N. 32 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 2016

Ordinanza  del  26  ottobre  2016  del  Tribunale   di   Foggia   nel
procedimento civile promosso  da  Dell'Oro  Daniela  e  altri  contro
Istituto  Zooprofilattico   Sperimentale   della   Puglia   e   della
Basilicata. 
 
Impiego  pubblico  -  Personale  assunto  con  contratto  di   lavoro
  subordinato a  tempo  determinato  (nella  specie,  personale  alle
  dipendenze  di  un   istituto   zooprofilattico   sperimentale)   -
  Successione di contratti a termine  -  Divieto  di  conversione  in
  contratti di lavoro a tempo indeterminato. 
- Decreto legislativo 6  ottobre  [recte:  settembre]  2001,  n.  368
  (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo  quadro
  sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e  dal
  CES ), art. 10, comma 4-ter; decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.
  165 (Norme generali sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze
  delle  amministrazioni  pubbliche),  art.  36,  commi  5,  5-ter  e
  5-quater. 
(GU n.11 del 15-3-2017 )
 
                       IL TRIBUNALE DI FOGGIA 
 
    In funzione di Giudice del lavoro ha pronunciato, sciogliendo  la
riserva di cui all'udienza del 12 ottobre 2016, la seguente ordinanza
nella causa in materia di lavoro, iscritta al n. 8364/2015,  vertente
tra: 
        Dell'Oro Daniela  (c.f.  DLLDNL78C67D643I),  Iammarino  Marco
(c.f. MMRMRC76T04D643F),  Ferrara  Alfredo  (c.f.  FRRLRD77R06D643G),
Marchesani Giuliana (c.f.  MRCGLN77H64A192D),  Tarallo  Marina  (c.f.
TRLMRN84H46D643A),  rappresentati  e   difesi,   congiuntamente   e/o
disgiuntamente, dagli avv.ti Vincenzo De Michele  e  Lucia  Raffaele,
domiciliati in Foggia alla via Ricciardi n. 42 per procure  in  calce
al ricorso introduttivo - ricorrenti; 
        Istituto Zooprofilattico Sperimentale della  Puglia  e  della
Basilicata, in persona del  legale  rappresentante  pro-tempore,  con
sede  in  Foggia  alla  Via  Manfredonia  n.  20,  P.I.  00168430718,
rappresentato e difeso ai sensi dell'art. 417-bis codice di procedura
civile dal dipendente dott. Dionisio Serra - resistente. 
    Oggetto: abuso contratti a tempo  determinato  settore  sanita' -
questione di legittimita' costituzionale. 
 
                           Fatti di causa 
 
    A) Con ricorso ex art. 409 codice di procedura civile  depositato
il 31 luglio 2015, iscritto al n.  8364/2015  R.G.L.  gli  epigrafati
ricorrenti hanno adito questo Tribunale, in funzione di  Giudice  del
lavoro, chiedendo, in via principale di: 
        a) accertare e dichiarare  il  diritto  dei  ricorrenti  alla
riqualificazione dei rapporti di lavoro a  tempo  determinato  in  un
rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato, con le
stesse mansioni e livello di inquadramento, a far  tempo  dalla  data
del compimento del 36°  mese  di  lavoro  alle  dipendenze  dell'ente
convenuto, con le decorrenze  e  per  tutti  i  motivi  di  cui  alla
narrativa del presente atto; b) per l'effetto, accertare e dichiarare
che tra l'Istituto resistente e i ricorrenti intercorreva un rapporto
di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato a far tempo  dal
superamento del 36° mese di lavoro con mansioni equivalenti  fino  al
momento del recesso inefficace alla data del 30  aprile  2014  e,  in
particolare, per Dell'Oro Daniela dal 1° febbraio 2014  con  mansioni
di collaboratore tecnico professionale - esperto chimico  (cat.  DS),
per Iammarino Marco dal 1° febbraio 2014 con mansioni  di  assistente
tecnico - perito  chimico  (cat.  C),  per  Ferrara  Alfredo  dal  1°
settembre 2010 con mansioni di collaboratore tecnico -  professionale
esperto - veterinario (cat.  DS),  per  Marchesani  Giuliana  dal  1°
febbraio 2014 con mansioni  di  collaboratore  tecnico  professionale
esperto tecnologo alimentare (cat. DS), per  Tarallo  Marina  dal  1°
febbraio 2014 con mansioni  di  collaboratore  professionale  tecnico
(cat. D) tecnologo alimentare (I liv.); c) in conseguenza, dichiarare
inefficaci i recessi intimati dall'Istituto a ciascuno dei ricorrenti
alla data  del  30  aprile  2015  senza  forma  scritta  per  formale
cessazione del rapporto  a  tempo  determinato,  nonostante  la  gia'
avvenuta trasformazione dei contratti a tempo determinato  successivi
in singoli contratti a tempo indeterminato, e condannare il convenuto
Istituto, in persona  del  legale  rappresentante  pro-tempore,  alla
reintegrazione nel posto di lavoro dei ricorrenti  Dell'Oro  Daniela,
Iammarino  Marco,  Ferrara  Alfredo,  Marchesani  Giuliana,   Tarallo
Marina, ex art. 18, commi 1 e 2, legge  n.  300/70,  come  modificato
dalla legge n.  92  del  2012,  con  il  pagamento  di  un'indennita'
risarcitoria quantificata nella  misura  della  retribuzione  globale
medio tempore maturata dal momento  dei  singoli  inefficaci  recessi
fino a quello della reintegrazione,  dedotto  quanto  percepito,  nel
periodo di estromissione,  per  lo  svolgimento  di  altre  attivita'
lavorative, oltre interessi legali e rivalutazione  monetaria,  e  al
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali  dal  momento
del licenziamento all'effettiva reintegrazione. In via subordinata, i
ricorrenti chiedevano il ristoro dei danni subiti per gli illegittimi
recessi, ex art. 36, comma 5, decreto  legislativo  n.  165/2001,  da
quantificarsi in via equitativa attraverso  l'applicazione  analogica
dell'art.  18,  commi  4  e  5,  legge  n.  300/1970,  in  una  somma
corrispondente a 20 o 15 mensilita'  della  retribuzione  globale  di
fatto, oltre  agli  accessori  come  per  legge  (o,  nella  diversa,
maggiore o minore, misura ritenuta equa e di giustizia), nonche' alla
corresponsione a ciascuno dei ricorrenti delle maggiorazioni previste
dall'art. 5, comma 1, decreto legislativo n. 368/2001 a decorrere dal
1° giorno successivo alla maturazione dei 36  mesi  di  servizio  con
mansioni equivalenti  e  fino  alla  data  -  30  aprile  2015  -  di
cessazione definitiva dei rapporti, oltre accessori  come  per  legge
sulle predette differenze retributive; con condanna,  in  ogni  caso,
dell'Istituto resistente alla refusione delle spese e competenze  del
giudizio, con distrazione. 
    B)  I  ricorrenti  hanno  richiamato   in   fatto   le   seguenti
circostanze, documentate come da allegati in atti: 
        B1. La dott.ssa Dell'Oro Daniela ha lavorato alle  dipendenze
dell'Istituto resistente in forza di una serie di contratti  a  tempo
determinato, stipulati attingendo da apposite graduatorie relative  a
selezioni  pubbliche,   con   mansioni   di   collaboratore   tecnico
professionale  -  esperto  chimico  (cat.  DS)  presso  la  Struttura
Complessa Chimica dell'IZS, per le attivita' connesse al programma di
monitoraggio per la  ricerca  di  contaminanti  chimico-fisici  nelle
derrate alimentari importate dalla Bosnia-Herzegovina  e  dal  Kosovo
dal 1°  settembre  2010  al  31  agosto  2011,  termine  quest'ultimo
prorogato fino al 31 agosto 2013, e dal 1° febbraio 2014 al 30 aprile
2015 per le attivita' connesse al progetto  dal  titolo  «Valutazione
dell'esposizione a contaminanti inorganici (metalli  e  radionuclidi)
attraverso la dieta nella popolazione italiana». 
        B2. Il dott. Iammarino  Marco  ha  lavorato  alle  dipendenze
dell'Istituto resistente in forza di una serie di contratti  a  tempo
determinato, stipulati attingendo da apposite graduatorie relative  a
selezioni pubbliche, nei seguenti periodi: dal 1° marzo  2002  al  28
febbraio 2003, con qualifica di  tecnico  di  laboratorio  presso  il
dipartimento di chimica dell'Istituto; dal  1°  ottobre  2010  al  30
settembre 2011, presso  il  Centro  di  Referenza  Nazionale  per  la
Ricerca  della  Radioattivita'  nel  Settore  Zootecnico  Veterinario
dell'Istituto, in qualita' di assistente  tecnico  -  perito  chimico
(cat. C), per le attivita' connesse al programma di monitoraggio  per
la ricerca di contaminanti chimico-fisici  nelle  derrate  alimentari
importate dalla Bosnia-Herzegovina e dal  Kosovo,  termine  prorogato
fino al 30 settembre 2013; dal 1° febbraio 2014 al  30  aprile  2015,
per le attivita' connesse al progetto «Valutazione dell'esposizione a
contaminanti inorganici (metalli e radionuclidi) attraverso la  dieta
nella popolazione italiana». 
        B3. Il dott. Ferrara  Alfredo  ha  lavorato  alle  dipendenze
dell'IZS con vari contratti di lavoro a tempo determinato,  stipulati
attingendo da apposite graduatorie relative  a  selezioni  pubbliche,
nei seguenti periodi: dal 1° settembre 2006 al  31  agosto  2007,  in
qualita'  di  collaboratore  tecnico  -   professionale   esperto   -
veterinario (cat. DS) per il «Programma di controllo  delle  sostanze
alimentari importate dai territori  della  Bosnia-Herzegovina  e  del
Kosovo»,  termine  prorogato  dapprima  fino  al  31  agosto  2008  e
successivamente fino al 31 agosto 2009; dal 1° settembre 2010  al  31
agosto 2011, prorogato fino al 31 agosto 2013 e con decorrenza dal 1°
febbraio 2014 al 30 aprile 2015, in qualita' di collaboratore tecnico
- professionale esperto - veterinario (cat. DS) per il «Programma  di
valutazione dell'esposizione a contaminanti inorganici attraverso  la
dieta nella popolazione italiana». 
        B4.  La  dott.ssa  Marchesani  Giuliana  ha   lavorato   alle
dipendenze dell'IZS con vari contratti di lavoro a tempo determinato,
stipulati attingendo da apposite  graduatorie  relative  a  selezioni
pubbliche, nei seguenti periodi: dal 1° settembre 2010 al  31  agosto
2011, in qualita'  di  collaboratore  tecnico  professionale  esperto
tecnologo alimentare (cat. DS) presso la Struttura Complessa  Chimica
dell'Istituto per le attivita' connesse al programma di  monitoraggio
per  la  ricerca  di  contaminanti   chimico-fisici   nelle   derrate
alimentari importate dalla Bosnia-Herzegovina e dal  Kosovo,  termine
prorogato fino al 31 agosto 2013; dal 1° febbraio 2014 al  30  aprile
2015,  per   le   attivita'   connesse   al   progetto   «Valutazione
dell'esposizione a contaminanti inorganici (metalli  e  radionuclidi)
attraverso la dieta nella popolazione italiana». 
        B5. La dott.ssa Tarallo Marina ha  lavorato  alle  dipendenze
dell'IZS con vari contratti di lavoro a tempo determinato,  stipulati
attingendo da apposite graduatorie relative  a  selezioni  pubbliche,
nei seguenti periodi: dal 1° settembre 2010 al  31  agosto  2011,  in
qualita' di collaboratore professionale tecnico  (cat.  D)  tecnologo
alimentare (I liv.) presso la Struttura semplice «Metalli  Pesanti  e
Mangimi» afferente alla Struttura complessa Chimica dell'Istituto per
l'attuazione del  «Programma  di  controllo  di  sostanze  alimentari
importate dai territori della Bosnia-Herzegovina e  Kosovo»,  termine
prorogato fino al 31 agosto 2013; dal 1° febbraio 2014 al  30  aprile
2015, in qualita' di collaboratore professionale tecnico - cat.  D  -
Tecnologo Alimentare (I liv.) presso la Struttura  semplice  «Metalli
Pesanti  e  Mangimi»  per  l'attuazione  del  progetto   «Valutazione
dell'esposizione a contaminanti inorganici (metalli  e  radionuclidi)
attraverso la dieta nella popolazione italiana». 
    C) I ricorrenti, dunque, poiche', in  virtu'  dei  su  richiamati
contratti, hanno prestato servizio  a  tempo  determinato  in  favore
dell'Istituto  Zooprofilattico  Sperimentale  per  la  Puglia  e   la
Basilicata  con  contratti  successivi  tutti  legittimi,  dopo  aver
superato selezione pubblica, e per piu' di 36 mesi maturati alle date
indicate  per  ciascuno  di  essi  nelle  conclusioni   del   ricorso
introduttivo, svolgendo mansioni equivalenti - hanno chiesto, in  via
principale, il riconoscimento del diritto a che il loro  rapporto  di
lavoro sia considerato a tempo indeterminato, ai sensi  dell'art.  5,
comma 4-bis  (e  comma  2,  in  combinato  disposto,  ai  fini  della
decorrenza), del decreto legislativo n. 368/2001, cosi' come previsto
dalla clausola 5, n. 2, dell'accordo quadro comunitario sul contratto
a tempo determinato, recepito nella direttiva 1999/70/CE, di  cui  il
decreto legislativo n. 368/2001  e'  disciplina  nazionale  attuativa
giusta  legge  delega  comunitaria  n.  422/2000,   con   conseguente
reintegrazione  nel  posto  di  lavoro   da   cui   sarebbero   stati
illegittimamente estromessi alla cessazione dell'ultimo  contratto  a
tempo determinato, avvenuta per tutti alla data del 30 aprile 2015. 
    D)  A  fondamento  della  domanda  di  riqualificazione  a  tempo
indeterminato dei rapporti a termine successivi  al  superamento  del
36° mese di servizio anche non continuativo con mansioni equivalenti,
i  ricorrenti  hanno  evidenziato  che   l'Istituto   Zooprofilattico
Sperimentale della Puglia e della Basilicata e' un Ente sanitario  di
diritto pubblico,  sottoposto  alla  vigilanza  del  Ministero  della
salute e dotato di autonomia amministrativa,  gestionale  e  tecnica,
cioe'  un'Azienda  sanitaria  che   la   Corte   costituzionale   con
l'ordinanza n. 49/2013, richiamando l'ordinanza  n.  2031/2008  della
Cassazione a Sezioni unite e la sentenza n. 5924/2004  del  Consiglio
di Stato, ha qualificato come ente pubblico economico, in quanto tale
non  rientrante  nel  campo  di  applicazione  dell'art.  36  decreto
legislativo n.  165/2001,  riservato  soltanto  alle  amministrazioni
pubbliche «non economiche», richiamando in  tal  senso  il  punto  14
della sentenza n. 4685/2015 della Cassazione a Sezioni unite. 
        D1. In ogni caso, secondo  i  ricorrenti,  sulla  base  delle
indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia
dell'Unione europea, in particolare  dall'ordinanza  Affatato  (causa
C-3/10,   punto   48),   dall'ordinanza   Papalia   (causa   C-50/13,
conclusioni) e, soprattutto, dalla sentenza  Mascolo  (cause  riunite
C-22/13, C-61/13, C-62/13, C63/13 e C-418/13, punto 55),  il  diritto
alla riqualificazione a tempo indeterminato dei contratti  a  termine
ai sensi dell'art. 5, comma 4-bis, decreto  legislativo  n.  368/2001
andrebbe riconosciuto, a prescindere dalla natura pubblica del datore
di lavoro e dalla sua qualificazione come ente pubblico economico, in
virtu' della primazia  del  diritto  comunitario,  come  interpretato
dalla Corte di giustizia dell'Unione europea,  applicando  le  stesse
norme interne «sanzionatorie» dell'abusivo  ricorso  ai  contratti  a
tempo determinato previste  per  i  datori  di  lavoro  privati,  che
recepiscono  correttamente  la  direttiva  1999/70/CE,  nel  contempo
disapplicando le norme che impediscono  la  tutela  effettiva,  cioe'
l'art. 36, commi 5, 5-ter e 5-quater, decreto legislativo n. 165/2001
nonche', per il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale,
l'art. 10, comma 4-ter, decreto legislativo n. 368/2001. 
    E)  In  data  7  marzo   2016   si   e'   costituito   l'Istituto
Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, per  il
tramite del funzionario ai sensi dell'art. bis  codice  di  procedura
civile, chiedendo l'integrale rigetto delle domande  dei  ricorrenti,
sia quelle principali che quelle subordinate. 
        E1. In particolare, secondo l'Istituto resistente,  la  Corte
costituzionale  con  la   sentenza   n.   89/2003   e   le   sentenze
Marrosu-Sardino e Vassallo della Corte di giustizia (cause  C54/04  e
C-180/04),  queste  ultime  intervenute  proprio  su  fattispecie  di
abusivo ricorso  a  contratti  a  tempo  determinato  nell'ambito  di
un'azienda  sanitaria,  riconoscerebbero  legittimo  il  divieto   di
conversione posto dall'art.  36,  comma  5,  decreto  legislativo  n.
165/2001 per tutto il pubblico impiego, compreso quello sanitario,  e
che il divieto di stabilizzazione nelle aziende sanitarie e' peraltro
confermato  dall'art.  10,  comma  4-ter,  decreto   legislativo   n.
368/2001,  introdotto  dall'art.  4,  comma  5,   del   decreto-legge
«Balduzzi»  n.  158/2012  (inserito  in  sede  di   conversione   del
decreto-legge dalla legge n. 189/2012 con decorrenza dall'11 novembre
2012), e  attualmente  dall'art.  29,  comma  2,  lett.  c),  decreto
legislativo n. 81/2015. Per quanto riguarda la domanda subordinata di
risarcimento dei danni, secondo I'IZS La Cassazione con  le  sentenze
n. 392/2012 e  n.  27363/2014  porrebbero  a  carico  del  lavoratore
l'onere di provare  i  danni  subiti  per  l'illegittimo  ricorso  al
contratto   a   tempo   determinato   da   parte   delle    pubbliche
amministrazioni, onere che, nella fattispecie di causa, il ricorrente
non avrebbero assolto. 
    F) All'udienza del 12 ottobre 2016 gli attori, come  da  processo
verbale, hanno chiesto a questo giudice  di  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 36, commi 5, 5-ter e  5-quater,
decreto legislativo n. 165/2001, nonche' dell'art. 10,  comma  4-ter,
decreto legislativo n. 368/2001 e dell'art. 29, comma  2,  lett.  c),
decreto legislativo n. 81/2015, nella parte in cui non consentono  la
costituzione a tempo indeterminato con le  pubbliche  amministrazioni
del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale che, assunti
a tempo determinato sulla  base  di  legittime  procedure  selettive,
hanno superato i 36 mesi  di  servizio  anche  non  continuativo  con
mansioni equivalenti presso la  stessa  azienda  sanitaria  ai  sensi
dell'art. 5,  comma  4-bis,  decreto  legislativo  n.  368/2001,  per
violazione degli articoli 3 e 117, comma 1, Cost. 
La normativa interna sui contratti a tempo  determinato  nel  settore
sanitario pubblico  -  inadempimento  alla  direttiva  1999/70/CE   -
Sentenza n. 187/2016 della Corte costituzionale 
    1. Preliminarmente, non e' contestato dall'Istituto resistente ed
e' documentato in atti che tutti i ricorrenti sono  stati  assunti  a
tempo determinato attraverso regolari procedure selettive pubbliche e
hanno tutti superato i 36 mesi di servizio anche non continuativi con
mansioni equivalenti presso l'IZS, alle  decorrenze  precisate  nelle
conclusioni del ricorso introduttivo. Sulle conseguenze  dell'abusivo
ricorso ai contratti a  tempo  determinato,  una  volta  superata  la
clausola di durata massima  complessiva  di  cui  all'art.  5,  comma
4-bis, decreto legislativo n. 368/2001, vi e' palese contrasto tra le
domande  degli  attori  e  le  tesi  difensive  del  datore  pubblico
convenuto. 
    2. Le parti  ricorrenti,  dopo  la  sentenza  n.  187/2016  e  le
contestuali ordinanze nn. 194-195/2016  della  Corte  costituzionale,
ritengono che l'incidente di costituzionalita' sollevato  davanti  al
Giudice delle leggi costituisca l'unica possibilita' per consentire a
questo  giudice  di  applicare  nel  giudizio  principale  la  misura
adeguata della trasformazione a tempo indeterminato dei  contratti  a
termine successivi al superamento  dei  36  mesi  di  servizio  anche
continuativi (l'art. 5, comma 4-bis, decreto legislativo n. 368/2001:
cfr. Cassazione, 27363/14; sentenza Mascolo, punto  55)  in  caso  di
abusi  nella  successione  dei  contratti  a  tempo  determinato  nei
confronti del personale sanitario del Servizio  sanitario  nazionale,
rimuovendo  con  la  declaratoria  di  incostituzionalita'  le  norme
interne [art. 36, commi 5, 5-ter e 5-quater, decreto  legislativo  n.
165/2001; art. 10, comma 4-ter, decreto legislativo n. 368/2001; art.
29,  comma  2,  lett.  c),  decreto  legislativo  nr.  81/2015],  che
impedirebbero ogni forma di tutela sanzionatoria  in  caso  di  abuso
nella successione  dei  contratti  a  tempo  determinato  per  questa
particolare categoria di lavoratori del settore pubblico. 
    3. La questione di  legittimita'  costituzionale  proposta  dalle
parti' ricorrenti e' motivata sulla base delle argomentazioni con cui
la sentenza n. 187/2016  della  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4,  commi  1  e  11,  della
legge n. 124/1999, accogliendo nei limiti di cui alla motivazione  le
ordinanze dei Tribunali di Roma (ordinanze nn. 143  e  144/2012  Reg.
ord.) e Lamezia Terme (ordinanze nn. 248 e 249/2012 Reg. ord.), cioe'
sulla  incompatibilita'  con  la  disciplina  Ue   del   sistema   di
Reclutamento scolastico, prima  della  legge  n.  107/2015,  dopo  la
sentenza Mascolo della Corte di giustizia. 
    4. In effetti, la Corte costituzionale ha  cosi'  evidenziato  al
punto  18.1  della  motivazione  della  sentenza  n.  187/2016,   con
specifico riferimento alla stabilizzazione dei docenti precari:  «Per
i docenti, si e' scelta la strada della loro stabilizzazione  con  il
piano straordinario destinato alla "copertura di tutti i posti comuni
e di sostegno dell'organico di diritto". Esso e'  volto  a  garantire
all'intera massa di docenti precari la possibilita' di fruire  di  un
accesso privilegiato al pubblico impiego fino al  totale  scorrimento
delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto  dal  comma
109 dell'art. 1 della legge n. 107  del  2015,  permettendo  loro  di
ottenere  la  stabilizzazione  grazie  o  a  meri   automatismi   (le
graduatorie) ovvero a selezioni blande (concorsi riservati).  In  tal
modo vengono attribuite serie e indiscutibili chances  di  immissione
in  ruolo  a  tutto  il  personale  interessato,  secondo  una  delle
alternative espressamente prese  in  considerazione  dalla  Corte  di
giustizia. La scelta e'  piu'  lungimirante  rispetto  a  quella  del
risarcimento, che avrebbe lasciato il sistema scolastico nell'attuale
incertezza  organizzativa  e   il   personale   in   uno   stato   di
provvisorieta' perenne; una scelta che - va sottolineato  -  richiede
uno sforzo organizzativo e finanziario estremamente impegnativo e che
comporta un'attuazione invero peculiare di un principio basilare  del
pubblico impiego (l'accesso con concorso pubblico), volto a garantire
non solo l'imparzialita' ma anche  l'efficienza  dell'amministrazione
(art. 97 Cost.).». 
    5. Rispetto alle azioni esperite nei giudizi principali  pendenti
davanti ai giudici rimettenti (Tribunali di Roma e di Lamezia  Terme)
dai docenti e personale ata precari che avevano superato i 36 mesi di
servizio anche non continuativi  nella  scuola  pubblica,  la/  Corte
costituzionale al punto 12 della sentenza n. 187/2016 chiarisce anche
la «natura» delle domande proposte dai  lavoratori,  riqualificandole
in  azioni  di  risarcimento  danni  per  inadempimento  dello  Stato
italiano  alla  direttiva  1999/70/CE   per   tutto   il   precariato
scolastico, su cui peraltro pendeva la  procedura  di  infrazione  n.
2010/2124 della Commissione Ue, archiviata soltanto dopo le misure di
stabilizzazione di tutti i docenti precari introdotte dalla legge  n.
107/2015. 
    6. Le misure  di  stabilizzazione  di  tutti  i  docenti  precari
introdotte dalla legge n. 107/2015 sono state utilizzate dal  Giudice
delle  leggi  per  affermare,  in  mancanza   di   altro   meccanismo
sanzionatorio per l'inoperativita' ex lege dell'art. 5, Gomma  4-bis,
decreto legislativo n. 368/2001, che la stabilizzazione generale  del
personale precario scolastico e' la misura piu' adeguata a  rimuovere
gli effetti  dell'illecito  comunitario,  accertato  dalla  Corte  di
giustizia con la sentenza Mescolo: «In tal modo, tuttavia,  essa  non
da'  risposta  alla   questione   della   necessita'   o   meno   del
riconoscimento del diritto al risarcimento in capo  ai  soggetti  che
abbiano subito un danno  a  seguito  dell'inadempimento  dello  Stato
italiano, questione che costituisce l'oggetto  reale  dei  giudizi  a
quibus.». 
    7. Questo  giudice  ritiene  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale, nei termini in cui  e'  stata  proposta  dalle  parti
ricorrenti, sia non manifestamente  infondata  e  rilevante  ai  fini
della decisione della controversia, perche' consente  di  individuare
la sanzione «adeguata» della riqualificazione a  tempo  indeterminato
dei contratti a tempo determinato successivi alle condizioni  di  cui
all'art. 5, comma 4-bis, decreto legislativo n. 368/2001, applicabile
ratione temporis alle fattispecie di causa  prima  della  abrogazione
con l'art. 55, comma  1,  lettera  b),  del  decreto  legislativo  n.
81/2015, rimuovendo con la declaratoria  di  incostituzionalita'  gli
effetti ostativi  alla  tutela  effettiva  delle  norme  interne  che
impediscono l'operativita' della sanzione piu' efficace  a  rimuovere
l'illecito comunitario, con la costituzione di un rapporto di  lavoro
a tempo indeterminato alle dipendenze della pubblica  amministrazione
resistente. 
    8. Del resto, emerge dall'ordinanza di  rinvio  pregiudiziale  n.
207/2013 della Corte costituzionale che il Giudice delle leggi  aveva
ben chiara l'assoluta mancanza di misure preventive  e  sanzionatorie
in caso di utilizzo abusivo delle supplenze scolastiche e  quindi  la
mancata applicazione della clausola 5 dell'accordo quadro sul  lavoro
a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE nei confronti
del personale docente e ata della scuola statale assunto a termine ai
sensi dell'art. 4 della legge n. 124/1999. 
    9.  Tuttavia,  la  Corte  costituzionale,   come   appare   nella
motivazione dell'ordinanza n. 206/2013  della  Consulta,  non  poteva
rimuovere con la sola declaratoria di  illegittimita'  costituzionale
in parte qua dell'art. 4, commi 1 e 11, della legge n.  124/1999  sul
reclutamento scolastico la  situazione  di  incompatibilita'  con  la
direttiva 1999/70/CE, non essendo state  sottoposte  a  scrutinio  di
costituzionalita' le ulteriori norme che impedivano il riconoscimento
della tutela richiesta anche nel presente  giudizio  (art.  5,  comma
4-bis, decreto  legislativo  n.  368/2001),  cioe'  l'art.  4,  comma
14-bis, della legge n. 124/1999 e l'art.  10,  comma  4-bis,  decreto
legislativo n. 368/2001. 
    10.  In  effetti,  la  Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.
187/2016 ha  sottolineato  che  la  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea con la sentenza Mascolo si  e'  limitata  per  il  precariato
scolastico a dichiarare l'incompatibilita' con «la clausola 5,  punto
1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18
marzo 1999, che figura nell'allegato alla  direttiva  1999/70/CE  del
Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE
e CEEP sul lavoro a tempo determinato» di una  «normativa  nazionale,
quale  quella  di  cui  trattasi  nei  procedimenti  principali,  che
autorizzi, in attesa dell'espletamento  delle  procedure  concorsuali
per l'assunzione di personale  di  ruolo  delle  scuole  statali,  il
rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per  la  copertura
di posti vacanti  e  disponibili  di  docenti  nonche'  di  personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi  per
l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilita', per tali docenti e  detto  personale,  di  ottenere  il
risarcimento del danno eventualmente subito a causa  di  un  siffatto
rinnovo». 
    11. La Corte di giustizia dell'Unione  europea  con  la  sentenza
Mascolo non ha risposto, perche' assorbiti,  agli  ulteriori  quesiti
proposti  dal  Tribunale  di  Napoli  nelle   ordinanze   di   rinvio
pregiudiziale  Mascolo  C-22/13,  Forni  C-61/13  e   Racca   C-62/13
sull'applicazione del principio di uguaglianza e non  discriminazione
di cui alla  clausola  4  dell'accordo  quadro  sul  lavoro  a  tempo
determinato e sull'applicazione dell'art. 47 della Carta dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea. 
    12. Tuttavia, per il precariato pubblico non scolastico la  Corte
di   giustizia   nella   sentenza   Mascolo,   nel   risolvere    con
l'irricevibilita' l'ordinanza pregiudiziale proposta dal Tribunale di
Napoli per un'educatrice di asilo comunale per aveva  superato  i  36
mesi di servizio anche non continuativi presso il  datore  di  lavoro
pubblico (causa Russo C-63/13), ha  fornito  al  giudice  del  rinvio
anche una chiarissima indicazione su quale  possa  essere  la  misura
effettiva ed «energica» idonea a prevenire e, se del caso, sanzionare
gli abusi nella successione dei contratti a  tempo  determinato  alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni,  individuandola  (perche'
individuata dal  legislatore  interno)  proprio  nell'art.  5,  comma
4-bis, decreto legislativo n. 368/2001 (sentenza Mascolo,  punto  55;
gia' ordinanza Affatato, punto 48), con la cui applicazione lo  Stato
italiano  si  adegua  al  principio  di  leale  cooperazione  con  le
Istituzioni  europee  di  cui  all'art.  4,  punto  3,  del  Trattato
dell'Unione europea TUE (sentenza Mascolo, punti 59-61). 
    13. Quindi, seguendo l'argomentazione sul  punto  della  sentenza
della Corte europea, il  Giudice  nazionale  sarebbe  tenuto  a  dare
effettivita' alla tutela dei lavoratori pubblici a tempo  determinato
applicando le disposizioni di diritto nazionale volte a sanzionare il
ricorso  abusivo,  da  parte  della  pubblica   amministrazione   non
scolastica, a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato,  in
particolare l'art. 5, comma 4-bis, decreto legislativo  n.  368/2001,
con la trasformazione a tempo indeterminato dei contratti  a  termine
successive che abbiano superato i  36  mesi  di  servizio  anche  non
continuativi alle dipendenze del datore di lavoro pubblico,  sanzione
espressamente  ritenuta  adeguata  ed  applicabile   nell'ordinamento
interno, seppure  con  un  obiter  dictum,  dalla  Suprema  Corte  di
cassazione (sentenza n. 27363/2014, che richiama l'ordinanza  Papalia
del 12 dicembre 2013 della Corte di giustizia). 
    14. La Corte costituzionale, del resto, nelle due  ordinanze  nn.
194 e 195 del 2016, sulle questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate dal  Tribunale  di  Trento  identiche,  sostanzialmente,  a
quelle dei Tribunali di Roma e Lamezia Terme, ha evidenziato  che  «i
principi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto
di  giudizio   di   legittimita'   costituzionale,   si   inseriscono
direttamente  nell'ordinamento  interno  con   il   valore   di   ius
superveniens, condizionando e determinando i  limiti  in  cui  quelle
norme conservano efficacia e devono essere applicate anche  da  parte
del giudice a quo (ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del 2012 e n. 216
del 2011)». 
    15.  Se  ne  dovrebbe  dedurre,  in  conseguenza,  che  anche  le
indicazioni sull'adeguatezza della misura della riqualificazione  dei
contratti a tempo determinato successivi al superamento dei  36  mesi
per  rimuovere  l'illecito  comunitario  nel  pubblico  impiego   non
scolastico costituisca «ius superveniens»,  nella  lettura  combinata
dell'ordinanza Affatato (punto 48) e della  sentenza  Mascolo  (punto
55) della Corte di giustizia, nonche' della sentenza  n.  187/2016  e
delle due contestuali ordinanze nn. 194 e 195 del  2016  della  Corte
costituzionale. 
    16. Nessun dubbio, in ogni caso, che l'art. 36, comma 5,  decreto
legislativo n. 368/2001, su cui si intende richiedere lo scrutinio di
costituzionalita', potrebbe essere agevolmente  rimosso  dal  giudice
nazionale con la disapplicazione o non applicazione della detta norma
interna ostativa, dal momento che anche questa disposizione e'  stata
dichiarata incompatibile con la direttiva  1999/70/CE  dall'ordinanza
Papalia della Corte di giustizia Ue del 12  dicembre  2013  in  causa
C-50/13, con le seguenti conclusioni che vanno considerate, alla luce
della recentissima giurisprudenza costituzionale innanzi  richiamata,
«ius superveniens»: «L'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato,
concluso il 18 marzo 1999, che  figura  in  allegato  alla  direttiva
1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno  1999,  relativa  all'accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,  dev'essere
interpretato nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una
normativa  nazionale,   quale   quella   oggetto   del   procedimento
principale, la quale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da  parte  di
un datore di lavoro pubblico, di  una  successione  di  contratti  di
lavoro a tempo determinato,  preveda  soltanto  il  diritto,  per  il
lavoratore interessato, di ottenere il  risarcimento  del  danno  che
egli reputi di aver  sofferto  a  causa  di  cio',  restando  esclusa
qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a  tempo  determinato
in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il  diritto  a
detto risarcimento e'  subordinato  all'obbligo,  gravante  su  detto
lavoratore, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a  migliori
opportunita' di impiego, se detto obbligo ha come effetto di  rendere
praticamente impossibile o eccessivamente difficile  l'esercizio,  da
parte del citato lavoratore, dei diritti  conferiti  dall'ordinamento
dell'Unione. Spetta al giudice del rinvio valutare in che  misura  le
disposizioni di diritto  nazionale  volte  a  sanzionare  il  ricorso
abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a  una  successione
di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato siano  conformi
a questi principi.». 
    17. Peraltro, la Corte  di  giustizia  con  la  recente  sentenza
Martinez Andres e Castrejana  Lopez  del  14  settembre  2016  (cause
riunite C-184/15 e C-197/15), in  una  delle  quali  (causa  C-184/15
Martinez Andres) si controverteva di  precariato  pubblico  sanitario
nell'ordinamento spagnolo, in una causa in cui la  lavoratrice  aveva
chiesto la reintegrazione nel posto di lavoro  come  sanzione  contro
l'abusivo ricorso a 13 contratti a termine  successivi  per  32  mesi
continuativi   di   servizio,    ha    evidenziato    l'equiparazione
sanzionatoria  tra  settore  pubblico  e   settore   privato,   cosi'
concludendo: «1) La clausola 5, paragrafo 1, dell'accordo quadro  sul
lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999, che  figura  in
allegato alla direttiva 1999/7010E del Consiglio, del 28 giugno 1999,
relativa all'accordo quadro CES, UNICE e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo
determinato deve essere interpretata nel senso che  osta  a  che  una
normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti  principali,
sia applicata dai giudici nazionali dello Stato membro interessato in
modo che, in caso di utilizzo abusivo di una successione di contratti
di lavoro a tempo determinato,  il  diritto  alla  conservazione  del
rapporto   di   lavoro   e'   accordato    alle    persone    assunte
dall'amministrazione mediante  un  contratto  di  lavoro  soggetto  a
normativa del lavoro di natura privatistica, ma non e'  riconosciuto,
in generale, al personale assunto da tale amministrazione  in  regime
di diritto pubblico, a meno che non esista un'altra  misura  efficace
nell'ordinamento giuridico nazionale per sanzionare  tali  abusi  nei
confronti dei lavoratori, circostanza che spetta al giudice nazionale
verificare. 2) Le disposizioni dell'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato che figura in allegato alla direttiva 1999/70,  lette  in
combinato disposto con il principio di  effettivita',  devono  essere
interpretate nel senso che esse ostano a norme processuali  nazionali
che obbligano il lavoratore a tempo determinato a intentare una nuova
azione  per  la  determinazione  della  sanzione   adeguata,   quando
un'autorita' giudiziaria abbia accertato un  ricorso  abusivo  a  una
successione  di  contratti  a  tempo  determinato,  in  quanto   cio'
comporterebbe  per  tale  lavoratore  inconvenienti  processuali,  in
termini, segnatamente, di costo, durata e regole  di  rappresentanza,
tali da rendere eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti  che
gli sono conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione.». 
    18. Quindi, sul piano teorico, questo giudice dovrebbe essere  in
grado di assicurare la  tutela  adeguata,  effettiva  ed  equivalente
richiesta nel presente  giudizio,  ricorrendo  allo  strumento  della
disapplicazione o  non  applicazione  delle  norme  interne  ostative
all'applicazione della sanzione della costituzione di un rapporto  di
lavoro  a  tempo  indeterminato  con  la   pubblica   amministrazione
sanitaria, ai sensi dell'art. 5, comma 4-bis, decreto legislativo  n.
368/2001. 
    19.  In  realta',  le   stesse   norme   ostative   alla   tutela
riqualificatoria,  su  cui  viene  nelle  note  difensive  di   parte
ricorrente ora sollecitato l'incidente di costituzionalita', non sono
disapplicabili o non applicabili da questo  giudice  almeno  rispetto
alle situazioni soggettive  di  quattro  dei  cinque  ricorrenti,  in
quanto legate ratione temporis alle fattispecie concrete  dedotte  in
giudizio in guisa tale da impedire «preventivamente» il diritto  alla
riqualificazione  a  tempo  indeterminato  dei  contratti  a  termine
successivi. 
    20. Infatti, soltanto per il ricorrente Ferrara Alfredo le  norme
ostative alla riqualificazione a tempo indeterminato - art. 10, comma
4-ter, decreto legislativo n. 368/2001  e  art.  36,  commi  5-ter  e
5-quater, decreto legislativo n. 165/2001 - sono  entrate  in  vigore
successivamente al superamento del 36° mese di  lavoro  con  mansioni
equivalenti  (1°  settembre  2010),  mentre  per  gli  altri  quattro
ricorrenti l'efficacia della normativa antitutela e' precedente  alla
maturazione del diritto alla stabilita' lavorativa per il superamento
della clausola di durata (per Dell'Oro Daniela dal 1° febbraio  2014;
per Iammarino Marco dal 1° febbraio 2014; per Marchesani Giuliana dal
1° febbraio 2014; per Tarallo Marina dal 1° febbraio 2014). 
    21. Ne' questo giudice puo'  ignorare  l'autorevole  sentenza  n.
5072/2016 del 15 marzo 2016, con cui la Suprema Corte di cassazione a
Sezioni, proprio nella fattispecie di abusivo ricorso a  contratti  a
tempo determinato «successivi» dei due cuochi Marrosu  e  Sardino  ha
escluso la sanzione  della  conversione  a  tempo  indeterminato  dei
contratti a tempo determinato «abusivi» del pubblico impiego  sia  in
caso di apposizione illecita del termine  contrattuale  per  mancanza
delle ragioni oggettive ai sensi  detrarli,  commi  1  e  2,  decreto
legislativo n. 368/2001 sia nel caso di superamento della clausola di
durata dei 36 mesi o delle altre violazioni dell'art. 5, commi 2, 3 e
4, decreto legislativo n. 368/2001 sulla successione  dei  contratti,
richiamando la declaratoria di infondatezza  dell'art.  36,  comma  2
(ora comma 5), decreto legislativo n. 165/2001 enunciata dalla  Corte
costituzionale nella sentenza n. 89/2003 e la necessita' di  concorsi
pubblici  per  essere  stabilmente   inseriti   nell'organico   delle
pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 97, comma 4 (gia' comma
3), Cost. 
    22. Ne' si puo' superare la decisione  delle  Sezioni  unite  del
2016, come evidenziato dalle parti ricorrenti, evidenziando la natura
di ente pubblico economico delle aziende sanitarie e  la  conseguente
inapplicabilita' dell'art. 36 decreto legislativo n. 165/2001  e  del
divieto di conversione nel pubblico impiego «tradizionale», cioe' non
svolgente attivita' economica in forma imprenditoriale (come potrebbe
ricavarsi dal combinato  disposto  dell'ordinanza  n.  49/2013  della
Corte costituzionale e della  sentenza  n.  4685/2015  delle  Sezioni
unite, seguendo l'iter argomentativo del ricorso introduttivo). 
    23.  Infatti,  come  e'  testuale  nell'art.  70,  comma  8,   1°
capoverso, decreto legislativo n. 165/2001 che al personale supplente
scolastico si applica tutta la normativa del testo unico sul pubblico
impiego, compreso l'art. 36 comma 5 sul divieto  di  conversione  dei
contratti flessibili (cfr. sentenza Mascolo della Corte di giustizia,
punti 12-13), le stesse disposizioni si  applicano  anche  quando  si
controverte del rapporto delle «aziende e enti del Servizio sanitario
nazionale», come letteralmente disposto dall'art. 1, comma  2,  dello
stesso decreto legislativo n. 165/2001 (cfr. sentenza Marrosu-Sardino
della Corte di giustizia, punto punto 15;  ordinanza  Affatato  della
Corte europea, punti 11 e 16). 
    24. Non sarebbe, quindi, consentito a questo giudice  prescindere
dal decisum in subiecta  materia  delle  Sezioni  unite  su  identica
fattispecie di abusivo ricorso al contratto a  tempo  determinato  di
dipendenti precari di azienda sanitaria. 
    25. Inoltre, la soluzione adottata dalla Corte costituzionale per
il precariato pubblico scolastico con la sentenza n. 187/2016  e  con
l'ordinanza n. 194/2016 non puo' essere agevolmente mutuata nei  casi
di abusivo ricorso alla successione dei contratti a tempo determinato
nel pubblico impiego non scolastico, come nel caso di specie. 
    26. Infatti,  sia  la  Corte  costituzionale  in  piu'  occasioni
(ordinanza n. 251/2002; ordinanza n. 207/2013; sentenza  n.  41/2011;
sentenza n. 146/2016) sia la Corte di cassazione (Sez. lav., sentenza
n. 10127/2012; SS.UU., sentenza n. 5072/2016) hanno  sottolineato  la
specialita' (e la legittimita', almeno fino alla sentenza n. 187/2016
del Giudice delle leggi) del sistema di reclutamento scolastico sia a
tempo determinato che a tempo indeterminato del personale docente  ed
ata, e tale specialita' rende di problematica applicazione lo  sforzo
interpretativo  di  estendere  agli  altri   settori   pubblici   non
scolastici  le   sanzioni   antiabusive   individuate   dalla   Corte
costituzionale per il settore scolastico. 
    27. Tuttavia, da un lato non si puo' non rilevare che anche nella
sentenza n. 5072/2016 delle Sezioni unite si ponga sostanzialmente un
problema di inadempimento alla  direttiva  1999/70/CE  da  parte  del
legislatore per assenza di una specifica sanzione antiabusiva  idonea
a rimuovere l'illecito comunitario assicurando le condizioni previste
dalla giurisprudenza comunitaria sull'adeguatezza  sanzionatoria  nel
settore pubblico (tra cui l'equivalenza rispetto a  quella  garantita
nel settore privato) e che la stessa decisione  della  Suprema  Corte
nel suo massimo Consesso si sia posta il problema della non manifesta
infondatezza   e   rivelanza   della   questione   di    legittimita'
costituzionale delle norme ostative alla tutela effettiva. 
    28. Dall'altro, la sentenza Martinez Andres  e  Castrejana  Lopez
della Corte di giustizia sembra togliere alla decisione delle Sezioni
unite la condizione di soluzione definitiva della sanzione  energica,
effettiva, equivalente, dissuasiva, preventiva  in  caso  di  abusivo
ricorso ai contratti a tempo determinato nel pubblico impiego,  nella
parte in cui detta sanzione e' stata  limitata  al  risarcimento  del
danno «comunitario» di cui all'art.  32,  comma  5,  della  legge  n.
183/2010, nella sola misura dell'indennita' onnicomprensiva da 2,5  a
12 mensilita' di retribuzione e con esclusione  della  conversione  a
tempo  indeterminato,  pure  prevista   dalla   norma   sanzionatoria
applicabile ai lavoratori precari privati. 
    29. Inoltre, proprio alla luce della sentenza Martinez  Andres  e
Castrejana Lopez della Corte di giustizia non poco rilievo puo' avere
l'ordinanza del 5 settembre 2016 in  causa  C-494/16  Santoro  contro
Comune di Valderice e Presidenza del Consiglio dei ministri, con  cui
il Tribunale di Trapani, in evidente contrasto logico e argomentativo
con la soluzione del danno comunitario enunciata dalle Sezioni  unite
della Cassazione con la sentenza n. 5072/2016, ha sollevato due nuove
questioni pregiudiziali  alla  Corte  di  giustizia  Ue  proprio  sul
principio di  equivalenza  e  di  effettivita'  della  sanzione  solo
indennitaria  dell'art.  32,  comma  5,  della  legge  n.   183/2010,
individuata dalla  Suprema  Corte  come  misura  «energica»:  «1)  Se
rappresenti misura equivalente ed effettiva, nel senso  di  cui  alle
pronunce della Corte di  Giustizia  Mascolo  (C-22/13  e  riunite)  e
Marrosu (C-53/04), l'attribuzione di una indennita' compresa fra  2,5
e 12 mensilita' dell'ultima retribuzione  (art.  32  comma  5°  legge
183/2010) al dipendente pubblico, vittima di un'abusiva  reiterazione
di contratti di lavoro a tempo determinato, con la  possibilita'  per
costui di conseguire l'integrale ristoro del danno solo  provando  la
perdita di altre opportunita'  lavorative  oppure  provando  che,  se
fosse stato bandito un regolare concorso, questo sarebbe stato vinto.
2)  Se,  il  principio  di  equivalenza  menzionato  dalla  Corte  di
Giustizia (fra l'altro) nelle dette pronunce, vada inteso  nel  senso
che, laddove lo Stato membro  decida  di  non  applicare  al  settore
pubblico la conversione del  rapporto  li  lavoro  (riconosciuta  nel
settore  privato),  questi  sia  tenuto  comunque  a   garantire   al
lavoratore  la   medesima   utilita',   eventualmente   mediante   un
risarcimento del danno che abbia necessariamente ad oggetto il valore
del posto di lavoro a tempo indeterminato.». 
    30. Anche nel giudizio principale in cui sono state sollevate  le
nuove  questioni  pregiudiziali  Ue  dal  Tribunale  di  Trapani   si
controverte sulla domanda di riqualificazione a  tempo  indeterminato
di rapporti di lavoro a termine successivi di durata  superiore  a  3
anni con lo stesso datore di lavoro pubblico (Comune  di  Valderice),
fondata sull'inadempimento  alla  direttiva  1999/70/CE  dello  Stato
italiano. 
    31.  Pertanto,  appare  necessario  ricorrere  all'incidente   di
costituzionalita' che  anche  le  Sezioni  unite  nella  sentenza  n.
5072/2016 avevano ipotizzato come ammissibile. 
    32. Infatti, la contestuale pendenza  di  giudizio  pregiudiziale
davanti alla Corte di  giustizia  dell'Unione  europea  sulla  stessa
problematica,  non  esclude  (anzi  rafforza,  potendosi  trovare  la
soluzione   definitiva   all'interno    dell'ordinamento    giuridico
nazionale)  la  facolta'  (per  questo  giudice  la  necessita')   di
sollevare l'incidente di costituzionalita'. 
La questione di legittimita' costituzionale - Le norme interne su cui
si solleva l'incidente di costituzionalita' 
    33. Come gia' dedotto dalle parti costituite nei rispettivi  atti
difensivi, l'art. 10, comma 3-ter, decreto  legislativo  n.  368/2001
(in vigore dall'11 novembre 2012 al 25 giugno 2015) gia' impediva  ex
lege l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 5, comma 4-bis,
decreto legislativo n. 368/2001, prima ancora  che  per  quattro  dei
cinque  ricorrenti  (personale  sanitario  del  SSN)  maturassero   i
requisiti di servizio previsti per l'applicazione degli  effetti  del
superamento della clausola di durata, senza  pero'  prevedere  alcuna
altra misura idonea a sanzionare l'abusivo  ricorso  ai  contratti  a
tempo determinato nel pubblico impiego sanitario. 
    34. Inoltre, al di  la'  della  gia'  acclarata  incompatibilita'
comunitaria dell'art. 36, comma 5, decreto legislativo  n.  165/2001,
alla luce dello «ius superveniens» dell'ordinanza Papalia della Corte
di giustizia, il legislatore nazionale con l'art. 4 del decreto-legge
31 agosto 2013, n. 101 (convertito con modificazioni dalla  legge  n.
125/2013) ha modificato l'art. 36 D.lgs. n. 165/2001,  inserendo  due
norme - il comma 5-ter e il comma 5-quater - che impediscono  apertis
verbis ogni tutela effettiva anche  risarcitoria  in  caso  di  abuso
nella successione dei  contratti  a  termine  in  tutto  il  pubblico
impiego, compreso quello sanitario. 
    35. Nello stesso articolo - art. 36, D.lgs. n. 165/2001 - in  due
commi e' stata prevista l'applicazione del D.lgs. n.  368/2001  anche
per i contratti a tempo determinato del personale pubblico, il  comma
2 (con decorrenza dal 25 giugno 2008, in quanto introdotto  dall'art.
49,  comma  1,  del  decreto-legge  n.   112/2008,   convertito   con
modificazioni dalla legge n. 133/2008) e ora anche il comma 5-ter. 
    36. Tuttavia, la impossibilita' di trasformazione in contratto  a
tempo indeterminato nell'ipotesi di  cui  all'art.  5,  comma  4-bis,
decreto legislativo n. 368/2001, derivante dall'art. 36, comma 5-ter,
TUPI, e la sanzione - prevista dall'art. 36, comma 5-quater,  decreto
legislativo n. 165/2001 - della nullita'  assoluta  dei  contratti  a
tempo determinato stipulati in  violazione  dell'art.  36,  comma  2,
TUPI, cioe' per mancanza delle esigenze «esclusivamente temporanee  o
eccezionali» che giustificano l'apposizione del termine contrattuale,
comporta la conseguenza, gia' evidenziata dalla Corte  costituzionale
nell'ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 207/2013 per il  precariato
scolastico e poi dalla Corte di giustizia sia nella sentenza  Mascolo
sia  nella  sentenza  Martinez  Andres  e   Castrejana   Lopez,   che
l'ordinamento interno non prevede nessuna misura idonea  a  prevenire
gli abusi in caso di successione di contratti a tempo determinato per
quanto riguarda tutto il pubblico impiego, compreso quello  sanitario
del SSN. 
    37. Con la formulazione dell'attuale comma 5-quater dell'art. 36,
decreto legislativo n. 165/2001 se il lavoratore pubblico precario ha
chiesto la tutela giudiziaria e l'applicazione della sanzione di  cui
all'art. 5, comma 4-bis, decreto legislativo n. 368/2001, come  nella
fattispecie di causa, non ha diritto ne' alla  costituzione  a  tempo
indeterminato del rapporto di lavoro  originariamente  a  termine  al
superamento dei 36 mesi di servizio anche non continuativi (art.  10,
comma 4-ter, decreto legislativo n. 368/2001 e art. 36, comma  5-ter,
decreto legislativo n. 165/2001) ne' al risarcimento dei danni  (art.
36, comma 5-quater, decreto legislativo n. 165/2001). 
    38. In conseguenza, i legittimi  contratti  a  tempo  determinato
diventano «nulli» per il semplice fatto di aver chiesto la tutela  al
Giudice del lavoro, come nel caso dei  ricorrenti  Dell'Oro  Daniela,
Iammarino Marco, Marchesani Giuliana e Tarallo Marina, che, anche per
il periodo dal 1° settembre 2013 fino alla definitiva dei  rispettivi
rapporti di lavoro a tempo determinato avvenuta per tutti  alla  data
del 30 aprile 2015, hanno sostenuto nel ricorso introduttivo di  aver
sopperito a carenze strutturali di organico dell'Istituto resistente,
con il paradosso che la  mancanza  di  ragioni  oggettive  temporanee
precluderebbe anche gli effetti giuridici di contratti  di  lavoro  a
tempo determinato formalmente legittimi, perche' stipulati sulla base
di procedure selettive pubbliche. 
    39. Per quanto  il  dato  normativo  non  abbia  incidenza  sulle
fattispecie  di  causa,  tutte  cessate  al  30  aprile  2015   prima
dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.  81/2015,  inoltre,
il legislatore nazionale con l'art. 29, commi 2, lett. c)  e  4,  del
decreto legislativo n. 81/2015 ha confermato l'applicabilita' formale
(oltre che sostanziale) del (solo) art.  36  decreto  legislativo  n.
165/2001 alle pubbliche amministrazioni  sanitarie,  togliendo  anche
ogni riferimento  a  discipline  interne  attuative  della  direttiva
1999/70/Ce per tutti i  lavoratori  a  tempo  determinato  di  questo
settore del pubblico impiego, confermando  cosi'  la  scelta  di  non
applicare  nessuna  delle  tutele  minime  previste  dalla  direttiva
dell'Unione europea. 
    40. Con l'abrogazione del  decreto  legislativo  n.  368/2001  e'
stato  privato  di  contenuto  regolativo  anche  l'art.  36  decreto
legislativo n. 165/2001, in quanto continua ad applicarsi a  tutti  i
dipendenti a tempo determinato  delle  pubbliche  amministrazioni  il
predetto art. 36  decreto  legislativo  n.  165/2001,  che  pero'  e'
svuotato del suo contenuto disciplinare dal momento  che  il  decreto
legislativo n. 368/2001, richiamato espressamente nel comma 2  e  nel
comma 5-ter dello stesso art. 36, e' stato  soppresso  dall'art.  55,
comma 1, lett. b), decreto legislativo n.  81/2015,  rimanendo  cosi'
operativa solo  la  disposizione  sulla  legittimazione  all'uso  dei
contratti a tempo determinato esclusivamente per esigenze  temporanee
o eccezionali (art. 36, comma 2, decreto legislativo n.  165/2001)  e
la mancanza di qualsiasi sanzione effettiva in caso  di  abuso  nella
successione contrattuale (art. 36, commi 5, 5-ter e 5 quater, decreto
legislativo n. 165/2001). 
I parametri costituzionali violati 
    41. Le norme ostative - art. 10, comma 4-ter, decreto legislativo
n. 368/2001; art. 36, commi 5, 5-ter e 5-quater, decreto  legislativo
n. 165/2001 - al riconoscimento del  diritto  alla  trasformazione  a
tempo indeterminato richiesto nel presente  giudizio  al  superamento
dei  36  mesi  di  servizio  anche  non  continuativi  con   mansioni
equivalenti, oltre a violare la clausola 5  dell'accordo  quadro  sul
lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva  1999/70/CE,  in
relazione anche alla disparita' di trattamento rispetto a  situazioni
analoghe,  nella  fattispecie  di  causa  rileva  la  violazione  del
principio di non discriminazione rispetto alle condizioni di  impiego
dei lavoratori a  tempo  indeterminato  comparabili,  tutelato  dalla
clausola 4, n. 1, dello stesso accordo quadro, perche' la  cessazione
ingiustificata dei singoli  rapporti  a  tempo  determinato  dopo  il
superamento dei 36 mesi di servizio con lo stesso  datore  di  lavoro
pubblico  equivale  a  tutti  gli  effetti   ad   un   licenziamento,
trattandosi  di  dipendente  a  tempo  determinato  «abitualmente»  e
illegittimamente impiegato per  supplire  a  carenze  strutturali  di
organico (per analogia, sulle condizioni di impiego al momento  della
cessazione del rapporto di lavoro, v. Corte di giustizia Ue, sentenza
de Diego Porras del 14 settembre 2016 in causa C-596/14, conclusioni;
sentenza Perez Lopez del 14 settembre 2016 in  causa  C-16/15,  punto
67). 
    42. Quindi, sussiste la violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.,
in relazione alla violazione delle clausole 4, n. 1, e 5, nn. 1 e  2,
dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, come interpretate
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue in particolare nella
sentenza Mascolo e come applicata  dalla  Corte  costituzionale  come
«ius superveniens» sia  con  la  sentenza  n.  260/2015  sia  con  la
sentenza n. 187/2016. 
    43. Questo giudice ritiene che sia stato violato anche  l'art.  3
Cost. e il  principio  di  uguaglianza  e  non  discriminazione,  sia
rispetto ai  lavoratori  privati  cui  si  applica  integralmente  la
sanzione dell'art. 5, comma 4-bis, decreto  legislativo  n.  368/2001
rispetto   ai   dipendenti   precari   pubblici   delle    Fondazioni
lirico-sinfoniche (sentenza n. 260/2015 della Corte  costituzionale),
che hanno avuto riconosciuto il diritto alla stabilita' lavorativa  a
seguito della indicata pronuncia del Giudice delle leggi, nel dialogo
diretto con la Corte di giustizia Ue. 
    44. Risultano violati anche gli articoli 4, 24, 35, comma 1,  97,
comma 4, 101, comma 2, 104 comma 1, 111  comma  2  Cost.,  sempre  in
relazione  all'art.  117,  comma  1,  Cost.  e  all'attuazione  degli
obblighi  derivanti   dai   vincoli   comunitari,   con   particolare
riferimento, oltre che alla direttiva 1999/70/CE, all'art.  4,  comma
3, del Trattato dell'Unione europea T.U.E., perche' lo Stato italiano
aveva gia' rappresentato nella causa Affatato C-3/10  alla  Corte  di
giustizia Ue (v. osservazioni scritte del Governo italiano, punto 60,
in Rass.Avv. Stato,  n.  2,  aprile-giugno  2010,  pagg.126-127)  che
l'art.  5,  comma  4-bis,  decreto  legislativo  n.  368/2001  veniva
integralmente applicato anche a tutto il pubblico  impiego,  compreso
quello sanitario. 
    45. La stessa Corte  comunitaria  nell'ordinanza  Affatato  aveva
attestato l'adeguatezza di tale misura sanzionatoria  interna  (punto
48, nonche' sentenza Mascolo, punto 55). 
    46. Sotto questo profilo, sia l'art.  10,  comma  4-ter,  decreto
legislativo n. 368/2001  che  l'art.  36,  commi  5-ter  e  5-quater,
decreto legislativo n. 165/2001 sono  norme  che  violano  il  giusto
processo e i principi della parita' delle armi e dell'affidamento dei
consociati nella sicurezza giuridica e le attribuzioni costituzionali
dell'autorita'  giudiziaria,  impedendo  di   applicare   la   tutela
effettiva della stabilita' lavorativa e cosi' realizzando  una  grave
violazione  degli  obblighi  comunitari  e  del  principio  di  leale
cooperazione con le Istituzioni europee. 
    47. Di qui la necessita' di proporre la questione di legittimita'
costituzionale, nei termini di cui  in  motivazione  e  nel  seguente
dispositivo. 
    48. Infatti,  questo  giudice  ritiene  che  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale delle norme  ostative  alla  stabilita'
lavorativa,   nella    sostanziale    impossibilita'    di    operare
l'interpretazione  conforme  costituzionalmente  e   comunitariamente
orientata o della disapplicazione o non applicazione della disciplina
antitutela, sarebbe una soluzione di gran lunga  preferibile  e  piu'
coerente con i poteri del giudice  nazionale  in  un  ordinamento  di
diritto civile a Costituzione rigida e  gia'  garantista  nei  rimedi
interni in caso di violazione di  diritti  fondamentali,  come  nella
fattispecie di causa. 
La questione incidentale di costituzionalita' 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Foggia, visto l'art. 23 legge 11 marzo  1953,  n.
87: 
        Dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale  degli  articoli  10,  comma
4-ter, del decreto  legislativo  6  ottobre  2001,  n.  368,  nonche'
dell'art. 36, commi 5, 5-ter e 5-quater del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, nella parte in cui - in violazione degli articoli
3, 4, 24, 35 comma 1, 97 comma 3, 101 comma 2, 104 comma 1, 111 comma
2, e 117 comma 1 Cost., in riferimento alle clausole 4, punto 1, e 5,
punti 1 e 2, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo
determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28
giugno 1999 ha dato  attuazione,  come  interpretata  dalla  sentenza
della Corte di giustizia dell'Unione europea  del  26  novembre  2014
nelle cause riunite C-22/13,  C-61/13,  C62/13,  C-63/13  e  C-418/13
Mascolo ed altri - dette disposizioni hanno consentito  e  consentono
senza  limiti  e  misure  preventive  antiabusive   e   sanzionatorie
l'utilizzazione abusiva dei contratti  a  tempo  determinato  per  il
personale sanitario del Servizio sanitario nazionale, che  ha  svolto
dopo aver superato procedure selettive pubbliche rapporti di lavoro a
tempo determinato per piu' di 36 mesi di servizio  presso  un'azienda
sanitaria, come per i ricorrenti nel presente giudizio; differenziano
i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con  la  pubblica
amministrazione sanitaria, rispetto ai contratti a termine  stipulati
con datori di lavoro privati, ma anche rispetto ai contratti a  tempo
determinato  stipulati  con  datori  di  lavoro  pubblici   come   le
Fondazioni lirico-sinfoniche, escludendo senza ragioni  oggettive  i'
primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione di un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato in caso di «applicazione»  dell'art.  5,
comma 4-bis, n. 368/2001, che recepiva  la  Direttiva  1999/70/CE  in
attuazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione. 
        Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale. 
        Dispone che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza
sia notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  sia
comunicata altresi' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
          Foggia, 26 ottobre 2016 
 
                  Il Giudice del lavoro: De Simone