N. 105 SENTENZA 4 aprile - 11 maggio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia  e  urbanistica  -  Vincoli  settennali  alla   tipizzazione
  urbanistica sulle aree soggette all'espianto  di  alberi  di  ulivo
  affetti da xylella o co.di.ro - Deroghe al  divieto  di  variazione
  della destinazione. 
- Legge della Regione Puglia 8 ottobre 2014, n. 41 (Misure di  tutela
  delle aree colpite da xylella fastidiosa), art. 1, come  sostituito
  dall'art. 1 della legge della Regione Puglia 11 aprile 2016, n.  7,
  recante «Modifiche alla legge  regionale  8  ottobre  2014,  n.  41
  (Misure di tutela delle aree colpite da xylella fastidiosa)». 
-   
(GU n.20 del 17-5-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Puglia 8 ottobre 2014, n. 41  (Misure  di  tutela
delle aree colpite da xylella fastidiosa), come sostituito  dall'art.
1 della legge della Regione Puglia 11  aprile  2016,  n.  7,  recante
«Modifiche alla legge regionale 8 ottobre  2014,  n.  41  (Misure  di
tutela delle aree  colpite  da  xylella  fastidiosa)»,  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 10-14
giugno 2016, depositato in cancelleria il 16 giugno 2016 ed  iscritto
al n. 31 del registro ricorsi 2016. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 2017 il Giudice relatore
Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini  per
la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 10-14 giugno 2016 e  depositato  il
successivo 16 giugno (reg. ric. n. 31 del 2016),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt.  3,  41,
42, 43, 117, primo e terzo  comma,  118  e  120  della  Costituzione,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della  legge
della Regione Puglia 8 ottobre 2014, n. 41 (Misure  di  tutela  delle
aree colpite da xylella  fastidiosa),  come  sostituito  dall'art.  1
della legge della Regione  Puglia  11  aprile  2016,  n.  7,  recante
«Modifiche alla legge regionale 8 ottobre  2014,  n.  41  (Misure  di
tutela delle aree colpite da xylella fastidiosa)». 
    La legge regionale n. 7 del 2016 sostituisce interamente l'art. 1
della legge regionale n. 41 del 2014 con il seguente testo: 
    «1. In tutte le zone territoriali omogenee a destinazione rurale,
al fine di garantire la  continuita'  dell'uso  agricolo,  i  terreni
interessati da infezione a causa della xylella fastidiosa o complesso
disseccamento rapido dell'olivo (co.di.r.o.) e per questo interessati
da espianto, abbattimento o  spostamento  di  alberi  di  olivo,  non
possono  cambiare  per  i  successivi  sette  anni  la   tipizzazione
urbanistica  vigente  al  momento   dell'espianto,   abbattimento   o
spostamento di alberi di olivo, ne' essere interessati  dal  rilascio
di permessi di costruire in contrasto con la precedente  destinazione
urbanistica.  Di  tale  divieto  e'  dato  atto  nei  certificati  di
destinazione urbanistica sulla base  di  specifiche  segnalazioni  da
parte delle strutture regionali ai sensi e secondo  le  modalita'  di
cui all'articolo 2. 
    2. Per il medesimo periodo, nei terreni di cui al comma 1 permane
la  destinazione  urbanistica  vigente  al   momento   dell'espianto,
abbattimento o spostamento di alberi di olivo, con i relativi  indici
di edificabilita',  restando  altresi'  consentito  il  miglioramento
fondiario e il cambio colturale. 
    3. E' fatta salva la realizzazione di opere  pubbliche  prive  di
alternativa  localizzativa  e  necessarie  alla  salvaguardia   della
pubblica incolumita' e dell'ambiente e per le quali sia stata  svolta
con esito positivo la  valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA)  e
ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: 
    a) che l'opera autorizzata con procedura VIA abbia un livello  di
progettazione esecutiva e sia immediatamente cantierabile; 
    b) che si sia adempiuto a tutte le  prescrizioni  rivenienti  dal
provvedimento VIA e che la  relativa  verifica  di  ottemperanza  sia
stata asseverata da tutti gli enti competenti; 
    c)  che  l'opera  oggetto  di  autorizzazione  sia  coerente  con
ulteriori  opere  tecnicamente  connesse  che   dovessero   risultare
necessarie all'esercizio dell'opera stessa, nonche' con  il  contesto
produttivo territoriale.». 
    2.-  Secondo  la  prospettazione  della  parte   ricorrente,   le
disposizioni  impugnate   istituirebbero   un   vincolo   di   natura
urbanistica sulle aree che, per effetto dell'infezione provocata  dal
batterio della xylella fastidiosa o del complesso  del  disseccamento
rapido  dell'olivo  (co.di.r.o.),  siano  interessate  dall'espianto,
abbattimento o spostamento degli alberi di ulivo. Tali zone,  quindi,
non potrebbero mutare la destinazione urbanistica vigente al  momento
dell'espianto per sette anni, ne' essere interessate dal rilascio  di
permessi di costruire che siano  in  contrasto  con  la  preesistente
destinazione urbanistica. Nondimeno, la nuova formulazione  dell'art.
1 della legge reg. Puglia n. 41 del 2014 reca, al comma 3, una deroga
al divieto introdotto dai commi 1 e 2, escludendo da tale divieto «la
realizzazione di opere pubbliche prive di alternativa localizzativa e
necessarie   alla   salvaguardia   della   pubblica   incolumita'   e
dell'ambiente e per le quali sia stata svolta con esito  positivo  la
valutazione  di   impatto   ambientale   (VIA)».   Inoltre,   l'opera
autorizzata deve avere  un  livello  di  progettazione  esecutiva  ed
essere immediatamente  cantierabile,  coerente  con  ulteriori  opere
tecnicamente   connesse   che    dovessero    risultare    necessarie
all'esercizio dell'opera stessa, nonche' con il  contesto  produttivo
territoriale. Da ultimo, e'  necessario  che  siano  state  adempiute
tutte le prescrizioni rivenienti dal provvedimento di VIA  e  che  la
relativa verifica di ottemperanza sia stata asseverata da  tutti  gli
enti competenti. 
    La  disposizione  in  esame,  quindi,  presenterebbe  una  decisa
discontinuita' con la precedente formulazione dell'art. 1 della legge
reg. Puglia n. 41 del 2014, ove si prescriveva - per le  sole  piante
di ulivo monumentale - la destinazione agricola  per  15  anni  delle
aree soggette ad espianto. 
    Secondo la parte ricorrente, le disposizioni impugnate potrebbero
pregiudicare la costruzione delle «infrastrutture gas» di  competenza
nazionale  che  interessano  la  Regione  Puglia,   con   particolare
riferimento all'interconnessione tra il  metanodotto  Trans  Adriatic
Pipeline (TAP) e la rete nazionale di Snam  Rete  Gas,  nonche'  alla
posa dei metanodotti di interesse nazionale  appartenenti  alla  rete
nazionale  gasdotti.  Il  vincolo   urbanistico,   infatti,   sarebbe
pienamente operativo per le opere fuori  terra,  poiche'  l'attivita'
edificatoria   comporta   necessariamente   un   cambiamento    della
tipizzazione urbanistica, in caso di aree  precedentemente  agricole,
tipizzazione che potrebbe permanere, invece, per le opere interrate. 
    Ne deriverebbe, pertanto, che la formulazione dell'art.  1  della
legge reg. Puglia n. 7  del  2016  ostacolerebbe  -  di  fatto  -  la
realizzazione delle infrastrutture sopra richiamate,  qualora  queste
siano localizzate nelle aree interessate  dall'infezione  di  xylella
fastidiosa e dal co.di.r.o. 
    2.1.- L'Avvocatura generale dello Stato prospetta, innanzi tutto,
la violazione dell'art.  3  Cost.,  poiche'  le  deroghe  al  vincolo
urbanistico posto dalla disposizione impugnata sarebbero previste con
riguardo alle «opere pubbliche» e non anche  alle  opere  private  di
interesse  pubblico,  che  meriterebbero  identica  disciplina.  Cio'
impedirebbe,  pertanto,  la  realizzazione   d'infrastrutture   quali
oleodotti,  gasdotti,  elettrodotti,  acquedotti,  etc.,  nelle  aree
interessate da xylella fastidiosa e co.di.r.o.,  non  trattandosi  di
opere  pubbliche  finalizzate  alla   salvaguardia   della   pubblica
incolumita' e dell'ambiente, ma di opere private, sebbene d'interesse
pubblico rilevante. 
    2.2.- Asserisce altresi' l'Avvocatura generale dello  Stato  che,
trattandosi  di  norme  che  ricadono  nella  materia  di  competenza
concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia», la potesta' legislativa  regionale  violerebbe  l'art.
117, terzo comma, Cost. e, in particolare,  i  principi  dettati  dal
legislatore statale ai commi 7, lettera g), e 8, lettera  b),  numero
2), dell'art. 1 della legge 23 agosto  2004,  n.  239  (Riordino  del
settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto  delle
disposizioni vigenti in materia  di  energia),  che  «riservano  allo
Stato,  di  intesa  con  la  Conferenza  unificata,   rispettivamente
"l'identificazione  delle   linee   fondamentali   dell'assetto   del
territorio nazionale con riferimento  all'articolazione  territoriale
delle  reti  infrastrutturali  energetiche  dichiarate  di  interesse
nazionale ai sensi delle leggi  vigenti"  e  "l'individuazione  della
rete nazionale dei gasdotti"». La previsione regionale, in tal  modo,
costituirebbe un ostacolo  alla  realizzazione  delle  infrastrutture
energetiche sul territorio regionale, integrando anche una violazione
del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120  Cost.,
poiche', essendo la  materia  in  oggetto  tra  quelle  a  competenza
concorrente,  la  potesta'  legislativa  regionale  deve   esplicarsi
all'interno del  quadro  di  riferimento  tracciato  dal  legislatore
nazionale e con spirito di collaborazione. 
    2.3.- La difesa statale lamenta, poi, la violazione dell'art. 118
Cost.,  relativo   al   riparto   costituzionale   delle   competenze
amministrative, le  quali,  con  riferimento  agli  impianti  oggetto
dell'intervento normativo, sono poste dall'art. 29, comma 2,  lettera
g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59) in capo allo Stato, trattandosi di opere di preminente  interesse
nazionale  per  la  sicurezza  del   sistema   energetico   e   degli
approvvigionamenti. In tal modo, la competenza statale sarebbe  elusa
dalla norma regionale, la  quale  porrebbe  un  impedimento  assoluto
all'ottenimento dell'intesa regionale prevista dall'art. 1, comma  8,
lettera b), numero 2, della legge n. 239 del 2004, necessaria ai fini
della realizzazione delle opere in commento. 
    A tal proposito, la difesa statale richiama le pronunce di questa
Corte che hanno dichiarato l'incostituzionalita' di  norme  regionali
che prevedevano l'incompatibilita' di determinate infrastrutture  con
specifiche  aree  del  territorio  regionale.  In  particolare,   con
riferimento  alla  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale   dell'energia»,   e'    richiamata    la    giurisprudenza
costituzionale che afferma che «la  previsione  dell'intesa,  imposta
dal principio di leale collaborazione, implica che non sia  legittima
una norma contenente  una  "drastica  previsione"  della  decisivita'
della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso, ma  che  siano
invece  necessarie  idonee   procedure   per   consentire   reiterate
trattative volte a superare le divergenze» (tra le tante, sentenza n.
165 del 2011). 
    La norma  regionale,  quindi,  avrebbe  l'effetto  d'impedire  il
rilascio della prevista intesa tra Stato e  Regione  nell'ambito  dei
procedimenti di autorizzazione delle  infrastrutture,  in  quanto  la
Regione Puglia sarebbe tenuta, in applicazione della norma regionale,
a negare sempre e comunque l'intesa, anche in caso di convergenza tra
interesse  statale  e  interesse  regionale  nella  localizzazione  e
realizzazione degli impianti. 
    2.4.- Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  infine,  le
disposizioni    impugnate     paleserebbero     ulteriori     profili
d'illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 41, 42  e
43 Cost., i quali  tutelano  la  libera  iniziativa  economica  e  la
proprieta' privata, nonche' dei principi  comunitari  in  materia  di
libera circolazione delle persone e di stabilimento, e in particolare
degli artt.  43  e  49  del  «Trattato  U.E.»  [recte:  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE)]  e  quindi  dell'art.  117,
primo comma, Cost. 
    3.-  Con  memoria  depositata  in  data  22  luglio  2016  si  e'
costituita  in  giudizio  la  Regione  Puglia,  chiedendo   che   sia
dichiarata l'inammissibilita' o, comunque, l'infondatezza nel merito,
delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate nel  ricorso
del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    3.1.- In via  preliminare,  la  Regione  eccepisce  la  manifesta
inammissibilita'  delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale
formulate in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 117, primo  comma,
e 120 Cost. 
    Relativamente all'art. 3 Cost., infatti,  la  difesa  statale  si
limiterebbe ad enunciare le due  categorie  di  opere  che  sarebbero
disciplinate in modo irragionevolmente diverso dalla norma impugnata,
omettendo,  pero',  di  spiegare  le  ragioni  di  tale   illegittima
disparita'  di  trattamento.  L'Avvocatura  generale   dello   Stato,
infatti,   assumendo   apoditticamente    l'irragionevolezza    della
differente disciplina giuridica dettata dal legislatore regionale per
le opere pubbliche, da un lato, e per quelle  private  (ancorche'  di
interesse pubblico), dall'altro, non indicherebbe  le  ragioni  della
ritenuta  irragionevolezza  della  diversita'  di  trattamento,   con
conseguente inammissibilita' della censura per  carenza  assoluta  di
motivazione (sono richiamate le sentenze di questa Corte n.  254,  n.
233, n. 171 e n. 82 del 2015). 
    Egualmente inammissibili sarebbero le censure relative agli artt.
41, 42 e 43 Cost., nonche'  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
riferimento ai citati  artt.  43  e  49  del  TFUE.  Si  tratterebbe,
infatti, di censure del tutto immotivate e, per  quanto  concerne  il
richiamo all'art. 43 del TFUE, anche inconferenti,  concernendo  tale
disposizione la politica agricola comune. 
    Inammissibili  sarebbero,  infine,  le   censure   proposte   per
violazione dell'art. 120  Cost.,  data  la  palese  inconferenza  del
parametro, trattandosi di una  disposizione  costituzionale  volta  a
disciplinare, al secondo e  al  terzo  comma,  i  poteri  sostitutivi
straordinari del Governo. Non si  comprenderebbe,  pertanto,  in  che
modo la disposizione potrebbe venire in rilievo nel caso di specie. 
    3.2.-  Nel  merito,  la  difesa  regionale  deduce  la  manifesta
infondatezza della censura relativa  all'art.  3  Cost.,  poiche'  la
deroga al vincolo urbanistico introdotta dalla disposizione impugnata
non sarebbe connessa tanto alla natura privatistica  o  pubblicistica
dell'opera da realizzare, quanto all'impossibilita' di individuare un
sito alternativo e alla necessita' della salvaguardia della  pubblica
incolumita' e dell'ambiente, oltre che al  rispetto  degli  ulteriori
requisiti individuati dalla legge regionale. Requisiti che,  in  ogni
caso, non concernerebbero opere, quali i gasdotti  e  i  metanodotti,
poiche', come riconosciuto dalla  stessa  difesa  statale,  non  sono
finalizzate  alla  «salvaguardia   della   pubblica   incolumita'   e
dell'ambiente». 
    Manifestamente  infondate  sarebbero,  in  ogni  caso,  anche  le
censure formulate in riferimento agli artt. 41, 42, 43  Cost.  e,  in
particolare, all'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in  relazione  agli
artt. 43 e 49 del TFUE. Non si comprenderebbe, infatti, in  che  modo
la norma regionale impugnata violi i parametri evocati. 
    3.3.-  Altresi'  infondate  sarebbero  le  censure  formulate  in
riferimento: all'art. 117, terzo comma, Cost., per  contrasto  con  i
principi fondamentali di cui all'art. 1, commi 7, lettera  g),  e  8,
lettera b), numero 2), della legge n.  239  del  2004;  all'art.  118
Cost., in quanto non sarebbe  rispettato  il  riparto  costituzionale
delle competenze amministrative e, in  particolare,  quello  previsto
dall'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 112 del
1998;  all'art.  120  Cost.,  in  quanto  la  disposizione  regionale
arrecherebbe un vulnus al principio di leale collaborazione. 
    3.3.1.- Secondo la difesa regionale, l'intero  impianto  di  tali
censure sarebbe frutto  di  un  erroneo  presupposto  interpretativo.
Esse,  infatti,  sarebbero  tutte  concentrate  esclusivamente  sulla
rilevanza che la nuova  disciplina  regionale  assume  riguardo  alla
costruzione delle infrastrutture  gas  di  competenza  nazionale  che
interessano  la  Regione  Puglia  e  sull'esigenza  di  garantire  la
correttezza dei procedimenti autorizzatori per la realizzazione degli
interventi relativi alla rete nazionale dei gasdotti - tra i quali e'
specificamente  richiamato  il  metanodotto  TAP  -  con  particolare
riguardo al raggiungimento dell'intesa tra Stato e  Regione  prevista
dalla normativa nazionale. 
    Riguardo alla necessita'  di  tale  intesa  -  quale  presupposto
indispensabile per la legittimita'  costituzionale  dei  procedimenti
disciplinati  dalla  legislazione  statale  -  la  difesa   regionale
richiama in particolare la sentenza di questa Corte n. 110 del  2016,
in cui si e' ribadito che l'art. 52-quinquies  del  d.P.R.  8  giugno
2001, n. 327, recante «Testo unico delle disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia  di  espropriazione  per  pubblica  utilita'
(Testo A)», «prevede "la cosiddetta  intesa  'forte'  ai  fini  della
localizzazione   e   realizzazione   delle   infrastrutture   lineari
energetiche quale modulo  procedimentale  necessario  per  assicurare
l'adeguata  partecipazione  delle   regioni   allo   svolgimento   di
procedimenti incidenti  su  una  molteplicita'  di  loro  competenze"
(sentenza  n.  182  del  2013)».  La   medesima   pronuncia   afferma
espressamente che anche «ai "gasdotti di  approvvigionamento  di  gas
dall'estero"  e'  pienamente  applicabile   il   disposto   dell'art.
52-quinquies, comma 5, del  d.P.R.  n.  327  del  2001,  che  prevede
l'adozione,  d'intesa  con  le  Regioni,  dell'atto  conclusivo   del
procedimento di autorizzazione alla costruzione  e  all'esercizio  di
ogni infrastruttura lineare energetica». 
    Da cio', argomenta la  difesa  regionale,  deriverebbe  l'assunto
dell'Avvocatura generale dello  Stato  per  cui  la  norma  regionale
impugnata avrebbe l'effetto «di impedire il rilascio  della  prevista
intesa Stato-Regione nell'ambito dei procedimenti  di  autorizzazione
delle infrastrutture, in quanto la Regione Puglia sarebbe tenuta,  in
applicazione della  norma  regionale,  a  negare  sempre  e  comunque
l'intesa, anche in  caso  di  convergenza  tra  interesse  statale  e
interesse  regionale  nella  localizzazione  e  realizzazione   degli
impianti». 
    L'erroneita' del presupposto interpretativo delle  censure  mosse
dal ricorrente, secondo la difesa regionale, sarebbe, dunque, palese,
poiche' il vincolo urbanistico imposto dalle  disposizioni  impugnate
potrebbe operare solo con  riferimento  alle  opere  fuori  terra  e,
comunque, andrebbe riferito ai soli terreni interessati da  infezione
a causa di xylella fastidiosa  o  co.di.r.o.  L'intesa  che  Stato  e
Regione   sono   chiamati   a   raggiungere   nei   procedimenti   di
localizzazione delle infrastrutture in questione, invece, sarebbe  un
atto di natura politica,  che,  come  tale,  ben  potrebbe  implicare
l'impegno delle parti ad adottare ogni  ulteriore  atto  al  fine  di
assicurare  l'adempimento  degli  obblighi   assunti   con   l'intesa
medesima,  comprese  eventuali  modifiche  al   proprio   ordinamento
legislativo. Inoltre, il comma 8-bis dell'art. 1 della medesima legge
n. 239 del 2004, prevedendo uno  speciale  procedimento  in  caso  di
mancato   raggiungimento   dell'intesa   imputabile   alla   Regione,
consentirebbe, in ultima istanza, alla Presidenza del  Consiglio  dei
ministri di provvedere in merito. 
    3.4.- Riguardo  alle  specifiche  censure,  la  difesa  regionale
ritiene priva di fondamento quella di violazione  del  riparto  delle
competenze legislative, stabilito dall'art. 117, terzo comma,  Cost.,
con specifico  riferimento  alla  materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», per contrasto  con  l'art.  1,
commi 7, lettera g), e 8, lettera b), numero 2), della l. n. 239  del
2004,  che  riservano  allo  Stato,  di  intesa  con  la   Conferenza
unificata,    rispettivamente    «l'identificazione    delle    linee
fondamentali dell'assetto del territorio  nazionale  con  riferimento
all'articolazione delle reti infrastrutturali energetiche  dichiarate
di  interesse   nazionale   ai   sensi   delle   leggi   vigenti»   e
«l'individuazione  della  rete  nazionale  dei  gasdotti».  Parimenti
infondata sarebbe la censura di violazione dell'art. 118  Cost.,  per
contrasto con l'art. 29, comma 2, lettera g), del d.lgs. n.  112  del
1998 - che pone in capo allo Stato le  competenze  amministrative  ed
autorizzatorie per gli impianti oggetto dell'intervento normativo, in
quanto opere di preminente interesse nazionale per la  sicurezza  del
sistema energetico e degli approvvigionamenti - nonche' con l'art. 1,
comma 8, lettera b), numero 2), della legge  n.  239  del  2004,  per
l'impedimento che  la  norma  regionale  porrebbe  al  raggiungimento
dell'intesa ivi prevista. Secondo la difesa della  parte  resistente,
infatti,  la  norma  impugnata  non   concernerebbe   la   competenza
concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»,  ma  quella  in  materia  di  «governo  del
territorio» e, in parte, anche la competenza residuale  regionale  in
materia di «agricoltura». La Regione Puglia,  dunque,  avrebbe  agito
all'interno del  riparto  di  competenze  legislative  sancito  dalla
Costituzione. L'intreccio con competenze statali,  anche  avocate  al
centro in forza del meccanismo della  «chiamata  in  sussidiarieta'»,
nondimeno,   comporta   il   rispetto   del   principio   di    leale
collaborazione, che, nel caso di  specie,  troverebbe  gia'  adeguata
espressione proprio nella necessita' del raggiungimento di  un'intesa
in  sede  di  Conferenza  unificata,  ai  fini  dell'esercizio  delle
funzioni di cui all'art. 1, comma 8, lettera  b),  numero  2),  della
legge n. 239 del 2004 (a cui si  aggiunge  l'intesa  con  la  singola
Regione interessata, prevista dall'art. 52-quinquies,  comma  2,  del
d.P.R. n. 327  del  2001,  da  acquisire  ai  fini  del  rilascio  di
autorizzazioni alla costruzione di  gasdotti  ed  oleodotti):  intese
rispetto alle quali la norma regionale impugnata non avrebbe  effetto
ostativo. Questi argomenti renderebbero palesemente  infondata  anche
la denunciata lesione del principio di leale collaborazione. 
    4.- In prossimita' dell'udienza, la Regione Puglia ha  depositato
memoria  nella  quale  insiste  sulle  conclusioni  gia'   rassegnate
nell'atto di costituzione in  giudizio.  In  particolare,  la  difesa
regionale ribadisce la riconducibilita' della legge  regionale  n.  7
del 2016  alle  competenze  regionali  in  materia  di  «governo  del
territorio» e «agricoltura» (sono richiamate le sentenze  n.  16  del
2015, n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 282 e n. 12 del  2004),  le
quali,  nel  caso  di  specie,  s'intrecciano  con  ulteriori  ambiti
attribuiti alla competenza statale in materia energetica, avocati  al
centro in forza del meccanismo della  «chiamata  in  sussidiarieta'».
Ancora, la Regione sottolinea come  il  vincolo  urbanistico  imposto
dalla disposizione di legge regionale, riguardando  solo  determinate
categorie di terreni e applicandosi solo alle opere fuori terra,  non
sarebbe, come asserisce la difesa statale, tale da portare la Regione
a  negare  «sempre  e  comunque»  la   necessaria   intesa   per   la
localizzazione delle opere, con conseguente infondatezza dei  rilievi
governativi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 117, primo e terzo comma, 118 e
120 della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge della Regione Puglia 8 ottobre  2014,  n.  41
(Misure di tutela delle aree colpite  da  xylella  fastidiosa),  come
sostituito dall'art. 1 della legge della  Regione  Puglia  11  aprile
2016, n. 7, recante «Modifiche alla legge regionale 8  ottobre  2014,
n. 41 (Misure di tutela delle aree colpite da xylella fastidiosa)». 
    Le disposizioni  impugnate  istituiscono  un  vincolo  di  natura
urbanistica sulle aree che, per effetto dell'infezione provocata  dal
batterio della xylella fastidiosa o del complesso  del  disseccamento
rapido  dell'olivo  (co.di.r.o.),  siano  interessate  dall'espianto,
abbattimento o spostamento degli alberi di ulivo, stabilendo che tali
zone non  possano  mutare  la  destinazione  urbanistica  vigente  al
momento dell'espianto per sette  anni,  ne'  essere  interessate  dal
rilascio di permessi di costruire  che  siano  in  contrasto  con  la
preesistente   destinazione   urbanistica.   Nondimeno,   le   stesse
disposizioni prevedono la possibilita' di deroghe a tale vincolo  per
«la  realizzazione  di   opere   pubbliche   prive   di   alternativa
localizzativa  e  necessarie   alla   salvaguardia   della   pubblica
incolumita' e dell'ambiente e per le quali sia stata svolta con esito
positivo  la  valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA)».  Inoltre,
l'opera autorizzata deve avere un livello di progettazione  esecutiva
ed essere immediatamente cantierabile, coerente con  ulteriori  opere
tecnicamente   connesse   che    dovessero    risultare    necessarie
all'esercizio dell'opera stessa, nonche' con il  contesto  produttivo
territoriale ed e' necessario che  siano  state  adempiute  tutte  le
prescrizioni rivenienti dal provvedimento di VIA e  che  la  relativa
verifica di ottemperanza sia  stata  asseverata  da  tutti  gli  enti
competenti. 
    2.-  Secondo  la  parte  ricorrente,  le  disposizioni  impugnate
potrebbero pregiudicare la costruzione delle  infrastrutture  gas  di
competenza  nazionale  che  interessano  la   Regione   Puglia,   con
particolare riferimento all'interconnessione tra il metanodotto Trans
Adriatic Pipeline (TAP) e la rete nazionale di Snam Rete Gas, nonche'
alla posa dei metanodotti di interesse  nazionale  appartenenti  alla
rete nazionale gasdotti. 
    2.1.- Una prima censura viene prospettata in relazione all'art. 3
Cost., poiche' le  deroghe  al  vincolo  urbanistico  previste  dalla
disposizione impugnata sarebbero riferite alle  «opere  pubbliche»  e
non anche alle opere private di interesse pubblico, che meriterebbero
identica disciplina, con il  risultato  d'impedire  la  realizzazione
delle  infrastrutture  quali   oleodotti,   gasdotti,   elettrodotti,
acquedotti, e altro, nelle aree interessate. 
    2.2.-  E'  altresi'  denunciata  la   violazione   dei   principi
fondamentali della materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.,  con
particolare riferimento ai commi 7, lettera  g),  e  8,  lettera  b),
numero 2), dell'art. 1 della legge 23 agosto 2004, n.  239  (Riordino
del settore energetico, nonche' delega al Governo  per  il  riassetto
delle  disposizioni  vigenti  in  materia  di  energia),  poiche'  la
previsione   regionale   ostacolerebbe   la    realizzazione    delle
infrastrutture energetiche sul territorio regionale, integrando anche
una violazione del principio di leale collaborazione di cui  all'art.
120  Cost.,  in  quanto  si  porrebbe  un  impedimento  assoluto   al
raggiungimento dell'intesa regionale prevista dall'art. 1,  comma  8,
lettera b), numero 2), della legge n. 239  del  2004,  necessaria  ai
fini della realizzazione delle opere in discorso. 
    2.3.-  La  parte  ricorrente  denuncia,  inoltre,  la  violazione
dell'art. 118 Cost., per contrasto con la disciplina delle competenze
amministrative   ed   autorizzatorie   per   gli   impianti   oggetto
dell'intervento normativo, riservate allo Stato dall'art.  29,  comma
2, lettera  g),  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59). In applicazione della norma  regionale,  infatti,
la Regione Puglia dovrebbe negare sempre e comunque  l'intesa,  anche
in caso di convergenza tra interesse statale  e  interesse  regionale
nella localizzazione e realizzazione degli impianti. 
    2.4.- Da ultimo, secondo l'Avvocatura generale dello Stato,  sono
ravvisabili ulteriori profili  d'illegittimita'  costituzionale,  per
violazione degli artt. 41, 42 e  43  Cost.,  nonche'  dell'art.  117,
primo comma, Cost., con riferimento agli artt. 43 e 49  del  Trattato
U.E. [recte: Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)]. 
    3.- Preliminarmente, deve  essere  dichiarata  l'inammissibilita'
delle  questioni  di   legittimita'   costituzionale   formulate   in
riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 117, primo comma, in  relazione
agli artt. 43 e 49 TFUE, e 120 Cost. 
    Questa Corte ha costantemente affermato che costituisce onere del
ricorrente identificare esattamente la  questione  nei  suoi  termini
normativi,  indicando  le  norme  costituzionali  e   ordinarie,   la
definizione del cui rapporto  di  compatibilita'  o  incompatibilita'
costituisce l'oggetto della questione di  costituzionalita'  (tra  le
tante, sentenze n. 249 del 2016, n. 233, n. 153 e n. 82 del 2015,  n.
259  e  n.  39  del  2014),  ed  esponendo   una   seppur   sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale delle  norme  impugnate  (ex  plurimis,
sentenze n. 249 del 2016, n. 184 del 2012, n. 119 del 2010). 
    Del tutto carenti  di  supporto  motivazionale  sono  le  censure
relative agli artt. 41, 42 e 43  Cost.,  poiche'  non  e'  illustrato
alcun argomento riguardo alle modalita' con le quali la  disposizione
regionale   impugnata   inciderebbe   sulla   liberta'   d'iniziativa
economica, ne' in  ordine  al  pregiudizio  che  essa  recherebbe  ai
principi costituzionali in materia di espropriazione. 
    Allo  stesso  modo,  immotivata  si  presenta  anche  la  censura
relativa all'art. 117, primo comma, Cost., per violazione degli artt.
43 e 49 del TFUE, in quanto nulla si  dice  sulle  modalita'  con  le
quali si verificherebbe la lesione di tali parametri; in particolare,
per  l'art.  43  del  TFUE,  si  evoca  una  disposizione  che,  come
evidenziato anche dalla difesa regionale, non appare conferente  alla
materia in esame. 
    Appare, altresi', carente  di  adeguata  motivazione  la  censura
relativa all'art. 120 Cost., la cui violazione e' evocata in  termini
meramente assertivi, sebbene possa desumersi un generico collegamento
con le censure relative agli altri parametri costituzionali. 
    Da ultimo,  con  riferimento  alla  censura  posta  in  relazione
all'art. 3 Cost., l'Avvocatura  generale  dello  Stato  si  limita  a
denunciare una disparita' di trattamento tra opere pubbliche ed opere
private  nella  disciplina  regionale  impugnata,  senza,   tuttavia,
svolgere una sufficiente argomentazione  riguardo  alle  ragioni  che
osterebbero a tale diversita' di trattamento. La  censura,  pertanto,
non  raggiunge  quella  soglia  minima  di   chiarezza   a   cui   la
giurisprudenza  di  questa  Corte  subordina  l'ammissibilita'  delle
impugnative in via principale (ex multis, sentenze n. 249  del  2016,
n. 39 del 2014, n. 119 del 2010 e n. 139 del 2006). 
    4.- Non sono fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge reg. Puglia  n.  41  del  2014,
come sostituito dall'art. 1 della legge reg. Puglia n.  7  del  2016,
per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 118 Cost. 
    4.1.- Una ricostruzione dell'ambito materiale del Titolo V  della
Costituzione, a  cui  vanno  ricondotte  le  disposizioni  impugnate,
consente,  infatti,  di  collocarle  all'interno   delle   competenze
regionali in materia di «governo del territorio». 
    Tale  materia,  come  piu'  volte  affermato  da  questa   Corte,
concerne, in linea di principio, tutto cio' che attiene  all'uso  del
territorio e alla localizzazione di impianti o attivita'  e,  dunque,
l'insieme delle norme che consentono di identificare e  graduare  gli
interessi  in  base  ai  quali  possono  essere  regolati   gli   usi
ammissibili del territorio (tra le tante, sentenze n. 278 e n. 21 del
2010, 237 del 2009, n. 383 e n. 336 del 2005). 
    Le disposizioni di cui ai primi due commi dell'art. 1 della legge
reg. Puglia n. 41 del 2014, come riformulati dalla legge  reg.  n.  7
del 2016, nel porre un vincolo settennale sui  terreni  agricoli  che
abbiano subito espianto di ulivi affetti  da  xylella  o  co.di.r.o.,
infatti,  si  pongono  in  linea  di  continuita'  con   l'originaria
previsione legislativa, da un lato estendendo la portata del vincolo,
non piu' limitato ai soli terreni ove  vi  siano  ulivi  monumentali,
dall'altro lato, riducendone la durata da quindici a sette anni.  Per
tali profili, dunque, le disposizioni  regionali  impugnate  agiscono
all'interno delle competenze regionali in  materia  di  «governo  del
territorio»,  limitando  la  possibilita'  di  edificare  su  terreni
agricoli. In tal senso, quindi,  non  si  palesano  contrasti  con  i
parametri costituzionali evocati. 
    5.- E' fondata la questione di legittimita' dell'art. 1, comma 3,
della legge reg. Puglia n. 41 del 2014, come sostituito  dall'art.  1
della legge regionale n. 7 del 2016,  in  riferimento  all'art.  117,
terzo comma, e all'art. 118 Cost. 
    5.1.- Come gia' affermato da questa Corte, infatti, non tutta  la
disciplina concernente  la  programmazione,  la  progettazione  e  la
realizzazione delle opere o l'esercizio delle attivita' che, per loro
natura, producono un inevitabile impatto sul territorio, puo'  essere
ricondotta al «governo del territorio».  Ne  consegue,  che  l'ambito
materiale a cui ricondurre le competenze relative  ad  attivita'  che
presentano una diretta o indiretta rilevanza in  termini  di  impatto
territoriale, va ricercato attraverso  la  valutazione  dell'elemento
funzionale; l'interesse riferibile al «governo del territorio»  e  le
connesse competenze non possono assumere carattere  di  esclusivita',
dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la disciplina posta  a  tutela
di ulteriori interessi differenziati (in tal senso gia'  la  sentenza
n. 383 del 2005). 
    Dunque, e' alla luce  di  tale  giurisprudenza  che  deve  essere
esaminato il comma 3 dell'art. 1 della legge regionale in esame,  che
introduce talune deroghe al divieto di variazione della  destinazione
urbanistica. Come riconosciuto  dalla  stessa  difesa  regionale,  la
disposizione impugnata, in tal  modo,  incide  su  ulteriori  aspetti
concernenti gli usi del territorio, introducendo casi  specifici  nei
quali il vincolo urbanistico non opera, investendo per  tale  profilo
ambiti  di  competenza  ulteriori,   quale,   appunto,   il   settore
energetico. 
    5.2.- La  disposizione  regionale  include  nel  suo  divieto  la
realizzazione di opere rientranti di sicuro nella competenza statale,
come, tra le  altre,  le  opere  energetiche  d'interesse  strategico
nazionale, alle quali si riferisce il ricorso. Inoltre, per le stesse
opere la cui realizzazione e', invece, ammessa, si fa riferimento  ad
interessi, quali l'ambiente, che rientrano nella competenza esclusiva
statale, e la pubblica incolumita', la quale certamente investe anche
profili, come la sicurezza, attinenti  a  valutazioni  proprie  dello
Stato. La natura di  siffatti  interessi,  dunque,  fa  escludere  un
potere regionale come quello previsto dalla  disposizione  in  esame,
che manifesta in tal modo un'esorbitanza dalle competenze legislative
della Regione. 
    Con particolare riferimento alla materia «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», non  possono  non  entrare  in
gioco i principi fondamentali posti dallo Stato, nello specifico con:
l'art. 1, comma 7, lettera g), della  legge  n.  239  del  2004,  che
riserva   allo   Stato   le   funzioni   amministrative   concernenti
«l'identificazione  delle   linee   fondamentali   dell'assetto   del
territorio nazionale con riferimento  all'articolazione  territoriale
delle  reti  infrastrutturali  energetiche  dichiarate  di  interesse
nazionale ai sensi delle leggi vigenti»; l'art. 1, comma  8,  lettera
b), numero 2), della legge n. 239  del  2004,  che  attribuisce  allo
Stato le  funzioni  inerenti  «l'individuazione,  di  intesa  con  la
Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti»;  l'art.  29,
comma 2, lettera g),  del  decreto  legislativo  112  del  1998,  che
riserva  allo  Stato  le  funzioni  amministrative  concernenti,   in
particolare, i profili autorizzatori e in materia di gasdotti. 
    La legge n. 239 del 2004, come sottolineato in piu' occasioni  da
questa Corte, anche  attraverso  il  meccanismo  della  "chiamata  in
sussidiarieta'", quindi attraverso un modulo procedimentale basato su
esigenze d'interesse nazionale, ha «ridefinito in modo unitario  e  a
livello nazionale i procedimenti di  localizzazione  e  realizzazione
della rete di oleodotti e gasdotti, nonche' dei connessi impianti  di
compressione a gas, in base alla necessita' di riconoscere  un  ruolo
fondamentale agli organi statali nell'esercizio delle  corrispondenti
funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere  unitario»
(tra le tante, sentenza n. 249 del 2016). 
    Le norme statali, dunque, costituiscono principi fondamentali per
la  localizzazione  e  la  realizzazione  delle   opere   d'interesse
nazionale,  e  quindi  anche  nella  materia  energetica,  «in   base
all'evidente presupposto della necessita'  di  riconoscere  un  ruolo
fondamentale agli organi statali nell'esercizio delle  corrispondenti
funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario»,
anche in relazione «ai criteri indicati dall'art. 118  Cost.  per  la
allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, nonche' al
principio di leale collaborazione» (sentenza n. 131 del 2016, nonche'
sentenze n. 119 del 2014, n. 182 del 2013, n. 383 del 2005). 
    5.3.- La pluralita' di interessi e di  competenze  che  ricorrono
nella  materia  in  esame  trova  la  sua  composizione  nell'intesa,
prevista  anche  per  la  fase  di  localizzazione  e   realizzazione
dell'opera ai sensi dall'art. 52-quinquies del decreto del Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica  utilita'  (Testo  A)».  Il  raggiungimento  dell'intesa
costituisce lo strumento necessario al fine d'identificare le  «linee
fondamentali dell'assetto del territorio  nazionale  con  riferimento
all'articolazione   territoriale    delle    reti    infrastrutturali
energetiche dichiarate di interesse nazionale ai  sensi  delle  leggi
vigenti, inclusa la rete dei gasdotti» (da ultimo,  sentenza  n.  249
del 2016), superabile nel caso d'inerzia regionale con  le  modalita'
previste dal comma 8-bis dell'art. 1 della legge n. 239 del 2004. 
    In base a tali presupposti ed anche in  ragione  del  pregiudizio
arrecato  alla  ricerca  dell'intesa,  questa  Corte  ha  piu'  volte
dichiarato l'illegittimita' costituzionale  di  leggi  regionali  che
prevedevano  divieti  o  ponevano  vincoli  alla  localizzazione   di
impianti energetici in  zone  diverse  da  quelle  individuate  dalla
Regione (tra le tante, sentenze n. 249 e n. 154 del 2016, n. 119  del
2014, n. 182 del 2013). 
    La stessa difesa regionale non nega la  connessione  delle  norme
adottate con competenze dello  Stato,  ma  le  ritiene  salvaguardate
poiche' non sarebbe pregiudicata l'intesa che lo Stato  stesso  e  la
Regione   sono   chiamati   a   raggiungere   nei   procedimenti   di
localizzazione di queste infrastrutture. L'intesa,  infatti,  sarebbe
atto di natura politica, che impegna le parti ad adottare  ogni  atto
idoneo  ad  assicurare  l'adempimento  degli  obblighi  assunti   con
l'intesa  medesima,   comprese   eventuali   modifiche   al   proprio
ordinamento legislativo, in assenza delle  quali  lo  Stato  potrebbe
comunque provvedere. 
    Tali argomentazioni non  appaiono  persuasive,  in  primo  luogo,
perche' la disposizione di cui al comma 3  dell'art.  1  della  legge
impugnata individua fattispecie comunque al  fuori  delle  competenze
regionali; in secondo luogo, in quanto  l'argomento  che  ogni  legge
possa sempre essere modificata qualora necessario prova troppo in  un
giudizio di legittimita' costituzionale sulla medesima legge. 
    5.4.- Dunque, e' proprio il  comma  3  della  nuova  formulazione
dell'art. 1 della legge reg. n. 41 del 2014, recante  le  deroghe  al
divieto  di  variazione  della  destinazione  agricola  dei  terreni,
stabilito in  via  generale  dai  primi  due  commi  dell'art.  1,  a
determinare la lesione delle competenze statali. Nel  prevedere  tali
deroghe,  infatti,  la  Regione,  eccedendo  le  proprie  competenze,
disciplina casi nei quali la realizzazione dell'opera dipende da  una
valutazione non sua, ma dello Stato. 
    Il permanere del generale divieto di edificazione su  determinati
territori regionali, previsto dai commi 1 e 2 dell'art. 1 della legge
regionale impugnata, invece, non osta, di per se', al  raggiungimento
delle intese necessarie  alla  localizzazione  di  opere  d'interesse
strategico  nazionale  e,  dunque,  alla  loro  realizzazione.  Cio',
infatti, discende dalle leggi dello Stato che, come la legge  n.  239
del 2004, attribuiscono a quest'ultimo il  potere  di  stabilire,  in
base all'interesse nazionale e salva  l'intesa  con  le  Regioni,  la
localizzazione e la  realizzazione  di  opere  siffatte.  Il  divieto
regionale, percio',  e'  di  per  se'  inoperante  davanti  ad  opere
rientranti  in  ambiti  in  cui  le   competenze   amministrative   e
legislative della Regione sono sovrastate,  e  quindi  limitate,  dal
predetto potere statuale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3,
della legge della Regione Puglia 8 ottobre 2014,  n.  41  (Misure  di
tutela delle aree colpite da  xylella  fastidiosa),  come  sostituito
dall'art. 1 della legge della Regione Puglia 11 aprile  2016,  n.  7,
recante «Modifiche alla legge regionale 8 ottobre 2014, n. 41 (Misure
di tutela delle aree colpite da xylella fastidiosa)»; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Puglia n. 41 del
2014, come sostituito dall'art. 1 della legge della Regione Puglia n.
7 del 2016, promosse dal Presidente del Consiglio  dei  ministri,  in
riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 117, primo comma, in  relazione
agli artt.  43  e  49  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, e  120  della  Costituzione,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della  legge  della  Regione
Puglia n. 41 del 2014, come sostituito dall'art. 1 della legge  della
Regione Puglia n. 7 del 2016, promosse dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.,
con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA