N. 142 SENTENZA 4 maggio - 16 giugno 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Impianti industriali strategici e relative infrastrutture -
  Autorizzazioni rilasciate dal Ministero per lo  sviluppo  economico
  d'intesa con la Regione interessata - Estensione di detto regime  a
  talune opere strumentali - Modalita' di  superamento  di  eventuale
  dissenso. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge  di  stabilita'
  2015), art. 1, comma 552, lettere a) e b). 
-   
(GU n.25 del 22-6-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
552,  lettere  a)  e  b),  della  legge  23  dicembre  2014,  n.  190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge  di  stabilita'  2015),  promossi  dalle  Regioni
Campania, Abruzzo, Marche e Puglia,  con  ricorsi  notificati  il  27
febbraio-4 marzo 2015, 25 febbraio 2015, 27 febbraio-5 marzo 2015, 27
febbraio-4 marzo 2015, depositati in cancelleria il 4, 5  e  6  marzo
2015, e rispettivamente iscritti ai nn. 32, 35, 39 e 40 del  registro
ricorsi 2015. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 maggio 2016 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto per  la  Regione
Campania, Manuela de Marzo  per  la  Regione  Abruzzo,  Alfonso  Papa
Malatesta per la Regione Marche e  per  la  Regione  Puglia,  nonche'
l'avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 25 febbraio 2015  e  depositato  il
successivo 5 marzo (reg. ric. n. 35 del 2015), la Regione Abruzzo  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale,  tra  le  altre,
dell'art. 1, comma 552, lettere a) e  b),  della  legge  23  dicembre
2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2015),  in  riferimento
agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della  Costituzione,
nonche'  ai  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza   e
proporzionalita'. 
    La disposizione impugnata modifica l'art. 57 del decreto-legge  9
febbraio  2012,  n.   5   (Disposizioni   urgenti   in   materia   di
semplificazione  e  di  sviluppo),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35.  Quest'ultima
disposizione  individua  le   infrastrutture   e   gli   insediamenti
strategici,  ai  fini  dell'approvvigionamento  petrolifero,  la  cui
realizzazione e' sottoposta ad  autorizzazione  del  Ministero  della
sviluppo economico, d'intesa con la Regione interessata. 
    L'art. 1, comma 552, lettera a), allarga l'oggetto  dell'art.  57
del  d.l.  n.  5  del  2012,  includendovi  le  opere  necessarie  al
trasporto, allo stoccaggio, al  trasferimento  degli  idrocarburi  in
raffineria,  le  opere  accessorie,  i  terminali   costieri   e   le
infrastrutture  portuali  strumentali  allo  sfruttamento  di  titoli
concessori, comprese quelle localizzate al  di  fuori  del  perimetro
delle concessioni di coltivazione. 
    L'art. 1, comma 552, lettera b), aggiunge un comma 3-bis all'art.
57 del d.l. n. 5 del 2012, con la previsione che, in caso di  mancato
raggiungimento dell'intesa sull'autorizzazione, si  applicano  l'art.
1, comma 8-bis, della legge 23 agosto  2004,  n.  239  (Riordino  del
settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto  delle
disposizioni vigenti in materia  di  energia),  e  l'art.  14-quater,
comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), che  prevedono  procedure  per  il  superamento  del
dissenso. 
    La ricorrente ritiene  che  l'art.  1,  comma  552,  lettera  a),
estendendo l'oggetto della chiamata in sussidiarieta' della  funzione
amministrativa  nella  materia  concorrente  dell'energia   fino   ad
includervi opere poste al di fuori del perimetro delle concessioni di
coltivazione, si ponga in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e
118, primo  comma,  Cost.,  perche'  l'avocazione  allo  Stato  della
funzione   non   risponde   a   parametri   di    ragionevolezza    e
proporzionalita'. 
    L'art. 1, comma 552, lettera  b),  sarebbe  invece  lesivo  degli
artt. 117, terzo comma,  e  118,  primo  comma,  Cost.,  nonche'  del
principio di leale collaborazione, in quanto, richiamando  l'art.  1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004, permette che,  in  caso  di
mancata espressione degli atti di assenso o di intesa da parte  della
Regione, provveda la Presidenza del Consiglio dei  ministri,  con  la
partecipazione  della  Regione  interessata.   Analoga   disposizione
sarebbe gia' stata dichiarata  costituzionalmente  illegittima  dalla
sentenza n. 179 del 2012, perche' finiva  per  rimettere  allo  Stato
l'espressione  della  volonta'  definitiva  sull'adozione  dell'atto,
senza coinvolgere in forme adeguate la Regione. 
    La ricorrente si  limita,  infine,  ad  osservare  che  la  norma
impugnata rinvia anche all'art. 14-quater, comma 3,  della  legge  n.
241 del 1990, senza chiarire «quale delle due  procedure  sia  quella
cui materialmente ricorrere». 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. 
    L'Avvocatura  generale  osserva  che  la   norma   impugnata   si
giustifica con il fine di «sbloccare  l'effettiva  realizzazione  dei
progetti per la coltivazione di giacimenti di idrocarburi  estendendo
il regime di autorizzazione unica a  quelle  opere  e  infrastrutture
necessarie ed indispensabili per assicurare il loro sfruttamento». 
    Questa  deduzione  iniziale  e'  poi  sviluppata  con   esclusivo
riferimento all'art. 1, comma 554,  della  legge  n.  190  del  2014,
anch'esso impugnato in separato giudizio. In ordine all'art. 1, comma
552, della legge n. 190 del 2014, la difesa dello Stato si  limita  a
rilevare che il rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della  legge  n.  239
del 2004 concerne i casi di inerzia della Regione, mentre  il  rinvio
all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241  del  1990  regola  i
casi  di  espresso  dissenso  regionale.  Il   meccanismo   descritto
dall'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del  2004  sarebbe  gia'
stato ritenuto rispettoso delle competenze regionali  dalla  sentenza
di questa Corte n. 278 del 2010. 
    3.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 febbraio 2015,
ricevuto il successivo 4 marzo e depositato in pari data  (reg.  ric.
n. 32 del 2015), anche la Regione Campania ha promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale, tra le altre, dell'art.  1,  comma  552,
lettera b), della legge n. 190 del 2014, in  riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche' al principio  di
leale collaborazione «di cui agli articoli 5 e 120 Cost.». 
    La ricorrente evidenzia che il  rinvio  alla  procedura  prevista
dall'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239  del  2004  implica  che
l'intesa tra Stato e Regione sull'autorizzazione  prevista  dall'art.
57, comma 2, del d.l. n. 5 del  2012  sia  "debole"  e  possa  venire
superata in forza della sola volonta' statale. Cio' comporterebbe  la
lesione delle prerogative regionali, come questa Corte  avrebbe  gia'
deciso  a  proposito  dell'art.  49,  comma  3,   lettera   b),   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122, con la sentenza n. 179 del 2012. 
    4.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. 
    L'Avvocatura  ribadisce   che   la   norma   impugnata   risponde
all'esigenza di superare  lo  stallo  nella  realizzazione  di  opere
strategiche nel settore dell'energia determinato  dall'inerzia  delle
amministrazioni regionali. La sentenza di questa  Corte  n.  239  del
2013 avrebbe gia' escluso l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004. 
    5.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 febbraio 2015,
ricevuto il successivo 5 marzo e depositato il  6  marzo  2015  (reg.
ric. n. 39 del 2015), anche la Regione Marche ha  promosso  questioni
di legittimita' costituzionale, tra le altre, dell'art. 1, comma 552,
lettera b), della legge n. 190 del 2014, in  riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La ricorrente rileva che il rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della
legge n. 239 del 2004 riguarda tutti i casi in cui il dissenso  della
Regione  non  e'  motivato  con  riguardo  ai   profili   di   tutela
dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del  territorio,  del   patrimonio
storico-artistico, della salute e della pubblica  incolumita',  presi
in considerazione dall'art. 14-quater della legge n. 241 del 1990. 
    La sentenza n. 239 del 2013 di questa Corte avrebbe gia' chiarito
che il meccanismo indicato dall'art. 1, comma 8-bis, della  legge  n.
239 del 2004 e' costituzionalmente legittimo solo nel caso in cui  la
Regione resta inerte nella trattativa finalizzata  all'intesa  e  non
quando sorge un  dissenso  sul  suo  contenuto.  In  questo  caso  il
superamento  dell'opposizione  regionale  mediante  atto  unilaterale
dello Stato violerebbe, nella materia dell'energia,  gli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La norma impugnata sarebbe percio' illegittima,  nella  parte  in
cui prevede l'applicazione della procedura di cui all'art.  1,  comma
8-bis, della legge n. 239 del 2004 «anche ad ipotesi in cui lo stallo
decisionale dipenda da divergenze sostanziali  tra  le  parti  e  non
esclusivamente [d]a "condotte meramente passive delle amministrazioni
regionali"». 
    Qualora invece  dovesse  trovare  applicazione  l'art.  14-quater
della legge n. 241 del 1990  la  norma  sarebbe  illegittima  per  la
previsione del superamento unilaterale del  dissenso  espresso  dalla
Regione per esigenze di tutela dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del
territorio, del patrimonio storico-artistico, della  salute  e  della
pubblica incolumita'. 
    6.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. 
    L'Avvocatura ribadisce quanto  gia'  osservato  a  proposito  dei
precedenti ricorsi, e pone in luce che l'art. 1, comma  8-bis,  della
legge n. 239 del 2004 e' relativo ai casi di inerzia  della  Regione.
Per tale evenienza la sentenza di questa Corte n.  239  del  2013  ne
avrebbe gia' affermato la compatibilita' con le competenze regionali. 
    In caso di dissenso  espresso,  invece,  l'art.  14-quater  della
legge n. 241 del 1990, garantendo «un congruo lasso di tempo  per  la
definizione dell'intesa (centottanta giorni complessivi) e,  soltanto
in ultima istanza,» l'intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, sarebbe pienamente conforme a Costituzione. 
    7.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 febbraio 2015,
ricevuto il successivo 4 marzo e depositato il  6  marzo  2015  (reg.
ric. n. 40 del 2015), anche la Regione Puglia ha  promosso  questioni
di legittimita' costituzionale, tra le altre, dell'art. 1, comma 552,
lettera b), della legge n. 190 del 2014, in  riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    Il ricorso contiene censure  analoghe  a  quelle  proposte  dalla
Regione Marche. 
    8.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. 
    L'Avvocatura svolge considerazioni analoghe a quelle proposte  in
relazione al ricorso della Regione Marche. 
    9.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la Regione Campania  ha
depositato una memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
    10.- Anche la Regione Abruzzo ha depositato una memoria, con  cui
ha dato atto che l'art. 1, comma 241, della legge 28  dicembre  2015,
n. 208  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2016) ha modificato  il
comma  3-bis  dell'art.  57  del  d.l.  n.  5  del  2012,  introdotto
dall'impugnato art. 1, comma 552, lettera b), della legge n. 190  del
2014. In particolare, e' stato abrogato il rinvio all'art.  1,  comma
8-bis, della legge n. 239  del  2004,  ovvero  la  sola  parte  della
disposizione impugnata oggetto di censura da parte della ricorrente. 
    La  Regione  conclude  per  la  cessazione  della   materia   del
contendere con riguardo all'art. 1, comma  552,  lettera  a)  (recte:
lettera b), ed insiste per l'accoglimento  della  questione  relativa
all'art. 1, comma 552, lettera b) (recte: lettera a). 
    11.- Con analoghe memorie, anche le Regioni Marche e Puglia hanno
dato atto dello ius superveniens, ipotizzando che  esso  comporti  la
cessazione della materia del contendere, senza pero' escludere che la
norma impugnata possa avere avuto applicazione  medio  tempore,  cio'
che esigerebbe una «attenta verifica». 
    Riguardo al rinvio all'art. 14-quater, comma 3,  della  legge  n.
241 del 1990, le ricorrenti reputano che, nell'ambito della  chiamata
in sussidiarieta',  tale  disposizione  non  garantisca  un  adeguato
coinvolgimento regionale. Se ne  trarrebbe  conferma  dal  fatto  che
l'art. 14-quater, comma 3,  esclude  dal  suo  campo  applicativo  le
infrastrutture  e  gli  insediamenti  produttivi  strategici   e   di
preminente interesse nazionale, nonche' la localizzazione di opere di
interesse statale, ovvero ipotesi aventi un «alto grado di  incidenza
sul territorio regionale». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Abruzzo (reg. ric. n. 35  del  2015)  ha  promosso
questioni di legittimita' costituzionale, tra le altre, dell'art.  1,
comma 552, lettere a) e b), della legge  23  dicembre  2014,  n.  190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2015), in  riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonche'  ai
principi di leale collaborazione, ragionevolezza e proporzionalita'. 
    Le Regioni Campania (reg. ric. n. 32 del 2015), Marche (reg. ric.
n. 39 del 2015) e Puglia (reg. ric. n. 40 del 2015) hanno  a  propria
volta promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  tra  le
altre, dell'art. 1, comma 552, lettera b), della  legge  n.  190  del
2014, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma,
Cost., e, quanto alla sola Regione Campania, anche  al  principio  di
leale collaborazione «di cui agli articoli 5 e 120 Cost.». 
    2.- I ricorsi vertono sulle medesime disposizioni  ed  e'  quindi
opportuna la riunione dei relativi giudizi ai fini di  una  decisione
congiunta. 
    3.- La lettera a) dell'art. 1, comma 552, della legge n. 190  del
2014 integra l'art. 57, comma 2, del decreto-legge 9  febbraio  2012,
n. 5  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  semplificazione  e  di
sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 4 aprile 2012, n. 35, ampliando i  casi  in  cui  compete  allo
Stato,  d'intesa  con   la   Regione   interessata,   rilasciare   le
autorizzazioni, incluse quelle previste dall'art. 1, comma 56,  della
legge 23 agosto  2004,  n.  239  (Riordino  del  settore  energetico,
nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di energia), per talune opere. 
    Nel testo originario, l'art. 57, comma 2, del d.l. n. 5 del  2012
limitava  la  competenza   statale   alle   infrastrutture   e   agli
insediamenti  strategici  nel  settore   petrolifero   indicati   dal
precedente comma 1. 
    La norma impugnata estende questo regime alle  «opere  necessarie
al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi  in
raffineria, alle opere  accessorie,  ai  terminali  costieri  e  alle
infrastrutture  portuali  strumentali  allo  sfruttamento  di  titoli
concessori, comprese quelle localizzate al  di  fuori  del  perimetro
delle concessioni di coltivazione». 
    La sola Regione Abruzzo deduce l'illegittimita' costituzionale di
tale norma perche' avrebbe disposto una chiamata in sussidiarieta'  a
favore dello Stato, in difetto dei requisiti  di  proporzionalita'  e
ragionevolezza, nell'ambito della materia dell'energia, affidata alla
potesta' legislativa concorrente. Sarebbero percio' violati gli artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    4.- La questione non e' fondata. 
    E' corretta la premessa da cui parte la ricorrente,  ovvero  che,
nell'ambito della competenza legislativa concorrente  in  materia  di
energia (sentenze n. 383  del  2005  e  n.  6  del  2004),  la  norma
impugnata attrae in sussidiarieta'  la  funzione  amministrativa,  al
contempo regolandola. 
    Al fine di scrutinare la legittimita'  costituzionale  di  questa
previsione,  e'  percio'  necessario  stabilire  se  «la  valutazione
dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione   di   funzioni
regionali da parte dello Stato  sia  proporzionata»  e  «non  risulti
affetta da irragionevolezza» (sentenza n. 303 del  2003),  posto  che
l'ulteriore  condizione,   relativa   all'intesa   con   la   Regione
interessata, e' pacificamente osservata. 
    La ricorrente si limita a dedurre che difetta di proporzionalita'
la  scelta  di  uniformare,  nel  senso  indicato,  il  regime  degli
stabilimenti, dei depositi e degli impianti a  quello  di  «qualunque
opera» che «ricada "al di fuori del perimetro delle concessioni"»,  e
la censura e' priva di fondamento. Deve infatti riconoscersi  che  la
norma impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dalla  ricorrente,
istituisce un rapporto di strumentalita' tra le opere che individua e
quelle gia' qualificate come  strategiche,  rispetto  alle  quali  le
prime si pongono in funzione servente, ne' si puo' dire che la scelta
del  legislatore  statale  sia  stata  arbitraria,  o  che  la   sola
circostanza che le opere in questione possono ricadere  al  di  fuori
delle aree oggetto di concessione sia determinante per  escludere  la
priorita' dell'interesse  statale  all'accentramento  della  funzione
amministrativa. 
    Se quest'ultimo  si  giustifica  per  determinate  attivita'  che
costituiscono il fulcro dell'indirizzo politico in tema  di  energia,
non puo' considerarsi irragionevole o sproporzionata la decisione  di
adottare  un  analogo  accentramento  per  quanto  rispetto  a   tali
attivita' costituisce un indispensabile presupposto. 
    Lo scopo unitario, enunciato dall'art. 57, comma 1, del d.l. n. 5
del 2012, di migliorare l'efficienza e la competitivita' nel  settore
petrolifero potrebbe infatti venire compromesso se  il  frazionamento
delle competenze, in base a  un  interesse  localizzato,  ostacolasse
l'efficacia  dei  procedimenti  amministrativi  relativi   ad   opere
"necessarie" e "strumentali" rispetto ad altre di  natura  strategica
nazionale. 
    5.- Tutte le ricorrenti impugnano anche la lettera  b)  dell'art.
1, comma 552, della legge  n.  190  del  2014.  Questa  disposizione,
inserendo un comma 3-bis nel corpo dell'art. 57 del  d.l.  n.  5  del
2012, regola l'ipotesi in cui l'intesa tra Stato e Regione,  prevista
dal comma 2, non sia raggiunta, e a tal fine rinvia alle modalita' di
superamento dello stallo indicate dall'art.  1,  comma  8-bis,  della
legge n. 239 del 2004, e dall'art. 14-quater, comma 3, della legge  7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). 
    E' palese  il  coordinamento  tra  le  disposizioni  oggetto  del
rinvio. 
    L'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 disciplina gli
effetti  di  «condotte  meramente   passive   delle   amministrazioni
regionali, concretanti esse stesse ipotesi di mancata collaborazione»
(sentenza n. 239 del 2013), mentre l'art. 14-quater, comma  3,  della
legge n. 241 del 1990 trova applicazione quando la Regione non si  e'
sottratta  alle  trattative  ma  l'intesa  ugualmente  non  e'  stata
raggiunta, a causa di un motivato dissenso. 
    Le Regioni  Abruzzo  e  Campania  censurano  la  norma  impugnata
limitatamente al rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della legge  n.  239
del 2004, mentre le Regioni  Marche  e  Puglia  contestano  anche  la
legittimita' costituzionale del rinvio all'art. 14-quater,  comma  3,
della legge n. 241 del 1990. 
    In entrambi i  casi,  secondo  le  ricorrenti,  le  modalita'  di
superamento della mancata  intesa  la  degraderebbero  da  "forte"  a
"debole", ledendo l'autonomia regionale garantita  dagli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo comma, Cost., e, per le Regioni  Abruzzo  e
Campania, il principio di leale collaborazione. 
    6.- L'art. 1, comma 241, della legge 28  dicembre  2015,  n.  208
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato -  legge  di  stabilita'  2016)  ha  abrogato  il  rinvio
all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004, disposto  dalla
norma impugnata, con un risultato  evidentemente  satisfattivo  delle
pretese regionali. 
    Le Regioni Marche e Puglia, al contrario della  Regione  Abruzzo,
chiedono pero' a questa Corte di verificare  se,  medio  tempore,  la
norma ha avuto applicazione, cosa che, se fosse avvenuta, impedirebbe
di ritenere cessata la materia del contendere (ex plurimis,  sentenza
n. 8 del 2015). 
    La richiesta e' priva di fondamento. 
    E' infatti da considerare che la  natura  e  il  contenuto  della
norma impugnata non  costituiscono  in  alcun  modo  indice  certo  o
probabile di una sua applicazione durante il  solo  anno  in  cui  la
stessa e' rimasta in vigore, anche perche' tale norma  disciplina  un
caso residuale, quello nel quale lo Stato e  la  Regione  interessata
non hanno raggiunto un'intesa. E' da aggiungere che questa  evenienza
non esula dalla sfera cognitiva  della  Regione  ma  anzi  vi  ricade
interamente. 
    Percio' le Regioni Marche e  Puglia,  al  fine  di  ottenere  una
pronuncia sul merito della questione (che  sembrano  preferire),  ben
avrebbero potuto indicare a questa Corte, se fossero esistiti, i casi
nei quali la norma aveva trovato applicazione. Il non  averlo  fatto,
in  presenza  di  una  condizione  negativa,  quale  e'  la   mancata
applicazione della norma impugnata (limitatamente al rinvio  all'art.
1, comma 8-bis, della legge  n.  239  del  2004),  e  in  difetto  di
elementi probatori in senso contrario, non  puo'  non  implicare  una
pronuncia di cessazione della materia del contendere. 
    7.- Le Regioni Marche e Puglia impugnano la lettera b)  dell'art.
1, comma 552, della legge n. 190 del 2014 anche nella  parte  in  cui
essa rinvia all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. 
    La questione non e' fondata. 
    L'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990, nel testo
allora vigente, e' stato oggetto di dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale (sentenza n. 179 del 2012),  perche'  permetteva  allo
Stato di superare il  mancato  raggiungimento  di  un'intesa  con  la
Regione,  nell'ambito  della  conferenza  di   servizi,   alla   sola
condizione che fossero trascorsi trenta giorni e  che  alla  delibera
del Consiglio dei ministri partecipasse il Presidente  della  Regione
interessata. 
    In seguito la disposizione e' stata riformulata,  da  ultimo  con
l'art. 25 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti
per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,
la  digitalizzazione  del  Paese,  la  semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 11 novembre 2014,  n.  164,  e  prevede  che  il
motivato dissenso regionale comporti l'indizione di una riunione  che
puo' articolarsi lungo tre fasi. Nella prima, che si avvia  entro  30
giorni dalla rimessione della questione al Consiglio dei ministri, le
parti formulano specifiche indicazioni  per  raggiungere  l'intesa  e
vengono motivate le ragioni del  contrasto.  Entro  i  successivi  30
giorni e' indetta una seconda riunione «per concordare interventi  di
mediazione», ed e' infine previsto un termine conclusivo di 30 giorni
per svolgere ulteriori trattative «finalizzate a risolvere e comunque
a individuare i punti di dissenso». Solo in seguito, ove l'intesa non
sia  raggiunta,  il  Consiglio   dei   ministri   delibera   con   la
partecipazione del Presidente della Regione interessata. 
    Il meccanismo cosi' descritto individua  «"idonee  procedure  per
consentire reiterate trattative volte  a  superare  le  divergenze"»,
come questa Corte ha in piu' occasioni richiesto (sentenze n. 179 del
2012, n. 33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007 e  n.  339  del
2005); esso, infatti, impegna le parti secondo il modulo della  leale
collaborazione  nella  conduzione  delle  trattative,   esigendo   un
motivato confronto sulle ragioni del reciproco dissenso, e, alla luce
di questo, una progressiva contrazione della distanza che le  separa.
L'obbligo di formulare specifiche proposte di mediazione  corrisponde
all'obbligo dell'altra parte di  prenderle  in  considerazione  e  di
indicare  le  ragioni  che  ostano  a  un  loro  accoglimento.  Nella
progressione delle trattative la leale collaborazione, precludendo un
ostinato rifiuto di soluzioni di compromesso, e' diretta  a  definire
il contenuto  della  decisione  in  termini  maggiormente  condivisi.
Risultato  cui  in   qualche   misura   dovrebbe   pervenirsi   anche
nell'ipotesi ultima che l'intesa non sia raggiunta e lo  Stato  debba
percio' assumere la determinazione finale,  che  puo'  pero'  basarsi
sugli eventuali punti di contatto emersi nel corso delle trattative e
sui quali un parziale consenso puo' reputarsi conseguito. 
    Il «prevalere della  volonta'  di  uno  dei  soggetti  coinvolti»
(sentenza n. 1 del 2016) puo' infatti rendersi necessario per vincere
un blocco procedimentale, ma, nella fattispecie  descritta  dall'art.
14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990, tale  evenienza  non
comporta una drastica "decisione  unilaterale"  di  una  delle  parti
(sentenza n. 383  del  2005),  posto  che  la  leale  collaborazione,
spiegatasi lungo un apprezzabile arco di tempo, contribuisce in linea
di  principio  ad  intestare  all'altra  almeno  un  segmento   della
fattispecie, pur quando persiste il dissenso sull'atto finale. 
    Non mancano poi alla Regione strumenti di reazione, anche innanzi
a questa Corte, ove essa si reputi lesa nelle  sue  attribuzioni,  in
ragione, eventualmente, della mancata collaborazione  prestata  dallo
Stato,  secondo  ipotesi  «di  fatto,   frutto   di   una   patologia
costituzionale,  sempre  suscettibili  di  controllo  e  di  rimedio»
(sentenza n. 408 del 1998). 
    Le forme di gestione  delle  trattative  finalizzate  all'intesa,
disciplinate dall'art. 14-quater, comma 3, della  legge  n.  241  del
1990 con riguardo alla conferenza di  servizi,  si  rivelano  percio'
soddisfacenti anche per le ipotesi in cui la Costituzione  impone  il
raggiungimento di un'intesa "forte" tra Stato e Regioni. 
    Ne consegue che la  norma  impugnata,  richiamando  modalita'  di
superamento del dissenso non difformi  dai  parametri  costituzionali
indicati, si sottrae a propria volta a censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di  legittimita'  costituzionale  promosse  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara cessata la materia del contendere in  relazione  alla
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  552,
lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2015), limitatamente al rinvio all'art.  1,  comma  8-bis,
della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore  energetico,
nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di energia), promossa  dalle  Regioni  Abruzzo,  Campania,
Marche e Puglia, in riferimento agli artt. 117, terzo comma,  e  118,
primo comma, della Costituzione e,  quanto  alle  Regioni  Abruzzo  e
Campania, anche al principio di leale collaborazione, con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 552, lettera a), della legge n. 190
del 2014, promossa dalla Regione Abruzzo, in riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche' ai  principi  di
leale  collaborazione,  ragionevolezza  e  proporzionalita',  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 552, lettera b), della legge n. 190
del 2014, limitatamente al rinvio all'art. 14-quater, comma 3,  della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
promossa dalle Regioni Marche e Puglia,  in  riferimento  agli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., con i  ricorsi  indicati
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA