N. 47 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 2016

Ordinanza del 18 novembre 2016 del G.I.P. del  Tribunale  di  Firenze
nel procedimento penale a carico di P. N.. 
 
Processo penale - Casellario giudiziale - Mancata previsione che  non
  vengono riportate nel certificato generale e nel certificato penale
  richiesti  dall'interessato  le  ordinanze   di   sospensione   del
  procedimento con messa alla prova, ai  sensi  dell'art.  464-quater
  cod. proc. pen. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre  2002,  n.  313
  ("Testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia  di  casellario  giudiziale,  di  anagrafe  delle  sanzioni
  amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti.
  (Testo A)"), artt. 24 e 25. 
(GU n.14 del 5-4-2017 )
 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
           Ufficio del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il giudice, esaminati gli atti del procedimento sopra indicato in
epigrafe, a carico di P. N., nato a  Firenze  il  -  ,  residente  ed
elettivamente domiciliato a Campi Bisenzio, via Castronella  n.  114,
imputato - 186, secondo comma, lettera «b»  e  comma  secondo-sexies,
decreto legislativo n. 285/1992 perche', avendo eta' inferiore  a  21
anni, guidava l'autoveicolo targato « - » in stato di  ebbrezza,  con
tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l, pari a 1,15 g/l e provocava  un
incidente in orario compreso tra le 22 e le 7 in Campi Bisenzio, il 2
settembre  2013,  ha  emesso  la  seguente   ordinanza:   l'imputato,
destinatario del decreto penale di condanna n. 2562/13,  ha  proposto
tempestiva opposizione chiedendo la sospensione del procedimento  con
messa alla prova. Veniva fissata udienza camerale per  il  1°  luglio
2015, rinviata al 16 settembre 2015 per ottenere  precisazioni  dalla
Pubblica  assistenza  di  Campi  Bisenzio  circa  le   modalita'   di
espletamento  dell'attivita'  di  lavoro  presso  la  stessa.  Il  16
settembre  2015  veniva  pronunciata  ordinanza  di  sospensione  del
procedimento e di messa alla prova, con rinvio al 13 aprile 2016  per
valutare l'esito della  prova.  L'udienza  veniva  aggiornata  al  21
settembre 2016 perche' il P. non aveva terminato  la  stessa,  avendo
del resto sottoscritto  l'ordinanza  dinanzi  all'U.E.P.E.  solo  l'8
marzo 2016. All'udienza del 21 settembre  2016  veniva  acquisita  la
relazione dell'U.E.P.E., che comunicava  che  «Il  sig.  P.  ...  nel
periodo in cui e' stato sottoposto  alla  misura  [della  messa  alla
prova - ndr] ha svolto con regolarita' il lavoro di pubblica utilita'
presso la Pubblica assistenza di Campi  Bisenzio  come  emerge  dalla
documentazione che alleghiamo, dimostrando  impegno  e  serieta'.  Ha
continuato anche a portare avanti l'attivita' lavorativa nell'azienda
di famiglia che gestisce  negozi  di  abbigliamento  con  piu'  punti
vendita in Toscana. Ha rispettato gli impegni concordati  con  questo
servizio,  mostrandosi  sempre   collaborativo   e   disponibile   al
confronto. Per quanto di nostra conoscenza, si ritiene che la  misura
abbia avuto un  esito  positivo»;  a  sua  volta,  la  relazione  del
presidente  della  Pubblica  assistenza  di  Campi  Bisenzio,   cosi'
relazionava:  «Le   sue   mansioni   si   sono   svolte   nell'ambito
dell'accompagnamento sociale, ed inoltre nei  mesi  di  maggio/giugno
nelle ore serali ha frequentato il corso di formazione 1 livello base
ottenendo ottimi risultati e superando brillantemente l'esame. ... Il
sig. N. P. ha svolto il suo lavoro correttamente e nel  rispetto  del
regolamento dei volontari della nostra  associazione,  apportando  un
contributo positivo alla nostra  attivita'  e  dichiarando  di  voler
seguitare a far parte del  volontariato  della  nostra  associazione»
alla stessa udienza la difesa  proponeva  questione  di  legittimita'
costituzionale in riferimento agli articoli 3, 24 e 25,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 313/2002 in relazione agli articoli  3
e 24 Cost. Il giudice rinviava  all'udienza  odierna,  acquisendo  il
parere del  pubblico  ministero,  che  concludeva  per  la  manifesta
infondatezza delle questioni proposte. 
    Rileva questo giudice: 
        l'art. 6 della legge 28  aprile  2014,  n.  67,  ha  disposto
l'aggiunta all'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica  14
novembre 2002, n. 313, che indica i  provvedimenti  da  iscrivere  al
casellario giudiziale, dopo la lettera  «i»,  della  lettera  «i-bis»
avente il seguente contenuto: 
          «i-bis) l'ordinanza che ai sensi dell'art.  464-quater  del
codice di procedura penale dispone la  sospensione  del  procedimento
con messa alla prova», con la conseguenza che tale ordinanza  rientra
tra i provvedimenti iscritti per estratto nel casellario  giudiziale;
la questione inerente la legittimita'  costituzionale  della  lettera
i-bis)  dell'art.  3  appare  manifestamente  infondata,  atteso  che
l'iscrizione nel casellario giudiziale dell'ordinanza di cui all'art.
464-quater c.p.p. ha un evidente motivo  di  essere,  atteso  che  la
medesima persona non potra' accedere una  seconda  volta  alla  messa
alla prova ed atteso che nel casellario giudiziale risultano iscritti
tutti i provvedimenti giudiziari indicativi di  condotte  anche  solo
potenzialmente rilevanti penalmente  (si  veda  il  provvedimento  di
sospensione del processo ai sensi dell'art. 420- quater c.p.p.) o  di
condotte mai definitivamente accertate con  un  processo  o  comunque
rimaste prive di sanzione (decreti di archiviazione  o  provvedimenti
affermativi della non punibilita' ai sensi dell'art.  131-bis  c.p.);
ne'  potrebbe  essere  valutata  irragionevole  l'iscrizione  di   un
procedimento  non  definitorio  quale  l'ordinanza  in  oggetto,  sia
perche' l'iscrizione ha  la  sua  utilita'  (rendere  consapevole  il
giudice che quella persona non potra' essere  nuovamente  messa  alla
prova), sia perche' non e' l'unico provvedimento iscritto inidoneo ad
acquisire  irrevocabilita':   non   si   ravvisano   conseguentemente
questioni di legittimita' costituzionale in riferimento  al  disposto
della  lettera  i-bis  dell'art.  3,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 313/2002; 
        il nuovo testo legislativo del  citato  art.  3,  pero',  si'
riverbera sul titolo «VII» della medesima  legge,  che  disciplina  i
servizi certificativi del casellario giudiziale, perche'  l'ordinanza
di   cui   all'art.   464-quater   c.p.p.   sara'   inserita    nella
certificazione,  anche  in  quella  richiesta   dall'interessato   ed
inerente sia il certificato generale (art. 24, decreto del Presidente
della Repubblica n. 313/2002) che quello penale (art. 25); 
        P. N. dovra' dunque vedere iscritta l'ordinanza con la  quale
il 16 settembre 2015 e' stato sospeso  il  presente  procedimento  ed
egli e' stato messo alla prova;  ne  consegue  che  la  questione  e'
certamente  rilevante  perche'  la  disciplina  sopra  richiamata  si
applica nel caso di' specie nei confronti di P. N.; 
        la questione appare altresi'  non  manifestamente  infondata,
almeno in  relazione  all'art.  3  della  Costituzione  e  quindi  al
principio di uguaglianza e, conseguentemente,  di  ragionevolezza  in
materia di conseguenze  per  la  persona  in  relazione  alle  scelte
processuali compiute. Si rileva infatti che la disciplina  delineata,
ovvero  quella  dell'iscrizione  dell'ordinanza   di   cui   all'art.
464-quater c.p.p., e' opposta a quanto stabilito dal legislatore  per
percorsi processuali che pure addivengono a provvedimenti  definitori
non radicalmente diversi: sia  l'art.  24  che  l'art.  25  prevedono
ciascuno alla lettera «e» che  non  siano  riportati  nel  casellario
giudiziale, generale ed in quello penale, chiesti dall'interessato, i
«provvedimenti previsti dall'art. 445 del codice di procedura  penale
e [a]i decreti penali»: proprio nel  presente  procedimento  l'azione
penale e' stata promossa con richiesta di decreto penale di condanna,
effettivamente emesso e si determina la  conseguenza  che  se  il  P.
fosse rimasto acquiescente allo stesso, del reato non sarebbe rimasta
traccia  sul  suo  certificato  del  casellario  giudiziale   chiesto
dall'interessato, mentre ad oggi, pur essendosi egli attivato  in  un
comportamento di utilita'  sociale  che  gli  vale  una  sentenza  di
estinzione del reato ai sensi dell'art.  464-septies  c.p.p.,  vedra'
iscritta nel casellario giudiziale  l'ordinanza  di  sospensione  del
procedimento con messa alla prova, con conseguenze  di  immagine  non
lusinghiere e che avrebbe potuto evitare tenendo un comportamento  di
acquiescenza al decreto penale, ma, conseguentemente, non socialmente
utile come invece e' stata l'attivita' prestata  con  la  messa  alla
prova; persino la  sentenza  di  patteggiamento,  anche  a  pena  non
sospesa, non avrebbe lasciato traccia nel certificato del  casellario
chiesto dall'interessato:  eppure  la  pronuncia  di  detta  sentenza
prevede non un giudizio di colpevolezza  in  senso  stretto,  ma  una
semplice valutazione di insussistenza di una  situazione  che  invece
imporrebbe una sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p, (articoli  444,
secondo comma, e 464-quater, primo comma, c.p.p.), ulteriore  profilo
che evidenzia un trattamento difforme a fronte di scelte  processuali
che prevedono percorsi e valutazioni non altrettanto difformi; 
        la   disciplina   vigente   dunque   determina    conseguenze
irragionevolmente deteriori per coloro che, pur  senza  ammettere  la
commissione  di  un  reato,  chiedano  di  essere  messi  alla  prova
compiendo lavori socialmente utili  ed  abbiano  anche  accettato  di
porre  in  essere   condotte   riparatorie   o   risarcitorie   (art.
464-quinquies), rispetto  a  chi  abbia  accettato  la  condanna  per
decreto od abbia chiesto l'applicazione di una pena  anche  detentiva
ed anche non sospesa. 
    La questione deve dirsi non manifestamente infondata, dunque,  in
relazione all'art. 3 della Costituzione: la comparazione proposta  in
questa ordinanza e' tra procedimenti  definitori  certamente  diversi
(la natura anche processuale della messa alla prova e' stata comunque
affermata dalla stessa Corte costituzionale nelle sentenze n.  240/15
e n. 201/16» ma ritenuti meritevoli dal legislatore che  ha  previsto
delle premialita', tra le quali la non iscrizione  del  provvedimento
definitorio  sul  certificato  del  casellario  giudiziale  richiesto
dall'interessato, negata quest'ultima proprio alla messa alla  prova,
procedura che  tra  le  tre  considerate  e'  quella  che,  parimenti
deflattiva rispetto alle altre del processo penale ordinario, prevede
una condotta attiva dell'imputato in lavori socialmente utili, in  un
percorso  di  sensibilita'  e  di  recupero  sociale  tutt'altro  che
indispensabile, negli altri due procedimenti considerati. 
    Non sembra sufficiente, per controbattere a tali  considerazioni,
la preclusione prevista dall'art. 168-bis c.p. a che  la  messa  alla
prova sia concessa piu' di una  volta:  sarebbe  infatti  sufficiente
l'iscrizione  sul  certificato  del  casellario  giudiziale   chiesto
dall'autorita' giudiziaria. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953; 
    Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  ai  sensi
dell'art. 3 della Costituzione la questione di legittimita'  avanzata
da P. N. limitatamente agli articoli 24 e 25, decreto del  Presidente
della  Repubblica  n.  313/2002,  laddove  non  prevedono   che   nel
certificato generale del  casellario  giudiziale  e  nel  certificato
penale chiesti dall'interessato non siano riportate le  ordinanze  di
sospensione del processo emesse ai sensi dell'art. 464-quater c.p.p.; 
    Dispone  la  sospensione   del   presente   procedimento   e   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone, altresi', che a  cura  della  cancelleria,  la  presente
ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
      Firenze, 18 novembre 2016 
 
                         Il Giudice: Moneti