N. 28 SENTENZA 11 - 27 gennaio 2017

Giudizio sull'ammissibilita' dei referendum. 
 
Lavoro  e  occupazione  -  «Abrogazione   disposizioni   sul   lavoro
  accessorio (voucher)» - Richiesta di abrogazione referendaria. 
- Decreto legislativo 15 giugno  2015,  n.  81,  recante  «Disciplina
  organica dei contratti di lavoro e  revisione  della  normativa  in
  tema di mansioni, a norma dell'art. 1,  comma  7,  della  legge  10
  dicembre 2014, n. 183 (voucher)», artt. 48, 49 (come modificato, al
  comma 3, dal d.lgs. n. 185/2016) e 50. 
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(GU n.5 del 1-2-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'articolo  2,  primo
comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme
integrative della Costituzione concernenti la Corte  costituzionale),
della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli  artt.
48, 49 (come modificato, al comma 3, dal d.lgs. n.  185/2016)  e  50,
del decreto legislativo 15 giugno 2015, n.  81,  recante  «Disciplina
organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in  tema
di mansioni, a norma dell'art. 1, comma 7, della  legge  10  dicembre
2014, n. 183 (voucher)», giudizio iscritto al  n.  171  del  registro
referendum. 
    Vista l'ordinanza del 9 dicembre  2016  con  la  quale  l'Ufficio
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di  cassazione
ha dichiarato conforme a legge la richiesta e la successiva ordinanza
del 14 dicembre 2016, di correzione di alcuni errori materiali; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2017  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi gli avvocati Amos Andreoni e Vittorio Angiolini per Camusso
Susanna Lina Giulia e Baseotto Giovanni Marco Mauro nella qualita' di
componenti del Comitato promotore del referendum e  l'avvocato  dello
Stato Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 dicembre 2016, depositata il successivo 9
dicembre, l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso  la
Corte di cassazione, ai sensi dell'art.  12  della  legge  25  maggio
1970, n. 352 (Norme sui  referendum  previsti  dalla  Costituzione  e
sulla iniziativa legislativa del popolo), e successive modificazioni,
ha dichiarato conforme alle disposizioni di  legge  la  richiesta  di
referendum popolare abrogativo,  promossa  da  quattordici  cittadini
italiani (con annuncio pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  del  23
marzo 2016, serie generale, n. 69), sul  quesito  cosi'  inizialmente
formulato: «Volete voi l'abrogazione degli articoli 48, 49 e  50  del
decreto legislativo  15  giugno  2015,  n.  81,  recante  "Disciplina
organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in  tema
di mansioni, a norma dell'art. 1, comma 7, della  legge  10  dicembre
2014, n. 183"?». 
    2.- L'Ufficio centrale, con  la  stessa  ordinanza,  ha  ritenuto
opportuno, per maggior chiarezza e tenuto  conto  delle  osservazioni
espresse dallo stesso Comitato promotore, ascoltato all'udienza del 6
dicembre 2016, di integrare sia il testo che  la  sua  denominazione,
aggiungendo, al termine di essi, la seguente espressione:  (voucher),
con cui si indica, nel linguaggio comune, l'istituto di cui si chiede
l'abrogazione. L'Ufficio centrale  per  il  referendum,  inoltre,  ha
constatato che, nelle more della procedura di richiesta referendaria,
il terzo comma dell'art. 49 del decreto legislativo 15  giugno  2015,
n. 81 e' stato modificato ad opera dell'art. 1, comma 1, lettera  b),
del decreto legislativo n. 185 del 24  settembre  2016  (Disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno  2015,  n.
81  e  14  settembre  2015,  nn.  148,  149,  150  e  151,  a   norma
dell'articolo 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183).  Il
Comitato  promotore   ha,   tuttavia,   dichiarato   la   persistenza
dell'interesse  all'iniziativa  referendaria,  in  quanto  intesa  ad
abrogare nella sua interezza l'istituto,  che,  invece,  per  effetto
della disposizione normativa sopravvenuta, ha subito solo la modifica
di alcuni limitati aspetti  concernenti  modalita'  applicative.  Per
effetto di tali  modifiche  e  per  garantire  maggiore  trasparenza,
l'Ufficio  centrale  per  il  referendum  ha,  quindi,  ritenuto   di
integrare  il  quesito  proposto  aggiungendo,  come  richiesto   dal
Comitato promotore, dopo il numero 49, la seguente  locuzione  «(come
modificato al suo terzo comma dal  d.lgs.  n.  185/2016)».  L'Ufficio
centrale per il referendum ha, quindi, disposto  di  attribuire  alla
terza richiesta referendaria la seguente  denominazione  «abrogazione
disposizioni  sul  lavoro  accessorio  (voucher)»  ed  ha  dichiarato
conforme a legge  la  richiesta  del  terzo  quesito  nella  seguente
formulazione: «Volete voi l'abrogazione  degli  artt.  48,  49  (come
modificato al suo terzo comma  dal  d.lgs.  n.  185/2016)  e  50  del
decreto legislativo  15  giugno  2015,  n.  81,  recante  "Disciplina
organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in  tema
di mansioni, a norma dell'art. 1, comma 7, della  legge  10  dicembre
2014, n. 183 (voucher)"?». 
    Con ordinanza  presidenziale  del  14  dicembre  2016,  l'Ufficio
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione,
ha proceduto alla correzione di alcuni errori materiali. 
    3.-  Il   Presidente   della   Corte   costituzionale,   ricevuta
comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum,
ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di  consiglio
dell'11 gennaio 2017, disponendo che ne fosse data  comunicazione  ai
presentatori ed al Presidente del Consiglio dei  ministri,  ai  sensi
dell'art. 33, secondo comma, della  legge  25  maggio  1970,  n.  352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla  iniziativa
legislativa del popolo). 
    4.- In prossimita' della  camera  di  consiglio  dell'11  gennaio
2017, sono state presentate  memorie  dai  comitati  promotori  della
richiesta referendaria e dal Presidente del Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    Nella  memoria  presentata  per  i  promotori   della   richiesta
referendaria, sono state illustrate le ragioni del quesito  volto  ad
ottenere l'integrale abrogazione dell'attuale normativa ed  e'  stata
affermata la  sussistenza  dei  requisiti  per  l'ammissibilita'  del
quesito,  in  quanto  conforme  al  disposto   dell'art.   75   della
Costituzione e perche' omogeneo completo e chiaro. 
    La Presidenza del Consiglio dei ministri ha, per contro,  chiesto
di dichiarare inammissibile il referendum abrogativo, in  particolare
sul presupposto della necessita' di una regolamentazione  del  lavoro
accessorio, in quanto di  interesse  costituzionale,  per  essere  la
normativa in oggetto contraddistinta dal  proposito  di  tutelare  la
dignita' del lavoratore, il cui venir meno pregiudicherebbe la tutela
enunciata dai principi recati dagli artt. 1, 4, 35 e 36 Cost. In  tal
senso l'Avvocatura erariale ha concluso rappresentando l'esigenza  di
preservare la disciplina di cui agli artt. 48 e ss. del d.lgs. n.  81
del 2015, assumendo che cio' rende «senz'altro  possibili  interventi
modificativi della stessa, ma ad opera del legislatore e non gia' con
una secca abrogazione ad opera referendaria». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Preliminarmente, va esclusa  l'irritualita'  dell'intervento,
in   questo   giudizio,   dell'Avvocatura   generale   dello   Stato:
irritualita' che i promotori del referendum hanno prospettato per  il
profilo della provenienza della correlativa richiesta  da  parte  del
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e non  dal
Presidente di detto Consiglio, come invece prescritto dalla legge  23
agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di   Governo   e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). 
    E'  pur  vero,  infatti,  che,  come  dedotto  dalla  difesa  dei
promotori,  ai  sensi  dell'art.  5,  comma  1,  lettera  f),   della
richiamata legge n. 400 del 1988, «le attribuzioni di cui alla  legge
11 marzo 1953, n.87», relative all'intervento o alla costituzione nei
giudizi di legittimita' costituzionale, sono  direttamente  assegnate
dal Presidente del Consiglio dei ministri, che le esercita a nome del
Governo. 
    Questa disposizione, pero', non rileva nel presente giudizio, sia
perche' l'intervento  dell'Avvocatura  erariale  e'  in  questo  caso
richiesto con delibera del Consiglio dei ministri adottata  ai  sensi
(non gia' del citato art. 5 della legge 400 del 1988,  ma)  dell'art.
33 della legge 25 marzo 1970, n. 352 (Norme sui  referendum  previsti
dalla Costituzione e sulla iniziativa  legislativa  del  popolo),  in
materia,  quindi,  ricompresa  nella  delega  generale  di  firma  al
Sottosegretario (perche' non rientrante tra le ipotesi di correlativa
esclusione), sia perche' l'atto sottoscritto dal Sottosegretario, del
quale qui  si  discute,  non  altro  e'  che  la  mera  comunicazione
all'Avvocatura  (che  al  Sottosegretario   comunque   compete)   del
contenuto della delibera del Consiglio dei ministri «favorevole  alla
presentazione  di  memoria  in  merito  alla   inammissibilita'   del
referendum abrogativo» in questione. 
    2.- La Corte e' chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilita' della
richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 48, 49
(come modificato, al comma 3, dal  d.lgs.  n.  185/2016)  e  50,  del
decreto legislativo  15  giugno  2015,  n.  81,  recante  «Disciplina
organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in  tema
di mansioni, a norma dell'art. 1, comma 7, della  legge  10  dicembre
2014, n. 183 (voucher)». La richiesta e' stata dichiarata  legittima,
con ordinanza del 6-9 dicembre 2016,  dall'Ufficio  centrale  per  il
referendum  costituito  presso  la  Corte  di  cassazione,   che   ha
provveduto, in esito alla modifica normativa dell'art. 49 del  citato
d.lgs. n. 81 del 2015 ad opera dell'art. 1 del decreto legislativo n.
185 del 24 settembre 2016 (Disposizioni integrative e correttive  dei
decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14  settembre  2015,  nn.
148, 149, 150 e 151, a norma dell'articolo 1, comma 13,  della  legge
10 dicembre 2014, n. 183). 
    3.- Le disposizioni oggetto del quesito referendario disciplinano
l'istituto del «lavoro accessorio», introdotto nell'ordinamento dagli
artt. da 70 a 73 del decreto legislativo 10 settembre  2003,  n.  276
(Attuazione delle deleghe in materia di  occupazione  e  mercato  del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30). 
    In particolare, l'art. 70, comma 1, del citato d.lgs. n. 276  del
2003 definiva le prestazioni occasionali  di  tipo  accessorio,  come
«attivita'  lavorative  di  natura  meramente  occasionale  rese   da
soggetti a rischio  di  esclusione  sociale  o  comunque  non  ancora
entrati nel mercato  del  lavoro,  ovvero  in  procinto  di  uscirne,
nell'ambito:  a)   dei   piccoli   lavori   domestici   a   carattere
straordinario, compresa l'assistenza domiciliare  a  bambini  e  alle
persone  anziane,  ammalate  o  con  handicap;  b)  dell'insegnamento
privato supplementare; c) dei piccoli lavori di giardinaggio, pulizia
e manutenzione di edifici e  monumenti;  d)  della  realizzazione  di
manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli; e)  della
collaborazione con enti pubblici e associazioni di  volontariato  per
lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamita'
o eventi naturali improvvisi, o di solidarieta'». 
    Il comma 2 dello stesso art. 70 disponeva poi che  la  durata  di
tali attivita' lavorative non  dovesse  superare  trenta  giorni  nel
corso dell'anno solare e comunque  dar  luogo  nello  stesso  anno  a
compensi superiori a 3 mila euro, sempre nel corso di un anno solare. 
    A sua volta l'art. 71 stabiliva le caratteristiche soggettive dei
prestatori di lavoro accessorio, individuandoli: nei  disoccupati  da
oltre un anno, nelle casalinghe, studenti e pensionati, nei  disabili
e soggetti in comunita' di recupero, nei  lavoratori  extracomunitari
regolarmente soggiornanti in Italia, nei  sei  mesi  successivi  alla
perdita del lavoro. 
    L'art.  72  introduceva  innovative   modalita'   di   pagamento,
prevedendo un carnet di buoni per prestazioni  di  lavoro  accessorio
del valore nominale di 7,50 euro, con un onere  contributivo  a  fini
previdenziali pari a 1 euro da versare alla Gestione separata Inps di
cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.  335 (Riforma
del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),  e  di  0,50
euro all'Inail per fini assicurativi contro gli infortuni sul lavoro.
La  disposizione   prevedeva   l'esenzione   fiscale   del   compenso
corrisposto al lavoratore e la  sua  non  incidenza  sullo  stato  di
disoccupato o inoccupato del lavoratore medesimo. 
    Infine, l'art. 73 del medesimo d.lgs. n.  276  del  2003  dettava
disposizioni  in  tema   di   coordinamento   informativo   ai   fini
previdenziali, prevedendo modalita' per  la  verifica  dell'andamento
delle prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate
contributive, «conseguenti allo sviluppo delle  attivita'  di  lavoro
accessorio». 
    L'istituto in esame  ha  subito  nel  tempo  numerose,  profonde,
modifiche quali, in particolare, quelle recate dall'art. 16, comma 1,
del  decreto  legislativo  6  ottobre  2004,  n.  251   (Disposizioni
correttive del D.Lgs. 10  settembre  2003,  n.  276,  in  materia  di
occupazione e mercato del lavoro), dall'art. 22 del decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito  in  legge
dall'art. 1, comma 32, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n.  92
(Disposizioni in materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita), dall'art. 7  del  decreto-legge  28  giugno
2013, n. 76, recante «Primi  Interventi  urgenti  per  la  promozione
dell'occupazione, in particolare giovanile, della  coesione  sociale,
nonche' in materia di Imposta  sul  valore  aggiunto  (IVA)  e  altre
misure finanziarie urgenti», convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 99, e, infine, dagli  artt.
48, 49 e 50 del d.lgs.  n.  81  del  2015,  oggetto  della  richiesta
referendaria, che hanno integralmente riscritto la  disciplina  delle
disposizioni degli artt. 70, 71, 72, e 73 del d.lgs. n. 276 del 2003,
abrogate  espressamente  dall'art.  55,  comma  1,  lettera  d),  del
medesimo d.lgs. n. 81 del 2015. 
    4.- La richiesta referendaria in esame risulta ammissibile. 
    Nel caso in  esame,  questa  Corte  rileva  innanzitutto  che  il
quesito non e' riconducibile, ne' direttamente ne' indirettamente,  a
materie sottratte dall'art. 75 Cost. al vaglio referendario. 
    Ai fini del giudizio di ammissibilita', a partire dalla  sentenza
n.  16  del  1978,  questa  Corte  ha  individuato  quattro  distinti
complessi di ragioni di inammissibilita' del  referendum  abrogativo.
In particolare, sono ritenute  inammissibili:  1)  le  richieste  che
incorrono  in  una  delle  cause  di  inammissibilita'   testualmente
indicate dal secondo comma dell'art. 75 Cost. (leggi tributarie e  di
bilancio, di amnistia e di indulto, di  autorizzazione  a  ratificare
trattati internazionali),  la  cui  interpretazione  pero'  non  deve
limitarsi a quella letterale ma deve, invece,  essere  integrata  con
quella logico-sistematica, affinche' siano  sottratte  al  referendum
anche «le disposizioni produttive di effetti collegati in modo  cosi'
stretto all'ambito di operativita' delle leggi espressamente indicate
dall'art.  75,  che  la  preclusione  debba   ritenersi   sottintesa»
(sentenza n. 16 del 1978); 2) quelle aventi ad oggetto una pluralita'
di  domande  eterogenee  e  carenti  di  una  matrice   razionalmente
unitaria; 3) quelle aventi ad oggetto non un  atto  avente  forza  di
legge  ordinaria,  ma  la  Costituzione,  le   leggi   di   revisione
costituzionale, le altre leggi costituzionali  di  cui  all'art.  138
Cost.; 4)  quelle  aventi  ad  oggetto  le  disposizioni  legislative
ordinarie a contenuto costituzionalmente obbligato. 
    Il quesito, inoltre, contrariamente all'assunto della  Presidenza
del Consiglio dei ministri, non inerisce  a  disposizioni  cui  possa
essere  attribuito   il   carattere   di   norma   costituzionalmente
necessaria, in quanto relativa alla materia del  lavoro  occasionale,
che  deve  trovare  obbligatoriamente   una   disciplina   normativa.
L'evoluzione  dell'istituto,   nel   trascendere   i   caratteri   di
occasionalita'  dell'esigenza  lavorativa  cui  era   originariamente
chiamato ad assolvere, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da
altri istituti giuslavoristici e quindi non necessario. 
    Invero,  attraverso  i   ricordati   interventi   normativi,   la
originaria  disciplina  del  lavoro   accessorio,   quale   attivita'
lavorativa  di  natura  meramente  occasionale,  limitata,  sotto  il
profilo soggettivo, a particolari categorie di prestatori,  e,  sotto
il profilo oggettivo, a specifiche attivita', ha  modificato  la  sua
funzione di  strumento  destinato,  per  le  sue  caratteristiche,  a
corrispondere ad esigenze  marginali  e  residuali  del  mercato  del
lavoro. Tale modifica  appare  gia'  emblematicamente  attestata  dal
cambiamento della denominazione della rubrica del Capo II del  d.lgs.
n. 276 del 2003 in cui risultano inserite  le  originarie  previsioni
normative  («Prestazioni  occasionali  di  tipo  accessorio  rese  da
particolari soggetti») rispetto a  quella  recata  dal  Capo  VI  del
d.lgs. n. 81 del 2015, («Lavoro accessorio»), nel quale sono inseriti
gli articoli di cui si chiede l'abrogazione referendaria,  in  quanto
viene a  mancare  qualsiasi  riferimento  alla  occasionalita'  della
prestazione lavorativa quale requisito strutturale dell'istituto. 
    Nemmeno   ci   si   puo'   rifare   a   un   diverso    carattere
«costituzionalmente rilevante»,  in  quanto  una  tale  criterio  non
assurge a valore discriminante in sede di vaglio di ammissibilita' di
un quesito referendario. 
    Il  quesito,  infine,  rispetta  anche   le   indicazioni   della
giurisprudenza costituzionale relative alla chiarezza, omogeneita'  e
univocita' desumibile «esclusivamente  dalla  finalita'  "incorporata
nel quesito", cioe' dalla finalita' obiettivamente ricavabile in base
alla sua formulazione ed  all'incidenza  del  referendum  sul  quadro
normativo di riferimento» (cosi' sentenza n. 24 del 2011). 
    Sotto tale profilo, non vi sono dubbi in ordine al fatto  che  la
domanda proposta, nel chiedere di eliminare le ricordate disposizioni
del  d.lgs.  n.  81  del  2015,  sia  espressione  di   una   matrice
razionalmente unitaria,  essendo  l'intento  referendario  quello  di
abrogare  nella  sua  interezza  l'attuale  disciplina  del   «lavoro
accessorio». 
    Il quesito, difatti, ha una finalita' autenticamente  abrogativa,
cosi' da comportare, in caso di esito positivo  della  consultazione,
l'eliminazione dall'ordinamento della disciplina in esame. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara ammissibile la  richiesta  di  referendum  popolare  per
l'abrogazione degli artt. 48, 49 (come modificato, al  comma  3,  dal
d.lgs. n. 185/2016) e 50, del decreto legislativo 15 giugno 2015,  n.
81, recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e  revisione
della normativa in tema di mansioni, a norma dell'art.  1,  comma  7,
della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (voucher)»; richiesta dichiarata
legittima con ordinanza del 6-9 dicembre 2016  dall'Ufficio  centrale
per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA