N. 194 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 2016

Ordinanza del 15 giugno 2016 del Tribunale di  sorveglianza  di  Bari
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di I. L.. 
 
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari -  Concessione  per
  il delitto di cui all'art. 609-quinquies cod. pen.  (corruzione  di
  minorenni)  solo  sulla  base   dei   risultati   dell'osservazione
  scientifica della personalita' condotta collegialmente  per  almeno
  un anno. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'), art. 4-bis, comma 1-quater, secondo periodo. 
(GU n.41 del 12-10-2016 )
 
                      TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA 
                               DI BARI 
 
    Il Tribunale di sorveglianza di Bari, composto dai sigg. ri 
        - dott.ssa Emma Manzionna - Presidente 
        - dott. Ugo Bassi - Magistrato di sorveglianza relatore 
        - dott. Fortunato Delli Santi - Esperto 
        - dott. Michela Lucia De Salvia - Esperto, 
    riunito nella camera di consiglio del 9 giugno 2016, 
    a scioglimento della riserva formulata all'udienza del  9  giugno
2016, 
    decidendo sulle istanze  di  affidamento  in  prova  al  servizio
sociale, detenzione domiciliare ex art. 47 ter, comma uno, lettera c)
e detenzione domiciliare generica ex art. 47 ter, comma uno  bis,  L.
354.1975 presentate il 22 aprile  2013  ed  il  14  maggio  2013,  di
differimento  facoltativo  dell'esecuzione  della  pena   per   grave
infermita' fisica, presentata nel corso dell'udienza del  6  novembre
2014, da I.  L., nato a Foggia il ........,  per  l'espiazione  della
pena di mesi sei di' reclusione inflitta dal Tribunale di Foggia  con
sentenza del 28 novembre 2008, irrevocabile il 22 febbraio 2013,  per
il delitto di corruzione di minorenne (a  bordo  della  propria  auto
aveva mostrato ripetutamente i propri genitali a  due  minori,  fatto
commesso il 10 ottobre 2004), esecuzione provvisoriamente sospesa dal
PM presso il Tribunale di Foggia il 30 marzo 2013, ai sensi dell'art.
656, quinto comma, cpp; n. 129.2013 SIEP; 
    verificata la regolarita' delle notifiche  e  della  costituzione
delle parti. udita la relazione, ascoltati il PG ed il sostituto  del
difensore di fiducia avv. Massimiliano Mari, letti ed  esaminati  gli
atti, 
 
                               Osserva 
 
    Con sentenza emessa dal Tribunale di Foggia il 28 novembre  2008,
irrevocabile il 22 febbraio 2013, I. L. e' stato condannato alla pena
di mesi sei di reclusione per il delitto di corruzione  di  minorenne
(are 609 quinquies cp), commesso il 10 ottobre 2004. Nella disciplina
vigente all'epoca della commissione del fatto, la pena applicabile in
astratto andava da sei mesi a tre anni di reclusione. In concreto, il
condannato, a bordo della sua auto, aveva mostrato i propri  genitali
a due ragazze d eta' tra gli undici ed i dodici anni. 
    Con istanza presentata  il  22  aprile  2013,  il  condannato  ha
chiesto  di  potere  espiare  la  pena   detentiva   inflittagli   in
affidamento in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare,
ai sensi dell'art. 47 ter, comma uno lettera c) o comma uno  bis,  L.
354.1975. Poi, con istanza formulata nel  corso  dell'udienza  del  6
novembre 2014, ha chiesto di disporsi il differimento dell'esecuzione
della pena per gravi motivi di salute, ai sensi dell'art. 147,  primo
comma, numero due, cp. 
    Dagli atti del fascicolo. risulta che il condannato  sia  affetto
da disturbo ansioso generalizzato, depressione nevrotica, disturbi di
personalita' non specificati, ritardo mentale moderato. Si tratta  di
infermita' psichiche che non consentono il  differimento  facoltativo
dell'esecuzione della pena, ai  sensi  dell'art.  147,  primo  comma,
numero  due,  cp.  Questa   disposizione,   infatti,   si   riferisce
espressamente alle gravi  infermita'  fisiche,  mentre,  in  caso  di
infermita' psichiche tali da impedire l'esecuzione della  pena,  deve
trovare applicazione il disposto di cui all'art. 148 cp  (Cass.  Sez.
1, sent. n. 26806.2008, RV 240865). Le infermita' fisiche rilevano ai
fui di cui all'art. 147 cp solo nel caso in cui si traducano in grave
infermita' fisica (Cass. Sez. 1, sent. n.  32365.2010,  RV  248252  e
sent. n. 5732.2013). 
    Nel corso dell'udienza, del 18 dicembre  2014,  il  difensore  ha
evidenziato  come   la   grave   infermita'   fisica   possa   essere
rappresentata   dall'obesita',   certificata   nel   verbale    della
Commissione  di  prima  istanza  per   l'accertamento   degli   stati
d'invalidita' civile del 13 aprile 2005. Tale infermita' non  risulta
essere particolarmente grave, atteso che, nella relazione UEPE del 21
ottobre 2014, non vi e' alcun  riferimento  ad  essa,  ma  solo  alle
infermita' psichiche Inoltre, essa non risulta  incidere  in  maniera
significativa sulla capacita' del condannato  di  compiere  gli  atti
quotidiani della vita e di' partecipare alla vita di  relazione,  per
cui non  puo'  essere  considerata  infermita'  tale  da  rendere  la
detenzione particolarmente gravosa particolarmente gravosa, contraria
al senso di umanita', ne' impedisce la partecipazione del  condannato
all'opera di rieducazione. 
    Dunque, l'istanza  di  differimento  facoltativo  dell'esecuzione
pena per grave infermita' fisica non puo' essere accolta. 
    Con riferimento alle residue istanze,  si  rileva  che,  dopo  il
delitto di cui si' tratta, il condannato ha commesso solo un'evasione
il 10 marzo  2007,  sanzionata  con  la  pena  di'  mesi  quattro  di
reclusione. 
    Non  pendono  procedimenti  penali  presso   la   Procura   della
Repubblica di Foggia. Inoltre, dalle relazioni  UEPE  del  19  maggio
2014 e del 6 giugno 2016, risulta che lo I. non abbia mai frequentato
con costanza il Centro di salute mentale territorialmente competente.
Ciononostante, egli e' curato e gestito dai familiari, che  lo  hanno
preso  in  carico,  per  cui  l'assistente  sociale   prospetta   «la
concessione di una misura alternativa che consenta  alla  persona  di
svolgere attivita' quotidiane presso i parenti, mancando lo stesso di
un'autonomia personale». Dunque, posto che il condannato non  risulta
delinquere dal 2007 e che la pena da espiare  e'  di  durata  modesta
(sei mesi), nulla osterebbe,  nel  merito,  all'accoglimento  di  una
misura  alternativa  al  carcere,  semmai  con   la   previsione   di
frequentare con costanza il Centro di salute mentale territorialmente
competente  al  fine  di  avviare  un  percorso  di  osservazione   e
terapeutico. 
    Pero', in base all'art. 4 bis, comma  uno  quater,  L.  354.1975,
l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale   e   la   detenzione
domiciliare sanitaria possono essere applicati al condannato  per  il
delitto di cui.  all'art.  609  quinquies  cp  solo  sulla  base  dei
risultati dell'osservazione scientifica della  personalita'  condotta
collegialmente per almeno un anno anche con la  partecipazione  degli
esperti di cui al quarto  comma  dell'art.  80  della  stessa  legge.
Invece, la  detenzione  domiciliare  generica  non  puo'  essere  mai
applicata e la relativa istanza e', dunque, inammissibile, atteso che
il delitto di corruzione di minorenne rientra nell'elencazione di cui
all'art. 4 bis L. 354.1975 ed e', quindi, ostativo al  riconoscimento
della misura alternativa generica. 
    Va  subito  rilevato  che  l'art.  4  bis  L.   354.1975,   nella
formulazione vigente all'epoca della commissione del fatto di cui  si
tratta,   non   prevedeva   alcun   limite   con   riferimento   alla
concedibilita' delle misure alternative alla detenzione  in  caso  di
pena inflitta per il delitto di cui all'art. 609 quinquies cp. Pero',
per giurisprudenza costante, sia della Corte di cassazione che  della
Corte  costituzionale,  si  ritiene  che  le  norme  in  materia   di
ordinamento penitenziario non siano  norme  penali  sostanziali:  «Le
disposizioni concernenti  l'esecuzione  delle  pene  detentive  e  le
misure alternative alla detenzione,  non  riguardando  l'accertamento
del reato e  l'irrogazione  della  pena,  ma  soltanto  le  modalita'
esecutive  della  stessa,  non  hanno  carattere  di   norme   penali
sostanziali e, pertanto,  in  assenza  di  una  specifica  disciplina
transitoria, soggiacciono al principio "tempus  regit  actum"  e  non
alle regole dettatate in materia di successione di norme  penali  nel
tempo» (principio affermato  in  relazione  alla  modifica  dell'art.
4-bis della legge n. 354 del 1975,  relativo  alla  previsione  della
concedibilita' dei permessi premio ai  detenuti  per  il  delitto  di
sequestro  di  persona  a  scopo  di  estorsione  solo  in  caso   di
collaborazione con la giustizia da Cass. Sez. 1, sent. n. 11580.2013,
RV 255310; si veda, anche, SS.UU. sent. n.  24561.2006,  RV  233976).
Pertanto, nel caso  di  specie,  va  applicato  il  disposto  di  cui
all'art. 4 bis, comma uno quater, L 354.1975, nella formulazione oggi
vigente, con i relativi limiti e divieti. 
    Secondo la piu' recente giurisprudenza della Corte di  cassazione
(Sez. 1, sent. n. 23224.2010 e sent. n. 38727.2013), il giudice  deve
valutare con attenzione i risultati dell'osservazione compiuta  anche
prima dell'entrata in vigore della legge «ostativa», sul  presupposto
che le disposizioni piu' rigorose sopravvenute non possono, comunque,
incidere sulla situazione del condannato che abbia eventualmente gia'
raggiunto un livello rieducativo  adeguato  al  beneficio  richiesto,
come la Corte costituzionale ha piu' volte avuto  modo  di  affermare
(Corte cost. 1 sent. n. 79.2007). Sia che si  debbano  considerare  i
risultati dell'osservazione compiuta in carcere, sia che  si  possano
tenere in  considerazione  i  risultati  trattamentali  raggiunti  in
liberta', anche con il sostegno di' strutture specializzate  e  degli
esperti di cui  all'art.  80 legge  354.1975,  dunque  a  prescindere
dall'osservazione e dal trattamento intramurari, nel caso di  cui  si
tratta non risulta che il condannato  sia  mai  stato  sottoposto  ad
osservazione scientifica della personalita', ne' che abbia  raggiunto
significativi progressi rieducativi. Infatti, nella relazione redatta
il 10 giugno 2014 dal Dirigente del CSM di Foggia, si  legge  che  il
condannato, affetto da disturbo  ansioso  generalizzato,  depressione
nevrotica  e  ritardo  mentale  moderato  (Q.I.  pari  a  50),  abbia
frequentato  il  centro  occasionalmente,  e,  nonostante  il  centro
occasionalmente,  e,  nonostante  il  consiglio  di  frequentarlo  in
maniera costante, si presenta di sua iniziativa,  quando  lo  ritiene
opportuno. 
    Dunque, non vi e' possibilita' concreta di superare la previsione
di cui all'art. 4 bis, comma uno quater. 
    Va rilevato, pero', che, per  le  ipotesi  di  violenza  sessuale
attenuate dalla circostanza di cui all'art. 609 bis, terzo comma,  cp
(casi di' minore gravita'), il legislatore non richieda la preventiva
osservazione scientifica della personalita' per almeno  un  anno.  In
sostanza, nel caso  di  violenza  sessuale  di  minore  gravita',  le
esigenze di prevenzione generale e speciale  rispetto  a  determinate
categorie  di  delitti   espressione   di   particolare   allarme   e
pericolosita' sociale non sono  casi  rilevanti  da  giustificare  la
necessita' di un periodo almeno annuale di  osservazione  collegiale.
Infatti, se il contemperamento tra le esigenze rieducative  e  quelle
di prevenzione speciale e generale rispetto a  determinate  categorie
di delitti puo' avere un senso con riferimento a delitti  espressione
di  particolare  allarrne  e  pericolosita'  sociale,  per   cui   e'
assolutamente necessaria  la  sottoposizione  dei  condannato  ad  un
congruo ed approfondito periodo di osservazione, non altrettanto puo'
dirsi quando gli stessi delitti siano stati  commessi  con  modalita'
attenuate, nei casi,  appunto, di minore gravita'. In  tali  ipotesi,
le esigenze di rieducazione verrebbero  sacrificate  in  funzione  di
un'esigenza di prevenzione generale e speciale insussistente,  oppure
non tanto allarmante da giustificare la necessita' di un cosi'  lungo
periodo di osservazione. Tornando  al  caso  di  cui  si  tratta,  il
delitto contestato al condannato e' stato punito con la  pena  minima
applicabile al  tempo  della  commissione  del  fatto  (mesi  sei  di
reclusione). Senza soffermarsi su quale tra i  due  delitti  sia,  in
concreto, piu' offensivo dell'altro,  nel  caso  di  specie  la  pena
inflitta al condannato (mesi sei di  reclusione)  e'  di  gran  lunga
inferiore rispetto a quella  applicabile,  nel  minimo,  in  caso  di
violenza sessuale attenuata (anni uno mesi  otto,  partendo  da  anni
cinque e con la riduzione  massima  di  due  terzi).  Cio'  induce  a
ritenere che, sulla base dei limiti edittali fissati dal legislatore,
il fatto di cui  si  tratta  e'  di  gran  lunga  meno  allarmante  e
pericoloso di quello di violenza sessuale di minore gravita'. Dunque,
mentre nel caso della violenza sessuale attenuata non  e'  necessario
procedere ad osservazione collegiale per almeno un anno, nel caso  di
cui si tratta, ritenuto gia' dal legislatore di minore gravita' anche
rispetto all'ipotesi di cui all'art. 609 bis,  terzo  comma,  cp,  e'
necessario procedere a tale forma di osservazione, con  il  risultato
di privare il condannato della  possibilita'  di  accedere  a  misure
alternative che, anche nel caso  di  specie,  potrebbero  contribuire
alla sua rieducazione meglio della detenzione in carcere. Dunque,  la
disposizione censurata e' illogica ed irrazionale, perche' non  tiene
conto della circostanza che anche altre ipotesi delittuose tra quelle
di cui all'art. 4 bis, comma uno quater, primo periodo, L.  354.1975,
possono essere considerate dal giudice di  sorveglianza,  sulla  base
della pena inflitta dal giudice della cognizione, di minore gravita'.
Che si tratti, poi  di  situazioni  assai  simili  fra  loro,  dunque
perfettamente comparabili, lo si  desume  proprio  dall'art.  4  bis,
comma uno quater, primo periodo, L. 354.1975, che accomuna l'art. 609
bis cp ad altri delitti a sfondo  sessuale,  tra  i  quali,  appunto,
quello di cui all'art. 609 bis cp. 
    Inoltre, per giurisprudenza costante della Corte  di  cassazione:
«Il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena non si  applica
all'ipotesi di violenza sessuale attenuata di cui all'art.  609  bis,
ultimo comma, cod. pen. per  effetto  della  mancata  inclusione,  in
forza nel rinvio normativo operato dall' art. 656, comma nono,  lett.
a) del codice di rito, nel novero dei reati indicati dall'art. 4 bis,
comma primo quater,  L.  n.  354  del  1975,  per i  quali  opera  la
presunzione di pericolosita' superabile solo all'esito del periodo di
osservazione della personalita'» (Cass. Sez. 1, sent.  n.  2283.2013,
RV 258293). Dunque, il delitto di  violenza  sessuale  attenuata  non
solo  non  richiede  la  preventiva  osservazione  di  durata  almeno
annuale, ma non e' nemmeno ostativa all'applicazione della detenzione
domiciliare generica, non rientrando nell'elencazione di cui all'art.
4 bis L. 354.1975, 
    Pertanto, si ritiene, che la disposizione di cui all'art. 4  bis,
comma   uno   quater,   secondo    periodo,    L.    354.1975,    sia
costituzionalmente illegittima  per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione, nella parte in cui non equipara il delitto di  violenza
sessuale attenuata a quello di corruzione di' minorenne, nell'ipotesi
in cui il delitto di cui  all'art.  609  quinquies  cp  possa  essere
ritenuto dal giudice (giudice di sorveglianza)  di  minore  gravita',
tenendo conto della pena inflitta dal giudice della cognizione. 
    La questione di legittimita' costituzionale evidenziata, oltre  a
non essere manifestamente infondata, per le suesposte considerazioni,
ha rilevanza ai fini della decisione sull'istanza  presentata.  Sotto
tale ultimo aspetto, si ritiene che la questione  sollevata  non  sia
superabile in via interpretativa. infatti, l'art. 4  bis,  comma  uno
quater,  secondo  periodo,  L.  354.1975  fa  espresso  ed  esclusivo
riferimento all'art. 609 bis del codice  penale.  Si  tratta  di  una
disposizione che fa eccezione ad  una  regola  generale  e  non  puo'
essere oggetto d'interpretazione analogica e,  comunque,  non  lascia
spazio ad un'estensione  dell'eccezione  anche  al  caso  di  cui  si
tratta. Inoltre, nel primo periodo dell'art 4 bis, comma uno  quater,
L 354.1975, si fa espresso ed  inequivoco  riferimento  all'art.  609
quinquies cp, senza alcuna eccezione. Il divieto che si  censura  non
nemmeno superabile  attraverso  l'interpretazione  costituzionalmente
orientata  fornita  dalla  Corte  di   cassazione   e   dalla   Corte
costituzionale, per la ragioni gia' esposte.  Infine,  l'accoglimento
della questione di legittimita' sollevata permetterebbe  di  valutare
nel  merito  le  domande  presentate,  anche  quella  di   detenzione
domiciliare generica, altrimenti inammissibili e di verificare  quale
sia, in concreto, il miglior  corso  rieducativo  possibile,  tenendo
conto  che,  dagli  atti  del  procedimento,   emerge   la   concreta
possibilita' di disporre una misura alternativa alla detenzione. 
    Non incide sulla rilevanza delle questioni, il  disposto  di  cui
all'art. 4 bis, comma uno quinquies, L. 354,1975. Infatti, tale comma
non  pone  un  limite  invalicabile   alla   decisione   nel   merito
dell'istanza ma si limita ad invitare il Giudice  di  sorveglianza  a
«valutare», tra l'altro, anche la partecipazione  del  condannato  al
programma di riabilitazione specifica di cui all'art.  13  bis  della
stessa legge, ai fini della  concessione  dei.  benefici  di  cui  al
precedente art. 4, comma uno. Dunque, la  questione  di  legittimita'
costituzionale che si solleva ha il chiaro ed unico fine di  superare
l'ostacolo, non  altrimenti  superabile,  che  l'art.  4,  comma  uno
quater, secondo periodo, L 354.1975 pone alla valutazione nel  merito
della situazione di  fatto  posta  all'attenzione  del  Tribunale  di
sorveglianza. 
    Sussistono, allora i presupposti richiesti dall'art. 23 legge  n.
87.1953  per  sollevare  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 4 bis; comma uno quater, secondo periodo, L 354.1975. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di sorveglianza di Bari, visti  gli  articoli  23  e
segg. legge 87.1953, 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4.
bis,  comma  uno  quater,  secondo  periodo, legge  354.1975,   nella
formulazione attualmente vigente, per contrasto con  l'art.  3  della
Costituzione, nella parte in cui non  equipara  al  delitto  previsto
dall'art. 609 bis del codice penale, attenuato  ai  sensi  del  terzo
comma del medesimo articolo, quello di cui all'art. 609 quinquies cp,
ritenuto dal giudice di sorveglianza, alla luce della  pena  inflitta
dal giudice della cognizione, di minore gravita'; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Sospende il procedimento di' sorveglianza in corso; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata all'istante, al suo difensore, al PG,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, sia comunicata ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento. 
 
        Bari, 9 giugno 2016 
 
                      Il Presidente: Manzionna 
 
 
                                          Il Giudice estensore: Bassi