N. 1 SENTENZA 17 novembre 2015- 14 gennaio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Turismo - Norme in materia di condhotel. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per
  l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
  digitalizzazione  del  Paese,   la   semplificazione   burocratica,
  l'emergenza del dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
  attivita' produttive) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
  comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164 - art. 31. 
-   
(GU n.3 del 20-1-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  31  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della  legge  11  novembre  2014,  n.  164,  promossi  dalle
Province autonome di Bolzano e di Trento con ricorsi notificati il  9
gennaio  2015,  depositati  in  cancelleria  il  16  gennaio  2015  e
rispettivamente iscritti ai nn. 8 e 9 del registro ricorsi 2015. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  17  novembre  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per le Province autonome  di
Bolzano e di Trento e l'avvocato dello  Stato  Paolo  Grasso  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.1.- La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il
9 gennaio 2015 e depositato il 16 gennaio 2015 (reg. ric.  n.  8  del
2015), previa deliberazione della Giunta provinciale del 23  dicembre
2014, ratificata dal Consiglio provinciale il  14  gennaio  2015,  ha
impugnato l'art. 31 del  decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164. 
    Ad avviso della  ricorrente,  il  comma  3  del  citato  art.  31
derogherebbe espressamente  alla  clausola  di  salvaguardia  di  cui
all'art. 43-bis del medesimo d.l. n. 133 del 2014 (aggiunto  in  sede
di conversione dalla legge n. 164 del  2014),  la  quale  dunque  non
neutralizzerebbe gli effetti asseritamente lesivi della  disposizione
impugnata. 
    L'art. 31, al comma 1, dopo  aver  esordito  dichiarando  che  la
disposizione in questione e' ispirata alla finalita' di diversificare
l'offerta  turistica  e  di  favorire   gli   investimenti   per   la
riqualificazione degli esercizi alberghieri  esistenti,  definisce  i
condhotel come  «gli  esercizi  alberghieri  aperti  al  pubblico,  a
gestione unitaria, composti da una o piu' unita' immobiliari  ubicate
nello stesso comune o da parti  di  esse,  che  forniscono  alloggio,
servizi accessori ed eventualmente vitto, in  camere  destinate  alla
ricettivita'  e,  in  forma  integrata  e  complementare,  in  unita'
abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di
cucina, la cui superficie non puo' superare  il  quaranta  per  cento
della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati». 
    A norma dello stesso comma 1,  le  condizioni  di  esercizio  dei
condhotel sono definite da un decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo di concerto con il  Ministro  dello  sviluppo
economico, da adottare, ai sensi dell'art. 9 del decreto  legislativo
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e  Bolzano  ed  unificazione,  per  le
materie ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle
province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie
locali), previa intesa tra Governo, Regioni e  Province  autonome  in
sede di Conferenza unificata: vale a dire, di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, unificata  con  la  Conferenza  Stato-citta'  ed
autonomie locali. 
    Il successivo comma 2  del  censurato  art.  31  prevede  che  il
medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri stabilisca
altresi' i criteri  e  le  modalita'  secondo  i  quali,  qualora  un
condhotel sia realizzato mediante interventi su esercizi  alberghieri
esistenti,  puo'  essere   rimosso   il   vincolo   di   destinazione
alberghiera, limitatamente alla realizzazione della  anzidetta  quota
di unita' abitative a destinazione residenziale. Il medesimo comma  2
specifica che, se  sono  stati  concessi  contributi  o  agevolazioni
pubbliche, il vincolo puo' essere rimosso solo previa restituzione di
questi,  qualora  la  rimozione  avvenga  prima  della  scadenza  del
finanziamento agevolato. 
    In virtu' del gia' citato comma 3, che  conclude  l'art.  31,  le
Regioni e le Province autonome  sono  tenute  ad  adeguare  i  propri
ordinamenti a quanto stabilito nel previsto  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri, entro un  anno  dalla  sua  pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale (primo periodo); in quanto  compatibili  con
l'art. 31, restano ferme «le  disposizioni  di  cui  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre  2002,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25  settembre  2002,  recante  il
recepimento dell'accordo fra lo  Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome sui principi per l'armonizzazione, la  valorizzazione  e  lo
sviluppo del sistema turistico» (secondo periodo). 
    Dopo aver ribadito che, a suo avviso, in virtu' della  previsione
di cui all'art. 31, comma 3, primo periodo, la disposizione impugnata
risulta direttamente applicabile  anche  alle  autonomie  speciali  a
prescindere da ogni valutazione circa la  sua  compatibilita'  con  i
singoli ordinamenti  statutari,  la  ricorrente  enumera  le  proprie
competenze con le quali la disposizione interferirebbe: le competenze
legislative primarie e amministrative in materia  di  «urbanistica  e
piani regolatori», nonche' di «turismo e industria  alberghiera»  (di
cui agli artt. 8, numeri 5 e 20, e 16 del d.P.R. 31 agosto  1972,  n.
670, recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige»);  la
competenza legislativa residuale in materia di  commercio  (ai  sensi
degli artt. 117, comma quarto, della Costituzione e  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo  V
della parte seconda della Costituzione»); la  competenza  concorrente
in materia di «esercizi pubblici» (art. 9, numero  7,  dello  Statuto
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol).  La  ricorrente
richiama inoltre, con riguardo alle norme di  attuazione  statutaria,
l'art. 11, comma 2, del d.P.R. 19 novembre 1987, n.  526  (Estensione
alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di  Trento
e  Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio  1977,  n.  616),  secondo  cui  «[l]e  funzioni
delegate alle regioni a statuto ordinario in forza  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  24  luglio  1977,  n.   616,   qualora
riguardino materie comprese  negli  articoli  4  e  8  dello  statuto
speciale, sono  trasferite,  rispettivamente,  alla  regione  o  alle
province  autonome  per  la  parte  che  gia'  non  spetti  loro  per
competenza propria». 
    La  ricorrente  prosegue  affermando  di  avere   esercitato   le
competenze suddette attraverso alcune  leggi  e  atti  amministrativi
provinciali: la legge 14 dicembre 1988, n. 58 (Norme  in  materia  di
esercizi pubblici); le leggi 15 aprile 1991, n.  9  (Costituzione  di
fondi di rotazione per l'incentivazione delle attivita' economiche) e
13 febbraio 1997,  n.  4  (Interventi  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano-Alto Adige per il  sostegno  dell'economia),  i  cui  criteri
applicativi  sono  stati  dettati  con  la  delibera   della   Giunta
provinciale 15 aprile 2013, n. 599  (poi  modificata  dalla  delibera
della Giunta provinciale 10 giugno 2014,  n.  696),  la  quale  (agli
artt. 7 e 8) dispone in merito al vincolo di  destinazione  del  bene
agevolato;  la  legge  11  agosto  1997,  n.  13  (Legge  urbanistica
provinciale), il cui art. 29  e'  dedicato  alla  salvaguardia  della
ricettivita' turistica. 
    Il censurato art. 31 interferirebbe con  le  materie  suindicate,
segnatamente laddove riconosce al privato il diritto  alla  rimozione
del vincolo, secondo i criteri e con le modalita' di cui al  previsto
decreto   del   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   atto
sostanzialmente regolamentare al quale  anche  le  Province  autonome
sarebbero  tenute  ad  adeguarsi.  Cosi'  facendo,  ad  avviso  della
ricorrente, l'art. 31 violerebbe gli artt. 117, comma quarto,  Cost.,
e  8,  numeri  5)  e  20),  dello  Statuto  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le relative norme  di  attuazione,  in
particolare quelle di cui al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche),  al  d.P.R.  22  marzo
1974, n. 278 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  turismo  ed  industrie
alberghiere)  e  al  d.P.R.  1°  novembre  1973,  n.  686  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
concernente esercizi pubblici e spettacoli pubblici). 
    Sarebbe violato altresi' l'art.  2  del  decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e coordinamento), in virtu' del quale  per  le  Province
autonome un onere di adeguamento puo' sussistere solo  nei  confronti
di atti legislativi dello Stato,  i  quali  costituiscano  un  limite
statutariamente previsto. D'altra parte, un  obbligo  di  adeguamento
come quello di cui al censurato art. 31, comma 3, sarebbe illegittimo
anche per le Regioni a statuto ordinario, dato che l'art. 117,  comma
sesto, Cost. esclude ogni competenza regolamentare dello Stato  nelle
materie oggetto di competenze legislative regionali. 
    A cio', prosegue la ricorrente, non potrebbe  obiettarsi  che  il
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  deve  essere
adottato previa intesa in sede di  Conferenza  unificata:  in  quella
sede, la posizione  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  potrebbe
soccombere; comunque, la stessa Provincia non potrebbe impegnare  per
il  futuro  l'autonomia  statutariamente  assicurata   alla   propria
funzione legislativa. 
    In subordine, si osserva che, nell'art. 9 del d.lgs. n.  281  del
1997, il comma 2, lettera b), consente  di  prescindere  dall'intesa,
ove essa non sia raggiunta o sussistano ragioni di  urgenza.  Dunque,
non sarebbe nemmeno garantito che essa sia  effettivamente  raggiunta
prima dell'adozione del decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri.  Cio'  costituirebbe  una  violazione,  oltre   che   delle
competenze gia' menzionate, del principio di leale collaborazione. 
    1.2.- Con atto depositato il 17 febbraio 2015, si  e'  costituito
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo  che  sia  dichiarata
l'infondatezza del ricorso della Provincia autonoma di Bolzano. 
    Oltre a ripercorrere il contenuto della  disposizione  impugnata,
la difesa erariale sottolinea che gia' a norma dell'art. 10, comma 5,
del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (Disposizioni urgenti per  la
tutela del patrimonio culturale,  lo  sviluppo  della  cultura  e  il
rilancio del turismo), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 29 luglio 2014,  n.  106,  era  demandato  a  un
decreto del Ministro dei beni  e  delle  attivita'  culturali  e  del
turismo, da adottare previa intesa in sede di  Conferenza  unificata,
il compito di aggiornare gli standard minimi, uniformi  in  tutto  il
territorio  nazionale,  dei  servizi  e  delle   dotazioni   per   la
classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche:
ivi compresi, tra l'altro, i condhotel. 
    L'Avvocatura generale ricorda poi che, nella materia del  turismo
- la quale pure rientra  nella  competenza  residuale  delle  Regioni
ordinarie e in quella primaria delle Province  autonome  -  lo  Stato
puo' attrarre a se' funzioni amministrative,  nonche'  regolarne  con
proprie leggi l'esercizio, qualora cio' sia necessario per  rimediare
alla frammentazione dell'offerta turistica e realizzare  un'attivita'
promozionale  unitaria,   a   condizione   che   tale   chiamata   in
sussidiarieta' sia proporzionata  allo  scopo  e  che,  inoltre,  sia
previsto il coinvolgimento delle Regioni, nei confronti  delle  quali
lo Stato deve serbare un atteggiamento di leale collaborazione  (sono
richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 76 del 2009,  n.
94 del 2008 e n. 90 del 2006). 
    A tale ultimo proposito, la difesa erariale richiama la  sentenza
della Corte costituzionale n. 6 del 2004, in cui, per  realizzare  la
collaborazione e la concertazione con le Regioni in  relazione  a  un
intervento  sussidiario  dello  Stato,  sono  stati  individuati  due
livelli di partecipazione  costituiti,  il  primo,  dalla  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano; il secondo,  da  un  intesa  tra  le
competenti amministrazioni statali e la singola Regione  interessata.
Nel censurato art. 31, il principio di leale  collaborazione  sarebbe
pienamente soddisfatto dal rinvio all'intesa in  sede  di  Conferenza
unificata: il sistema delle conferenze  costituirebbe  il  principale
strumento attraverso il quale le Regioni possono avere un ruolo nella
determinazione del contenuto di  atti  legislativi  dello  Stato  che
incidano in materie di loro competenza  (e'  richiamata  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 401 del 2007); piu' specificamente,  la
Conferenza  unificata  sarebbe  adeguatamente  rappresentativa  tanto
delle Regioni,  quanto  degli  enti  locali,  anch'essi  titolari  di
funzioni amministrative condizionate o incise dalle scelte di settore
(e' richiamata la sentenza della  Corte  costituzionale  n.  383  del
2005). 
    Da ultimo, la difesa erariale ricorda la clausola di salvaguardia
di cui all'art. 43-bis del d.l. n. 133 del 2014, introdotto  in  sede
di  conversione  dalla  legge  n.  164  del   2014:   tale   clausola
garantirebbe   la   prevalenza   delle   competenze   legislative   e
amministrative  previste  negli  statuti  speciali,   nonche'   nelle
relative norme di  attuazione,  nei  confronti  delle  norme  statali
eventualmente lesive delle stesse competenze. 
    1.3.- Con memoria depositata il  20  ottobre  2015,  l'Avvocatura
generale dello  Stato  ha  ribadito  i  propri  argomenti  difensivi,
sottolineando che le finalita' enunciate nel comma  1  del  censurato
art.  31  corrispondono  alle  esigenze  unitarie  che,  secondo   la
giurisprudenza   costituzionale,   giustificano   la   chiamata    in
sussidiarieta' di funzioni in materia  turistica.  L'intesa  prevista
nello  stesso  comma  1  avrebbe   carattere   forte,   non   debole:
l'inveramento del principio di leale collaborazione sarebbe garantito
perche' nei casi di cui all'art. 3, commi 3 e 4, del  d.lgs.  n.  281
del 1997, richiamato dall'art. 9, comma 2, lettera b),  dello  stesso
decreto legislativo - vale a dire, qualora l'intesa non sia raggiunta
entro 30 giorni  dalla  prima  seduta  della  Conferenza  in  cui  e'
all'ordine del giorno, e qualora sussistano ragioni di urgenza  -  il
Consiglio dei ministri puo' provvedere unilateralmente, ma  solo  con
deliberazione  motivata.  Anche  la  previsione  che,  ai  sensi  del
censurato art. 31, comma 2, il decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri disciplini i criteri e le modalita' per la rimozione del
vincolo di destinazione si spiega con il nesso  di  consequenzialita'
tra questi e gli altri contenuti del decreto stesso, nonche'  con  le
ragioni di uniformita' a livello nazionale che li giustificano. 
    1.4.- Con memoria depositata il 27  ottobre  2015,  la  Provincia
autonoma di Bolzano ha insistito nelle proprie conclusioni. 
    In relazione all'art. 10, comma 5, del d.l. n. 83 del 2014,  come
convertito dalla legge n. 106 del 2014, la ricorrente osserva che  la
mancata  impugnazione  di  tale  disposizione  non  fa   venir   meno
l'interesse a ricorrere contro le diverse norme oggi in  questione  e
che, comunque, l'applicabilita' del citato art.  10,  comma  5,  alle
Province autonome non era espressamente prevista. 
    Agli argomenti della difesa erariale la ricorrente replica che le
potesta' primarie previste  dagli  statuti  speciali  possono  essere
astrette solo dai limiti ivi previsti, non da  titoli  di  competenza
statale introdotti dalla legge cost. n. 3 del 2001.  La  chiamata  in
sussidiarieta' trova il suo fondamento nel vigente  art.  118  Cost.,
che non e'  pero'  applicabile  alle  funzioni  amministrative  delle
Province autonome, soggette al  diverso  principio  del  parallelismo
(sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 238  e  n.
286 del 2007). D'altra parte,  la  chiamata  in  sussidiarieta'  puo'
giustificare  l'attrazione  al  centro  di  funzioni  amministrative,
mentre,  nel  caso,  verrebbe  in  rilievo  una  «funzione  di   mera
regolazione», che, nelle materie di competenza  regionale,  lo  Stato
puo' esercitare solo con legge, unica fonte abilitata a  disciplinare
i profili unitari delle materie regionali,  «attraverso  le  clausole
dell'art. 117, commi secondo e terzo, Cost.». 
    In ogni caso, non ricorrerebbero i presupposti per la chiamata in
sussidiarieta'. Dalle norme impugnate non si evincerebbero le ragioni
per cui la funzione regolatoria sarebbe non frazionabile.  La  difesa
erariale si limiterebbe a richiamare la ratio dell'intervento, che e'
di incentivare gli  investimenti  nel  settore  alberghiero;  ma  non
spiegherebbe  perche'  una  tale   esigenza   non   potrebbe   essere
soddisfatta da misure  diversificate  su  base  territoriale  -  come
diversificate, in quanto  rimesse  alla  competenza  regionale,  sono
altresi' la classificazione delle  strutture  ricettive,  nonche'  la
disciplina degli standard qualitativi e delle dotazioni  delle  varie
categorie di strutture (il  tentativo  dello  Stato  di  riaccentrare
questi  profili  della  materia,  osserva  la  ricorrente,  e'  stato
giudicato costituzionalmente illegittimo dalla  sentenza  n.  80  del
2012, sia pure per motivi attinenti all'eccesso di delega). Pertanto,
se operato con la dovuta severita', il sindacato sulla sussistenza di
un interesse  idoneo  a  sorreggere  la  chiamata  in  sussidiarieta'
giungerebbe a un esito negativo. Lo stesso dovrebbe  concludersi  per
il test di proporzionalita', potendo le misure  in  questione  essere
sostituite da altre,  piu'  rispettose  dell'autonomia  territoriale:
tanto piu' che lo stesso art. 10, comma 5, del d.l. n. 83  del  2014,
come convertito dalla legge n. 106 del  2014,  riconosce  il  rilievo
delle specifiche esigenze connesse ai diversi contesti territoriali e
alle loro capacita' ricettive e di fruizione. Spetterebbe comunque al
legislatore,  non  all'esecutivo,  valutare  le  eventuali   esigenze
unitarie. 
    2.1.- La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato  il
9 gennaio 2015 e depositato il 16 gennaio 2015 (reg. ric.  n.  9  del
2015), previa deliberazione della Giunta provinciale del  9  dicembre
2014, ratificata dal Consiglio provinciale il 20  dicembre  2014,  ha
impugnato diverse  disposizioni  del  d.l.  n.  133  del  2014,  come
convertito dalla legge n. 164 del 2014, tra cui l'art. 31. 
    Con riguardo a tale disposizione, svolgendo  deduzioni  in  buona
parte corrispondenti  a  quelle  dell'altra  Provincia  autonoma,  la
ricorrente rivendica le proprie  competenze  legislative  primarie  e
amministrative in materia di «urbanistica  e  piani  regolatori»,  di
«tutela del paesaggio», nonche' di «turismo e industria  alberghiera»
(di cui ali artt. 8, numeri 5, 6 e  20,  e  16  dello  Statuto  della
Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol)  e,  altresi',   la
competenza legislativa residuale in materia di  commercio  (ai  sensi
degli artt. 117, comma quarto, Cost., e 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001). La ricorrente richiama, inoltre,  con  riguardo  alle
norme di attuazione statutaria, il d.P.R. n. 381 del 1974, il  d.P.R.
n. 278 del 1974 e il d.P.R. n. 686 del 1973,  nonche'  l'art.  2  del
d.lgs. n. 266 del 1992. Come  frutto  dell'autonomo  esercizio  delle
competenze rivendicate, e' citato l'art.  13-bis  della  legge  della
Provincia autonoma di Trento 15 maggio 2002, n. 7  (Disciplina  degli
esercizi alberghieri ed extra-alberghieri e promozione della qualita'
della ricettivita' turistica), il quale reca disposizioni in  materia
di   realizzazione   di   villaggi   alberghieri   e   di   residenze
turistico-alberghiere, quali definiti nell'art. 5 della stessa legge,
disciplinando altresi' il vincolo di destinazione  gravante  su  tali
strutture. 
    2.2.- Con atto depositato il 17 febbraio 2015, si  e'  costituito
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo  che  sia  dichiarata
l'infondatezza del ricorso della  Provincia  autonoma  di  Trento  in
relazione a tutte le disposizioni del d.l.  n.  133  del  2014,  come
convertito dalla legge n. 164 del  2014,  ivi  censurate.  In  merito
all'art. 31, la difesa erariale ha svolto argomenti uguali a  quelli,
sopra  riassunti,  esposti  nell'atto  di  intervento  nel   giudizio
promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano. 
    2.3.- Con memoria depositata il  20  ottobre  2015,  l'Avvocatura
generale dello  Stato  ha  confermato  le  proprie  conclusioni,  con
argomenti uguali a quelli, sopra  riassunti,  esposti  nella  memoria
depositata  in  pari  data  nel  giudizio  promosso  dalla  Provincia
autonoma di Bolzano. 
    2.4.- Con memoria depositata il 27  ottobre  2015,  la  Provincia
autonoma di Trento ha insistito nelle proprie conclusioni,  esponendo
argomenti uguali a quelli, sopra  riassunti,  esposti  nella  memoria
depositata in pari data dalla Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con due ricorsi (iscritti, rispettivamente, al n. 8 e al n. 9
del registro ricorsi dell'anno 2015), le Province autonome di Bolzano
e di Trento hanno promosso questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 31 del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  133  (Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164. 
    2.- I  ricorsi  hanno  ad  oggetto  la  medesima  disposizione  e
formulano censure analoghe, sicche' ne appare opportuna  la  riunione
ai fini di una decisione congiunta, riservando a separate pronunce la
decisione delle censure rivolte, nel ricorso della Provincia autonoma
di Trento, ad altre disposizioni del  d.l.  n.  133  del  2014,  come
convertito dalla legge n. 164 del 2014 (ex plurimis, sentenze n. 156,
n. 155, n. 141, n. 140 e n. 125 del 2015). 
    3.-  Il  censurato  art.  31,  dopo  aver  enunciato  le  proprie
finalita', identificate nell'obiettivo  di  «diversificare  l'offerta
turistica e favorire gli  investimenti  volti  alla  riqualificazione
degli esercizi alberghieri esistenti», si  sviluppa  come  segue:  a)
definisce i  condhotel  come  «gli  esercizi  alberghieri  aperti  al
pubblico,  a  gestione  unitaria,  composti  da  una  o  piu'  unita'
immobiliari ubicate nello stesso comune  o  da  parti  di  esse,  che
forniscono alloggio, servizi accessori  ed  eventualmente  vitto,  in
camere  destinate  alla  ricettivita'  e,  in   forma   integrata   e
complementare,  in  unita'  abitative  a  destinazione  residenziale,
dotate di servizio autonomo di cucina, la  cui  superficie  non  puo'
superare il quaranta  per  cento  della  superficie  complessiva  dei
compendi  immobiliari  interessati»  (comma   1);   b)   demanda   la
determinazione delle «condizioni di esercizio  dei  condhotel»  a  un
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta  del
Ministro dei beni e  delle  attivita'  culturali  e  del  turismo  di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico,  da  adottare,  ai
sensi dell'art. 9 del decreto legislativo  28  agosto  1997,  n.  281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  regioni,  delle  province  e  dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie  locali),  previa
intesa tra Governo, Regioni e Province autonome in sede di Conferenza
unificata  (comma  1);  c)  prevede  che  il  medesimo  decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri  stabilisca  «i  criteri  e  le
modalita' per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in
caso di interventi edilizi alberghieri esistenti e limitatamente alla
realizzazione  della  anzidetta   quota   di   unita'   abitative   a
destinazione residenziale» (comma  2,  primo  periodo),  specificando
altresi' che,  se  sono  stati  concessi  contributi  o  agevolazioni
pubbliche, il vincolo puo' essere rimosso solo previa restituzione di
questi, qualora cio' avvenga prima della scadenza  del  finanziamento
agevolato (comma 2, secondo periodo); d)  prescrive  alle  Regioni  e
alle Province autonome di adeguare  i  propri  ordinamenti  a  quanto
disposto  dal  citato  decreto  del  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri, entro  un  anno  dalla  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta
Ufficiale (comma 3,  primo  periodo);  e)  lascia  ferme,  in  quanto
compatibili, le disposizioni di cui al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 13  settembre  2002,  recante  il  recepimento
dell'accordo fra lo Stato, le Regioni  e  le  Province  autonome  sui
principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e  lo  sviluppo  del
sistema turistico (comma 3, secondo periodo). 
    Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  di  cui  al
censurato  art.  31  non  risulta  essere  stato  ancora  pubblicato.
Interpellate in udienza, le parti non hanno riferito informazioni  in
ordine allo stato della  procedura  per  l'approvazione  del  decreto
stesso. 
    4.- Ad avviso delle ricorrenti, il censurato art. 31 interferisce
con  numerose   materie   oggetto   di   competenze   legislative   e
amministrative delle Province autonome, regolate altresi' da apposite
norme di attuazione statutaria. 
    In particolare, la Provincia  autonoma  di  Bolzano  richiama  le
proprie competenze legislative primarie e amministrative  in  materia
di «urbanistica e piani regolatori», nonche' di «turismo e  industria
alberghiera» (di cui agli artt. 8, numeri 5 e 20, e 16 del d.P.R.  31
agosto 1972, n. 670, recante  «Approvazione  del  testo  unico  delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige»); la competenza legislativa residuale in materia
di  commercio  (ai  sensi  degli  artt.  117,  comma  quarto,   della
Costituzione, e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,
recante  «Modifiche  al  titolo   V   della   parte   seconda   della
Costituzione»); la competenza concorrente  in  materia  di  «esercizi
pubblici» (art. 9, numero 7, dello  Statuto  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol).  La  ricorrente  richiama  inoltre  il
d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed opere pubbliche), il d.P.R.  22  marzo  1974,  n.  278  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di turismo  ed  industrie  alberghiere)  e  il  d.P.R.  1°
novembre 1973, n. 686 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la  regione  Trentino-Alto  Adige  concernente  esercizi  pubblici  e
spettacoli pubblici). Tra le norme  di  attuazione  statutaria  sono,
altresi', richiamati l'art. 11, comma 2, del d.P.R. 19 novembre 1987,
n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle  province
autonome di Trento e  Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 luglio  1977,  n.  616),  secondo  cui
«[l]e funzioni delegate alle regioni a statuto ordinario in forza del
decreto del Presidente della  Repubblica  24  luglio  1977,  n.  616,
qualora riguardino materie  comprese  negli  articoli  4  e  8  dello
statuto speciale, sono trasferite, rispettivamente,  alla  regione  o
alle province autonome per la parte che  gia'  non  spetti  loro  per
competenza propria»; nonche' l'art. 2 del d.lgs. 16  marzo  1992,  n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), a norma del quale - sostiene la ricorrente -  per  le
Province autonome un onere di adeguamento  potrebbe  sussistere  solo
nei confronti di atti legislativi dello Stato. 
    Dal canto suo, la  Provincia  autonoma  di  Trento  rivendica  le
proprie competenze legislative primarie e amministrative  in  materia
di «urbanistica e  piani  regolatori»,  di  «tutela  del  paesaggio»,
nonche' di «turismo e industria alberghiera» (di cui  agli  artt.  8,
numeri 5,  6  e  20,  e  16  dello  Statuto  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol),  nonche'  la  competenza  legislativa
residuale in materia di commercio (ai sensi degli  artt.  117,  comma
quarto, Cost., e 10  della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001);
richiama, inoltre, il d.P.R. n. 381 del 1974, il d.P.R.  n.  278  del
1974 e il d.P.R. n. 686 del 1973, nonche' l'art. 2 del d.lgs. n.  266
del 1992. Con riguardo a questi parametri, la Provincia  autonoma  di
Trento  sviluppa  argomenti   sostanzialmente   analoghi   a   quelli
dell'altra ricorrente. 
    Entrambi i ricorsi assumono che la clausola di  salvaguardia,  di
cui all'art. 43-bis del d.l. n 133 del 2014, introdotta  in  sede  di
conversione dalla legge  n.  164  del  2014,  non  sia  in  grado  di
neutralizzare l'efficacia lesiva del censurato  art.  31,  in  virtu'
dell'obbligo di adeguamento previsto al comma 3 dello stesso art. 31. 
    Infine, in via subordinata, i ricorsi  lamentano  una  violazione
del principio di leale  collaborazione,  in  quanto  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, previsto  dal  censurato  art.
31, deve  essere  adottato  in  base  a  una  procedura  che  prevede
un'intesa con le Regioni e le Province autonome, da assumersi in sede
di Conferenza unificata ai sensi dell'art. 9 del d.lgs.  n.  281  del
1997, disposizione questa che - richiamando,  attraverso  il  proprio
comma 2, lettera b), l'art. 3, commi 3 e 4, dello  stesso  d.lgs.  n.
281 del 1997 - consente al Governo di procedere unilateralmente,  con
deliberazione motivata, quando l'intesa non e' raggiunta entro trenta
giorni, ovvero in caso di «motivata urgenza», salvo sottoporre  entro
15  giorni  i  provvedimenti  adottati  all'esame  della   Conferenza
Stato-Regioni. 
    5.- Preliminarmente, va dichiarata l'inammissibilita'  di  alcune
questioni,  per  le  quali   non   sussiste   la   necessaria   piena
corrispondenza tra i ricorsi e le delibere delle  Giunte  provinciali
(ratificate  dai  rispettivi  Consigli  provinciali)  che  ne   hanno
autorizzato la proposizione (sentenze n. 55 e n. 46 del 2015, n.  309
e n. 220 del 2013). In particolare, per quanto  riguarda  il  ricorso
della Provincia autonoma di Bolzano, la  delibera  della  Giunta  non
lamenta  la  violazione  dell'art.  117,  comma  quarto,  Cost.,   in
relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e del d.P.R. n.
381 del 1974; per quanto riguarda il ricorso della Provincia autonoma
di Trento, la Giunta non censura l'impugnato art. 31  per  violazione
dello stesso d.P.R. n. 381 del 1974 (il quale figura  nella  delibera
della Giunta provinciale solo in relazione all'art. 7 del d.l. n. 133
del 2014, come convertito dalla legge n. 164 del  2014,  che  non  e'
oggetto del presente giudizio) e del  d.P.R.  n.  686  del  1973.  In
relazione ai suddetti parametri, dunque, le questioni debbono  essere
dichiarate inammissibili. 
    6.- Quanto agli effetti della clausola  di  salvaguardia  di  cui
all'art. 43-bis del d.l. n. 133  del  2014,  introdotto  in  sede  di
conversione dalla legge n. 164 del 2014, si  deve  convenire  con  la
difesa delle ricorrenti che  il  censurato  art.  31  -  prescrivendo
esplicitamente, nel primo periodo del comma 3, che le  Regioni  e  le
Province autonome «adeguano i propri ordinamenti  a  quanto  disposto
dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma
1 entro un anno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale»  -
presuppone logicamente la sua applicabilita'  agli  enti  ricorrenti.
Pertanto, in riferimento  alla  disposizione  censurata,  non  spiega
effetto  la  generale  clausola   di   salvaguardia   contenuta   nel
decreto-legge (art. 43-bis), la quale, secondo la  giurisprudenza  di
questa Corte, e' da intendersi derogata a fronte di una  disposizione
del medesimo atto normativo che impone espressamente  un  obbligo  di
adeguamento (ex plurimis, sentenze n. 137  del  2014  e  n.  241  del
2012). 
    7.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    7.1.-  L'impugnato  art.  31  introduce  norme  in   materia   di
condhotel,  una  tipologia  innovativa  di  esercizi  alberghieri,  a
gestione unitaria, che  forniscono  servizi  sia  nelle  tradizionali
camere  destinate  alla  ricettivita',  sia  in  unita'  abitative  a
destinazione residenziale. Nell'ordinamento italiano, la  figura  del
condhotel e' menzionata per la prima volta all'art. 10, comma 5,  del
decreto-legge 31 maggio 2014, n.  83  (Disposizioni  urgenti  per  la
tutela del patrimonio culturale,  lo  sviluppo  della  cultura  e  il
rilancio del turismo), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 29 luglio 2014, n. 106, che non ha mai  ricevuto
attuazione. E' solo nell'art. 31 del  d.l.  n.  133  del  2014,  come
convertito, qui in  esame,  che  il  nuovo  istituto  trova  una  sua
definizione e un principio  di  disciplina,  da  svilupparsi  tramite
l'apposito  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
configurando   una   nuova   tipologia   di   esercizio   alberghiero
contraddistinta  dall'offerta  di  servizi,  oltre  che   in   camere
tradizionali, anche in unita' residenziali  di  proprieta'  di  terzi
privati. 
    Non v'e' dubbio che la  disciplina  dei  condhotel  attenga  alla
materia del «turismo e industria alberghiera»,  di  competenza  delle
Regioni  e  delle  Province  autonome,  come   emerge   anche   dalla
enunciazione delle finalita' dell'intervento legislativo in esame, il
quale mira a «diversificare l'offerta turistica» e  a  «favorire  gli
investimenti volti alla riqualificazione degli  esercizi  alberghieri
esistenti». Tuttavia, non si puo' affermare che essa riguardi in  via
esclusiva la  suddetta  materia,  presentando  altresi'  profili  che
interferiscono con la materia dell'urbanistica  e  del  «governo  del
territorio», nonche' con l'«ordinamento civile». 
    Il censurato art. 31, infatti, qualifica il  condhotel  come  una
struttura di ricezione turistica in cui coesistono unita' immobiliari
con destinazione urbanistica differente, alberghiera e  residenziale,
e dispone affinche' cio' possa avvenire anche mediante trasformazione
delle strutture ricettive esistenti, previa rimozione,  ove  occorra,
degli eventuali vincoli di destinazione alberghiera. Incidendo  sulla
destinazione urbanistica degli immobili (si vedano, mutatis mutandis,
sentenze n. 340 e n.  318  del  2009)  la  disciplina  dei  condhotel
riguarda, quindi, anche la materia dell'«urbanistica» e del  «governo
del territorio» (sentenze n. 46 del 2014, n. 209 del 2009, n.  9  del
2008, n. 303 del 2007, n. 450 del 2006). 
    D'altra  parte,  la  disciplina  dei  condhotel  coinvolge  anche
rapporti di natura privatistica:  basti  osservare  che,  all'interno
della nuova figura  delineata  dall'art.  31,  comma  1,  le  «unita'
abitative a destinazione  residenziale»  possono  essere  oggetto  di
diritti, evidentemente anche reali, di soggetti diversi  dall'impresa
alberghiera; sicche', le «condizioni di esercizio», da definirsi  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui allo  stesso
comma 1, debbono riguardare  sia  i  rapporti  con  il  pubblico  dei
turisti, sia quelli con  i  proprietari  delle  unita'  residenziali,
nelle  quali  pure  l'impresa  offre  i  propri  servizi,  «in  forma
integrata  e   complementare»   a   quanto   avviene   nelle   camere
tradizionali. Dunque, la natura ibrida e complessa della nuova figura
giuridica - la quale si riflette nella  sua  stessa  denominazione  -
richiede   che   siano   regolamentati   anche   importanti   aspetti
contrattuali  e  condominiali,  come  tali  attinenti  alla   materia
dell'«ordinamento civile» (sentenze n. 80  del  2012  e  n.  369  del
2008), prevista all'art. 117, comma secondo, lettera  l),  Cost.,  il
quale, peraltro, ha codificato il limite del «diritto  privato»  gia'
consolidatosi   nella   giurisprudenza   anteriore    alla    riforma
costituzionale del 2001 (sentenza n. 295 del 2009). 
    Pertanto, nella peculiare disciplina in questione, per come  essa
e' formulata, vengono in rilievo competenze eterogenee, alcune  delle
quali di stretta spettanza esclusiva statale, altre  a  vario  titolo
attribuite alle Regioni  e  alle  Province  autonome.  Inoltre,  tali
molteplici competenze non si presentano separate  nettamente  tra  di
loro e sono, anzi, legate in un inestricabile intreccio (sentenze  n.
334 del 2010 e n. 50 del 2005), senza che sia possibile identificarne
una  prevalente  sulle  altre  dal  punto  di  vista  qualitativo   o
quantitativo. 
    Di conseguenza, deve trovare applicazione il principio  generale,
costantemente ribadito  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  (da
ultimo, sentenza n.  140  del  2015),  secondo  il  quale  in  ambiti
caratterizzati da una pluralita' di competenze -  come  nel  caso  in
esame, in cui le norme impugnate si  pongono  all'incrocio  di  varie
materie (turismo,  urbanistica,  ordinamento  civile)  -  e,  qualora
risulti impossibile comporre il  concorso  di  competenze  statali  e
regionali,   tramite   un   criterio   di    prevalenza,    non    e'
costituzionalmente illegittimo l'intervento del legislatore  statale,
purche' agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che
deve in ogni caso permeare di se'  i  rapporti  tra  lo  Stato  e  il
sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2014, n. 237
del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008) e che puo' ritenersi  congruamente
attuato mediante la previsione dell'intesa. 
    7.2.- La disposizione  impugnata  attua  il  principio  di  leale
collaborazione,  prevedendo  che  il  decreto  del   Presidente   del
Consiglio dei ministri - che deve definire le condizioni di esercizio
del condhotel e i criteri e le modalita' per la rimozione del vincolo
di destinazione alberghiera  in  caso  di  interventi  edilizi  sugli
esercizi esistenti - sia adottato «previa intesa tra Governo, Regioni
e Province autonome di Trento e di Bolzano,  in  sede  di  Conferenza
Unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28  agosto
1997, n. 281» (art. 31, comma 1). 
    Tenuto conto che  gli  interessi  implicati  non  riguardano  una
singola Regione o Provincia autonoma (sentenza n. 278 del  2010),  ma
tematiche comuni a tutto il sistema delle autonomie, inclusi gli enti
locali  (sentenza  n.  383  del  2005),  appare  adeguata  la  scelta
legislativa di coinvolgere Regioni, Province  autonome  ed  autonomie
locali  nel  loro  insieme,  attraverso  la   Conferenza   unificata:
istituto, questo, utile non solo alla semplificazione procedimentale,
ma anche a facilitare l'integrazione dei diversi  punti  di  vista  e
delle diverse esigenze degli enti  regionali,  provinciali  e  locali
coinvolti  (sentenza  n.  408  del  1998).  Del  resto,  in  piu'  di
un'occasione e in casi analoghi,  e'  stata  questa  stessa  Corte  a
identificare l'intesa in sede di Conferenza unificata come  strumento
idoneo a realizzare  la  leale  collaborazione  tra  lo  Stato  e  le
autonomie (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n. 163  del
2012),  qualora  non  siano  coinvolti  interessi  esclusivamente   e
individualmente imputabili al singolo ente autonomo. 
