N. 340 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2015

Ordinanza del  23  settembre  2015  della  Corte  dei  conti  -  Sez.
giurisdizionale per la Campania nel procedimento  contabile  promosso
da Cariello Gian Paolo ed altri contro INPS. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2014) - Trattamenti pensionistici corrisposti da  enti  gestori  di
  forme  di  previdenza  obbligatoria  complessivamente  superiori  a
  quattordici volte il trattamento minimo INPS -  Assoggettamento  ad
  un contributo di solidarieta' a decorrere dal 1° gennaio 2014 o per
  un periodo di tre anni. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2014)"), art. 1, comma 486. 
(GU n.2 del 13-1-2016 )
 
                          LA CORTE DEI CONTI 
               Sezione giurisdizionale per la Campania 
 
    In  composizione  monocratica  nella  persona   del   consigliere
Rossella Cassaneti, in funzione di Giudice unico delle  pensioni,  ha
pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 66614/PC (Gian Paolo
Cariello),  n.  66616/PC  (Sergio  Visconti),  n.  66617/PC  (Gaetano
Annunziata),  n.  66618/PC  (Bruno  Schisano),  n.  66619/PC  (Pietro
Lignola), n. 66620/PC (Giuliano Taglialatela), n. 66622/PC  (Vincenza
Tagliarini), n. 66623/PC (Renato Vitiello) e  n.  66624/PC  (Pasquale
Del Grosso), tutti depositati collettivamente il 1° agosto  2014  per
il  tramite  del  difensore  incaricato,  giusta  mandato  a  margine
dell'atto  introduttivo   del   giudizio,   dall'avv.   Luigi   Maria
D'Angiolella, presso il quale gli istanti hanno eletto  domicilio  in
Napoli al viale  A.  Gramsci  n.  16,  avverso  la  decurtazione  del
trattamento pensionistico ordinario in godimento operata dall'INPS  -
Gestione  Dipendenti  Pubblici  -  Sede  Territoriale  di  Napoli  in
applicazione dell'art. 1, comma 486, legge 27 dicembre 2013, n. 147; 
    Visti il ricorso e gli atti e documenti di causa; 
    Udita alla pubblica udienza del 18 settembre 2015 soltanto l'avv.
Maria Sofia Lizzi, comparsa per l'Ufficio Avvocatura INPS, che si  e'
riportata alle deduzioni ed alle conclusioni  versate  nella  memoria
scritta, rimettendosi comunque alla valutazione del G.U. riguardo  il
merito    della    pretesa     e     la     prospettata     questione
d'incostituzionalita'; 
Premesso che: 
    I ricorrenti, tutti magistrati ordinari in  quiescenza,  chiedono
che venga accertato il loro diritto a  percepire  la  piena  pensione
senza le decurtazioni relative al trattamento superiore a 14 volte il
minimo INPS disposte per un periodo di tre  anni,  da  gennaio  2014,
quale "contributo di solidarieta'", dall'art.  1,  comma  486,  legge
27.12.2013, n. 147, con condanna  dell'amministrazione  a  restituire
quanto illegittimamente trattenuto, maggiorato  di  accessori.  Parte
attrice lamenta l'incostituzionalita' della disposizione  sotto  vari
profili: 
        1)   Violazione   e   falsa   applicazione   del    giudicato
costituzionale, ex art. 136 Cost., in quanto la disposizione  de  qua
sostanzialmente riproduce analoga norma di legge  (l'art.  18,  comma
22-bis, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, come conv. con legge 15 luglio
2011, n.  111,  e  s.mm.),  gia'  dichiarata  incostituzionale  dalla
Consulta con sentenza n. 116/2013, cui  e'  seguita  la  sentenza  n.
444/2014 di questa Sezione Giurisdizionale che ha  accolto  l'analogo
ricorso presentato dalle odierne parti attrici; 
        2) Violazione degli artt. 2, 3, 53 e  97  Cost.,  in  quanto,
ritenuta la ricorrenza degli elementi  tipici  del  tributo,  secondo
parte attrice la misura  in  questione  violerebbe  il  principio  di
"universalita' dell'imposizione" ex artt. 3 e 53 Cost., in quanto non
si comprendono le  ragioni  per  le  quali  detta  imposizione  debba
gravare non gia' su tutti i percettori  di  reddito  ma  soltanto  su
taluni percettori di redditi pensionistici,  con  cio'  tradendo  una
palese irragionevolezza, resa del resto evidente anche dal  contenuto
delle disposizioni contenute nei successivi commi 487 e 590. 
    Parte ricorrente ha, infine, opposto eccezione  di  compensazione
della  decurtazione  in  parola  con  i  crediti  loro  spettanti  in
esecuzione   della   sentenza   n.   444/2014   di   questa   Sezione
Giurisdizionale   ed   hanno,   altresi',   rilevato,   l'illegittima
decorrenza della trattenuta. 
Considerato che: 
    L'INPS  -  Gestione  Dipendenti  Pubblici  si  e'  costituito  in
giudizio per il tramite del proprio  Ufficio  Avvocatura,  sollevando
pregiudiziale eccezione di  difetto  di  giurisdizione  contabile  in
favore delle Commissioni Tributarie  territoriali  e  deducendo,  nel
merito,  l'infondatezza  sia  della  domanda  e  sia  delle  proposte
questioni  d'illegittimita'  costituzionale,  avuto   riguardo   alle
peculiarita' della norma che la diversificherebbero recisamente dalla
disposizione gia' dichiarata incostituzionale dalla Consulta  con  la
sentenza n. 116/2013, la renderebbero priva dell'asserita  natura  di
prelievo  di  carattere   tributario   ed   anche   della   lamentata
irragionevolezza. L'INPS - Gestione Dipendenti Pubblici  ha,  dunque,
concluso per  il  rigetto  del  ricorso,  previa  declaratoria  della
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
ivi proposta. 
Rilevato che: 
    Con ordinanza n.  464/2014  di  questa  Sezione  Giurisdizionale,
depositata in Segreteria  il  5  dicembre  2014,  e'  stata  respinta
l'istanza cautelare  presentata  dai  ricorrenti  contestualmente  al
ricorso, per non rilevata sussistenza del requisito del periculum  in
mora. 
Ritenuto che: 
    A. Deve in primo  luogo  essere  evidenziata  la  sussistenza  in
fattispecie ex art. 23, comma 2, legge  n.  87/1953  della  rilevanza
della questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio,
atteso che il gravame  ha  "un  petitum  separato  e  distinto  dalla
questione di costituzionalita', sul quale il giudice  remittente  sia
legittimamente chiamato,  in  ragione  della  propria  competenza,  a
decidere" (C. Cost., sentenze n.  4/2000  e  n.  38/2009)  e  che  il
petitum medesimo concerne l'accertamento del diritto dei ricorrenti a
conservare il proprio trattamento pensionistico senza la decurtazione
disposta dalle statuizioni normative censurate, per cui,  trattandosi
di  disposizioni  di  diretta  ed  immediata  applicazione,   sarebbe
impossibile pervenire al  riconoscimento  di  tale  diritto,  se  non
attraverso la rimozione della norma attraverso la via della richiesta
e correlata declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  di  tali
disposizioni normative. 
    Sul punto va osservato, invero, che le  disposizioni  oggetto  di
gravame risultano specifiche e  puntuali  e  non  consentono  opzioni
ermeneutiche  alternative  che  consentano  di  riconoscere  -  anche
mediante  un'interpretazione  costituzionalmente   orientata   -   la
fondatezza della domanda sulla base  dell'assetto  normativo  fissato
dal Legislatore. 
    B.  Il  G.U.   ritiene   che   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale   sollevate   dai   ricorrenti   in   relazione   alle
disposizioni  contenute  dall'art.  1,  comma  486,  della  legge  n.
147/2013 siano non manifestamente infondate con riguardo alla dedotta
violazione degli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione,  per  quanto  di
seguito si considera. 
    B.1. Con l'introduzione dell'art. 1, comma 486,  della  legge  n.
147/2013 ("Disposizioni per la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato" - legge di stabilita' 2014)  il  legislatore
ha previsto che "A decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un periodo  di
tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti  da
enti gestori di forme  di  previdenza  obbligatorie  complessivamente
superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS,  e'  dovuto
un contributo di solidarieta' a favore delle  gestioni  previdenziali
obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente  il  predetto
importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di  venti  volte  il
trattamento minimo INPS, nonche' pari al 12 per cento  per  la  parte
eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento  minimo
INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l'importo  lordo  annuo
di trenta volte il trattamento minimo INPS. Ai fini dell'applicazione
della predetta trattenuta  e'  preso  a  riferimento  il  trattamento
pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla
base dei dati che risultano dal casellario centrale  dei  pensionati,
istituito con decreto del Presidente  della  Repubblica  31  dicembre
1971, n. 1388, e' tenuto a fornire a tutti  gli  enti  interessati  i
necessari  elementi  per   l'effettuazione   della   trattenuta   del
contributo  di  solidarieta',  secondo  modalita'  proporzionali   ai
trattamenti erogati. Le  somme  trattenute  vengono  acquisite  dalle
competenti gestioni previdenziali  obbligatorie,  anche  al  fine  di
concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191  del
presente articolo". 
    Con il successivo comma 487 e'  stato  inoltre  statuito  che  "I
risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate,
sulla  base  dei  principi  di  cui  al  comma  486,   dagli   organi
costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di  Trento  e
di  Bolzano,  nell'esercizio  della  propria  autonomia,   anche   in
riferimento ai vitalizi  previsti  per  coloro  che  hanno  ricoperto
funzioni pubbliche elettive, sono versati  all'entrata  del  bilancio
dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48". 
    Il G.U.  dubita,  avuto  riguardo  in  particolare  alle  recenti
pronunce della Corte Costituzionale n. 223/2012,  n.  241/2012  e  n.
116/2013,  che   attraverso   l'introduzione   del   "contributo   di
solidarieta' a favore delle gestioni previdenziali  obbligatorie"  il
Legislatore  non  si  sia  limitato  ad   imporre   una   prestazione
patrimoniale ex art. 23 Cost.,  ma  abbia  piuttosto  introdotto  una
disposizione di natura tributaria rilevante ex art. 53 Cost. 
    Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte  Costituzionale
il tributo consiste in un "prelievo coattivo che  e'  finalizzato  al
concorso alle pubbliche spese ed e' posto a  carico  di  un  soggetto
passivo in base ad uno specifico indice  di  capacita'  contributiva"
(sentenza n. 102/2008). La  natura  tributaria  di  una  disposizione
normativa  deve  essere  ritenuta  sussistente  (cfr.   sentenze   n.
116/2013, n. 223/2012, n.  141/2009,  n.  335/2008,  n.  64/2008,  n.
334/2006,  n.  73/2005)  in  presenza  dei  seguenti  requisiti:   la
doverosita' della  prestazione  imposta,  l'assenza  di  un  rapporto
sinallagmatico tra le parti del rapporto giuridico e  la  sussistenza
di un collegamento tra la prestazione imposta e la spesa pubblica  in
relazione ad un presupposto economicamente rilevante. 
    Al  fine  di  vagliare  la  riconducibilita'  della  disposizione
contenuta nell'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013  nell'alveo
delle norme tributarie e'  di  immediato  ausilio  interpretativo  il
confronto tra essa e la  precedente  norma  contenuta  nell'art.  18,
comma 22-bis, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in legge n.  111/2011,
a mente del  quale  "in  considerazione  della  eccezionalita'  della
situazione economica internazionale e  tenuto  conto  delle  esigenze
prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica,  a
decorrere  dal  1°  agosto  2011  e  fino  al  31  dicembre  2014,  i
trattamenti pensionistici corrisposti da enti  gestori  di  forme  di
previdenza obbligatorie,  i  cui  importi  complessivamente  superino
90.000  €  lordi  annui,  sono  assoggettati  ad  un  contributo   di
perequazione pari al 5 per cento della parte  eccedente  il  predetto
importo fino a 150.000 €, nonche' pari al 10 per cento per  la  parte
eccedente 150.000 € e al 15 per cento per la parte eccedente  200.000
€; a seguito della predetta riduzione  il  trattamento  pensionistico
complessivo non puo' essere  comunque  inferiore  a  90.000  €  lordi
annui. Ai predetti importi concorrono anche i trattamenti erogati  da
forme  pensionistiche  che  garantiscono  prestazioni   definite   in
aggiunta   o   ad   integrazione   del   trattamento    pensionistico
obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al  decreto  legislativo  16
settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 20 novembre  1990,  n.
357, al decreto legislativo  5  dicembre  2005,  n.  252,  nonche'  i
trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti  delle
regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla  legge  20  marzo
1975, n. 70, e successive modificazioni,  ivi  compresa  la  gestione
speciale ad esaurimento  di  cui  all'articolo  75  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 20 dicembre  1979,  n.  761,  nonche'  le
gestioni di previdenza obbligatorie presso l'INPS  per  il  personale
addetto alle imposte di consumo, per il  personale  dipendente  dalle
aziende private  del  gas  e  per  il  personale  gia'  addetto  alle
esattorie e alle ricevitorie delle  imposte  dirette.  La  trattenuta
relativa al predetto contributo di perequazione e' applicata, in  via
preventiva  e  salvo   conguaglio,   a   conclusione   dell'anno   di
riferimento, all'atto della corresponsione di ciascun rateo  mensile.
Ai fini  dell'applicazione  della  predetta  trattenuta  e'  preso  a
riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno
considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal casellario
centrale dei pensionati, istituito con decreto del  Presidente  della
Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e successive modificazioni,  e'
tenuto a fornire a tutti gli enti interessati  i  necessari  elementi
per l'effettuazione della trattenuta del contributo di  perequazione,
secondo modalita' proporzionali  ai  trattamenti  erogati.  Le  somme
trattenute dagli enti vengono versate, entro il  quindicesimo  giorno
dalla data in cui e' erogato il trattamento su cui e'  effettuata  la
trattenuta, all'entrata del bilancio dello Stato". 
    Come precedentemente ricordato, la norma contenuta nell'art.  18,
comma 22-bis, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in legge n.  111/2011,
di  cui  si  e'  appena  riportato  il  testo,  e'  stata  dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione  degli  artt.  3  e  53
Cost. con la sentenza n. 116/2013, la quale ne ha affermato la natura
tributaria evidenziando  -  anche  mediante  richiamo  ai  precedenti
pronunciarnenti della stessa Consulta n. 223/2012 e n. 241/2012 - che
essa integra una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento
pensionistico, con acquisizione  al  bilancio  statale  del  relativo
ammontare. 
    Orbene, la norma censurata in questa sede e', ad avviso del G.U.,
sostanzialmente sovrapponibile, nella sua conformazione  strutturale,
a  quella  precedentemente  introdotta  nel  2011  e   gia'   rimossa
dall'ordinamento per effetto della  sentenza  C.  Cost.  n.  116/2013
citata. Anche in questo caso, invero, il legislatore  ha  individuato
una delimitata platea di soggetti dell'ordinamento (i pensionati  che
beneficiano di "trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori
di forme di previdenza  obbligatorie")  e  fissa  a  loro  carico  un
contributo (definito di  "perequazione"  dalla  norma  del  2011,  di
"solidarieta'" dalla norma del 2013 censurata nel presente  giudizio)
oltre determinate soglie reddituali. 
    "L'unica  vera  differenza  tra  le   due   norme   riguarda   la
destinazione delle somme derivanti dalle trattenute. Con la norma del
2011 dichiarata Incostituzionale era stato  previsto  che  'Le  somme
trattenute dagli enti vengono versate, entro il  quindicesimo  giorno
dalla data in cui e' erogato il trattamento su cui e'  effettuata  la
trattenuta, all'entrata del bilancio dello Stato'. 
    Con l'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013 e' stato  invece
previsto che 'Le somme trattenute vengono acquisite dalle  competenti
gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di  concorrere  al
finanziamento degli interventi di  cui  al  comma  191  del  presente
articolo'. 
    Sul punto si rende necessario un approfondimento, atteso  che  la
riformulazione normativa puo' obiettivamente indurre a  dubitare  che
la natura tributaria della disposizione censurata in questa sede  sia
esclusa per assenza di un collegamento tra la prestazione  imposta  e
la spesa pubblica nel suo complesso - atteso che i proventi derivanti
dall'imposizione non vengono destinati ad alimentare direttamente  ed
indistintamente l'entrata del bilancio statale, ma vengono trattenute
dai singoli enti previdenziali che le dispongono - e che pertanto  il
contributo  di  solidarieta'  non  sia  destinato   alla   fiscalita'
generale,  bensi'  ad  una  redistribuzione  finanziaria,  in  chiave
evidentemente  solidaristica,   all'interno   dei   limitati   ambiti
settoriali coincidenti con quelli dei singoli enti che gestiscono  la
previdenza obbligatoria. 
    Ad  avviso  di  questo  Giudice  Unico  il  collegamento  tra  il
contributo di solidarieta' e la fiscalita' generale  e'  da  ritenere
sussistente  nella  fattispecie  all'esame  e  deve  essere  pertanto
confermato il convincimento in ordine alla  natura  tributaria  della
norma. 
    Si evidenzia quanto segue. 
    1) La disposizione contenuta nell'art. 1,  comma  486,  legge  n.
147/2013 si limita  a  prevedere  che  le  somme  trattenute  vengano
incamerate  dagli  enti  previdenziali,  ma  non   individua   alcuna
prestazione previdenziale  o  assistenziale  alla  quale  finalizzare
l'incameramento  finanziario,  che  si  traduce  nella  sostanza   in
un'operazione di pura cassa e che risulta del tutto  neutro  rispetto
alle condizioni di stabilita' finanziaria degli enti  percettori.  Da
questo angolo prospettico  l'inciso  normativo  secondo  il  quale  i
risparmi di spesa sono destinati'... anche al fine di  concorrere  al
finanziamento degli interventi di  cui  al  comma  191  del  presente
articolo'  (la  disposizione  del  comma   191   riguarda   specifici
interventi in favore dei lavoratori c.d, esodati di cui  all'art.  1,
comma 231, lett. b, legge n.  228/2012)  conferma  l'assenza  di  una
statuizione puntuale e specifica in ordine  alla  destinazione  delle
somme, che potranno essere impiegate  a  tal  fine  soltanto  in  via
eventuale   (l'utilizzo   della   congiunzione    'anche'    comprova
risolutivamente, nell'analisi ricostruttiva, l'assenza di un  vincolo
di destinazione). 
    L'assenza di un riparto  solidaristico  all'interno  del  sistema
previdenziale e' confermata dal tenore del successivo comma  487  del
medesimo art. 1 della  legge  n.  147/2013,  a  mente  del  quale  'I
risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate,
sulla  base  dei  principi  di  cui  al  comma  486,   dagli   organi
costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di  Trento  e
di  Bolzano,  nell'esercizio  della  propria  autonomia,   anche   in
riferimento ai vitalizi  previsti  per  coloro  che  hanno  ricoperto
funzioni pubbliche elettive, sono versati  all'entrata  del  bilancio
dello Stato per essere  destinati  al  Fondo  di  cui  al  comma  48'
(Istituzione del  Sistema  nazionale  di  garanzia,  che  ricomprende
svariati fondi e strumenti  di  garanzia,  per  le  piccole  e  medie
imprese, per l'acquisto della prima casa, etc.). 
    2) La previsione del contributo  di  solidarieta'  a  carico  dei
trattamenti previdenziali piu' elevati e' collocata  sistematicamente
nell'ambito della legge di stabilita' per  l'anno  2014  e  concorre,
unitamente  agli  altri  interventi  della  manovra  finanziaria,   a
stabilizzare il  sistema  finanziario  dell'Italia.  Sul  punto  deve
essere evidenziato che sia l'I.N.P.S. (ente formalmente pubblico,  la
cui  tenuta  finanziaria  e'  costantemente  assicurata   dall'erario
statale tramite periodici trasferimenti finanziari),  sia  gli  altri
enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria (enti formalmente
privatizzati   dal   d.lgs.   n.   509/1994,   ma   da    qualificare
sostanzialmente pubblici) sono enti che svolgono servizi di esclusiva
rilevanza pubblicistica  in  attuazione  del  dettato  costituzionale
dell'art. 38 e risultano puntualmente inseriti  nell'elenco,  redatto
dall'I.S.T.A.T., delle  unita'  istituzionali  che  fanno  parte  del
settore delle  Amministrazioni  Pubbliche  (cfr.,  sul  punto,  Cons.
Stato,  Sez.  VI,  n.  6014/2012),  i  cui  conti   concorrono   alla
costruzione del Conto  economico  consolidato  delle  Amministrazioni
Pubbliche rilevante in ambito comunitario (SEC2010). Dall'inserimento
degli enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria nell'Elenco
I.S.T.A.T. deriva inoltre l'applicazione,  nei  loro  confronti,  sia
delle stringenti disposizioni normative introdotte  nei  corso  degli
ultimi anni per il contenimento  generale  della  spesa  pubblica,  a
partire, in particolare, dal D.L. n. 78/2010, convertito dalla  legge
n. 122/2010, sia delle norme in tenia di 'spending review'  (D.L.  n.
95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012). 
    3)  L'analisi  dei  precedenti  giurisprudenziali   della   Corte
Costituzionale nella  subiecta  materia,  seppure  non  connotati  da
uniformita'  ricostruttiva,  induce  a  ritenere  che  non  si  debba
pervenire a conclusioni diverse. 
    Con la sentenza n. 146/72 il Giudice  delle  leggi  aveva  in  un
primo momento ritenuto infondata la  questione  di  costituzionalita'
dell'articolo unico delta  legge  n.  369/1968  (che  introduceva  un
contributo  di  solidarieta'  progressivo  a  carico  delle  pensioni
superiori a  £.  7.200.000  allo  scopo  di  apprestare  risorse  per
l'istituzione delle pensioni sociali) e pur evidenziando il carattere
tributario del contributo  (in  ragione  della  progressivita'  delle
aliquote e dell'assenza di limiti temporali) aveva  ritenuto  che  il
nesso teleologico tra il prelievo e  la  destinazione  specifica  dei
proventi all'istituzione delle pensioni  sociali  rendesse  la  norma
immune  da  censure  di  costituzionalita'.  In  un  secondo  momento
(sentenza n. 119/1981), la medesima norma era stata tuttavia ritenuta
incostituzionale  (per  violazione  degli  artt.  3   e   53   Cost,)
limitatamente alla sua applicazione  successivamente  al  1°  gennaio
1974 (data di attivazione  dell'I.R.P.E.F.),  atteso  che  i  redditi
derivanti     da      trattamenti      previdenziali      risultavano
ingiustificatamente incisi da un duplice prelievo e colpiti in misura
ingiustificatamente maggiore, a parita'  di  capacita'  contributiva,
rispetto  agli  altri  redditi,  in  particolare  quelli  da   lavoro
dipendente. 
    Con  l'ordinanza  n.  22/2003   (confermata   dall'ordinanza   n.
160/2007) e' stata dichiarata infondata la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 37, legge n. 488/1999 - con  cui  era  stato
introdotto, con decorrenza 1° Gennaio 2000 e per un  periodo  di  tre
anni, un contributo di solidarieta' del 2% sulle pensioni di  importo
superiore ad un determinato massimale  annuo  (lire  132.000.000,  ex
art. 2, comma 18, legge n. 335/1995) - ed e'  stato  evidenziato  che
tale contributo, invero finalizzato ad alimentare specifici Fondi  di
solidarieta' destinati al sostegno contributivo del lavoro temporaneo
e discontinuo (Fondo bilaterale istituito dall'art. 5, comma 2, della
legge 24 giugno  1997,  n.  196  e  Fondo  successivamente  istituito
dall'art.  69,  comma  9,  legge  n.  388/2000),  non  poteva  essere
qualificato un  tributo  rilevante  ex  art.  53  Cost.,  bensi'  una
prestazione patrimoniale imposta ex art. 23 Cost. Sul punto la  Corte
Costituzionale  evidenziava   che   la   scelta   discrezionale   del
legislatore  '...  e'  stata  operata  in  attuazione  dei   principi
solidaristici sanciti  dall'art.  2  della  Costituzione,  attraverso
l'imposizione di un'ulteriore prestazione patrimoniale gravante  solo
su alcuni trattamenti previdenziali obbligatori che superino un certo
importo stabilito dalla legge, al fine di concorrere al finanziamento
dello stesso sistema previdenziale'. 
    Con la gia' piu' volte richiamata sentenza n. 116/ 2013  (che  ha
analizzato  la  compatibilita'  costituzionale  dell'art.  18,  comma
22-bis, D,L. n. 98/2011) e' stata  per  contro  accertata  la  natura
tributaria del contributo ivi previsto ed  e'  stato  in  particolare
evidenziato (richiamando la precedente sentenza n. 223/2012)  che  la
disposizione '... integra una  decurtazione  patrimoniale  definitiva
del trattamento pensionistico, con acquisizione al  bilancio  statale
del relativo ammontare'. 
    4) La natura tributaria della disposizione  censurata  in  questa
sede  deriva  infine,  ad  avviso  del  Giudice   Unico   remittente,
dall'analisi sistematica della stretta connessione temporale  tra  la
disposizione contenuta nell'art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011  e
quella di cui all'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013. Le due  norme
prevedono, nella sostanza, una fattispecie del tutto  sovrapponibile,
la cui ratio  e'  insita  -  aldila'  della  destinazione  dei  fondi
direttamente al bilancio statale ovvero alle casse degli enti gestori
delle  forme  di   previdenza   obbligatoria   -   nell'esigenza   di
stabilizzazione finanziaria della spesa pubblica nel  suo  complesso,
come confermato dalle osservazioni svolte  sopra  in  relazione  alla
sostanziale fungibilita' tra le somme previste in entrata per effetto
della contribuzione e le giacenze finanziarie  degli  enti  (che,  si
ribadisce, sono incluse tra gli enti pubblici censiti dall'I.S.T.A.T.
e le cui gestioni  finanziarie  sono  inserite  nel  Conto  economico
consolidato delle Amministrazioni Pubbliche) e come invero comprovato
dall'esame dei lavori preparatori parlamentari, dai quali emerge  che
la   logica    ispiratrice    dell'intervento    normativo    risiede
essenzialmente  in  valutazioni  di  finanza  pubblica  generale.  Il
prospetto riepilogativo riferito al testo licenziato  definitivamente
dal Senato pone infatti  in  rilievo,  non  gia'  gli  effetti  della
contribuzione sulle  dinamiche  finanziarie  delle  diverse  gestioni
previdenziali  ovvero  del  complessivo  sistema  previdenziale,   ma
direttamente le inferenze dell'ablazione patrimoniale  sui  saldi  di
finanza pubblica" (Sez. Giur. Campania, ordinanza n. 113/2015). 
    La  rilevata  natura  tributaria  della   contribuzione   imposta
dall'art. 1, comma 486, legge n. 147/2013 induce il G.U.  a  dubitare
che  la  disposizione,  nell'imporre  una  prestazione   patrimoniale
soltanto ad una categoria di cittadini, abbia violato i parametri  di
razionalita' e ragionevolezza, rilevanti ex artt. 2 e  3  Cost.,  che
devono necessariamente assistere le imposizioni fiscali. 
    In un quadro generale di problematicita' finanziaria lo Stato  ha
ritenuto, in linea teorica ragionevolmente, di imporre  sacrifici  ai
cittadini; tuttavia le concrete modalita' attraverso le quali  si  e'
dato corso al perseguimento dell'obiettivo hanno  ingiustificatamente
penalizzato, rispetto  alla  generale  platea  dei  contribuenti,  la
categoria  dei  pensionati,  in  violazione   del   principio   della
"universalita' della imposizione". 
    Con la legge n. 147/2013  il  legislatore  -  in  linea  con  gli
interventi di stabilizzazione finanziaria gia'  disposti  negli  anni
precedenti - ha da un lato reiterato, per il triennio  2014/2016,  un
prelievo fiscale del 3% sui  redditi  superiori  ad  euro  300.000,00
(art. 1, comma 590, che proroga la disposizione  contenuta  nell'art.
2, D.L. n. 138/2011, convertito in legge n.  148/2011)  e  dall'altro
lato ha riproposto un drastico prelievo sui trattamenti previdenziali
eccedenti soglie reddittuali nettamente piu' basse. 
    Secondo   quanto   gia'   chiaramente   statuito   dalla    Corte
Costituzionale,  "...  la  Costituzione  non   impone   affatto   una
tassazione fiscale uniforme, con  criteri  assolutamente  identici  e
proporzionali per tutte le tipologie di  imposizione  tributaria;  ma
esige invece un indefettibile raccordo con la capacita' contributiva,
in un quadro di sistema informato a criteri di  progressivita',  come
svolgimento  ulteriore,  nello  specifico   campo   tributario,   del
principio di eguaglianza, collegato al  compito  di  rimozione  degli
ostacoli  economico-sociali  esistenti  di  fatto  alla  liberta'  ed
eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito  di  solidarieta'
politica, economica e sociale  (artt.  2  e  3  della  Costituzione)"
(sentenza n. 341/2000,  richiamata  puntualmente  dalla  sentenza  n.
116/2013). Con la conseguenza che "il controllo della Corte in ordine
alla  lesione  dei  principi  di  cui   all'art.   53   Cost.,   come
specificazione del  fondamentale  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost., non puo',  quindi,  che  essere  ricondotto  ad  un
giudizio sull'uso ragionevole, o  meno,  che  il  legislatore  stesso
abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia  tributaria,  al
fine di verificare la coerenza interna della  struttura  dell'imposta
con il suo presupposto economico,  come  pure  la  non  arbitrarieta'
dell'entita'  dell'imposizione"  (sentenza  n.  111/1997,  richiamata
puntualmente dalla sentenza n. 116/2013). 
    L'irrazionalita' del  diverso  e  deteriore  trattamento  tra  la
platea dei cittadini e la piu' ristretta  platea  dei  pensionati  e'
stata chiaramente accertata dal Giudice delle leggi nella sentenza n.
116/2013,  in  cui  si  legge  che  "...  i  redditi  derivanti   dai
trattamenti pensionistici non hanno, per  questa  loro  origine,  una
natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi  a
riferimento, ai fini dell'osservanza dell'art. 53 Cost., il quale non
consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi  da
lavoro. Questa Corte ha, anzi, sottolineato (sentenze n. 30 del 2004,
n. 409 del 1995, n. 96 del 1991) la particolare tutela che il  nostro
ordinamento   riconosce    ai    trattamenti    pensionistici,    che
costituiscono, nei diversi sistemi che la legislazione contempla,  il
perfezionamento  della  fattispecie  previdenziale   conseguente   ai
requisiti anagrafici e contributivi richiesti. 
    A fronte di  un  analogo  fondamento  impositivo,  dettato  dalla
necessita' di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il
legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari
di  trattamenti  pensionistici:  il  contributo  di  solidarieta'  si
applica su soglie inferiori e  con  aliquote  superiori,  mentre  per
tutti gli altri cittadini la misura e' ai  redditi  oltre  300.000  €
lordi annui, con un'aliquota del 3 per cento, salva in questo caso la
deducibilita' dal reddito". 
    L'irrazionalita' dell'intervento e' stata inoltre  rimarcata  dal
Giudice delle leggi in ragione della natura di retribuzione differita
del  trattamento  pensionistico  "...  sicche'  il  maggior  prelievo
tributario rispetto ad altre  categorie  risulta  con  piu'  evidenza
discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai  consolidati
nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative gia'  rese  da
cittadini che hanno esaurito la loro  vita  lavorativa,  rispetto  ai
quali non  risulta  piu'  possibile  neppure  ridisegnare  sul  piano
sinallagmatico il rapporto di lavoro" (sentenza n. 116/2013). 
    Tutto   quanto   sopra   considerato   implica,   altresi',    il
travalicamento  del  concetto  di  discrezionalita'   amministrativa,
suscitando ulteriori dubbi d'illegittimita' - giustamente prospettati
dai ricorrenti - anche sotto il profilo della violazione dei precetti
di  cui  all'art.  97  Cost.,  "anche  a  prescindere  dalla  diversa
qualificazione  della  fattispecie  in  termini  di  vera  e  propria
violazione del giudicato costituzionale, pur avanzata da parte  della
dottrina e sollecitata anche dalle parti ricorrenti sulla  scorta  di
rigorosa giurisprudenza costituzionale (C. cost., sentenze n. 73/1963
e n. 88/1966, che parla di violazione del'articolo  136  nell'ipotesi
che una legge 'persegue e  raggiunge,  anche  se  indirettamente,  lo
stesso risultato' di una norma gia' dichiarata incostituzionale),  ma
difficile da condividere (come rilevato da altra opinio  dottrinaria)
in ragione, oltre  che  delle  invero  residuali  (nel  senso  teste'
precisato)  peculiarita'  della  disposizione  sub  iudice,  del  suo
differente orizzonte temporale  di  efficacia"  (Sez.  Giur.  Veneto,
ordinanza n. 12/2015). 
    Tanto  premesso,  in  applicazione  dell'art.  23   della   legge
costituzionale n. 87/1953, riservata ogni altra  decisione  all'esito
del giudizio innanzi alla  Corte  Costituzionale,  il  Giudice  Unico
solleva l'incidente di  costituzionalita'  dell'art.  1,  comma  486,
legge n. 147/2013 con riferimento agli artt. 2, 3, 53 e 97 Cost.  per
le ragioni che  precedono,  con  rimessione  degli  atti  alla  Corte
Costituzionale. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la  Campania  in
composizione monocratica,  nella  persona  del  Giudice  Unico  delle
pensioni dichiara rilevante per la decisione dei ricorsi in  epigrafe
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma  486,  legge  n.  147/2013  per
violazione degli artt. 2,  3,  53  e  97  della  Costituzione  e  per
l'effetto  dichiara  la  sospensione  del  giudizio   in   corso   di
svolgimento; 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata,  a  cura  della
Segreteria della Sezione, a tutte le parti in causa; 
    Dispone altresi' l'immediata  trasmissione  degli  atti,  a  cura
della Segreteria della  Sezione,  alla  Corte  Costituzionale  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri nonche' la comunicazione  della
stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    Spese al definitivo; 
    Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti. 
        Cosi'  deciso  in  Napoli,  nella  pubblica  udienza  del  18
settembre 2015. 
 
                Il Giudice Unico: Rossella Cassaneti