N. 30 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 dicembre 2016

Ordinanza del 29 dicembre 2016 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Barbieri Roberta e altri. 
 
Professioni - Avvocato e procuratore - Abilitazione per  l'iscrizione
  all'albo speciale per  il  patrocinio  davanti  alle  giurisdizioni
  superiori. 
- Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova  disciplina  dell'ordinamento
  della professione forense), art. 22, comma 2. 
(GU n.11 del 15-3-2017 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           (Sezione Terza) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2415 del 2016, proposto da: 
        Roberta Barbieri, Barbara  Bari,  Corrado  Benigni,  Giovanni
Bertino, Giammaria  Bonfiglio,  Paolo  Botteon,  Paola  Borghi,  Jean
Battista  Carminati,  Valentina  Carminati,  Davide  Ceruti,  Michele
Cesari, Bruna Civardi, Nicola Colli,  Francesco  De  Marini,  Gessica
Franzoni, Giovanni Frosio, Chiara Gaio, Giacomo Gozzini,  Omarmassimo
Hegazi,  Cristina  Maccari,  Ruben  Marioni,  Fabio  Marongiu,  Paolo
Moretti, Giulio Musci,  Ottaviano  Mussumeci,  Marco  Nossa,  Stefano
Rossi, Fabio Savoldi, Irene Sirtoli, Andrea Temporin, Ernesto  Nicola
Tucci, Simone Tangorra e Daniele Zucchinali, rappresentati  e  difesi
dall'avvocato Giuseppe La Rosa C.F. LRSGPP82H28H163G, domiciliato  ex
art. 25 c.p.a. presso  la  segreteria  del  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio in Roma, via Flaminia, 189; 
    Contro: 
    il Consiglio Nazionale  Forense  (CNF),  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Mario  Sanino  c.f.  SNNMRA38E03H501M,   Giuseppe   Morbidelli   c.f.
MRBGPP44S16A390N  e  Giuseppe  Colavitti  c.f.  CLVGPP70L27B354I,  ed
elettivamente domiciliato presso lo studio del primo  in  Roma,  v.le
Parioli, 180; 
    il Ministero della giustizia, in persona del Ministro in  carica,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato
e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Fondazione Scuola  Superiore  dell'Avvocatura  -  Sezione  Scuola
Superiore  dell'Avvocatura  per  Cassazionisti  non   costituita   in
giudizio; 
    per l'annullamento: 
    del Regolamento del Consiglio  Nazionale  Forense  n.  1  del  20
novembre 2015 di cui all'art. 22 della legge 31 dicembre 2012, n. 247
sui corsi per  l'iscrizione  all'«Albo  speciale  per  il  patrocinio
davanti  alle   giurisdizioni   superiori»,   pubblicato   sul   sito
istituzionale del Consiglio Nazionale  Forense  a  decorrere  dal  14
dicembre 2015; 
    di tutti gli atti connessi, preordinati e  conseguenti,  comunque
lesivi dei diritti e degli interessi degli  odierni  ricorrenti,  tra
cui, in particolare, del provvedimento CNF AMM05/01/16.024482U del 12
gennaio 2016, recante «Bando per l'ammissione al  corso  propedeutico
all'iscrizione nell'Albo speciale  per  il  patrocinio  dinanzi  alle
Giurisdizioni superiori, ai sensi dell'art. 22, comma 2, della  legge
31 dicembre 2012, n. 247», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della
Repubblica italiana - 4a Serie speciale «Concorsi ed esami» n. 4,  in
data dal 12 gennaio 2016; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Consiglio
Nazionale Forense (Cnf) e di Ministero della giustizia; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016 il dott.
Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale; 
    I ricorrenti sono iscritti all'Albo degli avvocati, ma  non  sono
iscritti  all'Albo  speciale   per   il   patrocinio   innanzi   alle
giurisdizioni superiori. 
    L'art. 221 della legge 31 dicembre 2012, n. 247  («Riforma  della
professione forense») ha modificato  il  previgente  sistema  per  il
patrocinio innanzi alle  giurisdizioni  superiori,  introducendo  due
alternative per acquisire l'abilitazione al patrocinio  innanzi  alle
giurisdizioni superiori:  sostenere  l'esame  previsto  dall'art.  4,
comma  3,   della   legge   n.   1003/1936,   decorsi   cinque   anni
dall'iscrizione all'Albo professionale; oppure, decorsi otto anni  di
iscrizione all'Albo la frequenza di  un  corso  svolto  dalla  Scuola
superiore dell'avvocatura e superamento dell'esame finale. 
    Il CNF, quindi, ha adottato  il  regolamento  in  esame,  che  ha
abrogato e sostituito il precedente regolamento, emanato il 16 luglio
2014, che prevede: 
    il possesso di  requisiti  di  natura  soggettiva,  tra  cui,  ad
esempio,  non  aver  riportato  nei  tre  anni  precedenti   sanzioni
disciplinari  definitive,  non  essere   oggetto,   al   momento   di
presentazione della domanda  di  accesso  al  corso,  di  sospensione
cautelare ed, infine, aver patrocinato nei  quattro  anni  precedenti
venti giudizi dinnanzi alla Corte di appello penale o  dinnanzi  alle
giurisdizioni amministrative, tributarie e contabili o dieci  giudizi
avanti la Corte di appello civile; 
    una prova di accesso preselettiva da svolgersi in  unica  data  a
Roma, consistente in un test a  risposta  multipla,  comprendente  36
domande complessive; 
    la frequenza di un corso di 100 ore con sede a Roma; 
    il superamento di una prova  scritta  finale,  consistente  nella
redazione, a scelta del candidato, di un ricorso  per  Cassazione  in
materia civile o penale o di un  atto  di  appello  al  Consiglio  di
Stato. 
    La legge n. 247/2012 ha introdotto un regime transitorio a favore
di coloro che, entro i tre anni dall'entrata in vigore della  riforma
della professione forense, maturassero i  requisiti  richiesti  dalla
precedente normativa (12 anni di anzianita'). Per  questi  ultimi  il
legislatore  ha  previsto  comunque  la  possibilita'  di  iscriversi
all'Albo  delle  giurisdizioni  superiori   in   applicazione   della
precedente disciplina. 
    Avverso il regolamento in esame hanno, quindi,  proposto  ricorso
gli istanti deducendo i seguenti 
 
                               Motivi: 
 
    1) Disapplicazione e/o  incostituzionalita'  dell'art.  22  della
legge n. 247/2012, per violazione dell'art.  3  Cost.,  dell'art.  41
Cost., degli articoli 10, 11 e 117, comma 1, Cost.  e,  per  il  loro
tramite,  dei  principi  di  cui  all'art.  101  del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea, degli articoli 20 e 21 della Carta
dei diritti fondamentali dell'UE, in  relazione  al  divieto  di  non
discriminazione. Violazione del principio di parita' di trattamento e
non discriminazione a contrario di cui all'art.  53  della  legge  24
dicembre 2012, n. 234. 
    Illegittimita'  derivata  e/o  conseguente   nullita'   dell'atto
gravato. 
    L'art. 22 della legge n. 247/2012 violerebbe le norme indicate in
rubrica. 
    In particolare, la direttiva europea  16  febbraio  1998,  n.  5,
relativa  all'esercizio  stabile  e  continuativo  della  professione
forense in uno Stato membro diverso rispetto a quello nel  quale  sia
stato acquisito il relativo titolo di abilitazione,  garantirebbe  al
professionista migrante l'accesso all'attivita' forense  nello  Stato
membro ospitante. 
    Tale direttiva 98/5 e' stata recepita nel nostro ordinamento  con
il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, la quale, riconoscendo
il titolo professionale conseguito in un altro Stato membro, all'art.
8 ha previsto  che  «nell'esercizio  delle  attivita'  relative  alla
rappresentanza, assistenza e difesa nei  giudizi  civili,  penali  ed
amministrativi, nonche' nei procedimenti disciplinari  nei  quali  e'
necessaria la nomina di un difensore, l'avvocato stabilito deve agire
di  intesa  con  un  professionista  abilitato   ad   esercitare   la
professione con il titolo di avvocato». 
    L'art. 9, comma 2, del decreto legislativo n. 96/2001 prevede  la
possibilita' per i  professionisti  europei  di  iscriversi  all'Albo
speciale per  il  patrocinio  avanti  alle  giurisdizioni  superiori,
previa dimostrazione «di avere esercitato la professione di  avvocato
per almeno dodici anni in uno o piu' degli Stati membri, tenuto conto
anche dell'attivita' professionale eventualmente svolta in Italia». 
    Una  volta  iscritto  all'albo  speciale  per  le   giurisdizioni
superiori, dunque, lo straniero che intenda patrocinare dinnanzi alla
Corte di cassazione e altre Supreme giurisdizioni puo'  farlo  previa
intesa con  un  avvocato  abilitato  al  patrocinio  avanti  a  dette
giurisdizioni (comma 1). 
    In  tal  modo  la  legge  n.  247/2012  avrebbe  determinato  una
discriminazione «a contrario» nei confronti degli avvocati  italiani,
a cui e' preclusa la possibilita' di iscriversi all'Albo  speciale  a
seguito del dodicennio di attivita'. 
    Ne' tale discriminazione sarebbe superata dalla  circostanza  che
l'art. 9 richiede l'intesa con un  avvocato  abilitato  a  esercitare
davanti alle giurisdizioni superiori. 
    Quindi dopo dodici anni di  attivita'  professionale  (esercitata
anche interamente in Italia), l'avvocato  stabilito  puo'  iscriversi
presso l'Albo  speciale  fregiandosi  del  relativo  titolo;  mentre,
all'avvocato italiano e'  sempre  preclusa  tale  facolta',  dovendo,
invece, sostenere un iter formativo con  relativo  esame  finale,  al
fine di potersi iscrivere nell'Albo speciale. 
    Il regolamento violerebbe l'art. 3 Cost., nonche' per il  tramite
degli arti. 10, 11, e 117, comma 1, e le  disposizioni  introdotte  a
livello europeo dagli articoli  20  e  21  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'UE. 
    Infatti, l'art. 22 legge n. 247/2012 nel prevedere la  necessita'
di sostenere un esame  quale  unica  modalita'  di  accesso  all'Albo
speciale, determinerebbe una discriminazione a  danno  del  cittadino
abilitato in Italia, a favore dell'avvocato stabilito. 
    Il regolamento contrasterebbe anche con i principi  di  cui  agli
articoli 20 e 21 della Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'UE,  i
quali - con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona  -  hanno  lo
stesso effetto giuridico vincolante dei Trattati europei. 
    Il regolamento dovrebbe, in  subordine,  essere  disapplicato  ai
sensi del l'art. 53 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, in  quanto,
in vigenza dell'art. 9 decreto legislativo n. 96/2001 (che  attua  la
citata direttiva europea 98/5), l'art. 22 legge n.  247/2012  avrebbe
determinato nei confronti degli avvocati abilitati in Italia «effetti
discriminatori rispetto alla condizione e  al  trattamento  garantiti
nell'ordinamento italiano ai cittadini dell'Unione europea»; 
    2)  Incostituzionalita'  dell'art.  22  legge  n.  247/2012,  per
violazione dell'art. 3 Cost., del principio del legittimo affidamento
«rafforzato» dall'esistenza di  un  rapporto  amministrativo  fondato
sull'abilitazione gia' rilasciata. Illegittimita' derivata. 
    L'art. 22 della  legge  n.  247/2012,  avrebbe  violato  altresi'
l'art. 3 della Cost., ledendo il legittimo  affidamento  «rafforzato»
dall'esistenza    di    un    rapporto     amministrativo     fondato
sull'abilitazione gia' rilasciata. 
    L'art.  22,  in  particolare,  avrebbe   modificato   il   regime
previgente relativo alla iscrizione presso l'Albo speciale, incidendo
sulla posizione degli avvocati gia' abilitati al  momento  della  sua
entrata in vigore, determinando un effetto retroattivo. 
    Il regime transitorio introdotto dal legislatore avrebbe generato
effetti distorsivi sul mercato creando un grave pregiudizio a  coloro
che erano gia' iscritti all'Albo professionale e che  si  accingevano
ad acquisire il titolo per patrocinare  dinnanzi  alle  giurisdizioni
superiori. 
    3) Incostituzionalita' dell'art. 22 della legge n.  247/2012  per
violazione  dell'art.  33,  comma  5,  e  dell'art.  41  Cost.,   per
illogicita' e irragionevolezza. Illegittimita' derivata. 
    L'art. 22 legge n. 247/2012 avrebbe introdotto un nuovo, autonomo
e diverso,  esame  di  abilitazione  per  esercitare  la  professione
forense  avanti  alle  giurisdizioni  superiori,  violando  il   dato
costituzionale, che prescriverebbe un unico esame di abilitazione per
esercitare una professione regolamentata. 
    La  doppia  abilitazione   limiterebbe   lo   svolgimento   della
professione in modo irragionevole; 
    4)  Incostituzionalita'  per  violazione  e  falsa   applicazione
dell'art. 101 del Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,
violazione dell'art. 117, comma 1,  Cost.,  Violazione  dell'art.  97
Cost.   e   dei   sottesi   principi   di   imparzialita'   e   buona
amministrazione. Illegittimita' derivata. 
    La previsione che affida al CNF per il tramite  della  Fondazione
Scuola   Superiore   dell'Avvocatura,   Sezione   Scuola    Superiore
dell'Avvocatura  per   Cassazionisti   l'organizzazione   del   corso
violerebbe l'art. 101  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea. 
    Poiche' ogni avvocato dovrebbe considerarsi  «impresa»,  ai  fini
dell'applicazione delle norme poste a presidio della concorrenza,  al
CNF sarebbe applicabile la legge n. 287 in materia  di  tutela  della
concorrenza. 
    5)   Incostituzionalita'   per   violazione   dei   principi   di
imparzialita' e trasparenza di cui agli articoli 97 e 98 Cost., nella
parte relativa alla previsione dei componenti della Commissione. 
    Illegittimita' derivata. 
    In attuazione dell'art. 22, comma 2, legge n. 247/2012, l'art.  9
del Regolamento prevede  che  «la  Commissione  per  la  verifica  di
idoneita' [...] deve essere composta da quindici componenti effettivi
e quindici supplenti,  scelti  tra  membri  del  Consiglio  Nazionale
Forense,  avvocati  iscritti  all'Albo  speciale  per  il  patrocinio
dinanzi alle  giurisdizioni  superiori,  professori  universitari  di
ruolo in materie  giuridiche  e  magistrati  addetti  alla  Corte  di
cassazione o magistrati del Consiglio di Stato». 
    I membri provenienti dal CNF e  gli  avvocati  iscritti  all'Albo
speciale per  il  patrocinio  dinanzi  alle  giurisdizioni  superiori
sarebbero sovrapponibili, in quanto secondo l'art. 38 della legge  n.
247/2012 «sono eleggibili al CNF gli iscritti all'Albo  speciale  per
il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori». 
    La quota della commissione riservata ai «professori  universitari
di ruolo in materie  giuridiche»  non  limita  la  partecipazione  ai
docenti a tempo pieno, consentendo la partecipazione anche di  coloro
che svolgono la docenza a tempo parziale. Da  quanto  sopra  consegue
che  la  maggior  parte  dei  componenti  della  Commissione  sarebbe
iscritta all'Albo delle giurisdizioni superiori; 
    6) Violazione e falsa applicazione degli articoli  1,  21  e  22,
comma 2, della legge n. 247/2012. Eccesso di potere per  illogicita',
contraddittorieta' nonche' violazione del  principio  di  parita'  di
trattamento. Nullita' e/o illegittimita' originaria. 
    L'art. 4, comma 2, lettera d) del regolamento impugnato prescrive
che gli interessati debbano dimostrare di «aver svolto effettivamente
la professione forense» in base ai  criteri,  tra  loro  alternativi,
stabiliti dal successivo comma 3. 
    L'art. 22, comma 2, della legge n. 247/2012 prevede  quale  unico
requisito di accesso alla scuola l'iscrizione all'albo di otto  anni,
demandando al regolamento la facolta' di individuare meri «criteri  e
modalita' di selezione per l'accesso». 
    Tuttavia, il  CNF  avrebbe  individuato  un  ulteriore  requisito
soggettivo di accesso, non ammissibile in  ragione  delle  richiamate
indicazioni normative. 
    L'art. 21, comma 1, della legge n. 247/2012, dopo avere stabilito
che    la    permanenza    dell'iscrizione    all'albo     necessita'
dell'accertamento   circa   l'effettivita'    nell'esercizio    della
professione, prevede che «le modalita' di accertamento dell'esercizio
effettivo, continuativo,  abituale  e  prevalente  della  professione
[...] sono disciplinate con regolamento ai sensi all'art. 1»,  quindi
«adottato con decreto del Ministro della giustizia». 
    Tuttavia il CNF, con la norma  regolamentare  impugnata,  avrebbe
introdotto un requisito non previsto dalla legge (effettivita'  della
professione) esercitando  un  potere  che  la  legge  attribuisce  al
Ministero; 
    7)   Eccesso   di   potere   per   sviamento,    illogicita'    e
irragionevolezza,  nella  parte  in  cui  si  prevede  che   per   il
superamento  della  prova  (preselettiva)  e'  necessario  rispondere
correttamente ad almeno due terzi delle domande. 
    Illegittimita' originaria. 
    La previsione  di  un  test  di  accesso  preliminare  per  poter
accedere al  corso  organizzato  dalla  Fondazione  Scuola  Superiore
dell'Avvocatura, sarebbe illegittima. 
    Il CNF ed il Ministero della  giustizia  si  sono  costituiti  in
giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso con le rispettive memorie. 
    In particolare, il CNF ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso
per difetto di legittimazione al gravame in capo alle Associazioni ed
ai singoli ricorrenti e per  mancata  evocazione  in  giudizio  degli
Avvocati iscritti al Corso, nonche' la infondatezza dell'impugnazione
nel merito. 
    I ricorrenti hanno  replicato  con  memoria  e  hanno  depositato
documenti. 
    All'udienza del 5 ottobre 2016 il ricorso e' stato trattenuto  in
decisione. 
    1.  Il  Collegio,  ritenendola  rilevante  e  non  manifestamente
infondata, intende sollevare questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 22, comma 2, della legge n. 247 del 2012, secondo cui: 
        «L'iscrizione puo' essere  richiesta  anche  da  chi,  avendo
maturato  una  anzianita'  di  iscrizione  all'albo  di  otto   anni,
successivamente abbia lodevolmente  e  proficuamente  frequentato  la
Scuola  superiore  dell'avvocatura,  istituita  e  disciplinata   con
regolamento dal CNF. Il regolamento puo' prevedere specifici  criteri
e modalita' di selezione per l'accesso e per la  verifica  finale  di
idoneita'. La  verifica  finale  di  idoneita'  e'  eseguita  da  una
commissione d'esame designata dal CNF  e  composta  da  suoi  membri,
avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte  di
cassazione». 
    La questione sara' sollevata nei termini che  si  chiariranno  di
seguito. 
    2. A proposito  della  rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio, il Collegio osserva quanto segue. 
    2.1 Innanzitutto, il ricorso in esame e' destinato a pervenire ad
una decisione di  merito,  in  quanto  deve  ritenersi  infondata  le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla  difesa  del  CNF,  che
deduce, a  tale  fine:  a)  il  difetto  di  contraddittorio  con  la
categoria degli avvocati, o,  almeno,  con  tutti  gli  Avvocati  che
stanno gia' svolgendo  il  corso  per  accedere  all'abilitazione  al
patrocinio davanti alle Giurisdizioni Superiori; b)  l'assenza  della
legittimazione ad impugnare il  regolamento  adottato  dal  Consiglio
Nazione Forense, in quanto in tal senso non  sarebbe  sufficiente  la
mera iscrizione all'albo professionale, essendo  necessario  comunque
un  interesse  meritevole  di  tutela,  che   non   potrebbe   essere
identificato  nella  aspettativa  di  essere  iscritti  all'albo  dei
cassazionisti senza dover frequentare il corso e sostenere  le  prove
di abilitazione. 
    2.1.1) Non sussiste l'eccepito difetto di contraddittorio con gli
Avvocati che, anch'essi privi della detta anzianita' dodicennale alla
data  del  2  febbraio  2017,  hanno  gia'  intrapreso  il   percorso
disciplinato dall'art. 22, comma 2, della legge n. 247 del 2012 e dai
provvedimenti impugnati. 
    E' infatti evidente che tali soggetti non rivestono una posizione
sostanziale di controinteresse verso l'annullamento di tali atti,  in
quanto, innanzitutto, il risultato cui tutti gli Avvocati attualmente
non iscritti all'Albo per i cassazionisti tendono e', ovviamente,  il
medesimo, ovvero l'iscrizione in detto Albo, senza che  a  tale  fine
possa rilevare il percorso attraverso il quale tale iscrizione  viene
ottenuta. 
    Inoltre, l'eventuale  interruzione  del  percorso  intrapreso  da
quegli  Avvocati  che  debbano  ottenere  il  titolo   in   questione
attraverso la frequenza dei corsi di cui parla l'art.  22,  comma  2,
della legge n. 247 del 2012, lungi dall'incidere negativamente  sulla
sfera giuridica di questi ultimi, rappresenterebbe anzi, per costoro,
un  vantaggio,  in  quanto  consentirebbe  loro  (previa  l'eventuale
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della  norma  primaria
di riferimento), di ottenere il medesimo titolo con il  mero  decorso
del tempo, come chiedono, in ultima analisi, di fare i ricorrenti. 
    In  definitiva,  la  posizione  dei  ricorrenti  e  quella  degli
Avvocati che hanno  intrapreso  i  corsi  in  questione  assumono  la
consistenza del co-interesse. 
    2.1.2) In relazione al  secondo  dei  profili  sollevati  occorre
evidenziare che gli Avvocati ricorrenti, nominati  nell'epigrafe  del
ricorso, hanno depositato a  corredo  dell'impugnazione  copia  degli
estratti dal sito internet del CNF da cui si evince la posizione  dei
ricorrenti circa l'iscrizione all'albo degli avvocati,  documenti  di
cui il CNF non ha contestato la valenza probatoria  dello  status  di
Avvocato iscritto all'Albo di ognuno dei detti ricorrenti. 
    Dai detti documenti  di  riconoscimento  si  evince  che,  tra  i
ricorrenti,   l'iscrizione   all'Albo   dell'Avvocato   di   maggiore
anzianita' risale al 10 febbraio 2004,  mentre  quella  dell'Avvocato
con  la  anzianita'  minore  risale  al  2014;  ne  consegue  che   i
ricorrenti, al momento della  proposizione  del  gravame  (spedito  a
notifica il 1° marzo 2016) non potevano avere  maturato  l'anzianita'
necessaria  a  richiedere  l'iscrizione  all'Albo  dei   patrocinanti
davanti alle Giurisdizioni superiori per anzianita',  pari  a  dodici
anni come prescriveva l'art. 4, comma 1, della legge n. 27 del  1997,
e come l'art. 22, comma  4,  della  legge  n.  247  del  2012  ancora
consente a coloro che abbiano maturato i requisiti entro quattro anni
dalla data di entrata in vigore della  legge  sul  nuovo  ordinamento
forense. 
    Tale, accertata, qualita', radica la legittimazione ad  impugnare
il Regolamento del  CNF  che  disciplina  i  corsi  per  l'iscrizione
all'Albo  speciale  per  il  patrocinio  davanti  alle  Giurisdizioni
Superiori (ed il conseguente bando)  emesso  ai  sensi  dell'art.  22
della  legge  n.  247  del  2012,  atteso  che  conferisce  ai  detti
professionisti una posizione differenziata e qualificata sia verso  i
non iscritti ad Albi Forensi, che verso gli iscritti che, al  momento
della  proposizione  del  gravame,   avevano   gia'   maturato   tale
anzianita'. 
    Neppure puo' dubitarsi di  tale  legittimazione,  ne',  comunque,
della ammissibilita' del ricorso, in ragione del fatto che alcuni tra
i ricorrenti matureranno la detta anzianita' di dodici anni entro  il
2 febbraio 2017 (scadenza del quarto anno  dalla  entrata  in  vigore
della legge n. 247 del  2012):  e'  infatti  evidente  che,  se  tale
evenienza potrebbe riguardare quei ricorrenti la cui  iscrizione  sia
piu' risalente nel tempo, cosi'  non  puo'  dirsi  per  alcuni  degli
Avvocati in questione, la cui iscrizione all'Albo  data  oltre  il  2
febbraio 2005 (e si tratta della maggior parte dei ricorrenti). 
    Per quanto appena detto, risalta con evidenza  anche  l'interesse
ad ottenere un annullamento dei detti bando e Regolamento in capo  ai
medesimi Avvocati, la cui unica possibilita' di accesso all'Albo  dei
cassazionisti e' data  non  piu'  dalla  anzianita'  dodicennale  (e,
quindi, dal mero decorso  del  tempo),  bensi'  esclusivamente  dalle
modalita' indicate nell'art. 22 della legge n. 247 del  2012  (ovvero
dall'iscrizione da almeno cinque anni e  dal  superamento  dell'esame
disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto
9 luglio 1936, n. 1482), oppure, in alternativa, da quelle prescritte
dal secondo comma  della  norma,  ossia  dall'avere  «lodevolmente  e
proficuamente  frequentato  la  Scuola   superiore   dell'avvocatura,
istituita e disciplinata con regolamento dal CNF». 
    Naturalmente, per giungere a tale esito, e' necessario che  venga
rimossa dall'ordinamento giuridico  la  norma  che  questo  Tribunale
amministrativo  regionale  sospetta  di  incostituzionalita',   ossia
l'art. 22, comma 2, della legge n. 247 del 2012, che fonda il  potere
del CNF di emanare il Regolamento ed il bando di cui  qui  si  chiede
l'annullamento. 
    2.2) Tanto premesso, il Collegio ritiene che la questione cui  si
possa ascrivere la non manifesta  infondatezza  da  parte  di  questo
Tribunale  amministrativo  regionale  sia  quella  che  i  ricorrenti
chiedono di sollevare con il primo motivo,  nella  quale  denunziano,
quanto alla possibilita' di accedere all'Albo dei  Cassazionisti,  la
disparita' di trattamento che la disciplina dell'art.  22,  comma  2,
della legge n. 247 del 2012 recherebbe per gli Avvocati formatisi  in
Italia, rispetto agli Avvocati stabiliti di cui tratta l'art.  9  del
decreto legislativo n. 96 del 2001, per i  quali  l'iscrizione  nella
relativa sezione speciale  dell'albo  e'  (ancora)  subordinata  alla
dimostrazione «di avere esercitato la  professione  di  avvocato  per
almeno dodici anni in uno o piu' degli  Stati  membri,  tenuto  conto
anche dell'attivita' professionale eventualmente svolta in Italia». 
    La rilevanza di tale questione nel presente giudizio e' del tutto
evidente, ed e' palesata dalla stessa costruzione della censura,  con
cui i ricorrenti denunziano «direttamente»  la  norma  sospettata  di
incostituzionalita', la  quale,  per  il  tramite  dei  provvedimenti
impugnabili davanti al Giudice  Amministrativo  in  questo  giudizio,
sarebbe, in tesi, foriera di disparita' di trattamento rispetto  agli
Avvocati stabiliti in Italia, per i quali gia' l'art. 9  del  decreto
legislativo  n.  96  del  2001  prevedeva  (ed  ancora  prevede)   la
possibilita' di iscrizione all'Albo  dei  patrocinanti  davanti  alle
Giurisdizioni Superiori dopo  il  mero  decorso  di  dodici  anni  di
professione. 
    Osserva il Collegio che il motivo con cui i ricorrenti denunziano
la disparita' di  trattamento  tra  Avvocati  ed  Avvocati  stabiliti
rispetto  all'iscrizione  all'Albo  dei  Patrocinanti  davanti   alle
Giurisdizioni Superiori, alla luce di quanto dispone l'art. 22, comma
2, che prevede proprio il percorso  conformato  dagli  atti  gravati,
dovrebbe essere respinto, dal momento  che  tale  differenza  risulta
positivamente esistente nell'ordinamento. 
    Invece, senza  la  norma  sospettata  di  incostituzionalita',  i
provvedimenti impugnati risulterebbero privi di base legislativa,  e,
soprattutto, l'oggettiva differenza fra le due strade  che  conducono
Avvocati ed Avvocati stabiliti all'iscrizione all'Albo  in  questione
non sarebbe giustificata dal diritto positivo; e dunque il motivo  in
questione sarebbe suscettibile di accoglimento. 
    3. Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza  della  questione
di costituzionalita' qui sollevata, il Collegio  ritiene  che  l'art.
22, comma 2, della legge n. 247 del  2012  contrasti  con  l'art.  3,
comma 2, della  Costituzione  per  avere  introdotto,  a  parita'  di
condizioni, un difforme (e deteriore) trattamento  per  gli  Avvocati
che si sono abilitati  in  Italia,  che  non  possono  piu'  accedere
all'Albo  per  il  mero  decorso  di   dodici   anni   di   esercizio
professionale (come era sotto  la  vigenza  dell'art.  33  del  regio
decreto n. 1578 del 1933, modificato dall'art. 4 della  legge  n.  27
del 1997) rispetto agli Avvocati stabiliti, per i quali l'art. 9  del
decreto legislativo n. 96 del 2001 conserva tale possibilita'. 
    3.1. La comparazione delle due norme evidenzia, di per se',  tale
disparita'. 
    Ed invero, mentre l'art. 22, comma  2,  prevede  che  l'esercizio
della professione per otto anni sia soltanto il titolo abilitante per
accedere alla prova selettiva che, se superata, da' ingresso ai Corsi
organizzati dal  CNF  tramite  la  Scuola  Superiore  dell'Avvocatura
(oggetto del Regolamento e del bando impugnati),  che  si  concludono
con  una  verifica   finale   (il   cui   esito   negativo   preclude
l'iscrizione), invece l'art. 9, comma 2, del decreto  legislativo  n.
96 del 2001 prevede: 
        «Per l'iscrizione nella sezione speciale  dell'albo  indicato
al comma 1, l'avvocato stabilito  deve  farne  domanda  al  Consiglio
nazionale forense e dimostrare di avere esercitato la professione  di
avvocato per almeno dodici anni in uno o  piu'  degli  Stati  membri,
tenuto conto anche dell'attivita' professionale eventualmente  svolta
in Italia. Alle deliberazioni  del  Consiglio  nazionale  forense  in
materia  di  iscrizione  e  cancellazione  dalla   sezione   speciale
dell'albo si applica la disposizione di cui  all'art.  35  del  regio
decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni,  dalla
legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni». 
    Al riguardo occorre innanzitutto osservare che  (diversamente  da
quanto sostiene il CNF) la norma da sospettare di incostituzionalita'
(ma nei giudizi in cui essa ha rilevanza, e dunque non nel  presente)
non puo' essere  tale  art.  9,  in  quanto  esso  e'  stata  dettata
nell'ambito  della  «Attuazione  della  direttiva  98/5/CE  volta   a
facilitare l'esercizio permanente della professione  di  avvocato  in
uno Stato membro diverso da quello  in  cui  e'  stata  acquisita  la
qualifica professionale», ed  e'  quindi  ispirato  alla  tutela  dei
principi  comunitari  di  liberta'  di  stabilimento  e   di   libera
prestazione dei servizi (articoli 49 e 56 TFUE), alla cui  osservanza
la repubblica e' tenuta (anche) dall'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    Dunque, la previsione, per gli Avvocati stabiliti, di un  accesso
alla professione di Avvocato cassazionista per il  mero  decorso  del
tempo nell'esercizio professionale, ovvero senza (altri) ostacoli che
il  decorso  di  dodici  anni,  e'  stata  ritenuta  dal  legislatore
nazionale  necessaria  e  ragionevole   misura   di   attuazione   di
inderogabili principi comunitari. 
    Risalta evidente che tale scelta normativa e'  stata  indirizzata
dalla circostanza per cui, all'atto di entrata in vigore del  decreto
legislativo n. 96 del 2001,  anche  per  gli  Avvocati  abilitati  in
Italia (oltre che a seguito di esame di Stato) il combinato  disposto
tra gli articoli 33 del regio decreto n. 1578 del  1933  e  l'art.  4
della legge n. 27 del 97 prevedevano la possibile iscrizione all'Albo
in questione dopo il semplice decorso di dodici anni di professione. 
    L'art. 9 in questione, allora, palesandosi a contenuto, per cosi'
dire, necessitato (dal divieto di porre  ostacoli  alla  liberta'  di
stabilimento in Italia verso professionisti abilitati in altri  Stati
membri dell'UE), non puo'  che  costituire  il  necessario  metro  di
comparazione rispetto al trattamento che la norma qui  sospettata  di
incostituzionalita'  riserva,  invece,  agli  Avvocati  formatisi  ed
abilitatisi in Italia. 
    E' allora agevole osservare (ad avviso del  Collegio  remittente)
che  non  risponde  a   ragionevolezza   la   differenza   con   tale
(necessitata) disciplina, quella, invero piu' onerosa,  prevista  per
gli Avvocati non stabiliti, ma formatisi in Italia, per  i  quali  il
mero decorso di dodici  anni  nell'esercizio  della  professione  non
costituisce (piu') requisito sufficiente  all'iscrizione  nel  citato
Albo. 
    Dopo l'entrata in vigore dell'art. 22, comma 2, della nuova legge
professionale  forense,  infatti,   l'ingresso   tra   gli   Avvocati
Cassazionisti - ora sottratto al mero  fatto  storico  dell'esercizio
professionale per dodici anni (come lo era per l'art. 33 del  passato
Ordinamento forense) - risulta una mera eventualita'. 
    Questa disparita' di trattamento risalta  con  maggiore  evidenza
ove si pensi  che  gli  appartenenti  ad  entrambe  le  categorie  di
professionisti (Avvocati ed Avvocati stabiliti) possono  svolgere  la
rispettiva attivita' professionale nel medesimo ambito  territoriale,
e, dunque, verso la medesima clientela potenziale. 
    Tuttavia,  come  ha   insegnato   a   piu'   riprese   la   Corte
costituzionale (cfr. ad esempio sentenze n. 209/2010 e 397/1994),  il
principio  generale  di  ragionevolezza  comporta   il   divieto   di
introdurre ingiustificate disparita' di  trattamento  e  la  coerenza
dell'ordinamento giuridico. 
    3.2 Il Collegio ritiene, inoltre, che, proprio perche'  l'art.  9
del decreto legislativo n. 96  del  2001  deriva  dall'attuazione  di
obblighi  comunitari  postulata  dall'art.  117,   comma   1,   della
Costituzione,  non  sia  possibile  una  lettura   costituzionalmente
orientata dell'art. 22, comma 2, della nuova  legge  sull'ordinamento
forense, che, rispetto al primo, istituisce una  notevole  e  gravosa
serie di condizioni per gli Avvocati abilitati in Italia. 
    In altri termini, se,  per  alcuni  professionisti,  l'iscrizione
all'Albo dopo dodici anni di professione (e non  altro)  deve  essere
ritenuta, per le anzidette ragioni, conforme a  Costituzione,  allora
non e' possibile scorgere tale compatibilita' nei  confronti  di  una
disciplina che comporti, per altri  professionisti  che  operano  nel
medesimo campo e nel medesimo mercato dei  primi,  l'incertezza  e  -
comunque - il notevole aggravio legati ad un esame di  ammissione  al
Corso di cui all'art. 22; alla frequenza del medesimo; ed infine alla
positiva valutazione finale a seguito di esame. 
    Tanto piu', che il mero  decorso  di  dodici  anni  di  esercizio
professionale ai  fini  dell'iscrizione  era  il  medesimo  requisito
richiesto, sino al 2012, agli Avvocati (non stabiliti). 
    3.3 Ne' puo' affermarsi fondatamente che una  differenza  tra  le
due categorie, tale da escludere la disparita' di trattamento,  possa
essere rinvenuta in quanto dispongono l'art.  8  ed  il  primo  comma
dell'art.  9  del  decreto  legislativo  n.  96  del  2001,  per  cui
l'avvocato stabilito deve  agire  di  intesa  con  un  professionista
abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato,  il
quale assicura i rapporti con l'autorita' adita o  procedente  e  nei
confronti della medesima e' responsabile dell'osservanza  dei  doveri
imposti dalle norme vigenti ai difensori. 
    E' invero del tutto evidente che, ove non la si  voglia  ritenere
un  requisito  solo   di   carattere   formale,   l'intesa   con   un
professionista abilitato ad esercitare  la  professione  di  Avvocato
davanti alle  Giurisdizioni  Superiori  si  risolve  in  un  rapporto
lasciato alla autonomia negoziale ed alla libera  contrattazione  tra
due professionisti, di cui la norma di riferimento non prevede ne' il
contenuto tipico (che, quindi, bene potrebbe  tendere  all'equilibrio
sinallagmatico mediante la previsione di pattuizioni  che  compensino
l'Avvocato italiano della responsabilita' che egli assume), e neppure
il naturale carattere oneroso; e  che,  quindi,  non  puo'  di  certo
essere  comparabile  con  l'aleatorieta'  insita  nel  regime   posto
dall'art. 22, comma 2, piu' volte ricordato. 
    4. In conclusione, la norma indicata contrasta, per le ragioni di
cui in motivazione, con l'art. 3 della Costituzione. 
    Posta la sua rilevanza nel presente giudizio,  quest'ultimo  deve
essere sospeso, e deve essere ordinata la trasmissione  dei  relativi
atti alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio,  Sezione  Terza,
riservata ogni ulteriore statuizione in  rito,  sul  merito  e  sulle
spese, visti gli  articoli  34  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953: 
        1) dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
relazione all'art. 3, secondo comma, della Costituzione, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma  secondo,  della
legge n. 247  del  2012,  con  riguardo  ai  profili  specificati  in
motivazione; 
    2) dispone la sospensione del presente giudizio; 
    3)  ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale; 
    4) ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
      Cosi' deciso in Roma nelle camere di  consiglio  dei  giorni  5
ottobre 2016 e 2 novembre 2016, con l'intervento dei magistrati: 
        Gabriella De Michele, Presidente; 
        Vincenzo Blanda, consigliere, estensore; 
        Achille Sinatra, consigliere. 
 
                        Il Presidente: Blanda 
 
 
                                              L'estensore: De Michele