N. 51 SENTENZA 21 febbraio - 10 marzo 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Energia - Incentivi per la produzione di energia elettrica  da  fonti
  rinnovabili  -  Esclusione  dei  richiedenti  che   hanno   fornito
  documenti  non  veritieri  o   false   dichiarazioni   -   Sanzione
  interdittiva decennale. 
- Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva
  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso   dell'energia   da   fonti
  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva  abrogazione   delle
  direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), artt. 23, comma 3, e 43,  comma
  1. 
-   
(GU n.11 del 15-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 23,  comma
3, e 43, comma 1,  del  decreto  legislativo  3  marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e  2003/30/CE),  promossi  dal
Consiglio di Stato con quattro ordinanze del 9  luglio,  una  del  27
agosto, una del 20 ottobre ed una del 9 ottobre 2014, rispettivamente
iscritte ai nn. 199, 200, 203, 233 e 241 del registro ordinanze  2014
e ai nn. 68 e 69 del  registro  ordinanze  2015  e  pubblicate  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  47  e  53,  prima  serie
speciale, dell'anno 2014 e nn. 1 e 18 prima serie speciale, dell'anno
2015. 
    Visti gli atti di costituzione  di  T.  G.  in  proprio  e  nella
qualita' di amministratore unico della Societa' Pollenza Sole srl, di
Nicotra Energia srl, di Cirio Agricola  srl,  di  MMP  Power  srl  ed
altri, di Ecopower II srl ed altri, di Megasolare  Societa'  Agricola
srl in liquidazione, nonche' l'atto di intervento del Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  21  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Maria Alessandra Sandulli per MMP Power srl ed
altri e per Ecopower II srl ed altri, Luca Forte per T. G. e  per  la
Societa' Pollenza Sole srl, Salvatore Bellomia  per  Nicotra  Energia
srl, Alessandro Pallottino per Cirio Agricola srl,  Orazio  Abbamonte
per Megasolare Societa' Agricola srl  in  liquidazione  e  l'avvocato
dello  Stato  Marina  Russo  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso  di  sei  giudizi  promossi  da  varie  societa'  e
imprenditori individuali attivi nel settore del fotovoltaico, i quali
chiedevano l'annullamento di provvedimenti sanzionatori adottati, nei
loro confronti, dal Gestore dei servizi energetici (da ora:  GSE)  ai
sensi e in applicazione della disposizione di cui all'art. 43,  comma
1, del decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), il Consiglio  di  Stato,  sezione
sesta - adito in sede di appello  avverso  sentenze  di  primo  grado
favorevoli ai ricorrenti - premessane  la  rilevanza  al  fine  della
decisione in ordine alle concrete fattispecie sottoposte al suo esame
- ha sollevato, con  altrettante  ordinanze  di  pressoche'  identico
contenuto, questione incidentale di legittimita'  costituzionale  del
predetto art. 43, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, in  riferimento
agli artt. 3, 25, 76 e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in
relazione (quest'ultimo) anche all'art. 7 della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU). 
    1.1.- La norma denunciata si riferisce agli impianti fotovoltaici
ai quali l'art. 2-sexies del decreto-legge  25  gennaio  2010,  n.  3
(Misure urgenti per garantire la sicurezza di  approvvigionamento  di
energia   elettrica   nelle   isole   maggiori),   convertito,    con
modificazioni, dalla legge  22  marzo  2010,  n.  41,  ha  esteso  lo
speciale regime incentivante previsto dal cosiddetto  "secondo  conto
energia" (decreto del Ministero dello Sviluppo economico 19  febbraio
2007) a condizione che «abbiano concluso, entro il 31 dicembre  2010,
l'installazione dell'impianto [...] ed entrino in esercizio entro  il
30 giugno 2011». E, a tal riguardo, dispone che fatte salve le  norme
penali - qualora, in sede di esame della domanda  di  incentivazione,
sia stato accertato che  i  lavori  di  installazione  dell'impianto,
contrariamente a quanto dichiarato dal richiedente, non  siano  stati
conclusi alla data suddetta - «il GSE rigetta l'istanza di  incentivo
e dispone contestualmente l'esclusione dagli incentivi degli impianti
che utilizzano anche in altri siti le  componenti  dell'impianto  non
ammesso  all'incentivazione.  Con  lo  stesso  provvedimento  il  GSE
dispone l'esclusione dalla concessione di incentivi per la produzione
di energia elettrica di sua competenza, per un periodo di dieci  anni
dalla data dell'accertamento della persona fisica o giuridica che  ha
presentato la richiesta» e degli altri soggetti ivi elencati. 
    1.2.- Secondo il Consiglio rimettente, la  riferita  disposizione
si porrebbe, appunto, in contrasto: 
    con l'art. 76  Cost.  «nella  parte  in  cui  ha  introdotto  una
sanzione interdittiva e non  pecuniaria  senza,  peraltro,  graduarne
l'applicazione nel rispetto  delle  modalita'  predeterminate»  dalla
legge 4  giugno  2010,  n.  96  (Disposizioni  per  l'adempimento  di
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee - Legge comunitaria 2009), disciplinando un «oggetto privo di
copertura da parte della legge di delegazione»; 
    con  l'art.  25  Cost.,   «prevedendo   una   misura   afflittiva
finalizzata a sanzionare comportamenti posti in  essere  prima  della
entrata in vigore del decreto stesso»; 
    con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7 della
CEDU,  in  quanto  «l'assegnazione  alla  "materia  penale"   di   un
significato  ampio  conduce  a   ritenere   che   anche   il   potere
amministrativo sanzionatorio  deve  essere  esercitato  nel  rispetto
[...] dei principi sanciti dal citato art. 7», per il quale non  puo'
essere inflitta una pena piu' grave di quella applicabile al  momento
in cui il reato e' stato commesso; 
    con l'art. 3 Cost., «contemplando un sistema sanzionatorio rigido
applicabile  indistintamente  a  tutte  le  fattispecie   senza   che
l'autorita' amministrativa competente  possa  modulare  l'irrogazione
della sanzione a seconda della valenza  degli  elementi  oggettivi  e
soggettivi della fattispecie stessa»; 
    con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai,  non
rispettati, vincoli derivanti dall'ordinamento  comunitario,  per  il
quale  le  autorita'  preposte  all'irrogazione  delle  sanzioni,  in
materie  di  rilevanza  europea,  quale  quella  in  esame,   debbono
rispettare il principio di proporzionalita'. 
    1.3.- Nei giudizi relativi alle ordinanze di rimessione nn.  199,
200, 203 e 233 del  2014,  si  sono  costituite  talune  delle  parti
appellate nei procedimenti a quibus, le quali hanno tutte, del  pari,
auspicato una declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
disposizione impugnata. 
    Nel giudizio relativo  all'ordinanza  n.  68  del  2015,  le  tre
societa' ricorrenti, costituitesi con unica memoria,  hanno  chiesto,
in  via  principale,  una  dichiarazione  di  non  fondatezza   della
questione,   sollevata   sulla   base    di    una    interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 43 del d.lgs. n. 28  del  2011
che  valorizzi,  ai  fini  dell'applicabilita'  della  sanzione   ivi
prevista, «non la mera intempestivita' della fine dei lavori entro il
dichiarato termine del 31 dicembre  2010,  ma  l'esplicita  volonta',
manifestata dopo  l'entrata  in  esercizio  dell'impianto,  di  voler
usufruire dei benefici di cui  al  d.m.  19  febbraio  2007»;  e,  in
subordine, hanno concluso anch'esse per la fondatezza  delle  censure
prospettate dal giudice rimettente. 
    In nessuno dei suddetti giudizi si e' costituito il GSE,  ne'  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    2.-  In  altro  giudizio,  nel   quale   formavano   oggetto   di
impugnazione il provvedimento di decadenza dai benefici previsti  dal
decreto del Ministero dello Sviluppo economico 5 maggio 2011 ("quarto
conto energia")  e  il  successivo  provvedimento  applicativo  della
«sanzione interdittiva» decennale di cui all'art. 23,  comma  3,  del
medesimo d.lgs. n. 28 del 2011, la stessa sezione sesta del Consiglio
di Stato - premessane la rilevanza e la non manifesta infondatezza in
riferimento (in questo caso) ai soli artt. 3, 76 e 117, primo  comma,
Cost., in relazione  all'art.  7  della  CEDU  -  ha  sollevato,  con
l'ordinanza n. 241 del 2014, questione di legittimita' costituzionale
del predetto art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011. 
    Tale norma prevede, a regime, che «non hanno titolo  a  percepire
gli incentivi per la produzione di energia da fonti  rinnovabili,  da
qualsiasi fonte  normativa  previsti,  i  soggetti  per  i  quali  le
autorita' e gli enti competenti abbiano accertato che,  in  relazione
alla richiesta di qualifica degli  impianti  o  di  erogazione  degli
incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno
reso dichiarazioni false o mendaci». Ed, a sua  volta,  aggiunge  che
«fermo restando il recupero delle somme indebitamente  percepite,  la
condizione ostativa alla percezione  degli  incentivi  ha  durata  di
dieci anni dalla data dell'accertamento e  si  applica  alla  persona
fisica o giuridica che ha presentato  la  richiesta»  ed  agli  altri
soggetti ivi indicati. 
    2.1.- In questo giudizio si  e'  costituita  una  delle  societa'
ricorrenti, aderendo totalmente all'ordinanza di  rimessione;  ed  e'
intervenuto, altresi', il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
concluso per la non fondatezza della questione, sul  presupposto  che
la disposizione censurata non preveda una sanzione accessoria, bensi'
«rispond[a] alla diversa finalita' di  individuare  i  requisiti  per
l'accesso agli incentivi». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le sei ordinanze, di pressoche'  identico  contenuto,  di
cui si e' detto nel Ritenuto in fatto, il Consiglio di Stato, sezione
sesta, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 43,
comma 1, del decreto legislativo 3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione
della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in riferimento agli artt. 3,  25,
76  e  117,   primo   comma,   della   Costituzione,   in   relazione
(quest'ultimo) anche all'art. 7  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la
legge 4 agosto 1955, n. 848 (da ora: CEDU). 
    1.1.- Con altra ordinanza (reg. ord. n. 241 del 2014), lo  stesso
giudice a quo sottopone a scrutinio di legittimita' l'art. 23,  comma
3, dello stesso  decreto  legislativo,  in  riferimento  ai  medesimi
parametri di cui sopra, fatta eccezione per quello di cui all'art. 25
Cost. 
    2.- I sette riferiti giudizi - in  sei  dei  quali  vi  e'  stata
costituzione  di  parti  private,  e,   solo   in   quello   relativo
all'ordinanza n. 241 del  2014,  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri - per identita', o connessione dei  rispettivi
oggetti, possono riunirsi per essere decisi con unica sentenza. 
    3.-  Il  d.lgs.  n.  28  del  2011  -  oggetto  di   impugnazione
relativamente alle disposizioni di cui ai suoi artt. 23, comma  3,  e
43, comma 1 - si inserisce in un articolato quadro normativo in  tema
di supporto alle fonti energetiche rinnovabili, che -  in  consonanza
con le linee di indirizzo di fonte internazionale  ed  europea  -  ha
preso avvio, nel mercato interno, con  le  misure  di  incentivazione
introdotte  dal  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,   n.   387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita'). 
    L'art.  7  del  citato  d.lgs.  n.  387  del  2003  -   rubricato
«Disposizioni specifiche per il solare» - prende in considerazione la
produzione di elettricita' mediante  conversione  fotovoltaica  della
fonte solare e demanda a «uno o piu' decreti» interministeriali  (del
Ministro delle attivita' produttive,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  e  d'intesa  con  la
Conferenza unificata) la definizione dei criteri di incentivazione. 
    I decreti adottati in base a  detto  art.  7  sono  noti  con  la
denominazione di "conti  energia"  e  sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via  succedutesi,
con le quali sono state avviate cinque diverse procedure  di  accesso
alle incentivazioni. 
    Il decreto del Ministero dello  Sviluppo  economico  19  febbraio
2007 ("secondo conto energia") ha introdotto gli  incentivi  per  gli
impianti entrati in esercizio in data successiva  alla  deliberazione
dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas n. 90/2007 e fino  al
31 dicembre 2010. E, in coerenza a tale previsione,  l'art.  2-sexies
del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3 (Misure urgenti per garantire
la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica  nelle  isole
maggiori), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo  2010,
n. 41, ha esteso tali incentivi  a  tutti  i  soggetti  che  avessero
concluso  l'installazione  dell'impianto  fotovoltaico  entro  il  31
dicembre 2010. 
    Poiche', peraltro, l'entrata  in  esercizio  restava  subordinata
all'autorizzazione del  gestore  di  rete  alla  connessione  e  alla
realizzazione dell'impianto, per la quale occorrevano tempi lunghi  e
non preventivabili, sottratti alla  disponibilita'  del  richiedente,
l'art. 1-septies del decreto-legge 8  luglio  2010,  n.  105  (Misure
urgenti in materia di energia), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 13 agosto 2010, n. 129, modificando il predetto art.  2-sexies,
ha esteso la possibilita' di usufruire  delle  tariffe  previste  dal
"secondo conto energia" a tutti gli impianti che  alla  data  del  31
dicembre 2010 avessero completato i lavori di realizzazione e fossero
poi entrati in esercizio entro  il  30  giugno  2011,  ponendo  quale
condizione, oltre a quelle gia' previste dall'art. 5 del citato  d.m.
19 febbraio 2007 (tra le quali la presentazione della  richiesta  del
beneficio entro sessanta giorni dalla data di  entrata  in  esercizio
dell'impianto), la comunicazione al gestore della rete e  al  Gestore
dei servizi energetici (GSE) della fine dei lavori entro la  suddetta
data del 31 dicembre  2010,  asseverata  dalla  dichiarazione  di  un
professionista. 
    Per il caso di false dichiarazioni, l'art. 11 del d.m.  del  2007
prevedeva la decadenza dal diritto alla tariffa  incentivante  mentre
il d.l.  n.  105  del  2010  non  conteneva  alcuna  disposizione  al
riguardo. 
    Solo con il d.lgs. n.  28  del  2011,  adottato  dal  Governo  in
attuazione della legge delega 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni  per
l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee - Legge comunitaria  2009),  la  condotta  dei
soggetti che forniscono  documenti  non  veritieri  o  rendono  false
dichiarazioni per  ottenere  gli  incentivi  in  questione  e'  stata
puntualmente disciplinata, con riguardo sia agli impianti  sottoposti
al nuovo regime che a quelli assoggettati alla normativa precedente. 
    Tale disciplina si rinviene, appunto, negli artt. 23, comma 3,  e
43, comma 1, del suddetto decreto, che vengono qui  in  esame,  oltre
che nell'art. 42, comma 3, del decreto stesso. 
    In particolare, nel sistema a regime, l'art.  42,  comma  3,  non
raggiunto da censura in alcuna delle ordinanze di rimessione, prevede
che,  in   caso   di   accertate   violazioni   rilevanti   ai   fini
dell'erogazione  degli  incentivi,  «il  GSE   dispone   il   rigetto
dell'istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonche' il recupero
delle somme gia' erogate, e  trasmette  all'Autorita'  l'esito  degli
accertamenti effettuati per l'applicazione delle sanzioni [pecuniarie
da euro 2.500 ad euro 150.000] di cui all'art. 2, comma  20,  lettera
c), della legge 14 novembre 1995, n. 481». 
    Inoltre  -  ai  sensi  dell'art.  23,  comma  3,  censurato   con
l'ordinanza n. 241 del 2014 -  i  soggetti  che,  in  relazione  alla
richiesta  di  qualifica  degli  impianti  o  di   erogazione   degli
incentivi, abbiano fornito dati o  documenti  non  veritieri,  ovvero
reso dichiarazioni false o mendaci «non hanno titolo a percepire  gli
incentivi per la produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili,  da
qualsiasi fonte normativa previste». E tale «condizione ostativa» «ha
durata di dieci anni dalla data dell'accertamento» e «si applica alla
persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonche' ai
seguenti soggetti: a) il legale rappresentante che ha sottoscritto la
richiesta; b) il soggetto responsabile dell'impianto; c) il direttore
tecnico; d) i soci, se si tratta di societa' in nome collettivo; e) i
soci accomandatari, se si tratta di societa' in accomandita semplice;
f) gli amministratori con potere di rappresentanza, se si  tratta  di
altro tipo di societa' o consorzio». 
    A sua volta, la norma transitoria di cui all'art.  43,  comma  1,
dello stesso d.lgs. n. 28 del 2011 (oggetto delle  censure  sollevate
con le altre sei ordinanze di rimessione del Consiglio  di  Stato)  -
con riferimento alle dichiarazioni mendaci attinenti  alle  richieste
di accesso agli incentivi per  gli  impianti  rientranti  nel  regime
tariffario previsto dall'art. 2-sexies del precedente d.l. n.  3  del
2010 - dispone che «il GSE rigetta l'istanza di incentivo  e  dispone
contestualmente  l'esclusione  dagli  incentivi  degli  impianti  che
utilizzano anche  in  altri  siti  le  componenti  dell'impianto  non
ammesso  all'incentivazione.  Con  lo  stesso  provvedimento  il  GSE
dispone l'esclusione dalla concessione di incentivi per la produzione
di energia elettrica di sua competenza, per un periodo di dieci  anni
dalla data dell'accertamento, della persona fisica o giuridica che ha
presentato la richiesta» nonche' dei medesimi altri soggetti elencati
sub lettere da a) a f) del precedente art. 23, comma 3. 
    4.- Sia l'art.  43,  comma  1,  che  l'art.  23,  comma  3,  sono
raggiunti (nella coincidente motivazione di  tutte  le  ordinanze  in
epigrafe) da censure di  violazione  dell'art.  76  Cost.,  per  aver
introdotto una sanzione  interdittiva  non  rispondente  ai  principi
della legge di delega (n. 96 del 2010) ed anzi in contrasto  con  gli
stessi;  dell'art.  3  Cost.,  per   violazione   dei   principi   di
ragionevolezza    e     proporzionalita'     nell'esercizio     della
discrezionalita' legislativa; e dell'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione al "vincolo  derivante  dall'ordinamento  comunitario",  in
tema di proporzionalita' nella irrogazione di sanzioni. 
    4.1.- L'art. 43, comma 1 (nelle sei ordinanze che lo denunciano),
e' sospettato  anche  di  contrasto  con  l'art.  25  Cost.,  per  il
carattere retroattivo della  introdotta  sanzione  afflittiva;  e  di
violazione, per tal  stesso  profilo,  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 7 della CEDU. 
    5.-  E'  pregiudiziale  l'esame  della  censura   di   violazione
dell'art. 76 Cost., identicamente riferita dai rimettenti agli  artt.
43, comma 1, e 23, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011. 
    5.1.- La legge di delega -  alla  quale  ha  dato  attuazione  il
decreto  recante  le  due   disposizioni   della   cui   legittimita'
costituzionale si dubita - si identifica, come gia'  anticipato,  con
la legge n.  96  del  2010,  i  cui  «principi  e  criteri  direttivi
generali» sono specificamente contenuti nell'art. 2 (in vigore dal 10
luglio  2010),  anche  con  riguardo  all'individuazione,   in   sede
attuativa,  delle  disposizioni  contemplanti  sanzioni,   penali   o
amministrative, per la violazione  degli  obblighi  prescritti  dalla
normativa europea oggetto di recepimento nell'ordinamento interno. 
    I criteri direttivi che vengono  in  rilievo  con  riguardo  alle
questioni in esame si rinvengono sub lettera c) del  richiamato  art.
2, ove si dispone che, al di la' dei casi previsti dalle norme penali
in vigore, nei decreti legislativi attuativi possono essere stabilite
discipline  contenenti  trattamenti  sanzionatori  amministrativi   e
penali «per le infrazioni alle disposizioni dei decreti  stessi».  E,
con riguardo specifico alle sanzioni  amministrative,  si  stabilisce
che esse possono consistere «nel pagamento di una somma non inferiore
a 150 euro e non superiore  a  150.000  euro»;  ed  ulteriormente  si
prescrive che, nell'ambito dei limiti minimi e massimi  previsti,  le
sanzioni [...] sono determinate nella loro  entita',  «tenendo  conto
della  diversa  potenzialita'  lesiva  dell'interesse  protetto   che
ciascuna infrazione presenta  in  astratto,  di  specifiche  qualita'
personali del colpevole, comprese quelle  che  impongono  particolari
doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche'  del  vantaggio
patrimoniale che l'infrazione puo' recare al  colpevole  ovvero  alla
persona o all'ente nel cui interesse egli agisce». 
    5.2.- Alle puntuali indicazioni come sopra fornite dalla legge di
delega  non  si  e'  certamente  attenuto  il  legislatore  delegato,
introducendo - sia  sub  comma  1  dell'art.  43,  sia  sub  comma  3
dell'art. 23 del decreto in esame - la misura interdittiva censurata. 
    La quale - a prescindere dal problema  qualificatorio  della  sua
natura  giuridica  (prospettato  dalla   difesa   dello   Stato   con
riferimento, in particolare, alla formulazione  che  se  ne  rinviene
nell'art. 23, comma 1) - e' misura eccentrica rispetto  al  perimetro
dell'intervento disegnato dalla legge  di  delega  che,  in  tema  di
infrazioni, ha previsto unicamente l'esercizio del potere di irrogare
sanzioni penali o amministrative,  limitando  queste  ultime  solo  a
quelle di tipo pecuniario. 
    Per di piu', tale misura interdittiva - incidendo  sull'esercizio
della liberta' di iniziativa economica privata imprenditoriale (in un
settore  di  attivita'  particolarmente   legato   al   sostegno   di
incentivi), nei confronti di un'ampia platea di  soggetti  e  per  un
periodo di tempo particolarmente  rilevante,  in  termini  di  rigido
automatismo e di non  graduabilita'  in  rapporto  al  pur  variabile
contenuto lesivo delle violazioni cui la  misura  stessa  consegue  -
contraddice  manifestamente  i  principi   di   proporzionalita'   ed
adeguatezza ai quali  il  legislatore  delegante  voleva,  viceversa,
conformata la risposta alle infrazioni alle disposizioni dei  decreti
attuativi commesse dagli operatori del settore. 
    5.3.-  La  rilevata  violazione  dell'art.  76   Cost.   comporta
l'illegittimita' costituzionale,  per  tal  profilo,  dei  denunciati
artt. 43, comma 1, e 23, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011. 
    6.- Resta assorbita ogni altra censura e, conseguentemente, anche
la verifica della prospettata interpretabilita' della disposizione di
cui all'art. 43, comma 1, in termini  costituzionalmente  conformi  a
parametri diversi dall'art. 76 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 23, comma 3,
e  43,  comma  1,  del  decreto  legislativo  3  marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA