N. 173 SENTENZA 5 - 13 luglio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza - Trattamenti corrisposti da  enti  gestori  di  forme  di
  previdenza obbligatoria complessivamente superiore da quattordici a
  trenta volte il trattamento minimo INPS  -  Assoggettamento  ad  un
  contributo di solidarieta' a decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un
  periodo di tre anni - Misura  della  rivalutazione  automatica  dei
  trattamenti pensionistici - Contributo di solidarieta' sui  redditi
  oltre il limite di trecentomila euro. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge  di  stabilita'
  2014), art. 1, commi 483, 486, 487 e 590. 
-   
(GU n.29 del 20-7-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
483,  486,  487  e  590,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.   147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2014),  promossi  dalla  Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione Veneto,  con  ordinanza
del 16 febbraio 2015, dalla Corte dei conti, sezione  giurisdizionale
per la Regione Campania, con ordinanza del 23 marzo 2015, dalla Corte
dei conti, sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Calabria,  con
ordinanze dell'11 febbraio e 16 marzo 2015, dalla  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale per la Regione Umbria, con ordinanza  del  22
aprile 2015 e dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione   Campania,   con   ordinanza   del   23   settembre    2015,
rispettivamente iscritte ai nn. 65, 91,  109,  119,  163  e  340  del
registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica nn. 17, 21, 24, 25 e 35, prima serie  speciale,  dell'anno
2015 e n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di  B.M.  ed  altri,  di  A.A.  ed
altro, di S.S., di  G.D.,  di  S.M.A.,  di  M.C.S.  ed  altri,  fuori
termine, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale  (INPS),  e
gli atti di intervento di P.F. ed altri e di P.V., fuori  termine,  e
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2016 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Giovanni C. Sciacca per G. D.,  per  S.M.A.  e
per P.F. ed altri, Vincenzo Petrocelli  per  P.V.,Vittorio  Angiolini
per B. M. ed altri, Federico Sorrentino per A.  A.  ed  altro,  Luigi
Adinolfi per S. S., Filippo Mangiapane  per  l'INPS  e  gli  avvocati
dello Stato Federico Basilica e Gabriella Palmieri per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Per contrasto con i parametri di cui agli artt. 2, 3, 4,  35,
36,  38,  53,  81,  97  e  136,  della   Costituzione,   non   sempre
congiuntamente evocati, le sezioni giurisdizionali  della  Corte  dei
conti per la Regione Veneto (r.o. n. 65 del  2015),  per  la  Regione
Umbria (r.o. n. 163 del 2015), per la Regione Campania (r.o. n. 91  e
n. 340 del 2015) e per la Regione Calabria (r.o. n. 109 e n. 119  del
2015) - chiamate a pronunciarsi su altrettanti ricorsi di (singoli  o
piu') titolari di pensioni a (totale o parziale) carico  dello  Stato
(di importo superiore  a  quattordici  volte  il  trattamento  minimo
INPS), i quali chiedevano che il loro trattamento non fosse decurtato
del contributo di solidarieta' introdotto, per il triennio 2014-2016,
dal comma 486 dell'art. 1  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita'  2014)  -  hanno  tutte  sollevato,
premessane la rilevanza, questioni  di  legittimita'  costituzionale,
variamente articolate ed argomentate, della disposizione  di  cui  al
predetto comma 486 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013. 
    2.-  La  disposizione  cosi'  denunciata  prevede,  appunto,   un
«contributo di solidarieta'» per il triennio 2014-2016,  su  tutti  i
trattamenti pensionistici obbligatori  eccedenti  determinati  limiti
stabiliti in relazione al trattamento minimo INPS: ossia  del  6  per
cento sugli importi lordi  annui  superiori  da  14  a  20  volte  il
trattamento minimo INPS annuo; del 12 per cento sulla parte eccedente
l'importo lordo annuo di 20 volte il trattamento minimo INPS annuo; e
del 18 per cento sugli importi  superiori  a  30  volte  il  suddetto
trattamento minimo, con acquisizione  delle  somme  trattenute  dalle
competenti gestioni previdenziali  obbligatorie,  anche  al  fine  di
concorrere al finanziamento degli interventi  di  cui  al  comma  191
dell'art.  1  della  stessa  legge  n.  147  del  2013   (ossia,   al
finanziamento   concernente   gli    interventi    di    salvaguardia
pensionistica in favore dei lavoratori cosidetti "esodati"). 
    2.1.- Secondo i giudici contabili delle  sezioni  giurisdizionali
per  la  Calabria  e  per  l'Umbria,  la  su  riferita   disposizione
contrasterebbe, in primo luogo, con l'art.  136  Cost.,  violando  il
giudicato costituzionale di cui alla sentenza di questa Corte n.  116
del 2013,  in  quanto  ripropositiva  di  una  norma  sostanzialmente
identica a quella (art. 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6  luglio
2011, n. 98 recante: "Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria"), convertito, con modificazioni, dalla legge  15  luglio
2011,  n.  111,  dichiarata  costituzionalmente   illegittima   dalla
suddetta  sentenza,  destinata,  infatti,  agli  stessi   destinatari
(pensionati) ed avente un identico  oggetto,  e  cioe'  «un  prelievo
coattivo  articolato  su  diverse  fasce  del  reddito  derivante  da
pensione». 
    2.2.- Tutti i rimettenti denunciano,  poi,  la  violazione  degli
artt.  3  e  53  Cost.,  stante  la  natura  di  prelievo  di  natura
tributaria, «al di la' del nomen iuris utilizzato»  da  ascrivere  al
contributo  di  solidarieta',  risultandone  i   relativi   requisiti
(prestazione doverosa; imposizione per legge in assenza  di  rapporto
sinallagmatico tra le  parti;  destinazione  al  finanziamento  della
spesa  pubblica;  correlazione  ad  un   presupposto   economicamente
rilevante, che rappresenta indice di capacita' contributiva) in forza
di ragioni analoghe a quelle espresse dalla sentenza n. 116 del  2013
in relazione al contributo di perequazione di cui al menzionato  art.
18, comma 22-bis, del d.l. n. 98 del 2011. 
    2.3.- La sezione giurisdizionale per la Calabria, in  riferimento
ai parametri di cui agli artt. 2, 3,  36,  38  e  53  (congiuntamente
evocati), addebita inoltre alla disposizione in esame di incidere  su
una ristretta platea di destinatari, per concorrere al raggiungimento
di obbiettivi previdenziali, assistenziali e  sociali,  di  contenuto
alquanto vago ed indifferenziato, cosi'  da  sottrarre  la  categoria
colpita «a quella maggiore tutela  sociale,  giuridica  ed  economica
assicurata  nel  sistema  previdenziale   vigente»,   tenuto   conto,
altresi', della natura  di  retribuzione  differita  della  pensione,
assimilata  ai  redditi  di  lavoro   dipendente,   anche   ai   fini
dell'applicazione dell'IRPEF. 
    2.4.- A loro volta, la sezione giurisdizionale per il Veneto,  in
riferimento agli artt. 2, 3 e 36, la sezione giurisdizionale  per  la
Calabria, in riferimento agli artt. 3, 4, 35,  36,  38  e  53,  e  la
sezione giurisdizionale per l'Umbria, in riferimento agli artt. 2, 3,
36 e 38 Cost., sospettano, sotto vari profili, violati  il  principio
di ragionevolezza ed il principio del legittimo affidamento in quanto
il contributo in questione inciderebbe autoritativamente sul  reddito
da pensione gia' maturato  ex  lege,  senza,  per  un  verso,  essere
«finalizzato         all'effettuazione         di         prestazioni
previdenziali/assistenziali puntualmente individuate»  e,  per  altro
verso, venendo al tempo stesso «acquisito indistintamente da ciascuna
delle diverse gestioni previdenziali  obbligatorie  indipendentemente
da  ogni  riferimento  alle  dinamiche   dei   rispettivi   equilibri
finanziari, e dunque anche da quelle che risultano in una  situazione
di  equilibrio  o  addirittura  di  avanzo»,  cosi  da   venir   meno
«qualsivoglia logica di correlazione tra an e quantum del  contributo
(compreso  il  suo  orizzonte  temporale   triennale)   e   dinamiche
finanziarie/prestazionali complessive del sistema previdenziale». 
    2.5.- Nella mancata indicazione de "i  criteri"  di  destinazione
delle somme trattenute con il prelievo la sezione giurisdizionale per
la Calabria ravvisa un ulteriore profilo di violazione degli artt. 81
e 97 Cost.;  profilo,  questo,  condiviso  anche  dal  giudice  delle
pensioni per la Campania ma in riferimento al solo art. 97 Cost. 
    2.6.- Infine, con l'ordinanza di rimessione iscritta al  r.o.  n.
109 del 2015, si prospetta il contrasto del comma 486  in  esame  con
l'art. 3 Cost., sul presupposto che  il  contributo  potrebbe  essere
diversamente  disciplinato  nel  quantum  dalle  Regioni  a   statuto
speciale, come e' accaduto nel caso della Regione siciliana,  che  ha
adottato  apposita  previsione  legislativa  (art.  22  della   legge
regionale 12 agosto 2014, n. 21, recante «Assestamento  del  bilancio
della Regione per l'anno finanziario 2014. Variazioni al bilancio  di
previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2014 e modifiche
alla  legge  regionale  28   gennaio   2014,   n.   5   "Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2014.  Legge  di  stabilita'
regionale". Disposizioni varie) e cio' in antitesi  rispetto  al  suo
carattere perequativo finalizzato a rimpinguare  il  fondo  nazionale
INPS destinato agli esodati, in quanto diversificherebbe tra  loro  i
medesimi soggetti  passivi  del  contributo  sulla  base  della  loro
residenza territoriale. 
    3.- La sezione giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  per  la
Regione Calabria, con le  due  su  citate  ordinanze  di  rimessione,
denuncia l'art. 1 della legge n. 147 del 2013 in relazione  anche  ai
commi 483 (sulla  cosiddetta  perequazione  automatica),  487  (sulle
corrispondenti  misure  di  contenimento,  di  pensioni  e  vitalizi,
adottati dagli organi costituzionali, Regioni e Province autonome  di
Trento  e  di  Bolzano)  e  590  (sul  rapporto  tra  contributo   di
solidarieta' ex comma 486, e contributo sui redditi superiori ad euro
300.000,00 di cui all'art. 2, comma 2, del  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138, convertito della  legge  14  settembre  2011,  n.  148,
recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione  finanziaria
e per lo sviluppo»). 
    3.1.- Il comma 483 violerebbe, secondo la rimettente, gli artt. 3
e 53  Cost.  dissimulando  «l'introduzione  di  una  misura  volta  a
realizzare un introito per  l'Erario  sotto  forma  di  un  risparmio
realizzato forzosamente mediante la compressione di un diritto (quale
quello all'adeguamento dei trattamenti) attribuito in via tendenziale
ai pensionati»; gli artt. 36 e 38, introducendo in via definitiva una
misura  peggiorativa  del  trattamento  pensionistico  in  precedenza
spettante «con  la  conseguente,  irrimediabile  vanificazione  delle
aspettative  legittimamente  nutrite  dal  lavoratore  per  il  tempo
successivo alla cessazione  della  propria  attivita'»;  l'art.  117,
primo comma, Cost., e, per il suo tramite, la Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la
legge 4 agosto  1955,  n.  848,  come  interpretata  dalla  Corte  di
Strasburgo, e, segnatamente, «con il  principio  della  certezza  del
diritto come patrimonio comune di tradizioni degli Stati  contraenti,
che sopporta eccezioni solo se  giustificate  dal  sopraggiungere  di
rilevanti circostanze di ordine sostanziale», oltre  che  «con  altri
diritti  garantiti  dalla  Carta:  il  diritto  dell'individuo   alla
liberta'  e  alla   sicurezza   (art.   6),   il   diritto   di   non
discriminazione, che include anche quella  fondata  sul  "patrimonio"
(art. 21), il diritto degli anziani, di condurre una vita dignitosa e
indipendente (art. 25), il diritto alla protezione della famiglia sul
piano giuridico, economico e sociale (art. 33), il diritto di accesso
alle prestazioni di sicurezza sociale  e  ai  servizi  sociali  (art.
34)». 
    3.2.- Il comma 487 e' denunciato «in  raffronto»  al  comma  486,
deducendosi che non essendo il comma 487  finalizzato  ad  interventi
sul sistema previdenziale (posto che i risparmi di spesa confluiscono
«al Fondo di cui al comma 48»), pur facendo applicazione dei principi
di cui al comma 486, introdurrebbe  «un  ulteriore  elemento  di  non
chiarezza  negli  interventi  normativi  e   di   diseguaglianza   di
trattamento riservato a categorie distinte di pensionati». 
    3.3.- Con gli artt. 3 e  53  Cost.,  contrasterebbe,  infine,  il
comma 590, in quanto prevede che ai fini del raggiungimento del tetto
di euro 300.000,00 (oltre il quale il contributo di  solidarieta'  e'
pari al 3 per cento), si debba  tener  conto  anche  dei  trattamenti
pensionistici percepiti, sui quali, pero',  il  contributo  e'  nella
misura molto maggiore del 18 per cento stabilito dal precedente comma
486. 
    4.- Si sono costituite innanzi  a  questa  Corte  numerose  parti
ricorrenti nei giudizi  a  quibus.  In  particolare:  M.B.  ed  altri
cinque; S.S.; D.G., A.S.M., nei  giudizi  relativi,  rispettivamente,
alle ordinanze di rimessione, iscritte al r.o. n. 65, n. 91, n. 109 e
n. 119 del 2015. 
    4.1.- Altri sedici ricorrenti si sono costituiti tardivamente nel
giudizio relativo all'ordinanza n. 163 del 2015. 
    4.2.- F.P. ed altri trentadue e, con separato tardivo atto, V.P.,
sono intervenuti ad adiuvandum nel giudizio  relativo  all'ordinanza,
di rimessione iscritta al r.o. n. 109 del 2015. 
    4.3.-  Tutte   le   parti   ricorrenti   hanno   svolto   diffuse
argomentazioni a sostegno della fondatezza delle questioni  sollevate
nei rispettivi processi di merito. 
    4.4.- Nei giudizi di cui al r.o. n. 109 del 2015  e  n.  119  del
2015, le parti private, gia' costituite nel presente giudizio,  hanno
depositato (separate) memorie, ribadendo le ragioni di illegittimita'
delle norme censurate gia' sviluppate inizialmente, sottolineando, in
particolare, come  queste  colpiscano,  in  modo  indiscriminato,  le
pensioni di importo piu' elevato «derivanti  da  effettiva  attivita'
lavorativa e da piena corresponsione dei contributi». 
    5.-  Nei  giudizi  relativi  alle  sei  indicate   ordinanze   di
rimessione, si e' costituito, anche l'INPS,  che  ha  successivamente
depositato altrettante memorie. 
    La   difesa    dell'Istituto    ha    preliminarmente    eccepito
l'inammissibilita' per irrilevanza delle questioni  (sollevate  dalla
sola sezione giurisdizionale per la Calabria) relative ai commi  483,
487 e 590 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013. 
    Ha  eccepito,  altresi',   l'inammissibilita'   della   questione
concernente il comma 486, dello  stesso  articolo,  per  «carenza  di
motivazione  sulla  rilevanza  e  mancato  esperimento  del  doveroso
tentativo di ricercare un'interpretazione adeguatrice»,  nei  giudizi
di cui al r.o. n. 65 del 2015  e  n.  91  del  2015;  e  per  difetto
assoluto di motivazione sulla giurisdizione nel giudizio  di  cui  al
r.o. n. 340 del 2015. Nel merito, ha contestato la fondatezza di ogni
questione  relativa  al  "contributo   di   solidarieta'",   di   cui
all'impugnato comma 486 dell'art. 1 della  legge  n.  147  del  2013,
sottolineandone innanzitutto la  innegabile  diversita'  rispetto  al
"contributo di perequazione" caducato dalla sentenza di questa  Corte
n. 116 del 2013, e sottolineandone la natura non tributaria. 
    Destituita di fondamento sarebbe, altresi', a suo avviso, la tesi
per cui i proventi del prelievo non sarebbero destinati  a  finalita'
solidaristiche. 
    Nella specie  sarebbe,  quindi,  evocabile,  in  coerenza  con  i
principi  solidaristici,  la  giurisprudenza  costituzionale  che  ha
dichiarato non fondate le questioni di legittimita' relative all'art.
37 della  legge  23  dicembre  1999,  n.  488  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  Legge
finanziaria 2000): ordinanze n. 160 del 2007 e n. 22 del 2003, atteso
anche che interventi peggiorativi sui trattamenti  di  pensione,  ove
non irrazionali e non lesivi "in modo eccessivo" dell'affidamento del
cittadino (come  nel  caso  in  esame),  non  sarebbero  preclusi  al
legislatore. 
    6.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  e'  intervenuto  in
tutti i giudizi di che trattasi. 
    Anche  la  difesa   dello   Stato   ha   eccepito,   in   limine,
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del
comma 486, sollevata, a suo avviso,  dai  rimettenti  senza  adeguata
motivazione sulla rilevanza, con passivo recepimento delle  deduzioni
dei ricorrenti in ordine alla sua non manifesta infondatezza e  senza
previo esperimento di una possibile interpretazione adeguatrice. 
    Nel merito, l'Avvocatura generale sostiene, tra l'altro,  che  il
contributo in discussione non avrebbe natura tributaria,  prevedendo,
invece, in via eccezionale «una forma di  riequilibrio  "transitoria"
(giacche' limitata a tre anni dal 1° gennaio 2014), dell'importo  dei
trattamenti all'interno dello stesso sistema pensionistico, in quanto
le somme prelevate dai soggetti incisi, vengono anche acquisite dalle
competenti gestioni previdenziali obbligatorie e non  sono  destinate
alla fiscalita' generale». 
    Cio' anche in aderenza al principio per cui  al  legislatore  non
sarebbe interdetto di  emanare  disposizioni  modificative  in  senso
sfavorevole della disciplina sui rapporti di  durata,  ove  esse  non
incidano arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere
da leggi precedenti, come per il caso regolato dal  denunciato  comma
486 che, incidendo sulle cosiddette "pensioni  d'oro",  introdurrebbe
una disposizione non irragionevole  e  rispettosa  del  principio  di
solidarieta'. 
    Non sarebbe, inoltre, violato l'art. 36 Cost., trattandosi di  un
prelievo contenuto non  tale  da  far  mancare  ai  pensionati  mezzi
adeguati alle loro  esigenze  di  vita;  e  parimenti  non  vulnerato
sarebbe  il   principio   di   affidamento,   per   l'incidenza   non
sproporzionata,   appunto,    del    contributo    sul    trattamento
pensionistico, non insuscettibile di subire gli effetti di discipline
piu' restrittive introdotte da leggi sopravvenute non irragionevoli. 
    Sotto il profilo previdenziale, sussisterebbero, per di piu', nel
caso in esame, ragioni specifiche «che differenziano la posizione dei
pensionati soggetti  al  contributo  rispetto  alla  generalita'  dei
cittadini e degli altri lavoratori e pensionati», giacche'  i  primi,
stante   l'alto   livello   pensionistico    conseguito,    avrebbero
«evidentemente beneficiato di una costante presenza nel  mercato  del
lavoro e della mancanza di qualsivoglia tetto contributivo». 
    Del resto, in situazioni particolari, in cui vi e' necessita'  di
salvaguardare  l'equilibrio  della  finanza  pubblica,   l'intervento
legislativo di cui alla disposizione  denunciata  sarebbe  rispettoso
dei  principi  costituzionali,  in  quanto   impone   un   sacrificio
eccezionale, transeunte, non  arbitrario  e  rispondente  allo  scopo
prefisso. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sottolineato, infine,
l'impatto economico che  avrebbe  l'eliminazione  del  contributo  in
questione, sostenendo che di tale effetto occorrerebbe tenere  conto,
segnatamente a seguito  della  riforma  costituzionale  recata  dalla
legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio
del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta  costituzionale),  che   ha
riscritto l'art. 81 Cost., prevedendo il principio dell'equilibrio di
bilancio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le sei ordinanze di rimessione, del cui contenuto  si  e'
gia'  piu'  ampiamente  detto  nel  Ritenuto  in  fatto,  le  sezioni
giurisdizionali della Corte dei conti per la Regione Veneto,  per  la
Regione  Umbria  e  (con   due   ordinanze   ciascuna)   le   sezioni
giurisdizionali per la Regione Campania e  per  la  Regione  Calabria
prospettano dubbi di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma
486, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2014), per contrasto, sotto vari profili, con gli artt. 2,
3, 4, 35, 36, 38, 53, 81, 97 e 136 della Costituzione. 
    1.1.- La sezione per  la  Regione  Calabria  estende  la  propria
denuncia anche ai commi 483, 487 e 590  dello  stesso  art.  1  della
legge n. 147 del 2013. 
    2.- I sei giudizi - nei quali si  sono  costituiti  sia  numerosi
ricorrenti nei processi a quibus sia il resistente Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale (INPS), ed e' intervenuto il Presidente  del
Consiglio dei ministri -  per  la  sostanziale  identita'  o  per  la
complementarieta', comunque, dei quesiti formulati, possono  riunirsi
per essere unitariamente decisi. 
    3.- Preliminarmente, va  confermata  l'ordinanza  dibattimentale,
che resta allegata alla presente sentenza, con la  quale  sono  stati
dichiarati  inammissibili  la  costituzione  tardiva  di  parti   nel
giudizio relativo alla ordinanza di rimessione  n.  163  del  2015  e
l'intervento  "adesivo"  di  altri  soggetti  nel  giudizio  relativo
all'ordinanza n. 109 del 2015. 
    4.- Sia l'INPS che il Presidente del Consiglio dei ministri hanno
spiegato, tramite le proprie difese, un ampio ventaglio di  eccezioni
di inammissibilita' che, in quanto ostative, in tesi, all'ingresso al
merito delle questioni sollevate, vanno esaminate  con  carattere  di
priorita'. 
    4.1.-  Sono  fondate  le  eccezioni  (formulate   dall'INPS)   di
inammissibilita' per irrilevanza  delle  questioni  (sollevate  dalla
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Calabria  nelle  due  sue
ordinanze di  rimessione)  aventi  ad  oggetto  i  commi  487  e  590
dell'art. 1 della legge scrutinata. 
    Entrambe tali disposizioni non vengono, infatti, in  applicazione
nei giudizi a quibus, posto che la prima  (comma  487)  riguarda  gli
organi  costituzionali,  le  Regioni   e   Province   autonome   (con
particolare riferimento ai vitalizi), e non comunque i  pensionati  a
carico dello Stato; e la seconda (comma 590) attiene al contributo di
solidarieta' sui redditi e non sulle pensioni e, inoltre,  in  nessun
caso si afferma da quel giudice a quo che i ricorrenti siano titolari
di redditi oltre i trecentomila euro. 
    4.2.- Non fondata e', viceversa, l'eccezione di  inammissibilita'
della questione relativa al comma 483 della legge medesima, formulata
dall'istituto resistente sul presupposto che al  riguardo  «tutte  le
censure sollevate sono gia' state scrutinate da Codesta  Corte  nella
sentenza 70 del 2015». 
    Si tratta, infatti, di eccezione che non attiene al profilo della
inammissibilita', sebbene al proprium del merito (vedi sub. punto 6). 
    4.3.- Non fondate sono, altresi', le eccezioni, sia dell'istituto
resistente che della difesa dello Stato, con le quali - relativamente
alle  questioni  che  investono  il   comma   486   -   si   deducono
l'insufficiente motivazione sulla rilevanza, la critica adesione alla
prospettazione delle parti nei giudizi a  quibus  e  l'omissione  del
doveroso  previo  tentativo  di  interpretazione   costituzionalmente
orientata della predetta disposizione. 
    Tutte le ordinanze di rimessione motivano adeguatamente, infatti,
sulla rilevanza; assumono una propria autonoma posizione sui dubbi di
costituzionalita' prospettati  dalle  parti  ed  escludono  che,  per
l'univocita' del dato  normativo,  si  possa  pervenire  ad  una  sua
esegesi "adeguatrice" (che, in tesi  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato e della difesa dell'INPS, dovrebbe  peraltro,  condurre  ad  un
rigetto e non all'inammissibilita', delle questioni in esame). 
    4.4.- Del pari non fondata e' l'eccezione dell'INPS  che  attiene
al difetto di motivazione sulla rilevanza in punto  di  giurisdizione
della Corte dei  conti,  ovvero  per  difetto  di  giurisdizione  nei
confronti di taluni (soltanto) ricorrenti, nei giudizi di cui a  r.o.
n. 65, n. 91 e n. 109 del 2015. 
    Nell'un   caso,   la   sussistenza   della    giurisdizione    e'
plausibilmente,   infatti,   motivata   in   ragione   della   natura
pensionistica  della  controversia;  e,  nell'altro,  il  difetto  di
giurisdizione rispetto a taluni ricorrenti soltanto (perche' titolari
di pensione non a carico dello  Stato)  non  elide  la  giurisdizione
della Corte dei conti  rispetto  agli  altri  ricorrenti  e,  quindi,
sussiste la rilevanza della questione. 
    5.-  Superano,  dunque,  il  vaglio  di  ammissibilita'  le  sole
questioni di legittimita' costituzionale concernenti i  commi  483  e
486 dell'art. 1 della legge 147 del 2013. 
    6.-  Il  comma  483  e'  denunciato  unicamente   dalla   sezione
giurisdizionale per la Calabria (r.o. n. 109 e n. 119 del 2015), «per
contrasto con gli articoli 3, 53, 36 e 38 della Costituzione, nonche'
con l'art. 117, primo comma, Cost. per violazione  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo (artt. 6, 21, 25, 33, 34),  come  anche
interpretata dalla Corte di Strasburgo». 
    6.1.-  La  disposizione   cosi'   sottoposta   a   scrutinio   di
costituzionalita'  riconosce,   per   il   triennio   2014-2016,   la
«rivalutazione automatica dei trattamenti  pensionistici»  in  misura
progressivamente  decrescente  dal  100   al   40   per   cento,   in
corrispondenza    all'importo    del    trattamento    pensionistico,
rispettivamente, superiore da tre a sei volte (per il solo anno 2014)
il trattamento minimo INPS. 
    6.2.- Secondo la rimettente tale disposizione sarebbe censurabile
per le medesime ragioni  (dissimulazione  di  un  ulteriore  prelievo
fiscale a carico dei soli pensionati) gia' poste a base di precedente
denuncia di illegittimita' costituzionale dell'analogo art. 24, comma
25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.
214. 
    6.3.- La questione - inammissibile in  riferimento  ai  parametri
europei, qui evocati dal  giudice  a  quo  in  assenza  di  qualsiasi
motivazione in ordine alla (solo) asserita loro violazione  (sentenze
n. 70 del 2015, n. 158 del 2011, ex plurimis) - e', nel  merito,  non
fondata. 
    E' pur vero, infatti,  che  la  limitazione  della  rivalutazione
monetaria dei trattamenti pensionistici, per il biennio 2012-2013, di
cui al citato art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del  2011  e'  stata
dichiarata costituzionalmente  illegittima  con  sentenza  di  questa
Corte n. 70 del 2015. 
    Ma questa stessa sentenza (al punto 7 del Considerato in  diritto
) ha  sottolineato  come  da  quella  norma  (prevedente  un  "blocco
integrale" della rivalutazione per le pensioni di importo superiore a
tre volte il minimo) si "differenzi" (non condividendone, quindi,  le
ragioni di incostituzionalita') l'art. 1, comma 483, della legge  147
del  2013,  il  quale  viceversa,  «ha  previsto,  per  il   triennio
2014-2016, una rimodulazione nell'applicazione della  percentuale  di
perequazione automatica sul complesso dei trattamenti  pensionistici,
secondo il meccanismo di cui all'art. 34, comma 1, della legge n. 448
del 1998, con l'azzeramento per le sole fasce di importo superiore  a
sei volte il trattamento minimo  INPS  e  per  il  solo  anno  2014»,
ispirandosi «a criteri  di  progressivita',  parametrati  sui  valori
costituzionali  della  proporzionalita'  e  della   adeguatezza   dei
trattamenti di quiescienza». 
    7.- Residua, da ultimo,  la  verifica  di  costituzionalita'  del
comma 486, su cui soprattutto si concentra l'interesse dei giudici  a
quibus. 
    7.1.-  Aggregate  per  profili  di  identita',  di  (anche   solo
parziale) sovrapposizione o,  comunque,  di  complementarieta'  -  ed
unitariamente quindi valutate - le plurime censure  rivolte,  con  le
sei ordinanze di rimessione, al  "contributo  di  solidarieta'",  che
l'impugnato comma 486 dell'art. 1 della legge n. 147 del  2013  pone,
per un triennio, a carico dei titolari di «trattamenti  pensionistici
corrisposti da enti gestori  di  forme  di  previdenza  obbligatorie»
complessivamente  superiori  da  quattordici  a   trenta   volte   il
trattamento  minimo  INPS,   innescano   altrettante   questioni   di
legittimita' costituzionale. 
    Le  quali,  coordinate  in  scala  di  logica  consequenzialita',
possono, a loro volta, cosi' riassumersi. 
    Se il "contributo di  solidarieta'"  qui  oggetto  di  scrutinio,
violi: 
    a) l'art. 136 Cost.,  in  ragione  della  sostanziale  «identita'
della fattispecie normativa prevista dal comma 486 rispetto a  quella
dell'art. 18, comma 22-bis, del D. L. 6 luglio  2011  n.  98,  a  suo
tempo dichiarato illegittimo dalla Corte», con la ricordata  sentenza
n. 116 del 2013 (cosi', in particolare, ordinanza  di  rimessione  n.
109 del 2015); 
    b) gli artt. 3 e 53 Cost.,  trattandosi,  al  di  la'  del  nomen
iuris, di un (mascherato) prelievo tributario, risolventesi - al pari
del cosiddetto contributo di perequazione di cui al citato  art.  18,
comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), come convertito - in «un
intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una
sola categoria di cittadini»; 
    c) gli artt. 3 e  (secondo  la  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Calabria) 81 e 97 Cost. (quest'ultimo parametro evocato anche
dalla  sezione  per  la  Regione  Campania),   poiche'   (ove   anche
configurato  come  prestazione  imposta  ai  fini   di   solidarieta'
endoprevidenziale) il contributo in questione  risulterebbe  comunque
connotato  dalla  «vaghezza  della  formulazione  legislativa   [che]
costituisce un indizio della sua irrazionalita' non essendo chiarito,
ad esempio, quali  siano  i  criteri  attraverso  i  quali  le  somme
derivanti dai contributi di solidarieta' saranno destinate ad aiutare
i titolari di pensioni piu' basse ma  con  quali  criteri  oppure  se
serviranno anche per fronteggiare i disavanzi della disoccupazione  e
della cassa integrazione INPS che sono per lo piu'  alimentati  dallo
Stato  ovvero,  ancora,  se  una   parte   del   ricavato   (peraltro
indeterminata e mai quantificata)  possa  essere  utilizzata  per  il
cosiddetto Fondo INPS per gli esodati»; 
    d) gli artt. 2, 3, 36 e 38 Cost., poiche' -  non  costituendo  il
prelievo de quo, un contributo di solidarieta' (per  superamento  dei
limiti intrinseci che dovrebbero connotare un  siffatto  contributo),
ne' una riduzione del trattamento di quiescenza  conseguente  ad  una
modifica normativa del sistema pensionistico - esso si configurerebbe
come una mera ablazione del trattamento di quiescenza dei  pensionati
incisi, in contrasto  con  i  principi  di  razionalita-solidarieta',
oltre che di adeguatezza pensionistica e della  proporzionalita'  con
l'attivita' lavorativa prestata ed i contributi  pagati,  risultando,
altresi', leso anche il "principio dell'affidamento", per non  essere
ragionevole la riduzione del trattamento pensionistico operata  nella
specie; 
    e) l'art.  3  (primo  comma)  Cost.,  in  ragione  della  diversa
disciplina del comma 486 rispetto  a  quella  -  piu'  favorevole  in
ordine al quantum del prelievo - introdotta dalla Regione Sicilia con
l'art. 22 della  legge  12  agosto  2014,  n.  21  (Assestamento  del
bilancio della Regione per l'anno  finanziario  2014.  Variazioni  al
bilancio di previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2014
e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5  "Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2014.  Legge  di  stabilita'
regionale". Disposizioni varie). 
    8.- Venendo allo scrutinio delle questioni cosi' elencate,  deve,
in primo luogo, escludersi  che  sussista  la  denunciata  violazione
dell'art. 136 Cost. 
    Il  "contributo  di  solidarieta'"  ora  in   contestazione   non
colpisce, infatti, le pensioni erogate negli anni (2011-2012), incise
dal precedente contributo perequativo, dichiarato  costituzionalmente
illegittimo in  ragione  della  sua  accertata  natura  tributaria  e
definitivamente, quindi, caducato (e conseguentemente  recuperato  da
quei pensionati) per effetto della sentenza di questa  Corte  n.  116
del 2013; colpisce, invece, sulla base di  differenti  presupposti  e
finalita', pensioni, di elevato importo, nel  successivo  periodo,  a
partire dal 2014. 
    E tanto esclude che la disposizione sub  comma  486  dell'art.  1
della legge n. 147 del 2013 sia elusiva del giudicato  costituzionale
(rappresentato  dalla  suddetta  sentenza),   atteso   appunto,   che
l'odierna disposizione non  disciplina  le  stesse  fattispecie  gia'
regolate dal precedente art. 18, comma 22-bis, del  d.l.  n.  98  del
2011, ne' surrettiziamente proroga gli effetti di quella  norma  dopo
la sua rimozione dall'ordinamento giuridico (vedi sentenza n. 245 del
2012). 
    Ragione per cui cio' che, a questo punto, resta da valutare e' se
la riproposizione, per il futuro, di una forma di  prelievo,  che  si
denuncia "analoga" a quella rimossa con la citata sentenza n. 116 del
2013, non violi, a sua volta, gli artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    9.- Neppure i suddetti parametri possono dirsi, pero',  vulnerati
dalla disposizione in esame. 
    E cio' per il motivo, assorbente, che il contributo, che ne forma
oggetto,  non  riveste  la  natura  di  imposta,  attribuitagli   dai
rimettenti  quale  presupposto  per  il  sollecitato   controllo   di
compatibilita' con il precetto (altrimenti  non  pertinente)  di  cui
all'art. 53, in relazione all'art. 3 Cost. 
    Il prelievo istituito dal comma 486 della norma impugnata non  e'
configurabile, infatti,  come  tributo  non  essendo  acquisito  allo
Stato, ne' destinato alla fiscalita' generale,  ed  essendo,  invece,
prelevato, in via diretta, dall'INPS e dagli altri enti previdenziali
coinvolti, i quali - anziche'  versarlo  all'Erario  in  qualita'  di
sostituti di imposta  -  lo  trattengono  all'interno  delle  proprie
gestioni, con specifiche finalita' solidaristiche endo-previdenziali,
anche per quanto  attiene  ai  trattamenti  dei  soggetti  cosiddetti
"esodati". 
    Si tratta, del resto, di una misura non strutturalmente dissimile
- come sottolineato dalla difesa dello Stato - da quella a suo  tempo
introdotta  dall'art.  37  della  legge  23  dicembre  1999,  n.  488
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  Legge  finanziaria  2000),  il  quale   analogamente
disponeva che «A decorrere dal 1° gennaio 2000 e per  un  periodo  di
tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti  da
enti gestori di forme  di  previdenza  obbligatorie  complessivamente
superiori al massimale annuo previsto dall'art. 2,  comma  18,  della
legge 8 agosto 1995, n. 335, e' dovuto,  sulla  parte  eccedente,  un
contributo di solidarieta' nella misura del 2 per cento [...]». 
    Norma, quest'ultima, che questa Corte  ebbe  a  ritenere  non  in
contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto «volta  a  realizzare
un  circuito  di  solidarieta'  interno  al  sistema   previdenziale»
(ordinanza n. 22 del 2003), e neppure contraria agli artt. 2, 36 e 38
Cost. (ordinanza n. 160 del 2007). 
    10.- Si e' dunque, nella  specie,  in  presenza  di  un  prelievo
inquadrabile nel genus delle  prestazioni  patrimoniali  imposte  per
legge, di cui all'art. 23 Cost., avente la finalita'  di  contribuire
agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178  del
2000; ordinanza n. 22 del 2003). 
    11.- Resta allora da verificare se il contributo di  solidarieta'
sulle pensioni piu' alte, come disciplinato dal censurato comma  486,
risponda a criteri  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',  tenendo
conto  dell'esigenza  di  bilanciare  la   garanzia   del   legittimo
affidamento   nella   sicurezza   giuridica    con    altri    valori
costituzionalmente rilevanti. 
    11.1.- In linea di principio, il contributo di solidarieta' sulle
pensioni puo' ritenersi  misura  consentita  al  legislatore  ove  la
stessa non ecceda i limiti entro i quali e' necessariamente costretta
in  forza  del  combinato   operare   dei   principi,   appunto,   di
ragionevolezza, di affidamento e della tutela previdenziale (artt.  3
e 38 Cost.), il cui rispetto e' oggetto di uno scrutinio "stretto" di
costituzionalita', che impone un grado di ragionevolezza  complessiva
ben piu' elevato di quello che, di norma, e' affidato  alla  mancanza
di arbitrarieta'. 
    In tale prospettiva, e' indispensabile che la legge  assicuri  il
rispetto  di  alcune  condizioni,  atte  a  configurare  l'intervento
ablativo  come   sicuramente   ragionevole,   non   imprevedibile   e
sostenibile. 
    Il contributo, dunque, deve operare all'interno  dell'ordinamento
previdenziale,  come  misura  di  solidarieta'  "forte",   mirata   a
puntellare il sistema pensionistico, e di sostegno  previdenziale  ai
piu' deboli, anche in  un'ottica  di  mutualita'  intergenerazionale,
siccome imposta da una situazione di grave crisi del sistema  stesso,
indotta da vari fattori - endogeni ed esogeni (il  piu'  delle  volte
tra loro intrecciati: crisi economica internazionale,  impatto  sulla
economia  nazionale,  disoccupazione,  mancata  alimentazione   della
previdenza, riforme strutturali  del  sistema  pensionistico)  -  che
devono  essere  oggetto  di  attenta  ponderazione   da   parte   del
legislatore,   in   modo   da   conferire    all'intervento    quella
incontestabile ragionevolezza, a fronte  della  quale  soltanto  puo'
consentirsi di derogare (in  termini  accettabili)  al  principio  di
affidamento in ordine al mantenimento del  trattamento  pensionistico
gia' maturato (sentenze n. 69 del 2014, n. 166 del 2012, n.  302  del
2010, n. 446 del 2002, ex plurimis). 
    L'effettivita'   delle   condizioni   di   crisi   del    sistema
previdenziale consente, appunto, di salvaguardare anche il  principio
dell'affidamento,  nella  misura  in  cui  il  prelievo  non  risulti
sganciato dalla realta' economico-sociale, di cui i pensionati stessi
sono partecipi e consapevoli. 
    Anche in un  contesto  siffatto,  un  contributo  sulle  pensioni
costituisce, pero', una misura del tutto eccezionale, nel  senso  che
non  puo'  essere  ripetitivo  e  tradursi  in   un   meccanismo   di
alimentazione del sistema di previdenza. 
    Il prelievo, per essere solidale e ragionevole, e non  infrangere
la garanzia  costituzionale  dell'art.  38  Cost.  (agganciata  anche
all'art. 36 Cost.,  ma  non  in  modo  indefettibile  e  strettamente
proporzionale: sentenza n. 116 del 2010),  non  puo',  altresi',  che
incidere  sulle  "pensioni  piu'  elevate";  parametro,  questo,   da
misurare  in  rapporto   al   "nucleo   essenziale"   di   protezione
previdenziale  assicurata  dalla  Costituzione,  ossia  la  "pensione
minima". 
    Inoltre, l'incidenza sulle pensioni  (ancorche')  "piu'  elevate"
deve essere contenuta in limiti  di  sostenibilita'  e  non  superare
livelli apprezzabili: per cui, le aliquote di  prelievo  non  possono
essere   eccessive   e   devono   rispettare    il    principio    di
proporzionalita',  che  e'  esso  stesso   criterio,   in   se',   di
ragionevolezza della misura. 
    In definitiva, il contributo di  solidarieta',  per  superare  lo
scrutinio "stretto" di costituzionalita',  e  palesarsi  dunque  come
misura  improntata  effettivamente  alla  solidarieta'  previdenziale
(artt. 2 e 38  Cost.),  deve:  operare  all'interno  del  complessivo
sistema della previdenza; essere imposto dalla  crisi  contingente  e
grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni piu' elevate  (in
rapporto   alle   pensioni   minime);   presentarsi   come   prelievo
sostenibile; rispettare  il  principio  di  proporzionalita';  essere
comunque utilizzato come misura una tantum. 
    11.2.- Tali condizioni appaiono, sia pur  al  limite,  rispettate
nel caso dell'intervento legislativo in esame. 
    Come detto, esso opera all'interno del sistema previdenziale, che
concorre a finanziare, in un contesto di crisi  del  sistema  stesso,
acuitasi negli ultimi anni, per arginare la quale il  legislatore  ha
posto in essere piu' di un intervento, contingente o strutturale, tra
cui, in particolare, proprio quelli per  salvaguardare  la  posizione
dei lavoratori cosiddetti "esodati" (da ultimo, commi da  263  a  270
dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015). 
    Inoltre, il contributo riguarda le pensioni piu'  elevate,  ossia
quelle il cui importo annuo si colloca tra 14 a 30 e  piu'  volte  il
trattamento minimo di  quiescenza,  incidendo  in  base  ad  aliquote
crescenti (del 6, 12 e 18 per cento), secondo una misura che rispetta
il  criterio  di   proporzionalita'   e,   in   ragione   della   sua
temporaneita',  non  si  palesa  di  per   se'   insostenibile,   pur
innegabilmente comportando un sacrificio per i titolari  di  siffatte
pensioni. 
    In questi termini, l'intervento legislativo di cui al  denunciato
comma 486, nel suo porsi come  misura  contingente,  straordinaria  e
temporalmente  circoscritta,  supera  lo   scrutinio   "stretto"   di
costituzionalita'. 
    12.- Anche sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost. in
riferimento al tertium rappresentato dal comma 487 della stessa legge
n. 147 del 2013 e, per il suo tramite, dalla legislazione  siciliana,
la questione non e' fondata, giacche' evoca un termine  di  raffronto
(il comma 487) non idoneo a  radicare  un  giudizio  di  eguaglianza,
concernendo  questo  le  misure  di  risparmio   di   spesa   rimesse
all'autonomia di organi costituzionali  e  di  Regioni  ad  autonomia
speciale rispetto a soggetti che non fanno parte del  circuito  della
previdenza obbligatoria (in particolare, per  cio'  che  concerne  la
Regione siciliana opera il Fondo di  quiescenza  di  cui  alla  legge
regionale 14 maggio 2009, n. 6, recante: «Disposizioni programmatiche
e correttive  per  l'anno  2009»)  e,  dunque,  non  suscettibile  di
raffronto con i pensionati di cui al comma 486. 
    13.- Non si ravvisa, infine, nemmeno la dedotta violazione  degli
artt. 81 e 97 Cost.,  in  quanto  il  primo  parametro  invocato  non
risulta conferente, disciplinando la disposizione censurata non  gia'
una  nuova  spesa  o  maggiori  oneri,  ma  un'entrata;   mentre   la
destinazione alle gestioni previdenziali del prelievo, e  dunque  per
fini istituzionali delle stesse (e  anche  per  il  finanziamento  di
misura  a  favore  degli  "esodati"),  non   costituisce   arbitraria
attribuzione di discrezionalita' amministrativa (art. 97 Cost.)  alle
stesse   gestioni   previdenziali   o,   comunque,    indifferenziata
destinazione di spesa (art. 81 Cost.). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 483, della legge 27 dicembre  2013,
n. 147  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita'  2014),  sollevata,  in
riferimento agli artt. 3, 53,  36  e  38  della  Costituzione,  dalla
sezione  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  per  la   Regione
Calabria, con le due ordinanze in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 486, della legge n. 147  del  2013,
sollevate, in riferimento agli art. 2, 3, 4, 35, 36, 38, 53, 81, 97 e
136 Cost., dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti per le
Regioni Veneto, Campania, Calabria e Umbria, con le sei ordinanze  in
epigrafe indicate; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 483, della legge n. 147  del  2013,
sollevata dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per  la
Regione Calabria, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione agli artt. 6, 21, 25, 33 e 34 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la
legge 4 agosto 1955, n. 848, con le due ordinanze in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 487, della legge n. 147  del  2013,
sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 35, 36, 38, 53, 81,  97
e 136 Cost., dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti  per
la Regione Calabria, con le due ordinanze in epigrafe; 
    5)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 590, della legge n. 147  del  2013,
sollevata, in riferimento agli artt. 3  e  53  Cost.,  dalla  sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Calabria, con le
due ordinanze in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                   Carmelinda MORANO, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Carmelinda MORANO 
 
 
                                                            Allegato: 
                       Ordinanza emessa all'udienza del 5 luglio 2016 
 
                              ORDINANZA 
 
    Visti gli atti relativi ai giudizi di legittimita' costituzionale
introdotti   con   ordinanza   della   Corte   dei   conti,   sezione
giurisdizionale per la Regione  Calabria,  depositata  l'11  febbraio
2015 (r.o. n. 109 del 2015) e con ordinanza della  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale per  la  Regione  Umbria,  depositata  il  22
aprile 2015 (r. o. n. 163 del 2015). 
    Rilevato che nel giudizio iscritto al r.o. n. 109 del 2015  hanno
depositato atto di intervento  ad  adiuvandum  Furio  Pasqualucci  ed
altri 32 pensionati (con un unico atto depositato il 12 giugno  2015)
e Vincenzo Petrocelli (con atto depositato il 1° aprile 2016); 
    che nel giudizio iscritto  al  r.o.  n.  163  del  2015  si  sono
costituiti, con unico atto  depositato  il  30  maggio  2016,  Sergio
Matteini Chiari ed altri 15 ricorrenti nel giudizio a quo; 
    che la costituzione delle parti nel giudizio iscritto al r.o.  n.
163 del 2015 e' avvenuta oltre il termine stabilito dall'art. 3 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in
quanto effettuata dopo i 20 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza
nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 settembre 2015 (G.U. n. 35); 
    che l'intervento di Vincenzo Petrocelli nel giudizio iscritto  al
r.o. n. 109 del 2015 e' avvenuto oltre il termine previsto  dall'art.
4, comma 4, delle norme integrative per i giudizi davanti alla  Corte
costituzionale,  giacche'  effettuato  dopo   i   20   giorni   dalla
pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  dell'atto  introduttivo  del
giudizio, avvenuta il 17 giugno 2015 (G.U. n. 24). 
    Considerato che la costituzione delle parti nel giudizio iscritto
al r.o. n. 163 del 2015 e l'intervento del  Petrocelli  nel  giudizio
iscritto al r.o. n.  109  del  2015  sono  inammissibili  in  quanto,
secondo il costante orientamento di questa Corte, il termine  per  la
costituzione e  per  l'intervento  nei  giudizi  dinanzi  alla  Corte
costituzionale  deve  essere  ritenuto  perentorio  (tra  le   molte,
sentenze n. 102 del 2016, n. 220 e n. 128 del 2014); 
    che gli altri intervenienti nel giudizio iscritto al r.o. n.  109
del 2015 non sono parti del giudizio  a  quo,  bensi'  ricorrenti  in
giudizi pensionistici dinanzi a sezioni giurisdizionali  della  Corte
dei conti diverse da quella rimettente; 
    che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte  (tra  le
altre,  sentenze  n.  216  del  2014  e  n.  70  del  2015),  possono
intervenire nel giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale
le sole parti del giudizio principale ed  i  terzi  portatori  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura; 
    che la  circostanza  che  gli  istanti  siano  parti  in  giudizi
pensionistici  nei  quali  trovano  applicazione  le   stesse   norme
denunciate dalla Corte rimettente e che  questi  ultimi  siano  stati
sospesi in attesa della  definizione  delle  sollevate  questioni  di
legittimita' costituzionale non e' sufficiente a rendere  ammissibile
l'intervento, essendo i rapporti sostanziali dedotti in  causa  dagli
istanti comunque differenti da quelli oggetto del procedimento da cui
e' scaturito il giudizio costituzionale di cui al  r.o.  n.  109  del
2015; 
    che, peraltro, l'ammissibilita' di interventi ad opera di  terzi,
titolari di interessi soltanto analoghi a quelli dedotti nel giudizio
principale, contrasterebbe con il carattere incidentale del  giudizio
di legittimita' costituzionale, in quanto l'accesso  delle  parti  al
detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza  e
della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice
a quo (per tutte, sentenza n. 71 del  2015  e  ordinanza  n.  32  del
2013); 
    che, pertanto, la costituzione  e  gli  interventi  spiegati  nei
giudizi di legittimita' costituzionale sopra indicati  devono  essere
dichiarati inammissibili. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara inammissibile la costituzione in giudizio  di  Sergio
Matteini  Chiari  ed  altri   15   nel   giudizio   di   legittimita'
costituzionale di cui al r.o. 163 del 2015; 
    2) dichiara inammissibile l'intervento di  Furio  Pasqualucci  ed
altri 32, nonche' di Vincenzo Petrocelli nel giudizio di legittimita'
costituzionale di cui al r.o. 109 del 2015. 
 
                   F.to: Paolo Grossi, Presidente