N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 2016

Ordinanza  del  3  febbraio   2016   del   Consiglio   di   giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana - sezioni riunite sul ricorso
proposto da Benintende Renato  Onofrio  ed  altri  contro  Comune  di
Augusta. 
 
Imposte e tasse -  Imposta  municipale  unica  (IMU)  -  Istituzione,
  anticipazione  sperimentale  dal  2012,   disciplina   della   base
  imponibile e dell'aliquota. 
- Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
  convertito, con modificazioni, nella legge  22  dicembre  2011,  n.
  214, artt. 13, commi 11 e 17, e 48, comma 1-bis. 
(GU n.14 del 6-4-2016 )
 
                CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
         Adunanza delle Sezioni riunite del 17 novembre 2015 
 
    Numero affare 00091/2014. 
    Oggetto:  ricorso  straordinario  al  Presidente  della   Regione
Siciliana,  con  istanza  sospensiva,  proposto  da  Renato   Onofrio
Benintende  ed  altri,  contro  il  Comune  di  Augusta,  avverso  la
deliberazione del Consiglio Comunale di Augusta del 30 ottobre  2012,
n. 47, con cui e'  stato  approvato  il  regolamento  concernente  le
modalita' di applicazione dell'Imposta municipale unica - IMU, di cui
all'art.  13  del  decreto-legge  n.  201/2011,   e   la   fissazione
dell'aliquota ordinaria per l'anno 2012; 
    La Sezione; 
    Vista la relazione n. 830/128.13.8 del 13/1/2014 con la quale  la
Presidenza della Regione siciliana - Ufficio legislativo e  legale  -
ha chiesto il parere del Consiglio di  Giustizia  Amministrativa  sul
ricorso straordinario in oggetto; 
    Esaminati gli atti  e  udito  il  relatore,  consigliere  Hadrian
Simonetti; 
    Ha emesso la seguente ordinanza. 
 
                       Premesso e considerato 
 
    1. Gli odierni ricorrenti, proprietari  di  fabbricati  rurali  e
terreni agricoli iscritti al catasto terreni e fabbricati di Augusta,
come  tali  destinatari  per  l'anno  2012  dell'imposta   municipale
unica-IMU, hanno impugnato la deliberazione 30 ottobre 2012 n. 47 del
Comune  di  Augusta  con  cui  e'  stato  approvato  il   regolamento
concernente le modalita' di applicazione di detta imposta. 
    1.1.  A  fondamento   della   domanda   di   annullamento   della
deliberazione hanno dedotto l'illegittimita' del regolamento comunale
che  deriverebbe  dall'illegittimita'  costituzionale,   sotto   vari
profili, dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  che,
come noto, ha anticipato l'applicazione dell'IMU, gia' istituita  con
il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 in attuazione della legge
5  maggio  2009,  n.  42,  apportando  modifiche  significative  alla
disciplina originaria. 
    1.2. Deducono in particolare che l'art. 13 del  decreto-legge  n.
201/2011 sarebbe incostituzionale sia perche' in contrasto con l'art.
43  dello  Statuto  siciliano   e   con   il   principio   di   leale
collaborazione, presupponendo l'applicazione dell'IMU in  Sicilia  la
modifica dello  Statuto  attraverso  l'intervento  della  Commissione
paritetica  e  quindi  seguendo  un  metodo  pattizio,  sia   perche'
violerebbe la potesta' legislativa esclusiva della Regione in materia
di enti locali nonche' l'autonomia finanziaria di questi  ultimi,  ai
sensi dell'art. 119 Cost. 
    1.2.1. Sotto il primo profilo,  quanto  alla  dedotta  violazione
dell'art. 43 dello Statuto, i  ricorrenti  richiamano  il  precedente
della sentenza della  Corte  costituzionale  7  marzo  2012,  n.  64,
secondo  cui  il  decreto  legislativo  n.  23/2011  si  applica  nei
confronti delle regioni a statuto speciale solamente nel rispetto dei
rispettivi statuti, coerentemente con la clausola di salvaguardia  in
tal senso gia' contenuta nell'art. 27 della legge di  delegazione  n.
42/2009. 
    1.2.2. Sotto il secondo profilo,  i  ricorrenti  sottolineano  la
rilevanza delle modifiche apportate dall'art. 13 del decreto-legge n.
201/2011 alla disciplina  originaria  dell'IMU,  a  cominciare  dalla
introdotta compartecipazione statale, nella misura  della  meta'  del
gettito calcolato sull'aliquota dello 0,76%, previsione che lederebbe
al tempo stesso  la  potesta'  esclusiva  della  Regione  Sicilia  in
materia di ordinamento e controllo degli  enti  locali  e  la  stessa
autonomia finanziaria degli enti locali. 
    1.2.3. Infine sempre l'art.  13  del  decreto-legge  n.  201/2011
violerebbe, a loro avviso, anche gli articoli 3 e 53,  fondandosi  su
una redditivita' presunta e non attuale degli  immobili,  tanto  piu'
data la situazione del catasto in Italia, nonche' gli artt. 42, 44  e
47,  sull'assunto  che  in  questo  caso   il   prelievo   tributario
determinerebbe effetti sostanzialmente espropriativi, soprattutto nei
riguardi della piccola proprieta', a detrimento del risparmio. 
    2. Con un  primo  parere  interlocutorio  dell'11  dicembre  2014
questo Consiglio ha disposto incombenti istruttori per accertare  se,
alla  luce  delle  modifiche   normative   che   all'indomani   della
presentazione del  ricorso  avevano  interessato  in  piu'  punti  il
contestato  art.  13  del  decreto-legge  n.  201/2011  i  ricorrenti
avessero ancora interesse alla loro impugnazione. 
    2.1. Il ricordato parere interlocutorio si  era  reso  necessario
anche in ragione del giudizio di costituzionalita' al tempo  pendente
dinanzi alla Corte, in forza del  ricorso  presentato  dalla  Regione
Sicilia iscritto al n.  39  del  2012  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale del 4 aprile 2012, n. 4, giudizio in quel momento  prossimo
ad essere discusso e in seguito  definito  con  la  sentenza  del  15
luglio 2015, n. 155, sulla quale si tornera' nel prosieguo. 
    2.2. Con un secondo parere interlocutorio  del  15.5.2015  questo
Consiglio, acquisiti tramite l'Ufficio legislativo  della  Presidenza
della Regione i chiarimenti richiesti, ha preso atto  del  perdurante
interesse  dei  ricorrenti  all'annullamento  del   regolamento   qui
impugnato e, nell'imminenza della discussione del ricorso n.  39/2012
presentato  dalla  Regione  Sicilia,  ha  sospeso  l'espressione  del
proprio parere sino alla pubblicazione  della  sentenza  della  Corte
costituzionale. 
    3.   Dopo   la   pubblicazione   della   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 155/2015, nell'adunanza del 18 novembre 2015 questo
Consiglio  ha  nuovamente  esaminato  il  ricorso  e,  con  esso,  la
richiesta di rimessione alla Corte delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale  richiamate  in  premessa,  valutando  tali  questioni
rilevanti e non manifestamente infondate, nei limiti e per le ragioni
che di seguito saranno chiariti. 
    4. Deve premettersi, in punto di rilevanza, che in questa sede e'
impugnato un atto regolamentare del Comune di Augusta, concernente le
modalita' generali di  applicazione  dell'IMU  che,  in  buona  parte
mutuate dalla fonte primaria, concernono il  presupposto  e  la  base
imponibile della nuova imposta, il regime  delle  esenzioni  e  delle
agevolazioni, le modalita' della dichiarazione e dei  versamenti,  la
disciplina dei rimborsi  e  delle  compensazioni,  il  sistema  della
riscossione coattiva. 
    Poiche'  la  controversia  non  ha  ad  oggetto  i  singoli  atti
applicativi, di accertamento e liquidazione, dell'imposta municipale,
deve ritenersi che, sulla scorta di indirizzi  giurisprudenziali  del
tutto consolidati (cfr. Cons. St., sez. V,  n.  2942/2012;  tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  Roma,  sez.  II,   n.   1567/2013;
tribunale  amministrativo  regionale  Puglia,  Lecce,  sez.  II,   n.
492/2007), la  cognizione  sul  regolamento  quale  atto  generale  e
presupposto  adottato  nell'ambito   della   potesta'   regolamentare
prevista dall'art. 52 del decreto legislativo n. 446/1997, spetti  al
giudice amministrativo secondo il generale  criterio  di  riparto  di
giurisdizione di cui agli articoli 24, 103 e 113  Cost.,  cosi'  come
ribadito peraltro anche dall'art. 7, comma 4, della legge n. 212/2000
sullo Statuto del contribuente. 
    Con la precisazione che la riaffermata giurisdizione del  giudice
amministrativo  vale  a  radicare,  nel  caso  di  specie,  anche  la
cognizione di questo Consiglio in sede consultiva, nell'esame  di  un
ricorso  straordinario  proposto  in  alternativa  al  ricorso  (piu'
propriamente giurisdizionale) (v. art. 7, comma 8,  c.p.a.);  ambito,
quello del ricorso straordinario, nel quale come  noto,  per  effetto
delle modifiche apportate all'art.  13  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 1199/1971 dall'art. 69 della legge n. 69/2009, la
sezione consultiva  e'  ora  legittimata  a  sollevare  questioni  di
legittimita' costituzionale, essendole riconosciuta natura di giudice
a quo (v. gia' Corte cost., sent. n. 265/2013 e n. 73/2014). 
    5. Cio' posto, le questioni prospettate sono rilevanti  anche  ai
fini della decisione nel merito della controversia,  sul  presupposto
dell'immediata lesivita' dell'atto regolamentare qui  impugnato  (v.,
ex multis, tribunale amministrativo regionale  Toscana,  sez.  I,  n.
560/2014) ed essendo  evidente  che  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 13 del decreto-legge n. 201/2011, ove fosse dichiarata  con
effetti ex tunc, priverebbe della sua imprescindibile base  normativa
il  regolamento  comunale  qui   impugnato,   di   cui   e'   chiesto
l'annullamento, con l'ovvia conseguenza  di  impedire  l'applicazione
dell'IMU e, in definitiva, la sua riscossione a spese  degli  odierni
ricorrenti. 
    Il che evidenzia la rilevanza, in concreto,  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale nel presente giudizio. 
    6. Quanto al requisito della non manifesta infondatezza,  occorre
esaminare in primo luogo la dedotta duplice violazione  dell'art.  43
dello statuto della Regione Sicilia (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455,
recante  «Approvazione  dello  statuto  della   Regione   siciliana»,
convertito in legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  2)  e  del
principio  di  leale  collaborazione,  da  parte  dell'art.  13   del
decreto-legge n. 201/2011. 
    6.1. Giova ricordare come al  momento  di  istituire  la  «nuova»
imposta municipale, con il decreto-legge  n.  23/2011  in  attuazione
della delega  di  cui  alla  legge  n.  42/2009,  si  fosse  previsto
espressamente, all'art. 14, con una norma di garanzia, che  «al  fine
di assicurare la neutralita' finanziaria del  presente  decreto,  nei
confronti delle regioni a statuto speciale, il  presente  decreto  si
applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformita'  con  le
procedure previste dall'art. 27 della citata legge n. 42 del 2009». 
    Di contro, invece, la clausola di salvaguardia inserita  all'art.
48, comma 1-bis, del (di poco) successivo decreto-legge  n.  201/2011
(con cui, attraverso l'art. 13,  l'istituzione  di  tale  imposta  e'
stata anticipata con effetto pressoche' immediato, a  decorrere  gia'
dall'anno 2012, introducendo alcune significative modiche che saranno
ricordate piu' avanti) e' sicuramente  piu'  debole  in  quanto,  pur
facendo richiamo alle «norme di attuazione statutaria»  per  definire
le modalita' di applicazione  e  gli  effetti  finanziari  del  nuovo
decreto nei confronti delle regioni  a  statuto  speciali,  esordisce
stabilendo che restano ferme, anche per questi enti, «le disposizioni
previste dagli articoli 13, 14 e 28». 
    Sicche'  questa  seconda   clausola,   lungi   dal   condizionare
l'immediata applicazione  dell'IMU  nei  confronti  delle  regioni  a
statuto speciale alla previa raggiunta intesa con tali  enti,  sembra
piuttosto «promettere» che in  un  futuro  indeterminato,  quando  le
condizioni  lo  permetteranno,  il  metodo   consensualistico   sara'
ripristinato. 
    6.2. Cio' posto, se l'art. 43 dello Statuto siciliano attribuisce
ad una  commissione  paritetica  la  determinazione  delle  norme  di
attuazione del medesimo statuto; l'art. 27  della  legge  n.  42/2009
declina il principio di leale collaborazione  -  che  trova  espressa
menzione in Costituzione nell'art. 120 e che da tempo campeggia nella
giurisprudenza costituzionale - sul terreno del  coordinamento  della
finanza delle regioni a statuto speciale, individuando una pluralita'
di «luoghi» (da) dove assicurare detto coordinamento (la  commissione
tecnica paritetica di cui all'art. 4 della stessa legge  n.  42/2009,
la conferenza permanente per i rapporti Stato regioni, il «tavolo  di
confronto» di cui e' fatta menzione nell'ultimo comma dell'art.  27).
Luoghi  e  modalita'  di   coordinamento   della   finanza   pubblica
all'insegna di «una permanente interlocuzione»,  nel  pieno  rispetto
degli sta-tu-ti speciali. 
    6.3. Tra il richiamo  dell'art.  43  dello  Statuto  siciliano  e
quello dell'art.  27  della  legge  sul  federalismo  fiscale  sembra
potersi cogliere un punto di congiunzione, che e'  dato  proprio  dal
principio di leale collaborazione inteso quale principio  cardine  di
un modello di regionalismo cooperativo che  la  Corte  costituzionale
aveva elaborato ben prima della riforma  del  titolo  V,  ricavandolo
dall'art. 5 (v., ad esempio, sent. n. 359/1985 e n. 19/1997)  e  che,
nell'opinione  di  una  parte  della  dottrina,  si  sarebbe   potuto
desumere, quanto al suo fondamento costituzionale,  anche  da  alcune
norme degli statuti speciali. 
    L'art.  43  dello  statuto  siciliano,  quindi,  come   possibile
fondamento del principio di leale collaborazione e, al tempo  stesso,
strumento attuativo di quel medesimo principio. 
    6.4. Sempre per quanto concerne la congiunzione tra il  principio
di leale collaborazione e il rispetto dello  statuto,  e'  importante
richiamare il precedente della Corte costituzionale costituito  dalla
sentenza n. 64/2012. 
    Con tale sentenza, lo ricordano anche gli odierni ricorrenti  nel
loro atto introduttivo, la Corte, investita di una questione in parte
simile  avente  ad   oggetto   sempre   l'applicazione   dell'imposta
municipale  nei  confronti  della  regione   Sicilia   -   lamentando
quest'ultima che il decreto legislativo n. 23/2011,  che  introduceva
la nuova imposta, sottraeva entrate tributarie spettanti alla regione
a  vantaggio  dei  comuni,  cosi'  violando  l'autonomia  finanziaria
regionale garantita dagli articoli 36 e  37  dello  statuto  e  dalle
correlate norme di attuazione - dichiaro' la questione infondata  sul
presupposto che la nuova imposta non potesse  applicarsi  all'interno
del  territorio  siciliano  se  prima,  attraverso   la   nomina   di
un'apposita commissione paritetica e in coerenza con la  clausola  di
salvaguardia di cui all'art. 27 della legge  n.  42/2009  recante  la
delega in materia di federalismo fiscale, non fosse stato  modificato
lo Statuto regionale. 
    6.5. Se nel precedente appena ricordato la critica della  Regione
si appuntava essenzialmente sulla  compartecipazione  dei  comuni  al
gettito  della  nuova  imposta  municipale   propria   (inizialmente)
istituita a decorrere dall'anno 2014; all'indomani dell'anticipazione
dell'applicazione  della  medesima  imposta  disposta,  a   decorrere
dall'anno 2012, proprio dall'art. 13 del decreto-legge  n.  201/2011,
la Regione Sicilia con un nuovo ricorso (il ricordato n. 39 del 2012)
e' tornata a lamentare la violazione degli articoli 36 e 37,  nonche'
(questa volta anche) dell'art. 43, dello Statuto, estendendo i propri
rilievi  alla  compartecipazione  dello  Stato,  che   determinerebbe
l'ulteriore depauperamento delle proprie finanze. 
    6.6. Nella sentenza n. 155/2015, con cui  e'  stato  definito  il
citato  ricorso  n.  39/2012  della   Regione   Sicilia,   la   Corte
costituzionale,  pur  riconoscendo  in  diversi  passaggi  della  sua
articolata motivazione la  violazione  dello  Statuto  e  del  metodo
pattizio dell'intesa disegnato dall'art. 27 della  legge  n.  42/2009
(v. sub 7  passim,  spec.  7.2  dove  si  afferma  che  «non  risulta
rispettato da parte dello Stato il metodo pattizio sotto  il  profilo
sia procedurale che sostanziale, per effetto dell'adozione di  norme,
tendenzialmente  dirette  a  sottrarre  una  parte  delle  competenze
tributarie  spettanti  alle   ricorrenti   senza   correlate   misure
riequilibratrici»),  ha  concluso  il  proprio  giudizio  nel   senso
dell'inammissibilita' delle questioni concernenti gli articoli  13  e
14 del decreto-legge n. 201/2011. 
    Cio' sul particolare rilievo che «la mancata  specificazione  dei
criteri attraverso cui determinare la titolarita' dei  nuovi  tributi
non consente di enucleare parametri utili per una  pronuncia  a  rime
obbligate» (v. sub  7,  secondo  capoverso),  e  che  «uno  scrutinio
meramente  formale  svolto  in  riferimento  ai  parametri  statutari
vigenti condurrebbe a  risultati  non  appropriati  in  relazione  al
bilanciamento   tra   i    valori    costituzionali    potenzialmente
antagonisti»; ma non senza rivolgere al legislatore un  forte  monito
(v. sub 8, ultimo capoverso) affinche' sia posto «immediato  rimedio»
alla  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione   e   sia
ripristinato il metodo dell'intesa tra Stato e Regione. 
    7. Questo Consiglio e' consapevole dell'uso  in  notevole  misura
discrezionale, da parte della Corte, delle decisioni,  processuali  e
di merito. 
    7.1. E' del resto noto come le decisioni di inammissibilita'  non
siano previste da alcuna specifica disposizione,  derivando  la  loro
esistenza da una prassi consolidata  della  Corte  (a  partire  dalla
sentenza n. 108/1957)  che,  nell'opinione  di  autorevole  dottrina,
troverebbe il suo fondamento nella «natura delle cose». 
    La formula  «inammissibilita'»,  che  nel  tempo  ha  finito  per
assorbire buona parte delle altre tipologie di decisioni processuali,
si articola peraltro in due grandi sottogruppi. Vi sono, da un  lato,
inammissibilita'   pronunciate   con    riferimento    a    questioni
irritualmente o non correttamente prospettate, cui e' possibile porre
rimedio emendando i difetti formali riscontrati (tipico e'  l'esempio
dell'ordinanza del giudice a quo  non  sufficientemente  motivata  in
punto di rilevanza o di non manifesta infondatezza);  e,  dall'altro,
inammissibilita' riferite invece a violazioni non  rimediabili  delle
regole che disciplinano il processo costituzionale. 
    In questo secondo caso si e'  osservato  come  la  pronuncia  che
dichiara l'inammissibilita' possa per certi aspetti equivalere ad una
pronuncia di rigetto ed, anzi, determinare un  effetto  persino  piu'
radicale, come quando, ad esempio, sia  invocato  il  limite  di  cui
all'art. 28 della legge n. 87/1953. 
    7.2. Nel  caso  della  sentenza  n.  155/2015  l'inammissibilita'
sembrerebbe motivata essenzialmente in ragione del fatto che  diversi
sono  i  modi  astrattamente  idonei  ad  eliminare   la   violazione
riscontrata (del metodo pattizio, posto a salvaguardia dell'autonomia
delle regioni speciali) e che  la  scelta  fra  di  essi  compete  al
legislatore. 
    Se cosi' e', siamo vicini ad un'ipotesi  di  «incostituzionalita'
accertata ma non dichiarata», cui si lega nel caso  di  specie,  come
gia' ricordato, un forte monito rivolto al legislatore.  Il  che  non
costituisce una novita' e  puo'  preludere,  ove  il  vizio  non  sia
eliminato dal legislatore,  perdurando  nella  sua  inerzia,  ad  una
decisione di diverso segno, nel  senso  del  successivo  accoglimento
della questione, in ipotesi modulandone gli  effetti  nel  tempo  (il
pensiero corre, inter alia, alle sentenze di «accoglimento datato»  o
alle sentenze «additive di meccanismo»). 
    7.3. Nella vicenda in esame non consta che lo Stato abbia avviato
misure volte a dare seguito al monito  racchiuso  nella  sentenza  n.
155/2015  e,  sebbene  il  tema  della  fiscalita'  locale  e   della
tassazione sui  beni  immobili  resti  al  centro  della  discussione
politica e parlamentare, non risulta che  sia  stata  avviata  alcuna
«interlocuzione» con le  regioni  speciali  per  porre  rimedio  alla
lesione inflitta al principio e al metodo di leale collaborazione sul
terreno del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario; ne'  e'  agevolmente  prevedibile  che,  in  un  contesto
divenuto sempre meno favorevole al disegno del federalismo fiscale  e
alle  istanze  autonomistiche,   cio'   possa   avvenire   un   tempi
ragionevoli. 
    7.4. Si e' quindi dell'avviso che l'incostituzionalita' accertata
(ma non dichiarata) dalla Corte nella ricordata sentenza n.  155/2015
- quanto al profilo del procedimento legislativo sinora  seguito,  in
violazione del principio consensuale che  regola  la  materia  -  sia
destinata a consolidarsi con il passare del tempo e a divenire sempre
piu'  acuta  e  progressiva,  fino  a  sfociare  in  una   sorta   di
«incostituzionalita'  di  sistema»,   se   solo   consideriamo   come
dall'applicazione dell'IMU siano trascorsi all'incirca quattro  anni,
senza che il metodo pattizio sia stato ripristinato. 
    In particolare, proprio il  tempo  trascorso  rende  sempre  meno
giustificabile,  neppure  in   nome   del   bisogno   impellente   di
fronteggiare le esigenze  dell'equilibrio  di  bilancio,  una  deroga
cosi' vistosa al modello consensualistico. 
    Per queste ragioni, la questione prospettata  dai  ricorrenti  ed
avente ad oggetto la legittimita'  costituzionale  dell'art.  13  del
decreto-legge n. 201/2011 - per violazione dell'art. 43 dello Statuto
Siciliano e del principio costituzionale della  leale  collaborazione
che regola i  rapporti  tra  Stato  e  Regioni  speciali  in  materia
finanziaria, che trova nell'art. 27 della legge  n.  42/2009  il  suo
svolgimento - appare non manifestamente infondata e va quindi rimessa
alla Corte. 
    7.5. Facendo salvo lo stesso parametro, la stessa questione  deve
peraltro essere estesa, quanto all'oggetto, anche al  ricordato  art.
48, comma 1-bis, del  decreto-legge  n.  201/2011,  laddove  consente
l'immediata applicazione dell'IMU alle regioni ad autonomia speciale,
senza prevedere un termine stringente e certo per  l'approvazione  di
norme di attuazione statutaria  e,  quindi,  per  il  ripristino  del
metodo pattizio. 
    8.  Oltre  e  in  aggiunta  ai  dubbi  legati   al   procedimento
legislativo  sinora  seguito,  un'ulteriore  questione  si  pone  con
riferimento  al  profilo  piu'  sostanziale  relativo   alla   tutela
dell'autonomia finanziaria della Regione Sicilia. 
    Il che rende necessario approfondire, sebbene in sintesi, il tipo
di  intervento  realizzato  dal   legislatore   statale,   attraverso
l'istituzione e poi la concreta applicazione dell'IMU. 
    8.1. Se in origine, con il decreto legislativo n.  23/2011,  come
gia' ricordato, l'istituzione dell'IMU era stata  accompagnata  dalla
previsione  di  una  serie  di  garanzie  a  tutela  delle  autonomie
regionali speciali (v. articoli 8 e 14), in  modo  da  assicurare  la
neutralita'     finanziaria     dell'intervento;     nell'anticiparne
l'applicazione sin dal 2012, con il decreto-legge n. 201/2011, si  e'
riservato allo Stato la quota di imposta pari alla meta' del  gettito
realizzato con l'applicazione dell'aliquota base (v. art.  13,  comma
11, in seguito modificato e poi abrogato  ma  solo  a  decorrere  dal
2013). A questa riserva esplicita  in  favore  dello  Stato  -  hanno
osservato i commentatori  piu'  attenti  -  si  deve  aggiungere  una
seconda  riserva,  per  cosi'  dire  implicita,   riscontrabile   nel
meccanismo  previsto  dall'art.  13,  comma  17  e  che  si  realizza
attraverso la riduzione dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni. 
    8.2 Il combinato disposto delle due riserve (che  si  sommano  al
gettito attribuito ai comuni), riferite ad un'imposta che ad onta del
lessico impiegato conserva natura erariale, parrebbe contrastare  con
gli articoli 36 dello Statuto della Regione siciliana e 2 delle norme
di attuazione in materia finanziaria (il decreto del Presidente della
Repubblica n. 1074/1965) laddove  sottrae  alla  Regione  l'integrale
gettito dell'IMU riscosso nell'ambito del suo territorio,  senza  che
ricorrano  congiuntamente  le  tre  condizioni   che   sole   possono
giustificare, ai sensi del medesimo  art.  2,  l'eccezionale  riserva
allo  Stato  di  entrate  tributarie  erariali   riscosse   sul   suo
territorio. 
    8.3. In particolare, delle  condizioni  contemplate  nell'art.  2
sembrano difettare il carattere di novita' dell'imposta,  per  quanto
concerne la parte devoluta ai comuni, per  i  quali  anche  senza  la
riforma del 2011 una simile  entrata  non  sarebbe  mancata,  sebbene
attraverso lo Schema della vecchia ICI;  come  anche  il  vincolo  di
destinazione del maggior gettito in favore dello Stato,  sul  rilievo
che la clausola contenuta nell'art. 48 del decreto-legge n. 201/2011,
che   fa   riferimento   ai   vincoli   europei   di    bilancio    e
all'eccezionalita' della situazione economica internazionale, non sia
sufficientemente specifica (v., sulla nozione di  «entrata  nuova»  e
per un precedente in cui una destinazione simile  e'  stata  reputata
generica, rispettivamente, Corte cost., sentenza  n.  145/2014  e  n.
241/2012). 
    Per  queste  ragioni,  questo  Consiglio  ritiene  di  sollevare,
d'ufficio,  anche  una  seconda  questione  avente  ad   oggetto   la
legittimita'  costituzionale  dell'art.  13  del   decreto-legge   n.
201/2011, per violazione  anche  dell'art.  36  dello  Statuto  della
Regione Sicilia e dell'art. 2 delle norme di attuazione,  reputandola
non manifestamente infondata. 
    9. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'emissione  del
parere  va  sospesa  in  attesa  della   definizione   del   giudizio
incidentale   di   legittimita'   costituzionale,   disponendosi   la
rimessione della duplice questione alla Corte costituzionale. 
    Ogni  altra  statuizione  in  rito  e  nel  merito  e'  riservata
all'esito del procedimento davanti alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Consiglio di Giustizia Amministrativa a sezioni  riunite,  non
definitivamente pronunciando, sul ricorso straordinario  in  oggetto,
visti gli articoli 134 Cost., 1 della l. cost. n. 1/1948,  23  e  ss.
della legge  n.  87/1953  e  13  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1199/1971: 
    1) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni
di legittimita' costituzionale  dell'art.  13  del  decreto-legge  n.
201/2011, nella sua interezza e con particolare riferimento ai  commi
11 e 17, nonche' dell'art. 48, comma 1-bis, del medesimo decreto,  in
riferimento agli  articoli  36  e  43  dello  Statuto  della  Regione
Sicilia, all'art. 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
1074/1965 recante norme di attuazione in materia  finanziaria,  e  al
principio costituzionale di leale  collaborazione,  ai  sensi  e  nei
termini di cui in motivazione; 
    2) dispone  la  sospensione  del  richiesto  parere  sul  ricorso
straordinario in oggetto, ordinando  l'immediata  trasmissione  degli
atti e della presente ordinanza alla Corte costituzionale. 
    Dispone  altresi'  che  a  cura  della  segreteria  la   presente
ordinanza sia  notificata  alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti  delle  Camere  dei
deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                      Il Presidente: Zucchelli 
 
 
                                               L'estensore: Simonetti