N. 255 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2016

Ordinanza del 27 gennaio 2016  del  Tribunale  di  Torino  -  Sezione
Lavoro nel procedimento civile promosso da Hoxha Hakide contro INPS. 
 
Straniero - Straniero legalmente soggiornante  nel  territorio  dello
  Stato da almeno dieci anni -  Concessione  dell'assegno  sociale  -
  Requisito  della  titolarita'  della  carta  di  soggiorno  CE  per
  soggiornanti di lungo periodo. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria
  2001)"), art. 80, comma 19. 
(GU n.51 del 21-12-2016 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                           Sezione Lavoro 
 
    La ricorrente e' cittadina albanese, nata in Albania il 1° agosto
1936  e  legalmente  soggiornante  nel  territorio  italiano  in  via
continuativa  dal  7  dicembre  2001,  con  permesso   di   soggiorno
rilasciato per motivi familiari ossia  per  coesione  con  il  figlio
cittadino  albanese  Hoxha  Ereqem  (circostanza   confermata   dalla
Questura di Torino, ufficio immigrazione). 
    La stessa negli anni 2012 e 2013 ha percepito l'importo di € 1240
annui a titolo di  pensione  estera  erogata  dallo  Stato  albanese;
nell'anno 2014 ha percepito l'importo  di  €  95,46  mensili  per  il
medesimo titolo (1) . 
    In data 19 marzo 2014 presentava all'I.N.P.S. domanda di  assegno
sociale, che veniva respinta in quanto «la signora non e' in possesso
della carta di soggiorno, divenuto ora permesso di soggiorno  CE  per
soggiornanti di lungo periodo, requisito necessario alla  concessione
della prestazione»; il ricorso  amministrativo  che  veniva  proposto
avverso tale decisione veniva rigettato per i medesimi motivi. 
    Proponeva quindi azione giudiziaria per  ottenere  l'accertamento
del proprio diritto a  godere  dell'assegno  sociale  e  la  condanna
dell'I.N.P.S. al pagamento con decorrenza dal 1° aprile 2014. 
    Si costituiva  l'Istituto  il  quale  si  difendeva  nel  merito,
chiedendo peraltro il rigetto della domanda in quanto  la  ricorrente
non e' munita ne' della  carta  di  soggiorno  ne'  del  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. 
    Su  sollecitazione  della  parte  ricorrente,  appare  necessario
sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001) con riferimento all'assegno sociale di cui all'art.
3, comma 6, legge 8 agosto 1995, nella  parte  in  cui  subordina  il
diritto al conseguimento di tale provvidenza alla  titolarita'  della
carta  di  soggiorno  («Ai  sensi  dell'articolo   41   del   decreto
legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  l'assegno  sociale   e   le
provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi  in  base
alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse
alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli  stranieri
che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni  e
servizi  sociali  l'equiparazione  con  i   cittadini   italiani   e'
consentita a favore degli stranieri  che  siano  almeno  titolari  di
permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono  fatte
salve le disposizioni previste  dal  decreto  legislativo  18  giugno
1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre  1998,
n. 448, e successive modificazioni»). 
1) Rilevanza. 
    La rilevanza della  norma  indicata  e'  evidente  in  quanto  e'
l'unica ostativa al diritto della ricorrente. La medesima ha  infatti
dimostrato di possedere i requisiti reddituali (2) e di eta' (78 anni
al momento della domanda amministrativa) per  ottenere  il  pagamento
dell'assegno  sociale:  prova  ne  sia  che   l'I.N.P.S.,   in   sede
amministrativa, ha respinto  la  domanda  proprio  sulla  base  della
mancanza di titolarita' di  carta  di  soggiorno  o  di  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. 
    La ricorrente ha inoltre dimostrato  di  essere  soggiornante  in
Italia da piu'  di  10  anni,  legalmente  e  in  modo  continuativo,
attraverso la documentazione acquisita dalla  Questura  e  cio'  gia'
alla data della presentazione della domanda amministrativa. 
    Si osserva quindi che, sulla base dell'art. 80, comma  19,  della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (norma su cui si chiede  lo  scrutinio
di costituzionalita'), la domanda giudiziale non potrebbe che  essere
rigettata, visto il chiaro tenore di tale disposizione. 
    Di converso, qualora la norma fosse dichiarata costituzionalmente
illegittima, il ricorso della signora Hoxha sarebbe  accolto,  avendo
costei dimostrato (come appena rilevato)  di  possedere  i  requisiti
fondanti il diritto al percepimento dell'assegno sociale. 
2) Non manifesta infondatezza. 
    In ordine al requisito della non manifesta infondatezza,  occorre
premettere che la Corte costituzionale  si  e'  gia'  pronunciata  in
merito alla questione di legittimita' costituzionale  presentata  con
l'odierna ordinanza nella sentenza n. 22/2015, dichiarando  pero'  la
manifesta inammissibilita' della questione sollevata dalla  Corte  di
cassazione («Va  preliminarmente  rilevato  che  l'ordinanza  rimessa
dalla  Corte  di  cassazione  presenta  insuperabili  carenze   nella
motivazione, tanto in ordine all'esatta  e  specifica  individuazione
dei parametri costituzionali  che  si  assumono  violati,  quanto  in
merito  alle  ragioni  della  non  manifesta  infondatezza,  ponendo,
dunque, una questione che va dichiarata manifestamente inammissibile.
Il giudice rimettente si limita,  infatti,  ad  operare  un  semplice
rinvio,  per  relationem,   all'eccezione   sollevata   dalla   parte
ricorrente e ad una rievocazione,  peraltro  generica,  dei  principi
posti a base di numerose pronunce di questa Corte relativamente  alla
stessa materia») senza quindi procedere nel  merito  all'esame  della
legittimita' costituzionale della norma. 
    La   non    manifesta    infondatezza    della    questione    di
costituzionalita'   sollevata   trova    riscontro    nella    stessa
giurisprudenza della Corte costituzionale e in particolare: 
        Sentenza n. 306/2008: dove afferma  che  «sia  manifestamente
irragionevole   subordinare   l'attribuzione   di   una   prestazione
assistenziale,  quale  l'indennita'   di   accompagnamento   ...   al
possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno
in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro,  titolarita'
di un reddito. Tale irragionevolezza incide sul diritto alla  salute,
inteso anche come diritto ai  rimedi  possibili  e,  come  nel  caso,
parziali,  alle  menomazioni  prodotte  da  patologie  di  non  lieve
importanza.  Ne  consegue  il  contrasto  delle  disposizioni   sopra
censurate non soltanto con l'articolo 3 Cost., ma anche con gli artt.
32 e 38 Cost., nonche' - tenuto  conto  che  quello  alla  salute  e'
diritto  fondamentale  della  persona  -  con  l'articolo   2   della
Costituzione». 
    Ivi si e' precisato che e' possibile subordinare l'erogazione  di
determinate  prestazioni  alla   circostanza   che   il   titolo   di
legittimazione dello straniero  al  soggiorno  nel  territorio  dello
Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non  breve  durata;
ma «una volta, che il diritto a soggiornare alle condizioni  predette
non sia in discussione, non si possono  discriminare  gli  stranieri,
stabilendo,  nei  loro  confronti  particolari  limitazioni  per   il
godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece
ai cittadini»; 
        Sentenza  n.   11/2009:   con   cui   e'   stata   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale: dell'art. 80, comma 19, della  legge
23 dicembre 2000, n.  388,  e  dell'art.  9,  comma  1,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n.  286,  come  modificato  dall'art.  9,
comma 1, della legge  30  luglio  2002,  n.  189,  e  poi  sostituito
dall'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 gennaio 2007,  n.  3,
nella parte in cui escludono che la pensione di  inabilita',  di  cui
all'art.  12  della  legge  30  marzo  1971,  n.  118,  possa  essere
attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche'  essi  non
risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per  la
carta  di  soggiorno  ed  ora  previsti,  per  effetto  del   decreto
legislativo n. 3 del 2007,  per  il  permesso  di  soggiorno  CE  per
soggiornanti di lungo periodo; 
        Sentenza n. 187/2010: in tale sentenza  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  80,  comma  19,  legge  n.
388/2000,  nella  parte  in  cui  subordinava  al   requisito   della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente  soggiornanti  nel  territorio  dello  Stato  dell'assegno
mensile di invalidita', di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971,
n. 118.  La  Corte  ha  precisato  che  «ove  si  versi  in  tema  di
provvidenza destinata a far fronte al «sostentamento» della  persona,
qualsiasi  discrimine  tra   cittadini   e   stranieri   regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi
dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con
il principio sancito  dall'art.  14  della  Convenzione  europea  dei
diritti  dell'uomo»:  tale  affermazione  appare  conferente  con  la
previdenza oggi  considerata  (assegno  sociale),  la  quale  e'  per
l'appunto destinata a far fronte alle esigenze di  sostentamento  di'
chi possiede un reddito particolarmente basso; 
        Sentenza n. 40/2013:  collocandosi  nel  medesimo  solco,  la
Corte costituzionale ha affermato che «ove si tratti, come  nei  casi
allora delibati, di  provvidenze  destinate  al  sostentamento  della
persona nonche' alla salvaguardia di condizioni di  vita  accettabili
per il contesto familiare in cui il  disabile  si  trova  inserito  -
qualsiasi   discrimine   fra   cittadini   e   stranieri   legalmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi
da quelli previsti per  la  generalita'  dei  soggetti,  finisce  per
risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui
all'art. 14 della CEDU, avuto riguardo alla interpretazione  rigorosa
che di tale norma e' stata offerta dalla giurisprudenza  della  Corte
europea»; 
        Sentenza   n.   22/2015:   in   tale   pronuncia   la   Corte
costituzionale, nel dichiarare l'illegittimita' dell'art.  80,  comma
19, nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della
carta  di  soggiorno  la  concessione   agli   stranieri   legalmente
soggiornanti  nel   territorio   dello   Stato   della   pensione   e
dell'indennita' per ciechi civili,  afferma  «ove  cosi'  non  fosse,
d'altro porta, specifiche provvidenze di  carattere  assistenziale  -
inerenti alla sfera di protezione di situazioni di inabilita' gravi e
insuscettibili di efficace salvaguardia al di fuori degli  interventi
che la Repubblica prevede in adempimento degli inderogabili doveri di
solidarieta' (art. 2 Cost.) - verrebbero fatte  dipendere,  nel  caso
degli stranieri extracomunitari, da requisiti di carattere  meramente
"temporale", del tutto  incompatibili  con  l'indifferibilita'  e  la
pregnanza dei relativi bisogni: i  quali  requisiti  ineluttabilmente
finirebbero per innestare nel tessuto normativo condizioni incoerenti
e incompatibili con la natura  stessa  delle  provvidenze,  generando
effetti  irragionevolmente   pregiudizievoli   rispetto   al   valore
fondamentale di ciascuna persona»; 
        Sentenza  n.  230/2015:  con  riferimento  alla  pensione  di
invalidita' civile per sordi e all'indennita'  di  comunicazione,  e'
stata  ribadita   l'illegittimita'   della   disposizione   censurata
trattandosi «di prestazioni  economiche  peculiari,  che  si  fondano
sull'esigenza  di  assicurare  -  in  una  dimensione  costituzionale
orientata verso la solidarieta'  come  dovere  inderogabile  (art.  2
Cost.), verso la tutela del  diritto  alla  salute  anche  nel  senso
dell'accessibilita' ai mezzi piu' appropriati per garantirla (art. 32
Cost.), nonche' verso lo protezione sociale piu' ampia e  sostenibile
(art. 38 Cost.) - un ausilio in favore di  persone  svantaggiate,  in
quanto affette da patologie o menomazioni fortemente invalidanti  per
l'ordinaria vita di relazione e, di conseguenza, per le capacita'  di
lavoro e di sostentamento; benefici erogabili, quanto alla  pensione,
in presenza di condizioni  reddituali  limitate,  tali,  percio',  da
configurare la medesima come misura di sostegno per le indispensabili
necessita' di una vita dignitosa. La discriminazione che disposizione
de  qua  irragionevolmente  opera   nei   confronti   dei   cittadini
extracomunitari legalmente soggiornanti, con l'attribuzione di un non
proporzionato rilievo alla circostanza della durata della  permanenza
legale  nel  territorio  dello  Stato,  risulta,  d'altra  parte,  in
contrasto con il principio costituzionale - oltre  che  convenzionale
di eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.)». 
    La normativa  oggi  in  esame,  infatti,  subordina  per  i  soli
stranieri  il  diritto  al  godimento   dell'assegno   sociale   alla
titolarita' della carta di soggiorno (oggi permesso di  soggiorno  CE
per soggiornanti di lungo periodo) in aggiunta alla  «condizione  che
abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci
anni nel territorio nazionale», cosi'  come  previsto  dall'art.  20,
comma 10, legge n. 133/2008. 
    I precetti costituzionali che si assumono  poter  essere  violati
sono, in particolare: 
      l'articolo  3,  in  quanto  si  introduce  una   ingiustificata
disparita'  di  trattamento  tra  cittadini  italiani   e   cittadini
stranieri, entrambi legalmente soggiornanti nel territorio nazionale,
laddove soltanto per i secondi e' previsto l'ulteriore  requisito  di
essere in possesso della carta o del permesso di soggiorno CE  per  i
soggiornanti di lungo periodo. 
    Sempre il medesimo articolo sarebbe  violato,  sotto  il  profilo
della ragionevolezza, in quanto non appare ragionevole subordinare il
diritto al sostentamento non (solo) al requisito del legale soggiorno
di almeno 10 anni in Italia, ma alla titolarita' della  carta  o  del
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di  lungo  periodo.  Appare
infatti un'ulteriore ingiustificata  discriminazione  quella  che  si
verrebbe a creare tra cittadini stranieri legalmente soggiornanti  in
Italia e titolari di carta  o  permesso  di  soggiorno  CE  di  lungo
periodo, e cittadini stranieri in ipotesi legalmente soggiornanti per
il medesimo periodo ma privi di tale certificazione; 
        articolo 10, comma 2, in combinato disposto con l'articolo 14
della Convenzione europea  dei  Diritti  dell'uomo,  che  vieta  ogni
discriminazione in merito all'origine nazionale; la norma  introduce,
al contrario, un trattamento diversificato tra cittadini  italiani  e
stranieri in ordine al godimento  del  diritto  all'assegno  sociale,
subordinandolo solo per questi ultimi al possesso della carta  o  del
permesso di soggiorno CE di lungo periodo; 
        l'articolo  38,  in  quanto  il  diritto  al  mantenimento  e
all'assistenza   sociale   del   cittadino   straniero,    legalmente
soggiornante in Italia da piu'  di  10  anni  (parametro  che  appare
ragionevole   anche   alla   luce   della    citata    giurisprudenza
costituzionale), viene limitato dal possesso di una certificazione di
tipo amministrativo. 
    Per   quanto   finora   esposto,   le    critiche    in    merito
all'incostituzionalita'  della  norma  non  appaiono   manifestamente
infondate e quindi e' necessario che la questione  sia  rimessa  alla
Corte costituzionale. 

(1) Circostanza  provata  documentalmente:  documento  7   di   parte
    ricorrente. 

(2) Sopra evidenziati: ha conseguito un reddito di € 1240  annui  per
    gli anni 2012 e 2013 e un reddito mensile di € 95,46  per  l'anno
    2014, in tutti i casi ponendosi al di sotto del limite reddituale
    previsto dalla legge al fine di godere dell'assegno  sociale.  La
    norma che prevede il beneficio sancisce che «con effetto  dal  1°
    gennaio 1996, in luogo della pensione sociale  e  delle  relative
    maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti  in  Italia,  che
    abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali
    di cui al presente comma e' corrisposto un assegno  di  base  non
    reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per
    il 1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno  sociale".  (...)»
    (legge n. 335/1995, art. 3, comma 6). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il giudice, visto l'art. 23 legge n. 53/1987: 
        accertata la rilevanza e la non manifesta infondatezza  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata,  sospende  il
giudizio e rimette gli atti alla Corte  costituzionale  affinche'  la
stessa si pronunci,  adottando  i  provvedimenti  di  competenza,  in
merito alla costituzionalita' dell'art. 80, comma 19, della legge  23
dicembre 2000, n. 388, per contrasto con gli artt.  3,  10,  comma  2
(con riferimento all'art. 14 della Convenzione  Europea  dei  diritti
dell'uomo) e 48 della Costituzione; 
        manda   alla   cancelleria   di   notificare   il    presente
provvedimento alle parti, al Presidente del  Consiglio  dei  ministri
nonche' di comunicarlo ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
          Torino, 27 gennaio 2016 
 
                          Il Giudice: Mollo