N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2016
Ordinanza del 16 dicembre 2016 del Tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di A. S. e altri. Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato - Procedura per l'applicazione - Trattamento irrogabile. - Codice di procedura penale, art. 464-quater, comma 1; codice penale, art. 168-bis, commi secondo e terzo; codice di procedura penale, art. 464-quater, comma 4; codice di procedura penale, artt. 464-quater e 464-quinquies.(GU n.23 del 7-6-2017 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO Ufficio Penale Dibattimentale Monocratico In funzione di giudice della cognizione in primo grado nei procedimenti penali riuniti di cui al R.G. n. 16/2015/1590, 16/2016/448, 16/2015/1046, 16/2015/1543, 16/2016/9, 16/2014/883 e 16/2014/170, quest'ultimo da intendersi quale procedimento principale poiche' di anteriore iscrizione, pendenti nei confronti di: A. S. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurato, imputato: «del reato p. e p. dall'art. 639 comma 2 codice penale, perche', facendo uso di bombolette di vernice di vari colori, imbrattava il muro esterno del Castello Aldobrandesco, disegnandovi un cerchio, ed il muro di recinzione situato in Largo della Carbonaia n. 13, disegnandovi graffiti. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose di interesse storico e artistico; In Arcidosso (GR) il 12 agosto 2014»; B. D. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, pregiudicato per un singolo delitto di cui all'art. 614 c.p. commesso in data 28 luglio 2002, imputato: «per il reato previsto e punito dall'art. 186, commi 2, lettera c) e 2-bis, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modifiche, perche', alla guida dell'autovettura targata (di sua proprieta'), circolava in stato di ebbrezza, in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, con tasso alcolemico accertato pari a 4,624 g/l; con l'aggravante di avere provocato un incidente stradale. Commesso in Magliano in Toscana (GR), il 9 luglio 2015»; G. M. M. (nata in ... il ...), assente rappresentata dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurata, imputata: «del reato p. e p. dall'art. 56, 624 codice penale in relazione all'art. 625 comma 1 n. 7 codice penale, per aver sottratto, presso il punto vendita «O.V.S.», occultandoli all'interno della propria borsa: un paio di leggings da bambina con cartellino codice 8057824641508; una canotta da donna con cartellino codice 8056048953589; quattro paia di slip da donna con cartellini codice 8057824488585; 8057824889719, 8057824889726 e 8057824889733; due T-shirt da bambina/o con cartellini codice 8957824013176 e 8056048228021; due abiti da donna con cartellini codice 8056048048926 e 8056048865028; una camicia da bambino con cartellino codice 2054432160007; un gilet da bambino con cartellino codice 8057824253510; un confezione di slip per donna, con cartellino codice 8056048744767. Can l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede. Evento non verificatosi per cause estranee alla volonta' dell'autore del reato e cioe', l'intervento del personale del punto vendita, a seguito dell'attivazione delle barriere antitaccheggio. Commesso in Orbetello (GR) il 1° giugno 2014»; I. C. (nato a ... il ... ) e - (nato a ... il ...), assenti rappresentati dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurati, imputati: «del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv., 110, 635, 2° comma in relazione all'art. 625, n. 7, 61 n. 5 codice penale perche', in concorso fra loro e con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, danneggiavano: 1) in Piazza Valeri, il palo della segnaletica stradale di proprieta' del Comune di Grosseto, staccandolo completamente dalla base; 2) in via Mazzini, la vetrata della teca per l'esposizione delle locandine dell'ex cinema di proprieta' di D. R. frantumandola; 3) in via Mazzini, l'autovettura di proprieta' di F. F. rompendo lo specchietto retrovisore laterale sinistro; 4) in via Mazzini angolo ingresso Piazza delle Catene, le ruote di due biciclette, piegandole; 5) in via Mazzini, delle fioriere di proprieta' di C. M., gestore del Ristorante - e di C. M., gestore del locale denominato -. Con le aggravanti di aver commesso il fatto su cose esposte per necessita' e consuetudine alla pubblica fede e di aver agito in tempo di notte, cosi' profittando di circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblico e privata difesa. In Grosseto l'11 settembre 2014 alle ore 2,20 circa»; N. L. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurato, imputato: «(A) per il reato p. e p. dagli articoli 186-bis comma 3, 186, comma 2 lettera c) e comma 2-bis e sexies decreto legislativo n. 285/92 perche', quale conducente di eta' inferiore a ventuno anni, circolava alla guida del veicolo marca ... targata ... in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche (tasso alcolemico riscontrato in 1,64 g/l come da referto medico del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Grosseto). Con l'aggravante di aver provocato in tale condizione, sulla via Aurelia Nord altezza rotatoria ingresso/uscita variante SS 1 Aurelia, un incidente stradale e con l'ulteriore aggravante di aver commesso il fatto dopo le ore 22,00 e prima delle ore 7,00 (segnatamente alle ore 04,00 circa). Commesso in Grosseto, il 5 aprile 2014; (B) art 590 comma 1 e 3 cod. pen., perche', alla guida della vettura ... targata ... per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme relative alla circolazione stradale, ed in particolare in violazione dell'art. 186, comma 2, lettera c) decreto legislativo n. 285/92 con le modalita' meglio descritte al capo A), mentre percorreva la via Aurelia Nord altezza rotatorio ingresso/uscita variante SS 1 Aurelia, impegnava la stessa rotatoria contromano, perdendo il controllo del mezzo andando a collidere con il proprio veicolo contro un cartello della segnaletica stradale e terminando la corsa dopo vari ribaltamenti su un campo adiacente a circo m. 180 dallo carreggiata, cagionando a C. S., trasportato sulla stessa autovettura, lesioni personali consistite in «frattura instabile C2, sospetto focolaio LC temporo-polare dx», giudicate guaribili in oltre trenta giorni dal fatto lesivo. Con l'aggravante del fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lettera c) decreto legislativo n. 285/92. Commesso in Grosseto, il 5 aprile 2014 (querela del 9 giugno 2014)»; T. F. (nata a ... in data ...) assente rappresentata dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurata, imputata: «per il reato p. e p. dall'art. 186, 2° comma, lettera C) e 2-bis decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, come sostituito dalla legge 2 ottobre 2007 n. 160 e modificato dal decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92, dalla legge n. 94/2009, dalla legge n. 120/2010 e successive modifiche, per avere condotto l'autovettura marca ... tg. ... in stato di ebbrezza, in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche (tasso alcolico riscontrato 1,61 g/l - 1,51 g/l), cosi' provocando un sinistro stradale in cui veniva coinvolta l'autovettura marca ... tg. ... condotta da M. P. In Grosseto via Brigate Partigiane in prossimita' del civico 82 in data 30 ottobre 2013»; Z. M. (nato a ... il ...), assente rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis codice di procedura penale, incensurato, imputato: «del reato p. e p. dagli articoli 110, 112 n. 4, 624 e 625 n. 2), 5) e 7) codice penale, perche', in concorso con i minorenni B. S. (nato il ...) e C. L. (nato il ...) e previo concerto, al fine di trarne profitto, si impossessavano di un motociclo tg ... di L. L. ed in uso al figlio R. L. sottraendolo al legittimo proprietario che lo deteneva. Con l'aggravante di essersi avvalso di soggetti minorenni per commettere il reato per il quale e' previsto l'arresto in flagranza; con l'aggravante del fatto commesso con violenza sulle cose, avendo forzato il blocca disco in ferro posto a presidio del motociclo sulla ruota posteriore; con l'aggravante del fatto commesso da tre persone; con l'aggravante del fatto commesso su cosa esposta per necessita' o destinazione alla pubblica fede, avendo sottratto il motociclo parcheggiato sulla pubblica via presso la cittadella dello studente in via dei Barberi. In Grosseto il 16 aprile 2012»; Visti gli atti relativi alle istanze di sospensione del procedimento con messa alla prova presentate ai sensi dell'art. 464-bis codice di procedura penale nell'interesse di' ognuno dei suddetti imputati nell'ambito dei procedimenti penali rispettivamente pendenti nei loro confronti per gli oggetti sopra indicati; Ritenuto che tali istanze non sono state ne' devono essere dichiarate inammissibili poiche' ognuna di esse risulta formulata nello stadio della trattazione delle questioni preliminari al giudizio penale dibattimentale di cognizione di rito monocratico in conformita' alle disposizioni di legge che definiscono presupposti, casi, modi, forme e termini della rituale attivazione della relativa procedura speciale, ed in particolare in quanto ognuno e' stata presentata: in ricorrenza dei presupposti processuali generali concernenti la incardinazione del processo dibattimentale, all'udienza di comparizione celebrata dal competente organo giurisdizionale, mediante regolare costituzione in giudizio dell'imputato e del difensore titolare del rispettivo rapporto rappresentativo (ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p.); in ricorrenza dei presupposti processuali speciali concernenti la proposizione della istanza concernente la procedura in discorso che, in ciascuno dei casi in trattazione, e' stata formulata per iscritto nel termine legalmente imposto (ai sensi dell'art. 464-bis comma 2 c.p.p.), con volonta' dell'interessato espressa a mezzo del difensore munito di apposita procura speciale autenticata (ai sensi dell'art. 464-bis, comma 3 codice di procedura penale) e con tempestiva allegazione del programma di trattamento elaborato d'intesa con il competente ufficio di esecuzione penale esterna (ai sensi dell'art. 464-bis, comma 4 codice di procedura penale); in ricorrenza dei presupposti sostanziali oggettivi concernenti la materia del procedimento penale che, in ciascuno dei casi in trattazione, concerne reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, oppure taluno dei delitti indicati dal comma 2 dell'art. 550 del codice di procedura penale (ai sensi dell'art. 168-bis comma 1 codice di procedura penale); in ricorrenza dei presupposti sostanziali soggettivi concernenti la personalita' del giudicabile che, in ciascuno dei casi in trattazione, non ha gia' fruito del relativo beneficio (ai sensi dell'art. 168-bis comma 4 codice di procedura penale) e tantomeno versa nelle condizioni previste dagli articoli 102 [delinquenza abituale presunta dalla legge], 103 [delinquenza abituale ritenuta dal giudice], 104 [abitualita' nelle contravvenzioni], 105 [delinquenza professionale] e 108 [delinquenza per tendenza] del codice penale (ai sensi dell'art. 168-bis comma 5 codice di procedura penale); Dato atto che all'odierna udienza, instaurato debitamente il contraddittorio in confronto di chi spetta, in ognuno dei procedimenti aventi ad oggetto le posizioni sopra suindicate si e' proceduto alla discussione camerale nel corso della quale sono state raccolte a verbale le conclusioni delle parti private, le quali hanno rispettivamente richiesto emettersi provvedimento di accoglimento dell'istanza di messa alla prova (con le disposizioni recanti la necessaria integrazione del programma di trattamento quanto meno sotto profilo della entita' delle sanzioni ivi previste, da sottoporre all'eventuale consenso dell'imputato ai fini dell'ulteriore corso della procedura), nonche' della parte pubblica, che nulla ha osservato, rimettendosi alle determinazioni del giudice; Considerato che in esito della deliberazione in Camera di consiglio sul merito delle anzidette istanze di messa alla prova, esaminati gli atti dei fascicoli per il dibattimento rispettivamente formati e trasmessi ai sensi degli articoli 431 e 553 codice di procedura penale e ravvisate le medesime questioni pregiudiziali di costituzionalita', il giudice ha disposto la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto le posizioni suelencate e quindi, in relazione ai procedimenti penali cosi' riuniti, ha pronunciato e pubblicato alla stessa udienza, mediante lettura al cospetto delle parti avente per costoro valore di notificazione ai sensi dell'art. 148 comma 5 codice di procedura penale, la seguente ordinanza di rimessone di questioni di legittimita' costituzionale. 1. Oggetto dell'incidente di costituzionalita'. - Gli articoli 3 ss. della legge n. 67/2014 entrata in vigore in data 7 maggio 2014 hanno introdotto nell'ordinamento penale la cosiddetta sospensione del procedimento con messa alla prova, ossia la fattispecie estintiva del reato prevista dall'art. 168-bis ss. codice penale ed il procedimento speciale alternativo al rito ordinario di cognizione applicabile ai sensi degli articoli 464-bis ss. codice di procedura penale strumentalmente alla formazione della suddetta fattispecie. La disciplina del nuovo procedimento speciale, applicabile ai reati indicati dall'art. 168-bis comma 1 codice penale indipendentemente dal rito di cognizione rispettivamente loro proprio (rito collegale, rito di cognizione monocratica previa udienza preliminare, rito di cognizione monocratica su citazione diretta del pubblico ministero), contempla sostanzialmente tre ipotesi procedurali, progressivamente differenziate sul piano strutturate a seconda della fase del procedimento penale (indagini preliminari, udienza preliminare, giudizio dibattimentale) in cui risultino incardinate. In particolare: la prima fattispecie procedurale, sviluppata su iniziativa formalizzata prima dell'esercizio dell'azione penale (art. 464-ter codice di procedura penale) secondo uno schema negoziale processuale bilaterale, e' applicabile indipendentemente dalla tipologia del rito di cognizione ordinaria ed e' destinata alla cognizione del giudice per le indagini preliminari allo stato degli atti del fascicolo del pubblico ministero; la seconda fattispecie procedurale, sviluppata su iniziativa formalizzata nell'udienza preliminare secondo uno schema negoziale processuale unilaterale, e' applicabile nei procedimenti di rito collegiale e di rito monocratico a citazione indiretta ed e' destinata alla cognizione del giudice dell'udienza preliminare allo stato degli atti del fascicolo del pubblico ministero; la terza fattispecie procedurale, sviluppata su iniziativa proposta (a norma dell'art. 464-bis comma 2 codice di procedura penale) o reiterata (a norma dell'art. 464-quater comma 9 codice di procedura penale) nello stadio introduttivo del giudizio ordinario di cognizione secondo uno schema negoziale processuale unilaterale, e' applicabile soltanto nei procedimenti di rito monocratico a citazione diretta, ed e' destinata alla cognizione del giudice dibattimentale allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento. In considerazione della morfologia di ogni vicenda processuale in trattazione nel processo a quo, l'incidente di costituzionalita' sollevato in questa sede concerne la terza fattispecie normativa di messa alla prova, riferibile all'attivazione della procedura speciale nello stadio di trattazione delle questioni preliminari al giudizio dibattimentale di cognizione monocratica su citazione diretta. 2. Scansione della procedura dl messa alla prova dinanzi al giudice del dibattimento. - L'esame coordinato degli enunciati normativi introdotti dalla legge n. 67/2014 in funzione definitoria del procedimento speciale consente di ravvedere che quest'ultimo particolarmente nella fattispecie che interessa in questa sede, riguardante la procedura di messa alla prova attivata nello stadio preliminare al giudizio dibattimentale di cognizione di rito monocratico su citazione diretta - possiede una struttura trifasica del tutto originale che si articola in tre distinti ed eterogenei segmenti. Questi ultimi sono rispettivamente riferibili ad una fase amministrativa preliminare condotta dall'ufficio esecuzione penale esterna (in funzione preparatoria ed istruttoria), ad una fase giurisdizionale di cognizione camerale culminante nella formazione (non di un provvedimento di cognizione, bensi') di un titolo esecutivo provvisorio emesso in forma di ordinanza ed infine ad una fase di esecuzione penale culminante nella adozione di un provvedimento (non di natura esecutiva, bensi') di cognizione emesso in forma di sentenza. 2.1. - La fase amministrativa di istruttoria preliminare del procedimento speciale di messa alla prova e' radicata allorquando, ai sensi dell'art. 141 comma 2 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale «l'imputato rivolge richiesta all'ufficio locale di esecuzione penale esterna competente affinche' predisponga un programma di trattamento» ed all'uopo «deposita gli atti rilevanti del procedimento penale nonche' le osservazioni e le proposte che ritenga di fare». Di seguito, ai sensi dell'art. 141, comma 3, disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, l'ufficio locale di esecuzione penale esterna competente compie una attivita' istruttoria che si articola: nello svolgimento di una «indagine socio-familiare» il cui esito e' riversato in una relazione tecnica (contenente gli accertamenti e le considerazioni sviluppate dall'ufficio a sostegno del programma di trattamento conseguentemente elaborato) in cui si «riferisce specificamente sulle possibilita' economiche dell'imputato, sulla capacita' e sulla possibilita' di svolgere attivita' riparatorie nonche' sulla possibilita' di svolgimento di attivita' di mediazione, anche avvalendosi a tal fine di centri o strutture pubbliche o private presenti sul territorio»; nella elaborazione, all'esito dell'anzidetta indagine socio-familiare, di un «programma di trattamento» che ai sensi dell'art. 464-bis comma 4 codice di procedura penale prevede «A) le modalita' di coinvolgimento dell'imputato, nonche' del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove cio' risulti necessario e possibile; B) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l'imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonche' le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilita' ovvero all'attivita' di volontariato di rilievo sociale; C) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa»; nella acquisizione, in ordine al programma di trattamento come sopra elaborato, del consenso dell'imputato e del soggetto destinatario delle prestazioni ivi contemplate; nella trasmissione al giudice procedente della documentazione relativa alla istruttoria amministrativa espletata (relazione di indagine socio-familiare, programma di trattamento, atti di consenso dei soggetti coinvolti nella esecuzione del programma). 2.2 - La susseguente fase di cognizione giurisdizionale camerale del procedimento speciale viene instaurata ai sensi dell'art. 464-bis commi 1, 2, 3 e 4 codice di procedura penale allorquando l'imputato, entro il termine decadenziale rapportato alla pronuncia della dichiarazione di apertura del dibattimento, formalizza la istanza di messa alla prova dinanzi alla autorita' giudiziaria procedente al giudizio ordinario, allegando il programma di trattamento elaborato dall'ufficio locale di esecuzione penale esterna ai sensi dell'art. 141, comma 3 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale oppure allegando, onde evitare di incorrere nella inammissibilita' dell'istanza e nella decadenza consequenziale all'apertura del dibattimento, la prova dell'incolpevole causa impeditiva di tale produzione. Ai sensi dell'art. 464-quater comma 1, periodo 2 codice di procedura penale, all'iniziativa di parte imputata ritualmente formulata (mediante presentazione di istanza che non debba essere dichiarata inammissibile per difetto di taluno dei presupposti e requisiti previsti dall'art. 464-bis commi 1, 2, 3 e 4 codice di procedura penale) consegue l'attivazione di una procedura giurisdizionale di cognizione penale camerale a contraddittorio necessario allargato nella quale: ai sensi dell'art. 464-quater, comma 1 codice di procedura penale, il giudice deve emettere l'eventuale provvedimento di rinvio della trattazione ad altra udienza occorrente all'integrazione del contraddittorio in confronto della persona offesa dai reato non comparsa, che altrimenti, ai sensi dell'art. 464-quater codice di procedura penale, avrebbe prerogativa di impugnare per cassazione il consequenziale provvedimento sull'istanza di messa alla prova; ai sensi 464-quater, comma 2 codice di procedura penale, il giudice puo' emettere l'eventuale provvedimento di convocazione con cui dispone la comparizione dell'imputato per verificare la volontarieta' della richiesta di messa alla prova (analogamente a quanto previsto dall'art. 446 comma 5 codice di procedura penale per il procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti); ai sensi dell'art. 464-bis comma 5 codice di procedura penale, il giudice puo' emettere eventuali provvedimenti istruttori con cui acquisisce «tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato», informazioni le quali «devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell'imputato» (analogamente a quanto previsto dall'art. 422 codice di procedura penale per la procedura camerale dell'udienza preliminare nonche' dall'art. 666, comma 5 codice di procedura penale per la procedura camerale incidentale di esecuzione); ai sensi dell'art. 464-quater comma 1 codice di procedura penale, il giudice - una volta perfezionato il contraddittorio di tutte le parti e della persona offesa dal reato, ed assunte le eventuali informazioni integrative necessarie - da' corso alla discussione camerale sul merito della istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, consistente nel «sentire» le parti e la persona offesa dal reato; ai sensi dell'art. 464-quater, commi 3 e 4 codice di procedura penale, il giudice pronuncia la ordinanza che decide in via definitiva o interlocutoria sul merito della istanza di messa alla prova. 2.3 - Il provvedimento giurisdizionale di cognizione sul merito della istanza di messa alla prova e' pronunciato allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento nella composizione in cui esso si trova nello stadio introduttivo del giudizio (antecedente la dichiarazione di apertura del dibattimento) in cui la procedura deve essere attivata a pena di decadenza. Percio', detto fascicolo consta soltanto del decreto di rinvio a giudizio e della documentazione prevista dagli articoli 431 e 432 codice di procedura penale ivi originariamente inserita, oltre che della relazione di indagine socio-familiare redatta dall'ufficio esecuzione penale esterna (ai sensi dell'art. 141-bis disp. att. codice di procedura penale) e delle eventuali ulteriori informazioni sulle condizioni di vita dell'imputato acquisite dal giudice ai fini della decisione sulla istanza di ammissione al beneficio (ai sensi dell'art. 464-bis comma 5 codice di procedura penale). In relazione al suo contenuto dispositivo, la decisione giurisdizionale camerale sulla istanza di messa alla prova dell'imputato si differenzia a seconda che il giudice: emetta - quando, «in base ai parametri di cui all'art. 133 del codice penale, reputa» non irrimediabilmente inidoneo «il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere ulteriori reati» - un provvedimento interlocutorio con cui «puo' integrare o modificare il programma di trattamento», tuttavia suscettibile di acquisire efficacia soltanto «con il consenso dell'imputato» al cui gradimento deve quindi andare sottoposto; oppure emetta - quando, «in base ai parametri di cui all'art. 133 del codice penale, reputa» irrimediabilmente inidoneo (anche per causa di dissenso dell'imputato alla integrazione o modifica disposta nel pregresso provvedimento interlocutorio di cui sopra)» il programma di trattamento presentato» e/o quando «ritiene che l'imputato» non «si asterra' dal commettere ulteriori reati» - un provvedimento definitivo di reiezione della istanza di messa alla prova; oppure emetta - quando, «in base ai parametri di cui all'art. 133 del codice penale, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere ulteriori reati» - un provvedimento definitivo di accoglimento dell'istanza presupposta. 2.4 - In particolare, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di messa alla prova e' dato con ordinanza che, ai sensi dell'art. 464-quater, comma 7 codice di procedura penale, e' immediatamente suscettibile di impugnazione non sospensiva per cassazione da parte dell'imputato, del pubblico ministero e della persona offesa indebitamente pretermessa dal contraddittorio camerale. Tanto difatti ha stabilito la Corte suprema di cassazione nel tentativo di razionalizzare per via interpretativa l'indiscriminato ambito applicativo letteralmente attribuibile alla disposizione da ultimo citata nella parte in cui sic et simpliciter riferisce l'impugnazione in parola alla «ordinanza che decide sulla messa alla prova» (Cassa SS.UU. sentenza n. 33216/2016). Il provvedimento in parola, recependo il programma di trattamento cui l'imputato abbia prestato consenso, dovrebbe tradurne i contenuti programmatici, gia' delineati su base volontaria ai sensi dell'art. 464-bis, comma 4 codice di procedura penale, in tre ordini di statuizioni rispettivamente riguardanti le altrettante tipologie di sanzioni la cui applicazione sostanzia l'istituto giuridico in parola, ossia: in primo luogo, ai sensi dell'art. 168-bis, comma 2, periodo 1 codice penale, una sanzione ripristinatoria / riparatoria eventuale (poiche' applicabile soltanto nel caso che le presupposte esigenze concretamente sussistano) concernente «la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonche', ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato»; ed inoltre, ai sensi dell'art. 464-quinquies comma 1 codice di procedura penale, «il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatorie o risarcitorie imposti devono essere adempiuti [e che] puo' essere prorogato, su istanza dell'imputato, non piu' di una volta e solo per gravi motivi»; in secondo luogo, ai sensi dell'art. 168-bis, comma 2, periodo 2 codice penale, una sanzione specialpreventiva / rieducativa essenziale (quale prima indefettibile componente del trattamento) concernente «l'affidamento dell'imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che puo' implicare, tra l'altro, attivita' di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla liberta' di movimento, al divieto di frequentare determinati locali» e che peraltro, ai sensi dell'art. 464-quater comma 3, periodo 2 codice di procedura penale, deve assicurare la imposizione all'imputato di un «domicilio» che risulti «tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato»; in terzo luogo, ai sensi dell'art. 168-bis, comma 3 codice penale, una sanzione retributiva / rieducativa coessenziale (quale seconda indefettibile componente del trattamento) concernente la «prestazione di lavoro di pubblica utilita' [che] consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalita' ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettivita', da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione e' svolta con modalita' che non pregiudichino le esigenze di lavoro; di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non puo' superare le otto ore». 2.5 - Ai sensi dell'art. 464-quinquies codice di procedura penale, la concreta attuazione del trattamento sanzionatorio stabilito nel programma recepito dal provvedimento giurisdizionale camerale di messa alla prova forma oggetto di una fase di esecuzione penale appositamente delineata. In particolare: ai sensi dell'art. 464-quater, comma 6 codice di procedura penale, la fase di esecuzione penale del procedimento speciale ha inizio con la «sottoscrizione del verbale di messa alla prova dell'imputato». Soltanto a partire da tale momento, nonche' soltanto nei limiti di durata previsti dall'art. 464-quater, comma 5 codice di procedura penale (due anni, quando si procede per reati puniti con pena detentiva; un anno, quando si procede per reati puniti soltanto con pena pecuniaria), nonche' soltanto in confronto dell'imputato ammesso al procedimento speciale (e non anche in confronto dei concorrenti nel reato, in deroga alla regola generale di cui all'art. 161 comma 1 codice penale) decorre un periodo di sospensione di diritto della prescrizione del reato (ai sensi dell'art. 168-ter codice penale); ai sensi dell'art. 141-ter commi 4 e 5 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, la fase di esecuzione penate del procedimento speciale trova svolgimento sotto la vigilanza del competente ufficio locale di esecuzione penale esterna, il quale redige relazioni periodiche con cui «informa il giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attivita' svolto e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione» ed inoltre, «alla scadenza del periodo di prova, [...] trasmette al giudice una relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova medesima»; ai sensi dell'art. 464-quinquies, comma 3 codice di procedura penale, la fase di esecuzione penale del procedimento speciale e' suscettibile di dare luogo ad appositi incidenti di esecuzione - anch'essi, peraltro, trattati ai sensi dell'art. 127 codice di procedura penale con apposite procedure giurisdizionali camerali a contraddittorio necessario allargato alla persona offesa dal reato - nel corso dei quali «il giudice, sentiti l'imputato e il pubblico ministero, puo' modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruita' delle nuove prescrizioni rispetto alle finalita' della messa alla prova»; ai sensi dell'art. 464-opties codice di procedura penale, la fase di esecuzione penale del procedimento speciale e' suscettibile di conclusione anticipata mediante ordinanza di revoca della messa alla prova pronunciata dal giudice anche d'ufficio sulla base dei presupposti sostanziali di cui all'art. 168-quater codice penale (1) , con il rito di cui all'art. 464-opties, comma 2 c.p.p., (apposita procedura camerale a contraddittorio necessario allargato alla persona offesa dal reato) nonche' (anche) alla stregua delle informazioni di cui all'art. 141-bis comma 4 disp. att. (relazioni periodiche dell'ufficio esecuzione penale esterna che ha «preso in carico» l'imputato ai sensi dell'art. 464-quinquies comma 2 codice di procedura penale). L'ordinanza di revoca e' suscettibile di impugnazione mediante ricorso per cassazione (ai sensi dell'art. 464-octies comma 3 codice di procedura penale) ed alla sua irrevocabilita' consegue che «il procedimento [ordinario di cognizione] riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l'esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti» (art. 464-octies, comma 4 codice di procedura penale); ai sensi dell'art. 464-septies codice di procedura penale, la fase di esecuzione penale del procedimento speciale e' suscettibile di conclusione naturale mediante provvedimento giurisdizionale dichiarativo dell'esito negativo o positivo della messa alla prova. Per quanto concerne gli aspetti di rito, ai sensi dell'art. 464-septies, comma 1, periodo 2 codice di procedura penale tale provvedimento e' pronunciato anche d'ufficio «decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova» in esito alla procedura camerale a contraddittorio necessario allargato alla persona offesa dal reato appositamente celebrata. Per quanto concerne i profili di merito, il medesimo provvedimento si fonda sulla valutazione dei presupposti sostanziali di cui all'art. 464-septies, comma 1, periodo 1 codice di procedura penale (ossia sulla valutazione «del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite») e sulle risultanze dalla relazione conclusiva di cui all'art. 464-septies, comma 1, periodo 2 codice di procedura penale (consistente nella «relazione dettagliata sul decorso e sull'esito della prova» formata ai sensi dell'art. 141-bis comma 5 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale dall'ufficio esecuzione penale esterna che ha «preso in carico» l'imputato). In tal modo il giudice perviene a pronunciare ordinanza con cui dispone che il procedimento prosegua nella forma del giudizio ordinario di cognizione dibattimentale «se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova» non «abbia avuto esito positivo» (art. 464-septies comma 1, periodo 1 codice di procedura penale) (2) . Se invece il giudice, «tenuto conto del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo» (art. 464-septies, comma 1, periodo 1 codice di procedura penale), allora pronuncia sentenza di proscioglimento anticipato di rito a norma dell'art. 129 codice di procedura penale (previa delibazione di insussistenza di cause di proscioglimento nel merito) a titolo di non doversi procedere in ragione della causa di estinzione del reato di cui all'art. 168-ter, comma 2 codice penale, cionondimeno disponendo «l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge» (art. 168-ter, comma 3 codice penale). 3. Morfologia della fattispecie processuale estintiva del reato consequenziale alla procedura di messa alla prova dinanzi al giudice del dibattimento. - L'analisi della procedura consente di evincere che l'oggetto di quest'ultima consiste nella unilaterale offerta, da parte dell'imputato, della prestazione identificabile nella sua volontaria soggezione alla esecuzione del trattamento giuridico penale irrogato in forza di un titolo esecutivo, provvisorio emesso allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento in funzione strumentale alla declaratoria giurisdizionale di accertamento costitutivo della fattispecie giudiziale estintiva del reato conseguentemente formatasi. La morfologia di qualunque ipotesi di messa alla prova, siccome radicata anzitutto sulla offerta di una prestazione il cui adempimento integra la causa di estinzione del reato, in generale richiama quella gia' nota della oblazione, tuttavia con un duplice e cospicua differenza. Infatti, da un lato la prestazione offerta consiste (non nel mero versamento di una somma di denaro predeterminata e/o obbiettivamente determinabile, bensi') nella soggezione dell'imputato a vincoli ablatori e conformativi della sua sfera personale e patrimoniale la cui quantita' e qualita', lungi dal recare alcuna predeterminazione normativa, deve essere determinata dal giudice sulla base delle complesse valutazioni discrezionali di merito finalizzate al cosiddetto trattamento. D'altro lato, la stessa declaratoria giurisdizionale dell'esito positivo della messa alla prova, implicando anch'essa valutazioni di merito che trascendono di gran lunga la mera ricognizione vincolata del dato obbiettivo precostituito concernente l'esatto adempimento di una mera dazione pecuniaria, riveste efficacia costitutiva anziche' meramente dichiarativa della fattispecie sostanziale estintiva della punibilita'. Tuttavia, come si e' detto, la specifica ipotesi di messa alla prova cui si riferiscono le questioni di costituzionalita' sollevate in questa sede, ossia quella attivabile dinanzi al giudice del dibattimento, in effetti differisce sensibilmente da quella, che riflette lo schema processuale negoziale del patteggiamento, attivabile prima dell'esercizio dell'azione penale dinanzi al giudice per le indagini preliminari (a norma dell'art. 464-ter codice di procedura penale) (3) ; ed altresi' differisce, sia pure in minore misura, da quella attivabile dopo l'esercizio dell'azione penale dinanzi al giudice per le indagini preliminari oppure dinanzi al giudice per l'udienza preliminare (4) In ogni caso, ai sensi dell'art. 168-bis commi 2 e 3 codice penale, la prestazione volontaria dedotta nella procedura presenta un contenuto complesso, riferibile necessariamente alla applicazione di due concorrenti sanzioni di natura personale (la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale e la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita') nonche' riferibile eventualmente (soltanto qualora ne ricorrano i concreti presupposti) alla esecuzione di ulteriori prestazioni di carattere patrimoniale o personale di carattere ripristinatorio, riparatorio e riconciliativo (eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, risarcimento del danno cagionato). Ai fini di ogni considerazione sviluppata in questa sede, il remittente ritiene che la prestazione volontaria la cui offerta ed attuazione costituiscono oggetto del procedimento speciale di messa alla prova consista nella volontaria soggezione dell'imputato alla esecuzione di una pena criminale, quantunque morfologicamente strutturata in forma alternativa e sostitutiva rispetto alle ordinarie sanzioni gia' previste dal codice penale. La cosiddetta prova, infatti, appare consistere sotto ogni profilo logico e fenomenologico nonche' a tutti gli effetti di legge - ivi compresi persino quelli del ragguaglio previsto dall'art. 657-bis codice di procedura penale secondo cui, ai fini dell'esecuzione della condanna penale pronunciata nel processo susseguente all'eventuale esito negativo della prova, tre giorni di quest'ultima sono equiparati ad un giorno di pena detentiva ovvero a 250 euro di pena pecuniaria - di un trattamento giuridico sanzionatorio penale (necessariamente) irrogato in funzione retributiva, specialpreventiva, rieducativa e risocializzante nonche' (eventualmente) irrogabile anche in funzione ripristinatoria e riparatoria. Percio', il provvedimento di messa alla prova che adesso dovrebbe o potrebbe emettersi in funzione dell'ulteriore corso delle procedure in atto dinanzi al giudice dibattimentale remittente costituirebbe applicazione di norme colpite dai sospetti di incostituzionalita' appresso enunciati; dovendosi notare peraltro che, per la loro natura assolutamente generale, tutte le questioni di costituzionalita' in trattazione, tranne la prima, sarebbero egualmente configurabili se le presupposte procedure fossero state esperite in sede di indagini oppure di udienza preliminare. 4. Prima questione di costituzionalita': giurisdizione penale senza cognizione ed espiazione senza responsabilita'. - L'art. 464-quater, comma 3 codice di procedura penale prevede che «la sospensione del procedimento con messa alla prova e' disposta quando il giudice, in base ai parametri di cui all'art. 133 del codice penale, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l'imputato si asterra' dal commettere ulteriori reati». Dunque la fase di cognizione giurisdizionale camerale del procedimento speciale in parola, avente ad oggetto la predisposizione e valutazione delle condizioni di accesso dell'imputato al beneficio, dovrebbe fisiologicamente culminare nella pronuncia della ordinanza apprestante il titolo esecutivo provvisorio che irroga il trattamento sanzionatorio criminale il cui positivo esito applicativo darebbe luogo alla causa di estinzione del reato costituente oggetto dell'accertamento costitutivo emesso con la sentenza di proscioglimento che sarebbe pronunciata all'esito della susseguente fase esecutiva del procedimento speciale. 4.1 - Tuttavia, secondo il vigente ordinamento processuale e costituzionale, la irrogazione di qualsiasi trattamento sanzionatorio di diritto criminale - compreso quello che risulterebbe stabilito nella ordinanza di messa alla prova e la cui esecuzione anticipata darebbe luogo alla correlativa fattispecie estintiva del reato - postula l'indefettibile presupposto del convincimento del giudice in ordine alla responsabilita' dell'imputato in relazione alla ipotesi criminosa costituente oggetto della presupposta accusa, come si evince: dall'assetto costituzionale generale dell'ordinamento penale finora accreditato: alla stregua del quale l'espiazione di una pena presuppone una condanna intesa come accertamento giurisdizionale di fatti criminosi dichiarato - sia pure a cognizione sommaria, nelle ipotesi e con le garanzie appositamente stabilite dalla legge in funzione costitutiva di responsabilita' penali personali attribuite sulla base e nei limiti del principio di colpevolezza; dalla stessa previsione dell'art. 168-bis, comma 2 codice penale, che menziona le conseguenze «derivanti» dal reato: del quale, percio' stesso, letteralmente si assume l'indifettibile esigenza che risulti esaustivamente accertato non soltanto siccome commesso, ma addirittura nei suoi eventuali effetti antigiuridici diacronicamente persistenti; dalla stessa previsione dell'art. 464-quater comma 3 codice di procedura penale, concernente la valutazione giurisdizionale della idoneita' del «programma di trattamento» da compiersi «in base ai parametri di cui all'art. 133 codice penale»: tra i quali, come e' noto, figura anzitutto la gravita' del reato che, percio' stesso, anche l'anzidetta previsione letteralmente presuppone accertato non soltanto siccome commesso, ma anche siccome valutabile in tutte le sue possibili concrete modalita' fenomenologiche descritte dall'art. 133 codice penale (ossia quelle manifestate: in primo luogo dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalita' dell'azione; in secondo luogo dalla gravita' del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; ed in terzo luogo dalla intensita' del dolo o dal grado della colpa); dalla stessa previsione dell'art. 464-quater, comma 3 codice di procedura penale che, infatti, menziona la prognosi del giudice in ordine alla eventualita' che l'imputato si asterra' dal commettere «ulteriori» reati: con cio' ancora una volta dando letteralmente per scontati sia l'accertamento giurisdizionale del reato per cui si procede, sia il correlato giudizio di responsabilita' personale dell'imputato quale autore del reato medesimo; dai principi gia' sanciti dalla Corte costituzionale proprio con specifico riferimento alla materia della messa alla prova precedentemente gia' nota all'ordinamento. Laddove, infatti, la indefettibilita' del giudizio di colpevolezza ai fini della irrogazione delle sanzioni penali applicabili nella procedura in trattazione appare esplicitamente stabilita dalla pronuncia costituzionale che, in tema di messa alla prova dell'imputato minorenne, ha spiegato che il «convincimento del giudice in ordine alla responsabilita' penale dell'imputato [...] costituisce [...] un presupposto logico essenziale del provvedimento dispositivo della messa alla prova»; al punto che allo stesso giudice procedente, in funzione della ponderata e fisiologica formazione del suddetto convincimento, compete l'onere di valutare caso per caso se le correlate esigenze di accertamento del fatto contestato comportino che, in ragione della inadeguatezza dei dati cognitivi concretamente disponibili nello stadio processuale in atto, «la sospensione non possa intervenire nella fase predibattimentale, occorrendo viceversa, affinche' possa ritenersi adeguatamente formato quel convincimento, che il giudice tenga conto anche dell'istruzione dibattimentale», che dovra' pertanto all'uopo compiere (Corte cost. sentenza n. 125/1995 in data 5 aprile 1995). 4.2 - Nondimeno, lo schema normativo della messa alla prova applicabile ai sensi degli articoli 464-bis e 464-quater codice di procedura penale nei procedimenti di rito a citazione diretta dinanzi al giudice monocratico presuppone che la relativa procedura non possa e non debba comportare l'accertamento di alcunche' riguardi il fatto per cui si procede; a differenza di quanto previsto per le omologhe procedure attivabili dinanzi al giudice per le indagini preliminari e dinanzi al giudice per l'udienza preliminare che pertanto, come si e' accennato, sono immuni dalla censura in discorso (e soltanto da questa). Cio' in primo luogo avviene per il fatto stesso che la procedura di messa alla prova attivabile nella fase degli atti preliminari al giudizio ordinario di cognizione, dovendo essere instaurata a pena di decadenza prima della apertura del dibattimento (ai sensi dell'art. 464-bis, comma 2 codice di procedura penale), si svolge e si esaurisce interamente nello stadio introduttivo del suddetto giudizio, prima e senza che abbia avuto luogo l'istruzione dibattimentale. Percio' stesso, la relativa trattazione e' destinata ad avere luogo allo stato degli atti del fascicolo per il dibattimento considerato nella minimalistica composizione in cui si trova in tale fase; donde risulta un compendio dei dati cognitivi che di norma e per definizione - ossia per volonta' della legge ed implicazione naturale dello stesso impianto formativo accusatorio del processo ordinario di cognizione, siccome radicato sui principi del doppio fascicolo e della formazione dibattimentale della prova e' estraneo all'esigenza di fornire alcuna rappresentazione del merito idonea alla fondazione di alcun giudizio di responsabilita' (5) . In secondo luogo, l'impossibilita' di alcun giudizio sul fatto per cui si procede consegue alla inesistenza, nella vigente disciplina del procedimento speciale in parola, di alcuna disposizione che attribuisca al giudice dibattimentale procedente la prerogativa di prendere cognizione del fascicolo delle indagini preliminari. Laddove tale prerogativa, sostanziando una ipotesi derogatoria rispetto ad uno dei principi fondamentali e qualificanti dell'intero assetto processuale definito dal codice vigente, non puo' ovviamente ricavarsi per analogia e tantomeno congetturarsi implicita in un sottosistema che prevede il contrario. Infatti, nel disporre in proposito, il legislatore si e' puntualmente preoccupato di attribuire la disponibilita' degli «atti rilevanti del procedimento penale» soltanto all'ufficio di esecuzione penale esterna (ai sensi dell'art. 141-ter disp. att. codice di procedura penale); mentre l'accesso del giudice dibattimentale agli atti delle indagini preliminari non risulta prescritto o consentito da alcuna disposizione regolativa della procedura, diversamente da quanto espressamente previsto sia dall'art. 442 codice di procedura penale, in tema di giudizio abbreviato, sia dall'art. 135 disp. att. codice di procedura penale in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti. In definitiva lo schema decisorio del procedimento speciale in trattazione riflette quello della pronuncia dibattimentale preliminare sulla obiezione (o su qualsivoglia altra causa di estinzione del reato) persino sotto il profilo dei dati cognitivi che nelle due ipotesi risultano rispettivamente disponibili a fondamento della declaratoria giurisdizionale. E cio' avviene quantunque la pronuncia resa ai sensi dell'art. 129 codice di procedura penale in materia di obiezione (o di qualsivoglia altra causa di estinzione del reato finora nota) consista in una declaratoria liberatoria recante il mero accertamento dichiarativo di dati fattuali precostituiti e di pronta ricognizione oggettiva; mentre, all'esatto opposto, la procedura dibattimentale della messa alla prova riveste pur sempre la peculiare funzione di irrogare all'imputato sanzioni penali incidenti sulla liberta' personale e consequenziali ad un reato in relazione al quale, percio' stesso, l'ordinamento costituzionale postula necessariamente la formulazione di un giudizio di responsabilita' personale. 4.3 - Alla stregua della procedura legalmente delineata, nella quasi totalita' dei casi concretamente configurabili ogni provvedimento in tema di messa alla prova (ovvero sia in sede di ammissione dell'imputato al beneficio, sia in sede di susseguente valutazione del relativa esito ai fini della eventuale emissione della sentenza di non doversi procedere) dovrebbe dunque essere pronunciato dal giudice sulla base di un'altro che la prova del mero fatto giuridico processuale concernente l'avvenuto esercizio dell'azione penale, risultante dalla emissione del decreto di rinvio a giudizio; e quindi dovrebbe essere pronunciato senza che lo stesso giudice, pur dovendo esprimere un convincimento in ordine alla responsabilita' dell'imputato per il fatto storicamente descritto e giuridicamente qualificato nella imputazione, disponga dei dati cognitivi necessari e sufficienti a stabilire se e quale fatto previsto dalla legge penale sia stato commesso, con quali modalita' e da chi. In tali condizioni, la irrogazione della pena criminale stabilita nel titolo esecutivo provvisorio che dispone la messa alla prova dovrebbe quindi fondarsi sulla enunciazione di un giudizio di colpevolezza esplicitamente o implicitamente formulato in maniera illogica e/o fittizia poiche', secondo lo stesso meccanismo processuale normativamente prefigurato, del reato contestato al giudice procedente null'altro di certo sarebbe dato di sapere se non che il pubblico ministero abbia ritenuto di dedurla in giudizio mediante esercizio dell'azione penale. Deve concludersene che le disposizioni di legge che prevedono siffatto congegno - prefigurante un provvedimento giurisdizionale di irrogazione di un trattamento giuridico di diritto penale criminale suscettibile di essere pronunciato sul presupposto di un convincimento di responsabilita' di carattere assurdo o simulatorio poiche' formulato senza cognizione degli elementi occorrenti a stabilire se alcun fatto sia avvenuto, come e da chi sia stato commesso e quale ne sia la qualificazione giuridica appaiono contrastanti con l'art. 3 Cost. alla stregua del quale deve ritenersi che le enunciazioni risapute logicamente incongrue o simulatorie non possono costituire presupposto o strumento di trattamenti giuridici; nonche' con l'art. 111 comma 6 Cost., alla stregua del quale deve ritenersi che tali enunciazioni non possono costituire parte integrante di alcun provvedimento giurisdizionale in funzione di assolvimento dell'obbligo di motivazione del medesimo; nonche' con l'art. 25, comma 2, Cost., alla stregua del quale deve ritenersi che la punizione criminale puo' essere irrogata in ragione di un fatto previsto dalla legge come reato e non della finzione radicata sul mero fatto giuridico processuale concernente l'avvenuta contestazione del medesimo; nonche' con l'art. 27, comma 2 Cost., alla stregua del quale deve ritenersi che il giudizio di responsabilita' giustificativo della irrogazione di sanzioni criminali consiste nella considerazione giurisdizionale di colpevolezza radicata sulla cognizione e valutazione del fatto criminoso storicamente avverato, e non su una sorta di apodittica declamazione nomenclatoria del fatto criminoso processualmente contestato. Si puo' osservare che, nella prassi giudiziaria, tale incompletezza del meccanismo normativa (che invece, come accennato, non sussiste nelle omologhe fattispecie attivabili dinanzi al giudice per le indagini preliminari ed al giudice per l'udienza preliminare) sarebbe superabile per via di mero fatta attraverso il consenso che le parti intendessero prestare ai sensi dell'art. 493, comma 3 codice di procedura penale alla acquisizione e valutazione giurisdizionale del fascicolo del pubblico ministero. Tuttavia la considerazione di tale concreta eventualita', lungi dal rimuovere l'anzidetta censura di incostituzionalita', vale soltanto a confermarla. Infatti, perfeziona la constatazione di un meccanismo processuale il cui funzionamento, proprio cosi' come ab origine legalmente delineato, e' precluso alla stregua delle piu' elementari esigenze di coerenza dell'ordinamento processuale: al punto che la sua applicazione in maniera consona alle assiologie costituzionali costituisce null'altro che una mera accidentalita' consequenziale alle determinazioni liberamente assunte dalle parti processuali nell'esercizio delle loro prerogative dispositive dei mezzi di prova. 4.4 - Le considerazioni immediatamente precedenti devono essere integralmente riproposte in relazione agli analoghi profili di illegittimita' costituzionale che, per le stesse ragioni di intrinseca incongruenza del meccanismo processuale rispetto agli esiti decisionali che si pretende debba radicare, colpiscono la previsione dell'art. 464-quater codice di procedura penale secondo cui il giudice e' chiamato ad esprimere, «in base ai parametri di cui all'art. 133 del codice penale» un giudizio di idoneita' o inidoneita' del programma di trattamento presentatogli. Appare difetti intuitivo che il giudice dibattimentale - al quale, alla stregua degli atti del fascicolo del dibattimento in suo possesso nella fase introduttiva del giudizio, nulla o quasi nulla sia dato di sapere in ordine alla vicenda sostanziale presupposta - nessun giudizio possa seriamente emettere in ordine alla idoneita' o meno del cosiddetto programma di trattamento in funzione retributiva, specialpreventiva rieducativa e risocializzante rispetto alla perpetrazione di un reato che, in effetti, egli stesso ignara in tutto o in parte se, come e da chi sia stato commesso. Dimodoche', in sostanza, ancora una volta il giudice si troverebbe nella condizione di dover formulare un giudizio illogico e/o fittizio poiche' strumentale all'insensata affermazione della idoneita' o inidoneita' (in funzione retributiva, specialpreventiva, rieducativa, risocializzante, ripristinatoria, riparatoria) di trattamenti giuridici penali che si riferiscono ad esigenze personologiche e fenomenologiche irrimediabilmente sconosciute propria perche' a sua volta irrimediabilmente ignoto risulta lo stesso fatto storico in relazione al quale esse, qualora sussistessero, sarebbero definibili. 4.5 - Tutte le ragioni di incostituzionalita' derivanti dall'anzidetta incompletezza del meccanismo processuale in parola appaiono suscettibili di elisione mediante declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 464-quater, comma 1 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice, ai fini di ogni decisione da assumere nell'ambito della procedura di messa alla prova, acquisisca e valuti gli atti e documenti del fascicolo del pubblico ministero dei quali altrimenti gia' non disponga; poi restituendoli per l'ulteriore corso nel caso di esito negativo della pronuncia sulla (concessione o sull'esito della) messa alla prova, similmente a quanto avviene nei procedimenti speciali del giudizio abbreviato e della applicazione della pena su richiesta delle parti. Per altro verso occorre osservare che, alla stregua del rimedio cosi' ipotizzato, verosimilmente la cognizione giurisdizionale degli atti di indagine in funzione ricognitiva e valutativa del fatto e decisoria sul merito della medesima regiudicanda determinerebbe, in capo al giudice dibattimentale che abbia definito negativamente la procedura di messa alla prova per ragioni attinenti al merito della medesima, la incompatibilita' all'ulteriore trattazione del processo. Infatti, alla relativa ipotesi si appaleserebbero applicabili in parte qua gli argomenti gia' enunciati, in relazione ai procedimenti speciali del patteggiamento e del rito abbreviata, nelle sentenze n. 124/1992, n. 399/1992, n. 439/1993 e n. 155/1996 della Corte costituzionale. Percio', alla suindicata integrazione del meccanismo cognitivo del procedimento speciale di messa alla prova attivato nel dibattimento conseguirebbe quanto meno la configurabilita' di una ulteriore ragione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevede la incompatibilita' al giudizio del giudice dibattimentale il quale, sulla base della cognizione degli atti delle indagini, abbia emesso l'ordinanza di messa alla prova dell'imputato (cosi' formulando un giudizio di responsabilita' nei suoi confronti) oppure abbia respinto la relativa istanza per ragioni di merito (concernenti la inidoneita' del programma di trattamento e/o la prognosi di' futura recidivanza dell'imputato ritenute in conseguenza della valutazione del fatto e/o della personalita' del suo autore). 5. Seconda questione di costituzionalita': giurisdizione ed espiazione di pene non legalmente determinate. - Come e' noto, gli enunciati normativi che definiscono la nuova procedura neppure si curano di stabilire la finalita' legalmente tipica del cosiddetto «programma di trattamento», dimodoche' tale finalita' deve essere ricavata per via interpretativa attingendo i relativi elementi teleologici dai principi ordinamentali e costituzionali che definiscono le funzioni dei trattamenti sanzionatori di diritto penale criminale. Tuttavia, nessun canone ermeneutico pare tecnicamente evocabile per sopperire alla noncuranza manifestata dal legislatore in tema di predeterminazione qualitativa e soprattutto quantitativa delle sanzioni penali (alternative e sostitutive) irrogabili in sede di esplicazione del procedimento speciale in esame. 5.1 - Tale indeterminatezza appare evidente, in primo luogo, sotto il profilo qualitativo del cosiddetto trattamento. Ed infatti quest'ultimo, risultando definito dall'art. 168-bis commi 2 e 3 codice penale in maniera sommamente generica, sul piano contenutistico potrebbe risolversi in un nonnulla di fatto (poco piu' della declamazione nominalistica di una qualifica attribuita alla situazione giuridica personale dell'imputato); oppure, all'esatto opposto, potrebbe svilupparsi mediante un insieme di vincoli conformativi ed ablatori della liberta' personale che, per le loro concrete determinazioni oggettuali e/o modali e/o temporali, implicherebbero risultati afflittivi e restrittivi della sfera giudica dell'imputato di intensita' paragonabile o magari anche superiore a quella delle stesse pene edittali previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede. 5.2 - In secondo luogo, la indeterminatezza legale del trattamento sanzionatorio irrogabile in sede di messa alla prova appare inconfutabile sotto il profilo quantitativo, ossia con riferimento alla misura temporale delle sanzioni criminali alternative e sostitutive da applicarsi in luogo delle pene edittali del reato per cui si procede. Invero, l'unica indicazione che in proposito si rinviene nella legge e' quella contenuta nell'art. 168-bis, comma 3 codice penale, secondo cui «il lavoro di pubblica utilita' consiste in una prestazione [...] di durata non inferiore a dieci giorni». Percio', il trattamento sanzionatorio penale la cui espiazione anticipata costituisce oggetto della fase esecutiva della procedura risulta determinato soltanto in relazione alla sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' nonche', per quest'ultima, soltanto nella parametrazione legale minima (dieci giorni); mentre in relazione alla misura alternativa dell'affidamento al servizio sociale risulta totalmente carente di qualsiasi determinazione legale. Ne' sembra che ai detti profili di indeterminatezza si possa sopperire attingendo i necessari riferimenti precettivi, mediante la procedura ermeneutica della analogia legis, dall'art. 464-quater, comma 5 codice di procedura penale (norma processuale che stabilisce soltanto la durata massima della sospensione del processo conseguente alla attivazione del procedimento speciale in trattazione) oppure dall'art. 657-bis codice di procedura penale (norma sostanziale che stabilisce soltanto i criteri di ragguaglio applicabili in sede di determinazione della pena da espiare nel caso di esito negativo della procedura). Siffatte applicazioni del ragionamento per analogia in funzione definitoria di sanzioni penali, infatti, da un lato dovrebbero ritenersi categoricamente precluse, sul piano assiologico, dal principio costituzionale di tassativita' legale delle pene. Mentre d'altro lato ed ancor prima, ossia gia' sul piano logico, appaiono rese parimenti inaccessibili dalla inconfigurabilita' dei presupposti occorrenti alla coerente formulazione del ragionamento racchiuso nel brocardo ubi eadem ratio, ibi eadem dispositio: a cominciare da quello concernente la similitudine tra la fattispecie non regolata (di cui occorre stabilire la disciplina) e quelle regolate (la cui disciplina formerebbe oggetto della estensione analogica) (6) L'importanza della censura di incostituzionalita' in parola, nonche' la insostenibilita' tecnica e pratica dell'ipotesi che i referenti di determinazione della durata delle sanzioni irrogate a titolo di messa alla prova possano ricavarsi per analogia dagli articoli 464-quater, comma 5 e 657-bis codice di procedura penale, appaiono particolarmente evidenti nei casi in cui si proceda per delitti di cospicua gravita' edittale (posto che il procedimento speciale di messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis, comma 1 codice penale, risulta applicabile anche a delitti punibili con pene detentive addirittura pari o superiori ai dieci anni di reclusione). Infatti, in simili ipotesi, facendosi riferimento all'art. 464-quater, comma 5 codice di procedura penale l'imputato non potrebbe essere assoggettato ad un trattamento di durata superiore ai due anni, ad onta di ogni possibile profilo di gravita' del reato e di intensita' delle correlate esigenze di cosiddetto trattamento; mentre per converso, facendosi riferimento all'art. 657-bis codice di procedura penale, si dovrebbe ammettere la ipotizzabilita' di sanzioni di messa alla prova suscettibili di durata protratta per decenni. 5.3 - Le precedenti considerazioni consentono di ipotizzare il vizio di illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis codice penale per contrasto con l'art. 25 comma 2 Cost., nella parte in cui sancisce il principio di tassativita' e determinatezza legale delle pene. Infatti, nel disegno legislativo che definisce il procedimento speciale in esame, le determinazioni qualitative e quantitative concernenti il trattamento sanzionatorio penale applicabile devono essere attinte fuori dalla legge, restando pressoche' totalmente rimesse alla libera scelta delle autorita' procedenti (prima l'ufficio locale di esecuzione penale che predispone il programma di trattamento, e poi il giudice che tale programma convalida o modifica). Scelta che trova l'unico suo possibile limite - peraltro a sua volta apparentemente esprimente qualche patologia costituzionale, come si dira' appresso - nelle insindacabili valutazioni di suo privato interesse sulla base delle quali l'imputato, ogni qual volta non fosse compiaciuto delle determinazioni sanzionatorie operate dal giudice, eserciterebbe sic et simpliciter la sovrana prerogativa di non prestare o revocare il suo consenso all'ulteriore corso della procedura, percio' stesso facendola irrimediabilmente cadere nel nulla. 6. Terza questione di costituzionalita': giurisdizione penale potestativamente condizionata. - Le ultime considerazioni valgono ad introdurre l'esposizione di un ulteriore sospetto di incostituzionalita' che colpisce le disposizioni di cui all'art. 464-quater commi 4 e 6 codice di procedura penale nella parte in cui insinuano nell'ordinamento una fattispecie processuale in qualche modo destinata a svilupparsi secondo lo schema di una sorta di patteggiamento di fatto che, per la prima volta nel percorso storico della procedura penale, concretamente si svolge (non tra le parti dinanzi al giudice, bensi') tra una delle parti e il giudice stesso, 6.1 - Ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 codice di procedura penale, al giudice dibattimentale procedente compete di verificare l'idoneita' del programma di trattamento rispetto alle presupposte esigenze, apportando alle sanzioni ivi contemplate (riparatorie, alternative e sostitutive) le modifiche ed integrazioni all'uopo ritenute necessarie ed opportune sia in termini di contenuti, sia in termini di durata. Pertanto, l'unica ipotesi in cui lo schema della procedura in parola possa avere corso senza necessita' di alcun intervento modificativo o integrativo del giudice e' quella in cui il programma originariamente elaborato dall'ufficio di esecuzione penale esterna con il consenso dell'imputato risulti - sia in termini di qualita', sia in termini di quantita' delle sanzioni - in primo luogo esaustivamente delineato, ed in secondo luogo interamente condiviso dal giudice. Tuttavia, quest'ultima ipotesi (anche per conseguenza pratica della grave carenza di parametri legalmente precostituiti di cui lo stesso ufficio di esecuzione penale esterna possa avvalersi nella predisposizione del programma) e' connotata da margini statistici di accadibilita' pressoche' irrisori; i quali potrebbero essere aggirati per via di mero fatto qualora le determinazioni all'uopo occorrenti fossero suggerite dallo stesso giudice procedente il quale, anticipandolo informalmente fuori dallo schema legale del procedimento, si facesse carico del relativo giudizio. In tutti gli altri casi - come peraltro tutti quelli costituenti oggetto delle trattazioni processuali in relazione alle quali vengono sollevate le questioni di costituzionalita' - in cui il programma di trattamento non risultasse ab origine esaustivamente definito dall'ufficio esecuzione penale esterna, e/o non risultasse incondizionatamente condiviso dal giudice, si rende quindi necessario un intervento giurisdizionale modificativo o integrativo del relativo programma. Tale intervento, tuttavia, ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 codice di procedura penale, risulta ammissibile soltanto «con il consenso dell'imputato»; e cio', in particolare, sia nella ipotesi che il giudice debba modificare la quantita' o qualita' delle prescrizioni, sia nella ipotesi che giudice debba stabilire la durata delle prestazioni e quindi della stessa fase esecutiva della messa alla prova, poiche' lasciata in tutto o in parte indeterminata nel programma di trattamento elaborato dal competente ufficio. Di tali determinazioni modificative o integrative si potrebbe supporre che - senza formalita', salvo il problema di come decorosamente riportare siffatte evenienze nel verbale del processo - possano essere negoziate tra l'imputato ed il giudice (quest'ultimo, a differenza dell'altro, portatore di opinamenti in qualche misura inevitabilmente influenzati dalle ragioni di pubblico interesse tutelabili mediante attribuzione alla procedura di un esito diverso dalla dissipazione delle pubbliche risorse ed energie processuali gia' profuse nella pregressa trattazione). Tuttavia, il remittente e' dell'avviso che tali determinazioni, costituendo espressione di ponderazioni assunte in funzione di applicazione giurisdizionale della legge, debbano costituire materia di apposito provvedimento formalmente pronunciato esclusivamente secondo il rito ed allo stato degli atti del procedimento. Sennonche', nelle suddette ipotesi, il procedimento speciale di messa alla prova e' in ogni caso destinato, indipendentemente dall'entita' e dal costo delle attivita' giudiziarie all'uopo gia' esperite (7) , a culminare nella assunzione di determinazioni giurisdizionali la cui efficacia ed utilita', cosi' come quelle dell'intera procedura fino ad allora celebrata, ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 c.p.p. rimangono sospensivamente condizionate al consenso che l'imputato intendesse esprimere alla stregua delle proprie insindacabili valutazioni di personale convenienza. Si deve quindi constatare la istituzione assolutamente innovativa, ad opera della legge n. 67/2014 che prevede il procedimento speciale in discorso, di una fattispecie processuale che contempla, in funzione di atto definitorio di una subprocedura penale, (non alcuna decisione legalmente impugnabile emessa dal giudice in ordine alle domande delle parti, bensi') la decisione legalmente inoppugnabile emessa da una della parti in ordine alle determinazioni del giudice. 6.2 - Questi rilievi inducono ad ipotizzare una censura di incostituzionalita' dell'art. 464-quater comma 4 codice di procedura penale per contrasto con l'art. 101 Cost. nel senso che, la disposizione censurata, in spregio al principio costituzionale dell'assoggettamento del giudice e delle sue funzioni soltanto alla legge, introduce nell'ordinamento l'inusitata ipotesi in cui una procedura giudiziaria e le determinazioni giurisdizionali ivi assunte risultano immediatamente vanificabili dalla parte privata controinteressata (non attraverso l'esercizio del mezzo di impugnazione appositamente previsto dalla legge cui le prerogative giurisdizionali sono costituzionalmente assoggettate, bensi') mediante una mera ed insindacabile manifestazione di dissenso. Infatti, l'anzidetta disposizione di legge inequivocabilmente rimette alla volonta' dell'imputato la capacita' sovrana di integrare la condizione meramente potestativa cui resta indiscutibilmente subordinato ogni profilo di efficacia formale ed utilita' sostanziale del provvedimento giurisdizionale di messa alla prova nonche' - qualunque ne sia stato il costo in termini di tempi processuali e di risorse amministrative e giudiziarie - dell'intera procedura gia' celebrata strumentalmente alla pronuncia del medesimo. D'altronde, la stessa disposizione di legge impone lo svolgimento a priori, quali attivita' dovute per ragioni di giustizia senza riguardo al dispendio di tempi e risorse processuali all'uopo occorrenti, di incombenti paragiudiziari e giudiziari che devono essere immediatamente disimpegnati dai competenti pubblici uffici (prima l'ufficio esecuzione penale esterna e poi il giudice procedente) per il solo fatto che ne faccia richiesta la medesima parte processuale al cui mero insindacabile beneplacito, contestualmente, si attribuisce anche la prerogativa di deciderne a posteriori la sorte: ossia il potere di stabilire a piacimento, una volta che tali attivita' abbiano avuto luogo, se esse siano state compiute o meno soltanto a titolo di dissipazione di tempi processuali e denari pubblici. Per tali ragioni, quanto previsto dalla disposizione di legge in parola appare incompatibile sia con i principi costituzionali di buon andamento ed efficienza delle attivita' dei pubblici poteri (art. 97 Cost.) sia con i principi di economicita' e ragionevole durata del processo penale (art. 111 comma 2 Cost.). 6.3 - Si puo' peraltro notare che analoghe considerazioni, qualora ne ricorressero i presupposti ai fini che interessano in questa sede, andrebbero riproposte in relazione alla previsione dell'art. 464-quinquies, comma 1, parte 2 codice di procedura penale, nella parte in cui, similmente, dispone che il pagamento rateale delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno possa essere stabilito dal giudice soltanto «con il consenso della persona offesa». Tuttavia con la peculiarita' che quest'ultimo enunciato normativo - siccome coniato finanche senza riguardo alla elementare distinzione nozionistica tra la qualita' di persona offesa dal reato e la qualita' di persona civilmente danneggiata dal reato - si presterebbe anche ad ulteriori censure di illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost.: trattandosi di disposizione di legge che, ogni qual volta non ricorrano in concreto le accidentalita' fattuali donde scaturisca il cumulo delle summenzionate qualita' nel medesimo soggetto giuridico, incomprensibilmente attribuisce alla persona titolare del bene protetto dalla fattispecie incriminatrice astratta addirittura la prerogativa di decidere le modalita' di esercizio e soddisfacimento dell'altrui diritto al risarcimento del danno civile derivato dalla fattispecie criminosa concreta. 6.4 - Per le ragioni spiegate si ritiene che dall'art. 464-quater, comma 4 codice di procedura penale debba espungersi la previsione costituzionalmente innaturale del condizionamento a posteriori del provvedimento del giudice all'assenso dell'imputato; la cui tutela avverso eventuali determinazioni giurisdizionali illegittime, peraltro, e' gia' altrimenti assicurata dalla impugnazione per cassazione che risulta prevista avverso l'ordinanza di messa alla prova (ai sensi dell'art. 464-quater, comma 7 codice di procedura penale), indipendentemente dal fatto che essa contenga o meno disposizioni giurisdizionali emesse in funzione integrativa o modificativa del programma di trattamento. 7. Quarta questione di costituzionalita': espiazione penale senza condanna. - Le precedenti considerazioni consentono di riepilogare come il congegno processuale delineato dagli articoli 464-bis ss. codice di procedura penale postuli che l'imputato, dopo essere stato destinatario del fittizio giudizio di colpevolezza necessariamente presupposto [cfr. supra, § 4.3], venga assoggettato ad un trattamento giuridico teleologicamente artificioso poiche' preordinato ad esigenze ignote [cfr. supra, § 4.4] corrispondente alla espiazione di una pena criminale che (quantunque organizzata sotto forma di costrizioni e prestazioni morfologicamente diverse da quelle che sostanziano le pene previste dal codice penale) si definisce come tale poiche' naturalmente qualificata sia dalle relative caratteristiche strutturali e funzionali (retributive, specialpreventive, rieducative e di risocializzazione), sia dalle correlate ripercussioni afflittive ed implicazioni restrittive della liberta' personale del soggetto. 7.1 - Ebbene, nella procedura in parola la pena anzidetta viene irrogata sempre e soltanto sulla base del mero titolo esecutivo provvisorio rappresentato dalla ordinanza di accoglimento della istanza di messa alla prova, pronunciata in esito alla fase di cognizione camerale del procedimento speciale [cfr. supra, § 2.4]; donde l'ovvio riconoscimento che, in siffatte condizioni, il giudicabile e' assoggettato alla esecuzione anticipata di una pena che costui per definizione deve espiare non soltanto prima e senza che risulti intervenuta alcuna condanna definitiva, ma addirittura prima e senza che risulti intervenuta condanna alcuna, definitiva a meno. Peraltro lo stesso esito positivo della procedura di messa alla prova, comportando il proscioglimento nel rito in ragione della sopravvenuta formazione giudiziale della correlata causa di estinzione del reato, addirittura elide in radice la stessa possibilita' che alcuna condanna possa intervenire finanche dopo cotale espiazione della pena. Dimodoche', in effetti, la suddetta esecuzione penale - siccome non segue, ma neppure precede una condanna definitiva o non definitiva - neppure puo' dirsi anticipata; fatto salvo soltanto il particolarissimo ed unico caso di esito negativo del procedimento speciale di messa alla prova che, in conseguenza dell'ordinanza revocatoria della ammissione alla procedura oppure declaratoria dell'esito negativo della stessa [cfr. supra, § 2.5], prosegua nelle forme del procedimento ordinario di cognizione in esito al quale venga anche pronunciata una decisione di responsabilita' penale. 7.2. - Ne consegue la questione di legittimita' costituzionale afferente alle disposizioni di cui agli articoli 464-quater e 464-quinquies codice di procedura penale in quanto prevedono la espiazione di una pena criminale fuori dai casi in cui in relazione al reato per cui si procede risulti pronunciata e/o pronunciabile alcuna condanna definitiva e/o non definitiva. Tali disposizioni, infatti, risultano contrastanti con l'art. 27, comma 2 Cost. poiche' stabiliscono non tanto una violazione, quanto una radicale negazione della garanzia formale racchiusa nel principio secondo cui l'imputato non puo' essere considerato e tantomeno trattato come colpevole sino alla condanna penale definitiva. Nella materia della messa alla prova minorile, come e' noto, siffatta deroga ad uno dei principi fondamentali della civilta' giuridica radica la sua giustificazione su esigenze di tutela di valori di altrettanta dignita' costituzionale: in particolare, sulla cogente necessita' di protezione del percorso di formazione della personalita' dell'imputato minorenne, a sua volta ponderata e sancita dall'art. 31, comma 2 della Costituzione. La differenza rispetto al meccanismo coniato dalla legge n. 67/2014 non pare dunque trascurabile, appalesandosi quest'ultimo, invece, ispirato da meri vagheggiamenti di economie erariali inconsistenti sia nei presupposti logici sia nei risultati pratici [cfr. infra, § 9.2]. 8. Profili di rilevanza delle prefigurate questioni di costituzionalita'. - Le precedenti ordinanze di rimessione delle questioni di costituzionalita' in trattazione, emesse in data 6 marzo 2015 da questo Tribunale, sono state dichiarate inammissibili dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 237/2016 applicativa del principio secondo cui «l'omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza dell'atto di rimessione, preclude il necessario controllo in punto di rilevanze. Invero, tali ordinanze di rimessione concretavano detto vizio in primo luogo perche' «non conten[evano] alcuna descrizione dei fatti oggetto dei giudizi a quibus, limitandosi ad indicare, con il solo numero, le disposizioni che prevedono i reati contestati agli imputati, senza neppure riportare i capi di imputazione»; ed in secondo luogo perche' «nulla [dicevano] sull'esistenza, nei casi di specie, dei requisiti soggettivi previsti dall'art. 168-bis codice penale per l'applicazione della messa alla prova». In ossequio ai dettami della Corte, in questa sede occorre dunque richiamare tutto quanto gia' espressamente riportato nella epigrafe della presente ordinanza in tema di esposizione di ogni notizia attualmente nota al giudice a quo in ordine all'oggetto sostanziale, ai soggetti, ai presupposti processuali ed allo svolgimento progressivo delle procedure in trattazione, adesso pervenute allo stadio della pronuncia sul merito di ciascuna istanza di messa alla prova ritualmente presentata. Parimenti, occorre debitamente, evidenziare che l'esito decisorio di tale pronuncia in nessun caso potrebbe essere influenzato da carenza dei requisiti soggettivi, previsti dall'art. 168-bis codice penale per l'applicazione della procedura invero, tutti gli imputati sono incensurati, salvo uno soltanto (Biagetti) che, tuttavia, ha riportato un mero ed irrilevante precedente di cui all'art. 614 codice penale risalente a quattordici anni addietro. 8.1 - All'esposizione delle anzidette notizie occorre aggiungere, in funzione di enunciazione degli elementi noti da cui dipendono i margini di rilevanza propri di ciascuna questione sollevata in questa sede, che ciascuno dei fascicoli per il dibattimento concernenti le fattispecie sostanziali dedotte nei procedimenti penali presupposti, in ragione dello stadio processuale in cui la procedura di messa alla prova e' stata attivata (quello preliminare di cui all'art. 491 codice di procedura penale) e della composizione del fascicolo legalmente prescritta in tale stadio (quella risultante dalla mera raccolta degli atti e documenti di cui all'art. 431 codice di procedura penale), non contiene la rappresentazione del benche' minimo elemento di prova occorrente all'accertamento ed alla valutazione, neppure in forma di delibazione sommaria, della fondatezza dell'accusa sotto alcun profilo oggettivo e soggettivo. L'unica ma assolutamente irrilevante eccezione a tale assunto sarebbe rappresentata dal verbale di sequestro contenuto del fascicolo del procedimento a carico di un imputato (A), riguardante alcune bombole di vernice spray rinvenute in possesso dell'imputato e nel quale sono anche trascritte dichiarazioni confessorie patologicamente inutilizzabili poiche' rese senza le garanzie di legge. Nessuna descrizione dei fatti oggetto dei giudizi a quibus e' dunque possibile in questa sede, dove fattispecie suscettibile di rappresentazione e' quella processuale; ed invero la stessa impossibilita' di tale descrizione, siccome consequenziale all'impossibilita' per lo stesso giudice a quo di conoscere e di ritenere alcunche' in ordine alle fattispecie sostanziali presupposte, costituisce la materia della prima questione di costituzionalita' sollevata in questa sede. Percio', in sede di deliberazione del provvedimento sul merito di ciascuna istanza di messa alla prova presentata come in atti, in ordine al concreto fatto storico cui si rispettivamente riferisce ciascuna accusa formalizzata nei presupposti procedimenti il giudice a quo e' impossibilitato ad esperire alcuna cognizione occorrente a stabilire, con qualsivoglia margine probabilistico di fondatezza della relativa congettura, se tale fatto sussista, con quante e quali modalita' di cui all'art. 133 codice penale sia stato commesso, da chi sia stato commesso, se costituisca reato, se sia previsto dalla legge come reato ed infine se, a quali condizioni ed a quale titolo dia luogo ad un reato punibile; donde la plausibile affermazione di rilevanza della suddetta questione di costituzionalita' [cfr. supra, § 4]. 8.2 - Nel caso di accoglimento di ciascuna o di taluna delle istanze di messa alla prova formulate nelle vicende processuali presupposte, il relativo provvedimento dovrebbe in ogni caso stabilire in forma precettiva la qualita' e soprattutto la quantita' di ciascuna delle due sanzioni criminali previste dall'art. 168 commi 2 e 3 codice penale (affidamento al servizio sociale e lavoro di pubblica utilita'). Siccome la assunzione di tali determinazioni nella osservanza del principio costituzionale di legalita' delle pene appare impossibile, nei termini sopra gia' enunciati, allora deve ritenersi pregiudiziale, rispetto alla pronuncia del provvedimento anzidetto, la definizione della questione di costituzionalita' correlativamente sollevata [cfr. supra, § 5]. 8.3 - Nel caso di accoglimento di ciascuna o di taluna delle istanze di messa alla prova formulate nelle vicende processuali presupposte, il relativo provvedimento dovrebbe apportare, a tutti i cosiddetti programmi di trattamento rispettivamente presentati, le integrazioni indispensabili a definirne il relativo contenuto e a renderne possibile l'esecuzione. In proposito, si potrebbero occupare parecchie pagine della presente ordinanza con l'esposizione della natura meramente apparente di ognuno dei suddetti programmi quanto meno sotto il profilo contenutistico della sanzione dell'affidamento al servizio sociale ivi rispettivamente prevista. Infatti, la lettura delle modulistiche adoperate dai competenti uffici per sbrigare l'incombente denota che, nella quasi totalita' dei casi, il contenuto logicamente definito di tale sanzione consiste nell'obbligo dell'imputato di «mantenere i contatti con l'UEPE» (con la precisazione che, in qualche caso, la precompilazione del modulo aggiunge al sostantivo «contatti» l'aggettivo «frequenti»). Per il resto, in sostanza, tale contenuto si risolve in una sorta di trasfigurazione deontica della pregressa situazione esistenziale del soggetto, al quale si fa carico, come se fosse un dovere, di proseguire la conduzione delle proprie comuni condizioni ed abitudini di lecita vita lavorativa, familiare e sociale (dimodoche', in definitiva, la prova da affidarsi all'imputato impiegato quale commesso in un negozio consisterebbe nel continuare a svolgere l'attivita' di commesso di quel negozio; la prova da affidarsi all'imputato addetto alle pulizie alle dipendenze di una data ditta consisterebbe nel continuare a svolgere le pulizie per tale ditta; la prova da affidarsi all'imputata esercente l'attivita' di casalinga consisterebbe nel continuare a fare la casalinga; etc.). Una tale esposizione, tuttavia, risulta ultronea alla enunciazione delle ragioni di rilevanza della terza questione di costituzionalita' sollevata in questa sede. A tale, scopo, infatti, appare sufficiente osservare che nessuno dei programmi di trattamento presentati nelle presupposte procedure contiene la determinazione quantitativo delle sanzioni ivi prefigurate, le quali, in ciascuno dei suddetti programmi, sono delineate soltanto mediante riferimenti modali attinenti alla mera temporizzazione giornaliera e/o infrasettimanale delle prestazioni di lavoro di pubblica utilita'. Percio', nel caso di accoglimento di ciascuna istanza di messa alla prova, la durata temporale di tutte le sanzioni ivi previste dovrebbe essere stabilita da disposizioni integrative all'uopo enunciate ex novo dal giudice. In tal modo, tuttavia, sarebbe pronunciato un provvedimento che, ai sensi dell'art. 464-quater comma 4 codice di procedura penale, sarebbe sottoposto alla condizione sospensiva di efficacia identificata nel «consenso dell'imputato»; e cio' materializzerebbe la fattispecie di giurisdizione potestativamente condizionata al gradimento del giudicabile costituente oggetto della terza questione di costituzionalita' come sopra sollevata [cfr. supra, § 6]. 8.4 Nel caso di accoglimento di ciascuna o di taluna delle istanze di messa alla prova formulate nelle vicende processuali presupposte, il relativo provvedimento dovrebbe sancire l'espiazione di una pena criminale in difetto di alcuna condanna sia definitiva, sia non definitiva, Lo stesso decorso della procedura previsto come fisiologico dal disegno legislativo in parola presuppone, peraltro, che siffatta condanna giammai debba intervenire. Percio', il suddetto provvedimento giurisdizionale materializzerebbe una situazione di fatto e di diritto che soltanto una futura, incerta e duplice accidentalita' - ossia l'eventualita' dell'esito negativo del procedimento speciale di messa alla prova, cui seguisse l'altra eventualita' concernente la condanna dell'imputato all'esito del consequenziale giudizio ordinario - potrebbe rendere immune, e sia pure paradossalmente soltanto a posteriori, alle censure correlate alla quarta questione di costituzionalita' enunciata in relazione alla prefigurazione normativa di una ipotesi di espiazione penale senza condanna [cfr. supra, § 7]. 9. Profili di' non manifesta fondatezza delle prefigurate questioni di incostituzionalita'. - In tema di plausibile non manifesta infondatezza delle questioni segnalate in questa sede, occorre spiegare la impossibilita' per il remittente di risolverle autonomamente mediante alcuna interpretazione costituzionalmente orientata e logicamente definita delle disposizioni di legge censurate. 9.1 - L'unico profilo di incostituzionalita' che potrebbe essere aggirato mediante una interpretazione alternativa della disposizione censurata sembrerebbe essere il primo discusso, concernente l'ipotesi di giurisdizione senza cognizione prefigurata dall'art. 464-quater codice di procedura penale [cfr. supra, § 4]. L'interpretazione alternativa sarebbe quella alla stregua della quale occorrerebbe ammettere che il giudice, ogni qual volta i dati cognitivi risultanti dal fascicolo del dibattimento risultassero insufficienti ai fini delle decisioni da adottare sul merito della procedura di messa alla prova, debba comunque procedere alla celebrazione dell'istruzione dibattimentale al solo scopo di assumere le prove occorrenti alla decisione sulla istanza di messa alta prova e sulla idoneita', del programma di trattamento; non diversamente da quanto risulta sancito nel procedimento penale minorile secondo la citata sentenza n. 125/1995 della Corte costituzionale. Tuttavia, l'interpretazione riparatoria non pare accettabile a causa delle ulteriori ed autonome ragioni di incostituzionalita' che reca a sua volta. Infatti, gia' in considerazione delle piu' plausibili ragioni d'essere della procedura della messa alla prova, essa darebbe luogo alla estremo contraddizione in termini insista nella previsione di un rito speciale alternativo al giudizio ordinario di cognizione che tuttavia, siccome necessariamente comporta lo svolgimento delle medesime attivita' proprie del rito dibattimentale, in effetti non sostituisce quest'ultimo, bensi' vi si sovrappone soltanto: con paradossale risultato (non di semplificare, bensi') di moltiplicare le strutture procedimentali nonche' i tempi tecnici e le energie processuali occorrenti alla sua realizzazione. La menzionata opzione interpretativa appare dunque a sua volta incompatibile con i principi di ragionevolezza delle discipline giuridiche, di economicita' delle attivita' dei pubblici poteri e di ragionevole durata del processo; alla stregua dei quali sembra inconcepibile che alcun procedimento penale - magari concernente un reato suscettibile di obiezione - debba svilupparsi in maniera da tutelare incondizionatamente ed esclusivamente il privato interesse dell'imputato agli eventuali benefici che gliene deriverebbero. Nel mentre, di converso, il pubblico interesse ne sarebbe sempre, incondizionatamente ed interamente sacrificato in conseguenza dei costi e dei tempi dei processi che, nella pressoche' assoluta totalita' dei casi concretamente configurabili, andrebbero comunque celebrati non soltanto con le forme del rito ordinario, ma anche con tutte le (eventuali) disfunzioni e tutte le (certe) complicazioni arrecate dalla procedura speciale ad esso sovrapposta. 9.2 - Mentre la prima questione di legittimita' costituzionale sembrerebbe suscettibile di essere scansata da una interpretazione (almeno portatrice di una sua intrinseca logica, ma) a sua volta per altri versi costituzionalmente orientata al contrario, in ordine alle tre questioni restanti non pare congetturabile alcun rimedio ermeneutico, neppure di per se' costituzionalmente discutibile. Cio' in quanto le norme di legge di riferimento, delineando una procedura che prevede ogni genere di complicazione e particolarita' [cfr. sopra, § 2] tranne cio' che occorre all'esercizio fisiologico della funzione giurisdizionale, attribuiscono sic et simpliciter all'imputato la libera disponibilita' della pena, dell'effettivita' della funzione giurisdizionale, della presunzione di non colpevolezza nonche' della ragionevole durata e della sensatezza delle attivita' processuali. Invero, come si desume dal disinteresse manifestato dal legislatore per gli stessi profili teleologici del cosiddetto trattamento, la nuova procedura pare consistere nell'allestimento della piattaforma cartolare di una finzione giuridica, quest'ultima processualmente materializzata da una gestione sostanzialmente nominalistica di una moltitudine di complesse, eterogenee e delicatissime esigenze la cui ponderazione e definizione, qualora eseguita in maniera non meramente formale, implicherebbe un impegno di risorse ed attivita' tutt'altro che necessariamente inferiore a quello occorrente alla celebrazione della maggior parte dei correlativi dibattimenti. Per altro verso, la ragion d'essere della nuova procedura non sembra reperibile altrove se non nella evocazione di utilita' erariali correlate alla realizzazione di intenti di sfollamento penitenziario e deflazione processuale. Intenti che, tuttavia, si appalesano a loro volta applicati non soltanto in difetto di coerenza ai criteri tecnici ed ai valori giuridici all'ordinamento costituzionale, ma anche sulla base di presupposti e criteri logici inconsistenti al punto da condurre alle tutt'altre risultanze di una inconcludente ed alquanto costosa involuzione burocratica del procedimento penale. A quest'ultimo riguardo, si nota che il costrutto legislativo esaminato, nella sua pretesa strumentalita' alle esigenze di decarcerizzazione dei trattamenti giuridici penali, risulta gia' ab origine sostanzialmente privo di concreta utilita'. Infatti, risulta destinato ad applicarsi in relazione ad un catalogo di reati gia' sottratti all'ordinario trattamento sanzionatorio detentivo non soltanto in forza dell'equivalente copertura fornita da specifici meccanismi legali (8) , ma perfino ab origine, ovvero gia' in considerazione della cornice sanzionatoria edittale loro propria. Del resto, ai sensi dell'art. 168-bis codice penale la sospensione del procedimento con messa alla prova e' applicabile perfino nei procedimenti per reati punibili con la sola pena pecuniaria, ivi comprese, incredibilmente, le contravvenzioni che prevedono pene pecuniarie o alternative: in relazione alle quali, pertanto, il procedimento speciale in esame concreta una sorta di mostruoso doppione della tradizionale procedura di obiezione gia' prevista dal codice penale. Dalla qual cosa deriverebbe l'astratta configurabilita' di ulteriori censure di illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis codice penale, irrilevanti in questa sede, riferibili all'ambito di applicazione illogicamente macroscopico della norma. Per altro verso, sotto il profilo delle sue ipotetiche funzioni di deflazione processuale, i margini di futilita' della procedura in parola sono palesati ancora dalla osservazione che le relative attivita' (qualora disimpegnate seriamente, ovvero secondo modalita' e finalita' tecnicamente ponderate ed effettive) presentano, per le fattispecie bagatellari cui sono in gran parte concretamente destinate ad applicarsi, un costo di tempi e di risorse notevolmente superiore a quello occorrente alla celebrazione dei correlativi giudizi di rito ordinario; come gia' avviene, difetti, ogni qual volta siffatta procedura risulti esperita per contravvenzioni al codice della strada ed analoghi reati suscettibili di istruzione dibattimentale compiutamente esauribile nell'arco di pochi minuti. E cio' a tacere della proliferazione delle attivita' e/o dei procedimenti (con proporzionale moltiplicazione delle risorse giudiziarie occorrenti, anche in relazione alle correlate ipotesi di incompatibilita' del giudice) che dovrebbero avere luogo sia nei casi di «acquisizione delle prove non rinviabili o che possono condurre ai proscioglimento» (art. 464-sexies codice procedura penale), sia nelle ipotesi di plausibile attivazione della procedura speciale soltanto nei limiti di una porzione del procedimento penale oggettivamente o soggettivamente complesso (ossia soltanto in relazione ad alcuni soltanto dei reati contestati e/o in relazione alla posizione di taluno soltanto degli imputati). Il disegno legislativo in parola appare quindi viziato da profili di irragionevolezza strutturali e globali alla stregua dei quali, in relazione alla maggior parte delle concrete ipotesi di reato cui risulta applicabile, manifesta immediatamente una moltitudine di controsensi che si definiscono come tali gia' in rapporto alle stesse ragioni della innovazione normativa. Tra questi controsensi, peraltro, vanno annoverati anche i non pochi espedienti - particolarmente utili nei procedimenti per reati contravvenzionali, ovvero di prescrizione breve o comunque imminente - cui l'imputato disinteressato al fisiologico decorso del procedimento puo' ricorrere in funzione meramente dilatoria dei tempi di definizione del processo e/o allo scopo di incamerare una variabile e tutt'altro che trascurabile periodo di vano decorso dei termini prescrizionali. Laddove, peraltro, il primo e piu' ovvio degli espedienti in questione sarebbe quello del mero profittamento dei rinvii della trattazione processuale automaticamente necessitati dai semestri gia' adesso e da tempo occorrenti agli uffici di esecuzione penale esterna per svolgere gli adempimenti di loro competenza. Ne' a quest'ultimo proposito va dimenticato che, ai sensi dell'art. 464-quater, comma 6 codice di procedura penale, la stessa fatidica caratteristica da cui la procedura in esame prende il nome - ossia quella della sospensione del procedimento e della prescrizione del reato - non consegue affatto alla richiesta di elaborazione del programma di' trattamento rivolta all'ufficio esecuzione penale esterna; ne' consegue alla istanza di concessione della messa alla prova rivolta al giudice procedente; e neppure consegue alla stessa ordinanza giurisdizionale di messa alla prova. Invece, risulta procrastinata addirittura al momento della susseguente sottoscrizione del verbale di esecuzione della messa alla prova da parte dell'imputato: e dunque fornisce copertura ai tempi, temporeggiamenti e contrattempi inerenti al disimpegno soltanto della fase terminale di esecuzione della procedura [cfr. supra, § 2.5], ma non anche della pregressa fase giurisdizionale di cognizione camerale [cfr. supra, § 2.2] e tantomeno di quella amministrativa preliminare [cfr. supra, § 2.1]. I tradizionali canoni tecnici e logici dell'interpretazione della legge appaiono dunque applicabili al costrutto normativo in discorso soltanto a fini di soluzione costituzionalmente orientata di questioni estrinseche ai suoi specifici contenuti (come ad esempio quella dell'efficacia intertemporale delle nuove disposizioni, che, quantunque inizialmente molto discussa, per l'anzidetta ragione si appalesa la piu' agevolmente risolvibile tra le numerosissime problematiche poste dalla legge introduttiva della procedura in parola). Sotto ogni altro profilo, i precetti posti dagli articoli 168-bis codice penale e 464-bis ss. codice di procedura penale si appalesano invece irriducibili alle istanze del precostituito ordinamento costituzionale penale perche' da quest'ultima il procedimento speciale in discorso appare non tanto discrepante, quanto piuttosto complessivamente avulso, come se costituisse espressione di una cultura giuridica alternativa e parallela il cui pratico esercizio presuppone una riscrittura o radicale rimeditazione delle categorie giuspenalistiche finora accreditate. (1) Grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, rifiuto di prestazione del lavoro di pubblica utilita' e commissione, durante il periodo di, prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede. (2) Infatti, il giudice «in caso di esito negativo della prova dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso» (art. 464-septies comma 2 codice di procedura penale). Pertanto, ai fini della esecuzione della eventuale condanna riportata dall'imputato nel susseguente giudizio di cognizione il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, detrae un periodo corrispondente a quello della prova eseguita [laddove] ai fini della detrazione, tre giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a 250 euro di multa o di ammende (art. 657-bis codice di procedura penale). (3) Trattandosi in tal caso di procedura che comporta la applicazione (anticipata) della pena (in forma alternativa e sostitutiva) irrogata sul consenso di' entrambe parti in forza di un titolo esecutivo giurisdizionale provvisorio a sua volta emesso (non soltanto sulla base della mera contestazione del reato, bensi') alla stregua di una sommaria cognizione del fatto condotta dal giudice per le indagini preliminari allo stato degli atti del fascicolo del pubblico ministero. (4) Anche quest'ultima procedura - che pure non prevede il consenso del pubblico ministero, e quindi manifesta anch'essa lo schema negoziale processuale unilaterale della oblazione anziche' quello bilaterale del patteggiamento presenta a sua volta una caratteristica peculiare, secondo cui l'applicazione anticipata della pena sul consenso dell'imputato avviene in forza di un titolo esecutivo provvisorio che, diversamente da quello formato in sede dibattimentale, presuppone anch'esso una sommaria cognizione del fatto condotta (dal giudice per le indagini preliminari o dal giudice per l'udienza preliminare) sulla base degli atti del fascicolo del pubblico ministero (di cui tali organi giurisdizionali sempre dispongono). (5) Nello stadio degli atti preliminari del dibattimento, com'e' noto, il contenuto dal fascicolo del giudice nella assoluta maggioranza dei casi si esaurisce nel decreto di rinvio a giudizio e nel certificato penale dell'imputato; in una esigua minoranza di eventualita' comprende anche talaltro dei documenti e/o atti non ripetibili previsti dell'art. 431 codice di procedura penale; e soltanto in una percentuale di casi irrisoria, riferibile ai cosiddetti processi documentali, contiene la rappresentazione cartolare della totalita' delle fonti di prova risultanti dagli atti delle indagini concernenti il fatto per cui si procede. (6) In proposito si assume che il ragionamento per analogia legis consista nel procedimento logico di integrazione ermeneutica delle lacune dell'ordinamento giuridico concretantesi nella ricostruzione interpretativa della norma giuridica inespressa che ricollega la medesima disciplina prevista dalla legge per una determinata fattispecie ad altra fattispecie la quale, quantunque non regolata da norme positive, esprime la stessa ratio legis riferibile alla fattispecie regolata; laddove l'estensione della disciplina della fattispecie regolata alla fattispecie non regolata si fonda sul presupposto giustificativo del rilievo, tra l'una e l'altra, della medesimezza di ratio legis (elemento assiologico del fatto che identifica la funzione della disciplina giuridica) predicabile in considerazione della somiglianza della rispettiva struttura (elemento ontologico del fatto che genera l'esigenza pratica suscettibile di disciplina giuridica). (7) Ovvero: l'istruttoria amministrativa espletata dall'ufficio esecuzione penale esterna per svolgere l'indagine socio-familiare ed elaborare il programma di trattamento (ai sensi dell'art. 141-ter disp. att. c.p.p.); l'attivita' processuale eventualmente sviluppata dal giudice per integrare il contraddittorio (ai sensi dell'art. 464-quater commi 1 e 2 c.p.p.); l'istruttoria camerale eventualmente compiuta, per assumere le ulteriori informazioni ritenute occorrenti (ai sensi dell'art. 464-bis comma5 c.p.p); le ulteriori attivita' cognitive e decisorie eventualmente compiute dal giudice procedente ai fini delle integrazioni o modifiche da apportare al programma di trattamento gia' elaborato in maniera non irrimediabilmente inidonea (ai sensi 464-quater comma 4 c.p.p.). (8) Come l'art. 656 comma 5 codice di procedura penale, che gia' prevede la concedibilita' della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale in alternativa alla irrogazione di pene detentive di durata fino a tre anni (in ogni caso) o addirittura fino a sei anni (nei casi di condanna per reati in materia di stupefacenti); ovvero come l'art. 47-ter ordinanza pen., che gia' prevede la concedibilita' della misura della detenzione domiciliare in alternativa alla irrogazione di pene detentive di durata fino a quattro anni.
P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Grosseto - Ufficio penale dibattimentale monocratico, Visti gli articoli 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953, Dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale: della disposizione di cui all'art. 464-quater, comma 1 codice di procedura penale, per contrasto con gli articoli 3, 111 comma 6, 25 comma 2 e 27 comma 2 Cost. nella parte in cui non prevede che il giudice del dibattimento, ai fini della cognizione occorrente ad ogni decisione di merito da assumere nel relativo procedimento speciale, proceda alla acquisizione e valutazione degli atti delle indagini preliminari restituendoli per l'ulteriore corso in caso di pronuncia negativa sulla concessione o sull'esito della messa alla prova; della disposizione di cui all'art. 168-bis, commi 2 e 3 per contrasto con l'art. 25, comma 2 Cost. in quanto prevede la applicazione di sanzioni penali non legalmente determinabili; della disposizione di cui all'art. 464-quater, comma 4 codice di procedura penale, per contrasto con gli articoli 97, 101 e 111 comma 2 Cost. nella parte in cui prevede il consenso dell'imputato quale condizione meramente potestativa di efficacia del provvedimento giurisdizionale recante modificazione o integrazione del programma di trattamento; delle disposizioni di cui agli articoli 464-quater e 464-quinquies codice di procedura penale, per contrasto con l'art. 27, comma 2 Cost. in quanto prevedono la irrogazione ed espiazione di sanzioni penali senza che risulti pronunciata ne' di regola pronunciabile alcuna condanna definitiva o non definitiva; Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, Ordina la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, previa notificazione della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri e comunicazione della medesima alla presidenza del Senato ed alla presidenza della Camera dei deputati; Visto l'art. 1 della deliberazione della Corte costituzionale in data 9 novembre 2008; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova documentale dell'esecuzione della notificazione e delle comunicazioni come sopra disposte. Ordinanza pronunciata e pubblicata mediante lettura all'udienza del giorno 16 dicembre 2016. Depositata in cancelleria mediante contestuale allegazione ai processi verbali dell'udienza. Il Giudice: Muscogiuri