N. 51 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2015

Ordinanza del 24 settembre 2015 emessa dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Biella  sul  ricorso  proposto  da  Simonetti  Roberto
contro Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Biella. 
 
Imposte sui redditi - Detraibilita'  dal  2007  delle  erogazioni  in
  danaro tracciabili effettuate a favore di partiti  politici  non  a
  titolo di liberalita', ma di corrispettivo. 
- Decreto-legge  28   dicembre   2013,   n.   149   (Abolizione   del
  finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la  trasparenza  e
  la democraticita' dei  partiti  e  disciplina  della  contribuzione
  volontaria  e  della  contribuzione  indiretta  in  loro   favore),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13,
  art. 11, comma 4-bis. 
(GU n.11 del 16-3-2016 )
 
           LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI BIELLA 
                             (Sezione 1) 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
    Catania Antonio, Presidente; 
    Bertolo Roberto, relatore; 
    Vicuna Vezio, giudice; 
    Ha emesso la seguente ordinanza, sul ricorso n. 213/14 spedito il
17   settembre   2014,   avverso   avviso    di    accertamento    n.
T7Q010201237/2013  IRPEF  -  on.  deduc.  2008;  avverso  avviso   di
accertamento n. T7Q010201262/2013 IRPEF - on.  deduc.  2009;  avverso
avviso di accertamento n. T7Q010201264/2013 IRPEF - on. deduc.  2010;
avverso avviso di  accertamento  n.  T7Q010201265/2013  IRPEF  -  on.
deduc. 2011; 
    Contro: Ag. Entrate Direzione provinciale  Biella,  proposto  dai
ricorrenti: Simonetti Roberto Via Delleani, 39  -  13900  Biella  BI,
difeso da: dott. Cremona Massimo, viale  Sabotino  n.  19/2  -  20100
Milano MI, difeso da: dott. Pallino Carmine, viale Sabotino n. 19/2 -
20100 Milano MI, altre  parti  coinvolte:  Procura  della  Repubblica
presso il Tribunale di Forli' - 47121 Forli' FC. 
    Col ricorso introduttivo del giudizio n. 213/14 RG., nella  forma
di reclamo-mediazione ex  art.  17-bis  del  decreto  legislativo  n.
546/1992, notificato il 19 maggio  2014  a  mezzo  servizio  postale,
Roberto  Simonetti  ha  impugnato  cumulativamente  avanti  a  questa
Commissione quattro avvisi di accertamento, rispettivamente afferenti
gli anni dal 2008 al 2011,  con  i  quali  l'Agenzia  delle  Entrate,
Ufficio provinciale di Biella, ha disconosciuto la deducibilita'  dal
reddito imponibile ai fini  dell'imposta  su  reddito  delle  persone
fisiche, contemplata  dall'art.  15,  comma  1-bis  del  decreto  del
Presidente della Repubblica  22.12.1986  n.  917,  di  erogazioni  in
denaro concesse a favore del partito  politico  di  appartenenza  del
ricorrente, negando il carattere "liberale" dei versamenti in  virtu'
di una ritenuta  corrispettivita'  fra  i  pagamenti  eseguiti  e  il
"patto" di candidatura stipulato  dal  ricorrente  per  l'inserimento
nelle liste dei candidati alle elezioni di quel partito politico. 
    L'Agenzia delle entrate riferisce nelle proprie  controdeduzioni,
per quanto qui rileva: 
    che le donazioni in denaro a  favore  di  partiti  politici,  per
poter essere considerate detraibili ai sensi dell'art. 15 comma 1-bis
del D.P.R. n.  917/86  vigente  ratione  temporis  devono  intendersi
effettuate senza alcuna controprestazione e neppure in adempimento di
un obbligo giuridico, morale o sociale; 
    che nel giudizio  sono  stati  prodotti  stralci  di  verbali  di
assunzione di informazioni ex art. 362 c.p.p., redatti nell'ambito di
un procedimento penale pendente avanti alla Procura della  Repubblica
di Forli' a carico di esponenti del partito in questione; 
    che  da  tale  processo  penale  ha  preso  avvio  l'accertamento
tributario, che questa Commissione e' deputata a valutare, a  seguito
di trasmissione, avvenuta in data  27.7.2012,  di  documentazione  da
parte della Procura  della  Repubblica  di  Farli  all'Agenzia  delle
Entrate di Reggio Emilia e successiva  segnalazione  di  quest'ultima
all'Ufficio provinciale di Biella; 
    che dagli atti del procedimento (penale),  e  segnatamente  dalle
testimonianze raccolte, risulta che i candidati della Lega Nord,  per
poter  essere  inseriti  nelle  primissime  posizioni   delle   liste
elettorali dovevano sottoscrivere quale condicio  sine  qua  non  per
l'accettazione, da parte del partito,  della  loro  candidatura,  una
scrittura  privata  con  la  quale  si  impegnavano,  se  eletti,   a
corrispondere la somma di € 145.000,00 da  versare  nelle  casse  del
partito, in rate mensili costanti e consecutive, per tutta la  durata
della legislatura, quale corrispettivo per la gestione della campagna
elettorale e la messa a disposizione di strutture locali del  partito
a  supporto  dei  singoli  candidati.  Tale  scrittura  valeva  quale
riconoscimento di debito  e  costituiva  titolo  per  l'emissione  di
decreto ingiuntivo in  caso  di  inadempimento  (titolo  che  risulta
azionato giudizialmente in un caso specifico di inadempienza); 
    che nel corso del presente giudizio tributario e' stata  eccepita
dal ricorrente l'entrata in vigore di una norma costituita  dall'art.
11 comma 4-bis del decreto-legge n.  149/2013  nel  testo  risultante
dall'approvazione di un emendamento presentato dall'On. le  Calderoli
e dall'On. le Bisinella quali  rappresentanti  del  medesimo  partito
politico beneficiario delle contestate erogazioni liberali; 
    che  la  norma  invocata  dal  ricorrente  dispone:  «A   partire
dall'anno di imposta 2007 le erogazioni in denaro effettuate a favore
di partiti  politici,  esclusivamente  tramite  bonifico  bancario  o
postale e tracciabili secondo la vigente  normativa  antiriciclaggio,
devono comunque considerarsi detraibili ai sensi dell'art. 15,  comma
1-bis, del testo  unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917». 
    Ritiene questa Commissione di dover dubitare  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 11 comma 4-bis del decreto-legge 28 dicembre
2013 n. 149, quale risultante dalla legge di conversione 21  febbraio
2014 n. 13, in virtu' delle seguenti considerazioni: 
        non  sembra  anzitutto  revocabile  in  dubbio,   considerata
l'esistenza di un plurimo contenzioso, di cui  si  ha  notizia  certa
(presso la Commissione tributaria di Verbania  pendeva,  ad  esempio,
analogo ricorso promosso da altro senatore della Lega Nord),  che  la
norma in esame sia  stata  congegnata  appositamente  allo  scopo  di
sottrarre una generalita' di  parlamentari  eletti  nelle  liste  del
partito della Lega Nord alle conseguenze di natura  tributaria,  e  a
quelle, eventualmente a queste collegate, di natura penale, derivanti
dall'indebita detrazione delle  erogazioni  di  denaro  effettuate  a
favore del partito, conseguenze altrimenti inevitabili posto  che  la
natura  non  liberale  ma   corrispettiva   era   stata   «disvelata»
dall'Agenzia   delle   entrate   sulla   base   delle   dichiarazioni
testimoniali rese nel processo penale sopra mentovato. 
    Parimenti risulta per certo che il marchingegno sia stato  ideato
da altri parlamentari  del  medesimo  partito,  diretto  beneficiario
degli effetti favorevoli della nuova norma, in  quanto  l'emendamento
che ha modificato il testo dell'art. 11 del decreto-legge n. 149/2013
introducendo il comma 4-bis, risulta proposto proprio e soltanto  dai
senatori della Lega Nord, on.li Calderoli e Bisinella. 
    Occorre evidenziare infine il carattere espressamente retroattivo
della norma, estesa a tutti gli anni d'imposta anteriori a quello  in
cui e' entrata in vigore, fino a tutto il 2007, segno evidente che le
riprese a tassazione operate  dagli  Uffici  finanziari  erano  state
estese  all'arco  di  tempo  decorrente  dal   2007:   l'accertamento
dell'Agenzia Ufficio di Biella oggetto del presente processo concerne
per l'appunto gli anni dal 2008 al 2011. 
    Ricorre pertanto il fumus che si tratti di una  norma  introdotta
(peraltro, dicasi incidenter tantum, con  lo  strumento  abusato  del
decreto-legge in difetto dei presupposti della necessita' ed urgenza,
requisiti non sanabili dalla legge di conversione) non  per  tutelare
esigenze di carattere generale bensi' interessi del tutto particolari
e personali. 
    Nonche' peraltro puo' condividersi l'esegesi della norma  fornita
dall'Agenzia  delle  entrate  la  quale,  al  fine   di   contrastare
l'eccezione del ricorrente, sostiene, ma senza fondamento,  che  essa
deve  leggersi  nel  senso  che  le  erogazioni  in   parola   devono
considerarsi detraibili «comunque... ai  sensi  dell'art.  15,  comma
1-bis» e dunque in osservanza dei requisiti dallo stesso previsti tra
i quali per l'appunto lo  spirito  di  liberalita'  che  deve  sempre
connotare il finanziamento privato;  tale  interpretazione  forza  le
espressioni  letterali  della  disposizione  in   quanto   l'avverbio
"comunque" non  puo'  essere  inteso  altrimenti  che  come  elemento
ostativo  ad  una  valutazione  contraria  alla   detraibilita'   dei
versamenti eseguiti. 
    Tanto premesso  la  norma  de  qua  agitur  presenta  profili  di
illegittimita' costituzionale sotto il riguardo della violazione,  ad
avviso di questa Commissione, di vari parametri enunciati nella Carta
o in essa connaturati. 
    1) Sotto un primo profilo, la norma criticata  si  espone  ad  un
giudizio di irragionevolezza. A far tempo da una certa «era» (perche'
di mutamento epocale occorre parlare),  la  Corte  costituzionale  ha
iniziato ad ampliare lo scrutinio di ragionevolezza, sganciandolo dal
principio  di  uguaglianza,  e   dichiarando   incostituzionale   una
disposizione o una norma non piu' in virtu'  dell'art.  3,  comma  1,
Cost., ma perche' irragionevole tout court. 
    Scrive   un   autorevole   giurista   che,   nell'ambito    della
giurisprudenza costituzionale,  il  canone  della  ragionevolezza  ha
ormai  assunto  i  contorni  di   un   vero   e   proprio   principio
costituzionale, assurgendo cosi' a parametro autonomo  del  sindacato
di costituzionalita'. Ne deriva che, mediante la sua applicazione  la
Corte  non  promuove  tanto  l'eguale  trattamento   tra   situazioni
illegittimamente  differenziate,  ma  tende  piuttosto   a   favorire
l'eguaglianza  attraverso  ragionevoli  differenziazioni   normative,
spostando cosi'  il  proprio  giudizio  in  parte  anche  sul  merito
dell'opzione   legislativa.   Il   distacco   della    ragionevolezza
dall'eguaglianza giuridica si  registra  infatti  quando  il  giudice
costituzionale arriva a sindacare il contenuto degli atti legislativi
in quanto  irragionevoli  in  se',  senza  cioe'  presupporre  alcuno
specifico termine di raffronto. In questa differente prospettiva,  la
ragionevolezza   sembra   esigere   piu'   nettamente    l'intrinseca
razionalita'  delle  opzioni  parlamentari,  confondendosi   con   la
generale  esigenza  di  una  coerenza  interna   e   dell'ordinamento
giuridico. In tali  casi  l'esame  della  disciplina  positiva  viene
condotto alla luce della ratio  legis,  assunta,  da  una  parte,  in
relazione all'assetto normativo nel suo complesso e,  dall'altra,  in
rapporto al  proprio  specifico  contesto  applicativo,  per  cui  il
livello  minimo  del   controllo   di   razionalita'   coincide   con
l'accertamento della coerenza logica dell'atto legislativo. Il  vizio
di illogicita' della legge ricorrera', pertanto, tutte  le  volte  in
cui sia riscontrabile una contraddizione tra le diverse  prescrizioni
normative all'interno  di  un  medesimo  testo,  oppure  qualora  sia
ravvisabile  un'antinomia  tra  la  disposizione   impugnata   e   il
particolare settore  dell'ordinamento  nel  quale  la  disciplina  si
colloca. 
    Nella seconda eventualita' la contraddizione trascende i  confini
dell'atto legislativo, per assumere un rilievo piu' ampio in  cui  la
disposizione  viene  a  collidere  con  il  quadro   sistematico   di
riferimento, rispetto al quale l'oggetto della questione  costituisce
un elemento estraneo o dissonante. 
    Evidentemente,  il  legislatore  rimane  pur  sempre  libero   di
compiere  scelte  discrezionali  che  si  discostino  o   addirittura
contrastino apertamente con le proprie precedenti decisioni,  potendo
anche legittimamente  mutare  indirizzo  in  ragione  di  circostanze
contingenti. Tuttavia, queste  digressioni  dalla  propria  ordinaria
linea politica dovranno comunque essere suffragate da giustificazioni
adeguate, non potendosi risolvere in decisioni del tutto  arbitrarie.
In effetti, considerazioni  di  natura  eminentemente  logica,  prima
ancora che giuridica, impongono che nell'assumere una certa decisione
anche il legislatore non si discosti dalle  valutazioni  compiute  in
precedenza  su  uno  stesso  argomento,  fatta  salva  ovviamente  la
possibilita' di addurre argomentazioni plausibili  a  sostegno  della
propria opzione. Anche perche', come  spesso  accade  nella  pratica,
quando  il  potere  legislativo   contraddice   se   stesso,   questa
contraddizione si risolve inevitabilmente nell'illegittima  creazione
di un privilegio, che dovra' essere rimosso dalla Corte, perche'  non
corroborato da ragioni oggettive che ne giustifichino la sussistenza.
Le precedenti determinazioni del legislatore, in quanto frutto di  un
preciso  intendimento  politico,  potranno  cosi   essere   utilmente
impiegate al fine di valutare la  razionalita'  e  la  ragionevolezza
della normativa oggetto del giudizio, ricorrendo a  un  riscontro  di
coerenza tra la disciplina impugnata e le politiche legislative, che,
fino a quel momento, hanno ispirato  l'azione  del  Parlamento.  Tale
ricostruzione, se  da  un  lato  riafferma  la  spettanza  al  potere
legislativo di tutte le scelte  normative  che  questi  ritenga  piu'
opportune  per  conseguire  i  propri  fini  negli  ambiti  riservati
all'indirizzo  politico,  dall'altro,  circoscrive  il  carattere  di
quelle stesse valutazioni,  qualificandole  come  vincolanti  per  il
futuro  nel  contesto  di  un  preciso  raffronto  sull'arbitrarieta'
dell'attivita' parlamentare. Per  queste  ragioni,  quando  la  Corte
esamina questioni di legittimita' costituzionale relative al rispetto
del principio di ragionevolezza il tertium comparationis  tacitamente
assunto  coincidera'  generalmente  con  le   politiche   legislative
sviluppate e seguite in quella stessa materia. 
    Alla luce di siffatti principi appare evidente  che,  confrontata
con il panorama normativo che l'ha preceduta  e  con  quello  che  la
circonda, la norma in questione se ne discosta sensibilmente. 
    Ancorche' di rilievo  non  risolutivo,  non  priva  di  rilevanza
appare  anzitutto  la  collocazione   della   norma   sospettata   di
incostituzionalita' al di fuori della sedes  materiae  propria  delle
detrazioni d'imposta: la scelta di stabilire un tipo di detrazione ad
hoc, in tema di finanziamento ai partiti, appare suggerita non  tanto
dall'esigenza di  dettare  una  specifica  (per  la  sede  prescelta)
disciplina delle detrazioni  in  materia  di  erogazioni  ai  partiti
politici, quanto piuttosto ispirata a quella di commettere un vero  e
proprio colpo di mano dell'ultima ora (e'  infatti  contenuta  in  un
isolato emendamento), per di  piu'  confidando  che  la  disposizione
passasse inosservata, laddove tale non sarebbe stata se, riservandola
ad altra sede normativa,  fosse  stata  sottoposta  al  vaglio  degli
esperti in materia fiscale per coordinarla con  le  altre  norme  del
TUIR; peraltro non sarebbe stato difficoltoso inserire la  detrazione
tra le altre elencate dall'art. 15 del  TUIR  talche'  la  scelta  di
inserirla nel diverso corpus legislativo sembra davvero corrispondere
ad intenti meno nobili. 
    Essa in realta',  ove  raffrontata  con  le  singole  fattispecie
contemplate  dall'art.  15  del  TUIR,   confligge   con   tutte   le
disposizioni elaborate ed introdotte nella specifica  materia  (delle
detrazioni fiscali) allo  scopo  di  contrastare  eventuali  abusi  e
distorte utilizzazioni. 
    Limitando l'esame delle fattispecie ivi elencate, restringendo la
verifica all'ambito delle erogazioni propriamente dette,  irrilevanti
essendo interessi passivi, spese sanitarie e altre tipologie, si nota
che l'art. 15 del  D.P.R.  n.  917/86  prevede  alla  lettera  h)  le
erogazioni liberali in denaro a favore dello  Stato,  delle  regioni,
degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni  pubbliche,  di
comitati  organizzatori  appositamente  istituiti  con  decreto   del
Ministro  per  i  beni  culturali  e  ambientali,  di  fondazioni   e
associazioni  legalmente  riconosciute  senza  scopo  di  lucro,  che
svolgono  o  promuovono  attivita'  di  studio,  di  ricerca   e   di
documentazione di  rilevante  valore  culturale  e  artistico  o  che
organizzano e realizzano attivita' culturali, effettuate in  base  ad
apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la  protezione
o il restauro delle cose indicate nell'art. 1 della legge  1°  giugno
1939, n. 1089, e nel  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  30
settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le  erogazioni  effettuate  per
l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di
rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per
gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine  necessari,  nonche'
per   ogni    altra    manifestazione    di    rilevante    interesse
scientifico-culturale  anche  ai  fini  didattico-promozionali,   ivi
compresi  gli  studi,   le   ricerche,   la   documentazione   e   la
catalogazione, e le pubblicazioni  relative  ai  beni  culturali.  Le
iniziative culturali devono essere  autorizzate,  previo  parere  del
competente comitato di settore del Consiglio  nazionale  per  i  beni
culturali  e  ambientali,  dal  Ministero  per  i  beni  culturali  e
ambientali, che deve approvare la previsione di  spesa  ed  il  conto
consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce
i tempi necessari affinche' le erogazioni  liberali  fatte  a  favore
delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle
fondazioni siano utilizzate per gli  scopi  indicati  nella  presente
lettera e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Detti  termini
possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati  una
sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente  utilizzate  nei
termini assegnati affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato, o
delle regioni e degli enti locali territoriali, nel caso di attivita'
o manifestazioni in cui essi siano  direttamente  coinvolti,  e  sono
destinate ad un  fondo  da  utilizzare  per  le  attivita'  culturali
previste per l'anno successivo. Il Ministero per i beni  culturali  e
ambientali comunica, entro il 31 marzo di  ciascun  anno,  al  centro
informativo  del  Dipartimento  delle  entrate  del  Ministero  delle
finanze  l'elenco  nominativo   dei   soggetti   erogatori,   nonche'
l'ammontare  delle  erogazioni  effettuate  entro  il   31   dicembre
dell'anno precedente; h-bis) il costo specifico o,  in  mancanza,  il
valore normale dei beni ceduti gratuitamente,  in  base  ad  apposita
convenzione, ai soggetti e per le attivita' di cui alla lettera h); 
    sono poi previste: 
        alla lettera i) le erogazioni liberali in denaro, per importo
non superiore al 2 per cento del reddito  complessivo  dichiarato,  a
favore di enti o istituzioni  pubbliche,  fondazioni  e  associazioni
legalmente  riconosciute  che   senza   scopo   di   lucro   svolgono
esclusivamente  attivita'  nello  spettacolo,   effettuate   per   la
realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento
delle strutture esistenti, nonche' per la produzione nei vari settori
dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalita' dal
percipiente entro il temine di due anni dalla  data  del  ricevimento
affluiscono, nella loro totalita', all'entrata dello Stato; 
    alla lettera i-ter) le  erogazioni  liberali  in  denaro  per  un
importo complessivo in ciascun  periodo  d'imposta  non  superiore  a
1.500  curo,  in  favore  delle  societa'  e  associazioni   sportive
dilettantistiche, a condizione che il versamento di  tali  erogazioni
sia eseguito per il tramite di banca o ufficio postale ovvero secondo
altre modalita' stabilite con decreto del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, da adottare ai sensi  dell'art.  17,  comma  3,  della
legge 23 agosto 1988, n, 400; 
    alla lettera i-quater) le  erogazioni  liberali  in  denaro,  per
importo  non  superiore  a  4  milioni  di  lire,  a   favore   delle
associazioni di promozione sociale  iscritte  nei  registri  previsti
dalle vigenti disposizioni di  legge.  Si  applica  l'ultimo  periodo
della lettera i-bis); 
    alla lettera i-octies) le  erogazioni  liberali  a  favore  degli
istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari  senza
scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui
alla legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni,  nonche'
a favore delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e
coreutica   e   delle   universita',   finalizzate    all'innovazione
tecnologica,    all'edilizia    scolastica    e    universitaria    e
all'ampliamento  dell'offerta  formativa;  la  detrazione  spetta   a
condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito  tramite
banca  o  ufficio  postale  ovvero  mediante  gli  altri  sistemi  di
pagamento previsti dall'art. 23  del  decreto  legislativo  9  luglio
1997, n. 241; 
    alla lettera i-novies) le erogazioni liberali in denaro al  Fondo
per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui all'art. 45, comma  1,
lettera e), del testo unico di cui al decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, effettuate  mediante  versamento
bancario o postale  ovvero  secondo  altre  modalita'  stabilite  con
apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; 
        il comma 1.1 recita: «Dall'imposta lorda si detrae un importo
pari al 24 per cento, per l'anno 2013, e al 26 per cento, a decorrere
dall'anno 2014, per le erogazioni liberali in denaro, per importo non
superiore a 30.000 euro annui,  a  favore  delle  organizzazioni  non
lucrative di utilita' sociale (ONLUS), delle  iniziative  umanitarie,
religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati  ed
enti  individuati  con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  nei  Paesi  non  appartenenti  all'Organizzazione  per  la
cooperazione  e  lo  sviluppo  economico  (OCSE).  La  detrazione  e'
consentita a condizione che il  versamento  di  tali  erogazioni  sia
eseguito per il tramite di banca o ufficio  postale  ovvero  mediante
gli altri sistemi di pagamento  previsti  dall'art.  23  del  decreto
legislativo 9 luglio 1997, n.  241,  e  secondo  ulteriori  modalita'
idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di
efficaci controlli, che possono  essere  stabilite  con  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze da emanare ai sensi  dell'art.
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400..... 
        ed il comma 1-ter: «Ai fini dell'imposta  sul  reddito  delle
persone  fisiche,  si  detrae  dall'imposta  lorda,   e   fino   alla
concorrenza del suo ammontare,  un  importo  pari  al  19  per  cento
dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni  di  lire  degli
interessi passivi e relativi oneri accessori, nonche' delle quote  di
rivalutazione dipendenti  da  clausole  di  indicizzazione  pagati  a
soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno  Stato  membro
delle  Comunita'  europee,  ovvero  a  stabili   organizzazioni   nel
territorio dello Stato di soggetti non residenti,  in  dipendenza  di
mutui contratti, a  partire  dal  1°  gennaio  1998  e  garantiti  da
ipoteca, per la costruzione dell'unita'  immobiliare  da  adibire  ad
abitazione principale. La detrazione e' ammessa a condizione  che  la
stipula del contratto di mutuo da parte  del  soggetto  possessore  a
titolo di proprieta' o altro diritto  reale  dell'unita'  immobiliare
avvenga nei sei mesi antecedenti, ovvero nei diciotto mesi successivi
all'inizio dei lavori di costruzione. Con decreto del Ministro  delle
finanze sono stabilite le modalita' e le  condizioni  alle  quali  e'
subordinata la detrazione di cui al presente comma.» 
    Il comma 2 stabilisce: «Per gli oneri indicati alle  lettere  c),
e), f), i-quinquies) e i-sexies) del comma  1  la  detrazione  spetta
anche se sono stati sostenuti nell'interesse delle  persone  indicate
nell'art. 12 che si trovino  nelle  condizioni  ivi  previste,  fermo
restando, per gli oneri di cui alla lettera f), il limite complessivo
ivi stabilito. Per gli oneri di cui  alla  lettera  c)  del  medesimo
comma 1 sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'art.  12
che non si trovino nelle condizioni previste dal comma 2 del medesimo
articolo, affette da patologie che danno diritto all'esenzione  dalla
partecipazione alla spesa sanitaria,  la  detrazione  spetta  per  la
parte  che  non  trova  capienza   nell'imposta   da   esse   dovuta,
relativamente alle sole spese sanitarie riguardanti  tali  patologie,
ed entro il limite annuo di lire 12.000.000. Per le spese di cui alla
lettera i-septies) del citato comma 1,  la  detrazione  spetta,  alle
condizioni ivi stabilite,  anche  se  sono  state  sostenute  per  le
persone  indicate  nell'art.  12  ancorche'  non  si  trovino   nelle
condizioni previste dal comma 2 del medesimo articolo.» 
    3. Per gli oneri di cui alle lettere  a),  g),  h),  h-bis),  i),
i-bis) e i-quater) del comma 1 sostenuti dalle societa'  semplici  di
cui all'art. 5 la detrazione spetta  ai  singoli  soci  nella  stessa
proporzione prevista nel menzionato art. 5 ai fini della  imputazione
del reddito. 
    Da un esame comparativo delle disposizioni  sopra  richiamate  si
evince che ogniqualvolta il legislatore menziona le «erogazioni»,  fa
seguire a detto vocabolo  l'attributo  «liberali»  con  cio'  volendo
significare che le erogazioni non debbono consistere in corrispettivi
sinallagmatici di altre, corrispondenti, prestazioni. 
    Al contrario le erogazioni previste dalla norma censurata  (comma
4-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 149/2013) non sono  connotate
dal requisito della liberalita' (atteso che la norma  parla  solo  di
«erogazioni in denaro»), ed anzi  proprio  l'avverbio  «comunque»  e'
destinato ad escludere  tale  presupposto,  volendo  significare  che
l'erogazione  in  favore  del  partito  deve  intendersi   detraibile
prescindendo dal requisito della liberalita' e quindi quand'anche  si
tratti di corrispettivo di una prestazione o di una concessione. 
    Risulta dunque provato che la norma sottoposta allo scrutinio  di
legittimita'  e'  in  contrasto  con  il  panorama  normativo   delle
politiche legislative in atto e quindi con il principio di coerenza. 
    2) Ma v'e' di piu': non pare dubbio che i fini  perseguiti  dalla
norma impugnata siano esclusivamente quelli di  sanare  (mediante  il
suo  effetto  retroattivo)  una  certa  situazione   di   illegittima
detrazione di erogazioni in denaro, venutasi  a  creare  in  seno  al
partito politico della Lega Nord. 
    Il potere legislativo risulta pertanto  esercitato  in  contrasto
con il  divieto  di  abuso  del  diritto  immanente  nell'ordinamento
giuridico costituzionale  (oltre  che  comunitario).  Cosi'  come  e'
inibito  al  singolo  soggetto  dell'ordinamento  l'esercizio  di  un
diritto al solo scopo di nuocere a  terzi  ovvero  di  procurarsi  un
indebito profitto (quale  un  risparmio  d'imposta),  parimenti  deve
riconoscersi insito nell'ordinamento il divieto per i pubblici poteri
(che peraltro non sono altro che  l'espressione  delle  condotte  dei
singoli)  di  eccedere  l'ambito  e  gli  scopi  per   i   quali   la
collettivita' ha delegato l'esercizio di quel potere (cfr. teoria del
Contratto sociale). 
    La norma si pone infatti in contrasto con il divieto dell'eccesso
di  potere  legislativo,  nella  forma  dello  sviamento  di   potere
(mutuandosi detta espressione dal diritto amministrativo)  in  quanto
ispirata unicamente da intenti personali, riguardanti  una  ristretta
cerchia di individui, e non dettata da interessi generali. 
    3) Nel caso di specie la disposizione impugnata si presenta  come
una norma puramente formale, che  stabilisce,  in  modo  dispotico  e
imperativo,  senza  riferimenti  a  giustificazioni  teoretiche,   un
determinato obbligo prescrittivo per  l'Amministrazione  finanziaria,
imponendole di considerare in ogni caso (viene adoperato  il  termine
«comunque»),  ovverosia  a  prescindere  da  un  esame  penetrante  e
sostanziale circa l'intima essenza  dell'operazione  negoziale,  come
detraibile tout court siccome «liberale ipso iure», un'erogazione  di
denaro a favore di un partito politico in presenza di meri  requisiti
di forma, in tal modo  stabilendo  una  presunzione  legale  assoluta
(juris et de jure) di detraibilita'. 
    Pare evidente che sulla base dei criteri  meramente  formalistici
dettati dall'emendamento  in  esame,  sia  stato  del  tutto  inibito
all'Amministrazione  finanziaria  di  approfondire  e  discernere  la
(reale)  natura  dell'operazione,  di  tal  che  anche  un'erogazione
derivante da un illecito penale  potrebbe  ed  anzi  dovrebbe  essere
considerata detraibile, purche' tracciabile, senza facolta' di  prova
contraria. 
    L'attivita' istituzionale della P.A. invece puo' e deve spingersi
sino al punto di far  emergere  l'esistenza  di  un  pactum  sceleris
sottostante il negozio apparente  che  da'  titolo  alla  detrazione.
Risulta con  cio'  violato  anche  il  parametro  costituzionale  del
diritto di difesa di cui  all'art.  24  della  Costituzione  che  non
presidia unicamente il diritto del  privato  cittadino  ma  anche  il
diritto  della  Pubblica  Amministrazione,  nella  persona  giuridica
dell'Agenzia delle entrate, quale parte nel  procedimento  tributario
contenzioso,  e  quale  rappresentante  dello  Stato,   ossia   della
generalita' dei cittadini interessati al  reperimento  delle  risorse
necessarie al funzionamento dei servizi  pubblici  generali  ed  alla
stessa esistenza dell'entita' Stato,  alla  prova  che  un  pagamento
asseritamente eseguito quale erogazione liberale, liberale invece non
e' affatto perche' contropartita di un vero mercanteggiamento  inteso
a procurare  meri  vantaggi  economici  (ad  entrambe  le  parti  del
contratto scellerato). 
    4. Violazione del principio di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3
Cost. 
    La norma censurata introduce una  deroga  alla  regola  generale,
desumibile dalle disposizioni previste dall'art. 15 del  T.U.I.R.  di
cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  917/86  in  virtu'
del quale le  erogazioni  detraibili  debbono  essere  connotate  dal
requisito della liberalita'. 
    Una deroga alla norma generale e' legittima solo se  conforme  ad
altri interessi costituzionali. 
    La detraibilita' delle erogazioni in denaro ai partiti  -  per  i
periodi d'imposta a far data dal 2007 - «comunque» concessa, ossia  a
prescindere dall'effettiva, riscontrata, ricorrenza dello spirito  di
liberalita',   deve   dunque   corrispondere    ad    un    interesse
costituzionalmente  protetto  e  non  un  privilegio  arbitrariamente
concesso ad una singola categoria di cittadini. Pertanto  la  mancata
estensione del medesimo trattamento alla generalita'  dei  consociati
gia'  di  per  se'  configura  una  violazione   del   principio   di
eguaglianza. 
    5. Violazione del principio c.d. di capacita' contributiva di cui
all'art. 53 Cost.: di rado sovviene che il principio suddetto non  e'
posto esclusivamente a tutela dell'interesse del contribuente  a  non
essere esposto ad atti di imposizione che non siano  giustificati  da
una capacita' contributiva reale e  proporzionale;  in  realta'  gia'
l'incipit della norma costituzionale evidenzia - prima che  i  limiti
del potere di imposizione - l'obbligazione di tutti  i  consociati  a
concorrere alle spese pubbliche («tutti devono concorrere...»). 
    Il dovere di contribuzione precede pertanto i limiti  del  potere
impositivo. 
    Ma e' la collocazione della norma nel  titolo  IV  concernente  i
rapporti politici anziche' in quello dedicato ai diritti civili o  ai
rapporti  economici,  che  ne  pone  in  giusto  risalto  il   colore
assiologico. 
    Come scrive autorevolissima  dottrina  nell'opera  «Il  principio
della capacita' contributiva» (1) si deve ad  una  proposta  dell'On.
Edgardo Castelli in sede di lavori preparatori della Commissione  dei
75 se la norma di cui all'art. 53,  formulata  nella  seduta  del  23
maggio  1947,  venne  poi  -  a  differenza  di  quella  che  era  la
collocazione dell'art. 25 nello Statuto albertino (sub "Dei diritti e
dei doveri dei cittadini") - sistemata quasi al centro  dei  rapporti
politici del titolo quarto, preceduto dall'art.  52  che  afferma  il
sacro dovere del cittadino di difesa della patria e seguito dall'art.
54 che stabilisce gli altrettanto solenni doveri dei parlamentari  di
«essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione  e  le
leggi» e di adempiere  le  funzioni  pubbliche  loro  assegnate  «con
disciplina ed onore». 
    Ne discende la conseguenza che  la  norma  qui  censurata  altera
l'equilibrio del rapporto che deve instaurarsi  fra  il  cittadino  e
l'organo dello Stato deputato a controllare il rispetto  dell'obbligo
di  contribuzione,  costringendo  l'Amministrazione   Finanziaria   a
soggiacere ai dictat del potere politico e a rinunciare all'esercizio
della potesta' impositiva la' dove al  contrario  esiste  un  preciso
obbligo di sottoporre all'imposta (sul reddito delle persone fisiche)
un determinato reddito senza possibilita'  di  fruire  di  detrazioni
commisurate ad un'inesistente liberalita'. 
    6. Tra i parametri costituzionali  violati  si  reputa  rientrare
anche quello sancito dall'art. 79 Cost. iuxta il quale  l'amnistia  e
l'indulto sono concessi con legge deliberata a  maggioranza  dei  due
terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale. 
    Nella disposizione in esame puo' essere ravvisata una sostanziale
amnistia approvata senza le maggioranze parlamentari  prescritte  per
l'approvazione  di  un  siffatto  strumento  di   sanatoria-clemenza,
artificiosamente ideato per condonare le violazioni  tributarie  e  i
connessi reati tributari. 
    E' del tutto palese, e non occorre spendere soverchi argomenti al
riguardo, la rilevanza della questione ai fini  della  decisione  del
ricorso da parte di questa Commissione: nel caso  in  cui  non  fosse
dichiarata incostituzionale la norma di cui all'art. 11  comma  4-bis
del decreto-legge n. 149/2013, il Giudice tributario sara' tenuto  ad
applicarla, in uno con il  combinato  disposto  dell'art.  15,  comma
1-bis, del testo  unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che va salvaguardato  nella  sua
originaria  purezza,  incontaminata  dalla  norma   censurata,   alla
fattispecie oggetto del giudizio eppertanto ad accogliere il  ricorso
di Simonetti Roberto, annullando le  riprese  a  tassazione  azionate
dall'Agenzia delle entrate  a  mezzo  degli  avvisi  di  accertamento
impugnati, non essendo seriamente ipotizzabile alcuna diversa lettura
della norma in questione. 
    Tanto premesso e ritenuto, la Commissione Provinciale di  Biella,
sezione prima; 

(1) G. Falsitta Giuffre' ed. - anno 2014 - pag. 115 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza; 
    rimette alla Corte costituzionale la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  11  comma  4-bis  del   decreto-legge   n.
149/2013, convertito in legge 21 febbraio 2014 n.  13,  per  ritenuto
contrasto con i principi  di  ragionevolezza,  logicita'  e  coerenza
immanenti all'ordinamento costituzionale, coi principi di divieto  di
abuso del diritto immanente nell'ordinamento giuridico e  di  eccesso
del potere legislativo, nella forma dello sviamento di potere, e  con
gli artt. 3, 24, 53, 79 della Costituzione; 
    sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che, a cura della Segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Biella, addi' 24 settembre 2015 
 
                       Il Presidente: Catania 
 
 
                                        Il giudice estensore: Bertolo