituzionale, ex art. 136 Cost., in quanto la disposizione de qua sostanzialmente riproduce analoga norma di legge (l'art. 18, comma 22-bis, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, come conv. con legge 15 luglio 2011, n. 111, e s.mm.), gia' dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 116/2013, cui e' seguita la sentenza n. 444/2014 di questa Sezione Giurisdizionale che ha accolto l'analogo ricorso presentato dalle odierne parti attrici; 2) Violazione degli artt. 2, 3, 53 e 97 Cost., in quanto, ritenuta la ricorrenza degli elementi tipici del tributo, secondo parte attrice la misura in questione violerebbe il principio di "universalita' dell'imposizione" ex artt. 3 e 53 Cost., in quanto non si comprendono le ragioni per le quali detta imposizione debba gravare non gia' su tutti i percettori di reddito ma soltanto su taluni percettori di redditi pensionistici, con cio' tradendo una palese irragionevolezza, resa del resto evidente anche dal contenuto delle disposizioni contenute nei successivi commi 487 e 590. Parte ricorrente ha, infine, opposto eccezione di compensazione della decurtazione in parola con i crediti loro spettanti in esecuzione della sentenza n. 444/2014 di questa Sezione Giurisdizionale ed hanno, altresi', rilevato, l'illegittima decorrenza della trattenuta. Considerato che: L'INPS - Gestione Dipendenti Pubblici si e' costituito in giudizio per il tramite del proprio Ufficio Avvocatura, sollevando pregiudiziale eccezione di difetto di giurisdizione contabile in favore delle Commissioni Tributarie territoriali e deducendo, nel merito, l'infondatezza sia della domanda e sia delle proposte questioni d'illegittimita' costituzionale, avuto riguardo alle peculiarita' della norma che la diversificherebbero recisamente dalla disposizione gia' dichiarata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 116/2013, la renderebbero priva dell'asserita natura di prelievo di carattere tributario ed anche della lamentata irragionevolezza. L'INPS - Gestione Dipendenti Pubblici ha, dunque, concluso per il rigetto del ricorso, previa declaratoria della manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale ivi proposta. Rilevato che: Con ordinanza n. 464/2014 di questa Sezione Giurisdizionale, depositata in Segreteria il 5 dicembre 2014, e' stata respinta l'istanza cautelare presentata dai ricorrenti contestualmente al ricorso, per non rilevata sussistenza del requisito del periculum in mora. Ritenuto che: A. Deve in primo luogo essere evidenziata la sussistenza in fattispecie ex art. 23, comma 2, legge n. 87/1953 della rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio, atteso che il gravame ha "un petitum separato e distinto dalla questione di costituzionalita', sul quale il giudice remittente sia legittimamente chiamato, in ragione della propria competenza, a decidere" (C. Cost., sentenze n. 4/2000 e n. 38/2009) e che il petitum medesimo concerne l'accertamento del diritto dei ricorrenti a conservare il proprio trattamento pensionistico senza la decurtazione disposta dalle statuizioni normative censurate, per cui, trattandosi di disposizioni di diretta ed immediata applicazione, sarebbe impossibile pervenire al riconoscimento di tale diritto, se non attraverso la rimozione della norma attraverso la via della richiesta e correlata declaratoria di illegittimita' costituzionale di tali disposizioni normative. Sul punto va osservato, invero, che le disposizioni oggetto di gravame risultano specifiche e puntuali e non consentono opzioni ermeneutiche alternative che consentano di riconoscere - anche mediante un'interpretazione costituzionalmente orientata - la fondatezza della domanda sulla base dell'assetto normativo fissato dal Legislatore. B. Il G.U. ritiene che le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dai ricorrenti in relazione alle disposizioni contenute dall'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013 siano non manifestamente infondate con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, per quanto di seguito si considera. B.1. Con l'introduzione dell'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" - legge di stabilita' 2014) il legislatore ha previsto che "A decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo di solidarieta' a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS. Ai fini dell'applicazione della predetta trattenuta e' preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e' tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l'effettuazione della trattenuta del contributo di solidarieta', secondo modalita' proporzionali ai trattamenti erogati. Le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo". Con il successivo comma 487 e' stato inoltre statuito che "I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48". Il G.U. dubita, avuto riguardo in particolare alle recenti pronunce della Corte Costituzionale n. 223/2012, n. 241/2012 e n. 116/2013, che attraverso l'introduzione del "contributo di solidarieta' a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie" il Legislatore non si sia limitato ad imporre una prestazione patrimoniale ex art. 23 Cost., ma abbia piuttosto introdotto una disposizione di natura tributaria rilevante ex art. 53 Cost. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale il tributo consiste in un "prelievo coattivo che e' finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed e' posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacita' contributiva" (sentenza n. 102/2008). La natura tributaria di una disposizione normativa deve essere ritenuta sussistente (cfr. sentenze n. 116/2013, n. 223/2012, n. 141/2009, n. 335/2008, n. 64/2008, n. 334/2006, n. 73/2005) in presenza dei seguenti requisiti: la doverosita' della prestazione imposta, l'assenza di un rapporto sinallagmatico tra le parti del rapporto giuridico e la sussistenza di un collegamento tra la prestazione imposta e la spesa pubblica in relazione ad un presupposto economicamente rilevante. Al fine di vagliare la riconducibilita' della disposizione contenuta nell'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013 nell'alveo delle norme tributarie e' di immediato ausilio interpretativo il confronto tra essa e la precedente norma contenuta nell'art. 18, comma 22-bis, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in legge n. 111/2011, a mente del quale "in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 € lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 €, nonche' pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 € e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 €; a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non puo' essere comunque inferiore a 90.000 € lordi annui. Ai predetti importi concorrono anche i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, nonche' i trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, ivi compresa la gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, nonche' le gestioni di previdenza obbligatorie presso l'INPS per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale gia' addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette. La trattenuta relativa al predetto contributo di perequazione e' applicata, in via preventiva e salvo conguaglio, a conclusione dell'anno di riferimento, all'atto della corresponsione di ciascun rateo mensile. Ai fini dell'applicazione della predetta trattenuta e' preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e successive modificazioni, e' tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l'effettuazione della trattenuta del contributo di perequazione, secondo modalita' proporzionali ai trattamenti erogati. Le somme trattenute dagli enti vengono versate, entro il quindicesimo giorno dalla data in cui e' erogato il trattamento su cui e' effettuata la trattenuta, all'entrata del bilancio dello Stato". Come precedentemente ricordato, la norma contenuta nell'art. 18, comma 22-bis, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in legge n. 111/2011, di cui si e' appena riportato il testo, e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 3 e 53 Cost. con la sentenza n. 116/2013, la quale ne ha affermato la natura tributaria evidenziando - anche mediante richiamo ai precedenti pronunciarnenti della stessa Consulta n. 223/2012 e n. 241/2012 - che essa integra una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare. Orbene, la norma censurata in questa sede e', ad avviso del G.U., sostanzialmente sovrapponibile, nella sua conformazione strutturale, a quella precedentemente introdotta nel 2011 e gia' rimossa dall'ordinamento per effetto della sentenza C. Cost. n. 116/2013 citata. Anche in questo caso, invero, il legislatore ha individuato una delimitata platea di soggetti dell'ordinamento (i pensionati che beneficiano di "trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie") e fissa a loro carico un contributo (definito di "perequazione" dalla norma del 2011, di "solidarieta'" dalla norma del 2013 censurata nel presente giudizio) oltre determinate soglie reddituali. "L'unica vera differenza tra le due norme riguarda la destinazione delle somme derivanti dalle trattenute. Con la norma del 2011 dichiarata Incostituzionale era stato previsto che 'Le somme trattenute dagli enti vengono versate, entro il quindicesimo giorno dalla data in cui e' erogato il trattamento su cui e' effettuata la trattenuta, all'entrata del bilancio dello Stato'. Con l'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013 e' stato invece previsto che 'Le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo'. Sul punto si rende necessario un approfondimento, atteso che la riformulazione normativa puo' obiettivamente indurre a dubitare che la natura tributaria della disposizione censurata in questa sede sia esclusa per assenza di un collegamento tra la prestazione imposta e la spesa pubblica nel suo complesso - atteso che i proventi derivanti dall'imposizione non vengono destinati ad alimentare direttamente ed indistintamente l'entrata del bilancio statale, ma vengono trattenute dai singoli enti previdenziali che le dispongono - e che pertanto il contributo di solidarieta' non sia destinato alla fiscalita' generale, bensi' ad una redistribuzione finanziaria, in chiave evidentemente solidaristica, all'interno dei limitati ambiti settoriali coincidenti con quelli dei singoli enti che gestiscono la previdenza obbligatoria. Ad avviso di questo Giudice Unico il collegamento tra il contributo di solidarieta' e la fiscalita' generale e' da ritenere sussistente nella fattispecie all'esame e deve essere pertanto confermato il convincimento in ordine alla natura tributaria della norma. Si evidenzia quanto segue. 1) La disposizione contenuta nell'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013 si limita a prevedere che le somme trattenute vengano incamerate dagli enti previdenziali, ma non individua alcuna prestazione previdenziale o assistenziale alla quale finalizzare l'incameramento finanziario, che si traduce nella sostanza in un'operazione di pura cassa e che risulta del tutto neutro rispetto alle condizioni di stabilita' finanziaria degli enti percettori. Da questo angolo prospettico l'inciso normativo secondo il quale i risparmi di spesa sono destinati'... anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo' (la disposizione del comma 191 riguarda specifici interventi in favore dei lavoratori c.d, esodati di cui all'art. 1, comma 231, lett. b, legge n. 228/2012) conferma l'assenza di una statuizione puntuale e specifica in ordine alla destinazione delle somme, che potranno essere impiegate a tal fine soltanto in via eventuale (l'utilizzo della congiunzione 'anche' comprova risolutivamente, nell'analisi ricostruttiva, l'assenza di un vincolo di destinazione). L'assenza di un riparto solidaristico all'interno del sistema previdenziale e' confermata dal tenore del successivo comma 487 del medesimo art. 1 della legge n. 147/2013, a mente del quale 'I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48' (Istituzione del Sistema nazionale di garanzia, che ricomprende svariati fondi e strumenti di garanzia, per le piccole e medie imprese, per l'acquisto della prima casa, etc.). 2) La previsione del contributo di solidarieta' a carico dei trattamenti previdenziali piu' elevati e' collocata sistematicamente nell'ambito della legge di stabilita' per l'anno 2014 e concorre, unitamente agli altri interventi della manovra finanziaria, a stabilizzare il sistema finanziario dell'Italia. Sul punto deve essere evidenziato che sia l'I.N.P.S. (ente formalmente pubblico, la cui tenuta finanziaria e' costantemente assicurata dall'erario statale tramite periodici trasferimenti finanziari), sia gli altri enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria (enti formalmente privatizzati dal d.lgs. n. 509/1994, ma da qualificare sostanzialmente pubblici) sono enti che svolgono servizi di esclusiva rilevanza pubblicistica in attuazione del dettato costituzionale dell'art. 38 e risultano puntualmente inseriti nell'elenco, redatto dall'I.S.T.A.T., delle unita' istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, n. 6014/2012), i cui conti concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche rilevante in ambito comunitario (SEC2010). Dall'inserimento degli enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria nell'Elenco I.S.T.A.T. deriva inoltre l'applicazione, nei loro confronti, sia delle stringenti disposizioni normative introdotte nei corso degli ultimi anni per il contenimento generale della spesa pubblica, a partire, in particolare, dal D.L. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, sia delle norme in tenia di 'spending review' (D.L. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012). 3) L'analisi dei precedenti giurisprudenziali della Corte Costituzionale nella subiecta materia, seppure non connotati da uniformita' ricostruttiva, induce a ritenere che non si debba pervenire a conclusioni diverse. Con la sentenza n. 146/72 il Giudice delle leggi aveva in un primo momento ritenuto infondata la questione di costituzionalita' dell'articolo unico delta legge n. 369/1968 (che introduceva un contributo di solidarieta' progressivo a carico delle pensioni superiori a £. 7.200.000 allo scopo di apprestare risorse per l'istituzione delle pensioni sociali) e pur evidenziando il carattere tributario del contributo (in ragione della progressivita' delle aliquote e dell'assenza di limiti temporali) aveva ritenuto che il nesso teleologico tra il prelievo e la destinazione specifica dei proventi all'istituzione delle pensioni sociali rendesse la norma immune da censure di costituzionalita'. In un secondo momento (sentenza n. 119/1981), la medesima norma era stata tuttavia ritenuta incostituzionale (per violazione degli artt. 3 e 53 Cost,) limitatamente alla sua applicazione successivamente al 1° gennaio 1974 (data di attivazione dell'I.R.P.E.F.), atteso che i redditi derivanti da trattamenti previdenziali risultavano ingiustificatamente incisi da un duplice prelievo e colpiti in misura ingiustificatamente maggiore, a parita' di capacita' contributiva, rispetto agli altri redditi, in particolare quelli da lavoro dipendente. Con l'ordinanza n. 22/2003 (confermata dall'ordinanza n. 160/2007) e' stata dichiarata infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, legge n. 488/1999 - con cui era stato introdotto, con decorrenza 1° Gennaio 2000 e per un periodo di tre anni, un contributo di solidarieta' del 2% sulle pensioni di importo superiore ad un determinato massimale annuo (lire 132.000.000, ex art. 2, comma 18, legge n. 335/1995) - ed e' stato evidenziato che tale contributo, invero finalizzato ad alimentare specifici Fondi di solidarieta' destinati al sostegno contributivo del lavoro temporaneo e discontinuo (Fondo bilaterale istituito dall'art. 5, comma 2, della legge 24 giugno 1997, n. 196 e Fondo successivamente istituito dall'art. 69, comma 9, legge n. 388/2000), non poteva essere qualificato un tributo rilevante ex art. 53 Cost., bensi' una prestazione patrimoniale imposta ex art. 23 Cost. Sul punto la Corte Costituzionale evidenziava che la scelta discrezionale del legislatore '... e' stata operata in attuazione dei principi solidaristici sanciti dall'art. 2 della Costituzione, attraverso l'imposizione di un'ulteriore prestazione patrimoniale gravante solo su alcuni trattamenti previdenziali obbligatori che superino un certo importo stabilito dalla legge, al fine di concorrere al finanziamento dello stesso sistema previdenziale'. Con la gia' piu' volte richiamata sentenza n. 116/ 2013 (che ha analizzato la compatibilita' costituzionale dell'art. 18, comma 22-bis, D,L. n. 98/2011) e' stata per contro accertata la natura tributaria del contributo ivi previsto ed e' stato in particolare evidenziato (richiamando la precedente sentenza n. 223/2012) che la disposizione '... integra una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare'. 4) La natura tributaria della disposizione censurata in questa sede deriva infine, ad avviso del Giudice Unico remittente, dall'analisi sistematica della stretta connessione temporale tra la disposizione contenuta nell'art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011 e quella di cui all'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013. Le due norme prevedono, nella sostanza, una fattispecie del tutto sovrapponibile, la cui ratio e' insita - aldila' della destinazione dei fondi direttamente al bilancio statale ovvero alle casse degli enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria - nell'esigenza di stabilizzazione finanziaria della spesa pubblica nel suo complesso, come confermato dalle osservazioni svolte sopra in relazione alla sostanziale fungibilita' tra le somme previste in entrata per effetto della contribuzione e le giacenze finanziarie degli enti (che, si ribadisce, sono incluse tra gli enti pubblici censiti dall'I.S.T.A.T. e le cui gestioni finanziarie sono inserite nel Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche) e come invero comprovato dall'esame dei lavori preparatori parlamentari, dai quali emerge che la logica ispiratrice dell'intervento normativo risiede essenzialmente in valutazioni di finanza pubblica generale. Il prospetto riepilogativo riferito al testo licenziato definitivamente dal Senato pone infatti in rilievo, non gia' gli effetti della contribuzione sulle dinamiche finanziarie delle diverse gestioni previdenziali ovvero del complessivo sistema previdenziale, ma direttamente le inferenze dell'ablazione patrimoniale sui saldi di finanza pubblica" (Sez. Giur. Campania, ordinanza n. 113/2015). La rilevata natura tributaria della contribuzione imposta dall'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013 induce il G.U. a dubitare che la disposizione, nell'imporre una prestazione patrimoniale soltanto ad una categoria di cittadini, abbia violato i parametri di razionalita' e ragionevolezza, rilevanti ex artt. 2 e 3 Cost., che devono necessariamente assistere le imposizioni fiscali. In un quadro generale di problematicita' finanziaria lo Stato ha ritenuto, in linea teorica ragionevolmente, di imporre sacrifici ai cittadini; tuttavia le concrete modalita' attraverso le quali si e' dato corso al perseguimento dell'obiettivo hanno ingiustificatamente penalizzato, rispetto alla generale platea dei contribuenti, la categoria dei pensionati, in violazione del principio della "universalita' della imposizione". Con la legge n. 147/2013 il legislatore - in linea con gli interventi di stabilizzazione finanziaria gia' disposti negli anni precedenti - ha da un lato reiterato, per il triennio 2014/2016, un prelievo fiscale del 3% sui redditi superiori ad euro 300.000,00 (art. 1, comma 590, che proroga la disposizione contenuta nell'art. 2, D.L. n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011) e dall'altro lato ha riproposto un drastico prelievo sui trattamenti previdenziali eccedenti soglie reddittuali nettamente piu' basse. Secondo quanto gia' chiaramente statuito dalla Corte Costituzionale, "... la Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivita', come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarieta' politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)" (sentenza n. 341/2000, richiamata puntualmente dalla sentenza n. 116/2013). Con la conseguenza che "il controllo della Corte in ordine alla lesione dei principi di cui all'art. 53 Cost., come specificazione del fondamentale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., non puo', quindi, che essere ricondotto ad un giudizio sull'uso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure la non arbitrarieta' dell'entita' dell'imposizione" (sentenza n. 111/1997, richiamata puntualmente dalla sentenza n. 116/2013). L'irrazionalita' del diverso e deteriore trattamento tra la platea dei cittadini e la piu' ristretta platea dei pensionati e' stata chiaramente accertata dal Giudice delle leggi nella sentenza n. 116/2013, in cui si legge che "... i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell'osservanza dell'art. 53 Cost., il quale non consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi da lavoro. Questa Corte ha, anzi, sottolineato (sentenze n. 30 del 2004, n. 409 del 1995, n. 96 del 1991) la particolare tutela che il nostro ordinamento riconosce ai trattamenti pensionistici, che costituiscono, nei diversi sistemi che la legislazione contempla, il perfezionamento della fattispecie previdenziale conseguente ai requisiti anagrafici e contributivi richiesti. A fronte di un analogo fondamento impositivo, dettato dalla necessita' di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici: il contributo di solidarieta' si applica su soglie inferiori e con aliquote superiori, mentre per tutti gli altri cittadini la misura e' ai redditi oltre 300.000 € lordi annui, con un'aliquota del 3 per cento, salva in questo caso la deducibilita' dal reddito". L'irrazionalita' dell'intervento e' stata inoltre rimarcata dal Giudice delle leggi in ragione della natura di retribuzione differita del trattamento pensionistico "... sicche' il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con piu' evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative gia' rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa, rispetto ai quali non risulta piu' possibile neppure ridisegnare sul piano sinallagmatico il rapporto di lavoro" (sentenza n. 116/2013). Tutto quanto sopra considerato implica, altresi', il travalicamento del concetto di discrezionalita' amministrativa, suscitando ulteriori dubbi d'illegittimita' - giustamente prospettati dai ricorrenti - anche sotto il profilo della violazione dei precetti di cui all'art. 97 Cost., "anche a prescindere dalla diversa qualificazione della fattispecie in termini di vera e propria violazione del giudicato costituzionale, pur avanzata da parte della dottrina e sollecitata anche dalle parti ricorrenti sulla scorta di rigorosa giurisprudenza costituzionale (C. cost., sentenze n. 73/1963 e n. 88/1966, che parla di violazione del'articolo 136 nell'ipotesi che una legge 'persegue e raggiunge, anche se indirettamente, lo stesso risultato' di una norma gia' dichiarata incostituzionale), ma difficile da condividere (come rilevato da altra opinio dottrinaria) in ragione, oltre che delle invero residuali (nel senso teste' precisato) peculiarita' della disposizione sub iudice, del suo differente orizzonte temporale di efficacia" (Sez. Giur. Veneto, ordinanza n. 12/2015). Tanto premesso, in applicazione dell'art. 23 della legge costituzionale n. 87/1953, riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte Costituzionale, il Giudice Unico solleva l'incidente di costituzionalita' dell'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013 con riferimento agli artt. 2, 3, 53 e 97 Cost. per le ragioni che precedono, con rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
P. Q. M. La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la Campania in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico delle pensioni dichiara rilevante per la decisione dei ricorsi in epigrafe e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 486, legge n. 147/2013 per violazione degli artt. 2, 3, 53 e 97 della Costituzione e per l'effetto dichiara la sospensione del giudizio in corso di svolgimento; Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria della Sezione, a tutte le parti in causa; Dispone altresi' l'immediata trasmissione degli atti, a cura della Segreteria della Sezione, alla Corte Costituzionale ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' la comunicazione della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Spese al definitivo; Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti. Cosi' deciso in Napoli, nella pubblica udienza del 18 settembre 2015. Il Giudice Unico: Rossella Cassaneti