N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 2016

Ordinanza  del 29 aprile  2016  del  Magistrato  di  sorveglianza  di
Spoleto sul reclamo proposto da C.E.. 
 
Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di
  detenzione - Invio e ricezione di libri  e  riviste  -  Limitazioni
  imposte dall'amministrazione  penitenziaria  in  base  a  circolari
  ministeriali del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'), art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c). 
(GU n.22 del 1-6-2016 )
 
                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SPOLETO 
          per i Circondari dei Tribunali di Spoleto e Terni 
 
    Il Magistrato di  sorveglianza  ha  pronunciato,  a  scioglimento
della riserva di cui al verbale d'udienza in  data  26  aprile  2016,
sentiti pubblico ministero e difesa, la seguente ordinanza. 
    Letto il reclamo n. SIUS 2014/4650 presentato  nell'interesse  di
C.E. nato a Napoli il ..., detenuto presso la Casa  circondariale  di
Terni in regime differenziato ex art. 41-bis ord. pen., con il  quale
la difesa dell'interessato chiede che lo stesso  possa  ricevere  dai
propri familiari libri e riviste a stampa mediante la  corrispondenza
o pacco postale o  ricevendole  all'esito  del  colloquio  visivo  in
istituto  penitenziario,  previa  disapplicazione   della   circolare
3701/2014 del  Dipartimento  dell'amministrazione  penitenziaria  che
ripristina  le  disposizioni  egualmente   impeditive   gia'   emesse
dall'amministrazione con circolare 8845/2011, giudicata a  suo  tempo
illegittima e dunque disapplicata dal magistrato di  sorveglianza  di
Spoleto con provvedimento in data 18 dicembre 2012; 
 
                               Osserva 
 
    Il C.  si  duole  dei  divieti  ancora  impostigli  dall'istituto
penitenziario  in  ottemperanza  a  circolare  DAP  che  ha  previsto
particolari  limitazioni  nella   ricezione   di   libri   e   stampa
dall'esterno ai detenuti sottoposti al regime  differenziato  di  cui
all'art. 41-bis  ord.  pen.  Agli  atti  dell'Ufficio  sono  presenti
circolari e note emesse in materia dal  Dipartimento  amministrazione
penitenziaria e note della Casa circondariale  di  Terni  in  cui  si
espone  come  l'istituto  si  sia  adeguato  alle   indicazioni   del
dipartimento. 
    In particolare,  puo'  leggersi  la  circolare  DAP  in  data  16
novembre  2011  n.  8845/2011  in  cui,  dopo  un   preambolo   sulla
fattispecie concreta che ha generato la necessita' di rivedere alcune
limitazioni imposte ai detenuti  in  regime  differenziato  in  senso
restrittivo per esigenze di prevenzione, si dispone che: 
    1) siano eliminati dalle biblioteche degli istituti  penitenziari
libri contenenti tecniche di comunicazione criptata; 
    2) sia vietato  l'acquisto  di  stampa  autorizzata  (quotidiani,
riviste, libri) al di  fuori  dell'istituto  penitenziario,  compresi
abbonamenti, da sottoscriversi direttamente da parte della  Direzione
o dell'impresa di mantenimento per  la  successiva  distribuzione  ai
detenuti richiedenti,  per  impedire  che  terze  persone  vengano  a
conoscenza dell'istituto di assegnazione dei detenuti; 
    3) sia vietata la ricezione di  libri  e  riviste  da  parte  dei
familiari, anche tramite pacco consegnato al colloquio o spedito  per
posta, cosi' come l'invio del  predetto  materiale  ai  familiari  da
parte del detenuto; 
    4) sia vietato l'accumulo di un numero eccessivo di testi,  anche
al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria; 
    5) sia vietato  lo  scambio  di  libri  e  riviste  tra  detenuti
appartenenti a diversi gruppi di socialita'. 
    La circolare si conclude poi rammentando  che  tali  disposizioni
non   incidono   sulle    «possibilita'    offerte»    ai    detenuti
dall'ordinamento  penitenziario,   poiche'   «vengono   cambiate   le
modalita' di acquisire libri e stampa ma rimane garantito il  diritto
all'informazione». 
    E'  agli  atti  inoltre   nota   della   Direzione   della   Casa
circondariale di Terni in cui si da' atto di aver assunto, a  seguito
dell'emanazione della detta circolare, ordine di  servizio  965/2011,
unitamente ad avviso alla popolazione detenuta con cui si precisavano
alcune puntuali limitazioni, ad esempio in ordine al numero di  libri
che era possibile tenere presso di se' in cella. 
    Sui  divieti  imposti  al  C.,  a  causa  di  tale  circolare  ed
attraverso gli ordini di servizio sopra  richiamati,  intervenne  una
prima pronuncia da parte del Magistrato di sorveglianza di Spoleto in
data 18 dicembre 2012, che accoglieva  il  reclamo  dell'interessato,
disapplicava  la  circolare   ministeriale   in   presenza   di   una
regolamentazione amministrativa confliggente  con  l'art.  15  Cost.,
interpretava  in  senso  costituzionalmente  orientato  il  combinato
disposto degli articoli 41-bis e 18-ter ord. pen. e riteneva ascritta
alla sola A.G. la competenza  a  disporre  limitazioni  ed  eventuale
visto di controllo sui libri e le riviste spedite al  detenuto  o  da
questi  trasmesse  ai  familiari,  con  conseguente  caducazione  dei
divieti imposti dalla Direzione dell'istituto penitenziario. 
    In seguito, tuttavia, e'  intervenuta  una  nuova  circolare  DAP
(pure leggibile in atti)  dell'11  febbraio  2014,  che  ribadisce  i
contenuti della propria precedente, piu' volte citata,  sulla  scorta
della pronuncia della Corte di cassazione intervenuta il 23 settembre
2013 nei confronti di altro detenuto in regime  differenziato,  nella
quale la Suprema Corte considera le limitazioni sin qui descritte  in
linea con le finalita' preventive del regime speciale di cui all'art.
41-bis, non risultandone menomati il diritto all'informazione ed allo
studio. Per tale motivo l'amministrazione impone che  si  tornino  ad
applicare i divieti a tutti i detenuti in regime differenziato. 
    Su tali basi fu disposto dalla Casa  circondariale  di  Terni  il
ripristino delle limitazioni imposte dall'amministrazione  anche  nei
confronti del C., per il quale pure era stato emesso provvedimento di
accoglimento  di  reclamo  in  merito  da  parte  del  Magistrato  di
sorveglianza di Spoleto. 
    Si giunge cosi' all'odierna istanza del C., che trova attualmente
spazio nell'ambito segnato dagli articoli 35-bis e 69 comma 6 lettera
b) ord. pen., per come formulati con decreto-legge  n.  146/2013  poi
convertito  in  legge  n.  10/2014,  ed   infatti   i   provvedimenti
dell'Amministrazione penitenziaria che  incidano  in  modo  grave  ed
attuale su diritti soggettivi della persona detenuta sono sindacabili
in  sede  giurisdizionale   mediante   reclamo   al   magistrato   di
sorveglianza  che  decide  con  ordinanza  ricorribile   dinanzi   al
Tribunale di sorveglianza ed  eventualmente  per  cassazione,  avente
carattere immediatamente vincolante per l'amministrazione  intrinseco
alle finalita' di tutela urgente che l'art. 69  ord.  pen.  persegue,
anche in pendenza di impugnazione alle predette a.g.. 
    Nel caso di specie l'interessato allega un  pregiudizio  grave  e
perdurante all'esercizio del  proprio  diritto  di  corrispondere  ed
informarsi,  entrambi  costituzionalmente  tutelati   ed   ampiamente
riconosciuti   nell'ordinamento   penitenziario,   e   deve   percio'
adoperarsi il procedimento previsto nel citato art. 35-bis ord. pen. 
    Dato atto dell'istruttoria documentale che  e'  stato  necessario
effettuare, occorre aggiungere che  all'odierna  udienza  sono  state
ascoltate le posizioni delle parti presenti in ordine alla  questione
di legittimita' costituzionale che si andra' a porre. 
    In particolare il pubblico ministero ha chiesto che il Magistrato
di sorveglianza promuova la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 41-bis nella misura in cui non consente la ricezione  della
stampa dall'esterno, individuando i parametri costituzionali  attinti
negli articoli 3, 15 e 21 Cost. 
    La  difesa  ha  parimenti  richiesto  il  promovimento  da  parte
dell'a.g. scrivente, insistendo sul conflitto  esistente  tra  l'art.
41-bis ord. pen., nella parte in cui facoltizza  l'amministrazione  a
disporre limitazioni  nella  corrispondenza  e  nella  stampa,  e  la
riserva di giurisdizione di cui all'art. 15 Cost.,  fornendo  inoltre
memorie in cui precisa il significato che ha avuto per l'interessato,
finche' gli  e'  stato  possibile,  scambiarsi  libri  con  i  propri
familiari, ed in particolare con il nipote avvocato, quale  esercizio
della gia' scarsa affettivita' consentitagli, rappresentando  inoltre
che l'acquisto di libri in istituto penitenziario  incontra  numerose
difficolta' tra cui i limiti di spesa mensili impostigli. 
    Occorre premettere alcune considerazioni  necessarie  a  motivare
innanzitutto  in  punto  di  rilevanza  la  rimessione   alla   Corte
costituzionale. 
    Per poter decidere in ordine all'odierno reclamo il Magistrato di
sorveglianza  deve  infatti  esaminare   il   quadro   normativo   di
riferimento   tenendo   presente   che   la   giurisprudenza    ormai
consolidatasi, di merito, ma piu' ancora di legittimita', ha adottato
sulla questione che ci occupa una  soluzione  ermeneutica  che,  alla
luce della sua costante reiterazione,  puo'  dirsi  ormai  assunta  a
«diritto vivente» e non appare quindi in alcun modo superabile da una
difforme interpretazione, eventualmente costituzionalmente orientata,
che questo magistrato di sorveglianza intendesse riproporre. 
    La Suprema Corte si e' infatti pronunciata in materia piu'  volte
(cfr. sentenza 27 settembre 2013 n. 4204, sentenza 3 ottobre 2013  n.
9674, sentenza 23 settembre 2013 n. 46783, sentenza 14 febbraio  2014
n. 484)  sino  all'arresto  piu'  ampio  e  recente  contenuto  nella
sentenza n.  1774  del  29  settembre  2014,  massimata  nei  termini
seguenti: «E'  illegittima  l'ordinanza  con  cui  il  magistrato  di
sorveglianza  disapplica  la  circolare  ministeriale  del  DAP   16.
novembre 2011, con cui si prevedono limitazioni relative all'invio  e
alla ricezione di libri, riviste o scritti nei confronti del detenuto
sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord.  pen.,
trattandosi di forme particolari di comunicazione che  non  rientrano
nella  disciplina  dei  controlli  sulla  corrispondenza   ai   sensi
dell'art. 18-ter ord. pen., ne' rinvenendosi nelle disposizioni della
normativa secondaria  in  questione  un'eccessiva  ed  ingiustificata
limitazione del diritto di informazione e di studio». 
    In motivazione la S.C.  ritiene  che  le  norme  coinvolte  nella
decisione siano essenzialmente  l'art.  18-ter  ord.  pen.  e  l'art.
41-bis ord. pen., la prima comportante la garanzia che limitazioni  e
controlli sulla corrispondenza e la stampa in arrivo ed  in  partenza
da detenuti sia rilasciata all'a.g. e la seconda, che deve  ritenersi
prevalente secondo il criterio interpretativo della specialita',  che
sospende   l'applicazione   di   talune   regole   del    trattamento
penitenziario e di istituti previsti  nell'ordinamento  penitenziario
che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di  ordine  e
di sicurezza nei confronti di detenuti e  internati  per  taluno  dei
delitti di cui al primo  periodo  del  comma  1  dell'art.  4-bis  in
relazione ai  quali  vi  siano  elementi  tali  da  far  ritenere  la
sussistenza   di   collegamenti   con   un'associazione    criminale,
terroristica o eversiva. 
    Se si tratta di limitare o sottoporre a  visto  di  controllo  la
corrispondenza, aggiunge la cassazione, devono certamente  applicarsi
il procedimento e la competenza individuati nell'art.  18-ter,  tanto
che la scelta sul trattenimento o meno della epistola spetta all'a.g. 
    Nel caso di specie pero' non si e' in presenza di corrispondenza,
concetto riferibile a comunicazioni  interpersonali  tra  mittente  e
destinatario, relazioni affettive che sono  particolarmente  tutelate
anche come espressione di un nucleo intangibile di  affettivita'  che
non puo' essere precluso neppure  a  fronte  di  detenuti  per  reati
particolarmente gravi e pericolosi  per  i  rapporti  che  potrebbero
intrattenere con l'esterno. Qui si tratta invece di  trasmissione  di
pubblicazioni che contengono espressioni di pensiero di terze persone
destinate alla generalita' dei lettori. 
    La cassazione aggiunge che  l'art.  18-ter  concerne  in  realta'
anche le limitazioni alla stampa ma «cio' non esclude la legittimita'
di forme limitative del diritto alla informazione o  alla  istruzione
che  derivino   dalla   sottoposizione   del   detenuto   al   regime
differenziato di cui all'art. 41-bis, anch'esso previsto dalla  legge
di ordinamento penitenziario, con carattere di specialita'  derogante
(in tale limitato ambito).» 
    E' dunque l'art. 41-bis, in particolare al comma 2-quater lettera
a) e  lettera  c),  a  legittimare  l'adozione  di  misure  idonee  a
prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza e a
limitare gli oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno. 
    Proprio nel generico riferimento alla  possibilita'  di  limitare
gli oggetti ricevibili dall'esterno puo' trovarsi  la  legittimazione
del divieto imposto alla ricezione di libri, giornali e pubblicazioni
provenienti dall'esterno e dirette al soggetto sottoposto  al  regime
detentivo speciale. 
    Si conclude percio' che «non vi e' pertanto, nel caso  in  esame,
alcuna illegittima sottrazione al controllo giurisdizionale di simile
previsione limitatrice, cosi' interpretata, posto che ci si muove  su
un terreno diverso rispetto a quello della "corrispondenza" (in senso
stretto) e  le  norme  regolamentari  non  esorbitano  dal  tracciato
normativo disegnato dalla disposizione di riferimento,  con  adeguata
ponderazione degli interessi in rilievo, come gia' ritenuto da questa
Corte di legittimita' in diverse decisioni sul  tema  (n.  46783  del
29.09.2013, n. 42902 del 27 settembre 2013, n.  9674  del  3  ottobre
2013)». 
    Le regole, per come ricostruite, non comportano, sempre ad avviso
della S.C., una soppressione del diritto del detenuto ad informarsi o
a studiare ma servono unicamente a sottoporre  «a  un  piu'  rigoroso
controllo la provenienza dei libri o delle stampe e si  impedisce  al
detenuto di effettuare scambi sospetti con  familiari  di  libri  che
potrebbero contenere messaggi criptici, non facilmente  individuabili
dal personale addetto al controllo». 
    Per vero, nelle altre precedenti pronunce la S.C.  pur  giungendo
alla medesima conclusione sin qui succinta non cita  espressamente  i
parametri normativi richiamati, ma ritiene comunque che la  circolare
ministeriale in materia di limitazioni alla ricezione dall'esterno di
libri e stampa sia espressione ed esplicazione coerente di un  potere
conferito all'amministrazione dall'art. 41-bis ord. pen.  di  imporre
limitazioni per ragioni di sicurezza e di ordine interno ed  esterno,
senza che nel caso di specie manchi un equo bilanciamento tra  valori
di rango costituzionale poiche'  «non  c'e',  nelle  disposizioni  in
questione, un'eccessiva ed ingiustificata  compressione  dei  diritti
costituzionali di informazione e di libera circolazione  delle  idee,
che sono in definitiva salvaguardati», poiche' comunque l'interessato
potra' acquistare libri e riviste mediante l'istituto  penitenziario,
soffrendo una maggiore difficolta' ma imposta da ampie  e  verificate
ragioni  giustificative,   essenzialmente   riassumibili   nel   dato
esperienziale per cui «libri, giornali e stampa in genere siano molto
spesso usati dai ristretti quali veicoli per comunicare illecitamente
con l'esterno» (citazioni tratte da sentenza 42902 del  27  settembre
2013, in molti punti del tutto sovrapponibili a quelle  contenute  in
sentenza n. 46783 del 29 settembre 2013). 
    Per quanto concerne piu' in particolare il C., lo stesso  ottenne
dal magistrato di  sorveglianza  di  Spoleto,  per  come  sopra  gia'
rammentato, una pronuncia di  accoglimento  del  reclamo  che  questi
aveva proposto avverso i trattenimenti di libri e riviste  impostegli
dalla Casa circondariale di Terni sulla scorta  della  circolare  del
2011, ma si e' visto nuovamente imposte tali  stringenti  limitazioni
dopo la nuova circolare DAP, emessa dal Dipartimento alla luce  della
prima delle sentenze della  cassazione  sin  qui  richiamate,  ed  in
effetti poi seguite da un indirizzo costante. 
    In casi analoghi a quello odierno, il magistrato di  sorveglianza
di  Spoleto,  nuovamente  adito,  come  dal  C.,  da  altri  detenuti
sottoposti al regime differenziato che si erano viste ripristinate le
limitazioni imposte loro e poi giudicate illegittime  dal  magistrato
di sorveglianza,  ha  pronunciato  una  nuova  disapplicazione  (cfr.
ordinanza Magistrato di sorveglianza Spoleto 29  aprile  2014,  V.  e
ordinanza Magistrato di sorveglianza Spoleto 29  aprile  2014  D.S.),
ribadendo nel merito la convinzione che vi fosse una  interpretazione
costituzionalmente orientata  del  combinato  degli  artt.  18-ter  e
41-bis ord. pen.  ,  che  consentiva  di  imporre  limitazioni  nella
materia   oggetto   dell'odierno   procedimento   soltanto   disposte
dall'autorita' giudiziaria. Tali provvedimenti  sono  stati  tuttavia
oggetto  di  impugnazione  dinanzi   al   competente   Tribunale   di
sorveglianza di  Perugia,  che  li  ha  annullati  sulla  scorta  del
richiamato autorevole insegnamento della Corte di cassazione. 
    Secondo la ricostruzione offerta dal  Tribunale  di  sorveglianza
l'orientamento consolidato della S.C. costituisce  un  «fatto  nuovo»
idoneo  a  far  riconsiderare  all'amministrazione  ed  all'autorita'
giudiziaria anche quanto gia' fatto oggetto di  un  provvedimento  di
accoglimento di reclamo  a  suo  tempo  non  impugnato  (si  cita  la
giurisprudenza della cassazione in materia di misure cautelari reali:
cfr. sentenza n. 19176 del 6 maggio 2010). 
    In tal senso appariva  obbligata  la  scelta  del  DAP,  volta  a
garantire l'uguaglianza di trattamento tra tutti i detenuti in regime
differenziato di fronte  alla  legge,  di  esercitare  nuovamente  il
proprio potere regolamentare anche nei confronti di chi  avesse  gia'
ottenuto una precedente decisione favorevole in sede  di'  reclamo  e
cio'  tanto  piu'  poiche'  le  sentenze  della   S.C.   si   muovono
sintonicamente agli assunti dell'amministrazione ed affermano che «le
disposizioni impartite per i detenuti in regime 41-bis in materia  di
ricezione  di  quotidiani,  riviste  e  libri  non   incidono   sulle
possibilita'  offerte  agli  stessi  dall'ordinamento  penitenziario,
poiche'  vengono  cambiate  le  modalita'  di  acquisirne  ma  rimane
garantito il diritto all'informazione» (cfr. ordinanza  Tribunale  di
sorveglianza Perugia 23 ottobre 2014, Di Stefano  o,  sostanzialmente
sovrapponibile,  ordinanza  Tribunale  di  sorveglianza  Perugia   10
ottobre 2014, V.). 
    Nel merito della questione che ci occupa, poi,  il  Tribunale  di
sorveglianza  ritiene  di  escludere  che  «qualsiasi  limitazione  o
regolamentazione che concerna corrispondenza e  stampa  sia,  ratione
materiae, automaticamente sottratta  all'autorita'  amministrativa  e
necessariamente  coperta  dalla  garanzia  giurisdizionale   di   cui
all'art. 18-ter ord. pen.»  poiche'  l'amministrazione  conserva  «in
materia di regime differenziato, un generale potere regolamentare per
la concreta ed utile applicazione di tutte le restrizioni connesse  a
detto regime», come ritenuto pacificamente  dalla  giurisprudenza  di
legittimita' (cfr. ordinanza cit.). 
    Nel provvedimento, ancora, si torna a precisare come le circolari
del DAP non riguardino in alcun modo la corrispondenza  epistolare  e
telegrafica dei detenuti dovendo distinguere queste  dalla  ricezione
od invio mediante  pacco  postale  di  un  testo  a  stampa,  poiche'
quest'ultimo non implica alcuna forma di comunicazione del pensiero. 
    D'altra parte il divieto non e'  neppure  sovrapponibile  ad  una
limitazione della stampa, poiche'  il  detenuto  puo'  arrivare  alla
fonte informativa, ma gli si impone  soltanto  di  farlo  tramite  il
circuito penitenziario perche' la ricezione dai familiari si appalesa
foriera di rischi per l'ordine e la sicurezza, dipesi  dal  possibile
uso di quel passaggio per trasmettere in realta' messaggi criptici. 
    Non vi e' in definitiva alcuna compromissione neppure dei diritti
all'informazione ed allo studio, non trovando inoltre rilievo  alcuno
il diritto alla segretezza della corrispondenza, perche' appunto sono
qui soltanto  disciplinate  le  modalita'  per  fruirne  senza  reali
compressioni (cfr. ordinanza cit.). 
    Per tutto quanto sin qui esposto, si e' dunque cristallizzato  un
definito  orientamento  giurisprudenziale  (rispetto  al   quale   il
magistrato di sorveglianza ha gia' esperito inutilmente in precedenza
ogni tentativo interpretativo difforme in  chiave  costituzionalmente
orientata) sulla base del quale  l'art.  41-bis,  in  particolare  il
comma 2-quater lettera a) e lettera c), prevede che l'amministrazione
adotti, tra le misure di elevata sicurezza volte a prevenire contatti
con  l'organizzazione  criminale  di  appartenenza   o   di   attuale
riferimento, il divieto di ricevere e trasmettere all'esterno  ed  in
particolare da e ai familiari libri e riviste, a prescindere che  gli
stessi siano trasmessi all'interno di una corrispondenza epistolare o
contenuti in pacchi separati,  trattandosi  di  un  potere  derivante
dalle finalita' della norma che sul punto  deve  ritenersi  rivestire
carattere di specialita' derogante  anche  rispetto  all'art.  18-ter
ord. pen. nella parte in cui prevede che sia l'autorita'  giudiziaria
a disporre le limitazioni e i controlli sulla stampa. 
    Il C. invoca con il suo reclamo di subire un pregiudizio grave ed
attuale  all'esercizio  dei  propri  diritti,  in  particolare   alla
liberta' di corrispondere con i propri familiari e di  informarsi  ed
informare, determinatogli dalle disposizioni  amministrative  con  le
quali gli viene vietata l'introduzione di libri e riviste  speditegli
dagli stessi. 
    L'interessato e' da tempo sottoposto al regime  differenziato  di
cui all'art. 41-bis ord. pen. ed e' destinatario di un  provvedimento
che impone il visto di controllo sulla corrispondenza  che  riceve  e
trasmette, nonche' sulla stampa che legge, emesso dal  Magistrato  di
sorveglianza di Spoleto, attualmente in proroga per  mesi  tre  (gia'
piu' volte prorogato con provvedimento motivato, come richiesto dalla
norma). 
    E' dunque  dell'art.  41-bis  ord.  pen.  che  il  magistrato  di
sorveglianza scrivente deve servirsi per  decidere  il  procedimento,
mentre gli e' ormai preclusa  dal  formarsi  di  un  vero  e  proprio
diritto vivente una differente interpretazione dello stesso. 
    Di qui la rilevanza  nel  caso  sottoposto  al  suo  esame  della
questione di legittimita' costituzionale, che lo scrivente magistrato
di  sorveglianza  ritiene  non  manifestamente  infondata,  dell'art.
41-bis comma 2-quater lettera a) e lettera c) ord. pen. ove lo stesso
legittima il provvedimento dell'amministrazione penitenziaria con  il
quale viene vietato al detenuto in regime differenziato  di  ricevere
dall'esterno, ed in particolare dai propri familiari,  o  di  inviare
loro, libri e riviste all'interno della  ordinaria  corrispondenza  o
con pacchi postali separati, per violazione degli  articoli  15,  21,
33, 34 e 117 comma 1 Cost. 
    Sembra sussistere innanzitutto un  contrasto  tra  l'art.  41-bis
(come sin qui interpretato univocamente dal diritto vivente) e l'art.
15 Cost. 
    Tale  ultima  norma  presidia  con  riserva   di   legge   e   di
giurisdizione la liberta' e la segretezza della corrispondenza  e  di
ogni altra forma di comunicazione  senza  che,  secondo  la  concorde
dottrina, possa farsi alcuna differenza in ordine ai  mezzi  ed  alle
forme adoperate. 
    La trasmissione di libri e riviste, che  avvenga  all'interno  di
una epistola in senso stretto, o mediante un pacco, piu'  idoneo  per
dimensioni a contenere  ad  esempio  piu'  volumi,  in  partenza  dal
detenuto o in arrivo allo stesso da parte dei  suoi  familiari  o  da
terzi, viene allo stato inibita, sulla base  del  disposto  dell'art.
41-bis  ord.  pen.,  mediante  circolare  emessa   dal   Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria,  secondo  l'espressa  motivazione
del predetto atto amministrativo, e secondo la stessa interpretazione
fornita dalla cassazione con i plurimi arresti gia' citati, non  gia'
per il contenuto di tali scritti nella loro destinazione al pubblico,
e dunque non gia' quale forma di possibile  limitazione  al  diritto,
pure costituzionalmente tutelato, di informarsi  e  di  informare  ex
art. 21 Cost., ma poiche' provenienti o indirizzati  al  detenuto  da
parte dei suoi familiari o  di  terzi  e  cio'  in  quanto  possibile
veicolo di comunicazioni illecite,  quelle  che,  essenzialmente,  si
vogliono impedire ai  detenuti  in  regime  differenziato  (ordini  o
informative che consentano flussi  conoscitivi  sulle  attivita'  del
gruppo criminale di riferimento all'esterno) mediante le  limitazioni
e il visto di censura previsti dall'art. 18-ter ord. pen. 
    Viene cioe' inibito non gia' il possesso della  pubblicazione  in
quanto tale ma una vera e propria comunicazione che intercorre tra il
detenuto e terze persone, in particolare i suoi  familiari.  Mediante
un libro infatti puo' evidentemente assolversi la necessita'  di  far
conoscere uno stato d'animo, di veicolare un messaggio di  vicinanza,
di condividere una certa urgenza emotiva, di manlevare in concreto il
detenuto delle spese dell'acquisto di un testo manifestandogli  cosi'
il sostegno familiare, oppure anche, naturalmente, di interpolare nel
testo messaggi affettuosi o di riflessione, oppure invece criptici  o
addirittura francamente rivolti a trasmettere informazioni od ordini.
Si tratta, appunto, di un flusso comunicativo che in nulla differisce
da  quello  ordinariamente   esaminato   dall'autorita'   giudiziaria
competente ai sensi dell'art. 18-ter, il magistrato  di  sorveglianza
nel caso di detenuto con posizione giuridica  analoga  a  quella  del
reclamante, nelle epistole che  i  detenuti  trasmettono  e  ricevono
dall'esterno. 
    Il trattenimento compiuto dall'amministrazione di libri e riviste
avviene percio' unicamente perche' la comunicazione interviene tra un
certo mittente ed un certo destinatario  e  cio'  e'  dimostrato  dal
fatto  che  gli   stessi   libri   e   riviste   non   sono   vietati
dall'amministrazione se il detenuto li acquista attraverso l'istituto
penitenziario,  proprio  perche'  non  e'  il  contenuto  rivolto  al
pubblico  indifferenziato  a  preoccupare  l'amministrazione,  ma  il
messaggio che con quell'invio i familiari del detenuto o il  detenuto
medesimo vogliono far passare. 
    Si tratta dunque, ad avviso dello  scrivente,  di  una  forma  di
comunicazione coperta dalla riserva di giurisdizione di cui  all'art.
15 Cost. e come tale necessita del vaglio dell'autorita' giudiziaria,
chiamata, come gia' fa nelle forme e nei limiti individuati dall'art.
18-ter ord. pen., a  scriminare  messaggi  e  comunicazioni  che  non
determinino pericolo alcuno per la  sicurezza  e  l'ordine,  e  siano
percio'  soltanto   esplicazione   del   diritto   costituzionalmente
garantito  a  corrispondere  liberamente,  e  messaggi   che   invece
integrino tale pericolo e debbano percio' essere trattenuti affinche'
non raggiungano il destinatario. L'art. 41-bis comma 2-quater lettera
a)  e  lettera  c)  sembra  dunque  porsi  in  netto  contrasto   con
l'esplicita previsione dell'art. 15  Cost.  che  deve  trovare  piena
attuazione anche rispetto alle comunicazioni dei detenuti  in  regime
differenziato che si esplichino mediante la ricezione  e  l'invio  di
libri e riviste, con le forme dell'art. 18-ter ord. pen., che prevede
una competenza dell'autorita' giudiziaria e le consente per altro  di
scegliere tra un ampio ventaglio di  soluzioni  caso  per  caso,  dal
divieto di ricezione alla mera sottoposizione  al  visto  di  censura
(con conseguente vaglio delle singole comunicazioni  e  trattenimento
soltanto di  quelle  che  determinino  un  effettivo  pericolo),  con
l'ulteriore risultato  di  consentire  un  conseguente  piu'  congruo
contemperamento  delle  esigenze  di  sicurezza  con  l'esercizio  di
diritti costituzionalmente tutelati. 
    Sembra poi  sussistere  un  contrasto  tra  l'art.  41-bis  comma
2-quater lettere a) e c) e l'art. 21 Cost. 
    Com'e' noto in quest'ultima norma, nella quale  e'  stagliato  in
tutta la sua ampiezza  il  diritto  alla  libera  manifestazione  del
pensiero, sono  ricompresi  dalla  giurisprudenza  costituzionale  il
diritto di informare e quello di essere informati, cui  si  applicano
dunque le garanzie riconosciute dall'art. 21  cit..  Del  diritto  ad
essere informati e' profonda espressione  l'accesso  ai  libri,  alle
riviste  ed  ai  quotidiani,  dove  i  temi  vengono  selezionati  ed
elaborati con ampiezza ed approfondimento in alcun modo  paragonabile
al mero accesso alla informazione mediante la radio e la televisione.
Per  tale  motivo,  con  specifico  riguardo  alla  detenzione,  sono
espliciti i riferimenti contenuti  nell'ordinamento  penitenziario  e
nel regolamento di esecuzione al diritto di accedere alla  biblioteca
dell'istituto penitenziario ed alla  piena  liberta'  di  scelta  nel
possesso dei libri e nelle letture che si preferiscono (cfr. art.  18
comma 6 e  19  comma  4  ord.  pen.).  L'art.  14-quater  ord.  pen.,
nell'ambito delle restrizioni cui va  incontro  il  detenuto  che  si
renda responsabile di condotte negative  legittimanti  il  regime  di
sorveglianza particolare ex art. 14-bis ord. pen., stabilisce poi che
non possano esservi comunque limitazioni  nel  possesso,  acquisto  e
ricezione di oggetti permessi dal regolamento (tra i quali certamente
libri  e  riviste)  e  che,  espressamente,   non   possano   esservi
limitazioni nella lettura di libri e periodici. 
    Nel regolamento di esecuzione, infine, certamente sono ricompresi
i libri e le riviste tra gli oggetti di particolare valore morale  ed
affettivo di cui,  con  il  disposto  dell'art.  10,  e'  ammesso  il
possesso, purche' non abbiano un consistente valore economico  e  non
siano   incompatibili   con   l'ordinato   svolgimento   della   vita
nell'istituto. 
    L'art. 14 del reg. es., sempre a proposito  di  oggetti,  ammette
che possano esservi limitazioni, ma sostenute da motivate esigenze di
sicurezza, in connessione con il particolare regime differenziato del
detenuto e si fa  riferimento  agli  articoli  14-bis,  41-bis  e  64
dell'ordinamento penitenziario. 
    Abbiamo pero' gia' visto come, proprio per cio' che  concerne  la
ricezione di oggetti tra i quali libri e riviste, non siano possibili
limitazioni di sorta con riguardo ai detenuti in regime di 14-bis. 
    D'altra parte, anche dalla lettura  di  fonti  sovranazionali  e'
possibile dedurre con chiarezza come tale diritto sia particolarmente
presidiato da garanzie. Si pensi alla Risoluzione ONU 30 agosto  1955
in tema di Regole minime per il trattamento dei detenuti  che,  nella
parte dedicata ai «contatti con  il  mondo  esterno»  dispone  che  i
detenuti siano tenuti regolarmente al corrente  dei  piu'  importanti
avvenimenti, «sia attraverso la lettura di  giornali  quotidiani,  di
periodici o di pubblicazioni penitenziarie speciali,  sia  attraverso
audizioni radiofoniche, conferenze e mezzi  analoghi,  autorizzati  o
controllati    dall'amministrazione»    (con    formulazione    della
disposizione che evidenzia come il controllo dell'amministrazione sia
consentito soltanto in relazione ad audizioni, conferenze e  simili).
Ed ancora, la raccomandazione adottata  dal  Consiglio  l'11  gennaio
2006 sulle Regole penitenziarie europee del Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa agli Stati membri  dell'Unione,  individua  regole
penitenziarie europee minime, tra le quali al punto 24.10 il  diritto
dei detenuti ad  essere  «informati  regolarmente  degli  avvenimenti
pubblici  abbonandosi  e  leggendo  quotidiani,  riviste   ed   altre
pubblicazioni» prevedendo come unico limite possibile che vi sia  uno
specifico divieto imposto dall'autorita' giudiziaria  (e  non  dunque
dall'amministrazione) su un singolo caso e per un  periodo  di  tempo
determinato. 
    Come strumento di bilanciamento della liberta'  dei  detenuti  di
essere informati e della necessita' di evitare che dalla lettura  dei
contenuti della stampa,  comunque  intesa,  derivi  un  pericolo  per
l'ordine e la sicurezza dell'istituto penitenziario o un  pregiudizio
alle esigenze investigative o di indagine o di prevenzione dei reati,
l'ordinamento penitenziario prevede nell'art. 18-ter la  possibilita'
che siano disposti nei confronti di singoli detenuti o internati, per
periodi determinati  ed  eventualmente  prorogabili,  limitazioni  di
vario tipo, dall'autorita' giudiziaria individuata dalla legge (e non
dunque dall'amministrazione)  a  seconda  della  posizione  giuridica
dell'interessato. 
    Oltre la possibilita' di disporre il  divieto  di  ricezione,  e'
possibile sottoporre la stampa al visto di controllo  sui  contenuti,
eventualmente anche con delega  da  parte  dell'a.g.  alla  direzione
dell'istituto penitenziario al  controllo  in  concreto  dei  singoli
libri o riviste, dovendo pero' provvedere all'eventuale trattenimento
soltanto l'a.g., che vagliera' in concreto se un certo scritto sia  o
meno pregiudizievole secondo i parametri  indicati  nell'art.  18-ter
ord. pen. 
    Anche il C. e' destinatario, attualmente per mesi tre prorogabili
(e di fatto gia'  piu'  volte  prorogati)  di  un  provvedimento  che
dispone il visto di controllo anche sulla  stampa,  che  deve  essere
motivato dall'a.g. ed e'  suscettibile  di  impugnazione  nelle  sedi
individuate dalla normativa. 
    Il C., per come gia' detto, e' sottoposto al regime differenziato
ex art. 41-bis ord. pen. 
    Secondo la  ricostruzione  sopra  offerta  dal  diritto  vivente,
l'art. 41-bis ord. pen., atteso il carattere di specialita' derogante
della norma, legittima l'adozione di un trattenimento  amministrativo
di qualsiasi libro o rivista che provenga al detenuto dall'esterno  o
che questi intenda dall'interno trasmettere ai familiari o ad  altri.
Si prescinde, dunque, per questa ipotesi,  dalla  competenza  di  cui
all'art. 18-ter ord. pen. 
    Salve le considerazioni gia' svolte con riferimento al  paventato
contrasto  dell'art.  41-bis  con  l'art.  15  Cost.,  viene  ora  in
questione la compressione che oggettivamente subisce il detenuto  nel
proprio diritto ad essere informato ex art. 21 Cost., in  particolare
mediante un decremento di tutela di quel diritto, cui non  fa  fronte
un  corrispondente  significativo  incremento  di  tutela  del   bene
costituito dalla necessita'  di  evitare  che  il  detenuto  venga  a
conoscenza di fatti significativi legati alla vita  dell'associazione
criminale e che possa quindi mantenere vivi i suoi  legami  con  quel
mondo criminale all'esterno. 
    Nella giurisprudenza di legittimita' sopra ampiamente  richiamata
si afferma che non sussiste alcuna incisione  al  diritto  ad  essere
informati del detenuto cui l'amministrazione inibisca di ricevere  un
libro o una rivista dai propri familiari o da terze persone,  potendo
lo   stesso   acquistarli   mediante   la   direzione   dell'istituto
penitenziario. Grande invece si mostrerebbe il beneficio per l'ordine
e la sicurezza, poiche' si evita in tal modo che  possibili  messaggi
siano trasmessi tra le righe, interpolate,  di  un  testo  a  stampa,
senza che di cio' possano avvedersi gli addetti al visto di controllo
per delega dell'a.g., per la gran mole di lavoro su di loro  gravante
o  per  le  dimensioni  anche  ponderose  dei  testi  a  stampa.   Si
tratterebbe, dunque,  di  una  mera  difficolta'  pratica  aggiuntiva
imposta al detenuto in regime differenziato, legata al  modo  con  il
quale si accede  alla  stampa,  ma  che  non  pregiudica  affatto  la
liberta' di essere informati. 
    Opina  il  giudice  rimettente  che  dalla  realta'  della   vita
carceraria, fatta di  un  coacervo  inimmaginabile  per  una  persona
libera di domande che il detenuto deve porre all'amministrazione  per
risolvere anche la piu' semplice esigenza della vita quotidiana,  con
tratti lungamente criticati per gli effetti infantilizzanti che se ne
determinano,  le  difficolta'  pratiche,  ove  non   giustificate   e
proporzionate, trasmodano inevitabilmente in compressione di diritti.
Nel caso di specie, in particolare, emerge un quadro di  ostacoli  al
reperimento della suddetta stampa che, lungi dall'incidere  sul  solo
metodo   di   acquisizione,   appare   determinare   un   pregiudizio
all'esercizio concreto del diritto. 
    La stampa quotidiana, periodica o addirittura i libri in  vendita
all'esterno, possono essere trasmessi, in special modo dai familiari,
con una tempistica di gran  lunga  piu'  adeguata  alle  esigenze  di
informazione,  posto  che   i   passaggi   autorizzativi   altrimenti
necessari, ed i tempi tecnici di reperimento dei testi,  specialmente
in  realta'  di  provincia  come  quella  nella  quale  e'  ristretto
l'interessato, determinano attese che non possono che  essere,  anche
solo fisiologicamente, assai piu' lunghe (di tali dati si fa  carico,
da ultimo, l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza  di  Sassari  14
aprile 2016,  A.,  che  considera  pienamente  legittimo  il  divieto
imposto dall'amministrazione alla  ricezione  di  libri,  sulla  base
dell'art. 41-bis, e pero'  sollecita  l'istituto  penitenziario  alla
pronta evasione delle richieste di acquisto di libri e  riviste,  per
evitare   che   sia   compromesso   il   diritto   allo   studio    e
all'informazione, non potendo rilevare «problemi o inadempienze della
impresa  incaricata   della   fornitura   o   allegate   indifferenti
difficolta' burocratiche»:  inadempienze  e  difficolta'  che  dunque
anche in quel caso si sono puntualmente verificate). 
    L'acquisto  da  parte   del   detenuto,   anche   ove   sostenuto
economicamente dalle rimesse dei familiari, poi, si configura come un
onere significativo, non potendo lo stesso acquistare libri usati (si
pensi al peculiare  dispendio  legato  ai  libri  di  approfondimento
giuridico, particolarmente necessari  a  detenuti  dalle  impegnative
posizioni  giuridiche,  limitazione  dunque  persino  ridondante  nel
corretto e pieno esercizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost.). 
    Di piu', in presenza di significative limitazioni,  previste  per
altro specificamente dall'art. 41-bis ord. pen. sui limiti  di  spesa
mensile  dei  detenuti  in  regime   differenziato,   connessi   alla
comprensibile esigenza  di  evitare  che  i  detenuti  piu'  abbienti
possano attraverso lussuosi acquisti manifestare la propria rilevanza
criminale e cercare di imporsi sui gruppi di  socialita',  l'acquisto
di volumi viene reso piu' arduo poiche',  invece  che  favorirlo,  la
norma finisce per porre al detenuto l'alternativa tra quella spesa  e
quelle legate al sopravvitto alimentare o dei prodotti  per  l'igiene
personale  non  passati  gratuitamente  (per  la   quasi   totalita')
dall'amministrazione penitenziaria. 
    Questo complesso di difficolta' costituisce dunque, ad avviso del
magistrato di sorveglianza scrivente,  una  concreta  limitazione  al
diritto ad essere informati. 
    Tale limitazione  puo'  essere  giustificata,  ove  dalla  stessa
derivi pero' un beneficio significativo alla tutela di  un  interesse
contrapposto avente pari rango,  come  nel  caso  di  specie,  per  i
detenuti in regime  differenziato,  l'evitamento  di  contatti  degli
stessi con i gruppi criminali di riferimento e  dunque  il  contrasto
alla criminalita' organizzata. 
    La Corte costituzionale ha pero' piu' volte  ribadito  come  cio'
debba avvenire avendo sempre  presente  l'assoluta  necessita'  della
compressione determinata in quanto congrua e  proporzionata  al  fine
perseguito. 
    Con la sentenza n. 143/2013, con la quale la Corte costituzionale
ha accolto una questione di legittimita'  costituzionale  concernente
l'art. 41-bis ord. pen. nella parte in cui limitava l'esercizio pieno
del diritto di difesa, la Consulta  ha  espressamente  affermato  che
«non puo' esservi un decremento di tutela di un diritto  fondamentale
se ad esso non fa riscontro un corrispondente incremento di tutela di
altro interesse di pari rango.» 
    Nella sentenza n. 135/2013, ancora, il  Giudice  delle  leggi  ha
espressamente affermato che «l'estensione e la  portata  dei  diritti
dei detenuti puo' subire restrizioni di vario  genere  unicamente  in
vista delle esigenze di sicurezza inerenti, alla custodia in carcere.
In assenza di tali esigenze, la limitazione acquisterebbe  unicamente
un valore afflittivo supplementare  rispetto  alla  privazione  della
liberta' personale, non compatibile con l'art. 27 comma terzo  Cost.»
e lo ha fatto proprio in una circostanza in cui veniva in rilievo  il
diritto fondamentale all'informazione, inciso dal diniego imposto  al
detenuto  dall'amministrazione   penitenziaria   di   guardare   alla
televisione i programmi di alcuni canali Rai del digitale  terrestre,
e confluito in un provvedimento di accoglimento del reclamo  proposto
dall'interessato al magistrato di sorveglianza, che tuttavia non  era
stato volontariamente ottemperato dall'amministrazione. 
    Il C. e', per come  piu'  volte  ricordato,  detenuto  in  regime
differenziato  ex  art.  41-bis  ed  e'  anche  destinatario  di   un
provvedimento con il quale gli viene imposto il  visto  di  controllo
sulla  corrispondenza  e  la  stampa  in  uscita   ed   in   ingresso
dall'esterno in suo favore. 
    Sembra dunque al magistrato scrivente che  l'art.  41-bis,  nella
parte in cui legittima il divieto di ricevere  dall'esterno  libri  e
riviste,  e  impone  di  acquistarli   soltanto   presso   l'istituto
penitenziario, comporti una compressione del  diritto  ad  informarsi
significativa per i profili sopra ricordati senza che  ne  derivi  un
incremento significativo allo stesso modo nella tutela delle esigenze
di sicurezza per come individuate  dall'amministrazione  e  descritte
anche dalla S.C. 
    Infatti, la sottoposizione al visto di controllo della stampa  in
ingresso da parte di personale professionale a  cio'  preposto  dalla
Direzione  dell'istituto   penitenziario,   delegato   ordinariamente
dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi dell'art. 18-ter  ord.
pen., consente di verificare adeguatamente  quando  si  stia  facendo
accedere  materiale  utile  all'esercizio  del  diritto   ad   essere
informati e quando, invece, cio' costituisca passaggio strumentale  a
finalita' di  comunicazione  illecita  tra  i  sodali  liberi  ed  il
detenuto dal cosi' importante inserimento nella  compagine  criminale
di riferimento. 
    Tale meccanismo procedimentale consente, per altro, di  sceverare
quest'ultimo  pericoloso  genere   di   comunicazione   mediante   un
trattenimento motivato da parte dell'a.g. e,  per  come  gia'  detto,
sottoponibile a rituale impugnazione. 
    Il trattamento che subisce il detenuto in  regime  differenziato,
secondo  la  normativa  come  oramai  univocamente  interpretata  dal
diritto vivente, comporta un divieto che colpisce tutta la stampa che
provenga  dall'esterno  dell'istituto  penitenziario,   appalesandosi
strumento  che  non  raggiunge  l'obbiettivo  di  sicurezza  in  modo
migliore rispetto al visto di censura  con  eventuale  trattenimento,
salvo un fattuale riferimento ad  un  possibile  errore  umano  nella
lettura della stampa da parte degli addetti alla censura,  che  pero'
appare  argomento  troppo  debole  trattandosi  in  questa  sede   di
bilanciamento tra diritti costituzionalmente tutelati (d'altra  parte
l'errore e' sempre possibile anche in materia di corrispondenza, dove
le lettere non hanno limiti dimensionali ed in  piu'  si  confrontano
con la talvolta severa difficolta' della grafia dello scrivente). 
    Si   tratta   dunque   di   una   soluzione   non   proporzionata
all'obbiettivo, che e' gia' raggiunto dal  visto  di  controllo  che,
rispetto al divieto imposto dall'amministrazione, appare  ictu  oculi
piu' garantito e dunque congruo al bilanciamento tra  il  diritto  ad
informarsi e l'esigenza che tale esercizio non diventi  occasione  di
contatti   illeciti   con   l'esterno,   obbiettivo    unico    della
sottoposizione del detenuto al regime  differenziato  che,  per  come
detto,  non  puo'  subire  limitazioni  che  non  siano   congrue   e
proporzionate all'obbiettivo perseguito. 
    Di qui, dunque, la non  manifesta  infondatezza,  ad  avviso  del
magistrato di sorveglianza scrivente, della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 41-bis comma 2-quater lettera a)  e  lettera
e), rispetto all'art. 21 Cost., per la compressione incongrua  e  non
proporzionata che deriva all'esercizio del diritto ad informarsi  del
detenuto a fronte del divieto, legittimo secondo la norma sul  regime
differenziato, di ricevere e  di  trasmettere  all'esterno  qualsiasi
stampato, libro o rivista periodica  o  quotidiana.  Cio'  perche'  a
fronte  di  tale  compressione  non  si  apprezza  un  corrispondente
incremento di tutela rispetto alle esigenze di sicurezza proprie  del
regime,  gia'  adeguatamente  assolte  mediante  lo  strumento,  piu'
malleabile e modulabile (dal divieto al  mero  visto  di  controllo),
previsto dall'art. 18-ter ord. pen. per tutti i detenuti ed in specie
per il detenuto che propone il reclamo, per il quale e' rilevante  la
questione che si pone all'esame del giudice delle leggi. 
    Sembra, ancora, sussistere un contrasto tra l'art.  41-bis  comma
2-quater lettere a) e c) e gli articoli 33 e 34 Cost. che  assicurano
il diritto allo studio ed in particolare disegnano una scuola  aperta
a tutti ed in grado di' assicurare che anche i privi di mezzi possano
raggiungere i piu' alti gradi degli studi, affinche' sia  «assicurata
a ciascuno, in una societa' aperta, la possibilita' di sviluppare  la
propria  personalita'.»  (Cfr.  sentenza  Corte   costituzionale   n.
219/2012). 
    Anche nell'ordinamento penitenziario, d'altra parte, sono plurimi
i richiami all'istruzione - articoli 15 e 19 ord. pen., 44 reg. es. -
come elemento essenziale del trattamento, che viene agevolato in vari
modi e che si alimenta tra l'altro della possibilita' di  fruire  dei
libri a  disposizione  nelle  biblioteche  d'istituto  (nell'istituto
penitenziario di Terni la biblioteca a disposizione dei  detenuti  in
regime differenziato e' separata, per ragioni di sicurezza, da quella
per gli altri detenuti e consta, evidentemente, di un numero di testi
di gran lunga piu' esiguo). 
    Il divieto di ricevere  libri  e  riviste  dall'esterno,  di  cui
parliamo,  compromette  dunque   anche   il   diritto   allo   studio
dell'interessato,    inteso    nel    senso    ampio     restituitoci
dall'insegnamento della Consulta e  dunque  inciso  propriamente  nel
caso di detenuti iscritti a corsi di  studio  ma  anche  quando  tale
studio,  come  nel  caso  del  reclamante,  non  sia  finalizzato  al
raggiungimento di un obbiettivo scolastico  o  universitario,  ma  al
mero  approfondimento,  tra  l'altro,  delle   questioni   giuridiche
tecniche che lo impegnano alla luce della propria  gravosa  posizione
giuridica. 
    Il libero svolgimento degli studi trova ostacoli  particolarmente
nocivi nella necessita' di utilizzare il canale difficile e altamente
burocratizzato degli acquisiti di libri e riviste mediante l'istituto
penitenziario, per le tempistiche necessarie a reperirli,  in  sicuro
contrasto con quelle del  proprio  piano  di  studi,  per  il  denaro
ingente necessario a far fronte alle spese, non potendo attingere  ad
esempio a libri usati, come invece  garantito  a  qualunque  studente
libero,  anche  a  fronte  dei  costi  spesso  molto  alti  di   tali
indispensabili supporti di studio, per l'impossibilita' di fruire  di
testi ormai fuori stampa o comunque non altrimenti reperibili se  non
in dispense fotocopiate (ipotesi  assai  frequente  per  gli  scritti
accademici) e per i limiti quantitativi agli acquisti che dalle altre
limitazioni proprie del regime differenziato ai detenuti derivano. 
    Per altro, per come visto, lo stesso servizio biblioteca e',  nel
caso del reclamante, di scarso supporto, trattandosi di un elenco  di
testi assai esiguo se paragonato anche  soltanto  alla  biblioteca  a
disposizione delle sezioni comuni. 
    A  fronte  di  tale  compromissione  del  diritto  allo   studio,
incongrua e non proporzionata, ancora una volta, non  si  ravvisa  un
significativo  incremento  di  tutela  del  valore  di   pari   rango
rappresentato  dalla  sicurezza  e  dalla  recisione  di  legami  del
detenuto con l'organizzazione criminale  esterna,  tutelabili  invece
mediante gli strumenti di controllo ed eventuale censura di  libri  e
riviste individuati dall'art. 18-ter con la competenza dell'autorita'
giudiziaria e non dell'amministrazione. 
    L'art. 41-bis comma 2-quater  lettera  a)  e  lettera  c)  sembra
ancora in contrasto con l'art. 117 comma 1 Cost, quale parametro  che
impone   al   legislatore   il   rispetto   dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento  comunitario  e   dagli   obblighi   internazionali,
conseguenti al pieno valore giuridico della Convenzione  Europea  dei
Diritti dell'Uomo, che  questo  magistrato  di  sorveglianza  ritiene
violata  dalla  descritta  normativa  in  particolare  rispetto  agli
articoli 3 e 8 della Convenzione. 
    La detenzione, infatti, come ha anche  ricordato  la  S.C.  (cfr.
sentenza n. 1774 del 29 settembre 2014) pur se correlata a  reati  di
particolare gravita' e  pur  nei  suoi  aspetti  di  afflittivita'  e
contenimento della accertata pericolosita', non  sopprime  i  diritti
individuali  al  mantenimento  della  relazionalita'  e  della   vita
affettiva  del  soggetto  detenuto,   non   potendo   consistere   in
trattamenti inumani o degradanti per  come  individuati  dall'art.  3
della Convenzione Europea. «Piu' volte la Convenzione europea per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  ha
affermato il principio per cui l'isolamento  sociale  correlato  allo
stato detentivo puo' essere soltanto relativo e non di tipo  assoluto
(...)». Con specifico riguardo al regime del 41-bis la Corte  europea
si e' pronunciata piu' volte ritenendo il regime  giustificato  dalle
speciali esigenze di sicurezza enunciate ma ha poi  stigmatizzato  il
contrasto tra singole disposizioni  ed  il  diritto  al  mantenimento
delle relazioni affettive. in tema di corrispondenza cio' e' accaduto
con una sequenza di condanne  nei  confronti  dell'Italia  (Diana  c.
Italia, 15 novembre 1996; Domenichini c. Italia,  15  novembre  1996;
Rinzivillo c. Italia, 21 dicembre 2000; Natoli c.  Italia  9  gennaio
2001; Di Giovine c. Italia, 20 luglio 2001)  che  hanno  condotto  il
legislatore italiano ad introdurre la disposizione  dell'art.  18-ter
ord. pen. 
    La Corte Europea in tali occasioni ricorda come  l'art.  8  della
Convenzione disponga che «ogni persona ha diritto al  rispetto  della
propria vita privata e  familiare,  del  proprio  domicilio  e  della
propria corrispondenza. Non puo' esservi ingerenza di  una  autorita'
pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia
prevista dalla legge e costituisca una misura che,  in  una  societa'
democratica, e' necessaria alla sicurezza  nazionale,  alla  pubblica
sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa  dell'ordine
e alla prevenzione dei reati, alla protezione della  salute  o  della
morale, o alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui». 
    Ogni  forma  di  detenzione  comporta  dunque   una   restrizione
sensibile di tali diritti, ed una detenzione in regime differenziato,
a fronte di una pericolosita' sociale notevolissima, ne comporta  una
davvero ampia, poiche' l'interessato subisce una drastica limitazione
nelle visite dei familiari (una al mese dopo  la  novella  del  2009,
della durata di un'ora e con un vetro divisorio a tutta  altezza  che
impedisce ogni contatto fisico tra i congiunti)  e  delle  telefonate
che puo' svolgere con gli stessi (una al mese della durata  di  dieci
minuti, soltanto per i detenuti che non effettuano colloqui visivi). 
    Tali restrizioni sono legittime in quanto previste per legge,  ma
tale previsione va incontro alla necessita' che la norma  interna  si
fondi, in una societa' democratica, su un impellente bisogno sociale,
certamente  sussistente  nel  caso  della  necessita'   di   impedire
collegamenti  di  detenuti  per  reati  di  criminalita'  organizzata
particolarmente gravi con i  gruppi  criminali  all'esterno,  ma  sia
anche caratterizzata dalla proporzionalita'  rispetto  all'obbiettivo
perseguito (cfr., tra le altre, sentenza Convenzione europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
Messina c. Italia, 28 settembre 2000, parr. 59 e ss.). 
    La Corte ritenne, dunque, che non fosse conforme all'art. 8 della
Convenzione  la  norma  italiana  che  prevedeva  una  censura  della
corrispondenza dei detenuti disposta  dall'autorita'  giudiziaria  ma
con provvedimento motivato genericamente sulle esigenze di  sicurezza
e privo di limiti temporali, tanto da rendere la motivazione  vaga  e
generica. 
    Si pervenne per tale  ragione  all'introduzione  nell'ordinamento
penitenziario  dell'art.  18-ter,  che  appunto  prevede  un  obbligo
specifico di motivazione circa  la  limitazione  che  l'a.g.  ritiene
necessaria e contiene anche un  limite  temporale  stringente,  salvo
proroghe comunque autonomamente motivate. 
    Da tali insegnamenti, rispetto  al  divieto  di  ricevere  stampa
dall'esterno, legittima dall'art.  41-bis  ord.  pen.,  tenuto  conto
dell'interpretazione ormai univocamente datane dal diritto vivente  e
sopra piu' volte ricordata, sembra emergere  il  contrasto  che  oggi
conduce il magistrato di sorveglianza a sollevare anche sotto  questo
profilo la questione legittimita' costituzionale. 
    L'art. 8 della Convenzione Europea, ove anche si decidesse di non
accede all'interpretazione per la quale  i  libri  e  la  stampa  che
provengono dall'esterno costituiscono comunicazione tra soggetti  che
rientra nella nozione di corrispondenza presidiata da  forme  e  modi
descritti nell'art. 15 Cost., costituisce una  estrinsecazione  della
socialita' residua consentita al detenuto in regime differenziato dal
gravoso regia impostogli. 
    Piu' drammaticamente ancora,  costituisce  una  residua  epifania
della propria vita privata familiare. Non puo'  infatti  dimenticarsi
che il detenuto sottoposto al 41-bis ha nulli contatti fisici  con  i
propri congiunti, e scarsi e controllati contatti visivi e telefonici
sempre presidiati dall'ascolto e  registrazione  audio  e  video.  La
stessa corrispondenza epistolare e' soggetta al visto di controllo  e
puo' essere  trattenuta  in  presenza  di  una  motivazione  compresa
nell'art. 18-ter ord. pen. 
    In questo contesto, ricevere libri e stampa  da  persone  che  si
interessino del detenuto all'esterno, e segnatamente (si  tratta  del
caso dell'interessato ed in generale  del  caso  o  gran  lunga  piu'
ricorrente  nella  pratica)  dai  propri  familiari,  costituisce  un
lacerto  di  socialita'  peculiarmente  prezioso.  Se  per  chiunque,
infatti, il rapporto fisico con un libro che sia stato letto o  anche
solo  acquistato  da  un  congiunto  rappresenta  un  valore   e   la
manifestazione di un legame la cui esperienza e' comune e  ci  deriva
da un bagaglio socio-culturale che affonda nei  secoli  della  nostra
tradizione (di talche' la necessita' di conservare nel tempo i  libri
dei nostri familiari e' generalmente posta per importanza tra  quelle
piu' stringenti), per  un  detenuto  gia'  tanto  deprivato  di  ogni
rapporto fisico  con  i  propri  familiari,  per  giuste  ragioni  di
prevenzione dal pericolo  del  passaggio  di  ordini  o  informazioni
relative alla vita dei gruppi criminali, cio' acquista un significato
tutto peculiare e dunque  costituisce  un  residuo  che,  per  essere
limitato ancora, non deve poter trovare  altro  strumento  di  azione
volto a prevenire  il  pericolo  di  compromissione  dell'altrettanto
importante valore costituito  dalla  salvaguardia  dal  pericolo  dei
contatti del ristretto con i sodali dei gruppi criminosi in liberta'. 
    E non meno drammatico e' anche il divieto di  inviare  ai  propri
familiari quei libri e quelle  riviste  a  stampa  che  l'interessato
abbia tenuto presso di se' e che,  non  potendo  in  alcun  modo  lui
raggiungere i propri familiari  all'esterno,  lo  vicariano  in  modo
certamente incompleto ma ancora fisicamente tangibile. 
    Anche  per  i  detenuti  in  regime  di  41-bis,  per  come  gia'
ampiamente visto, e' invece  previsto  normativamente  uno  strumento
flessibile,  costituito  dal  visto  di  controllo  e  dall'eventuale
trattenimento della corrispondenza e della  stampa  di  cui  all'art.
18-ter ord. pen., con procedimento e modalita' stringenti, e  con  la
possibilita' rilasciata all'a.g. competente di sceverare gli  scritti
eventualmente pericolosi e di lasciar passare quelli chi  invece  non
lo  sono.   Tale   censura,   oculatamente   sorvegliata   dall'a.g.,
consentirebbe che questo pur minimale  spazio  di  vita  privata  non
fosse  del  tutto  pretermesso,  senza   rinunciare   alla   garanzia
necessaria in  relazione  agli  eventuali  contenuti  illeciti  della
comunicazione. 
    L'art. 41-bis ord. pen. sembra dunque in contrasto con l'art. 117
Cost. integrato dagli artt. 3 e 8 della Convenzione Europea,  assunti
a norme  interposte,  nella  parte  in  cui  dispone  il  divieto  di
ricezione, e di  trasmissione  all'esterno,  di  libri  e  riviste  a
stampa, poiche' tale generale limitazione, imposta nei  confronti  di
tutti i detenuti in regime differenziato, comprime  il  diritto  alla
vita privata e familiare (oltre che alla privatezza e liberta'  delle
corrispondenza, ad informarsi e a studiare, per come gia' sopra  piu'
diffusamente  enunciato)  degli  stessi,  pur  nella  forma   residua
rappresentata da quel passaggio di beni dal peculiare valore  emotivo
e rappresentativo di vicinanza fisica,  senza  che  risulti  in  modo
significativo e proporzionato incrementata la  tutela  dell'interesse
pubblico a contrastare i contatti del detenuto con ruoli  apicali  in
contesto di criminalita' organizzata con l'associazione a  delinquere
di riferimento. Si determina infatti un divieto generale imposto  per
altro senza limiti temporali e senza specifica  motivazione,  nonche'
senza  impugnazioni  possibili,  e  dunque  sproporzionato   rispetto
all'obbiettivo  dell'art.  41-bis  ord.  pen.,  raggiungibile  invece
mediante  l'ordinario  provvedimento  disposto  ex  art.  18-ter  nei
confronti del singolo detenuto e con adeguata motivazione. 
    Per tutte le sopra enunciate ragioni, ad avviso del magistrato di
sorveglianza scrivente sussiste dunque contrasto  con  l'art.  41-bis
ord. pen. e gli articoli 15, 21, 33,  34,  e  117  comma  1  Cost.  e
pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve
sollevarsi questione di legittimita' costituzionale  che  si  ritiene
non manifestamente infondata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione,  23  e  ss.  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  41-bis   ord.   pen.   comma
2-quater, lettera a) e  lettera  c),  nella  parte  in  cui  consente
all'amministrazione penitenziaria  di  adottare,  tra  le  misure  di
elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire  contatti  del
detenuto in regime differenziato con  l'organizzazione  criminale  di
appartenenza  o  di  attuale  riferimento,  il  divieto  di  ricevere
dall'esterno e di spedire all'esterno libri e riviste a  stampa,  per
violazione degli articoli 15, 21, 33, 34 e 117 comma 1  Cost.  (nella
parte in cui recepisce l'art. 3 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo del 4 novembre 1950, ratificata con legge 4 agosto 1955  n.
848, anche nell'interpretazione  a  sua  volta  fornita  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo di «trattamento inumano o  degradante»,
e l'art. 8 della medesima Convenzione). 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Sospende il procedimento in corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  di
trasmissione degli atti sia notificata alle  parti  in  causa  ed  al
pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
        Spoleto, 26 aprile 2016 
 
          Il Magistrato di sorveglianza: Fabio Gianfilippi