N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 giugno 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 giugno  2016  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Calabria - Norme per la tutela
  della  salute   dei   pazienti   nell'esercizio   delle   attivita'
  specialistiche  odontoiatriche  -  Individuazione  delle  attivita'
  odontoiatriche non soggette  ad  autorizzazione  o  a  segnalazione
  certificata di inizio attivita' (SCIA) e delle  attivita'  soggette
  ad autorizzazione sanitaria all'esercizio. 
- Legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10  (Norme  per  la
  tutela della salute dei  pazienti  nell'esercizio  delle  attivita'
  specialistiche odontoiatriche), artt. 4 e 5. 
(GU n.32 del 10-8-2016 )
    Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato  per  legge  contro  la  Regione  Calabria,  in
persona del Presidente in carica, con sede  a  Cittadella  Regionale,
viale  Europa  -  Localita'  Germaneto,  88100  -  Catanzaro  per  la
declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione
del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 10  giugno
2016, degli articoli 4 e 5 della  legge  della  Regione  Calabria  20
aprile 2016, n. 10 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della  Regione
Calabria n. 47 del 21 aprile 2016. 
    In data 21 aprile 2016, nel n. 47 del Bollettino Ufficiale  della
Regione Calabria, e' stata pubblicata la legge  regionale  20  aprile
2016, n. 10 intitolata «Norme per la tutela della salute dei pazienti
nell'esercizio delle attivita' specialistiche odontoiatriche». 
    In particolare, ed ai fini che qui interessano,  l'art.  4  della
legge  -  rubricato  «Attivita'   odontoiatrica   non   soggetta   ad
autorizzazione o a segnalazione certi di inizio attivita' -  SCIA»  -
stabilisce  che  «non  sono  soggetti  ad  autorizzazione   sanitaria
all'esercizio, ne' a segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'
(SCIA), gli studi odontoiatrici che effettuano esclusivamente  visite
e/o diagnostica strumentale non invasiva». 
    Il  successivo  art.  5  -  rubricato  «Attivita'   odontoiatrica
soggetta ad autorizzazione sanitaria all'esercito» -  dispone  invece
quanto segue: 
        «E' soggetta ad autorizzazione sanitaria  all'esercizio,  con
integrale  applicazione  del  procedimento   previsto   dalla   legge
regionale n. 24/2008: 
          a) l'attivita' volta ad erogare prestazioni  odontoiatriche
all'interno di ambulatori o di altre strutture sanitarie comunque non
rientranti  nella  definizione  di  "studio  odontoiatrico"  di   cui
all'art. 2; 
          b) in via residuale, l'attivita' degli studi  odontoiatrici
che non rientra tra le  prestazioni  a  minore  invasivita'  elencate
nell'Allegato "B" alla presente legge, fatte salve le  previsioni  di
cui all'art. 4». 
    Dette disposizioni eccedono  le  competenze  regionali,  invadono
quelle statali e sono percio' violative di previsioni costituzionali:
esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex  art.  127
Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale  e
ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
                             Prolegomeni 
 
    Per meglio comprendere il senso e la portata delle censure che si
verranno esponendo e' d'uopo premettere che la Regione Calabria,  per
la quale si era verificata una situazione di  disavanzo  nel  settore
sanitario  tale  da  generare  uno  squilibrio  economico-finanziario
suscettibile di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali  di
assistenza, il 17 dicembre 2009 aveva stipulato, ai  sensi  dell'art.
1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria
2005), un Accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle
finanze - comprensivo di un Piano di rientro dal disavanzo  sanitario
- il quale individuava, come previsto  dalla  norma,  gli  interventi
necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto
dei livelli essenziali di  assistenza  e  degli  adempimenti  di  cui
all'intesa (Stato-Regioni) prevista  dal  comma  173  della  medesima
disposizione. 
    Peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal  Piano
di rientro nei tempi e nelle dimensioni previste dall'art.  1,  comma
180, della legge n. 311/2004, nonche' dall'intesa  Stato-Regioni  del
23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, in
attuazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e  dell'art.  8
comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la  Regione  Calabria  e'
stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre
2007 n. 159 convertita in legge 29 novembre 2007, n. 222. 
    La norma da ultimo  citata  prevede  infatti  che,  «qualora  nel
procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di  rientro
... si prefiguri il mancato rispetto da  parte  della  regione  degli
adempimenti  previsti  dai  medesimi   Piani,   in   relazione   alla
realizzabilita' degli equilibri finanziari  nella  dimensione  e  nei
tempi ivi programmati, in funzione degli interventi  di  risanamento,
riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del  sistema
sanitario  regionale,  anche  sotto  il  profilo   amministrativo   e
contabile,  tale  da  mettere  in  pericolo  la  tutela   dell'unita'
economica  e  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  ...,   il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  la  procedura  di  cui
all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  su  proposta
del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e
le autonomie locali, diffida la regione ad  adottare  entro  quindici
giorni tutti gli  atti  normativi,  amministrativi,  organizzativi  e
gestionali  idonei  a  garantire  il  conseguimento  degli  obiettivi
previsti nel Piano»  (art.  4,  comma  1,  d.1.  cit.);  in  caso  di
inottemperanza alla diffida o nell'ipotesi  in  cui  gli  atti  e  le
azioni  posti  in  essere  risultino  inidonei  o  insufficienti   al
raggiungimento  degli  obiettivi  programmati,   il   Consiglio   dei
ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di
concerto con il Ministro della salute, sentito il  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta
per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro (art. 4,
comma 2, primo periodo, d.l. cit.). 
    Ed infatti, nella seduta del 30 luglio  2010,  il  Consiglio  dei
ministri delibero' la  nomina  di  un  Commissario  ad  acta  per  la
realizzazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel  settore
sanitario  della  Regione  Calabria,  individuando  lo  stesso  nella
persona del Presidente pro tempore della Regione. 
    Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, con delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010,  il
Commissario ad acta approvo' i Programmi operativi  con  i  quali  fu
data prosecuzione al Piano di Rientro 2013-2015. 
    Sopraggiunta  la  legge  23  dicembre  2014,  n.  190  (legge  di
stabilita' 2015), il Consiglio dei  ministri,  con  delibera  del  12
marzo 2015, ha conferito, ai sensi  dell'art.  1,  comma  569,  della
stessa legge, l'incarico di Commissario ad acta per l'attuazione  del
Piano  di  rientro  all'ing.  Massimo  Scura,  secondo  i   Programmi
operativi di cui all'art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009. 
    Tale  delibera  attribuisce  al  nuovo  Commissario  ad  acta   i
contenuti del mandato commissariale gia' affidato al  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale calabra. Al nuovo Commissario e' stato
infatti assegnato l'incarico prioritario di  adottare  ed  attuare  i
Programmi operativi  e  gli  interventi  necessari  a  garantire,  in
maniera uniforme sul territorio regionale, l'erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza,
sicurezza e qualita', nei termini  indicati  dai  Tavoli  tecnici  di
verifica, e nell'ambito della cornice normativa vigente. 
    In particolare, il mandato commissariale del 12 marzo 2015 affida
al Commissario ad acta, al punto 10), tra le azioni e gli  interventi
prioritari, l'«attuazione  della  normativa  statale  in  materia  di
autorizzazioni e accreditamenti istituzionali,  mediante  adeguamento
della vigente normativa regionale». 
    Alla  luce  del  contesto  normativo  ed  amministrativo   teste'
descritto,  la  legge  regionale  20  aprile  2016,  n.  10  contiene
disposizioni che, come  s'e'  detto,  appaiono  sotto  piu'  rispetti
viziate d'illegittimita' costituzionale. 
 
                                  A 
 
    1. Sotto un primo profilo, si osserva infatti che gli articoli  4
e 5 della legge regionale Calabria 20 aprile 2016, n. 10 - d'ora,  in
avanti,  per  brevita',  la  legge  -, identificando   le   attivita'
odontoiatriche  rispettivamente  non   soggette   ad   autorizzazione
sanitaria  all'esercizio  o  a  segnalazione  certificata  di  inizio
attivita' (SCIA) (art. 4)  e  quelle  che  sono  invece  soggette  ad
autorizzazione sanitaria all'esercizio (art.  5),  dettano  norme  in
materia sanitaria in costanza di vigenza del  Piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario alla cui attuazione e' esclusivamente  competente
il Commissario ad acta in carica. 
    Per questo aspetto le due disposizioni sono incostituzionali,  in
primo  luogo,  per  violazione  dell'art.   120,   comma   2,   Cost.
interferendo pesantemente con le funzioni  commissariali  di  cui  al
punto 10) della deliberazione  assunta  dal  Consiglio  dei  ministri
nella seduta del 12 marzo 2015 la quale,  come  s'e'  detto,  tra  le
azioni e gli  interventi  prioritari  ha  posto  l'«attuazione  della
normativa statale  in  materia  di  autorizzazioni  e  accreditamenti
istituzionali,   mediante   adeguamento   della   vigente   normativa
regionale». 
    L'adeguamento alla legislazione statale della normativa regionale
in materia di autorizzazioni allo svolgimento di attivita'  sanitaria
e'  dunque  compito  e  funzione  -  prioritaria  e  precipua  -  del
Commissario ad acta,  compito  e  funzione  nelle  quali  la  Regione
commissariata non puo' indebitamente surrogarsi  stabilendo,  in  via
normativa, quali sono le attivita'  sanitarie  il  cui  esercizio  e'
soggetto ad autorizzazione e quali, invece, non  lo  sono  o  per  le
quali e' sufficiente una semplice segnalazione  certificata  d'inizio
attivita'. 
    Legiferando  in  materia  la  Regione  Calabria  si  e'   percio'
illegittimamente riappropriata di un  potere  dal  cui  esercizio  e'
stata temporaneamente interdetta per effetto dell'esercizio, da parte
del Governo, del potere sostitutivo previsto dall'art. 120, comma  2,
Cost. - e dalle relative norme statali di  attuazione  (in  generale,
quanto ai modi e ai termini, dall'art. 8 della legge n.  131/2003  e,
nello specifico, dall'art. 4 del decreto-legge n. 159/2007) - al fine
di garantire «la tutela  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali»  in  materia  di  prestazioni
sanitarie; e, cosi' facendo,  e'  percio'  incorsa,  eo  ipso,  nella
violazione del precetto costituzionale sopra richiamato. 
    Si  ricorda  che,  di  recente,  codesta  Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 120,  comma
2, Cost.,  di  altre  disposizioni  emanate  dalla  Regione  Calabria
proprio in materia sanitaria - legge regionale 29 marzo 2013, n. 12 -
anche allora sotto il profilo della indebita interferenza della legge
regionale impugnata con l'attivita' e le funzioni del commissario  ad
acta (sentenza 5 maggio 2014, n. 110). 
    In  quell'occasione   codesta   Corte   ha   ricordato   che   la
giurisprudenza costituzionale «ha piu' volte affermato che  l'operato
del commissario ad acta,  incaricato  dell'attuazione  del  Piano  di
rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e
la Regione interessata, sopraggiunge  all'esito  di  una  persistente
inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti  ad
un'attivita'  che  pure  e'  imposta  dalle  esigenze  della  finanza
pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione
che l'esercizio del potere  sostitutivo  e',  nella  specie,  imposto
dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica  della
Repubblica,  oltre  che  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual  e'  quello
alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le  funzioni
amministrative del Commissario, ovviamente fino  all'esaurimento  dei
suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere  poste
al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (sul punto, v.
anche le sentenze 3 maggio 2013, n. 79, 26 febbraio 2013, n.  28,  14
febbraio 2013, n. 18, 25 maggio 2012, n. 131, 11 marzo 2011, n. 78). 
    Nella  citata  sentenza  n.  79/2013   codesta   Corte   ha   poi
ulteriormente precisato che anche «la mera potenziale  situazione  di
interferenza con le funzioni commissariali e' idonea - a  prescindere
dalla ravvisabilita'  di  un  diretto  contrasto  con  i  poteri  del
commissario - ad  integrare  la  violazione  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost.». 
    2. Sotto altro, ma concorrente, profilo mette poi conto osservare
che  le  stesse  disposizioni  regionali,  prevedendo  interventi  in
materia di organizzazione sanitaria  non  contemplati  dal  Piano  di
rientro e, segnatamente, dal «Programma 5» del Piano - approvato  con
decreto  del  Commissario  ad  acta  n.  14  del  2  aprile  2015  -,
riguardante le autorizzazioni e gli  accreditamenti,  si  pongono  in
contrasto con i principi fondamentali diretti al  contenimento  della
spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi  80  e  95,  della
legge n. 191 del 2009: e, in  particolare,  con  quello  fissato  dal
comma 95 dell'art. 2 citato a mente del quale gli interventi previsti
nell'Accordo Stato-Regione e nel  relativo  Piano  di  rientro  «sono
vincolanti  per  la  regione,  che  e'  obbligata   a   rimuovere   i
provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». 
    Per  questo  riguardo  le   disposizioni   regionali   all'esame,
intervenendo  in  ambito  -  quello  autorizzatorio  -  che,  siccome
contemplato  dall'Accordo  sottoscritto  e  dal  relativo  Piano   di
rientro, e' attualmente riservato alla competenza del Commissario  ad
acta, violano pertanto l'art. 117, comma 3, Cost. contrastando con  i
principi  fondamentali  della  legislazione  statale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute. 
    Con la citata sentenza n. 79 del 2013 codesta  Corte  ha  infatti
evidenziato che la giurisprudenza  costituzionale  «ha  ripetutamente
affermato che l'autonomia legislativa concorrente delle  Regioni  nel
settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della
gestione del servizio sanitario  puo'  incontrare  limiti  alla  luce
degli obiettivi della  finanza  pubblica  e  del  contenimento  della
spesa», peraltro in un «quadro di  esplicita  condivisione  da  parte
delle Regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi  del
settore sanitario» (sentenze n. 91 del  2012  e  n.  193  del  2007).
Pertanto, il legislatore statale puo'  «legittimamente  imporre  alle
Regioni vincoli  alla  spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio
unitario della finanza pubblica complessiva, in  connessione  con  il
perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da  obblighi
comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011  e  n.  52  del
2010). 
    In tale contesto,  la  Corte  ha  gia'  piu'  volte  riconosciuto
all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n.  191  del  2009  natura  di
«principio fondamentale diretto al contenimento della spesa  pubblica
sanitaria  e,  dunque,  espressione  di  un  correlato  principio  di
coordinamento  della  finanza  pubblica»  (cosi'  la  gia'  ricordata
sentenza n. 79/2013 che richiama a sua volta le  pronunce  18  aprile
2012, n. 91, 12 maggio 2011, n. 163,  11  aprile  2011,  n.  123,  23
aprile 2010, n. 141 e 17 marzo 2010, n. 100). 
    «Tali norme - prosegue, in motivazione, la sentenza n. 79/2013  -
hanno, infatti,  reso  vincolanti  per  le  Regioni  che  li  abbiano
sottoscritti,  gli  interventi  individuati  negli  accordi  di   cui
all'art.  1,  comma  180,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati  a  realizzare  il
contenimento della spesa sanitaria ed  a  ripianare  i  debiti  anche
mediante  la  previsione  di  speciali  contributi  finanziari  dello
Stato». 
    Per queste ragioni gli articoli  4  e  5  della  legge  regionale
Calabria  n.  10/2016   sono   costituzionalmente   illegittimi   per
violazione degli articoli 120, comma 2, Cost. e 117, comma 3, Cost. 
 
                                  B 
 
    L'art. 4 della legge e' pero'  incostituzionale  anche  sotto  un
altro profilo. 
    Esso  prevede,  infatti,  con  formulazione   generica   e   poco
perspicua, che non sono  soggetti  ne'  ad  autorizzazione  sanitaria
all'esercizio ne' a  segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'
(SCIA) quegli  studi  odontoiatrici  che  «effettuano  esclusivamente
visite e/o diagnostica strumentale non invasiva». 
    Per questo riguardo la norma si  pone  in  palese  contrasto  con
quanto stabilito dall'art. 8, comma 4,  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502 il  quale,  nel  quadro  della  disciplina  dei
rapporti per l'erogazione delle prestazioni  assistenziali,  prevede,
con atto di  indirizzo  e  coordinamento,  emanato  d'intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome, sentito il  Consiglio  superiore  di  sanita',  la
definizione di «requisiti strutturali,  tecnologici  e  organizzativi
minimi richiesti per l'esercizio delle attivita' sanitarie  da  parte
delle strutture pubbliche e private e la periodicita'  dei  controlli
sulla permanenza dei requisiti stessi». 
    L'art. 8-bis del decreto legislativo n. 502/1992 stabilisce  poi,
per quanto qui interessa, che l'esercizio di attivita'  sanitarie  e'
subordinato "al rilascio delle autorizzazioni di cui all'art.  8-ter"
(art.  8-bis,  comma  3):  tale  disposizione,  quanto   agli   studi
odontoiatrici,  prevede  che   «l'autorizzazione   all'esercizio   di
attivita'  sanitarie  e',   altresi',   richiesta   per   gli   studi
odontoiatrici,  medici  e  di  altre   professioni   sanitarie,   ove
attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero
procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare  complessita'  o
che comportino un rischio per la sicurezza del paziente,  individuati
ai sensi  del  comma  4,  nonche'  per  le  strutture  esclusivamente
dedicate ad attivita' diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti
terzi» (art. 8-ter, comma 2). 
    L'art. 4 della legge regionale Calabria n. 10/2016, prevedendo in
maniera  assolutamente  generica   l'esclusione   dall'autorizzazione
sanitaria e dalla segnalazione certificata inizio attivita' gli studi
odontoiatrici che  effettuano  visite  e/o  prestazioni  diagnostiche
strumentali «non invasive», senza peraltro specificare in alcun  modo
il livello di  invasivita',  si  pone  dunque  in  contrasto  con  il
principio fondamentale di tutela della salute di cui sono espressione
le  citate  disposizioni  del  decreto  legislativo  n.  502/1992  e,
pertanto, viola i precetti di cui agli articoli 32 e  117,  comma  3,
della Costituzione. 
    Giova a tal proposito rammentare che con sentenza 16 aprile 2015,
n. 59 codesta Corte ha evidenziato come «la competenza  regionale  in
materia di autorizzazione e  vigilanza  sulle  istituzioni  sanitarie
private  debba  senz'altro  essere  inquadrata  nella  piu'  generale
potesta' legislativa concorrente in materia di tutela  della  salute,
che  vincola  le  Regioni  al  rispetto  dei  principi   fondamentali
stabiliti dalle leggi dello Stato» (sentenze 31 marzo 2006, n. 134 26
maggio 2005, n. 200; nello stesso, sent. 19 dicembre 2012, n.  292  e
22 novembre 2012, n. 260). 
    Da tanto consegue - prosegue la Corte - «che, ai sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost., le scelte del legislatore  regionale  devono
svolgersi nel  rispetto  dei  principi  fondamentali  riservati  alla
legislazione dello Stato (sentenze n. 162 del 2004 e n. 282 del 2002,
ordinanza n. 323 del 2010)». 
    Quanto poi all'obbligatorieta' di autorizzazione da  parte  degli
studi medici ed odontoiatrici, la medesima sentenza n. 59 del 2015 ha
precisato che gli articoli 8 e 8-ter del decreto legislativo  n.  502
del 1992, stabiliscono «requisiti minimi» di sicurezza e qualita' per
poter effettuare prestazioni sanitarie (sentenza n. 292 del 2012)  ed
esprimono principi fondamentali nella materia «tutela  della  salute»
(sentenze n. 245 e n. 150 del 2010). 
    Su tali basi la Corte ha giudicato pertanto  incostituzionale  la
legge della Regione Abruzzo 17 aprile 2014, n. 21 che  aveva  espunto
dal regime autorizzatorio una serie di prestazioni, tra cui  numerosi
interventi dentali e ortodontici in relazione ai  quali,  secondo  la
Corte, non e' ipotizzabile il venir meno dei  livelli  essenziali  di
garanzia previsti dal legislatore statale in ordine alla  qualita'  e
sicurezza delle cure ed  all'idoneita'  delle  dotazioni  tecniche  e
strumentali. 
    Per le suesposte ragioni l'art. 4 della legge regionale  Calabria
n. 10/2016 - che genericamente  esenta  da  autorizzazione  sanitaria
l'esercizio di attivita' odontoiatrica non  invasiva  -  si  pone  in
contrasto con gli articoli 32 e 117, comma 3,  Cost.  ed  e'  percio'
costituzionalmente illegittimo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente
illegittimi,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra
rispettivamente indicati ed illustrati, gli arti. 4 e 5  della  legge
della  Regione  Calabria  20  aprile  2016,  n.  10  pubblicata   nel
Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 47 del 21 aprile 2016,
come da delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta  del
giorno 10 giugno 2016. 
    Con  l'originale  notificato  del  ricorso  si  depositeranno   i
seguenti atti e documenti: 
        1. attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione  del  giorno  10  giugno  2016,
della determinazione di impugnare la legge della Regione Calabria  20
aprile 2016, n. 10 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla
allegata relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  e  le
autonomie; 
        2. copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 47 del 21 aprile 2016. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, 13 giugno 2016 
 
           Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani