N. 132 SENTENZA 6 aprile - 10 giugno 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Forze di  polizia  -  Definizione,  con  norma  di
  interpretazione autentica,  del  criterio  di  computo  del  lavoro
  straordinario festivo. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge  di  stabilita'
  2014), art. 1, comma 476. 
-   
(GU n.24 del 15-6-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
476, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2014), promosso dal Consiglio  di  Stato,  quarta  sezione
giurisdizionale, nel procedimento vertente tra Sgro' David ed altri e
il Ministero della giustizia,  con  ordinanza  del  27  aprile  2015,
iscritta al n. 197 del registro ordinanze  2015  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  40,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  6  aprile  2016  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, quarta  sezione  giurisdizionale,  con
ordinanza del 27 aprile 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt.
3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo  in  relazione
all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali  (d'ora  in  avanti  «CEDU»),
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la
legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma  476,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'  2014),  che  cosi'   dispone:
«L'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della  Repubblica
11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto  del
Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163,  si  interpretano
nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato  al
riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non da'  diritto  a
retribuzione a titolo di lavoro  straordinario  se  non  per  le  ore
eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi
gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di  entrata
in vigore della presente legge». 
    2.- Il giudice a quo ha riferito che i ricorrenti,  tutti  agenti
del Corpo di polizia penitenziaria, per periodi di tempo piu' o  meno
lunghi tra il 2004 ed il 2012 avevano prestato  attivita'  lavorativa
in giorni festivi o da destinare al  riposo  settimanale  ed  avevano
chiesto, con trentasei separati ricorsi, al Tribunale  amministrativo
regionale per la Lombardia il compenso per le  ore  di  straordinario
prestate, nonche' il risarcimento  del  danno  da  usura  psicofisica
patito  ovvero,  in  via  subordinata,  la  determinazione   di   una
indennita' supplementare, dovuta in base agli  accordi  sindacali  di
categoria. 
    3.- Secondo quanto evidenziato dal giudice rimettente le  pretese
avanzate in via principale in primo  grado  dai  ricorrenti  traevano
sostegno da un indirizzo interpretativo del Consiglio  di  Stato,  in
base  al  quale  il  disagio  subito  per  aver  prestato   attivita'
lavorativa in una giornata deputata  al  riposo  settimanale  non  e'
sufficientemente compensato dalla speciale indennita' prevista  dalla
contrattazione collettiva e recepita con decreti del Presidente della
Repubblica (in particolare quantificata dall'art. 10,  comma  3,  del
d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, recante  «Recepimento  dell'accordo
sindacale e del provvedimento di concertazione per il  personale  non
dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e  militare  -
quadriennio normativo 2006-2009 e  biennio  economico  2006-2007»  in
euro 5 all'ora, elevato ad euro 8 all'ora dall'art. 15, comma 4,  del
d.P.R. 16 aprile  2009,  n.  51,  recante  «Recepimento  dell'accordo
sindacale per le  Forze  di  polizia  ad  ordinamento  civile  e  del
provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento
militare, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica  11
settembre 2007, n. 170, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e
al biennio economico  2006-2007»)  che,  in  base  all'espresso  dato
normativo, serve a compensare la sola ordinaria prestazione di lavoro
giornaliero  e  non  assorbe  il  compenso  dovuto  per   il   lavoro
straordinario. Ad  avviso  del  Consiglio  di  Stato  il  computo  di
quest'ultimo deve essere  effettuato  facendo  riferimento  alle  ore
eccedenti l'orario di servizio di 36 ore lavorative  settimanali,  di
cui all'art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007  (cosiddetto  criterio  di
computo "orizzontale") e non all'eccedenza oraria del solo giorno  di
riferimento (cosiddetto criterio di computo "verticale") e l'istituto
non va confuso con il "riposo recupero" di cui all'art. 11, comma  5,
della legge 15 dicembre  1990,  n.  395  (Ordinamento  del  Corpo  di
polizia penitenziaria) - che spetta in ogni caso poiche' serve a  far
recuperare al lavoratore il riposo settimanale di cui non ha fruito -
e con il "riposo  compensativo",  previsto  dagli  accordi  sindacali
quale modalita', alternativa alla  monetizzazione,  di  compensazione
del lavoro straordinario. 
    4.- Il TAR  Lombardia,  presso  cui  erano  stati  incardinati  i
giudizi di primo grado, aveva rigettato le pretese di  pagamento  dei
ricorrenti, discostandosi dall'indirizzo interpretativo del Consiglio
di Stato ritenuto incompatibile con quello espresso  dalla  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6 ottobre 1998, n.  9895,
per cui il lavoro prestato il settimo giorno consecutivo,  quando  e'
rispettata la cadenza di un giorno  di  riposo  settimanale,  non  e'
ontologicamente qualificabile come lavoro straordinario. Pertanto  il
TAR aveva concluso che, allo svolgimento del normale orario di lavoro
nel giorno festivo, deve far seguito un giorno di recupero, rimanendo
impregiudicata la questione, da risolvere in sede  di  contrattazione
collettiva, circa  l'entita'  della  retribuzione  supplementare  che
compensa  la  "penosita'"  del  lavoro  prestato  in   una   giornata
generalmente destinata al riposo. 
    5.- In  secondo  grado  si  era  costituito  il  Ministero  della
giustizia chiedendo il rigetto degli  appelli  e  la  conferma  delle
sentenze impugnate sulla base della intervenuta norma, sospettata  di
incostituzionalita', che interpretava le disposizioni dei decreti  di
recepimento della contrattazione collettiva nel  senso  ritenuto  dal
TAR Lombardia. 
    6.- Il Consiglio di Stato ha  rimesso  la  questione  alla  Corte
ribadendo il proprio precedente orientamento  in  ordine  al  computo
dello straordinario e ritenendo l'illegittimita' costituzionale dello
ius superveniens; sotto il profilo della rilevanza ha  segnalato  che
la  portata   retroattiva   della   norma,   che   si   autodefinisce
interpretativa, ne avrebbe comportato l'applicazione nel  giudizio  a
quo, con conseguente reiezione delle pretese  attoree  da  ritenersi,
viceversa, fondate in base all'orientamento fino  ad  allora  seguito
dallo stesso giudice rimettente. 
    7.- In ordine al presupposto della non manifesta infondatezza, il
giudice  a  quo  ha  denunciato   la   portata   innovativa   e   non
interpretativa della norma impugnata poiche' essa e'  intervenuta  su
disposizioni aventi ad oggetto  la  disciplina  della  indennita'  da
lavoro festivo e avrebbe introdotto una disposizione nuova,  relativa
alla  modalita'  per  il  calcolo  del  lavoro   straordinario,   non
ricavabile in alcun modo dalla lettura del testo originario. 
    8.- Il carattere dichiaratamente  retroattivo  della  previsione,
derivante   dal   suo    autoqualificarsi    norma    interpretativa,
comporterebbe, ad avviso del giudice a quo, la violazione dell'art. 3
Cost. poiche' la portata retroattiva di una  norma,  quando  non  sia
riconducibile  alla  natura  interpretativa  di  essa,  deve   essere
sorretta da un'adeguata indicazione di motivi imperativi di interesse
generale che ne giustifichino l'adozione. 
    9.- Nella specie il motivo imperativo di interesse  generale  non
puo' essere ricondotto, secondo l'ordinanza di rimessione, alla  mera
volonta' di evitare  un  ingente  esborso  per  le  casse  pubbliche,
derivante dall'esito sfavorevole per la pubblica amministrazione  del
contenzioso in base all'orientamento espresso dal Consiglio di Stato,
cosi' che l'effetto retroattivo della  disposizione,  che  opera  una
consistente  limitazione  del  diritto  alla  retribuzione   equa   e
proporzionata, tutelato a livello costituzionale dall'art. 36  Cost.,
risulta privo di ragionevole ed adeguata giustificazione. 
    10.- Un ulteriore profilo di illegittimita' e' stato  individuato
dal giudice a quo nella violazione dell'art.  6  della  CEDU  le  cui
disposizioni,  nell'interpretazione  loro  attribuita   dalla   Corte
europea dei diritti dell'uomo, integrano, per costante giurisprudenza
costituzionale, il parametro costituzionale espresso  dall'art.  117,
primo comma, nella parte in cui impone al legislatore di  conformarsi
ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. 
    11.- In particolare, tale obbligo non  sarebbe  stato  rispettato
poiche' i principi di preminenza del diritto  e  del  processo  equo,
consacrati nell'art. 6 della CEDU  e  alla  cui  logica  risponde  la
preclusione ad adottare norme retroattive idonee  a  condizionare  le
situazioni processuali  in  corso,  possono  essere  incisi  solo  in
presenza di ragioni imperative di interesse  generale  che  risultano
assenti nella fattispecie all'esame. 
    12.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato
deducendo l'infondatezza della  questione  e  la  legittimita'  della
norma impugnata, la cui adozione sarebbe ragionevole poiche' volta  a
dirimere  il  dibattito  sviluppatosi  in  seno  alla  giurisprudenza
amministrativa tra quella di primo grado e quella  di  secondo  grado
nel senso innanzi indicato. 
    13.-  La  natura  interpretativa  della   norma   in   questione,
d'altronde, sarebbe confermata, a parere della  difesa  statale,  dal
tenore letterale dell'art. 10 del  d.P.R.  n.  170  del  2007  (norma
generale per il personale di tutte le Forze  di  polizia),  che,  nel
caso di attivita' lavorativa prestata in giorno destinato  al  riposo
settimanale ovvero nel festivo infrasettimanale,  mantiene  fermo  il
diritto al recupero e precisa che l'indennita'  da  corrispondere  al
lavoratore  compensa  la  sola  ordinaria   prestazione   di   lavoro
giornaliero.  Quest'ultimo  riferimento  renderebbe  controversa   la
questione della modalita' di calcolo dell'orario  di  lavoro  per  il
riconoscimento del diritto al pagamento  della  retribuzione  per  il
lavoro straordinario.  La  disposizione  censurata  sarebbe,  dunque,
opportunamente  intervenuta  per  chiarire  il   dettato   normativo,
operando,   peraltro,   in   maniera   coerente   con   la   restante
regolamentazione della materia e, in particolare, con  la  previsione
dell'art. 11 della legge n. 395 del 1990. Quest'ultimo, infatti,  con
riferimento al personale del Corpo di polizia penitenziaria distingue
il monte orario settimanale, specificamente menzionato al comma  1  e
ripartito in turnazioni giornaliere, dall'attivita' che  da'  diritto
al  compenso  per  lavoro  straordinario  che,  al  comma  2,   viene
individuata  in  quella  prestata  "in   eccedenza   all'orario"   da
intendersi riferito ad un orario  diverso  da  quello  menzionato  al
comma 1 e coincidente con quello di servizio giornaliero. 
    14.- Altresi' infondati, a parere dell'Avvocatura generale  dello
Stato, sarebbero  i  profili  relativi  all'art.  36  Cost.,  dovendo
l'equita'  e  la  proporzione  della  retribuzione  essere   valutate
globalmente,  e  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 6 della CEDU, essendosi  registrato  un  notevole  contrasto
nell'ambito della giurisprudenza amministrativa, il cui  orientamento
non e' affatto  consolidato,  che  legittima  l'intervento  normativo
effettuato per dirimere l'incertezza interpretativa senza interferire
nell'amministrazione       della       giustizia        salvaguardata
dall'irretrattabilita' dei giudicati gia' formatisi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, con l'ordinanza indicata in  epigrafe,
dubita, in riferimento  agli  artt.  3  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il  4  novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,
della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 476, della legge
27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2014). 
    Detta norma dispone che l'art.  10,  comma  3,  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  11  settembre  2007,  n.  170,  recante
«Recepimento  dell'accordo   sindacale   e   del   provvedimento   di
concertazione per il personale non dirigente delle Forze  di  polizia
ad ordinamento civile e militare - quadriennio normativo 2006-2009  e
biennio economico 2006-2007», e l'art. 11, comma 8, del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  13  giugno  2002,  n.   163,   recante
«Recepimento dello  schema  di  concertazione  per  le  Forze  armate
relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al  biennio  economico
2002-2003», che recepiscono gli accordi sindacali di  due  successivi
quadrienni  relativi  al  personale  delle  forze  di   polizia   «si
interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel  giorno
destinato al riposo settimanale o nel  festivo  infrasettimanale  non
da' diritto a retribuzione a titolo di lavoro  straordinario  se  non
per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero.  Sono
fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data
di entrata in vigore della presente legge». 
    Le norme regolamentari, di origine contrattuale, cui si riferisce
la suddetta disposizione di interpretazione autentica  prevedono  con
identica formulazione che «Fermo restando il diritto al recupero,  al
personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio  sia
chiamato  dall'amministrazione  a  prestare   servizio   nel   giorno
destinato al riposo settimanale o  nel  festivo  infrasettimanale  e'
corrisposta un'indennita' di € 5,00 [successivamente aumentata  ad  €
8,00] a compensazione della  sola  ordinaria  prestazione  di  lavoro
giornaliero» (art. 10, comma 3, del d.P.R. n. 170 del 2007 e art. 11,
comma 8, del d.P.R. n. 163 del 2002). Inoltre,  l'art.  11  comma  3,
secondo periodo, del  d.P.R.  163  del  2002,  dispone  che  «Le  ore
eccedenti  l'orario  di  lavoro  settimanale  che  non  siano   state
retribuite devono  essere  recuperate  mediante  riposo  compensativo
entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui sono  state
effettuate, tenendo presenti le richieste del personale e fatte salve
le improrogabili esigenze di servizio». 
    2.-  In  proposito,  il  giudice  rimettente  ritiene  che   alla
disposizione  in   esame   non   possa   essere   attribuita   natura
interpretativa con la conseguente portata retroattiva, in  quanto  la
definizione del criterio di computo del lavoro straordinario  festivo
(oggetto della norma interpretativa)  avrebbe  carattere  innovativo,
incidendo su istituti giuridici diversi, quali il riposorecupero e il
diritto all'indennita' compensativa del lavoro  giornaliero  (oggetto
delle norme interpretate). 
    Inoltre, il rimettente ritiene che la norma censurata  violerebbe
i menzionati parametri costituzionali per contrasto col principio  di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) con riferimento all'art. 36  Cost.,  in
quanto la sua retroattivita', non  adeguatamente  supportata  da  una
evidente giustificazione, inciderebbe in  maniera  irragionevole  sul
diritto ad una retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto. 
    3.- Il Consiglio di Stato ritiene, difatti, che il disagio subito
dal  lavoratore,  per  aver  prestato  attivita'  lavorativa  in  una
giornata deputata al  riposo  settimanale,  non  e'  sufficientemente
compensato dalla speciale indennita'  prevista  dalla  contrattazione
collettiva come recepita dal d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170  e  dal
d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163. Il lavoro festivo, infatti, secondo il
giudice a quo, dovrebbe essere compensato quale lavoro  straordinario
(che si aggiunge all'indennita' per lavoro festivo)  per  l'attivita'
prestata nel giorno ordinariamente destinato al  riposo  settimanale,
tutte le volte che e' stato  superato  l'orario  normale  di  36  ore
settimanali. 
    4.- La questione non e' fondata. 
    Il Consiglio di Stato ha inteso compensare,  qualificandolo  come
straordinario, quel lavoro festivo non recuperato  con  un  ulteriore
giorno di riposo (che nella specie, secondo la  normativa  collettiva
recepita nell'art. 10, comma 4, del d.P.R. n. 170  del  2007,  poteva
essere  fruito  nelle  quattro  settimane  successive).  Il  problema
interpretativo consisteva  pertanto  nello  stabilire  se  il  lavoro
svolto in giorno festivo andasse retribuito quale  straordinario  con
il superamento su base settimanale delle 36 ore, a prescindere  dalla
fruizione del riposo recupero. 
    La norma interpretativa interviene sugli artt. 10 del  d.P.R.  n.
170 del 2007 e 11 del d.P.R. n. 163 del 2002 che regolano l'orario di
lavoro del  personale  delle  forze  di  polizia  e  che  determinano
l'orario settimanale in 36 ore. 
    Le disposizioni oggetto dell'interpretazione, cioe'  il  comma  3
dell'art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e il comma 8 dell'art. 11 del
d.P.R.  n.  163  del   2002,   disciplinano   i   benefici   connessi
all'attivita' prestata nei giorni deputati al  riposo  settimanale  o
nel  giorno  festivo  infrasettimanale,  prevedendo  il  diritto   al
recupero e alla  corresponsione  di  un'indennita',  a  compensazione
della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero. 
    In tali norme, oggetto dell'intervento interpretativo, non  viene
espressamente  menzionato  il  lavoro  straordinario,  come  rilevato
dall'ordinanza di rimessione, ma, essendo previsto il compenso per la
sola prestazione ordinaria, il  lavoro  straordinario  viene  evocato
proprio in quanto escluso. 
    5.- Il trattamento da riservare alle ore di lavoro prestate oltre
l'orario ordinario  era  suscettibile  di  una  duplice  possibilita'
interpretativa: facendo riferimento alla durata dell'orario di lavoro
di 36 ore settimanali di cui al comma 1  dei  suddetti  articoli,  il
parametro  di  computo  delle  ore  di  straordinario  sarebbe  stato
settimanale,   mentre,   valorizzando   il   termine   «giornaliero»,
utilizzato dai commi 3 e 8, rispettivamente,  degli  artt.  10  e  11
suindicati, il parametro dell'orario risulterebbe riferito solo  alle
ore eccedenti il servizio prestato nella giornata festiva. 
    L'intervento  legislativo   ha,   quindi,   una   reale   portata
interpretativa,  avendo   esso   avuto   il   compito   di   dirimere
un'incertezza (si veda Corte di cassazione, sezione lavoro,  sentenza
7 giugno 2011, n. 12318) e di fissare uno dei  possibili  significati
da  attribuire  alla  norma  originaria,  e  cioe'  che   il   lavoro
straordinario prestato in giorno festivo e' solo quello che eccede il
normale orario di servizio giornaliero e non l'orario settimanale. 
    6.- Questa Corte si e' ripetutamente espressa nel senso  che  «va
riconosciuto carattere interpretativo alle norme che  hanno  il  fine
obiettivo di chiarire  il  senso  di  norme  preesistenti  ovvero  di
escludere  o  di  enucleare  uno  dei  sensi  fra   quelli   ritenuti
ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo  di
imporre a chi e' tenuto ad applicare la disposizione  considerata  un
determinato significato normativo» (sentenza n. 424 del 1993). Ed  ha
chiarito che «il legislatore puo' adottare norme  di  interpretazione
autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di
una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la
scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso
del  testo  originario,  cosi'  rendendo  vincolante  un  significato
ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis: sentenze n. 314 del
2013, n. 15 del 2012, n. 271 del 2011, n. 209 del 2010). 
    Inoltre, questa Corte  ha  anche  piu'  volte  affermato  che  il
divieto di retroattivita' della legge, pur  costituendo  fondamentale
valore di  civilta'  giuridica,  non  e'  stato  elevato  a  dignita'
costituzionale (salvo la previsione dell'art. 25 Cost. per la materia
penale) per cui, allorquando  «una  norma  di  natura  interpretativa
persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza  del
dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto
o di  ristabilire  un'interpretazione  piu'  aderente  all'originaria
volonta' del legislatore», non e' precluso al legislatore di  emanare
norme retroattive (sentenza n. 150 del 2015). 
    D'altronde, la questione, come rilevato  da  questa  Corte  nelle
piu' recenti sentenze  rese  in  materia,  non  e'  tanto  quella  di
verificare se  la  norma  censurata  abbia  carattere  effettivamente
interpretativo e sia percio' retroattiva ovvero  sia  innovativa  con
efficacia retroattiva, bensi' di accertare se la retroattivita' della
legge trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e
sia, altresi', sostenuta da adeguati motivi di interesse generale (ex
multis, sentenze n. 69 del 2014 e n. 264 del 2012). 
    7.- La disposizione interpretativa, nel caso in questione, appare
coerente con l'assetto complessivamente  dato  alla  regolazione  del
lavoro festivo nel settore in esame, secondo la disciplina collettiva
recepita  nei  citati  decreti.  Al  riguardo   occorre   del   resto
evidenziare che la specificita' del settore in esame e' stata  tenuta
presente dal legislatore laddove, con l'art. 2, comma 2, del  decreto
legislativo  8  aprile  2003,  n.  66  (Attuazione  delle   direttive
93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione
dell'orario di lavoro), ha disposto  che  nell'ambito,  tra  l'altro,
delle strutture penitenziarie e di  quelle  destinate  per  finalita'
istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in  materia  di
ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni  contenute  nel  decreto
stesso non trovano applicazione in presenza di  particolari  esigenze
inerenti al servizio espletato come individuate con apposito  decreto
interministeriale. 
    L'assetto normativo in esame si fonda sulla  previsione  (accanto
all'indennita' per la maggiore penosita'  del  lavoro  svolto  in  un
giorno deputato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale)
del diritto al  recupero  del  giorno  di  riposo  entro  il  periodo
previsto dalla contrattazione collettiva. 
    Va evidenziato, peraltro, che l'eventuale  mancato  rispetto  del
giorno di riposo non e' oggetto  del  presente  giudizio,  mentre  il
lavoro straordinario, ove non retribuito, da' diritto  ad  un  riposo
compensativo. 
    Tale quadro regolatorio appare coerente  con  l'ordinamento,  che
consente l'alternativita' tra la compensazione  e  la  monetizzazione
del lavoro straordinario, fermo il diritto al recupero del giorno  di
riposo come previsto dalla normativa collettiva. 
    8.- Relativamente al richiamo dell'art. 36 Cost.  effettuato  dal
rimettente, questa  Corte  osserva  che  tale  diposizione  e'  stata
menzionata non come parametro direttamente  violato,  ma  solo  quale
elemento funzionale al sindacato di ragionevolezza. Resta,  pertanto,
assorbito il suo esame in merito al  profilo  dell'adeguatezza  della
retribuzione. 
    9.-   Venendo,   quindi,   alla   questione   di   illegittimita'
costituzionale sollevata in riferimento all'art.  117,  primo  comma,
Cost. nella parte in cui impone  al  legislatore  di  conformarsi  ai
vincoli derivanti dagli  obblighi  internazionali,  il  Consiglio  di
Stato ritiene che tale obbligo non sarebbe stato  rispettato  poiche'
il principio di preminenza del diritto e quello  del  processo  equo,
consacrati nell'art. 6 della CEDU, sarebbero stati incisi dalla norma
retroattiva  censurata,   idonea   a   condizionare   le   situazioni
processuali in corso. 
    Nella giurisprudenza  della  Corte  di  Strasburgo  e'  precluso,
infatti,  al  legislatore   di   interferire   nella   determinazione
giudiziaria di una controversia, tranne  il  caso  in  cui  ricorrano
impellenti motivi di interesse generale (sentenza 14  febbraio  2012,
Arras ed altri contro Italia; sentenza  31  maggio  2011,  Maggio  ed
altri contro Italia; sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed  altri  contro
Italia; sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia;) che,
con specifico riferimento alle norme nazionali interpretative, questa
Corte, gia' con la sentenza n. 1 del 2011, ha affermato  che  possono
essere identificati, tra l'altro, nella  necessita'  di  «ristabilire
un'interpretazione  piu'   aderente   all'originaria   volonta'   del
legislatore», al fine di «porre rimedio ad una  imperfezione  tecnica
della legge interpretata» (in  tal  senso  la  sentenza  della  Corte
richiama le seguenti pronunce della Corte EDU:  sentenza  23  ottobre
1997,  National  &  Provincial  Building  Society,  Leeds   Permanent
Building Society e Yorkshire Building  Society  contro  Regno  Unito;
sentenza 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie X  e
Blanche de Castille e altri contro Francia). Tale  giurisprudenza  e'
stata confermata in successive pronunce e da ultimo con  sentenza  n.
150 del 2015 che ha statuito che la norma  censurata  «avendo  natura
interpretativa, ha operato sul piano delle fonti,  senza  toccare  la
potesta' di giudicare, limitandosi a precisare la regola astratta  ed
il modello  di  decisione  cui  l'esercizio  di  tale  potesta'  deve
attenersi, definendo e delimitando la fattispecie  normativa  oggetto
della medesima (sentenza  n.  170  del  2008),  proprio  al  fine  di
assicurare la  coerenza  e  la  certezza  dell'ordinamento  giuridico
(sentenza n. 209 del 2010)». 
    10.- Nella specie la corrispondenza della disposizione  censurata
al contenuto della disciplina originaria si giustifica  in  relazione
al dato letterale e  cioe'  al  fatto  che  l'indennita'  per  lavoro
festivo compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero;
la previsione risulta cosi' coerente con  l'assetto  complessivo  del
trattamento retributivo del lavoro prestato in giornata  festiva,  il
quale favorisce la fruizione del riposo  compensativo  rispetto  alla
monetizzazione della prestazione effettuata. 
    La preclusione posta dalla Corte europea, del resto, e' correlata
all'esigenza di  tutela  del  legittimo  affidamento  ingenerato  nei
consociati, che nel caso in esame non puo'  ritenersi  effettivamente
ricorrente, stante la  riscontrata  ambiguita'  di  formulazione  del
dettato normativo. 
    11.- Di qui, pertanto, la  non  fondatezza  anche  della  censura
sollevata in riferimento all'art. 117 Cost., in relazione all'art.  6
della CEDU. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  comma  476,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2014),  sollevata,  in  riferimento
agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo  in
relazione all'art. 6 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata  a  Roma
il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto
1955, n. 848, dal Consiglio di  Stato  con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA