N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 dicembre 2015
Ordinanza del 22 dicembre 2015 del Tribunale di Milano nel procedimento civile promosso da Gattuso Massimo contro Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano e Ministero della salute. Sanita' pubblica - Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie - Composizione. - Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), art. 17.(GU n.14 del 6-4-2016 )
TRIBUNALE DI MILANO Sezione I Civile Massimo Gattuso, elettivamente domiciliato in Milano, Corso Europa n. 7, presso lo studio degli Avv.ti Giuseppe Gullo e Antonio Gullo che lo rappresentano e difendono come da procura allegata al ricorso introduttivo, ricorrente; Contro: Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano, elettivamente domiciliato in Milano, via Fontana n. 25, presso lo studio dell'avv. Enrico Pennasilico, che lo rappresenta e difende come da delega in calce alla comparsa di costituzione, resistente; Ministero della salute, resistente contumace. Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 1° dicembre 2015, letti gli atti di causa e vista la documentazione prodotta ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato il 23 ottobre 2015, il dott. Massimo Gattuso evocava in giudizio l'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano ed il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, deducendo, in fatto: che, nel 1985, il ricorrente si era iscritto alla facolta' di medicina e chirurgia, con l'intento di svolgere la professione di odontoiatra; che, con decreto legislativo n. 386/1998, era stato previsto che i laureati in medicina e chirurgia, immatricolati al relativo corso di laurea degli anni accademici dal 1980/1981 al 1984/1985 (compreso), in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione, potevano iscriversi all'Albo degli Odontoiatri, previo superamento di una prova attitudinale; che, dopo aver conseguito il diploma di laurea in Medicina e Chirurgia il 21 ottobre 1994, il Gattuso aveva ottenuto l'abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo, sostenendo in sede di esame di Stato l'esame facoltativo di clinica odontoiatrica; che il 25 gennaio 1995 aveva presentato domanda di iscrizione all'Albo degli Odontoiatri e che tale domanda era stata rigettata; che, in accoglimento del ricorso proposto, il Gattuso era stato poi iscritto all'Albo degli Odontoiatri in forza di un provvedimento emesso dal tribunale amministrativo regionale Lombardia, Sezione di Milano, che aveva sospeso l'efficacia di un provvedimento di diniego dell'iscrizione da parte dell'Ordine dei Medici di Milano; che, nel 1998, il ricorrente si era iscritto alla facolta' di Odontoiatria chiedendo di essere ammesso al secondo anno di corso, ma che tale domanda era stata respinta; che aveva poi chiesto l'ammissione alla prova attitudinale prevista dal decreto legislativo n. 386/1998, ma che il Consiglio Direttivo dell'Ordine aveva deliberato di escludere il ricorrente; che, contro il provvedimento di diniego (pronunciato dal Dipartimento delle professioni Sanitarie presso il Ministero della Salute) il Gattuso aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie e dinanzi al TAR.; che il tribunale amministrativo regionale aveva rigettato la richiesta di sospensione e che la Commissione Centrale aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione; che, all'esito del giudizio di riassunzione, il Tribunale di Milano aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore dell'organo di giurisdizione speciale; che il Gattuso aveva proposto ricorso per Cassazione (avverso la sentenza della Corte d'Appello di Milano) e che la Suprema Corte, con decisione n. 4371/2013, aveva respinto il ricorso, riaffermando la giurisdizione della Commissione Centrale; che, con sentenza n. 53 del 6 ottobre 2014, la Commissione Centrale, dinanzi alla quale il Gattuso aveva riassunto la causa, aveva respinto il ricorso (e tale decisione era stata impugnata in Cassazione); che, in pendenza del termine per proporre impugnazione avverso la decisione della Commissione Centrale, l'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli odontoiatri di Milano, in data 15 settembre 2015, aveva deliberato la cancellazione del Gattuso dall'Albo degli Odontoiatri; che il provvedimento impugnato, adottato per eccesso e sviamento di potere, presentava gravi vizi di legittimita' (quali l'adozione senza la preventiva audizione dell'interessato, la mancata indicazione del termine e dell'autorita' dinanzi alla quale impugnare, l'inesistenza della notifica del provvedimento). Premessi tali elementi di fatto, in diritto, e con particolare riferimento al requisito del fumus boni iuris, evidenziava: che la competenza in materia di impugnazione dei provvedimenti in materia di tenuta degli Albi dei medici degli odontoiatri era stata assegnata alla Commissione Centrale; che, con la legge n. 409/1985, istitutiva della professione di odontoiatra, la competenza della Commissione era stata estesa agli Odontoiatri; che la legge di ratifica della Commissione (istituita prima della promulgazione della Costituzione) era stata adottata solo il 17 aprile 1956 (con la legge n. 561) e che, in forza della VI disposizione di attuazione, tale giurisdizione era pertanto sopravvissuta; che la legge n. 409/1985 ne aveva poi esteso le competenze anche alla nuova professione di odontoiatra; che l'art. 17 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946 n. 223 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse) - anche in riferimento o in combinato disposto con il decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950 n. 221 e con la legge 24 luglio 1985 n. 409 - era costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 3, 24, 102, 108, 111 e 117, primo comma Cost., (quest'ultimo in relazione all'art. 6 paragrafo 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali); che, in particolare, l'art. 6, comma 7 della legge n. 409/1985 - prevedendo che "per l'esame degli affari concernenti l'attivita' di odontoiatria, un ispettore generale medico e otto odontoiatri, di cui cinque effettivi e tre supplenti" - aveva istituito, per la professione di odontoiatra, una giurisdizione speciale, vietata dall'art. 102 Cost., ed attuata attraverso una legge ordinaria; che l'art. 17 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946 n. 233 disponeva la costituzione della Commissione per «i professionisti di cui al presente decreto», e, dunque, solo per i medici chirurghi, i veterinari, i farmacisti, e le ostetriche (ma non per gli odontoiatri, la cui autonoma professione era stata istituita con la legge n. 409/1985); che, con riferimento all'art. 108 Cost., le norme sulla composizione e sul funzionamento della Commissione non rispettavano i principi di imparzialita' e di buon funzionamento (in quanto le questioni concernenti gli odontoiatri erano decise da un giudice composto, per la gran parte, da membri posti in una situazione di conflitto di interessi e comunque da una commissione sfornita di adeguati strumenti di tutela giurisdizionale dei diritti); che, come ritenuto anche dalla Corte di Cassazione, nelle ordinanze di rimessione emesse nel 2015 (atti di promovimento 63/2015 e 72/2015), le disposizioni sulla scelta dei componenti di nomina ministeriale non assicuravano la necessaria autonomia ed imparzialita'; che la disposizione censurata, inoltre, non fornendo garanzie quanto ai meccanismi di selezione e all'autonomia dei componenti della Commissione designati dal Ministero della salute, non superava il test di conformita' sulla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (in ossequio alla quale doveva essere assicurato il diritto di ogni persona ad un processo equo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, istituito per legge). In merito al periculum in mora evidenziava: che l'illegittima decisione dell'Ordine di dare immediata esecuzione al provvedimento di cancellazione aveva usurpato una prerogativa della Commissione Centrale, atteso che, ai sensi dell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 220/51, il ricorso avverso la cancellazione, salvo casi eccezionali, aveva effetti sospensivi della cancellazione; che il provvedimento emesso dall'Ordine aveva comportato, per il ricorrente, un pregiudizio irreparabile, in quanto il Gattuso, nell'attesa della definizione dei giudizio dinanzi alla Commissione e alla Corte di Cassazione, correva il rischio concreto di perdere irrimediabilmente il proprio avviamento; che il trascorrere del tempo avrebbe comportato, altresi', il perdurare di un irreparabile pregiudizio morale e professionale. Deduceva, infine, che, nell'istaurando giudizio di merito, avrebbe chiesto la caducazione del provvedimento annullato ed il risarcimento dei danni subiti. Concludeva, pertanto, chiedendo di sospendere o inibire l'esecutivita' del provvedimento impugnato e, per l'effetto, ordinare all'Ordine provinciale dei Medici di Milano la reiscrizione immediata nell'Albo degli Odontoiatri della Provincia di Milano. Con decreto del 29 ottobre 2015 il giudice rigettava la richiesta di concessione di un provvedimento di sospensione inaudita altera parte e fissava per la comparizione delle parti l'udienza del 1° dicembre 2015. L'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, si costituiva eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Commissione degli Esercenti le Professioni Sanitarie. Nel merito deduceva: che il provvedimento emesso dall'Ordine non era un atto discrezionale, ma un atto dovuto che si limitava a prendere atto della decisione della Commissione; che il provvedimento impugnato, limitandosi a dare attuazione a quello di un giudice speciale (quale la Commissione), non poteva essere sospeso dal giudice ordinario; che i vizi lamentati dal ricorrente dovevano essere scrutinati dal giudice amministrativo e non dal giudice ordinario. All'udienza del primo dicembre 2015 le parti discutevano oralmente la causa ed il giudice riservava la decisione. 1. Il diritto vantato dal ricorrente. Con il ricorso in esame, Massimo Gattuso ha chiesto al Tribunale di Milano di sospendere il provvedimento del 15 settembre 2015, con il quale il Consiglio dell'ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano aveva deliberato la sua cancellazione dell'iscrizione all'Albo degli odontoiatri. Ha rappresentato la sussistenza dei requisiti del periculum in mora e del fumus boni iuris. Del tutto preliminare, sebbene non specificamente argomentato dalle parti, appare l'esame del nesso di strumentalita' tra il procedimento cautelare (anticipatorio, come nel caso in esame) e quello di merito. In via generale, deve condividersi l'orientamento seguito da buona parte della giurisprudenza di merito, secondo cui il ricorso avente ad oggetto una domanda cautelare proposta prima dell'inizio della causa di merito deve contenere l'esatta indicazione di quest'ultima o, almeno, deve consentirne l'individuazione in modo certo, in quanto solo tale indicazione consente di accertare il carattere strumentale, rispetto al diritto cautelando, della misura richiesta (cfr. in tal senso: Tribunale di Foggia 10 gennaio 2014; Tribunale di Torino, 7 maggio 2007; Tribunale di Torino, 23 agosto 2002; Tribunale Bari, 12 dicembre 2002; Tribunale Roma, 14 giugno 2001). Nel caso in esame, il ricorrente ha precisato le domande che avrebbe svolto nel giudizio di merito (relative all'annullamento del provvedimento ed al risarcimento dei danni subiti). Deve, pertanto, ritenersi soddisfatto il requisito relativo della strumentalita' necessaria tra il procedimento cautelare e quello di merito. Cio' posto, il ricorrente chiede di sospendere, e poi annullare, il provvedimento emesso dall'Ordine Provinciale dei Medici, con il quale, dando esecuzione alla decisione n. 53/2015 della Commissione Centrale, e' stata disposta la cancellazione dell'iscrizione dall'albo degli odontoiatri. A sostegno della domanda proposta, ha dedotto l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946 (e della connessa normativa regolamentare contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950) per asserita violazione dei principi di terzieta' ed indipendenza dell'organo giurisdizionale, conseguenti all'attribuzione della facolta' di nomina e revoca dei membri della Commissione stessa al potere esecutivo. Per esaminare il contenuto delle domande spiegate dal Gattuso, appare preliminare, pertanto, esaminare le disposizioni relative alla composizione ed al funzionamento del giudice speciale che ha emesso la decisione, in ossequio alla quale il Consiglio dell'Ordine ha adottato il provvedimento per cui e' causa. La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie e' un organo di giurisdizione speciale, chiamato ad esaminare, tra l'altro, i ricorsi avverso i provvedimenti degli Ordini e Collegi professionali locali in materia di albo e di irrogazione di sanzioni disciplinari. La nomina e la composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sono disciplinate dall'art. 17 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946. In base a questa disposizione, la Commissione centrale e' «nominata con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la grazia e giustizia, presieduta da un consigliere di Stato e costituita da un membro del Consiglio superiore di sanita' e da un funzionario dell'Amministrazione civile dell'interno di grado non inferiore al sesto. Fanno altresi' parte della Commissione: [...] e)per l'esame degli affari concernenti la professione di odontoiatra, un ispettore generale medico e otto odontoiatri di cui cinque effettivi e tre supplenti». Questa disposizione ha ricevuto alcune modifiche di dettaglio, nel senso di seguito indicato. L'atto di nomina, in forza dell'art. 2 della legge 12 gennaio 1991 n. 13 (Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica) non assume piu' la forma del decreto del Presidente della Repubblica, ma quello del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. La costituzione, con legge 13 marzo 1958 n. 296 del Ministero della Sanita', prima, e poi quella del Ministero della salute (cfr. articoli 2, numero 13, e 47-bis e ss. del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e la legge 13 novembre 2009, n. 172) non solo ha determinato l'intervento di questo Ministero nella fase della formulazione della proposta di nomina, ma ha anche comportato che la scelta di uno dei componenti non avviene piu' tra i funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno, ma tra i dirigenti del Ministero della Salute. Di queste modifiche e' testimonianza il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2011, recante la nomina - «sulla proposta del Ministero della salute e del Ministero della giustizia» - della Commissione centrale per il quadriennio 2011-2015, della quale fanno parte - oltre ad un consigliere di Stato in veste di presidente, ad un membro designato dal Consiglio superiore di sanita' e ad otto sanitari liberi professionisti (di cui cinque effettivi e tre supplenti) designati dai Comitati centrali delle rispettive Federazioni nazionali - un dirigente amministrativo di seconda fascia del Ministero della salute e un dirigente medico (o, a seconda della categoria interessata, veterinario o farmacista) di seconda fascia, l'uno e l'altro designati dal Ministero della salute. La disciplina, cosi' modificata, e' tuttora vigente, e l'organo continua ad operare in base ad essa. L'art. 15, comma 3-bis, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute), aggiunto dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, ha, infatti, stabilito: «In considerazione delle funzioni di giurisdizione speciale esercitate, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui all'art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, e' esclusa dal riordino di cui all'art. 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183, e continua ad operare, sulla base della normativa di riferimento, oltre il termine di cui all'art. 1, comma 2, del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, come modificato dal comma 3-ter del presente articolo. All'allegato 1 annesso al citato decreto-legge n. 89 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2012, il numero 29 e' abrogato». Infine, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 193 del 2014, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del citato art. 17, primo e secondo comma, per la mancata previsione della nomina di membri supplenti della Commissione centrale che consentano la costituzione, per numero e categoria, di un collegio giudicante diversamente composto rispetto a quello che abbia pronunciato una decisione annullata con rinvio dalla Corte di cassazione. Questo giudice non ignora le decisioni della Corte di cassazione, che, esaminando l'eccezione di legittimita' costituzione dell'art. 17 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, le ha sempre dichiarate manifestamente infondate (Sez. Un., 18 aprile 1988, n. 3032; Sez. Un., 5 giugno 1997, n. 11129; Sez. Un., 7 agosto 1998, n. 7753; Sez. III, 5 febbraio 1999, n. 4761; Sez. III, 6 aprile 2001, n. 5141; Sez. III, 30 luglio 2001, n. 10396; Sez. III, 19 maggio 2003,n. 7760; Sez. III, 21 maggio 2004, n. 9704; Sez. III, 18 aprile 2006, n. 8958; Sez. III, 21 febbraio 2013, n. 4371). Il predetto orientamento, peraltro, e' stato recentemente rimeditato dalla Suprema Corte che, con le ordinanze n. 63 e 72 del 15.1.2015 (doc 29 e 30 di parte ricorrente), ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate, in riferimento agli articoli 108, secondo comma, 111, 117 primo comma, quest'ultimo in riferimento all'art. 6, par.1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la questione di legittimita' costituzione dell'art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13.9.1946 n. 23. Come evidenziato anche nelle due ordinanze di rimessione appena richiamate, per verificare se i meccanismi di designazione di alcuni dei membri della Commissione assicurino la terzieta' e l'indipendenza dei predetti componenti, occorre precisare che: parte nel procedimento giurisdizionale che si svolge dinanzi alla Commissione centrale e', oltre al procuratore della Repubblica ed all'Ordine professionale interessato, anche il Ministero della Salute; in base all'art. 17 sopra richiamato, lo stesso Ministero della Salute, proponente insieme al Ministero della giustizia la nomina della Commissione Centrale, ne designa due componenti: uno tra i dirigenti amministrativi del Ministero, l'altro tra gli ispettori generali (oggi, tra i dirigenti di seconda fascia, medici, veterinari o farmacisti). Ad avviso di questo giudice, tale designazione non assicura la terzieta' e l'indipendenza dei predetti componenti e appare dunque in contrasto con gli articoli 108, secondo comma, 111, 117 primo comma, Cost., quest'ultimo in riferimento all'art. 6, par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 3. Ammissibilita' della questione in sede cautelare. In via generale si osserva che il giudice della cautela ante causam ha i requisiti per poter essere considerato giudice a quo, poiche' nella giurisdizione cautelare vi e' pieno rispetto del contraddittorio con contrapposizione di interessi fra le parti - interesse del ricorrente ad ottenere la sospensione del provvedimento impugnato ed interesse della parte resistente a non dare attuazione ad un provvedimento della Commissione Centrale -, la cui composizione, seppur in via d'urgenza, richiede comunque l'intervento del giudice istituzionalmente deputato al controllo della legittimita' costituzionale qualora, come nella fattispecie oggetto di valutazione, non si intenda accedere ad una lettura costituzionalmente orientata di norme sospettate di incostituzionalita' (Corte costituzionale sentenza n. 457/93; Corte costituzionale sentenza n. 186/76). A tale considerazione deve poi aggiungersi che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 151/2009 ha chiarito che «la giurisprudenza di questa Corte ammette la possibilita' che siano sollevate questioni di legittimita' costituzionale in sede cautelare, sia quando il giudice non provveda sulla domanda, sia quando conceda la relativa misura, purche' tale concessione non si risolva nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale, in quella sede, il giudice fruisce» (sentenza n. 161 del 2008 e ordinanze n. 393 del 2008 e n. 25 del 2000). 4. Rilevanza. In merito alla rilevanza, osserva il Tribunale che il ricorrente - nei cui confronti e' stato adottato, dal Consiglio dell'Ordine, in esecuzione di una decisione emessa dalla Commissione Centrale, un provvedimento di cancellazione dall'albo degli odontoiatri - nelle more della decisione del ricorso, non puo' esercitare la professione medica in esame ed e' esposto, altresi', al rischio di perdere il proprio avviamento (cfr. docc. 34 e 35 di parte ricorrente). A tal proposito, occorre precisare che l'invocato provvedimento di sospensione non puo' essere assunto in assenza di una pronuncia della Corte costituzionale che, ove accolga la questione di seguito indicata, dichiari l'illegittimita' costituzionale di una disposizione che disciplina la composizione e il funzionamento dell'organo di giurisdizione speciale al quale e' riservata la giurisdizione sul provvedimento per cui e' causa (motivo che preclude a questo giudice, in assenza di una pronuncia del giudice delle leggi, di statuire sulla richiesta di sospensione, reiterata dal difensore del ricorrente anche all'udienza di discussione). Per poter decidere sulla richiesta del ricorrente, anche in considerazione del fatto che le norme sul funzionamento della Commissione Centrale non prevedono la possibilita' di formulare istanza di sospensione, e' necessario applicare le disposizioni relative alla nomina della Commissione Centrale che ha adottato il provvedimento impugnato. A tal proposito, inoltre, appare opportuno sottolineare che la decisione n. 53 del 6 ottobre 2014 (alla quale il provvedimento impugnato ha dato attuazione) e' stata emessa dalla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, con la presenza dei componenti designati dal Ministero della salute (doc. 25 e 31 di parte ricorrente). In merito al numero di componenti nominati dal Ministro della salute (pari a 2) ed alle eventuali valutazioni relative alla c.d. prova di resistenza, si osserva come tale scrutinio sia, nel caso in esame, del tutto irrilevante, atteso che trattasi di profili relativi all'imparzialita' ed all'indipendenza del giudice speciale adito dal Gattuso e non all'esame degli eventuali vizi della decisione assunta dalla Commissione (poi recepita nel provvedimento del Consiglio dell'Ordine ivi impugnato). 5. Non manifesta infondatezza. La designazione, ad avviso di questo giudice, di due componenti da parte del Ministero della salute non assicura la terzieta' e l'indipendenza dei predetti componenti. In primo luogo, non pare inutile ricordare che la Corte costituzionale ha da tempo precisato che il principio di indipendenza e terzieta' del giudice e' un «elemento essenziale alla stessa intrinseca natura della giurisdizione, che si identifica nella indipendenza istituzionale del giudice e nella sua posizione di terzo imparziale, qualunque siano le parti in giudizio» e che detto principio «riguarda anche i giudici delle giurisdizioni speciali» (Corte cost. n. 353/2002; cfr. anche Corte costituzionale n. 193/2014). Come osservato dalla Suprema Corte nelle ordinanze di rimessione sopra richiamate: «la designazione governativa e' un atto non adottato in esito ad una selezione resa oggettiva da criteri predeterminati o di efficacia predeterminata, ma discrezionale. Inoltre, i dirigenti ministeriali nominati componenti della Commissione centrale, anche durante lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati e ad espletare le funzioni istituzionali presso il Ministero della salute, parte del processo, e quindi rimangono soggetti a tutti i condizionamenti dovuti alla loro posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa, che ne garantisce lo stato giuridico ed economico. Vero e' che, ai sensi dell'art. 18 del decreto legislativo Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, la Commissione centrale esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri componenti: questo vale tuttavia non nei confronti di tutti i componenti, ma soltanto «dei [...] membri professionisti e dei membri dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali», per cui i dirigenti ministeriali componenti della Commissione continuano ad essere sottoposti al potere disciplinare dell'amministrazione di appartenenza. Infine, la terzieta' dei membri della Commissione centrale designati dal Ministero della salute appare compromessa anche dalla disposizione del quinto comma del citato art. 17 che prevede, al termine del quadriennio, la possibilita' di riconferma nell'incarico, secondo il discrezionale apprezzamento del Ministero stesso, posto che la sola prospettiva del reincarico esclude l'indipendenza di costoro dall'amministrazione designante (cfr. Corte cost., sentenza n. 25 del 1976)» (ordinanza n. 72, 15 gennaio 2015, rel. Giusti). In particolare, questo giudice dubita della legittimita' costituzionale della disposizione in esame, con riferimento ai seguenti profili: In merito al contrasto con l'art. 108 Cost. secondo comma e 111 Cost., si osserva che il legislatore e' tenuto ad assicurare le garanzie di indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, rafforzate ora dal nuovo testo dell'art. 111 della Costituzione, applicabile ad ogni giudice ed in qualsiasi processo. Nella specie considerata dalla norma oggetto della presente questione di legittimita' costituzionale (commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie), due componenti sono designati dal Ministero della salute, con un atto discrezionale (non adottato in esito ad una selezione resa oggettiva da criteri predeterminati o di efficacia predeterminata), continuano a rimanere incardinati e ad espletare le funzioni istituzionali presso il Ministero della salute (che e' parte del processo che si svolge dinanzi alla Commissione) e rimangono, pertanto, soggetti a tutti i condizionamenti dovuti alla loro posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa (sia da un punto di vista giuridico che economico). Tali condizionamenti o stati di soggezione possono discendere sia da vincoli gerarchici o comunque di sopravvivenza di rapporto (quanto meno di servizio) con la predetta amministrazione, sia dalla possibilita' di riconferma o reincarico affidata alla semplice iniziativa di organi appartenenti alla amministrazione (prospettiva di reincarico che esclude l'indipendenza di tali membri dall'amministrazione designante, che potrebbe discrezionalmente scegliere di riconfermarli). Gli anzidetti profili comportano una violazione dei requisiti connaturali alle funzioni di giudice indipendente ed imparziale; Con riferimento al contrasto con l'art. 117 comma I Cost., in relazione all'art. 6 della Cedu, si osserva che la norma censurata - non fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione e alla presenza di regole di autonomia dei componenti della Commissione centrale designati dal Ministero della salute - non sembra superare il test di conformita' con la Convenzione Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 4 agosto 1955 n. 848). Il diritto ad un equo processo, quale deriva, in particolare, dall'art. 6, n. 1, della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, costituisce un diritto fondamentale che l'Unione europea tutela in quanto principio generale in forza dell'art. 6, n. 2, UE (sentenze 26 giugno 2007, causa C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., Racc. pag. I-5305, punto 29, nonche' 1° luglio 2008, cause riunite C-341/06 P e C-342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44). Come la Corte di Giustizia ha avuto occasione di precisare, l'esistenza di garanzie in materia di composizione dell'organo giurisdizionale rappresenta la pietra angolare del diritto all'equo processo (v., in tal senso, Corte di Giustizia UE, sez. I, 19/02/2009, n. 308, punto 42). La norma censurata, disponendo che due dei membri della giurisdizione speciale vengano designati dal Ministero della salute, parte del processo - dal quale sono discrezionalmente nominati, presso il quale i membri in esame continuano ad essere incardinati e nei confronti dei quali sussistono evidenti condizionamenti (sopra indicati) - non assicura la terzieta' e l'indipendenza dei predette componenti. Per completezza, si osserva come non possano condividersi i dubbi di legittimita' costituzionale spiegati dal ricorrente con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950 n. 221 atteso che, trattandosi di norme contenute in un regolamento di esecuzione, prive di forza di legge, sulle stesse non puo' essere invocato un sindacato di legittimita' costituzionale, mancando uno specifico collegamento di queste con la norma legislativa (cfr. Corte costituzionale ordinanza n. 389/2004 e sentenza n. 162/2008).
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946 n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), per ritenuto contrasto con gli articoli 108, secondo comma, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione. Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della Cancelleria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, 22 dicembre 2015 Il Giudice: Flamini