N. 101 ORDINANZA 4 aprile - 10 maggio 2017

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
 
Immunita' parlamentare - Procedimento penale a carico di un  senatore
  - Conflitto sollevato dal Tribunale ordinario di Bergamo. 
- Deliberazione del Senato della Repubblica  del  16  settembre  2015
  (Doc. IV-ter, n. 4). 
-   
(GU n.20 del 17-5-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
16 settembre 2015, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art.
68, primo comma, della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dal
senatore  Roberto  Calderoli  nei  confronti  dell'onorevole   Cecile
Kashetu Kyenge, promosso dal  Tribunale  ordinario  di  Bergamo,  con
ordinanza-ricorso  notificata  il  27  giugno  2016,  depositata   in
cancelleria il 28 giugno 2016  ed  iscritta  al  n.  3  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2016, fase di merito. 
    Visti l'atto di costituzione del Senato della Repubblica e l'atto
d'intervento di Roberto Calderoli, fuori termine; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 2017 il Giudice relatore
Franco Modugno; 
    uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per Roberto Calderoli
e Francesco Saverio Bertolini per il Senato della Repubblica. 
    Ritenuto che, con ordinanza-ricorso depositata il 29 gennaio 2016
(d'ora in avanti: ricorso), il  Tribunale  ordinario  di  Bergamo  ha
promosso  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti del Senato della Repubblica, chiedendo a  questa  Corte  di
dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica di  affermare,
con deliberazione del 16 settembre 2015 (atti Senato, Doc. IV-ter, n.
4), che le dichiarazioni rese  dal  senatore  Roberto  Calderoli  nei
confronti dell'onorevole Cecile Kashetu Kyenge, all'epoca  dei  fatti
Ministro per  l'integrazione,  concernono  opinioni  espresse  da  un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue  funzioni,  come  tali
insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione,
e di annullare conseguentemente la predetta deliberazione del  Senato
della Repubblica; 
    che il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa  Corte
con l'ordinanza n. 139 del 2016; 
    che, a seguito di essa, il  Tribunale  ordinario  di  Bergamo  ha
notificato il ricorso e l'ordinanza al Senato della Repubblica il  27
giugno 2016 ed il successivo 28 giugno ha depositato tali atti con la
prova dell'avvenuta notificazione; 
    che, in questa fase del giudizio, si e' costituito,  l'11  agosto
2016, il Senato  della  Repubblica,  chiedendo  che  il  ricorso  sia
dichiarato improcedibile; 
    che, infatti, il resistente rileva che il ricorso  e  l'ordinanza
gli sono stati  notificati  a  mezzo  della  polizia  giudiziaria  e,
dunque, tramite un soggetto che sarebbe totalmente privo  del  potere
di procedere alle notificazioni degli atti in materia civile, le  cui
forme si applicano nei procedimenti dinanzi la Corte costituzionale; 
    che, secondo la giurisprudenza  di  legittimita'  richiamata  dal
Senato  della  Repubblica,  «l'ufficiale  di  P.G.  e'  assolutamente
incompetente a compiere notifiche di atti processuali civili  e,  ove
vi provveda, non ha ne' veste ne' poteri  diversi  da  quelli  di  un
qualsiasi privato cittadino che  si  arroghi  la  medesima  funzione»
(Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 17  marzo  2004,
n. 5392); 
    che, pertanto, detta notifica dovrebbe ritenersi non gia'  nulla,
ma radicalmente inesistente, e in quanto tale non sanabile tramite la
sua rinnovazione in forma rituale; 
    che il vizio non sarebbe sanato  neppure  dalla  costituzione  in
giudizio del resistente, che il Senato della Repubblica  dichiara  di
aver effettuato al solo fine di eccepire l'inesistenza della notifica
e senza accettare il contraddittorio nel merito; 
    che e' intervenuto in giudizio, con atto depositato il  9  agosto
