N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 febbraio 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 febbraio 2017 (della Regione Toscana). 
 
Imposte e tasse - Disposizioni urgenti in materia fiscale  e  per  il
  finanziamento di esigenze indifferibili - Definizione  agevolata  -
  Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali. 
- Decreto-legge 22 ottobre 2016,  n.  193  (Disposizioni  urgenti  in
  materia fiscale e per il finanziamento di esigenze  indifferibili),
  convertito, con modificazioni, dalla legge  1°  dicembre  2016,  n.
  225, artt. 6, commi 1 e 10, e 6-ter. 
(GU n.10 del 8-3-2017 )
    Ricorso della Regione Toscana (Partita  I.V.A.  01386030488),  in
persona del Presidente pro  tempore  della  Giunta  regionale,  dott.
Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.
38 del 24 gennaio 2017, rappresentato e difeso, come  da  mandato  in
calce al presente atto,  dall'avv.  Lucia  Bora  (Codice  fiscale  n.
BROLCU57M59B157V        pec:         lucia.bora@postacert.toscana.it)
dell'avvocatura regionale, ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo
studio    dell'avv.    Marcello    Cecchetti,     (Codice     fiscale
CCCMCL65E02H501Q) in Roma, piazza Barberini n.  12  (fax  06.4871847;
Pec: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  pro  tempore  per  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale degli articoli 6, comma 1, 6, comma 10,
e 6-ter del decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016  convertito  con
modificazioni nella legge 1° dicembre 2016, n.  225,  per  violazione
degli articoli 117, 119 e 3 della Costituzione. 
    In data 2 dicembre  2016  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 282, la legge  n.  225  del  1°  dicembre  2016  che  ha
convertito con modificazioni il decreto-legge  n.  193/2016,  recante
«Disposizioni urgenti in materia fiscale e per  il  finanziamento  di
esigenze indifferibili». 
    In  particolare,  l'art.  6,  comma  1  (rubricato   «Definizione
agevolata») prevede che:  «Relativamente  ai  carichi  affidati  agli
agenti della  riscossione  dal  2000  al  2016,  i  debitori  possono
estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali
carichi, gli interessi di mora di  cui  all'art.  30,  comma  1,  del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre  1973,  n.  602,
ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'art. 27, comma 1,
del decreto legislativo 26  febbraio  1999,  n.  46,  provvedendo  al
pagamento integrale  delle  somme  di  cui  alle  lettere  a)  e  b),
dilazionato in rate sulle quali  sono  dovuti,  a  decorrere  dal  1°
agosto 2017, gli interessi nella misura di  cui  all'art.  21,  primo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602  del  1973.
Fermo restando che il  70  per  cento  delle  somme  complessivamente
dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per  cento
nell'anno 2018, e' effettuato il pagamento, per l'importo da  versare
distintamente in ciascuno dei due anni, in rate  di  pari  ammontare,
nel numero massimo di tre rate nel 2017 e di due rate nel 2018: 
        a) delle somme affidate all'agente della riscossione a titolo
di capitale e interessi; 
        b) di quelle maturate a favore dell'agente della riscossione,
ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112,
a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a)  e  di  rimborso
delle spese per le procedure esecutive,  nonche'  di  rimborso  delle
spese di notifica della cartella di pagamento». 
    L'art. 6, comma 10, prevede che: «Sono esclusi dalla  definizione
di cui al comma 1 i carichi affidati agli  agenti  della  riscossione
recanti: 
        a) le risorse  proprie  tradizionali  previste  dall'art.  2,
paragrafo 1, lettera a), delle  decisioni  2007/436/CE,  Euratom  del
Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom  del  Consiglio,
del  26  maggio  2014,  e  l'imposta  sul  valore  aggiunto  riscossa
all'importazione; 
        b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato  ai
sensi dell'art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio,  del
13 luglio 2015; 
        c) i crediti derivanti da pronunce di  condanna  della  Corte
dei conti; 
        d) le multe, le ammende e le  sanzioni  pecuniarie  dovute  a
seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna; 
        [e) le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della
strada;] 
        e-bis) le altre  sanzioni  diverse  da  quelle  irrogate  per
violazioni tributarie o per violazione  degli  obblighi  relativi  ai
contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali». 
    L'art. 6-ter  (rubricato  «Definizione  agevolata  delle  entrate
regionali e degli enti locali») - articolo inserito  dalla  legge  di
conversione - prevede, al primo comma,  che:  «Con  riferimento  alle
entrate, anche  tributarie,  delle  regioni,  delle  province,  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni,  non  riscosse  a  seguito  di
provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  relative  alla  riscossione  delle   entrate
patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639, notificati, negli anni dal 2000 al 2016, dagli enti stessi e dai
concessionari della  riscossione  di  cui  all'art.  53  del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i  medesimi  enti  territoriali
possono stabilire, entro sessanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con le  forme
previste dalla legislazione vigente per l'adozione  dei  propri  atti
destinati  a  disciplinare  le  entrate  stesse,  l'esclusione  delle
sanzioni relative alle predette entrate. Gli enti territoriali, entro
trenta giorni, danno notizia dell'adozione dell'atto di cui al  primo
periodo   mediante   pubblicazione   nel   proprio   sito    internet
istituzionale». 
    Le impugnate disposizione sono lesive delle competenze  regionali
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6,  comma  1,   del
decreto-legge n. 193/2016 come convertito in legge,  nella  parte  in
cui consente, relativamente a tutti i carichi  affidati  agli  agenti
della riscossione dal 2000 al 2016,  senza  distinzioni  fra  tributi
statali  e  tributi  regionali,  di  estinguere   il   debito   senza
corrispondere le sanzioni e gli interessi di  mora,  e  dell'art.  6,
comma  10,  nella  parte  in  cui  non  prevede  l'esclusione,  dalla
definizione agevolata di cui al comma 1, dei  carichi  affidati  agli
agenti della riscossione per i tributi di  competenza  regionale,  in
violazione degli art. 117, terzo e  quarto  comma,  e  119,  primo  e
secondo comma, della Costituzione. 
    La norma in esame prevede che relativamente a tutte  le  cartelle
esattoriali affidate all'Agente  della  riscossione  (Equitalia)  dal
2000  al  2016,  i  debitori  possano  estinguere  il  debito   senza
corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora (c.d.  «definizione
agevolata» o «rottamazione delle cartelle esattoriali»). In merito va
premesso che la  regione  Toscana  si  avvale  di  Equitalia  per  la
riscossione coattiva dei tributi di propria spettanza. 
    Percio'  la  disposizione  normativa  citata,   laddove   prevede
obbligatoriamente, anche per i tributi di  competenza  regionale,  la
definizione agevolata, non prevedendo tra le  esclusioni  di  cui  al
comma 10 del medesimo articolo, la specifica  ipotesi  di  esclusione
dall'applicazione  della  definizione  agevolata   per   le   entrate
tributarie regionali e' lesiva delle competenze regionali, in  quanto
contrasta con  l'autonomia  tributaria  regionale  costituzionalmente
riconosciuta dall'art.  119  della  Costituzione,  nonche'  determina
un'incisiva riduzione dell'incasso tributario della Regione Toscana. 
    L'art. 119 della Costituzione assicura «autonomia finanziaria  di
entrata  e  di  spesa»  a  regioni,   province,   comuni   e   citta'
metropolitane prevedendo che  tali  enti  «stabiliscono  e  applicano
tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i
principi di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario». 
    L'attuale testo dell'art. 119 della Costituzione ha affermato  il
passaggio da un sistema accentrato di finanza derivata, ad un sistema
fondato sull'autonomia di entrata e di spesa  in  cui,  nel  rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci  e  concorrendo  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione  europea,  i  comuni,  le  province,  le
citta' metropolitane  e  le  regioni,  che  hanno  risorse  autonome,
stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario. 
    Essi, poi, dispongono di compartecipazioni al gettito di  tributi
erariali riferibile al loro territorio. 
    Per  l'attuazione  dell'art.  119  della  Costituzione  e'  stata
emanata la  legge  5  maggio  2009  n.  42  (legge  delega  sul  c.d.
federalismo fiscale). 
    Al riguardo, occorre anzitutto  ricordare  che  l'art.  7,  della
citata legge n. 42 del 2009, definisce i vari tipi di «tributi  delle
regioni», ricomprendendo: 
        1) i «tributi propri derivati», cioe' istituiti e regolati da
leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni; 
        2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 
        3) i «tributi propri» istituiti  dalle  regioni  con  proprie
leggi,  in  relazione  ai  presupposti  non  gia'   assoggettati   ad
imposizione erariale. 
    Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare
le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e
secondo criteri fissati dalla legislazione  statale  e  nel  rispetto
della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali  possono
essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e  detrazioni
nei limiti posti dalla legge statale. 
    I principi e criteri direttivi di cui alla legge  delega  42/2009
sono stati attuati, per quanto qui interessa, dal decreto legislativo
n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in  materia  di  «Ulteriori  tributi
regionali», prevede che: 
        «Ferma restando la facolta' per le regioni di sopprimerli,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013, sono  trasformati  in  tributi  propri
regionali la tassa per  l'abilitazione  all'esercizio  professionale,
l'imposta regionale sulle concessioni statali dei  beni  del  demanio
marittimo,  l'imposta  regionale  sulle   concessioni   statali   per
l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa
per l'occupazione di spazi ed  aree  pubbliche  regionali,  le  tasse
sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni  sonore  degli
aeromobili». (1) 
    Al successivo comma 2 del  medesimo  articolo,  si  prevede  che:
«Fermi restando i limiti massimi  di  manovrabilita'  previsti  dalla
legislazione   statale,   le   regioni    disciplinano    la    tassa
automobilistica regionale». 
    Il comma 3 stabilisce poi  che  sono  riservati  alle  regioni  a
statuto ordinario  gli  altri  tributi  ad  esse  riconosciuti  dalla
legislazione vigente, che costituiscono tributi propri derivati. 
    Inoltre, spettano alle  regioni  a  statuto  ordinario  le  altre
compartecipazioni al gettito  di  tributi  erariali,  secondo  quanto
previsto dalla legislazione vigente (comma 5). 
    Il  richiamato  art.  8   presuppone,   pertanto,   una   duplice
trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi  diventano
tributi  propri  regionali,  di  talche'  ciascuna  regione  potrebbe
sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti  alle  regioni  dalla
legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati,
senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i
tributi stessi. 
    In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella  sentenza  n.
288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6  maggio
2011, n. 68 (disposizioni in  materia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore   sanitario),   che
costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009,  dopo  aver
disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di  tributi
statali in tributi propri  regionali  (a  decorrere  dal  1°  gennaio
2013), al  comma  2  precisa  fermi  restando  i  limiti  di  massima
manovrabilita',  previsti  dalla  legislazione  statale,  le  regioni
disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere,
al comma 3, che alle Regioni a statuto ordinario spettano  gli  altri
tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data  di
entrata in vigore del decreto  stesso,  aggiungendo  che  i  predetti
tributi costituiscono tributi opropri derivati». 
    Per quanto attiene alla dimensione «dinamica»,  merita  segnalare
che l'art. 9 del decreto n. 68/2011 assicura il riversamento  diretto
alle regioni dell'intero gettito derivante dall'attivita' di recupero
riferita  ai  tributi  regionali  propri  di  tipo  derivato  e  alle
addizionali alle basi imponibili dei  tributi  erariali  disciplinati
nel predetto decreto. 
    La ricorrente non ignora che la disciplina  della  maggior  parte
dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e  le
addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono
stati ritenuti da numerose pronunce di codesta  Corte  costituzionale
rientranti nella materia  «ordinamento  tributario  dello  Stato»  di
competenza legislativa esclusiva statale (art.  117,  secondo  comma,
della Costituzione), a nulla rilevando che il gettito sia  attribuito
alle Regioni. 
    Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'. 
    In primo luogo, infatti, le norme impugnate si applicano anche ai
tributi regionali  di  cui  all'art.  8  del  decreto legislativo  n.
68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti  ai  legislatori  regionali  la
competenza legislativa in relazione ai tributi propri c.d autonomi (o
in senso stretto) cioe' a quelle forme di  prelievo  istituite  dalla
legge regionale o in relazione alle quali sono  state,  alla  stessa,
ceduti  tutti  gli  ambiti  di  disciplina  da  parte  dello   Stato,
originario titolare. 
    Tali tributi possono essere  interamente  disciplinati,  e  anche
soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente  al  rispetto
dei principi di coordinamento. Del resto,  la  Corte  costituzionale,
gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n.  102/2008
ha riconosciuto alle  Regioni  una  «potesta'  legislativa  esclusiva
nella   materia   tributaria   non   espressamente   riservata   alla
legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio  di  tale  facolta'
non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera  circolazione
delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto  comma  e
120, primo comma, della Costituzione». 
    Pertanto, con riferimento ai tributi  propri  in  senso  stretto,
come sopra  identificati,  la  normativa  nazionale  impugnata  nello
stabilire  che  la  «rottamazione  delle  cartelle  esattoriali»   si
applichi obbligatoriamente ed in modo  automatico  anche  ai  tributi
regionali, contrasta con l'autonomia riconosciuta dall'art. 119 della
Costituzione, come attuato dal decreto legislativo n. 168/2011, e con
il sistema di riparto delle competenze stabilito dall'art. 117  della
Costituzione. 
    In  secondo  luogo,  poi,  la  non   coerenza   delle   censurate
disposizioni rispetto all'art. 119 della Costituzione sussiste  anche
con riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri derivati
e  addizionali)  in  quanto  le  stesse  ingiustificatamente  privano
l'Amministrazione  regionale  di  una  fonte  di  entrata,  senza  al
contempo  prevedere  alcuna  compensazione  per  quelle  Regioni  che
dimostrino  di  essere  «virtuose»  nel  recupero  dei  loro  crediti
tributari. 
    La norma nazionale e' fondata sull'erroneo presupposto che  dalla
definizione  agevolata,  di  cui  all'art.  6  del  decreto-legge  n.
193/2016, derivera' per tutti gli Enti un  incremento  delle  entrate
tributarie. Da quanto si puo' evincere dalla lettura della  relazione
tecnica allegata al decreto, la metodologia di stima  delle  maggiori
entrate   derivanti   dall'applicazione   della   norma   e'   basata
sull'assunzione che alla sanatoria  dovrebbe  aderire  una  quota  di
soggetti che altrimenti non avrebbe pagato. 
    Nella relazione tecnica si  stima  un  incremento  del  tasso  di
adesione dell' 1,37%, ridotto all' 1% per una perdita della capacita'
di riscossione. 
    Tuttavia, tale stima appare non sufficiente a coprire la  perdita
di riscossione della Regione  Toscana,  in  quanto  il  dato  storico
relativo  alla  percentuale   di   riscossione   dell'Amministrazione
regionale toscana e' sensibilmente superiore rispetto ai valori  medi
utilizzati per la stima degli impatti del decreto in questione. 
    Considerato infatti che, con riferimento ai soli tributi  gestiti
direttamente dalla Regione Toscana (tassa auto, tributo speciale  sul
conferimento  in  discarica,  imposta  regionale  sulle   concessioni
statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile  e  tassa
sulle concessioni regionali), il carico (al netto delle sanzioni)  e'
pari a circa 400 milioni di euro,  si  puo'  ragionevolmente  pensare
che, sulla base  delle  stime  contenute  negli  atti  governativi  e
parlamentari propedeutici  all'emanazione  del  decreto-legge,  nelle
tempistiche sopra definite la Regione incassera' circa 4  mln  di  €,
rinunciando al contempo agli incassi delle voci oggetto di  sanatoria
stimabili  in  oltre  6  mln  di  €,  incidendo  negativamente  sugli
equilibri finanziari dell'Ente. 
    Tale effetto negativo per le entrate regionali si produce,  oltre
tutto, sulla base di un presupposto del tutto casuale: l'aver  deciso
anni addietro di avvalersi di Equitalia come  agente  di  riscossione
coattiva. 
    Occorre inoltre considerare che in ragione del fatto che,  per  i
tributi gestiti direttamente, in Regione Toscana l'azione di recupero
fiscale  risulta  molto  piu'  tempestiva,  il   decreto-legge,   non
prevedendo alcuna restrizione circa  l'anno  di  imposta  definibile,
tende a penalizzare gli Enti maggiormente virtuosi (come  la  Regione
Toscana) incidendo su anni  di  imposta  recenti  che  ordinariamente
assicurano percentuali di riscossione mediamente piu' elevate. 
    Infatti  si  ribadisce  che  l'esito  positivo  dell'incasso  dei
tributi contestati deriva anche dalla durata delle fasi di  recupero:
maggiore e' la durata, minore e' l'incasso e viceversa. Tutto cio' e'
facilmente comprensibile  in  quanto  con  il  passare  del  tempo  i
soggetti passivi d'imposta, ad esempio, si trasferiscono, modificano,
trasformano, cessano  l'attivita'.  Per  questo  motivo,  la  Regione
Toscana ha cercato di ridurre i tempi per  il  recupero  delle  somme
evase in modo che i debitori abbiano ancora «conoscenza» dei  tributi
non corrisposti e siano ancora in grado di liquidare  quanto  dovuto.
Cio' e' anche ribadito nel paper del Dipartimento Affari Fiscale  del
Fondo  Monetario  Internazionale  del  dicembre  2015  in  merito  al
rafforzamento  della  governance  e  dell'efficacia   delle   Agenzie
Fiscali, dove viene chiaramente stabilito che [...]  una  riscossione
per essere efficace deve essere eseguita tra i  3  e  i  6  mesi  dal
termine di pagamento, dopo di che il tasso di riscossione  diminuisce
esponenzialmente. 
    A titolo esemplificativo, nell'anno  2015,  e'  stata  consegnata
all'Agente della riscossione buona  parte  dei  crediti  della  tassa
automobilistica non pagata nel 2013 che, nel rispetto  dei  tempi  di
prescrizione, adesso potrebbe essere ancora recuperata  in  una  fase
precedente al ruolo con sanzioni che non sarebbero state  oggetto  di
sanatoria. 
    La definizione agevolata non e' quindi destinata ad  incrementare
il gettito delle entrati regionali, cosi' come invece prospettato dal
Governo  nazionale,  ma,  al  contrario,  le  disposizioni  impugnate
riducono il gettito dei tributi regionali propri  e  derivati  di  un
importo tale da impedire il  corretto  esercizio  delle  attribuzioni
della Regione, cosi' violando la sua autonomia finanziaria (art.  119
della Costituzione). 
    Tale riduzione  di  gettito  incide  negativamente  sul  corretto
esercizio delle funzioni costituzionalmente garantite dall'art.  117,
terzo e  quarto  comma,  della  Costituzione  e,  inoltre  premia  le
Amministrazioni meno tempestive e  meno  efficienti  in  danno  delle
Regioni virtuose. 
    Inoltre, per  le  considerazioni  sopra  esposte,  e'  necessario
valutare anche che, analogamente a quanto, di norma,  previsto  dalla
disciplina statale nei casi di interventi su tributi propri  derivati
degli Enti regionali e locali, sono previsti  meccanismi  di  ristoro
che  in  questo  caso  non  sono  disciplinati.  Basti  pensare  alle
modifiche intervenute in materia di IMU e TASI (art. 1 comma 380  ter
della legge 24 diembre 2012, n. 228) ovvero di IRAP  (art.  8,  comma
13-duodecies del decreto-legge n. 78/2015) che hanno invece previsto,
a fronte di un intervento nazionale  comportante  una  riduzione  del
gettito a scapito degli Enti beneficiari, meccanismi di compensazione
delle minori entrate da parte  dello  Stato.  Infatti,  ancorche'  il
decreto-legge n. 193/2016 preveda a livello di sistema un  incremento
delle entrate, non e' a priori escludibile un decremento delle stesse
in specifici contesti socio-economici e in  relazione  a  determinati
tipologie di tributi e Enti impositori. 
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6-ter del  decreto-legge
n. 193 del 2016,  come  convertito  in  legge,  nella  parte  in  cui
consente alle regioni, alle province, alle citta' metropolitane e  ai
comuni che utilizzano, per  la  riscossione  coattiva,  l'ingiunzione
fiscale, ai  sensi  del  testo  unico  delle  disposizioni  di  legge
relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,  di
cui al regio decreto 14 aprile 1910 n.  639,  notificati  dagli  enti
stessi e dai concessionari della riscossione di cui all'art.  53  del
decreto legislativo n. 446/1997,  di  non  aderire  alla  definizione
agevolata di cui all'art. 6, comma 1, mentre non consente la medesima
facolta' di scelta agli enti che utilizzano lo  strumento  del  ruolo
esattoriale per la riscossione coattiva, in violazione dell'art. 117,
terzo e quarto comma, 119, primo e secondo  commadella  Costituzione,
nonche' violazione art.  3  della  Costituzione,  per  disparita'  di
trattamento. 
    L'art. 6-ter del decreto-legge n. 193/2016, introdotto in sede di
conversione, prevede, al primo  comma,  che:  «Con  riferimento  alle
entrate, anche  tributarie,  delle  regioni,  delle  province,  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni,  non  riscosse  a  seguito  di
provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  relative  alla  riscossione  delle   entrate
patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639, notificati, negli anni dal 2000 al 2016, dagli enti stessi e dai
concessionari della  riscossione  di  cui  all'art.  53  del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i  medesimi  enti  territoriali
possono stabilire, entro sessanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con le  forme
previste dalla legislazione vigente per l'adozione  dei  propri  atti
destinati  a  disciplinare  le  entrate  stesse,  l'esclusione  delle
sanzioni relative alle predette entrate. Gli enti territoriali, entro
trenta giorni, danno notizia dell'adozione dell'atto di cui al  primo
periodo   mediante   pubblicazione   nel   proprio   sito    internet
istituzionale». 
    La disposizione citata prevede, per le Regioni e gli enti locali,
la facolta' di regolamentare la definizione agevolata delle  entrate,
anche  tributarie,  non  riscosse  a  seguito  di  provvedimenti   di
ingiunzione fiscale di cui al Regio decreto 639/1910. 
    L'art. 6-ter fa riferimento alle sole ingiunzioni fiscali di  cui
al citato regio decreto n. 639 del 1910 notificate negli anni 2000  -
2016 dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione  di  cui
all'art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 (soggetti
privati abilitati  ad  effettuare  attivita'  di  liquidazione  e  di
accertamento e ricossione dei tributi). 
    La disposizione  lascia  ampi  margini  di  autonomia  agli  enti
rispetto ai criteri direttamente normati dall'art. 6  per  i  carichi
inclusi nei ruoli affidati all'agente della  riscossione,  quali  per
esempio, la possibilita' di prevedere la definizione  agevolata  solo
per determinate annualita' e solo per alcune delle entrate di propria
competenza. 
    Orbene,   tale   disposizione   introduce   un'irragionevole    e
ingiustificata disparita' di trattamento tra le Regioni  e  gli  enti
locali che hanno  affidato,  a  suo  tempo,  (come  ha  fatto,  nello
specifico, la Regione Toscana)  la  riscossione  coattiva  all'Agente
della Riscossione - Equitalia, rispetto agli enti che hanno scelto di
avvalersi dei concessionari privati. 
    Mentre, infatti, i primi sono obbligati, ai  sensi  dell'art.  6,
comma  1,  del  decreto-legge  n.   193/2016,   a   sottostare   alla
«rottamazione delle cartelle esattoriali»,  cosi'  come  stabilita  a
livello nazionale, gli altri hanno la possibilita'  di  regolamentare
autonomamente  la  suddetta  definizione   agevolata,   compresa   la
possibilita' di non prevederla, con evidente violazione del principio
di parita' di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    E',   dunque,   manifestamente   ingiustificato,   illogico    ed
irrazionale il  trattamento  differenziato  (e  deteriore)  riservato
dalla normativa impugnata a quelle Regioni e Enti  locali  che  hanno
scelto di avvalersi, come agente della riscossione, di Equitalia. 
    La Regione  e'  legittimata  a  far  valere  tale  disparita'  di
trattamento, posto che la violazione dell'art. 3  della  Costituzione
in questo caso determina un minor introito  delle  entrate  regionali
per le Regioni che si  avvalgano  di  Equitalia  per  la  riscossione
coattiva, senza che la Regione stessa possa accettare  e  condividere
tale conseguenza, in  violazione,  dunque,  dell'autonomia  garantita
dagli articoli 117 e 119 della Costituzione. 

(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio  decreto  31
    agosto 1933, n. 1592, dall'art. 121 del  decreto  del  Presidente
    della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli articoli 1, 5 e  6
    del  decreto-legge  5  ottobre  1993,  n.  400,  convertito,  con
    modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494,  dall'art.  2
    della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli art. 5 e 3 della  legge
    16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da 90 a 95 della legge  21
    novembre 2000, n. 342. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Si conclude affinche'  piaccia  all'ecc.ma  Corte  costituzionale
dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 6, comma 1,
6, comma 10, e 6-ter del decreto-legge n. 193  del  22  ottobre  2016
convertito con modificazioni nella legge 1° dicembre 2016 n. 225, per
violazione degli articoli 117, 119 e 3 della Costituzione. 
    Si deposita la deliberazione della Giunta regionale n. 38 del  24
gennaio 2017 di autorizzazione a stare in giudizio. 
      Firenze - Roma, 30 gennaio 2017 
 
                              Avv. Bora