    Le ricorrenti lamentano che il  loro  coinvolgimento  -  previsto
dalle norme in questione tramite un richiamo al procedimento  di  cui
all'art. 9 del d.lgs. n. 281 del 1997 - sia troppo  debole,  data  la
possibilita'  che  dall'intesa  il  Governo  possa  prescindere,  con
deliberazione  motivata,  nei  casi  di  mancato  accordo  entro   un
determinato periodo di tempo o in caso di urgenza. 
    Anche tale doglianza e', tuttavia, destituita di fondamento,  nei
termini di seguito precisati. 
    A prescindere dal fatto che la  lamentata  debolezza  dell'intesa
non sarebbe attribuibile all'impugnato  art.  31,  ma  finirebbe  per
investire la stessa disciplina generale delle  intese  in  seno  alla
Conferenza unificata (art. 9 del d.lgs. n.  281  del  1997),  nonche'
quella delle intese in seno alla Conferenza  Stato-Regioni  (art.  3,
commi 3 e 4, del d.lgs. n. 281 del 1997), che non  sono  oggetto  del
presente  giudizio,  occorre  precisare  che,  secondo  la   costante
giurisprudenza di questa Corte, gli  strumenti  di  cooperazione  tra
diversi enti debbono prevedere meccanismi per  il  superamento  delle
divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici
strumenti di mediazione. Se, da un lato, il superamento del  dissenso
deve essere reso possibile, anche col prevalere della volonta' di uno
dei soggetti coinvolti, per evitare che l'inerzia di una delle  parti
determini un blocco  procedimentale,  impedendo  ogni  deliberazione,
dall'altro, il principio di leale  collaborazione  non  consente  che
l'assunzione unilaterale dell'atto da parte  dell'autorita'  centrale
sia  mera   conseguenza   automatica   del   mancato   raggiungimento
dell'intesa entro un  determinato  periodo  di  tempo  (ex  plurimis,
sentenze n. 239 del 2013, n. 179 del 2012, n. 165 del 2011) -  specie
quando il termine previsto e', come nel  caso,  alquanto  breve  -  o
dell'urgenza del provvedere. Il  principio  di  leale  collaborazione
esige che le procedure volte a raggiungere l'intesa siano configurate
in modo tale da consentire l'adeguato sviluppo  delle  trattative  al
fine di superare le divergenze. 
    Interpretata alla luce dei suddetti principi,  la  disciplina  di
cui  al  d.lgs.  n.  281  del  1997,  richiamata  dalla  disposizione
impugnata, richiede che  l'eventuale  determinazione  unilaterale  da
parte del Governo in caso di mancata  intesa  sia  corredata  da  una
motivazione esplicita, specifica e concreta, ove si dia  conto  degli
scambi intercorsi e dei perduranti punti di dissenso e, alla luce  di
cio', si illustrino  le  ragioni  per  cui  si  ritiene  urgente  una
determinazione  della  sola  parte  statale,  o  comunque  non   piu'
praticabile - eventualmente  anche  dopo  la  scadenza  del  previsto
termine di 30 giorni - un ulteriore protrarsi delle trattative. 
    Degli eventuali difetti di questa motivazione e della  dialettica
ad essa retrostante, le  Regioni  e  le  Province  autonome  potranno
eventualmente dolersi nei modi appropriati, anche  dinanzi  a  questa
Corte. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separata pronuncia la decisione delle altre questioni
di legittimita' costituzionale promosse dalla Provincia  autonoma  di
Trento (reg. ric. n. 9 del 2015); 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 31 del decreto-legge 12 settembre  2014,  n.
133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,  la  realizzazione
delle  opere   pubbliche,   la   digitalizzazione   del   Paese,   la
semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e
per  la  ripresa  delle  attivita'   produttive),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n.
164, promosse, in  riferimento  all'art.  117,  comma  quarto,  della
Costituzione e all'art. 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), nonche' al d.P.R. 22 marzo  1974,  n.  381  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia  di  urbanistica  ed  opere  pubbliche),  dalla  Provincia
autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 8 del 2015); 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 31 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito
dalla legge n. 164 del 2014, promosse, in riferimento  al  d.P.R.  n.
381 del 1974  e  al  d.P.R.  1°  novembre  1973,  n.  686  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
concernente esercizi pubblici e spettacoli pubblici), dalla Provincia
autonoma di Trento (reg. ric. n. 9 del 2015); 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 31 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito
dalla legge n. 164 del 2014, promosse, in riferimento agli  artt.  8,
numeri 5) e 20), 9, numero 7), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige),  all'art.  2  del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento), all'art. 11, comma
2, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.  526  (Estensione  alla  regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome  di  Trento  e  Bolzano
delle disposizioni del decreto del  Presidente  della  Repubblica  24
luglio 1977, n. 616), al d.P.R. 22  marzo  1974,  n.  278  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di turismo ed industrie alberghiere), al d.P.R. n. 686 del
1973, nonche' al principio di leale  collaborazione  dalla  Provincia
autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 8 del 2015); 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 31 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito
dalla legge n. 164 del 2014, promosse, in riferimento agli  artt.  8,
numeri 5), 6) e 20), e 16 del d.P.R. n. 670 del 1972,  all'art.  117,
comma quarto, Cost. e all'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001,
all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, al d.P.R.  n.  278  del  1974,
nonche' al principio di leale collaborazione dalla Provincia autonoma
di Trento (reg. ric. n. 9 del 2015). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI