N. 187 SENTENZA 15 giugno - 20 luglio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Istruzione pubblica - Personale docente,  amministrativo,  tecnico  e
  ausiliario - Copertura di cattedre e posti  vacanti  e  disponibili
  entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente  tali
  per  l'intero  anno  scolastico  -  Conferimento  di  supplenze   o
  incarichi annuali,  in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure
  concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo. 
- Legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
  personale scolastico), art. 4, commi 1 e 11. 
-   
(GU n.30 del 27-7-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1 e
11, della legge 3  maggio  1999,  n.  124  (Disposizioni  urgenti  in
materia di personale scolastico), promossi dal Tribunale ordinario di
Roma, con due ordinanze del 2 maggio 2012 e dal  Tribunale  ordinario
di  Lamezia  Terme,  con  due   ordinanze   del   30   maggio   2012,
rispettivamente iscritte ai nn. 143, 144,  248  e  249  del  registro
ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 33 e 44, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione di C.D., di Z.G., nonche' gli atti
di intervento della Federazione Lavoratori  della  Conoscenza-CGIL  e
della Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, del  CODACONS
ed altra, della Federazione GILDA-UNAMS, tutti fuori termine,  e  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  17  maggio  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Sergio Galleano  per  C.D.  e  Z.G.,  Vittorio
Angiolini per Federazione  Lavoratori  della  Conoscenza-CGIL  e  per
Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, Marco Ramadori  per
il  CODACONS  ed  altra,  Tommaso  de  Grandis  per  la   Federazione
GILDA-UNAMS e  l'avvocato  dello  Stato  Gabriella  D'Avanzo  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di una controversia promossa da alcuni docenti  nei
confronti del Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca (MIUR), il Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza  del  2
maggio 2012 (iscritta al n. 143 del reg. ord. 2012), ha  sollevato  -
in riferimento all'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in
relazione alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES, UNICE  e
CEEP sul lavoro a  tempo  determinato,  allegato  alla  direttiva  28
giugno  1999,  n.  1999/70/CE  (Direttiva  del   Consiglio   relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato)
- questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma  1,
della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di
personale scolastico). 
    2.- Premette in punto di fatto il giudice a quo che i ricorrenti,
avendo svolto attivita' di docente in  base  a  plurimi  contratti  a
termine, avevano agito per l'accertamento  dell'illegittimita'  delle
clausole di apposizione del termine e  per  la  conseguente  condanna
dell'amministrazione, in via principale, a convertire il rapporto  di
lavoro  a  tempo  determinato  in  rapporto   di   lavoro   a   tempo
indeterminato, a far data dal primo contratto, e a  corrispondere  le
relative differenze retributive; in subordine, a risarcire  il  danno
cagionato in misura proporzionata ed efficacemente dissuasiva. 
    Con distinto ricorso veniva proposta ulteriore domanda avente  ad
oggetto l'accertamento del diritto  alla  progressione  professionale
retributiva  con  la  conseguente  condanna  dell'amministrazione   a
corrispondere  le  differenze   stipendiali   maturate   in   ragione
dell'anzianita' di servizio. 
    3.-  Cio'  posto,  il  rimettente  osserva  che   la   disciplina
legislativa delle assunzioni a termine  nel  settore  pubblico  della
scuola si rinviene nell'art. 4 della legge n. 124 del  1999  che,  in
particolare, al comma 1 sancisce: «Alla copertura  delle  cattedre  e
dei posti di insegnamento  che  risultino  effettivamente  vacanti  e
disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano
prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico,  qualora  non  sia
possibile  provvedere  con  il  personale  docente  di  ruolo   delle
dotazioni  organiche  provinciali  o  mediante  l'utilizzazione   del
personale in soprannumero, e sempreche' ai  posti  medesimi  non  sia
stato gia' assegnato  a  qualsiasi  titolo  personale  di  ruolo,  si
provvede mediante il conferimento di  supplenze  annuali,  in  attesa
dell'espletamento delle procedure  concorsuali  per  l'assunzione  di
personale docente di ruolo». 
    4.- In ragione di alcuni interventi legislativi  -  fra  i  quali
l'art. 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre del  2009,  n.  134
(Disposizioni urgenti  per  garantire  la  continuita'  del  servizio
scolastico  ed  educativo  per  l'anno  2009-2010),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2009, n.
167, nonche' l'art. 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n.
70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  12
luglio 2011, n. 106 - trova conferma  che  i  contratti  stipulati  a
tempo determinato con i docenti per la copertura di supplenze annuali
non possono convertirsi in contratti a tempo indeterminato. 
    Ricorda il giudice a quo che il decreto legislativo  6  settembre
2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE   relativa
all'accordo  quadro  sul  lavoro   a   tempo   determinato   concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), mira ad evitare l'abusivo ricorso al
contratto a  tempo  determinato,  fissando  nel  periodo  massimo  di
trentasei mesi il tempo nel quale un lavoratore puo' essere impiegato
con successivi contratti, e prevedendo, in  caso  di  violazione,  la
conversione del rapporto di lavoro in  rapporto  di  lavoro  a  tempo
indeterminato. 
    Tuttavia, per le pubbliche amministrazioni, l'art. 36,  comma  5,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), prevede che la violazione di norme  imperative  non  puo'
comportare  la  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato con le medesime  pubbliche  amministrazioni,  fermo  il
risarcimento del danno. 
    5.- Espone  il  rimettente  che  il  reclutamento  del  personale
scolastico e' regolato da un sistema di norme  che  costituiscono  un
insieme compiuto, specifico e doppiamente speciale; in base ad  esso,
le autorita' scolastiche devono, al fine di coprire i posti vacanti e
disponibili entro il 31 dicembre e che rimangono presumibilmente tali
per tutto l'anno scolastico  (supplenze  annuali  o  su  organico  di
diritto), ovvero posti non vacanti, di  fatto  disponibili  entro  la
data  del  31  dicembre  e  fino  al  termine  dell'anno   scolastico
(supplenze temporanee fino  al  termine  dell'anno  scolastico  o  su
organico  di  fatto  ),  o  ancora  posti  scoperti  per  ogni  altra
contingente ragione (supplenze  meramente  temporanee),  assumere  un
medesimo  lavoratore,  da  un  anno  all'altro,  senza  soluzione  di
continuita',  senza  l'indicazione   delle   specifiche   ragioni   a
giustificazione del termine, per il solo fatto che  vi  e'  un  posto
vacante che sara' coperto in un momento futuro  indeterminato,  ossia
in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure  concorsuali,  ovvero
perche' persistono stabilmente esigenze  di  copertura  di  posti  di
fatto liberi. 
    6.- Per il settore pubblico della scuola non valgono pertanto, in
base al diritto interno, le norme limitative dettate al fine di  dare
attuazione alla direttiva europea. 
    Tale conclusione, secondo il Tribunale ordinario di Roma, non  e'
compatibile con il diritto dell'Unione europea,  che  fissa  puntuali
condizioni affinche' siano tutelati gli interessi ed  i  diritti  dei
lavoratori assunti con contratti a termine. 
    7.- L'accordo quadro CES, UNICE e CEEP del  28  giugno  1999  sul
lavoro a tempo determinato, cui ha dato attuazione  la  direttiva  n.
1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, stabilisce, infatti, che
gli  Stati  membri  sono  tenuti  ad  introdurre   nelle   rispettive
legislazioni nazionali norme  idonee  a  prevenire  ed  a  sanzionare
l'abuso costituito dalla  successione  nel  tempo  di  tali  tipi  di
contratto. La clausola 5, punto 1, di tale  accordo  quadro  prevede:
«Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di  una  successione
di contratti o rapporti di lavoro  a  tempo  determinato,  gli  Stati
membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi,
dei contratti collettivi e  delle  prassi  nazionali,  e/o  le  parti
sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme  equivalenti
per la prevenzione degli abusi e in un modo  che  tenga  conto  delle
esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o piu'
misure relative a: a) ragioni obiettive per  la  giustificazione  del
rinnovo dei suddetti contratti  o  rapporti;  b)  la  durata  massima
totale dei  contratti  o  rapporti  di  lavoro  a  tempo  determinato
successivi; c)  il  numero  dei  rinnovi  dei  suddetti  contratti  o
rapporti». 
