N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  7  marzo  2016  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Turismo  -  Norme  della  Regione  Calabria  -  Attivita'   ricettive
  extralberghiere oggetto di SCIA - Obbligo del gestore di  garantire
  la somministrazione prevalente di prodotti locali e prodotti tipici
  calabresi. 
- Legge della Regione Calabria 27 novembre 2015, n. 20 ("Modifica  ed
  integrazione della legge regionale 7 marzo 1995, n. 4 (Norme  sulla
  classificazione degli esercizi ricettivi extralberghieri)"),  artt.
  2, comma 1 (nella parte in cui sostituisce l'art. 4, comma 3, della
  legge regionale 7 marzo 1995, n. 4), 3, comma 1,  lett.  b)  (nella
  parte in cui sostituisce l'art. 5, comma 3, della  legge  regionale
  n. 4 del 1995), 4, comma 1, lett. b) (nella parte in  cui  aggiunge
  il comma 4-ter all'art. 6 della legge regionale n. 4 del 1995),  5,
  7, 9, comma 1, lett. b), 10 (nella  parte  in  cui  sostituisce  il
  comma 8 dell'art. 15 della legge regionale  n.  4  del  1995),  11,
  comma 1, lett. b), e 12 (nella parte  in  cui  aggiunge  gli  artt.
  16-ter, comma 2, e 16-septies, comma 2, alla legge regionale  n.  4
  del 1995). 
(GU n.14 del 6-4-2016 )
    Ricorso del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  (c.f.  n.
80188230587)  rappresentato  e  difeso  per   legge   dall'Avvocatura
Generale      dello      Stato      (c.f.       n.       80224030587)
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it;  fax  06/96514000  presso  i  cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro  la
Regione Calabria, (c.f. n. 02205340793)  in  persona  del  Presidente
della Giunta pro tempore. 
    Per la declaratoria  di  incostituzionalita'  degli  articoli  2,
comma 1 (nella parte in cui sostituisce  l'art.  4,  comma  3,  della
legge regionale n. 4/1995); 3, comma 1, lett. b) (nella parte in  cui
sostituisce l'art. 5, comma 3, della l.r. n.  4/1995);  4,  comma  1,
lett. b) (nella parte in cui introduce  il  comma  4-ter  all'art.  6
della l.r. n. 4/1995); 5; 7; 9 comma 1 lett. b); 10 (nella  parte  in
cui sostituisce il comma 8 dell'art. 15 della l.r.  n.  4/1995);  11,
comma 1, lett. b); 12 (nella parte in cui  inserisce  nella  l.r.  n.
4/1995 l'art. 16-ter comma 2 e l'art. 16-septies comma 2) della legge
della Regione Calabria n. 20/2015, pubblicata nel B.U.R.  n.  83  del
27.11.2015, recante «Modifica ed integrazione della legge regionale 7
marzo 1995 n. 4 (norme sulla classificazione degli esercizi ricettivi
extralberghieri), in relazione agli articoli 41 e 117, commi 1  e  2,
lett. e) della Costituzione. 
    Con la legge n. 20 del  2015,  la  Regione  Calabria  ha  sancito
l'obbligo  per  gli   esercizi   extralberghieri   di   somministrare
prevalentemente prodotti locali e tipici  calabresi,  prevedendo  una
sanzione in caso di mancato adempimento. 
    Piu' in particolare  le  norme  censurate  hanno  novellato  vari
articoli  della  legge  regionale  7  marzo  1995   n.   4,   recante
disposizioni   sulla   classificazione   degli   esercizi   ricettivi
extralberghieri,  con  l'intento   di   semplificare   le   procedure
autorizzative  relative  all'apertura  di  esercizi  extralberghieri,
sostituendo  l'istituto  della  segnalazione  certificata  di  inizio
attivita' (SCIA) alla preventiva autorizzazione amministrativa. 
    Tutte le disposizioni da ultimo approvate, contengono tuttavia il
richiamo di una  prescrizione,  evidentemente  volta  ad  incentivare
l'economia  calabrese,  che  impone  al  gestore  dell'attivita'   di
garantire  «la  somministrazione  prevalente  di  prodotti  locali  e
prodotti tipici calabresi». 
    I precetti richiamati appaiono prima facie generici  e  perplessi
poiche'  contengono  un  richiamo  ad  una  «garanzia»   non   meglio
qualificata quanto a forma e sostanza, che il gestore  dell'esercizio
extralberghiero  dovrebbe   prestare   ai   fini   della   prevalente
somministrazione di prodotti di provenienza regionale. 
    I richiamati precetti non  spiegano  tuttavia  se  la  prevalenza
debba riferirsi alle quantita' o al valore delle merci  da  porre  in
vendita, ne' risulta chiaro quale tipo di  accertamento  potrebbe  in
seguito  compiere  l'Autorita'  amministrativa  per   verificare   in
concreto il rispetto del precetto. 
    Le richiamate prescrizioni si pongono peraltro in  modo  evidente
quale condizioni  essenziali  per  il  positivo  perfezionamento  del
procedimento autorizzatorio. 
    L'espresso richiamo dell'istituto della SCIA implica infatti come
immediata conseguenza la circostanza che il  mancato  rispetto  anche
della richiamata prescrizione da parte  dell'operatore  economico  lo
esporrebbe alla sanzione della  inibizione  dell'attivita'  economica
intrapresa. 
    Giova in tal senso richiamare l'art. 19, comma 3, della legge  n.
241/1990, a mente del quale «l'amministrazione competente, in caso di
accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma  1,
nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione  di
cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti  di  divieto  di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione  degli  eventuali  effetti
dannosi  di  essa.  Qualora  sia  possibile  conformare   l'attivita'
intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione
competente, con  atto  motivato,  invita  il  privato  a  provvedere,
disponendo la sospensione dell'attivita' intrapresa e prescrivendo le
misure necessarie con la fissazione di un  termine  non  inferiore  a
trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione
delle misure stesse, decorso  il  suddetto  termine,  l'attivita'  si
intende vietata». 
    Per le considerazioni che precedono, le  richiamate  disposizioni
determinano un'inammissibile restrizione della concorrenza, ponendosi
in contrasto con gli articoli 41 e 117, comma 1 e comma 2,  lett.  e)
Cost. ed  invadendo  un  ambito  di  competenza  legislativa  statale
esclusiva (Corte Cost. sentt. nn. 180, 233, 340  del  2010,  235  del
2011, 114 del 2012, 171 del 2013). 
    Le  norme  censurate,  infatti,   inducendo   gli   esercenti   a
somministrare prevalentemente prodotti  locali  e  calabresi  tipici,
incidono direttamente sul gioco concorrenziale  (concorrenza  per  il
mercato)  nel  settore  della  produzione  di  alimenti  e   bevande,
distorcendolo a vantaggio delle sole aziende  produttrici  a  livello
locale. 
    Inoltre,  costituiscono   un   ostacolo   al   libero   esercizio
dell'attivita' economica ex art. 41 Cost., in quanto  restringono  la
liberta' dei titolari delle strutture di  scegliere  autonomamente  i
propri fornitori di alimenti e bevande, condizionando cosi' anche  la
loro struttura dei costi. 
    L'alterazione della concorrenza  determinata  dalle  disposizioni
impugnate, costituisce inoltre motivo di  contrasto  con  il  diritto
dell'Unione Europea e  piu'  in  generale  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e rappresentano  un'evidente  violazione
del precetto di cui al primo comma dell'art. 117 della Costituzione. 
    La «priorita'» riconosciuta ai prodotti locali e tipici calabresi
costituisce  infatti  una  misura  ad  effetto  equivalente   vietata
dall'art. 34 del TFUE che ricomprende ogni normativa commerciale  che
possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza,
gli scambi intracomunitari,  e  non  giustificata  dall'art.  36  del
medesimo Trattato che consente le sole restrizioni al principio della
libera circolazione delle merci intracomunitarie dovute a motivi  «di
moralita' pubblica, di ordine pubblico,  di  pubblica  sicurezza,  di
tutela della salute e della vita delle persone e degli animali  o  di
preservazione dei vegetali, di protezione del  patrimonio  artistico,
storico  o  archeologico  nazionale  o  di  tutela  della  proprieta'
industriale e commerciale» (in senso analogo si  vedano  le  sentenze
della Corte costituzionale nn. 209/2013 e 292/2013). 
    Tale interpretazione  e'  stata  peraltro  condivisa  da  Codesto
Giudice  delle  leggi  che,  richiamando  la  propria  giurisprudenza
costante, ha posto in luce come il secondo comma, lett. e)  dell'art.
117 della Costituzione comprende sia le misure legislative di  tutela
in senso proprio intese a contrastare  gli  atti  e  i  comportamenti
delle imprese che incidono negativamente sull'assetto  concorrenziale
dei  mercati,  sia  le  misure  legislative  di  promozione  volte  a
eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione  della  capacita'
imprenditoriale e della competizione  tra  imprese  (concorrenza  nel
mercato) ovvero a prefigurare procedure concorsuali di  garanzia  che
assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti  gli  operatori
economici (concorrenza per il mercato) (Cfr. Corte Cost. sentenze nn.
291 e 200 del 2012, n. 45 del 2010). 
    La tutela della concorrenza e' lo strumento attraverso  il  quale
vengono dunque  perseguite  finalita'  di  ampliamento  dell'area  di
libera scelta dei cittadini e delle imprese anche quali  fruitrici  a
loro volta di beni e di servizi (Corte Cost. sentenze  nn.  401/2007,
209 e 292 del 2013). 
    Non  e'  rilevante  peraltro  la  dimensione   quantitativa   del
pregiudizio, e  cioe'  il  fatto  che  le  strutture  extralberghiere
calabresi possano rappresentare solo una piccola parte della  domanda
di alimenti e bevande sul territorio nazionale. 
    La  Corte   di   Giustizia   dell'Unione   Europea   ha   infatti
costantemente affermato che un provvedimento nazionale non si sottrae
al divieto di cui agli articoli 34 e 35 TFUE per il  solo  fatto  che
l'ostacolo e' di scarsa importanza e che esistono altre  possibilita'
di scambio del prodotto importato (sentenza 14  marzo  1985  C-269/83
Commissione  contro  Francia;  sentenza  5  giugno  1986  C-   103/84
Commissione contro Italia). 
    Inoltre un provvedimento nazionale puo' costituire una misura  ad
effetto equivalente anche se  applicabile  ad  un'area  limitata  del
territorio nazionale (sentenza 3 dicembre 1998 C-67/97 Bluhme). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia   codesta   Ecc.ma   Corte   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale  degli  articoli  2,  comma  1  (nella  parte  in  cui
sostituisce l'art. 4, comma 3, della legge regionale n.  4/1995);  3,
comma 1, lett. b) (nella parte in cui sostituisce l'art. 5, comma  3,
della l.r. n. 4/1995); 4, comma 1,  lett.  b)  (nella  parte  in  cui
introduce il comma 4-ter all'art. 6 della l.r. n. 4/1995);  5;  7;  9
comma 1 lett. b); 10 (nella parte  in  cui  sostituisce  il  comma  8
dell'art. 15 della l.r. n. 4/1995); 11, comma 1, lett. b); 12  (nella
parte in cui inserisce nella l.r. n. 4/1995 l'art. 16-ter comma  2  e
l'art. 16-septies comma 2) della  legge  della  Regione  Calabria  n.
20/2015,  pubblicata  nel  B.U.R.  n.  83  del  27.11.2015,   recante
«Modifica ed integrazione della legge regionale 7  marzo  1995  n.  4
(norme    sulla    classificazione    degli    esercizi     ricettivi
extralberghieri), in relazione agli articoli 41 e 117, commi 1  e  2,
lett. e) della Costituzione. 
 
        Roma, 21 gennaio 2016 
 
                Avvocato dello Stato: Giacomo Aiello