2016, il senatore Roberto  Calderoli,  il  cui  intervento  e'  stato
peraltro dichiarato inammissibile da questa Corte,  perche'  tardivo,
con ordinanza letta in udienza; 
    che il Senato della Repubblica ha  altresi'  depositato  memoria,
insistendo per la dichiarazione di improcedibilita' del ricorso anche
alla luce della recente sentenza delle  sezioni  unite  civili  della
Corte di cassazione 20 luglio 2016, n. 14916; 
    che in detta pronunzia, infatti, si afferma che il primo elemento
affinche' la notificazione possa essere riconosciuta come tale  -  e,
dunque,  essere  ritenuta  esistente  -  risiede  nel  fatto  che  la
trasmissione  dell'atto  sia  stata   effettuata   da   un   soggetto
qualificato, dotato, in base alla legge, del potere di compiere detta
attivita': requisito  che  non  sarebbe  riscontrabile  nel  caso  di
specie; 
    che  la  pretesa  del  ricorrente  di  avvalersi  della   polizia
giudiziaria in quanto giudice penale, d'altronde, sarebbe  infondata,
poiche' nel conflitto di attribuzione il giudice dovrebbe  dismettere
le sue vesti e indossare quelle di parte, soggetta  alle  regole  del
processo  costituzionale,  che,  nella  specie,  sono  quelle   delle
notificazioni civili; 
    che, infine, il Senato della Repubblica formula,  nella  memoria,
una  ulteriore  eccezione  di  improcedibilita',  rilevando  come  il
ricorrente abbia depositato due volte nella cancelleria  della  Corte
costituzionale il ricorso notificato e l'ordinanza di ammissibilita':
la prima volta in copia fotostatica, la seconda - a distanza  di  una
settimana - in copia conforme; 
    che, pertanto, il giudizio si  sarebbe  instaurato  gia'  con  il
primo deposito, insanabilmente viziato, pero', per la  forma  con  la
quale e' stato effettuato. 
    Considerato che il Tribunale  ordinario  di  Bergamo,  dopo  aver
notificato al Senato della Repubblica, una prima volta, il ricorso  e
l'ordinanza di ammissibilita' del conflitto di attribuzione in  copia
fotostatica, ha provveduto a notificare  i  medesimi  atti  in  copia
conforme in data 27 giugno 2016; 
    che tale seconda notificazione, l'unica  ritualmente  effettuata,
e' tempestiva, poiche' intervenuta  entro  i  sessanta  giorni  dalla
comunicazione al Tribunale ricorrente, compiuta  il  10  giugno  2016
dalla cancelleria di questa Corte, dell'ordinanza  di  ammissibilita'
del conflitto; 
    che parimente tempestivo e' il deposito dei predetti atti con  la
prova dell'avvenuta notificazione, effettuato il successivo 28 giugno
2016; 
    che l'irritualita' della prima notifica sotto il  profilo  dianzi
indicato  resta  priva  di  rilevanza   giuridica,   in   quanto   il
procedimento di notificazione e' stato, comunque sia, tempestivamente
rinnovato mediante la seconda notifica; 
    che, pertanto, l'eccezione formulata al riguardo dal Senato della
Repubblica e' infondata; 
    che   il   resistente   eccepisce,   altresi',   richiamando   la
giurisprudenza  di  legittimita'  sul  punto,   l'inesistenza   della
notificazione  in  quanto  effettuata   per   mezzo   della   polizia
giudiziaria, con conseguente improcedibilita' del presente conflitto; 
    che - in virtu' del richiamo operato dall'art. 22,  primo  comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte  costituzionale),  alle  norme,  in  quanto
applicabili, del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di
Stato in sede  giurisdizionale,  oggi  disciplinata  dal  codice  del
processo  amministrativo,   approvato   dall'art.   1   del   decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo) - nel  procedimento  davanti  a
questa  Corte,  secondo  il  disposto  dell'art.  39,  comma  2,  del
menzionato codice, le notificazioni degli atti sono disciplinate  dal
codice di procedura civile e  dalle  leggi  speciali  concernenti  la
notificazione degli atti giudiziari in materia  civile  (sentenza  n.
144 del 2015); 
    che la notificazione a  mezzo  della  polizia  giudiziaria  esula
dalle previsioni di detta normativa; 
    che il Tribunale ricorrente non poteva avvalersi di tale forma di
notifica neppure in quanto giudice penale; 
    che, a prescindere dai ristretti limiti entro i quali il  giudice
penale puo' attualmente servirsi della  polizia  giudiziaria  per  le
notificazioni, e' dirimente il rilievo che nel giudizio per conflitto
di attribuzione il potere giudiziario agisce come parte del  processo
costituzionale, in posizione di parita' con gli  altri  poteri  dello
Stato confliggenti; 
    che, pertanto, in tale sede puo' avvalersi  soltanto  dei  poteri
che gli sono riconosciuti  in  qualita'  di  parte,  non  potendo  le
disposizioni concernenti i giudizi costituzionali essere diversamente
intese secondo che a proporre il (o  a  resistere  al)  conflitto  di
attribuzione sia il potere giudiziario o un altro potere dello  Stato
(sentenza n. 247 del 2004 e ordinanza n. 278 del 2004); 
    che  -  quanto  alla  natura  del   vizio   della   notificazione
effettuata, in materia civile, per mezzo  di  polizia  giudiziaria  -
nella  giurisprudenza   di   legittimita',   oltre   all'orientamento
richiamato dal resistente, se ne rinviene un altro,  piu'  recente  -
sia pure specificamente riferito alla materia  fallimentare  (la  cui
disciplina non annovera, peraltro, previsioni  speciali  in  tema  di
organi delle notificazioni) - secondo  il  quale  detta  notifica  e'
nulla e non inesistente (Corte di cassazione, sezione  prima  civile,
sentenze 31 agosto 2016, n. 17444; 5 ottobre  2015,  n.  19797  e  29
ottobre 2010, n. 22151); 
    che, inoltre, di recente le sezioni unite civili della  Corte  di
cassazione (sentenze 20 luglio  2016,  n.  14916  e  n.  14917)  sono
tornate sulla distinzione, di origine giurisprudenziale, tra nullita'
e inesistenza della notificazione, adottando una lettura  restrittiva
di quest'ultima figura; 
    che, secondo le indicazioni delle sezioni unite, l'inesistenza e'
ravvisabile,  «oltre  che  in  caso  di  totale  mancanza   materiale
dell'atto,  nelle  sole  ipotesi  in  cui  venga  posta   in   essere
un'attivita' priva degli elementi  costitutivi  essenziali  idonei  a
rendere  riconoscibile  un  atto  qualificabile  come  notificazione,
ricadendo ogni altra ipotesi di difformita' dal modello legale  nella
categoria della nullita'»; 
    che tali elementi consistono: «a) nell'attivita' di trasmissione,
svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge,  della
possibilita' giuridica di compiere detta attivita', in modo da  poter
ritenere esistente e individuabile il  potere  esercitato;  b)  nella
fase di consegna, intesa in senso lato  come  raggiungimento  di  uno
qualsiasi  degli  esiti   positivi   della   notificazione   previsti
dall'ordinamento  (in  virtu'  dei  quali,  cioe',  la  stessa  debba
comunque  considerarsi,  ex  lege,  eseguita),  restando,   pertanto,
esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga  restituito  puramente  e
semplicemente al mittente, si' da  dover  reputare  la  notificazione
meramente tentata ma non compiuta, cioe', in definitiva, omessa»; 
    che, in tale quadro, tenuto conto anche della natura del giudizio
per conflitto di attribuzione e degli interessi che in  esso  vengono
fatti  valere,  si  deve  ritenere  che  -  contrariamente  a  quanto
sostenuto dal Senato della Repubblica - la notificazione  di  cui  si
discute sia nulla e non  gia'  inesistente,  in  quanto  attuata  con
modalita'  non  totalmente  avulse  dal  modello  legale  contemplato
dall'ordinamento, con conseguente sanabilita' del vizio; 
    che, infatti, sebbene in  campo  diverso  da  quello  civile,  la
polizia giudiziaria e', comunque sia, soggetto qualificato  e  dotato
in base alla legge - in  particolare,  la  legge  processuale  penale
(artt. 148 e 151 del codice di procedura penale) - della possibilita'
giuridica di compiere l'attivita' di notificazione; 
    che, inoltre, nel caso di specie la notificazione ha avuto  esito
positivo, tanto che il Senato della Repubblica, nella seduta  del  28
luglio 2016, ha approvato le conclusioni della Giunta delle  elezioni
e delle immunita' parlamentari in senso favorevole alla  costituzione
in giudizio, poi in effetti avvenuta; 
    che, peraltro, la  peculiarita'  e  la  novita'  della  questione
processuale in esame hanno fatto si' che la costituzione in  giudizio
del Senato della Repubblica sia stata  effettuata  al  solo  fine  di
eccepire l'asserita inesistenza della notificazione, senza affrontare
il merito del conflitto; 
    che, a fronte di cio' e al fine di una corretta instaurazione del
contraddittorio, e' dunque opportuno disporre la  rinnovazione  della
notificazione del ricorso e della  ordinanza  di  ammissibilita'  del
conflitto. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dispone: 
    a) che la cancelleria della Corte  costituzionale  dia  immediata
comunicazione della presente  ordinanza  al  Tribunale  ordinario  di
Bergamo; 
    b) che il ricorso, l'ordinanza n. 139 del 2016 di  ammissibilita'
del conflitto nonche' la presente ordinanza siano notificati, a  cura
del ricorrente, al  Senato  della  Repubblica,  in  persona  del  suo
Presidente, entro il termine di sessanta giorni  dalla  comunicazione
di cui al punto a), per essere  successivamente  depositati,  con  la
prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro
il termine di trenta giorni previsto dall'art.  24,  comma  3,  delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
 
                                                            Allegato: 
                        ordinanza letta all'udienza del 4 aprile 2017 
 
                              ORDINANZA 
 
    Ritenuto che e' intervenuto nel giudizio, con atto depositato  il
9 agosto 2016, il sen. Roberto Calderoli, il quale ha  sostenuto  che
dovrebbe poter accedere al giudizio per conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato non solo il soggetto che ritiene di  essere  stato
leso dalla condotta controversa, ma anche il  soggetto  al  quale  la
condotta stessa e' ascritta; 
    che,  con  memoria  del  10  marzo   2017,   l'interveniente   ha
contestato, altresi', l'applicabilita', nel giudizio per conflitto di
attribuzione  tra  poteri  dello  Stato,  dell'art.  4  delle   norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in  base
al quale il deposito dell'atto di intervento risulterebbe tardivo; 
    che, secondo  la  difesa  del  sen.  Calderoli,  il  termine  per
l'intervento dovrebbe essere quello previsto dall'art. 10 o dall'art.
24  delle  medesime  norme  integrative,  o,  in  subordine,   quello
stabilito dagli artt. 28,  comma  2,  e  50,  comma  3,  del  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104; 
    che, in via di ulteriore  subordine,  l'interveniente  chiede  di
essere rimesso in termini per errore scusabile ai sensi dell'art.  37
del citato decreto legislativo. 
    Considerato  che  l'art.  24   delle   norme   integrative,   nel
disciplinare il ricorso per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri
dello Stato, rinvia espressamente all'art.  4  delle  medesime  norme
integrative; 
    che, pertanto, anche in detto giudizio l'atto di intervento  deve
essere depositato non oltre venti giorni  dalla  pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale dell'atto introduttivo: termine che, per  costante
giurisprudenza di questa Corte, ha natura perentoria; 
    che neppure sussistono i presupposti per la rimessione in termini
richiesta dall'interveniente. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile l'intervento del sen. Roberto Calderoli. 
 
                   F.to: Paolo Grossi, Presidente