N. 51 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2015
Ordinanza del 24 settembre 2015 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Biella sul ricorso proposto da Simonetti Roberto contro Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Biella. Imposte sui redditi - Detraibilita' dal 2007 delle erogazioni in danaro tracciabili effettuate a favore di partiti politici non a titolo di liberalita', ma di corrispettivo. - Decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149 (Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticita' dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, art. 11, comma 4-bis.(GU n.11 del 16-3-2016 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI BIELLA (Sezione 1) Riunita con l'intervento dei signori: Catania Antonio, Presidente; Bertolo Roberto, relatore; Vicuna Vezio, giudice; Ha emesso la seguente ordinanza, sul ricorso n. 213/14 spedito il 17 settembre 2014, avverso avviso di accertamento n. T7Q010201237/2013 IRPEF - on. deduc. 2008; avverso avviso di accertamento n. T7Q010201262/2013 IRPEF - on. deduc. 2009; avverso avviso di accertamento n. T7Q010201264/2013 IRPEF - on. deduc. 2010; avverso avviso di accertamento n. T7Q010201265/2013 IRPEF - on. deduc. 2011; Contro: Ag. Entrate Direzione provinciale Biella, proposto dai ricorrenti: Simonetti Roberto Via Delleani, 39 - 13900 Biella BI, difeso da: dott. Cremona Massimo, viale Sabotino n. 19/2 - 20100 Milano MI, difeso da: dott. Pallino Carmine, viale Sabotino n. 19/2 - 20100 Milano MI, altre parti coinvolte: Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forli' - 47121 Forli' FC. Col ricorso introduttivo del giudizio n. 213/14 RG., nella forma di reclamo-mediazione ex art. 17-bis del decreto legislativo n. 546/1992, notificato il 19 maggio 2014 a mezzo servizio postale, Roberto Simonetti ha impugnato cumulativamente avanti a questa Commissione quattro avvisi di accertamento, rispettivamente afferenti gli anni dal 2008 al 2011, con i quali l'Agenzia delle Entrate, Ufficio provinciale di Biella, ha disconosciuto la deducibilita' dal reddito imponibile ai fini dell'imposta su reddito delle persone fisiche, contemplata dall'art. 15, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22.12.1986 n. 917, di erogazioni in denaro concesse a favore del partito politico di appartenenza del ricorrente, negando il carattere "liberale" dei versamenti in virtu' di una ritenuta corrispettivita' fra i pagamenti eseguiti e il "patto" di candidatura stipulato dal ricorrente per l'inserimento nelle liste dei candidati alle elezioni di quel partito politico. L'Agenzia delle entrate riferisce nelle proprie controdeduzioni, per quanto qui rileva: che le donazioni in denaro a favore di partiti politici, per poter essere considerate detraibili ai sensi dell'art. 15 comma 1-bis del D.P.R. n. 917/86 vigente ratione temporis devono intendersi effettuate senza alcuna controprestazione e neppure in adempimento di un obbligo giuridico, morale o sociale; che nel giudizio sono stati prodotti stralci di verbali di assunzione di informazioni ex art. 362 c.p.p., redatti nell'ambito di un procedimento penale pendente avanti alla Procura della Repubblica di Forli' a carico di esponenti del partito in questione; che da tale processo penale ha preso avvio l'accertamento tributario, che questa Commissione e' deputata a valutare, a seguito di trasmissione, avvenuta in data 27.7.2012, di documentazione da parte della Procura della Repubblica di Farli all'Agenzia delle Entrate di Reggio Emilia e successiva segnalazione di quest'ultima all'Ufficio provinciale di Biella; che dagli atti del procedimento (penale), e segnatamente dalle testimonianze raccolte, risulta che i candidati della Lega Nord, per poter essere inseriti nelle primissime posizioni delle liste elettorali dovevano sottoscrivere quale condicio sine qua non per l'accettazione, da parte del partito, della loro candidatura, una scrittura privata con la quale si impegnavano, se eletti, a corrispondere la somma di € 145.000,00 da versare nelle casse del partito, in rate mensili costanti e consecutive, per tutta la durata della legislatura, quale corrispettivo per la gestione della campagna elettorale e la messa a disposizione di strutture locali del partito a supporto dei singoli candidati. Tale scrittura valeva quale riconoscimento di debito e costituiva titolo per l'emissione di decreto ingiuntivo in caso di inadempimento (titolo che risulta azionato giudizialmente in un caso specifico di inadempienza); che nel corso del presente giudizio tributario e' stata eccepita dal ricorrente l'entrata in vigore di una norma costituita dall'art. 11 comma 4-bis del decreto-legge n. 149/2013 nel testo risultante dall'approvazione di un emendamento presentato dall'On. le Calderoli e dall'On. le Bisinella quali rappresentanti del medesimo partito politico beneficiario delle contestate erogazioni liberali; che la norma invocata dal ricorrente dispone: «A partire dall'anno di imposta 2007 le erogazioni in denaro effettuate a favore di partiti politici, esclusivamente tramite bonifico bancario o postale e tracciabili secondo la vigente normativa antiriciclaggio, devono comunque considerarsi detraibili ai sensi dell'art. 15, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917». Ritiene questa Commissione di dover dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 11 comma 4-bis del decreto-legge 28 dicembre 2013 n. 149, quale risultante dalla legge di conversione 21 febbraio 2014 n. 13, in virtu' delle seguenti considerazioni: non sembra anzitutto revocabile in dubbio, considerata l'esistenza di un plurimo contenzioso, di cui si ha notizia certa (presso la Commissione tributaria di Verbania pendeva, ad esempio, analogo ricorso promosso da altro senatore della Lega Nord), che la norma in esame sia stata congegnata appositamente allo scopo di sottrarre una generalita' di parlamentari eletti nelle liste del partito della Lega Nord alle conseguenze di natura tributaria, e a quelle, eventualmente a queste collegate, di natura penale, derivanti dall'indebita detrazione delle erogazioni di denaro effettuate a favore del partito, conseguenze altrimenti inevitabili posto che la natura non liberale ma corrispettiva era stata «disvelata» dall'Agenzia delle entrate sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese nel processo penale sopra mentovato. Parimenti risulta per certo che il marchingegno sia stato ideato da altri parlamentari del medesimo partito, diretto beneficiario degli effetti favorevoli della nuova norma, in quanto l'emendamento che ha modificato il testo dell'art. 11 del decreto-legge n. 149/2013 introducendo il comma 4-bis, risulta proposto proprio e soltanto dai senatori della Lega Nord, on.li Calderoli e Bisinella. Occorre evidenziare infine il carattere espressamente retroattivo della norma, estesa a tutti gli anni d'imposta anteriori a quello in cui e' entrata in vigore, fino a tutto il 2007, segno evidente che le riprese a tassazione operate dagli Uffici finanziari erano state estese all'arco di tempo decorrente dal 2007: l'accertamento dell'Agenzia Ufficio di Biella oggetto del presente processo concerne per l'appunto gli anni dal 2008 al 2011. Ricorre pertanto il fumus che si tratti di una norma introdotta (peraltro, dicasi incidenter tantum, con lo strumento abusato del decreto-legge in difetto dei presupposti della necessita' ed urgenza, requisiti non sanabili dalla legge di conversione) non per tutelare esigenze di carattere generale bensi' interessi del tutto particolari e personali. Nonche' peraltro puo' condividersi l'esegesi della norma fornita dall'Agenzia delle entrate la quale, al fine di contrastare l'eccezione del ricorrente, sostiene, ma senza fondamento, che essa deve leggersi nel senso che le erogazioni in parola devono considerarsi detraibili «comunque... ai sensi dell'art. 15, comma 1-bis» e dunque in osservanza dei requisiti dallo stesso previsti tra i quali per l'appunto lo spirito di liberalita' che deve sempre connotare il finanziamento privato; tale interpretazione forza le espressioni letterali della disposizione in quanto l'avverbio "comunque" non puo' essere inteso altrimenti che come elemento ostativo ad una valutazione contraria alla detraibilita' dei versamenti eseguiti. Tanto premesso la norma de qua agitur presenta profili di illegittimita' costituzionale sotto il riguardo della violazione, ad avviso di questa Commissione, di vari parametri enunciati nella Carta o in essa connaturati. 1) Sotto un primo profilo, la norma criticata si espone ad un giudizio di irragionevolezza. A far tempo da una certa «era» (perche' di mutamento epocale occorre parlare), la Corte costituzionale ha iniziato ad ampliare lo scrutinio di ragionevolezza, sganciandolo dal principio di uguaglianza, e dichiarando incostituzionale una disposizione o una norma non piu' in virtu' dell'art. 3, comma 1, Cost., ma perche' irragionevole tout court. Scrive un autorevole giurista che, nell'ambito della giurisprudenza costituzionale, il canone della ragionevolezza ha ormai assunto i contorni di un vero e proprio principio costituzionale, assurgendo cosi' a parametro autonomo del sindacato di costituzionalita'. Ne deriva che, mediante la sua applicazione la Corte non promuove tanto l'eguale trattamento tra situazioni illegittimamente differenziate, ma tende piuttosto a favorire l'eguaglianza attraverso ragionevoli differenziazioni normative, spostando cosi' il proprio giudizio in parte anche sul merito dell'opzione legislativa. Il distacco della ragionevolezza dall'eguaglianza giuridica si registra infatti quando il giudice costituzionale arriva a sindacare il contenuto degli atti legislativi in quanto irragionevoli in se', senza cioe' presupporre alcuno specifico termine di raffronto. In questa differente prospettiva, la ragionevolezza sembra esigere piu' nettamente l'intrinseca razionalita' delle opzioni parlamentari, confondendosi con la generale esigenza di una coerenza interna e dell'ordinamento giuridico. In tali casi l'esame della disciplina positiva viene condotto alla luce della ratio legis, assunta, da una parte, in relazione all'assetto normativo nel suo complesso e, dall'altra, in rapporto al proprio specifico contesto applicativo, per cui il livello minimo del controllo di razionalita' coincide con l'accertamento della coerenza logica dell'atto legislativo. Il vizio di illogicita' della legge ricorrera', pertanto, tutte le volte in cui sia riscontrabile una contraddizione tra le diverse prescrizioni normative all'interno di un medesimo testo, oppure qualora sia ravvisabile un'antinomia tra la disposizione impugnata e il particolare settore dell'ordinamento nel quale la disciplina si colloca. Nella seconda eventualita' la contraddizione trascende i confini dell'atto legislativo, per assumere un rilievo piu' ampio in cui la disposizione viene a collidere con il quadro sistematico di riferimento, rispetto al quale l'oggetto della questione costituisce un elemento estraneo o dissonante. Evidentemente, il legislatore rimane pur sempre libero di compiere scelte discrezionali che si discostino o addirittura contrastino apertamente con le proprie precedenti decisioni, potendo anche legittimamente mutare indirizzo in ragione di circostanze contingenti. Tuttavia, queste digressioni dalla propria ordinaria linea politica dovranno comunque essere suffragate da giustificazioni adeguate, non potendosi risolvere in decisioni del tutto arbitrarie. In effetti, considerazioni di natura eminentemente logica, prima ancora che giuridica, impongono che nell'assumere una certa decisione anche il legislatore non si discosti dalle valutazioni compiute in precedenza su uno stesso argomento, fatta salva ovviamente la possibilita' di addurre argomentazioni plausibili a sostegno della propria opzione. Anche perche', come spesso accade nella pratica, quando il potere legislativo contraddice se stesso, questa contraddizione si risolve inevitabilmente nell'illegittima creazione di un privilegio, che dovra' essere rimosso dalla Corte, perche' non corroborato da ragioni oggettive che ne giustifichino la sussistenza. Le precedenti determinazioni del legislatore, in quanto frutto di un preciso intendimento politico, potranno cosi essere utilmente impiegate al fine di valutare la razionalita' e la ragionevolezza della normativa oggetto del giudizio, ricorrendo a un riscontro di coerenza tra la disciplina impugnata e le politiche legislative, che, fino a quel momento, hanno ispirato l'azione del Parlamento. Tale ricostruzione, se da un lato riafferma la spettanza al potere legislativo di tutte le scelte normative che questi ritenga piu' opportune per conseguire i propri fini negli ambiti riservati all'indirizzo politico, dall'altro, circoscrive il carattere di quelle stesse valutazioni, qualificandole come vincolanti per il futuro nel contesto di un preciso raffronto sull'arbitrarieta' dell'attivita' parlamentare. Per queste ragioni, quando la Corte esamina questioni di legittimita' costituzionale relative al rispetto del principio di ragionevolezza il tertium comparationis tacitamente assunto coincidera' generalmente con le politiche legislative sviluppate e seguite in quella stessa materia. Alla luce di siffatti principi appare evidente che, confrontata con il panorama normativo che l'ha preceduta e con quello che la circonda, la norma in questione se ne discosta sensibilmente. Ancorche' di rilievo non risolutivo, non priva di rilevanza appare anzitutto la collocazione della norma sospettata di incostituzionalita' al di fuori della sedes materiae propria delle detrazioni d'imposta: la scelta di stabilire un tipo di detrazione ad hoc, in tema di finanziamento ai partiti, appare suggerita non tanto dall'esigenza di dettare una specifica (per la sede prescelta) disciplina delle detrazioni in materia di erogazioni ai partiti politici, quanto piuttosto ispirata a quella di commettere un vero e proprio colpo di mano dell'ultima ora (e' infatti contenuta in un isolato emendamento), per di piu' confidando che la disposizione passasse inosservata, laddove tale non sarebbe stata se, riservandola ad altra sede normativa, fosse stata sottoposta al vaglio degli esperti in materia fiscale per coordinarla con le altre norme del TUIR; peraltro non sarebbe stato difficoltoso inserire la detrazione tra le altre elencate dall'art. 15 del TUIR talche' la scelta di inserirla nel diverso corpus legislativo sembra davvero corrispondere ad intenti meno nobili. Essa in realta', ove raffrontata con le singole fattispecie contemplate dall'art. 15 del TUIR, confligge con tutte le disposizioni elaborate ed introdotte nella specifica materia (delle detrazioni fiscali) allo scopo di contrastare eventuali abusi e distorte utilizzazioni. Limitando l'esame delle fattispecie ivi elencate, restringendo la verifica all'ambito delle erogazioni propriamente dette, irrilevanti essendo interessi passivi, spese sanitarie e altre tipologie, si nota che l'art. 15 del D.P.R. n. 917/86 prevede alla lettera h) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attivita' di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attivita' culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'art. 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonche' per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali. Le iniziative culturali devono essere autorizzate, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, che deve approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinche' le erogazioni liberali fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi indicati nella presente lettera e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato, o delle regioni e degli enti locali territoriali, nel caso di attivita' o manifestazioni in cui essi siano direttamente coinvolti, e sono destinate ad un fondo da utilizzare per le attivita' culturali previste per l'anno successivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali comunica, entro il 31 marzo di ciascun anno, al centro informativo del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze l'elenco nominativo dei soggetti erogatori, nonche' l'ammontare delle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell'anno precedente; h-bis) il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai soggetti e per le attivita' di cui alla lettera h); sono poi previste: alla lettera i) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attivita' nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonche' per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalita' dal percipiente entro il temine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalita', all'entrata dello Stato; alla lettera i-ter) le erogazioni liberali in denaro per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 1.500 curo, in favore delle societa' e associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito per il tramite di banca o ufficio postale ovvero secondo altre modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n, 400; alla lettera i-quater) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Si applica l'ultimo periodo della lettera i-bis); alla lettera i-octies) le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni, nonche' a favore delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e delle universita', finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e universitaria e all'ampliamento dell'offerta formativa; la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'art. 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241; alla lettera i-novies) le erogazioni liberali in denaro al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui all'art. 45, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, effettuate mediante versamento bancario o postale ovvero secondo altre modalita' stabilite con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; il comma 1.1 recita: «Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 24 per cento, per l'anno 2013, e al 26 per cento, a decorrere dall'anno 2014, per le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 30.000 euro annui, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS), delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). La detrazione e' consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito per il tramite di banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'art. 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e secondo ulteriori modalita' idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400..... ed il comma 1-ter: «Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si detrae dall'imposta lorda, e fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonche' delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro delle Comunita' europee, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui contratti, a partire dal 1° gennaio 1998 e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unita' immobiliare da adibire ad abitazione principale. La detrazione e' ammessa a condizione che la stipula del contratto di mutuo da parte del soggetto possessore a titolo di proprieta' o altro diritto reale dell'unita' immobiliare avvenga nei sei mesi antecedenti, ovvero nei diciotto mesi successivi all'inizio dei lavori di costruzione. Con decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le modalita' e le condizioni alle quali e' subordinata la detrazione di cui al presente comma.» Il comma 2 stabilisce: «Per gli oneri indicati alle lettere c), e), f), i-quinquies) e i-sexies) del comma 1 la detrazione spetta anche se sono stati sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'art. 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, fermo restando, per gli oneri di cui alla lettera f), il limite complessivo ivi stabilito. Per gli oneri di cui alla lettera c) del medesimo comma 1 sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'art. 12 che non si trovino nelle condizioni previste dal comma 2 del medesimo articolo, affette da patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, la detrazione spetta per la parte che non trova capienza nell'imposta da esse dovuta, relativamente alle sole spese sanitarie riguardanti tali patologie, ed entro il limite annuo di lire 12.000.000. Per le spese di cui alla lettera i-septies) del citato comma 1, la detrazione spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche se sono state sostenute per le persone indicate nell'art. 12 ancorche' non si trovino nelle condizioni previste dal comma 2 del medesimo articolo.» 3. Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 sostenuti dalle societa' semplici di cui all'art. 5 la detrazione spetta ai singoli soci nella stessa proporzione prevista nel menzionato art. 5 ai fini della imputazione del reddito. Da un esame comparativo delle disposizioni sopra richiamate si evince che ogniqualvolta il legislatore menziona le «erogazioni», fa seguire a detto vocabolo l'attributo «liberali» con cio' volendo significare che le erogazioni non debbono consistere in corrispettivi sinallagmatici di altre, corrispondenti, prestazioni. Al contrario le erogazioni previste dalla norma censurata (comma 4-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 149/2013) non sono connotate dal requisito della liberalita' (atteso che la norma parla solo di «erogazioni in denaro»), ed anzi proprio l'avverbio «comunque» e' destinato ad escludere tale presupposto, volendo significare che l'erogazione in favore del partito deve intendersi detraibile prescindendo dal requisito della liberalita' e quindi quand'anche si tratti di corrispettivo di una prestazione o di una concessione. Risulta dunque provato che la norma sottoposta allo scrutinio di legittimita' e' in contrasto con il panorama normativo delle politiche legislative in atto e quindi con il principio di coerenza. 2) Ma v'e' di piu': non pare dubbio che i fini perseguiti dalla norma impugnata siano esclusivamente quelli di sanare (mediante il suo effetto retroattivo) una certa situazione di illegittima detrazione di erogazioni in denaro, venutasi a creare in seno al partito politico della Lega Nord. Il potere legislativo risulta pertanto esercitato in contrasto con il divieto di abuso del diritto immanente nell'ordinamento giuridico costituzionale (oltre che comunitario). Cosi' come e' inibito al singolo soggetto dell'ordinamento l'esercizio di un diritto al solo scopo di nuocere a terzi ovvero di procurarsi un indebito profitto (quale un risparmio d'imposta), parimenti deve riconoscersi insito nell'ordinamento il divieto per i pubblici poteri (che peraltro non sono altro che l'espressione delle condotte dei singoli) di eccedere l'ambito e gli scopi per i quali la collettivita' ha delegato l'esercizio di quel potere (cfr. teoria del Contratto sociale). La norma si pone infatti in contrasto con il divieto dell'eccesso di potere legislativo, nella forma dello sviamento di potere (mutuandosi detta espressione dal diritto amministrativo) in quanto ispirata unicamente da intenti personali, riguardanti una ristretta cerchia di individui, e non dettata da interessi generali. 3) Nel caso di specie la disposizione impugnata si presenta come una norma puramente formale, che stabilisce, in modo dispotico e imperativo, senza riferimenti a giustificazioni teoretiche, un determinato obbligo prescrittivo per l'Amministrazione finanziaria, imponendole di considerare in ogni caso (viene adoperato il termine «comunque»), ovverosia a prescindere da un esame penetrante e sostanziale circa l'intima essenza dell'operazione negoziale, come detraibile tout court siccome «liberale ipso iure», un'erogazione di denaro a favore di un partito politico in presenza di meri requisiti di forma, in tal modo stabilendo una presunzione legale assoluta (juris et de jure) di detraibilita'. Pare evidente che sulla base dei criteri meramente formalistici dettati dall'emendamento in esame, sia stato del tutto inibito all'Amministrazione finanziaria di approfondire e discernere la (reale) natura dell'operazione, di tal che anche un'erogazione derivante da un illecito penale potrebbe ed anzi dovrebbe essere considerata detraibile, purche' tracciabile, senza facolta' di prova contraria. L'attivita' istituzionale della P.A. invece puo' e deve spingersi sino al punto di far emergere l'esistenza di un pactum sceleris sottostante il negozio apparente che da' titolo alla detrazione. Risulta con cio' violato anche il parametro costituzionale del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione che non presidia unicamente il diritto del privato cittadino ma anche il diritto della Pubblica Amministrazione, nella persona giuridica dell'Agenzia delle entrate, quale parte nel procedimento tributario contenzioso, e quale rappresentante dello Stato, ossia della generalita' dei cittadini interessati al reperimento delle risorse necessarie al funzionamento dei servizi pubblici generali ed alla stessa esistenza dell'entita' Stato, alla prova che un pagamento asseritamente eseguito quale erogazione liberale, liberale invece non e' affatto perche' contropartita di un vero mercanteggiamento inteso a procurare meri vantaggi economici (ad entrambe le parti del contratto scellerato). 4. Violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. La norma censurata introduce una deroga alla regola generale, desumibile dalle disposizioni previste dall'art. 15 del T.U.I.R. di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917/86 in virtu' del quale le erogazioni detraibili debbono essere connotate dal requisito della liberalita'. Una deroga alla norma generale e' legittima solo se conforme ad altri interessi costituzionali. La detraibilita' delle erogazioni in denaro ai partiti - per i periodi d'imposta a far data dal 2007 - «comunque» concessa, ossia a prescindere dall'effettiva, riscontrata, ricorrenza dello spirito di liberalita', deve dunque corrispondere ad un interesse costituzionalmente protetto e non un privilegio arbitrariamente concesso ad una singola categoria di cittadini. Pertanto la mancata estensione del medesimo trattamento alla generalita' dei consociati gia' di per se' configura una violazione del principio di eguaglianza. 5. Violazione del principio c.d. di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost.: di rado sovviene che il principio suddetto non e' posto esclusivamente a tutela dell'interesse del contribuente a non essere esposto ad atti di imposizione che non siano giustificati da una capacita' contributiva reale e proporzionale; in realta' gia' l'incipit della norma costituzionale evidenzia - prima che i limiti del potere di imposizione - l'obbligazione di tutti i consociati a concorrere alle spese pubbliche («tutti devono concorrere...»). Il dovere di contribuzione precede pertanto i limiti del potere impositivo. Ma e' la collocazione della norma nel titolo IV concernente i rapporti politici anziche' in quello dedicato ai diritti civili o ai rapporti economici, che ne pone in giusto risalto il colore assiologico. Come scrive autorevolissima dottrina nell'opera «Il principio della capacita' contributiva» (1) si deve ad una proposta dell'On. Edgardo Castelli in sede di lavori preparatori della Commissione dei 75 se la norma di cui all'art. 53, formulata nella seduta del 23 maggio 1947, venne poi - a differenza di quella che era la collocazione dell'art. 25 nello Statuto albertino (sub "Dei diritti e dei doveri dei cittadini") - sistemata quasi al centro dei rapporti politici del titolo quarto, preceduto dall'art. 52 che afferma il sacro dovere del cittadino di difesa della patria e seguito dall'art. 54 che stabilisce gli altrettanto solenni doveri dei parlamentari di «essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi» e di adempiere le funzioni pubbliche loro assegnate «con disciplina ed onore». Ne discende la conseguenza che la norma qui censurata altera l'equilibrio del rapporto che deve instaurarsi fra il cittadino e l'organo dello Stato deputato a controllare il rispetto dell'obbligo di contribuzione, costringendo l'Amministrazione Finanziaria a soggiacere ai dictat del potere politico e a rinunciare all'esercizio della potesta' impositiva la' dove al contrario esiste un preciso obbligo di sottoporre all'imposta (sul reddito delle persone fisiche) un determinato reddito senza possibilita' di fruire di detrazioni commisurate ad un'inesistente liberalita'. 6. Tra i parametri costituzionali violati si reputa rientrare anche quello sancito dall'art. 79 Cost. iuxta il quale l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Nella disposizione in esame puo' essere ravvisata una sostanziale amnistia approvata senza le maggioranze parlamentari prescritte per l'approvazione di un siffatto strumento di sanatoria-clemenza, artificiosamente ideato per condonare le violazioni tributarie e i connessi reati tributari. E' del tutto palese, e non occorre spendere soverchi argomenti al riguardo, la rilevanza della questione ai fini della decisione del ricorso da parte di questa Commissione: nel caso in cui non fosse dichiarata incostituzionale la norma di cui all'art. 11 comma 4-bis del decreto-legge n. 149/2013, il Giudice tributario sara' tenuto ad applicarla, in uno con il combinato disposto dell'art. 15, comma 1-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che va salvaguardato nella sua originaria purezza, incontaminata dalla norma censurata, alla fattispecie oggetto del giudizio eppertanto ad accogliere il ricorso di Simonetti Roberto, annullando le riprese a tassazione azionate dall'Agenzia delle entrate a mezzo degli avvisi di accertamento impugnati, non essendo seriamente ipotizzabile alcuna diversa lettura della norma in questione. Tanto premesso e ritenuto, la Commissione Provinciale di Biella, sezione prima; (1) G. Falsitta Giuffre' ed. - anno 2014 - pag. 115
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza; rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 comma 4-bis del decreto-legge n. 149/2013, convertito in legge 21 febbraio 2014 n. 13, per ritenuto contrasto con i principi di ragionevolezza, logicita' e coerenza immanenti all'ordinamento costituzionale, coi principi di divieto di abuso del diritto immanente nell'ordinamento giuridico e di eccesso del potere legislativo, nella forma dello sviamento di potere, e con gli artt. 3, 24, 53, 79 della Costituzione; sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Biella, addi' 24 settembre 2015 Il Presidente: Catania Il giudice estensore: Bertolo