    8.- Il rimettente rileva che la Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea ha affermato che la direttiva si applica a tutti i lavoratori
indistintamente, sia pubblici che privati (sentenza 4 luglio 2006, in
causa C-212/04, Adeneler). Quanto alle condizioni di cui alla  citata
clausola 5, il Tribunale ordinario di Roma rileva che la legislazione
italiana di settore non contiene ne' una durata massima dei contratti
di lavoro a tempo determinato, ne' l'indicazione del  numero  massimo
di rinnovi possibili. Occorre verificare, quindi, se la  legislazione
nazionale contenga almeno quelle «ragioni obiettive»  che,  ai  sensi
della menzionata clausola,  possono  giustificare  il  ricorso  senza
limiti al contratto a tempo determinato (Corte di giustizia, sentenza
23  aprile  2009,  nelle  cause  riunite  da  C-378/07  a   C-380/07,
Angelidaki ed altri). 
    9.- Ora, quanto meno per le supplenze annuali per  far  fronte  a
stabili vacanze di organico, possono delinearsi ragioni di  risparmio
delle  risorse  pubbliche,  obiettivo  che  risponde   ad   interessi
generali, ma che non riguarda il solo sistema scolastico e  non  puo'
costituire "finalita'  di  politica  sociale"  il  cui  perseguimento
giustifica - secondo la giurisprudenza della Corte di  Lussemburgo  -
l'utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato;  ne',  d'altra
parte,  sembra  che  il  legislatore  italiano  abbia  dato   seguito
all'impegno  preso  negli  anni  2009  e  2011  di  implementare   le
assunzioni  mediante  piani  triennali  da  adottare   all'esito   di
specifica sessione negoziale. 
    10.- Infine, il rimettente  ricorda  che  l'accordo  quadro,  nel
"considerando"  n.  10,  facendo  riferimento  alla  circostanza  che
ciascuno Stato tenga conto  di  circostanze  relative  a  particolari
settori di occupazione, lascia margini a  discipline  ragionevolmente
derogatorie rispetto ai  suoi  stessi  principi  se  giustificate  da
effettive peculiarita'. La Corte di  giustizia,  con  la  sentenza  7
settembre 2006, in causa  C-53/04  Marrosu  e  Sardino,  ha  tuttavia
precisato che la citata clausola 5,  punto  1,  dell'accordo  quadro,
impone,  comunque,  agli  Stati  membri  di   introdurre   nel   loro
ordinamento giuridico almeno una  delle  misure  elencate  nel  detto
punto 1, lettere a) - c), qualora non  siano  gia'  in  vigore  nello
Stato membro interessato disposizioni normative equivalenti, volte  a
prevenire in modo effettivo l'utilizzo abusivo di una successione  di
contratti di lavoro a tempo determinato. 
    Il  Tribunale  ordinario  di  Roma  ritiene,   quindi,   che   la
disposizione impugnata - consentendo  "l'indiscriminato  e  reiterato
rinnovo di contratti a tempo determinato" - sia difforme rispetto  al
diritto dell'Unione europea. 
    11.- Osserva il giudice a quo che il contrasto non e'  risolubile
con la disapplicazione  della  normativa  interna  incompatibile  con
quella europea. 
    Affinche' cio' avvenga, infatti, e' necessario che la  disciplina
europea    sia    direttamente    applicabile,    incondizionata    e
sufficientemente precisa. Nella specie, al contrario, la stessa Corte
di giustizia dell'Unione europea ha  stabilito  (sentenza  15  aprile
2008,  in  causa  C-268/06,  Impact,  nonche'  la   citata   sentenza
Angelidaki) che la clausola 5, punto 1, del citato accordo quadro non
e' incondizionata  ne'  sufficientemente  precisa  per  poter  essere
invocata da un singolo dinanzi ad un giudice  nazionale,  perche'  la
disposizione stessa e' formulata in modo  da  consentire  agli  Stati
membri la scelta fra diversi modi di attuazione  della  direttiva  n.
1999/70/CE. 
    Non   potendosi   disapplicare   la   norma   interna,   andrebbe
sperimentata  la  via  dell'interpretazione  adeguatrice  che,  nella
specie, neppure e' proponibile,  stante  il  carattere  chiuso  della
disciplina relativa al reclutamento dei docenti. 
    12.- La questione e' rilevante, perche'  i  ricorrenti  risultano
essere stati assunti con contratti a termine stipulati  nel  rispetto
dell'art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999, con la conseguenza
che la declaratoria di illegittimita' costituzionale sarebbe  l'unico
modo per rendere la legislazione italiana conforme a quella europea. 
    Il rimettente precisa che l'eventuale pronuncia  di  accoglimento
non potrebbe comunque implicare la costituzione  di  un  rapporto  di
lavoro a tempo indeterminato, stante il  menzionato  divieto  di  cui
all'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, ma che la questione
sarebbe, in particolare, pur sempre rilevante  perche'  consentirebbe
ai ricorrenti di agire per il risarcimento del danno. 
    D'altra parte - osserva il  giudice  rimettente  -  la  Corte  di
Lussemburgo ha chiarito con la citata sentenza Adeneler  che  non  e'
vietato agli Stati membri escludere l'effetto della  conversione  del
contratto, purche' gli stessi adottino misure concrete, proporzionate
ed effettive, volte a contrastare il  fenomeno  del  ricorso  abusivo
alle assunzioni a termine. 
    13.- Il Tribunale ordinario di Roma, quindi, solleva questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge n.  124
del 1999 «nella parte  in  cui  [...]  consente  la  copertura  delle
cattedre e dei posti di insegnamento,  che  risultino  effettivamente
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e  che  rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare una  successione  potenzialmente  illimitata  di
contratti a tempo determinato, e comunque svincolata dall'indicazione
di ragioni  obiettive  e/o  dalla  predeterminazione  di  una  durata
massima o di un numero certo di rinnovi» e  cio'  per  contrasto  con
l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento alla clausola 5, punto
1,  dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo
determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999,  n.  1999/70/CE,
del Consiglio. 
    14.- Nel corso di una controversia promossa da  un  collaboratore
scolastico nei confronti del MIUR, il Tribunale  ordinario  di  Roma,
con ordinanza  2  maggio  2012,  iscritta  al  n.  144  del  registro
ordinanze 2012, ha sollevato - in riferimento ai  medesimi  parametri
costituzionali - questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999. 
    15.- Premette  in  punto  di  fatto  il  giudice  a  quo  che  il
ricorrente  ha  svolto  l'attivita'  di  collaboratore  scolastico  -
personale amministrativo, tecnico e ausiliario  (ATA)  -  in  base  a
plurimi contratti a termine,  ed  ha  agito  per  sentire  dichiarare
l'illegittimita' delle clausole di apposizione del termine  stesso  e
per la conseguente  condanna  dell'amministrazione  a  convertire  il
rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a  tempo
indeterminato a far data dalla stipula del primo contratto, nonche' a
corrispondergli le conseguenti  differenze  retributive,  ovvero,  in
subordine, a risarcire il danno cagionato in misura proporzionata  ed
efficacemente dissuasiva. 
    16.- Cio' posto il Tribunale - con motivazione analoga  a  quella
della precedente ordinanza - ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale dei commi 1 e 11 del citato art. 4 «nella parte in cui
[...] consentono la copertura dei posti riservati al  personale  ATA,
che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del
31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali  per  l'intero  anno
scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in  attesa
dell'espletamento delle procedure  concorsuali  per  l'assunzione  di
personale  di   ruolo,   cosi'   da   determinare   una   successione
potenzialmente  illimitata  di  contratti  a  tempo  determinato,   e
comunque svincolata dall'indicazione di ragioni obiettive  e/o  dalla
predeterminazione di una durata massima  o  di  un  certo  numero  di
rinnovi». 
    17.- Nel corso di due controversie promosse da  due  docenti  nei
confronti del MIUR, il Tribunale ordinario di Lamezia Terme, con  due
ordinanze di analogo contenuto, del 30 maggio 2012 (iscritte  ai  nn.
248 e 249 del registro ordinanze 2012), ha sollevato - in riferimento
all'art. 117, primo comma, Cost., nonche' alla clausola 5,  punto  1,
dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio -
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1,  della
legge n. 124 del 1999, negli stessi termini di cui alle ordinanze del
Tribunale ordinario di Roma, sopra riportate. 
    Il Tribunale premette, in punto di fatto, che le ricorrenti hanno
chiesto che fosse accertato il proprio  diritto  alla  trasformazione
del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro  a
tempo   indeterminato,   nonche'   il   diritto   alla   progressione
stipendiale, al recupero retributivo e contributivo  per  i  mesi  di
luglio ed agosto di ciascun anno, ed al  risarcimento  del  danno  ai
sensi dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n.  300  (Norme  sulla
tutela della liberta'  e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento). 
    Cio' premesso, il giudice a quo chiarisce che, in base all'art. 4
della  legge  n.  124  del  1999,  possono  essere   stipulati,   tra
l'amministrazione e i docenti, diverse tipologie di contratti a tempo
determinato: supplenze annuali su organico "di diritto",  riguardanti
posti disponibili  e  vacanti,  con  scadenza  al  termine  dell'anno
scolastico (31 agosto); supplenze temporanee su organico "di  fatto",
relative a posti non vacanti ma comunque disponibili, con scadenza al
termine  delle  attivita'  didattiche  (30  giugno);  e,  infine,  le
cosiddette supplenze temporanee, per le ipotesi residuali,  destinate
a durare fino alla cessazione delle esigenze per le quali sono  state
disposte. Peraltro,  poiche'  il  reclutamento  dei  docenti  e',  in
sostanza, bloccato da anni e  poiche'  il  sistema  non  consente  la
conversione  dei  contratti  a   termine   in   contratti   a   tempo
indeterminato, si e' creata una situazione che si pone  in  contrasto
con norme imperative. 
    In particolare, il Tribunale ordinario di Lamezia  Terme  ritiene
che il sistema di reclutamento dei  docenti  costituisce  un  sistema
speciale,  sia  rispetto  a  quello  delle  assunzioni  nel  pubblico
impiego, sia  rispetto  alla  disciplina  generale  dei  contratti  a
termine. La normativa nazionale non  contiene,  sul  punto,  adeguate
limitazioni  alla  possibilita'  di  stipulare  contratti   a   tempo
determinato per il personale docente, cosi'  come  dovrebbe  avvenire
sulla  base  della  normativa  europea.  Di  conseguenza,  esiste  un
contrasto  tra  la  normativa  comunitaria  e  quella  interna,   non
risolubile ne'  con  la  disapplicazione  del  diritto  interno,  ne'
tentando  un'interpretazione  adeguatrice.  Pertanto,  il  rimettente
ritiene necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale
della  normativa  interna,  rilevante  in  quanto  una  pronuncia  di
accoglimento aprirebbe alle ricorrenti la possibilita' di  agire  per
il risarcimento dei danni. 
    18.- Sulla base  di  tali  osservazioni,  le  due  ordinanze  del
Tribunale ordinario di Lamezia Terme, con un  percorso  motivazionale
simile a quello delle ordinanze  del  Tribunale  ordinario  di  Roma,
sollevano la questione di legittimita'  costituzionale  nei  medesimi
termini. 
    19.-  In  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo - con atti di analogo contenuto - che
le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate. 
    20.-  La  questione  sarebbe  inammissibile  perche',  stante  il
pacifico primato del diritto comunitario rispetto al diritto interno,
la normativa interna confliggente  con  quella  comunitaria  dovrebbe
essere automaticamente disapplicata; ove  vi  fossero  dei  possibili
contrasti di interpretazione, la questione sarebbe inammissibile  per
mancato esperimento del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia,
ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione. 
    L'inammissibilita', inoltre, deriverebbe  dal  fatto  che,  anche
qualora la questione fosse  accolta,  la  pronuncia  non  sarebbe  di
alcuna utilita' per i  ricorrenti,  in  quanto  gli  interessati  non
acquisterebbero lo status di insegnanti di ruolo. 
    La questione, nel merito, sarebbe infondata, atteso che, come  la
Corte di giustizia ha affermato in numerose  pronunce,  la  direttiva
1999/70CE non si applica in  relazione  a  qualsiasi  fattispecie  di
contratto di lavoro a  tempo  determinato.  A  questo  proposito,  le
«ragioni obiettive» alle quali fa riferimento la clausola 5, punto 1,
lettera a), dell'accordo quadro, costituiscono una chiave di  lettura
della norma: l'esistenza di dette ragioni e' un modo di prevenire gli
abusi. Pertanto,  il  vaglio  di  costituzionalita'  dovrebbe  essere
compiuto  alla  luce  della  specifica   collocazione   del   settore
scolastico  nell'ambito  generale  del  pubblico   impiego,   tenendo
presente che gia' l'art. 6 del d.lgs. n. 165 del  2001  ha  rinviato,
per detto personale, alla specifica normativa. 
    L'Avvocatura generale dello Stato  ha  rilevato  che  il  settore
scolastico presenta una connotazione del tutto particolare, anche  in
considerazione della variabilita' della platea scolastica, sia  sotto
il profilo numerico, che con riguardo alla  presenza  sul  territorio
nazionale.  Da  tanto  consegue,  in  modo  coerente,  che  anche  il
reclutamento del personale scolastico e' regolato da  una  disciplina
peculiare. Nel caso dei docenti, il  rapporto  di  lavoro  temporaneo
trova giustificazione nella necessita'  di  garantire,  comunque,  il
servizio pubblico dell'istruzione allo scopo di tutelare,  in  favore
di tutti i cittadini, il diritto all'istruzione di cui agli artt.  33
e 34 Cost., organizzando una struttura  che  permetta  di  assicurare
sempre e comunque una continuita' nell'erogazione  delle  prestazioni
che costituiscono il cardine fondamentale del servizio stesso. 
    Il  ricorso  alla  nomina  dei  supplenti,  pertanto,  ha  natura
residuale obbligatoria, nel senso  che  non  dipende  da  una  scelta
discrezionale della  pubblica  amministrazione,  bensi'  da  esigenze
obiettive, il che induce a  ritenere  che  l'istituto  trovi  la  sua
giustificazione in una legittima finalita' di politica sociale. 
    21.- Il Presidente del Consiglio dei ministri depositava in tutti
i giudizi, in prossimita' dell'udienza pubblica del  27  marzo  2013,
memoria con la quale ribadiva le conclusioni gia' rassegnate. 
    22.- In esito alla trattazione, all'udienza pubblica del 27 marzo
2013, questa Corte, con l'ordinanza n. 207 del  2013,  ha  sottoposto
alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale  ai
sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato sul  funzionamento
dell'Unione europea, le seguenti questioni di  interpretazione  della
clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro
a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28  giugno
1999, n. 1999/70/CE: 
    - se la clausola 5, punto 1, dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e
CEEP sul lavoro a tempo  determinato,  allegato  alla  direttiva  del
Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba essere interpretata nel
senso  che  osta  all'applicazione  dell'art.  4,  commi  1,   ultima
proposizione, e 11, della legge n. 124 del 1999 - i quali, dopo  aver
disciplinato il conferimento  di  supplenze  annuali  su  posti  «che
risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del  31
dicembre», dispongono che si provvede  mediante  il  conferimento  di
supplenze  annuali,  «in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure
concorsuali  per  l'assunzione  di  personale  docente  di  ruolo»  -
disposizione la quale consente che si faccia ricorso  a  contratti  a
tempo determinato senza indicare tempi certi per  l'espletamento  dei
concorsi  e  in  una  condizione  che  non  prevede  il  diritto   al
risarcimento del danno; 
    - se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola  5,
punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE,  le  esigenze
di  organizzazione  del  sistema  scolastico  italiano   come   sopra
delineato, tali da rendere compatibile  con  il  diritto  dell'Unione
europea una normativa come quella italiana che per  l'assunzione  del
personale scolastico a tempo determinato non prevede  il  diritto  al
risarcimento del danno. 
    23.- La Corte di giustizia, terza sezione, si e' pronunciata  con
la sentenza del 26 novembre 2014, nelle  cause  riunite  C-22/13,  da
C-61/13 a  C-63/13  e  C-418/13,  Mascolo  ed  altri,  sancendo:  «La
clausola  5,  punto  1,  dell'accordo  quadro  sul  lavoro  a   tempo
determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio,  del  28  giugno  1999,  relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,
deve  essere  interpretata  nel  senso  che  osta  a  una   normativa
nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti  principali,
che  autorizzi,   in   attesa   dell'espletamento   delle   procedure
concorsuali per l'assunzione  di  personale  di  ruolo  delle  scuole
statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la
copertura di posti  vacanti  e  disponibili  di  docenti  nonche'  di
personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare  tempi
certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo
qualsiasi possibilita',  per  tali  docenti  e  detto  personale,  di
ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un
siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa,  fatte  salve
le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un  lato,
non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al  fine  di
verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad
un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo  perseguito  e
sia necessario a tal fine, e, dall'altro,  non  prevede  nessun'altra
misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo  ad  una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato». 
    24.- Con decreto del 26 gennaio 2015 la trattazione  dei  giudizi
incidentali veniva fissata per l'udienza pubblica del 23 maggio 2015. 
    25.- In data  4  febbraio  2015  si  e'  costituita  C.D.,  parte
ricorrente nel giudizio a quo (reg.  ord.  n.  248  del  2012),  gia'
costituitasi  dinanzi  alla  Corte  di  giustizia,  che  ha   chiesto
accogliersi la questione, anche in ragione della sentenza Mascolo. 
    26.- In data  5  febbraio  2015  si  e'  costituita  Z.G.,  parte
ricorrente nel giudizio a quo (reg.  ord.  n.  249  del  2012),  gia'
costituitasi dinanzi alla Corte di giustizia, chiedendo anch'essa  di
accogliere la questione, anche in ragione della sentenza Mascolo. 
    27.- In data 14 maggio 2015 ha depositato atto di intervento,  in
tutti i giudizi, la  Federazione  Lavoratori  della  Conoscenza-CGIL,
gia' intervenuta nel giudizio dinanzi alla Corte di giustizia  (parte
nel giudizio principale in  cui  il  Tribunale  ordinario  di  Napoli
disponeva il rinvio pregiudiziale deciso dalla  Corte  di  giustizia,
insieme a quello disposto da questa Corte, con la  sentenza  Mascolo)
che, preliminarmente, ha  prospettato  l'ammissibilita'  del  proprio
intervento  e,  dopo  aver  illustrato  i  contenuti  della  sentenza
Mascolo,   ha   chiesto    l'accoglimento    della    questione    di
costituzionalita'. 
    28.- In data 19 maggio 2015 ha depositato atto  d'intervento,  in
tutti i giudizi, la Confederazione generale italiana del  lavoro-CGIL
gia'  intervenuta  nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  di  giustizia
(anch'essa  parte  nel  giudizio  principale  in  cui  il   Tribunale
ordinario di Napoli disponeva il rinvio  pregiudiziale  deciso  dalla
Corte di giustizia, insieme a quello disposto da questa Corte, con la
sentenza Mascolo). 
    La Confederazione ha  prospettato  l'ammissibilita'  del  proprio
intervento, e ha prospettato la fondatezza della questione. 
    29.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 28  maggio
2015, ha depositato  memoria  con  la  quale,  dopo  aver  richiamato
l'ordinanza n. 207 del 2013, ripercorre  il  decisum  della  sentenza
della Corte di giustizia del 26 novembre 2014. 
    Prospetta, quindi, l'inammissibilita' della questione, in  quanto
il riscontro di  compatibilita'  dell'attuazione  in  concreto  della
disciplina statale spetta al  giudice  di  merito.  Ne'  potrebbe  la
Corte,  in  ragione  della   pluralita'   di   soluzioni   possibili,
sostituirsi  al   legislatore   per   adottare   soluzioni   conformi
all'ordinamento comunitario. Richiama infine  il  disegno  di  legge,
atto  Camera  n.  2294,  sulla  riforma  del  sistema  nazionale   di
istruzione. 
    30.- In prossimita'  dell'udienza  pubblica  fissata  per  il  23
giugno 2015, la trattazione delle questioni veniva  rinviata,  e  poi
fissata all'udienza pubblica del 17 maggio 2016. 
    31.- In tutti i giudizi hanno depositato atto di costituzione, in
data 23 ottobre 2015, il CODACONS e l'Associazione per la difesa  dei
diritti civili della scuola. 
    Assumono a sostegno della  legittimazione,  i  propri  compiti  e
finalita', come stabiliti dai rispettivi statuti. 
    L'art. 2 dello statuto del CODACONS, in particolare, afferma  che
la  esclusiva  finalita'  e'  quella  di  tutelare  con  ogni   mezzo
legittimo, ivi compreso il  ricorso  allo  strumento  giudiziario,  i
diritti  e  gli  interessi  dei  consumatori  ed  utenti,   categoria
socialmente debole. 
    A sua volta, l'art. 2  dello  statuto  dell'Associazione  per  la
difesa dei diritti civili della scuola, stabilisce che la medesima ha
come fine l'esclusivo  perseguimento  di  finalita'  di  solidarieta'
sociale, tutela dei diritti civili, e tutela dello stato giuridico ed
economico degli addetti alla formazione. 
    Peraltro, prospettano che il principio per cui  e'  inammissibile
l'intervento di coloro  che  non  sono  parti  nel  giudizio  a  quo,
incontra una deroga nel caso in cui il giudizio medesimo incide sulle
posizioni giuridiche soggettive di quanti hanno spiegato intervento. 
    Nel merito, dopo aver ricordato il contenuto delle  ordinanze  di
rimessione  e  la  sentenza  della  Corte  di  giustizia,  sostengono
l'illegittimita' costituzionale delle  disposizioni  censurate,  come
prospettato dai rimettenti. 
    32.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato
memoria unica, in relazione a tutti i giudizi, insistendo nel rigetto
delle questioni. 
    Assume  che,  nelle  more,  dopo  la  sentenza  della  Corte   di
giustizia, e' intervenuta la legge 13 luglio 2015,  n.  107  (Riforma
del sistema nazionale di istruzione e  formazione  e  delega  per  il
riordino delle disposizioni legislative vigenti), che  contempla  una
serie di misure volte a superare il  ricorso  alle  supplenze,  quali
modalita' di reclutamento in ambito  scolastico,  ed  il  conseguente
abuso nella stipulazione dei contratti a termine. Il  MIUR,  infatti,
e' stato autorizzato ad un piano straordinario di assunzioni a  tempo
indeterminato di personale docente  per  le  istituzioni  scolastiche
statali di ogni ordine e grado, per la copertura  di  tutti  i  posti
vacanti  e  disponibili  dell'organico  di  diritto,   rimasti   tali
all'esito delle operazioni di immissioni in ruolo effettuate  per  il
medesimo  anno  scolastico,  ai  sensi  dell'art.  399  del   decreto
legislativo 16 aprile 1994, n.  297  (Approvazione  del  testo  unico
delle disposizioni legislative  vigenti  in  materia  di  istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado). 
    Il piano straordinario di assunzioni, che si e' articolato in tre
fasi, secondo quanto stabilito all'art. 1, comma 98, della  legge  n.
107 del 2015, ha consentito di stabilizzare un elevatissimo numero di
personale destinatario di  supplenze  per  oltre  36  mesi  su  posti
vacanti e disponibili. 
    Inoltre, l'art. 1, comma 110, della legge  n.  107  del  2015  ha
previsto l'espletamento di una nuova procedura concorsuale per l'anno
2016, procedura che il MIUR ha realizzato  ai  sensi  del  successivo
comma 111 del medesimo art. 1, con l'adozione di tre bandi. 
    Peraltro l'art. 1, comma 113, della legge n.  107  del  2015,  ha
novellato l'art. 400 del d.lgs. n. 297  del  1994,  comma  01,  primo
periodo, prevedendo, tra l'altro, che «I concorsi per titoli ed esami
sono  nazionali  e  sono  indetti  su  base  regionale,  con  cadenza
triennale, per tutti i posti vacanti e disponibili, nei limiti  delle
risorse finanziarie disponibili, nonche' per i posti che  si  rendano
tali nel triennio». 
    La difesa dello Stato richiama la giurisprudenza di merito che ha
affermato come tale  assunzione  vale  a  compensare  il  pregiudizio
verificatosi. 
    33.- La CGIL, in data 26  aprile  2016,  ha  depositato  memoria,
insistendo nell'accoglimento delle questioni.  Anche  la  Federazione
Lavoratori della Conoscenza-CGIL ha depositato memoria il  26  aprile
2016. 
    34.- La Federazione GILDA-UNAMS si e' costituita con atto del  26
aprile 2016 (reg. ord. n. 249 del 2012). Anch'essa  ha  affermato  la
propria legittimazione a partecipare al giudizio incidentale anche se
non costituita nel giudizio a quo, attesa  l'incidenza  dello  stesso
sulla propria posizione  giuridica  soggettiva,  nonche'  in  ragione
dell'art. 64, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    Nel merito anche alla luce della giurisprudenza  della  Corte  di
Giustizia, ha chiesto accogliersi la questione con  estensione  della
pronuncia di illegittimita' costituzionale ad altre disposizioni. 
    35.- In data 26 aprile 2016 ha depositato memoria Z.G. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Roma e il  Tribunale  ordinario  di
Lamezia Terme, in  piu'  giudizi  promossi  da  docenti  e  personale
amministrativo, tecnico e  ausiliario  (ATA),  che  hanno  svolto  la
propria  attivita'   in   favore   del   Ministero   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca  (MIUR)  in  ragione  di  successivi
contratti a tempo determinato, con distinte  ordinanze,  iscritte  ai
nn. 143, 144, 248 e 249 del registro ordinanze 2012, hanno sollevato,
nel complesso, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  4,
commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti
in materia di personale scolastico),  in  riferimento  all'art.  117,
primo comma, della Costituzione, in relazione alla clausola 5,  punto
1,  dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo
determinato, allegato alla direttiva 28 giugno  1999,  n.  1999/70/CE
(Direttiva del Consiglio relativa all'accordo  quadro  CES,  UNICE  e
CEEP sul lavoro a tempo determinato). 
    2.- La disposizione di cui all'art. 4, comma 1, e' censurata  dai
rimettenti nella parte in cui consente la copertura delle cattedre  e
dei posti di insegnamento  che  risultino  effettivamente  vacanti  e
disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare una  successione  potenzialmente  illimitata  di
contratti a tempo determinato, e comunque svincolata dall'indicazione
di ragioni  obiettive  e/o  dalla  predeterminazione  di  una  durata
massima o di un certo numero di rinnovi. 
    Il comma 11 del medesimo art. 4 estende l'applicazione del  comma
1 al personale ATA. 
    I giudici a quibus si sono adeguati al principio affermato  dalla
giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 348  del  2007),  secondo
cui il  parametro  costituito  dall'art.  117,  primo  comma,  Cost.,
diventa concretamente  operativo  solo  se  vengono  determinati  gli
"obblighi internazionali" che vincolano la potesta' legislativa dello
Stato e delle Regioni. 
    3.- Questa Corte, con l'ordinanza n. 207 del 2013, ha disposto il
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, per chiarire la portata
del  parametro  comunitario  interposto,  fermo   lo   scrutinio   di
costituzionalita' della norma interna, necessario proprio in  ragione
della mancanza di effetto  diretto  della  disposizione  dell'accordo
quadro che viene in rilievo (ordinanza n. 207 del 2013). 
    La Corte, ha cosi' ritenuto di avere legittimazione a disporre il
rinvio pregiudiziale sull'interpretazione  del  diritto  comunitario,
anche  nei  giudizi  incidentali,  in  relazione  a  norme  prive  di
efficacia  diretta  (nell'ordinanza  n.  103  del  2008  aveva   gia'
affermata   la   sussistenza   delle   condizioni   perche',    quale
giurisdizione nazionale, potesse effettuare il rinvio pregiudiziale). 
    4.- La Corte di giustizia, con la sentenza 26 novembre 2014  resa
nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo
ed altri, anche  sul  rinvio  pregiudiziale  effettuato  dalla  Corte
costituzionale, ha statuito: «La clausola 5,  punto  1,  dell'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che
figura nell'allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del  28
giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro
a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso  che  osta  a
una  normativa  nazionale,  quale  quella   di   cui   trattasi   nei
procedimenti principali, che autorizzi, in  attesa  dell'espletamento
delle procedure concorsuali per l'assunzione di  personale  di  ruolo
delle scuole statali, il rinnovo  di  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato per la  copertura  di  posti  vacanti  e  disponibili  di
docenti nonche' di personale amministrativo,  tecnico  e  ausiliario,
senza indicare tempi certi  per  l'espletamento  di  dette  procedure
concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilita', per tali docenti  e
detto personale, di ottenere il risarcimento del danno  eventualmente
subito a causa di un siffatto rinnovo». 
    La Corte di  giustizia  ha  di  seguito  rilevato  che  «Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie  verifiche  da
parte dei giudici del rinvio, da un lato, non  consente  di  definire
criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se  il  rinnovo
di tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza  reale,  sia
idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e  sia  necessario  a  tal
fine, e,  dall'altro,  non  prevede  nessun'altra  misura  diretta  a
prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo  ad  una  successione  di
contratti di lavoro a tempo determinato». 
    5.- Alla sentenza della Corte di giustizia europea interpretativa
del diritto dell'Unione deve seguire quella di questa Corte,  che  ha
effettuato il  rinvio  pregiudiziale;  ne'  e'  di  impedimento  alla
pronuncia la legislazione sopravvenuta [legge 13 luglio 2015, n.  107
(Riforma del sistema nazionale di istruzione e  formazione  e  delega
per il riordino delle disposizioni legislative vigenti)], atteso  che
tale normativa, pur rilevante ad altri effetti - come si vedra' - non
esclude che la norma da applicare nei giudizi a quibus rimanga quella
oggetto della questione di costituzionalita'. 
    6.- I giudizi  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con
un'unica pronuncia, data l'identita' delle questioni. 
    7.-  In  via  preliminare,  va  ricordato  che,   con   ordinanza
dibattimentale  del  17  maggio  2016,  che  si  allega,  sono  state
dichiarate inammissibili,  in  quanto  tardive,  le  costituzioni  in
giudizio di C.D. e Z.G., parti nei giudizi a quibus. 
    Con la medesima ordinanza, sono stati  dichiarati  tardivi  anche
gli interventi della Federazione Lavoratori della  Conoscenza-CGIL  e
della Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, del  CODACONS
e dell'Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola,  e
della Federazione GILDA-UNAMS,  comunque  non  parti  nei  giudizi  a
quibus e che risultano privi di un interesse qualificato. 
    8.- Nel merito la questione e' fondata nei sensi e nei limiti che
saranno di seguito precisati. 
    9.-  Il  giudizio  va  condotto  alla   stregua   del   parametro
costituzionale come integrato dall'accordo quadro, e  in  particolare
della clausola 5, punto 1, del  medesimo,  secondo  l'interpretazione
data dalla Corte di giustizia con la sentenza 26 novembre 2014, nelle
cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e  C-418/13,  Mascolo  ed
altri. 
    La  questione  di  pregiudizialita'  comunitaria  e'  oggetto  di
specifico esame nei paragrafi 72 e seguenti della  motivazione  della
sentenza Mascolo, a conclusione dei quali, premesso  che  e'  compito
esclusivo del giudice del  rinvio  pronunciarsi  sull'interpretazione
delle disposizioni del diritto interno,  si  forniscono  precisazioni
dirette a orientare il giudice nazionale nella sua valutazione  della
disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato alla luce  del
diritto europeo (paragrafi 84-113). 
    La Corte di giustizia afferma  che  le  esigenze  di  continuita'
didattica che inducono ad assunzioni  temporanee  di  dipendenti  nel
comparto scuola possono costituire una  ragione  obiettiva  ai  sensi
della clausola 5, punto  1,  lettera  a),  dell'accordo  quadro,  che
giustifica sia la durata determinata dei contratti  conclusi  con  il
personale supplente, sia il rinnovo di  tali  contratti  in  funzione
delle esigenze di continuita' didattica, fatto salvo il rispetto  dei
requisiti fissati al riguardo dall'accordo quadro. 
    Tuttavia ritiene che nel caso in esame il rinnovo di contratti  o
di rapporti di lavoro a  tempo  determinato  al  fine  di  soddisfare
queste esigenze abbia, di fatto, un carattere non provvisorio, ma, al
contrario, permanente e durevole, e non  sia  giustificato  ai  sensi
della lettera a), del punto 1, della clausola citata. 
    Conclusivamente, la Corte di giustizia afferma che la  disciplina
in esame, sebbene limiti  formalmente  il  ricorso  ai  contratti  di
lavoro a tempo determinato per provvedere  a  supplenze  annuali  per
posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un  periodo
temporaneo fino all'espletamento  delle  procedure  concorsuali,  non
consente di garantire che l'applicazione  concreta  di  tale  ragione
obiettiva, in considerazione delle particolarita'  dell'attivita'  di
cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio,  sia  conforme  ai
requisiti dell'accordo quadro. 
    10.- La pronuncia della Corte di giustizia sul punto e'  univoca:
da cio' consegue la illegittimita' costituzionale, dell'art. 4, commi
1 e 11, della legge n. 124 del 1999, per  violazione  dell'art.  117,
primo  comma,  Cost.,  in  relazione  alla  clausola  5,   comma   1,
dell'accordo quadro piu' volte citato, nella parte in cui  autorizza,
in mancanza di  limiti  effettivi  alla  durata  massima  totale  dei
rapporti di lavoro successivi, il rinnovo  potenzialmente  illimitato
di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di  posti
vacanti e disponibili di docenti nonche' di personale amministrativo,
tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino. 
    11.-  La  questione  di  legittimita'   costituzionale   non   si
esaurisce, tuttavia, in quella oggetto del rinvio pregiudiziale. 
    Il primato  del  diritto  comunitario  e  la  esclusivita'  della
giurisdizione costituzionale nazionale, in un sistema  accentrato  di
controllo  di  costituzionalita',   impongono   delicati   equilibri,
evidenziati anche nell'ordinanza del  rinvio  pregiudiziale,  in  cui
questa Corte ha posto  in  evidenza  i  principi  costituzionali  che
vengono in rilievo nella materia in esame, e cioe' l'accesso mediante
pubblico concorso agli impieghi  pubblici  (art.  97,  quarto  comma,
Cost.), e il diritto all'istruzione (art. 34 Cost.). 
    Al riguardo, la disciplina comunitaria in questione non  si  pone
in contrasto con nessuno dei due principi,  e  la  statuizione  della
Corte  del  Lussemburgo,  al  contrario,  appare   rispettosa   delle
competenze degli Stati membri, cui riconosce espressamente  spazi  di
autonomia. 
    12.-  Tali  spazi   riguardano   in   particolare   le   ricadute
sanzionatorie dell'illecito. 
    Anche di tali ricadute si e' occupata la Corte di  giustizia,  ma
la pronuncia a questo proposito da' atto che la normativa comunitaria
in   materia   non   prevede    misure    specifiche,    rimettendone
l'individuazione alle autorita' nazionali e limitandosi a definirne i
caratteri essenziali (dissuasivita', proporzionalita', effettivita'). 
    Molto chiari, al riguardo, i paragrafi 77  e  79  della  sentenza
Mascolo. Nel primo in particolare si legge: «[...] quando,  come  nel
caso  di  specie,  il  diritto  dell'Unione  non   prevede   sanzioni
specifiche nell'ipotesi in cui  vengano  nondimeno  accertati  abusi,
spetta alle autorita' nazionali adottare misure che devono  rivestire
un  carattere  non  solo  proporzionato,  ma  anche  sufficientemente
energico e dissuasivo per garantire la piena  efficacia  delle  norme
adottate in applicazione dell'accordo quadro [...]». 
    La sentenza, dunque, anche se ritiene di precisare  alcune  delle
misure che possono essere adottate (procedure  di  assunzione  certe,
anche nel tempo, e risarcimento del  danno),  non  ne  esclude  altre
purche' rispondenti ai requisiti ricordati. In  tal  modo,  tuttavia,
essa non da' risposta alla questione  della  necessita'  o  meno  del
riconoscimento del diritto al risarcimento in capo  ai  soggetti  che
abbiano subito un danno  a  seguito  dell'inadempimento  dello  Stato
italiano, questione che costituisce l'oggetto  reale  dei  giudizi  a
quibus. 
    12.1.-  Sull'esercizio  di  tale  discrezionalita'  s'impone  una
integrazione del dictum del giudice comunitario,  che  non  puo'  che
competere a questa Corte. 
    13.- La questione, se esaminata alla luce  della  sola  normativa
vigente all'epoca della sua sollevazione, dovrebbe essere risolta  in
senso positivo;  sennonche'  viene  a  questo  punto  in  rilievo  la
normativa  sopravvenuta  prima  ricordata,  con  le  misure  che   il
legislatore ha inteso adottare con l'evidente finalita' di  garantire
la corretta applicazione dell'accordo quadro. 
    La  verifica  della  incidenza  della  nuova   disciplina   sulla
questione in esame, diversamente da quanto  avviene  nei  giudizi  di
costituzionalita' meramente interni, in cui e' necessario  il  rinvio
al giudice a quo per una sua ulteriore delibazione, costituisce parte
integrante della pronuncia di questa Corte. 
    Difatti, le misure in questione, oltre  a  svolgere  la  funzione
tipica preventiva-punitiva delle sanzioni,  nell'interpretazione  del
Giudice   dell'Unione   rifluiscono   sull'illecito   "cancellandolo"
(paragrafo 79), attesa la loro natura riparatoria. Nella  prospettiva
dell'ordinamento comunitario quel  che  conta  e'  che  di  fatto  ne
possano beneficiare i soggetti lesi: e' dunque indubbia la  rilevanza
di misure anche sopravvenute. 
    14.- Venendo all'esame della  legge  n.  107  del  2015,  le  sue
finalita' sono chiaramente indicate con  riguardo  alla  disposizione
che,  nell'originario  disegno  di  legge  (Atto  Camera  2994,  XVII
legislatura), prevedeva la durata dei contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato della scuola (art. 12 del citato d.d.l.). Nella relazione
illustrativa si precisava, infatti,  che:  «La  disposizione  intende
adeguare la normativa nazionale a quella europea, al fine di  evitare
l'abuso nella successione dei contratti di lavoro a tempo determinato
per il personale docente e non docente della scuola pubblica. Cio'  a
seguito della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione  europea
del 26 novembre 2014  [...].  In  proposito  la  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea nella citata sentenza ha evidenziato il contrasto
delle norme italiane in materia di contratti a tempo determinato  nel
settore  scolastico  con  quanto  previsto  dalla  clausola  5  della
direttiva 1999/70/CE. Si introduce il limite temporale  di  trentasei
mesi come durata massima per i rapporti di lavoro a tempo determinato
del personale scolastico (docente, educativo, amministrativo  tecnico
e ausiliario) per la copertura di posti vacanti e disponibili  presso
le istituzioni  scolastiche  ed  educative  statali  da  considerarsi
complessivamente, anche non continuativi». 
    14.1.- La disposizione  e'  stata  poi  trasfusa  nel  comma  131
dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015, secondo cui «A decorrere dal
1º  settembre  2016,  i  contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato
stipulati  con  il  personale  docente,  educativo,   amministrativo,
tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche  ed  educative
statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono
superare  la  durata  complessiva  di  trentasei  mesi,   anche   non
continuativi». 
    14.2.- La durata complessiva  dei  contratti  a  termine  e'  poi
assunta dal legislatore quale parametro  di  operativita'  del  fondo
istituito dal successivo comma 132 dell'art. 1 della legge n. 107 del
2015. 
    Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce che nello stato  di
previsione del  MIUR  e'  istituito  un  fondo  per  i  pagamenti  in
esecuzione di provvedimenti  giurisdizionali  aventi  ad  oggetto  il
risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di  contratti  a
termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi,  anche
non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di
euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. 
    14.3.- La medesima legge, all'art. 1, comma  113,  ha  modificato
l'art.  400  del  decreto  legislativo  16  aprile   1994,   n.   297
(Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative  vigenti
in materia di istruzione, relative  alle  scuole  di  ogni  ordine  e
grado), norma che regola il reclutamento  del  personale  docente  ed
educativo, e  concorre  a  comporre  la  disciplina  delle  procedure
concorsuali,  richiamata,  sia  pure   senza   espresso   riferimento
normativo, nell'art. 4, comma 1, della legge n. 124 del  1999,  norma
impugnata. 
    Si prevede, tra l'altro, modificandosi il primo periodo del comma
01 dell'art. 400 del d.lgs. n. 297 del  1994,  che  «I  concorsi  per
titoli ed esami sono nazionali e sono indetti su base regionale,  con
cadenza triennale, per tutti  i  posti  vacanti  e  disponibili,  nei
limiti delle risorse finanziarie disponibili, nonche' per i posti che
si rendano tali nel triennio. Le relative graduatorie hanno validita'
triennale a decorrere dall'anno scolastico  successivo  a  quello  di
approvazione delle stesse e perdono efficacia  con  la  pubblicazione
delle graduatorie del concorso successivo e  comunque  alla  scadenza
del predetto triennio». 
    La nuova normativa ha dunque confermato la cadenza triennale  dei
concorsi, gia' prevista dal testo previgente. 
    Infine, ai sensi del comma 109 dell'art. 1 della legge n. 107 del
2015, l'accesso ai ruoli a tempo indeterminato del personale  docente
educativo della scuola  statale,  fermo  il  piano  straordinario  di
assunzioni, avverra' mediante concorsi  pubblici  nazionali  su  base
regionale per titoli ed esami, ai sensi del  suddetto  art.  400  del
d.lgs. n. 297 del 1994, come modificato. 
    14.4.-  A  tale  normativa  a  regime  si  aggiungono   rilevanti
disposizioni transitorie. 
    E' infatti stabilito (art. 1, comma 95, della stessa legge)  che:
«Per  l'anno  scolastico  2015/2016,  il  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca e' autorizzato ad attuare  un  piano
straordinario  di  assunzioni  a  tempo  indeterminato  di  personale
docente per le istituzioni  scolastiche  statali  di  ogni  ordine  e
grado, per la copertura  di  tutti  i  posti  comuni  e  di  sostegno
dell'organico di diritto, rimasti  vacanti  e  disponibili  all'esito
delle operazioni di immissione in ruolo effettuate  per  il  medesimo
anno scolastico ai sensi dell'articolo 399 del testo unico di cui  al
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, al  termine  delle  quali
sono soppresse le  graduatorie  dei  concorsi  per  titoli  ed  esami
banditi anteriormente al 2012». 
    E' poi previsto, sempre dal comma 109, lettera c),  della  citata
legge n. 107 del 2015, che l'art. 399, del d.lgs. n.  297  del  1994,
secondo cui  l'accesso  ai  ruoli  ha  luogo  anche  attingendo  alle
graduatorie  permanenti,  continua  ad  applicarsi  fino   a   totale
scorrimento delle relative graduatorie ad esaurimento. 
    15.- Ebbene, si e'  gia'  detto  della  pluralita'  delle  misure
autorizzate dalla normativa comunitaria che  qui  viene  in  rilievo;
occorre ora precisare che tali misure sono fra loro alternative e che
quindi si deve ritenere sufficiente l'applicazione  di  una  sola  di
esse. 
    Cio' si desume in particolare al paragrafo 79 della  motivazione,
secondo cui «quando  si  e'  verificato  un  ricorso  abusivo  a  una
successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato,
si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed
equivalenti  di  tutela  dei  lavoratori  al   fine   di   sanzionare
debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze  della  violazione
del diritto dell'Unione»: dunque, e' solo una la misura da applicare,
purche' presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela. 
    Nello stesso senso sono i precedenti  della  Corte  di  giustizia
che, sempre a proposito  della  clausola  5,  punto  1,  dell'accordo
quadro, affermano che rientra nel potere  discrezionale  degli  Stati
membri  ricorrere,  al  fine  di  prevenire  l'utilizzo  abusivo   di
contratti di lavoro a tempo determinato, ad una o piu' tra le  misure
enunciate in tale clausola o, ancora, a norme equivalenti in  vigore,
purche' tengano conto delle esigenze  di  settori  e/o  di  categorie
specifici  di  lavoratori  (sentenza  15  aprile  2008,  nella  causa
C-268/06, Impact; sentenza 23 aprile 2009,  nelle  cause  riunite  da
C-378/07 a C-380/07, Angelidaki ed altri). 
    L'alternativita' e' del resto implicita  nell'identica  efficacia
delle due misure  espressamente  individuate  dalla  Corte,  entrambe
idonee «a cancellare le conseguenze  della  violazione»  (sempre  nel
paragrafo 79). 
    Tale efficacia e' indubbiamente tipica  della  sanzione  generale
del risarcimento, desunta dai principi della normativa comunitaria  e
non richiede approfondimenti; non diversa, tuttavia,  e'  l'efficacia
dell'altra  misura,  che  sostanzialmente  costituisce  anch'essa  un
risarcimento, ma in forma specifica. Cio' sarebbe ancor piu' evidente
se la  sanzione  alternativa  consistesse  nella  trasformazione  del
rapporto  di  lavoro  a  tempo  determinato  in  rapporto   a   tempo
indeterminato,  ma  la  Corte  di  giustizia   dell'Unione   europea,
prendendo atto del principio del concorso pubblico,  ricordato  anche
nell'ordinanza n. 207 del 2013, ritiene  sufficiente  una  disciplina
che garantisca serie chances di stabilizzazione del rapporto. 
    16.- Ebbene, dalla combinazione dei vari interventi, sia a regime
che  transitori,  effettuati  dal  legislatore   nel   2015,   emerge
l'esistenza in tutti i casi che  vengono  in  rilievo  di  una  delle
misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia. 
    E tale conclusione trova una indiretta ma autorevole conferma  in
quella cui  e'  pervenuta  la  Commissione  U.E.  a  proposito  della
procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per  la
violazione  della  stessa  normativa  dell'Unione:  essa   e'   stata
archiviata  senza  sanzioni  a  seguito  della  difesa   dell'Italia,
argomentata con riferimento alla normativa sopravvenuta. 
    17.- Viene anzitutto introdotto un termine  effettivo  di  durata
dei contratti a tempo determinato, il cui rispetto e'  garantito  dal
risarcimento  del  danno.  E  questo,   configura   quella   sanzione
dissuasiva che la normativa comunitaria ritiene indispensabile. 
    18.- Quanto alle  situazioni  pregresse,  occorre  distinguere  a
seconda del personale interessato. 
    18.1.-  Per  i  docenti,  si  e'  scelta  la  strada  della  loro
stabilizzazione con il piano straordinario destinato alla  «copertura
di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto». 
    Esso e' volto a garantire all'intera massa di docenti precari  la
possibilita' di fruire di un accesso privilegiato al pubblico impiego
fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento,  secondo
quanto previsto dal comma 109 dell'art. 1  della  legge  n.  107  del
2015, permettendo loro di ottenere la stabilizzazione grazie o a meri
automatismi (le graduatorie)  ovvero  a  selezioni  blande  (concorsi
riservati). 
    In tal modo vengono attribuite serie e indiscutibili  chances  di
immissione in ruolo a tutto il  personale  interessato,  secondo  una
delle alternative espressamente prese in considerazione  dalla  Corte
di giustizia. 
    La  scelta  e'  piu'   lungimirante   rispetto   a   quella   del
risarcimento, che avrebbe lasciato il sistema scolastico nell'attuale
incertezza  organizzativa  e   il   personale   in   uno   stato   di
provvisorieta' perenne; una scelta che - va sottolineato  -  richiede
uno sforzo organizzativo e finanziario estremamente impegnativo e che
comporta un'attuazione invero peculiare di un principio basilare  del
pubblico impiego (l'accesso con concorso pubblico), volto a garantire
non solo l'imparzialita' ma anche  l'efficienza  dell'amministrazione
(art. 97 Cost.). 
    18.2.- Per il personale ATA, invece, non e' previsto alcun  piano
straordinario di  assunzione  e  pertanto  nei  suoi  confronti  deve
trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del  danno,
misura del resto prevista - lo si e' piu' volte ricordato - dal comma
132 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015,  che  quindi  anche  per
questo aspetto deve ritenersi in linea con la normativa comunitaria. 
    19.- Si deve pertanto concludere nel senso che lo Stato  italiano
si e' reso responsabile della violazione del  diritto  dell'U.E.,  ma
anche che il  conseguente  illecito  e'  stato  "cancellato"  con  la
previsione di adeguati ristori al personale interessato. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale, nei sensi e nei  limiti
di cui in motivazione, dell'art. 4, commi  1  e  11,  della  legge  3
maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  personale
scolastico), nella parte in cui  autorizza,  in  mancanza  di  limiti
effettivi  alla  durata  massima  totale  dei  rapporti   di   lavoro
successivi, il rinnovo  potenzialmente  illimitato  di  contratti  di
lavoro a tempo determinato  per  la  copertura  di  posti  vacanti  e
disponibili di docenti nonche' di personale amministrativo, tecnico e
ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 giugno 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
 
                                                            Allegato: 
                       Ordinanza letta all'udienza del 17 maggio 2016 
 
                              ORDINANZA 
 
    Rilevato che, nei giudizi di cui ai nn. 248 e 249 del  reg.  ord.
2012, hanno depositato atto di costituzione Cittadino  Donatella,  in
data 4 febbraio 2015, e Zangari Gemma, in data 5 febbraio 2015, parti
nei giudizi principali; 
    che, nei giudizi di cui ai nn. 143, 144, 248 e 249 del reg.  ord.
del  2012,  hanno  depositato  atto  di  intervento  la   Federazione
lavoratori  della  conoscenza-CGIL  e  la   Confederazione   generale
italiana del lavoro-CGIL, rispettivamente in  data  14  maggio  e  19
maggio 2015, il CODACONS e l'Associazione per la difesa  dei  diritti
civili della scuola (questi ultimi due anche nei giudizi  di  cui  al
reg. ord. nn. 32 e 34 del 2014) in data 23 ottobre 2015 e,  solo  nel
giudizio di cui  al  reg.  ord.  n.  249  del  2012,  la  Federazione
GILDA-UNAMS, in data 26 aprile 2016. 
    Considerato che, ai sensi dell'art. 3, comma  1,  primo  periodo,
delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, «La costituzione delle  parti  nel  giudizio  davanti
alla Corte ha luogo nel termine di venti giorni  dalla  pubblicazione
dell'ordinanza  nella  Gazzetta  Ufficiale,  mediante   deposito   in
cancelleria della procura speciale, con la elezione del domicilio,  e
delle deduzioni comprensive delle conclusioni»; 
    che, con riguardo agli  interventi,  l'art.  4,  comma  4,  delle
richiamate norme integrative prevede analogo termine  stabilendo  che
l'atto di intervento «deve essere depositato non oltre  venti  giorni
dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale  dell'atto  introduttivo
del giudizio»; 
    che le predette ordinanze nn. 143  e  144  del  2012  sono  state
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 33, prima serie speciale,  del
22 agosto 2012, le ordinanze nn.  248  e  249  del  2012  sono  state
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 44, prima serie speciale,  del
7 novembre 2012 e le ordinanze nn.  32  e  34  del  2014  sono  state
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 13, prima serie speciale,  del
19 marzo 2014; 
    che detti  termini,  che  hanno  natura  perentoria  (ex  multis,
sentenza n. 190 del 2006), si  erano,  peraltro,  gia'  consumati  al
momento della sospensione del giudizio disposta  con  l'ordinanza  di
questa Corte n. 207 del 2013 sino alla definizione delle questioni di
interpretazione della clausola 5, punto 1, dell'accordo  quadro  CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla  direttiva
28 giugno 1999,  n.  1999/70/CE  del  Consiglio,  sottoposte  in  via
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea; 
    che, secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (ex
multis, sentenze n. 71 del 2015, n. 216 del 2014 e n. 231 del  2013),
possono  intervenire  nel  giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale le sole parti  del  giudizio  principale  ed  i  terzi
portatori di un interesse  qualificato,  immediatamente  inerente  al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio  e   non   semplicemente
regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di
censura; 
    che  la  Federazione  lavoratori  della  conoscenza-CGIL   e   la
Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, nonche' il CODACONS
e l'Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola, e  la
Federazione  GILDA-UNAMS  non  risultano  essere  parti  dei  giudizi
principali nel corso dei quali sono state sollevate le  questioni  di
legittimita' costituzionale oggetto delle ordinanze iscritte  ai  nn.
143, 144, 248 e 249 del reg. ord. 2012 e ai nn. 32 e 34 del reg. ord.
2014, ne' le  stesse  sono  titolari  di  un  interesse  qualificato,
inerente in modo diretto e immediato ai rapporti sostanziali  dedotti
in giudizio; 
    che nel procedimento instauratosi dinanzi alla Corte di giustizia
a seguito di rinvio pregiudiziale, a norma degli artt. 96  e  97  del
Regolamento  di  procedura  della  Corte   di   giustizia,   «possono
presentare  osservazioni  dinanzi   alla   Corte»   «le   parti   nel
procedimento principale», che sono «quelle individuate come tali  dal
giudice  del  rinvio,  in  osservanza  delle   norme   di   procedura
nazionali»; 
    che  la  Federazione  lavoratori  della  conoscenza-CGIL   e   la
Confederazione  generale  italiana  del   lavoro-CGIL,   nonche'   la
Federazione  GILDA-UNAMS,  come  esposto  negli  atti  di  intervento
depositati  nei  presenti  giudizi  incidentali,   hanno   presentato
osservazioni dinanzi alla Corte di giustizia in  quanto  parti  nella
causa C-62/13 (come si rileva,  peraltro,  dalla  intestazione  della
sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre  2014  nelle  cause
riunite C-22/13, da  C-61/13  a  C-63/13  e  C-418/13),  che  non  e'
relativa ad alcuno  dei  giudizi  principali  degli  odierni  giudizi
incidentali di legittimita' costituzionale; 
    che, pertanto, devono essere dichiarate inammissibili, in  quanto
tardive, le costituzioni in giudizio di Cittadino Donatella e Zangari
Gemma, parti nei giudizi a quibus, nonche', anche in quanto  tardivi,
gli interventi della Federazione lavoratori della  conoscenza-CGIL  e
della Confederazione generale italiana del lavoro-CGIL, del  CODACONS
e dell'Associazione per la difesa dei diritti civili della scuola,  e
della Federazione GILDA-UNAMS, con riguardo a soggetti non parti  nei
giudizi a quibus e che risultano privi di un  interesse  qualificato,
nei termini sopra esposti. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  inammissibili  le  costituzioni  in   giudizio   di
Cittadino Donatella e Zangari Gemma; 
    2)  dichiara  inammissibili  gli  interventi  della   Federazione
lavoratori  della  conoscenza-CGIL,  della  Confederazione   generale
italiana del lavoro-CGIL,  del  CODACONS,  dell'Associazione  per  la
difesa  dei  diritti  civili  della  scuola   e   della   Federazione
GILDA-UNAMS. 
 
                   F.to: Paolo Grossi, Presidente