N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 luglio 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 luglio 2017 (della Regione Veneto). 
 
Sanita' pubblica -  Decreto-legge  7  giugno  2017,  n.  73,  recante
  "Disposizioni  urgenti  in  materia  di  prevenzione  vaccinale"  -
  Vaccinazioni obbligatorie  -  Obbligatorieta'  e  gratuita'  per  i
  minori di eta' compresa  tra  zero e  sedici  anni  delle  seguenti
  vaccinazioni:  a)  anti-poliomielitica;   b)   anti-difterica;   c)
  anti-tetanica;   d)   anti-epatite   B;   e)   anti-pertosse;    f)
  anti-Haemophilus influenzae tipo b; g)  anti-meningococcica  B;  h)
  anti-meningococcica  C;  i)  anti-morbillo;  l)  anti-rosolia;   m)
  anti-parotite;  n)  anti-varicella  -  Adempimenti  vaccinali   per
  l'iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia, alle  istituzioni
  del sistema  nazionale  di  istruzione,  ai  centri  di  formazione
  professionale  regionale  e  alle  scuole   private   paritarie   -
  Inserimento dei minori nelle istituzioni scolastiche  ed  educative
  in relazione all'adempimento dell'obbligo vaccinale -  Disposizioni
  transitorie - Disposizioni finanziarie - Istanza di sospensione. 
- Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti in materia
  di prevenzione vaccinale), intero testo e, in particolare, artt. 1,
  commi 1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e 7. 
(GU n.32 del 9-8-2017 )
    Ricorso proposto dalla Regione Veneto (codice fiscale 80007580279
- partita I.V.A. 02392630279), in persona del presidente della giunta
regionale  dott.  Luca  Zaia   (codice   fiscale   ZAILCU68C27C957O),
autorizzato con delibere della giunta regionale n. 897 del 13  giugno
2017 e n. 975 del 23 giugno 2017 (doc. n. 1), rappresentato e difeso,
per mandato a margine del  presente  atto,  tanto  unitamente  quanto
disgiuntamente,   dagli   avvocati   Ezio   Zanon   (codice   fiscale
ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof.  Luca
Antonini (codice fiscale NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano e Luigi
Manzi  (codice  fiscale  MNZLGU34E15H501V)  del  Foro  di  Roma,  con
domicilio eletto presso  lo  studio  di  quest'ultimo  in  Roma,  via
Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta
elettronica certificata luigi-manzi@ordineavvocatiroma.org); 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12,
per   la   dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   del
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «Disposizioni urgenti  in
materia  di  prevenzione  vaccinale»,   pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2017 sia nella sua  interezza,  sia  in
relazione agli articoli 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e 7. 
 
                                Fatto 
 
    Con decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73,  il  Governo  ha  dettato
«Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale»,  ritenuta
«la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare  disposizioni  per
garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale  le  attivita'
dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi
per la salute pubblica e di assicurare il  costante  mantenimento  di
adeguate  condizioni  di  sicurezza  epidemiologica  in  termini   di
profilassi e di copertura vaccinale» e ritenuto altresi'  «necessario
garantire il  rispetto  degli  obblighi  assunti  e  delle  strategie
concordate a livello  europeo  e  internazionale  e  degli  obiettivi
comuni fissati nell'area geografica europea». 
    In  particolare,  l'art.  1  del   decreto-legge   («Vaccinazioni
obbligatorie») stabilisce, al comma 1, che: «Al fine di assicurare la
tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni
di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e  di  copertura
vaccinale, nonche' di garantire il rispetto degli obblighi assunti  a
livello europeo ed internazionale, per i minori di eta' compresa  tra
zero e sedici  anni  sono  obbligatorie  e  gratuite,  in  base  alle
specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo  a
ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate: 
    a) anti-poliomielitica; 
    b) anti-difterica; 
    c) anti-tetanica; 
    d) anti-epatite B; 
    e) anti-pertosse; 
    f) anti-Haemophilus influenzae tipo b; 
    g) anti-meningococcica B; 
    h) anti-meningococcica C; 
    i) anti-morbillo; 
    l) anti-rosolia; 
    m) anti-parotite; 
    n) anti-varicella.». 
    Con tale disposizione si estende  il  novero  delle  vaccinazioni
obbligatorie attualmente previste  (la  vaccinazione  anti-difterica:
legge 6 giugno 1939, n. 891; la vaccinazione anti-tetanica:  legge  5
marzo 1963, n. 292;  la  vaccinazione  anti-poliomielitica:  legge  4
febbraio 1966, n. 51 e la vaccinazione anti-epatite virale  B:  legge
27  maggio  1991,  n.  165),  elevandole  da  quattro  a   dodici   e
includendovi  anche  l'anti-pertosse,  l'anti-Haemophilus  influenzae
tipo   b,   l'anti-meningococcica   B,    l'anti-meningococcica    C,
l'anti-morbillo, l'anti-rosolia, l'anti-parotite e l'antivaricella. 
    Le  uniche  due  ipotesi  di  esenzione  dall'obbligo   vaccinale
previste dal decreto-legge sono: 
    a) l'«avvenuta immunizzazione a  seguito  di  malattia  naturale,
comprovata dalla notifica effettuata dal  medico  curante,  ai  sensi
dell'art. 1 del decreto del Ministro della sanita' 15 dicembre  1990,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell'8 gennaio 1991,  ovvero
dagli esiti dell'analisi sierologica», che esonera dall'obbligo della
relativa vaccinazione (comma 2); 
    b) l'«accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche
condizioni cliniche documentate, attestate  dal  medico  di  medicina
generale o dal pediatra di libera scelta»,  che  possono  consentirne
l'omissione o il differimento (comma 3). 
    Nei commi successivi dello stesso articolo si prevede  quindi  un
dettagliato sistema di controlli e  sanzioni  volto  a  garantire  il
rispetto dell'obbligo di cui al comma 1. 
    In particolare, ai commi 4 e 5 si statuisce che: «4. In  caso  di
mancata osservanza dell'obbligo vaccinale  di  cui  al  comma  1,  ai
genitori esercenti la responsabilita'  genitoriale  e  ai  tutori  e'
comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a
euro settemilacinquecento. Non incorrono nella  sanzione  di  cui  al
primo  periodo  del  presente   comma   i   genitori   esercenti   la
responsabilita'  genitoriale  e  i   tutori   che,   a   seguito   di
contestazione da parte dell'azienda sanitaria locale territorialmente
competente,   provvedano,   nel   termine   indicato   nell'atto   di
contestazione, a far somministrare al minore  il  vaccino  ovvero  la
prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del
ciclo previsto per ciascuna  vaccinazione  obbligatoria  avvenga  nel
rispetto delle tempistiche  stabilite  dalla  schedula  vaccinale  in
relazione all'eta'.  5.  Decorso  il  termine  di  cui  al  comma  4,
l'azienda sanitaria locale  territorialmente  competente  provvede  a
segnalare l'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla  Procura  della
Repubblica presso il Tribunale per  i  Minorenni  per  gli  eventuali
adempimenti di competenza». 
    Tale sistema e' integrato dalle disposizioni di cui agli articoli
3, 4 e 5 del decreto-legge, che disciplinano le modalita' di  accesso
dei minori alle istituzioni scolastiche  ed  educative  in  relazione
all'adempimento dell'obbligo vaccinale di cui all'articolo  l,  comma
1. 
    In particolare, l'art. 3, al comma 1, detta tempi e modi  per  la
presentazione da parte  dei  genitori  esercenti  la  responsabilita'
genitoriale e dei tutori, all'atto dell'iscrizione  dei  minori  alle
istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai servizi educativi
per l'infanzia, ai centri di  formazione  professionale  regionale  e
alle scuole private non paritarie, della documentazione  «comprovante
l'effettuazione delle vaccinazioni  indicate  all'art.  1,  comma  1,
ovvero l'esonero, l'omissione  o  il  differimento  delle  stesse  in
relazione  a  quanto  previsto  dall'art.  1,  commi  2  e  3,  o  la
presentazione della formale  richiesta  di  vaccinazione  all'azienda
sanitaria  locale»,  stabilendo,  al  comma   2,   che   la   mancata
presentazione della documentazione nei termini previsti  -  salva  la
disposizione transitoria dell'art. 5 per l'anno scolastico  2017/2018
- e' segnalata, entro i successivi  dieci  giorni,  dai  responsabili
delle  suddette  istituzioni,  «all'azienda  sanitaria  locale   che,
qualora la medesima  o  altra  azienda  sanitaria  non  si  sia  gia'
attivata in ordine alla violazione del  medesimo  obbligo  vaccinale,
provvede  agli  adempimenti   di   competenza   e,   ricorrendone   i
presupposti, a quelli di cui all'art. 1, commi 4 e 5». Al comma 3 del
medesimo art. 3 si precisa quindi che per  i  servizi  educativi  per
l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private  non
paritarie, «la presentazione della documentazione di cui al  comma  1
costituisce requisito di accesso», mentre  per  gli  altri  gradi  di
istruzione «la presentazione della documentazione di cui al  comma  1
non costituisce requisito di accesso alla scuola o agli esami». 
    L'art. 4 regola poi l'inserimento dei  minori  nelle  istituzioni
scolastiche ed educative in  relazione  all'adempimento  dell'obbligo
vaccinale, prevedendo che: 
    «1. I minori che si trovano nelle condizioni di cui  all'art.  1,
comma 3, sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti
solo minori vaccinati o immunizzati, fermi restando il  numero  delle
classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i limiti di  cui
all'art. 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e all'art.
19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 
    2. I dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale
di istruzione e i responsabili dei centri di formazione professionale
regionale e delle scuole private non paritarie comunicano all'azienda
sanitaria locale, entro il 31 ottobre di ogni anno, le  classi  nelle
quali sono presenti piu' di due alunni non vaccinati». 
    L'art. 5 contiene disposizioni transitorie  e  prevede  che  «Per
l'anno scolastico 2017/2018, la documentazione  di  cui  all'art.  3,
comma 1, deve essere presentata entro il 10 settembre 2017, anche  ai
fini  degli  adempimenti  previsti  dall'art.  4.  La  documentazione
comprovante  l'effettuazione  delle  vaccinazioni  obbligatorie  puo'
essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; in  tale  caso,
la  documentazione  comprovante  l'effettuazione  delle  vaccinazioni
obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2018». 
    L'art. 7, infine, contiene le disposizioni finanziarie affermando
che  l'unico  maggior  onere  della  normativa  introdotta   con   il
decreto-legge e' quella inerente alla formazione: 
    «1.  Agli  oneri  derivanti  dall'art.  2,  comma   3,   pari   a
duecentomila   euro   per   l'anno   2017,   si   provvede   mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art.
1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. 
    2.  Dall'attuazione  del  presente  decreto,  a  eccezione  delle
disposizioni di cui all'art. 2, comma 3, non devono derivare nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
    3. Il Ministro dell'economia e delle finanze  e'  autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio». 
    Lo scopo dichiarato  della  normativa  impugnata  e'  di  rendere
obbligatorie le vaccinazioni nei  confronti  di  malattie  a  rischio
epidemico, al fine di raggiungere e mantenere «la soglia del  95  per
cento, soglia raccomandata dall'OMS per la cosiddetta  «immunita'  di
gregge», per proteggere, cioe', indirettamente anche coloro che,  per
motivi di salute, non possono vaccinarsi», sul presupposto che: 
    a) a partire  dal  2013  si  sarebbe  registrato  in  Italia  «un
progressivo e inesorabile  trend  in  diminuzione  del  ricorso  alle
vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che  ha  determinato
una copertura vaccinale al di sotto del 95 per cento»; 
    b) nello stesso periodo si sarebbe  registrato  «un  preoccupante
aumento» dei casi di malattie infettive (specialmente del morbillo  e
della rosolia), anche «in fasce di eta' diverse da quelle classiche e
con   quadri   clinici   piu'   gravi   e   un    maggiore    ricorso
all'ospedalizzazione», «oltre alla ricomparsa di  malattie  ormai  da
tempo debellate anche in ragione del consistente fenomeno  migratorio
che interessa, ormai da diversi anni, il nostro Paese»; 
    c) dal rapporto dell'OMS «World Health Statistics», pubblicato il
17 maggio 2017, emergerebbe che  «le  coperture  italiane,  oltre  ad
essere tra le piu' basse d'Europa, risultano inferiori  a  quelle  di
alcuni Paesi africani». 
    Tutto cio', ad avviso  del  Governo,  renderebbe  «necessario  ed
urgente adottare misure idonee ad estendere e rendere  effettivi  gli
obblighi vaccinali vigenti, anche  in  conformita'  al  principio  di
precauzione, secondo cui, in presenza di un'alternativa che  presenti
un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato  -  il
decisore pubblico deve  optare  per  la  soluzione  che  consenta  di
neutralizzare o minimizzare il rischio» (v. p. 4 della  Relazione  al
d.d.l. C-4533/2017 per la conversione in legge del  decreto-legge  n.
73 del 2017; nonche', nello stesso senso, pagg. 2 e 3 della circolare
del  Ministero  della  salute  del  12  giugno  2017,  recante  prime
indicazioni operative per l'attuazione del decreto-legge  n.  73  del
2017). 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale del decreto-legge n. 73 del  2017  e
in ogni caso dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli  articoli  3,
4, 5 e 7 del medesimo, per violazione dell'art. 77,  comma  2,  della
Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi  3  e
4, e 118 della Costituzione. 
    1.1. E' preliminare precisare che la Regione Veneto non  contesta
in alcun modo la validita'  dei  programmi  di  vaccinazione,  avendo
impostato la propria legislazione  in  termini  decisamente  convinti
della opportunita' di  perseguirli  (l.r.  Veneto  n.  7  del  2007),
dimostrando  altresi'  il  raggiungimento  di  elevati   livelli   di
copertura, attraverso un modello  basato  sul  consenso  informato  e
sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione  consapevole,  come
avviene nella maggior parte dei Paesi Europei. 
    Quello che la Regione contesta e' un intervento statale,  attuato
impropriamente con lo strumento della decretazione  di  urgenza  che,
imponendo con pesanti coercizioni un obbligo collettivo di ben dodici
vaccinazioni, non ha  precedenti  storici  a  livello  internazionale
(nemmeno in periodi bellici o post-bellici) e che finisce per rendere
l'Italia il Paese con il maggior numero di vaccinazioni  obbligatorie
in Europa e probabilmente al mondo. 
    1.2. Da questo punto di vista, le disposizioni  impugnate  devono
essere dichiarate incostituzionali in primo luogo  per  insussistenza
dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, della Costituzione,  che
ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di  fronteggiare
casi straordinari di necessita' ed urgenza. 
    Come  ha  recentemente  chiarito  codesta  Ece.ma  Corte  con  la
sentenza n. 220  del  2013,  l'adozione  di  un  decreto-legge  trova
infatti la propria legittimazione  unicamente  nella  sussistenza  di
casi   straordinari   che   necessitino   di   essere    disciplinati
immediatamente, in modo  adatto  a  fronteggiare  le  sopravvenute  e
urgenti necessita'. 
    Nel caso di  specie  e'  evidente  invece  la  mancanza  di  tali
presupposti e in ogni caso l'arbitraria valutazione degli stessi, con
conseguente violazione dell'art.  77,  comma  2,  della  Costituzione
(cfr., ex plurimis, Corte costituzionale sentenze n. 133 del 2016, n.
10 del 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83 del 2010,
n. 128 del 2008, n. 171 del 2007). 
    Contrariamente   a   quanto   dichiarato   nel   preambolo    del
decreto-legge e affermato dal Governo e dal  Ministero  della  salute
negli atti sopra citati, infatti, ad oggi non  esiste  nella  Regione
Veneto alcuna emergenza di sanita' pubblica in relazione al complesso
delle patologie indicate all'art. 1, comma 1, decreto-legge n. 73 del
2017, che giustifichi il ricorso a una  decretazione  d'urgenza  che,
travolgendo  l'attuale  modello  regionale   fondato   sul   consenso
informato (legge reg. Veneto n. 7 del 2007, sul quale si  rimanda  al
punto 2.3 del ricorso), disponga  l'introduzione  della  vaccinazione
obbligatoria per dodici patologie. 
    Per  dimostrarlo  e'  preliminare  fare  riferimento  ai  criteri
attualmente in uso presso la comunita' scientifica per la valutazione
delle emergenze sanitarie connesse a rischi epidemici e ai  documenti
pubblicati dalle istituzioni nazionali e internazionali competenti in
materia. 
    La c.d. «immunita' di  gruppo»  o  «immunita'  di  gregge»  (herd
immunity)  viene  considerata  come  l'immunita'  o   la   resistenza
collettiva a un determinato agente patogeno mostrata da parte di  una
comunita' o da parte di una popolazione umana (1) . 
    L'immunita' di  gregge  e'  assicurata  all'interno  di  ciascuna
comunita' quando la copertura  vaccinale  e'  superiore  alla  soglia
critica individuata per  ogni  singola  patologia  in  uno  specifico
contesto. 
    Ne consegue che un'emergenza sanitaria da rischio epidemico  puo'
insorgere soltanto quando la copertura vaccinale scende al  di  sotto
della soglia critica. 
    Appare quindi del tutto arbitraria  la  motivazione  portata  dal
Governo, nella relazione al decreto-legge, per  cui  l'Organizzazione
Mondiale della Sanita' (d'ora in avanti OMS) avrebbe raccomandato  il
raggiungimento della  soglia  di  copertura  vaccinale  del  95%  per
garantire la c.d. «immunita' di  gregge»  in  relazione  a  tutto  il
complesso di patologie indicate nell'art. 1, comma 1. 
    Valga il vero: la soglia  del  95%  e'  stata  indicata  dall'OMS
nell'European Vaccine Action Plan 2015-2020  (2)   solo  come  soglia
ottimale (c.d. «Goal 4»), ma mai come soglia  critica,  e  unicamente
per il complesso DTP (difterite-tetano-pertosse). 
    Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (d'ora in  poi  PNPV)
2017- 2019 (3) ,  approvato  il  19  gennaio  2017  dalla  Conferenza
Stato-Regioni, ha poi previsto la soglia ottimale  di  copertura  del
95% per il 2019, da  raggiungere  mediante  le  specifiche  strategie
regionali, per  meningite,  rosolia,  varicella  e  papilloma  virus,
indicando, anche in questo caso, tale soglia sempre come obiettivo  e
mai come soglia critica (pagine 13-14). 
    La soglia del 95% di copertura vaccinale non e' quindi mai  stata
indicata dall'OMS, ne' da altra  istituzione,  quale  soglia  critica
generale al di sotto della quale potrebbe determinarsi l'insorgere di
un rischio epidemico. 
    Per diverse malattie sono  infatti  disponibili  da  molto  tempo
studi dettagliati, utili per definire, mediante  modelli  matematici,
la propagazione dei diversi agenti patogeni. Adottando questi modelli
si individuano i c.d. parametri critici (c.d. «tasso di riproduzione»
e «andamento dell'incidenza») relativi  all'andamento  epidemiologico
di malattie infettive quali il morbillo, la rosolia, la parotite ecc. 
    Previa definizione della soglia critica di ciascuna patologia  in
ciascun  contesto,  da  raggiungere   per   ottenere   il   controllo
dell'agente patogeno, e' cosi'  possibile  individuare  la  strategia
ottimale per il contrasto dell'infezione  in  un  determinato  ambito
spazio-temporale (che e' quindi, lo si ribadisce, del  tutto  diversa
dalla soglia critica, al di sotto della  quale  si  puo'  determinare
l'insorgere di un rischio  epidemico),  analizzando  l'effetto  delle
campagne vaccinali, valutando lo stato dell'immunita'  di  gregge  da
esse indotta e tenendo conto delle  eventuali  controindicazioni  dei
vaccini, come indicato dalla seguente tabella, elaborata  dall'OMS  e
dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention  degli  USA)  per
alcune   patologie   (difterite,   morbillo,   parotite,    pertosse,
poliomielite, rosolia e vaiolo) 
    (4) . 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Tali dati dimostrano innanzitutto che non esiste un'unica  soglia
critica  (che  nella  motivazione   delle   norme   impugnate   viene
arbitrariamente indicata in modo generalizzato nel  95%)  valida  per
tutti gli agenti patogeni in tutti i contesti, dovendosi tenere conto
nella   sua   individuazione   di   molteplici   fattori    biologici
(aggressivita' del batterio o del virus responsabile della patologia,
modi di contagio ecc.), ambientali (condizioni igieniche dei  luoghi,
temperatura, umidita' ecc.) e socio-economici (livello di  nutrizione
e  di  istruzione  della  popolazione,  condizioni  igieniche   degli
individui ecc.) (5) . 
    In conclusione, l'adozione della soglia  del  95%  -  considerata
come  «ottimale»  (e  non  «critica»)  dalle  istituzioni   sanitarie
nazionali e internazionali per alcune malattie (e non  per  tutte)  -
quale criterio generale per la valutazione del rischio epidemico  nel
territorio italiano con riferimento alle dodici diverse patologie  di
cui all'art. 1, comma 1, del decreto-legge  n.  73  del  2017  appare
dunque   del   tutto   arbitraria,   essendo   priva   di   qualsiasi
giustificazione scientifica o normativa (6) . 
    Del tutto indebita e',  quindi,  la  generalizzazione  addotta  a
fondamento del presupposto  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza
delle norme impugnate. 
    A ulteriore conferma di quanto affermato si  riporta  di  seguito
uno stralcio della DGR 2319 del 28 luglio 2009 (7) , che  approva  il
documento  di  monitoraggio  (elaborato  sotto  il  controllo   delle
autorita' governative ai sensi dell'art. 3,  l.r.  Veneto  n.  7  del
2007) sulla sospensione dell'obbligo vaccinale previsto dalla  stessa
legge. 
    «Soglia critica  di  copertura.  La  definizione  di  una  soglia
critica di copertura ha come riferimento limite la soglia di  rischio
per la salute pubblica che per alcune malattie sottende  al  concetto
di herd  immunity.  Tuttavia  non  essendo  tale  limite  estesamente
applicabile  a  tutte  le  malattie  e   precisamente   definito   in
popolazioni  altamente  immunizzate,  abbiamo  ritenuto  di  definire
soglie  critiche  che  ragionevolmente  tengono  conto  anche   degli
obiettivi del Sistema Vaccinale (Tabella 1.1). 
    I livelli di attenzione  e  di  allarme  si  misurano  e  vengono
monitorati a tutti  i  livelli  di  sorveglianza  secondo  lo  schema
precedentemente illustrato nella tabella 1.0. Gli indicatori verranno
semestralmente valutati da ogni distretto/AULSS e le eventuali azioni
correttive verranno immediatamente messe in atto a livello locale non
appena  rilevate,  secondo  l'ordine  di  priorita'  riportato  nella
tabella 1.2. 
    In sede regionale verra' considerato sia il dato medio  regionale
sia i dati per AULSS. Le situazioni di raggiungimento del  limite  di
allarme saranno attentamente valutate anche in  relazione  alla  loro
distribuzione territoriale dal comitato regionale, che  decidera'  in
merito all'attuazione delle azioni conseguenti. In sintonia  con  uno
degli indicatori di efficienza del sistema definiti piu'  avanti,  si
ritiene che il raggiungimento della soglia  di  allarme  per  il  25%
delle  ULSS,  possa   costituire   motivo   per   la   riapplicazione
dell'obbligo    vaccinale.     Sara'     compito     del     Comitato
tecnico-scientifico  stabilire  inoltre  se  il  provvedimento  sara'
applicato estesamente a tutte le vaccinazioni  o  interessera'  anche
solo una di queste». 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Da quanto sopra esposto si dimostra l'arbitraria  identificazione
del  presupposto  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza  posto  a
fondamento delle norme impugnate. 
    Evidentemente  arbitrario  e  irragionevole  risulta  infatti  il
presupposto su cui le stesse  si  basano,  per  cui  il  cui  mancato
raggiungimento nell'anno in corso della soglia del 95%  di  copertura
vaccinale per tutte le patologie indicate all'art. 1,  comma  1,  del
decreto  determinerebbe   l'insorgere   di   un'emergenza   sanitaria
nazionale,  tale  da  giustificare  il  ricorso   alla   decretazione
d'urgenza ex art. 77, comma 2, della  Costituzione,  con  imposizione
alle  Regioni  di  una  disciplina   dettagliata   sul   sistema   di
somministrazione dei vaccini in una materia di competenza legislativa
concorrente come la «tutela della salute». 
    In  forza  della  distinzione,  pacificamente   acquisita   dalla
comunita' scientifica, tra soglia critica e soglia ottimale, si  deve
ribadire che nella Regione Veneto non esiste  alcuna,  generalizzata,
emergenza sanitaria. 
    Nella  regione,  infatti,  le   coperture   vaccinali   si   sono
stabilmente attestate negli ultimi anni al di sopra del  90%  per  la
maggior  parte  delle  patologie  indicate  all'art.  1,   comma   1,
decreto-legge n. 73 del 2017 (sette su dodici), e in ogni caso al  di
sopra della soglia critica per tutte  le  altre  (semmai,  a  seconda
degli studi di riferimento, con la  sola  eccezione  del  morbillo  e
della  parotite,  le  cui  coperture  nel  2016  per  i  nati   2014,
rispettivamente dell'89,19% e dell'89,07%, sono comunque di due punti
superiori alla media  nazionale  e  in  sensibile  crescita  rispetto
all'anno precedente), come  risulta  dai  dati  pubblicati  sul  sito
dell'Istituto superiore di  sanita'  (8)  .  E'  altresi'  importante
considerare un studio effettuato dalla Regione del Veneto a  febbraio
2017, e inserito nel Report dell'attivita' vaccinale  2016  (9)  , in
cui si e' valutata la copertura vaccinale per poliomielite e morbillo
per tutti i soggetti residenti e domiciliati sul territorio regionale
di eta' compresa tra i 2 e i 18 anni (oltre 780  mila  soggetti).  Da
tale studio risulta che per la polio la copertura complessiva e'  del
94,5% e per il morbillo e' del 92,6%. 
    Cio' conferma che, allo  stato  attuale,  in  Veneto  non  esiste
un'effettiva situazione epidemica  di  emergenza  (cfr.  doc.  n.  2:
Tabella riassuntiva copertura Regione del Veneto e definizione  della
soglia minima) tale da giustificare  un  intervento  del  legislatore
statale che, con decreto-legge, porta  improvvisamente  a  introdurre
dodici vaccinazioni obbligatorie per i minori di  eta'  compresa  tra
zero e sedici anni. 
    Solo in relazione al morbillo nella regione Veneto, come anche in
altre  regioni  italiane,  si  verifica,  secondo  alcuni  dati,  una
situazione di copertura nazionale pari a 87,26% (10) , che sarebbe al
di  sotto  della  soglia  critica  secondo  quando  afferma  il  PNPV
2017-2019 (p. 27), ma va precisato che lo studio  della  Regione  del
Veneto, citato in precedenza, sui soggetti  tra  i  2  e  i  18  anni
dimostra una situazione lontana dalla situazione di allarme. 
    In ogni caso, e' dirimente precisare che a questa  situazione  le
norme impugnate non sono in grado di  rispondere  adeguatamente,  dal
momento   che   l'attuale   epidemia   di   morbillo:   i)   riguarda
prevalentemente adolescenti di eta' superiore ai 16 anni  (mentre  le
norme impugnate stabiliscono l'obbligo di vaccinazione «per i  minori
di eta' compresa tra zero e sedici anni»), con una  eta'  mediana  27
anni, ii) il numero di casi di morbillo su persone vaccinate e' alto,
iii) non esiste una correlazione tra copertura  vaccinale  (5/6  anni
seconda  dose)  e  casi  di  morbillo,   come   risulta   certificato
dall'Istituto Superiore di Sanita'  (11)  .  Anche  in  questo  caso,
quindi, si conferma l'assenza del presupposto di necessita' e urgenza
delle norme impugnate. 
    La mancanza dei presupposti  richiesti  dall'art.  77,  comma  2,
della Costituzione, per il  ricorso  alla  decretazione  d'urgenza  -
oltre a rappresentare un vizio  di  incostituzionalita'  in  se'  del
decreto-legge  impugnato,  rilevabile  in   sede   di   giudizio   di
legittimita' in via incidentale - fa venir  meno  l'esigenza  di  una
disciplina dettagliata sul sistema di somministrazione  dei  vaccini,
qual e' quella prevista dall'intero decreto-legge n. 73 del  2017,  e
in particolare dall'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, e dagli articoli  3,
4, 5 e 7, del medesimo, da applicarsi in modo uniforme  in  tutto  il
territorio nazionale. 
    1.3. Va inoltre evidenziato che le norme impugnate  non  sono  in
realta' destinate a  «operare  immediatamente,  allo  scopo  di  dare
risposte normative rapide a situazioni bisognose di  essere  regolate
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti  necessita'»,
come invece richiesto da codesta ecc.ma  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 220 del 2013. 
    Infatti, in  base  all'art.  3,  comma  1,  sebbene  i  dirigenti
scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i
responsabili dei servizi educativi  per  l'infanzia,  dei  centri  di
formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole  private   non
paritarie siano tenuti, all'atto dell'iscrizione del minore  di  eta'
compresa tra zero e sedici anni, a richiedere ai  genitori  esercenti
la responsabilita' genitoriale e ai tutori la presentazione di idonea
documentazione   comprovante   l'effettuazione   delle   vaccinazioni
indicate all'art. 1, comma 1, tuttavia, stabilisce  poi  che  a  tale
fine e' sufficiente «la  presentazione  della  formale  richiesta  di
vaccinazione   all'azienda    sanitaria    locale    territorialmente
competente, che eseguira' le  vaccinazioni  obbligatorie  secondo  la
schedula vaccinale prevista in  relazione  all'eta',  entro  la  fine
dell'anno scolastico». 
    Inoltre, l'art. 5 stabilisce che per l'anno scolastico 2017/2018,
«la documentazione  comprovante  l'effettuazione  delle  vaccinazioni
obbligatorie puo' essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi
del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
in tale caso, la  documentazione  comprovante  l'effettuazione  delle
vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro  il  10  marzo
2018». 
    Anche sotto questo profilo, quindi,  si  conferma  la  violazione
dell'art. 77, comma 2, della Costituzione. 
    Essa in ogni caso, travolgendo il sistema in vigore nella Regione
Veneto fondato sul consenso informato e condizionando  l'accesso  dei
minori ai  servizi  scolastici  ed  educativi,  ridonda  (cfr.  Corte
costituzionale sentenze n. 22 del 2012, ma, ancora prima, sentenze n.
6 del 2004 e n.  303  del  2003)  in  una  lesione  delle  competenze
regionali   in   materia   di   «tutela   della   salute»   (relative
all'organizzazione  e  al  funzionamento   del   Servizio   sanitario
regionale) e di «istruzione»  (relative  all'erogazione  dei  servizi
educativi per l'infanzia e alla garanzia da parte della  Regione  del
diritto allo studio  nell'ambito  delle  istituzioni  scolastiche  ed
educative), di cui agli artt. 117, comma 3 e 4, e 118, comma 1, della
Costituzione, che risultano incise  dalla  disciplina  statale  senza
alcuna giustificazione (cfr. anche quanto esposto, in approfondimento
circa la ridondanza, nel punto 2.6 del ricorso). 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e
degli articoli 3, 4 e 5,  del  decreto-legge  n.  73  del  2017,  per
violazione degli articoli 2, 3, 31, 32, 34, 97 della Costituzione, in
combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e  4,  e  118  della
Costituzione. 
    2.1. Le disposizioni impugnate  si  dimostrano  ingiustificate  e
comunque  eccessive  rispetto  allo  scopo  dal  momento  che,   come
dimostrato nel punto l del ricorso, sulla base della distinzione  tra
soglia critica e soglia ottimale si deve escludere l'esistenza di una
generalizzata  emergenza  sanitaria  che  giustifichi   l'imposizione
dell'obbligo di dodici vaccinazioni. 
    Le   suddette   norme   devono   pertanto    essere    dichiarate
incostituzionali - oltre che per i motivi addotti al punto precedente
- anche per violazione: i) del diritto alla salute e del diritto allo
studio (artt. 2, 32 e 34 della Costituzione);  ii)  dei  principi  di
ragionevolezza e di proporzionalita'  (art.  3  della  Costituzione),
iii) del principio di buon andamento  dell'amministrazione  (art.  97
della Costituzione). Tutte le suddette violazioni ridondano, come  si
dimostrera',  iv)  in  una  illegittima  compressione  dell'autonomia
regionale, anche autonomamente  considerata,  relativa  alle  materia
sanita' e istruzione di cui agli artt. 117, comma 3 e 4, e 118  della
Costituzione. 
    2.2. L'art. 32 della Costituzione, infatti, nel  riconoscere,  al
comma 1, la salute come «fondamentale diritto dell'individuo», tutela
una delle massime espressioni della liberta', quella  di  non  essere
sottoposti a cure o  terapie  che  non  siano  liberamente  scelte  o
accettate: solo uno stato di necessita' per la salute pubblica  puo',
infatti, consentire al legislatore l'imposizione  di  un  trattamento
sanitario. 
    In tal caso, tuttavia, il  legislatore  deve  rispettare  le  due
condizioni poste dal comma 2 dello  stesso  articolo.  La  prima,  di
natura formale, per cui l'obbligo  di  sottoporsi  a  un  determinato
trattamento puo' essere previsto solo  da  una  legge  ordinaria;  la
seconda, di natura sostanziale, per cui in nessun caso possono essere
violati «i limiti imposti dal rispetto della persona umana». 
    Si  e'  pertanto  in  presenza  di  una  riserva  di  legge  c.d.
«rinforzata», che stabilisce una stretta correlazione fra  la  salute
dell'individuo e i valori della persona umana, nel senso  che,  anche
quando sia in gioco la salute collettiva,  il  trattamento  sanitario
non sara' consentito ove non rispetti il «limite  irriducibile  della
persona umana» (12) , in forza del  principio  personalista  (art.  2
della Costituzione) cui e' informato  l'intero  ordinamento  italiano
(13) . 
    Da  qui   assume   rilievo   costituzionale   il   principio   di
autodeterminazione della persona in materia di trattamenti  sanitari,
«che inerisce al diritto di ciascuno alla salute  in  quanto  diritto
fondamentale» (sent. n. 207 del 2012, ma si veda anche  la  sent.  n.
162 del 2014, dove, sebbene ad altri fini, viene  comunque  precisato
che «la generale liberta' di autodeterminarsi  ...  e'  riconducibile
agli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione, poiche'  concerne  la  sfera
privata  e  familiare.  Conseguentemente,  le  limitazioni  di   tale
liberta', ed in  particolare  un  divieto  assoluto  imposto  al  suo
esercizio, devono essere ragionevolmente e congruamente  giustificate
dall'impossibilita' di tutelare altrimenti interessi  di  pari  rango
(sentenza n. 332 del 2000)»). 
    Il principio di autodeterminazione, intrinsecamente  legato  alla
tutela della dignita' della persona (14) , e' inoltre riconosciuto  e
tutelato da numerose norme del  diritto  dell'Unione  europea  e  del
diritto  internazionale,  che,  sebbene  non  trattino   in   maniera
specifica il problema delle vaccinazioni, contribuiscono a rafforzare
una lettura in senso personalista dell'art. 32 della Costituzione, in
base alla quale ogni intervento diretto a realizzare la profilassi di
talune malattie infettive e diffusive a fini  immunologici,  dovrebbe
per cio' stesso soggiacere a quel limite  insuperabile  rappresentato
dalla salvaguardia dei beni fondamentali quali la vita,  l'integrita'
psicofisica, la dignita' umana e la riservatezza. 
    In particolare nel diritto dell'Unione europea,  i  diritti  alla
dignita' e all'autodeterminazione sono richiamati dagli artt. 1  e  3
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,  proclamata
a Nizza il 7 dicembre 2000, che, come e' noto, ha assunto  lo  stesso
valore giuridico dei Trattati con il Trattato di Lisbona  (cfr.  art.
6, par. 1, TUE). 
    L'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
afferma, infatti, che «la dignita' umana e' inviolabile»,  mentre  il
successivo art. 3  sancisce  che  «ogni  individuo  ha  diritto  alla
propria integrita' fisica e psichica» (comma  1)  e  che  nell'ambito
della  medicina  e  della  biologia  deve   essere   in   particolare
rispettato, tra gli altri, «il  consenso  libero  e  informato  della
persona interessata,  secondo  le  modalita'  definite  dalla  legge»
(comma 2). 
    A livello internazionale, il  diritto  all'autodeterminazione  e'
espresso all'art. 8,  comma  1,  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti umani del 1950, ratificata e resa  esecutiva
con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  che  prevede  il  «diritto  al
rispetto della vita privata e familiare». 
    A cio' si aggiunga che l'art. 24 della  Convenzione  sui  diritti
del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989,  ratificata  e
resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n.  176,  premesso  che  gli
Stati «riconoscono il diritto del minore di godere del miglior  stato
di  salute  possibile  e  di  beneficiare  di  servizi  medici  e  di
riabilitazione», dispone  che  «tutti  i  gruppi  della  societa'  in
particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute
e sulla nutrizione del minore». 
    Ulteriori riconoscimenti del principio di  autodeterminazione  in
materia sanitaria si rinvengono poi negli articoli 5, 6 e  9  (15)  ,
della Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la biomedicina, firmata  ad
Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con  legge  28  marzo
2001, n. 145, il cui art. 5 stabilisce la «Regola generale»  per  cui
«un trattamento sanitario puo' essere praticato solo  se  la  persona
interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato». 
    Questo patrocinio, evidentemente,  non  ignora  che,  allo  stato
attuale, lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo non  e'
stato ancora depositato, ma,  non  potra'  negarsi,  come  del  resto
affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di  Cassazione,  che
le norme ivi contenute rappresentano uno strumento interpretativo del
diritto vigente, in forza del  generale  consenso  consolidatosi  sul
piano internazionale sui  principi  e  sulle  regole  ivi  contenute,
nonche' in forza dell'adesione a quei  principi  e  a  quelle  regole
espresse dal Parlamento italiano nella legge di  autorizzazione  alla
ratifica (Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748) (16) . 
    Sulla base di tali  premesse  si  chiarisce  il  significato  del
diritto alla salute con riferimento al caso in cui la sua  dimensione
individuale confligga con quella collettiva:  in  tale  ipotesi,  che
ricorre  tipicamente  nel  caso  delle  vaccinazioni,   il   disposto
costituzionale    subordina    la    legittimita'    dell'imposizione
dell'obbligo di vaccinazione alla compresenza di  un  interesse,  non
altrimenti tutelabile, alla salute del singolo e della collettivita'. 
    In tal caso, dunque, occorre muoversi  nella  prospettiva  di  un
bilanciamento tra i due valori in questione e qui assume  rilievo  il
problema del «consenso informato» del destinatario della  prestazione
sanitaria che puo' trovare un contemperamento solo nella  necessita',
lo si ribadisce, non altrimenti tutelabile, di perseguire valori  che
possano porsi sullo stesso  livello  gerarchico  in  cui  si  colloca
quello del rispetto della persona umana. 
    Da questo punto di vista e' dirimente considerare che un  sistema
basato sul consenso informato e sull'alleanza  terapeutica  e'  stato
strutturato dalla Regione Veneto con la legge n. 7  del  2007  e  che
tale sistema ha consentito di raggiungere, come dimostrato nel  punto
1 del ricorso, un livello di copertura vaccinale al  di  sopra  della
soglia critica. 
    2.3. Coerentemente con il sistema costituzionale e  la  normativa
internazionale e sovranazionale, la Regione  Veneto,  a  partire  dal
2007,  ha  infatti  optato  per  una   strategia   incentrata   sulla
sensibilizzazione e l'accompagnamento dei genitori verso la scelta di
vaccinare i propri  figli,  escludendo  ogni  forma  di  coercizione,
ritenuta   in   contrasto   con   il   fondamentale   principio    di
autodeterminazione   in   materia   di   trattamenti    sanitari    e
controproducente al fine di assicurare un'elevata copertura vaccinale
su tutto il territorio regionale. 
    Peraltro, un percorso condiviso tra Stato e Regioni  di  graduale
superamento dell'obbligo vaccinale era gia' stato definito nel  Piano
Nazionale Vaccini 2005-2007, oggetto di Accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano (atto n. 2240 del 3 marzo 2005).  Tra  i
principali obiettivi di tale superamento  vi  era  la  necessita'  di
attenuare il contrasto tra gli ottimi risultati conseguiti in termini
di copertura per le vaccinazioni obbligatorie (relative a  difterite,
tetano, poliomielite ed epatite B) e i risultati  meno  incoraggianti
relativi  alle  vaccinazioni  raccomandate,   percepite   come   meno
importanti (cfr. Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, p. 66). 
    In  questo  senso  veniva  avviato  un  percorso   culturale   di
sensibilizzazione sociale per il superamento di tale  differenza.  Il
Piano affermava  che  sarebbe  preferibile  «per  ogni  attivita'  di
prevenzione, l'impegno per l'informazione e la persuasione, piuttosto
che l'imposizione legale» (Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, p. 66),
anche alla luce del fatto che «la qualita' e' stata poco  considerata
nei servizi vaccinali  perche'  il  vincolo  dell'obbligatorieta'  ha
rappresentato  una  sorta  di  freno  per  l'avvio  di  processi   di
miglioramento» (ivi, p. 84). Di conseguenza, e' stato  concesso  alle
Regioni di iniziare un periodo di sperimentazione  della  sospensione
dell'obbligo  vaccinale,  subordinato  al  rispetto  delle   seguenti
condizioni: i) presenza di un sistema informativo regionale efficace,
con basi anagrafiche  vaccinali  ben  organizzate;  ii)  presenza  di
un'adeguata copertura vaccinale;  iii)  presenza  di  un  sistema  di
sorveglianza delle malattie trasmissibili sensibile e specifico;  iv)
presenza di un buon sistema di monitoraggio degli eventi  avversi  al
vaccino (cfr. Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, pagg. 66-67). 
    La Regione Veneto, con la legge 23 marzo 2007, n.  7,  ha  quindi
disposto la sospensione dell'obbligo  vaccinale  per  tutti  i  nuovi
nati, a far data dal 1° gennaio  2008,  delle  vaccinazioni  relative
alla difterite, al tetano, alla poliomielite e all'epatite  virale  B
(art. 1, comma 1, l.r. Veneto n.  7/2007).  Tali  vaccinazioni  hanno
comunque continuato a costituire livello  essenziale  di  assistenza,
rimanendo «offerte attivamente e gratuitamente dalle  aziende  unita'
locali socio sanitarie (ulss)», e «restando inserite  nel  calendario
vaccinale dell'eta'  evolutiva  ...  in  conformita'  agli  indirizzi
contenuti  nel  vigente  Piano  nazionale  vaccini,  secondo   quanto
previsto dalla normativa statale in materia» (art. 1,  comma  2, l.r.
Veneto n. 7/2007). Inoltre, e' rimasto salvo l'obbligo di  indennizzo
a favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa
di tali vaccinazioni (art. 1, comma 3, l.r. Veneto n. 7/2007). 
    La legge in questione ha poi previsto un  articolato  sistema  di
monitoraggio,   istituendo   innanzitutto   un    comitato    tecnico
scientifico, nominato  dalla  giunta  regionale,  alle  cui  riunioni
partecipano, previa Intesa con il Ministero della  salute,  anche  il
direttore del Centro nazionale per  la  prevenzione  e  il  controllo
delle malattie e un rappresentate dell'Istituto superiore di  sanita'
(art. 3, l.r. Veneto n. 7/2007). Il Comitato e' chiamato  a  redigere
ogni sei mesi un documento contenente «la valutazione  dell'andamento
epidemiologico delle malattie per le  quali  la  ...  legge  sospende
l'obbligo vaccinale ed il monitoraggio dell'andamento  dei  tassi  di
copertura vaccinale nel territorio regionale» (art. 3, l.r. Veneto n.
7/2007). Qualora si manifesti un  pericolo  per  la  salute  pubblica
conseguente al verificarsi  di  eccezionali  e  imprevedibili  eventi
epidemiologici collegati a tali malattie, oppure in caso  di  allarme
relativo ai tassi di copertura vaccinale, il presidente della  giunta
regionale e' tenuto a sospendere l'applicazione della legge de qua. 
    In seguito all'abolizione dell'obbligo, la prassi  seguita  dalla
Regione Veneto si e' quindi caratterizzata per  l'impegno  rivolto  a
una graduale sensibilizzazione e a un progressivo accompagnamento dei
genitori  verso  un  autonomo  convincimento  dell'importanza   della
vaccinazione dei bambini, mediante un sistema di comunicazione attivo
ma non invasivo. L'ULSS competente, infatti, contatta i genitori e li
invita a portare i  propri  figli  affinche'  siano  sottoposti  alla
vaccinazione; in caso di mancata risposta  o  giustificazione,  viene
inviato un secondo  invito  e,  qualora  anche  quest'ultimo  rimanga
inascoltato, ne viene inviato un terzo a mezzo  raccomandata  (17)  .
Inoltre, al fine di contrastare la diffusione, specialmente nel  web,
di informazioni false o incomplete, e' stato  allestito  un  apposito
portale  istituzionale  online  al  fine  di  favorire  una   diffusa
conoscenza sulle politiche regionali in materia di vaccinazione  (18)
. 
    A cio' si  aggiunga  che  la  Regione  Veneto  ha  predisposto  e
implementato  molteplici  progetti  a  sostegno   della   sospensione
dell'obbligo vaccinale. Nello specifico: i)  e'  stato  allestito  un
software  unico  a  livello  territoriale  per  la   gestione   delle
vaccinazioni (19) ;  ii)  e'  stato  attivato  un  programma  per  il
contenimento  delle  malattie  infettive  prevenibili   con   vaccino
attraverso strategie efficaci per  il  mantenimento  delle  coperture
vaccinali e per la vaccinazione di gruppi e categorie a rischio  (20)
;  iii)  e'  stata  implementata  la  sorveglianza  delle   patologie
collegate alle vaccinazioni, con particolare riguardo al monitoraggio
delle meningiti  (21)  ; iv) e' stato avviato uno studio approfondito
sui determinati del rifiuto vaccinale (22)  ; v) e' stato attivato un
progetto di  consulenza  prevaccinale  e  sorveglianza  degli  eventi
avversi a vaccinazione, denominato «Canale Verde» (23) ; vi) e' stato
avviato  un  progetto  di  prevenzione  precoce  e  monitoraggio  dei
comportamenti e delle azioni di prevenzione e promozione della salute
nei primi anni di vita (24) . 
    In seguito alla sospensione dell'obbligo vaccinale,  dopo  alcuni
anni nei quali il trend  di  copertura  e'  leggermente  calato,  pur
rimanendo a livelli molto elevati e ben al di sopra del 90% per tutte
le quattro vaccinazioni  citate,  le  ultime  rilevazioni  effettuate
dalla Regione Veneto mostrano una sensibile crescita della copertura. 
    L'ultimo Report sull'attivita' vaccinale del 2016 (25)  certifica
infatti che la copertura vaccinale  «normalizzata»  (il  cui  calcolo
esclude i bambini  italiani  domiciliati  all'estero,  gli  stranieri
temporaneamente rientranti nel Paese di origine, i  nomadi,  i  senza
fissa dimora e i non rintracciabili) per i  nati  della  coorte  2014
risultava in Veneto la seguente: vaccinazione contro la  poliomielite
92,0%; vaccinazione contro difterite  e  tetano  92,0%;  vaccinazione
contro l'epatite B 91,4%. 
    Inoltre, come dimostrano i  primi  dati  relativi  all'anno  2016
contenuti nel Report sul monitoraggio della sospensione  dall'obbligo
vaccinale, «Per  le  vaccinazioni  ex-obbligatorie  e  per  le  altre
offerte nel vaccino esavalente si riscontra  un  progressivo  aumento
delle coperture, che, iniziata per la coorte dei nati nel 2015 si  e'
ulteriormente rafforzata per la coorte 2016. Complessivamente  si  ha
una copertura del  91,6%  per  prima  dose  dell'esavalente  (tetano,
difterite, poliomielite, epatite b, pertosse ed hib)  per  la  coorte
2016. Tale valore sale per  la  sola  coorte  dei  nati  nel  secondo
semestre 2016, per la poliomielite al 92,6%, massimo  rilevate  nelle
ultime nove coorti semestrali» (26) . 
    A cio' si aggiunga che il modello applicato in Veneto al di fuori
delle vaccinazioni ex-obbligatorie ha condotto  a  coperture  elevate
anche con riferimento alle altre vaccinazioni raccomandate. Per molte
di queste, i tassi raggiunti (con riferimento ai  nati  della  coorte
2014, cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono  superiori
alla media nazionale:  morbillo  89,19%  (media  nazionale:  87,26%);
varicella 85,53% (media  nazionale  46,06%);  meningococco  C  90,64%
(media nazionale: 80,67%); parotite 89,07% (media nazionale: 87,20%);
rosolia 89,14% (media nazionale 87,19%)  (27) . 
    Del  resto,   come   emerge   dall'approfondita   «Indagine   sui
Determinanti  del  Rifiuto  dell'Offerta  Vaccinale   nella   Regione
Veneto», condotta dal Dipartimento di  prevenzione  Azienda  ULSS  di
Verona, «la strategia vaccinale della Regione Veneto  di  sospensione
dell'obbligo e' vincente: non influisce  negativamente  sulle  scelte
dei  genitori  ma  permette,  nel  contempo,  di   aprire   spazi   e
possibilita'  di  confronto  che  sono  risultati  essere  una  forte
esigenza di tutta  la  popolazione»   (28)  .  Quest'ultima  ricerca,
inoltre, rivela che dal punto  di  vista  statistico  la  sospensione
dell'obbligo vaccinale gioca  un  ruolo  del  tutto  marginale  sulla
scelta dei genitori di vaccinare o meno i propri figli  (29) . 
    Infine,  allo  scopo  di  estendere  ulteriormente  le  coperture
vaccinali ed evitare al contempo  eventuali  diminuzioni,  la  Giunta
della Regione Veneto ha recentemente adottato la DGR n. 1935  del  29
novembre 2016  (30) , con la quale,  oltre  a  ribadire  le  numerose
attivita' gia' svolte in termini di informazione e  sensibilizzazione
della popolazione, di formazione continua degli operatori sanitari  e
di controllo costante dei  dati,  e'  stato  disposto  l'avvio  delle
seguenti azioni: i) predisposizione di accordi di collaborazione  tra
la Regione Veneto  e  gli  Ordini  professionali  e  le  Associazioni
sindacali per la segnalazione di controinformazione  da  parte  degli
operatori sanitari;  ii)  attivazione  di  una  campagna  informativa
straordinaria  per  la  popolazione  generale;  iii)  promozione   di
un'adeguata informazione e formazione  dei  professionisti  sanitari;
iv)  l'introduzione  di  una  procedura  con  cui  sara'   necessario
presentare,  per  l'accesso  a  nidi  e  scuole  per  l'infanzia,  la
documentazione sulle avvenute vaccinazioni, da inviare poi al Sindaco
dell'ULSS territorialmente competente per la valutazione su eventuali
rischi  individuali  e/o  collettivi;  il  Sindaco,  quale  Autorita'
Sanitaria  Locale,  potra'  assumere  la  decisione  di   allontanare
temporaneamente  il  bambino  in  questione  dalla  struttura  o  non
ammetterlo alla frequenza, previo parere del  Servizio  di  igiene  e
sanita' pubblica (SISP). 
    Da quanto esposto, dunque, si evince come la Regione  Veneto  sia
particolarmente attenta alla gestione delle vaccinazioni nel  proprio
territorio,   consapevole   che   il    superamento    del    vincolo
dell'obbligatorieta' (a suo tempo condiviso con il Governo  centrale)
rappresenta un importante valore aggiunto sia nel perseguimento degli
obiettivi  di  copertura,  sia  nella  diffusione  di  una   maggiore
consapevolezza da parte della popolazione nelle scelte riguardanti la
vaccinazione dei minori. 
    2.4. Alla luce degli  ottimi  risultati  conseguiti  dal  sistema
sperimentato dalla Regione Veneto (che la colloca stabilmente tra  le
migliori Regioni italiane per copertura vaccinale rispetto a tutte le
patologie indicate dall'art. 1, comma  1,  decreto-legge  n.  73  del
2017), appare del tutto irragionevole e mancante di  proporzionalita'
la decisione del legislatore statale di imporre, in modo immediato  e
assolutamente automatico, il passaggio  da  una  strategia  vaccinale
basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione. 
    Se e' vero, infatti, che l'art. 32 della Costituzione consente di
contemperare  il  diritto  individuale  alla  salute  e   alle   cure
liberamente  scelte   con   l'interesse   alla   salute   dell'intera
collettivita',  e'  anche  vero  che  il  bilanciamento  operato  dal
legislatore deve rispondere ai canoni della  ragionevolezza  e  della
proporzionalita',  la  cui  violazione  e'  sindacabile  in  sede  di
giudizio di legittimita' costituzionale. 
    Peraltro, nella sentenza n. 258 del 1994 codesta Ecc.ma Corte  ha
stabilito  che  le  leggi  che  prevedono   l'obbligatorieta'   delle
vaccinazioni sono compatibili con il precetto costituzionale a tutela
della salute di cui all'art. 32 della  Costituzione,  in  virtu'  del
contemperamento tra i valori che tale articolo  contempla,  ossia  il
diritto alla salute della collettivita', da un  lato,  e  il  diritto
alla salute del singolo, dall'altro. 
    Tuttavia, e' ben lontano dalla giurisprudenza di  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale affermare che la tutela della salute del singolo
debba cedere automaticamente di fronte al diritto alla  salute  della
collettivita': l'eventuale introduzione di una normativa che  imponga
l'obbligatorieta' dei vaccini deve muoversi, infatti, nell'ottica  di
un ragionevole bilanciamento delle due necessita'. 
    Cio' in quanto non si puo' dissolvere  la  solenne  proclamazione
del diritto alla salute nell'inciso «interesse della  collettivita'»,
con un'interpretazione della norma  che,  privilegiando  il  richiamo
all'interesse  generale,  traduca  automaticamente  e  a  prescindere
dall'esistenza di  un  modello  regionale  efficace,  un  diritto  in
soggezione avvalendosi dell'interesse generale, se  non  a  costo  di
modificare il modello stesso cui si informa la nostra Costituzione. 
    Il fondamentale diritto dell'individuo alla salute, dunque,  «non
puo' essere considerato in principio e in ogni caso cedevole, per  la
sua qualificazione di diritto sociale nei confronti del dovere  dello
Stato e dei provvedimenti  adottati  a  tutela  dell'interesse  della
collettivita'»  (31)  . 
    Un'interpretazione dell'art. 32,  comma  1,  della  Costituzione,
diretta a privilegiare oltre misura il richiamo  all'interesse  della
collettivita', non potrebbe quindi mai essere  condivisa,  in  quanto
racchiuderebbe in  se'  «i  germi  per  una  completa  subordinazione
dell'interesse individuale a quello statale,  e,  condotta  alle  sue
implicite  ma  estreme  conseguenze,  potrebbe   (...)   giustificare
qualsiasi trattamento coattivo che possa  pero'  consentire  migliori
contributi dell'individuo al benessere sociale» (32) . 
    E' stato proprio questo aspetto del bene della salute  umana  che
e' stato posto in evidenza dalla giurisprudenza di  codesta  Ecc.  ma
Corte costituzionale, a  partire  dalla  sentenza  n.  88  del  1979,
laddove si e'  affermato  che  il  bene  afferente  alla  salute  «e'
tutelato dall'art. 32 della  Costituzione  non  solo  come  interesse
della collettivita', ma anche e soprattutto come diritto fondamentale
dell'individuo,  sicche'  configura  come  un  diritto  primario   ed
assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra  privati  (...),
da ricomprendere tra le posizioni  soggettive  direttamente  tutelate
dalla Costituzione». 
    Pertanto, il principio costituzionale del rispetto della  persona
umana, letto in stretto collegamento con l'art. 2 della Costituzione,
pone in primo piano il problema del consenso della persona che  debba
comunque sottoporsi a trattamenti sanitari;  una  necessita',  quella
del consenso, che puo' trovare un contemperamento solo in  dimostrate
e imprescindibili esigenze di tutela di valori che,  ai  fini  di  un
adeguato bilanciamento, possano porsi sullo stesso livello gerarchico
in cui si colloca quello del rispetto della persona umana. 
    Anche in tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre,  da  parte  del
legislatore, bilanciare e ponderare i due  valori  costituzionalmente
protetti, rappresentati dalla tutela della salute collettiva e  della
autodeterminazione,   che   l'obbligatorieta'   delle    vaccinazioni
conseguentemente  limita  in  riferimento  a  scelte  riguardanti  la
propria salute. 
    Questa  Ecc.  ma  Corte  costituzionale,  quindi,  nella  propria
giurisprudenza concernente le vaccinazioni obbligatorie  non  ha  mai
affermato che il diritto alla salute del singolo ceda il passo sic et
simpliciter al diritto alla salute collettiva. 
    Nella sentenza n. 118  del  1996  ha  anzi  affermato:  «L'esatto
inquadramento del problema  di  costituzionalita'  che  la  Corte  e'
chiamata a risolvere presuppone la  chiarificazione  del  significato
del diritto costituzionale alla salute con riferimento al caso in cui
la  sua  dimensione  individuale  confligga  con  quella  collettiva,
ipotesi che  puo'  ricorrere  tipicamente  nei  casi  di  trattamenti
sanitari  obbligatori,  tra   i   quali   rientra   la   vaccinazione
antipoliomielitica. 
    La disciplina costituzionale della  salute  comprende  due  lati,
individuale e soggettivo l'uno (la salute come «fondamentale  diritto
dell'individuo»),  sociale  e  oggettivo  l'altro  (la  salute   come
«interesse  della  collettivita'»).  Talora  l'uno  puo'  entrare  in
conflitto con l'altro, secondo un'eventualita' presente nei  rapporti
tra il tutto e le parti. In particolare - questo e' il caso  che  qui
rileva - puo'  accadere  che  il  perseguimento  dell'interesse  alla
salute della collettivita', attraverso trattamenti sanitari, come  le
vaccinazioni obbligatorie, pregiudichi il  diritto  individuale  alla
salute, quando tali trattamenti comportino, per la salute  di  quanti
ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate,  pregiudizievoli
oltre il limite del normalmente tollerabile. 
    Tali trattamenti sono leciti, per testuale  previsione  dell'art.
32, secondo comma, della Costituzione, il quale li assoggetta ad  una
riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto  della  persona
umana e ulteriormente specificata da questa Corte, nella sentenza  n.
258  del  1994,  con  l'esigenza  che  si  prevedano  ad  opera   del
legislatore tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare  il
rischio di  complicanze.  Ma  poiche'  tale  rischio  non  sempre  e'
evitabile,  e'  allora  che  la  dimensione  individuale   e   quella
collettiva entrano in conflitto. Il  caso  da  cui  trae  origine  il
presente giudizio di costituzionalita' ne e' un esempio». 
    Ha quindi  precisato  che:  «la  vaccinazione  antipoliomielitica
comporta infatti un rischio di contagio, preventivabile in astratto -
perche' statisticamente rilevato - ancorche' in  concreto  non  siano
prevedibili i soggetti che saranno colpiti  dall'evento  dannoso.  In
questa situazione, la legge che impone l'obbligo  della  vaccinazione
antipoliomielitica  compie  deliberatamente  una  valutazione   degli
interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle
che sono state denominate «scelte tragiche» del  diritto:  le  scelte
che una societa' ritiene di assumere in vista di un bene (nel  nostro
caso, l'eliminazione della poliomielite) che comporta il  rischio  di
un male (nel nostro caso,  l'infezione  che,  seppur  rarissimamente,
colpisce qualcuno dei suoi componenti).  L'elemento  tragico  sta  in
cio', che sofferenza e benessere non  sono  equamente  ripartiti  tra
tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio  degli
altri. 
    Finche' ogni  rischio  di  complicanze  non  sara'  completamente
eliminato attraverso lo sviluppo della  scienza  e  della  tecnologia
mediche - e per la vaccinazione antipoliomielitica non e' cosi' -, la
decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria  apparterra'  a
questo genere di scelte pubbliche» (enfasi ns.). 
    Ha quindi concluso che «la Corte costituzionale ha affermato  che
il rilievo  dalla  Costituzione  attribuito  alla  salute  in  quanto
interesse della collettivita', se e' normalmente  idoneo  da  solo  a
«giustificare la compressione di quella autodeterminazione  dell'uomo
che inerisce al diritto di ciascuno alla  salute  in  quanto  diritto
fondamentale», cioe' a escludere la facolta' di sottrarsi alla misura
obbligatoria (si veda, altresi' la sentenza n. 258 del 1994), non  lo
e' invece quando possano derivare conseguenze dannose per il  diritto
individuale alla salute. ... Ma  nessuno  puo'  essere  semplicemente
chiamato a sacrificare  la  propria  salute  a  quella  degli  altri,
fossero pure tutti gli altri». 
    Da quanto questa Ecc.ma Corte ha con estrema lucidita'  precisato
emerge quindi che l'imposizione di vaccinazioni obbligatorie  attiene
all'ambito, delicatissimo, delle «scelte tragiche» del diritto. 
    E' del tutto evidente quindi l'illegittimita'  costituzionale  di
una normativa che sceglie l'imposizione  generalizzata  su  tutto  il
territorio  nazionale  di  ben  dodici  vaccinazioni  senza  che  sia
dimostrato che questa costituisca l'ultima ratio a cui  l'ordinamento
non poteva che ricorrere. 
    Un tale bilanciamento non e' infatti  in  grado  di  superare  il
test,  nell'ambito   del   principio   di   proporzionalita',   della
«necessita'»  perche'  il  legislatore  non  ha  fatto   ricorso   al
least-restrictive  means,  ovvero  allo  strumento  che  permette  di
ottenere l'obiettivo prefissato con il minor sacrificio possibile  di
altri diritti o interessi costituzionalmente protetti. 
    Il  bilanciamento  operato  dal   legislatore   nelle   normative
impugnate tende, invece, a fare assumere illegittimamente un  «valore
tirannico» (sent. n. 85 del 2013) all'interesse della  collettivita',
senza alcuna considerazione che quello stesso valore  viene  tutelato
in  termini  sostanzialmente  analoghi  dalla   normativa   regionale
vigente,  senza  dover  fare  ricorso  alla  «scelta  tragica»  della
coercizione  e  della  negazione  di  ogni  spazio  al  principio  di
autodeterminazione. 
    Si conferma quindi l'illegittimita' di una normativa statale  che
travolge un sistema, quale quello strutturato dalla  regione  Veneto,
fondato  su  un  sistema  vaccinale  piu'   libero   e   maggiormente
responsabilizzato, incentrato sul consenso informato del destinatario
della prestazione sanitaria. 
    2.5. Ma c'e' di piu'. La disciplina introdotta dalle disposizioni
impugnate, in particolare dall'art. 1, comma 1, del  decreto-legge  -
oltre a imporre una limitazione sproporzionata al diritto individuale
alla salute di cui all'art. 32 della Costituzione -, appare  inidonea
a raggiungere gli obiettivi che  si  prefigge  con  riferimento  alla
maggior  parte  delle  patologie  considerate  e  comunque  eccessiva
rispetto al suo scopo. 
    Quanto al tetano, trattandosi di una patologia con un  bassissimo
tasso di incidenza (un  caso  su  un  milione),  con  una  mortalita'
inferiore alla meta' dei casi e la cui trasmissione non  avviene  per
contagio fra persone, la vaccinazione  ha  un  valore  limitato  alla
protezione del singolo individuo  e  non  si  giustifica  quindi  una
campagna vaccinale per motivi di interesse pubblico. In altre parole,
difetta, in relazione a questa patologia un vero e proprio  interesse
della collettivita', dal momento  che  la  stessa,  appunto,  non  si
diffonde per contagio. 
    Quanto all'epatite B, non esiste allo stato attuale  un'emergenza
di sanita' pubblica che  giustifichi  il  ricorso  alla  vaccinazione
obbligatoria in eta' infantile, dato che le epatiti da HBv,  come  le
altre a trasmissione ematica quali epatiti C e Delta, hanno  mostrato
negli   ultimi   decenni   un'importante   e    costante    riduzione
dell'incidenza e che i soggetti maggiormente a rischio  di  contrarre
la malattia sono quelli di eta' compresa tra i 35 e i  54  anni  (con
un'incidenza di 1,4 casi su 100.000), sebbene si sia assistito  a  un
calo dell'incidenza anche in questo gruppo di popolazione. 
    Quanto alla difterite, non esiste alcuna emergenza sanitaria, dal
momento che dagli anni '90  a  oggi  in  Italia  si  sono  registrati
soltanto due casi di difterite respiratoria causati da C. diphtheriae
produttori di tossina (uno nel 1993 dovuto a C.  diphtheriae  biotipo
gravis e l'altro, nel 1995, dovuto a C. diphtheriae  biotipo  mitis).
Nel   periodo   2000-2014   i   casi   di    difterite,    confermati
microbiologicamente presso l'ISS, sono stati due, entrambi  segnalati
nel Nord Italia e causati da C. ulcerans. Nello stesso  periodo  sono
stati segnalati anche cinque casi di infezioni dovuti a ceppi  di  C.
diphtheriae non produttori di tossina (notiziario ISS marzo 2015). 
    Quanto alla poliomielite, l'ultimo caso nel nostro  Paese  si  e'
registrato nel 1982. 
    Quanto all'Haemophilus influenzae tipo b, l'incidenza  in  Italia
e' molto bassa, come si evidenzia dal seguente grafico  dell'Istituto
superiore di sanita'. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Quanto alla pertosse, l'incidenza negli ultimi anni si e'  sempre
mantenuta sotto l'1 per 100.000. 
    Quanto alla meningite, secondo i competenti  organi  ministeriali
non risulta al  momento  alcuna  epidemia  di  malattie  invasive  da
meningococco  (33)  ,  la  trasmissione  interpersonale  non  c'e'  o
sarebbe  eccezionale,  i  vaccini  non  danno  garanzie  di   elevata
efficacia e di lunga durata e possono provocare reazioni  avverse  di
una certa gravita'. Per questi motivi non vi e' alcuna necessita'  di
introdurre una vaccinazione obbligatoria su larga scala, tenuto conto
che le raccomandazioni dell'OMS  suggeriscono  di  ricorrere  a  tale
soluzione solo laddove  l'incidenza  sia  superiore  a  10  casi  per
100.000 abitanti (nell'arco di tre mesi),  ben  lontana  dall'attuale
situazione del nostro Paese. 
    Per  quanto   riguarda,   infine,   il   morbillo,   valgono   le
considerazioni svolte supra, al  punto  1.2,  sull'inidoneita'  delle
misure  introdotte  dal   decreto-legge   a   contrastare   l'attuale
recrudescenza dell'infezione a causa dell'assoluta peculiarita' della
stessa. Peraltro, anche qualora si  ritenesse  utile  ricorrere  alla
vaccinazione obbligatoria unicamente  per  questa  patologia,  appare
senz'altro  eccessiva  l'introduzione  di  un  obbligo   generale   e
permanente (e non gia' territorialmente circoscritto alle  sole  aree
interessate  e  temporalmente  limitato  al  periodo  necessario   al
contenimento dell'infezione). 
    Si  conferma  dunque,  anche  sotto  questo  profilo,  l'evidente
irragionevolezza delle scelte operate  dal  legislatore  statale  con
l'adozione della normativa impugnata,  nella  misura  in  cui  impone
l'obbligo di vaccinazione per patologie non a rischio epidemico. 
    2.6.  Infatti,  il   necessario   rispetto   del   principio   di
precauzione, secondo cui, «in presenza di un'alternativa che presenti
un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato  -  il
decisore pubblico deve  optare  per  la  soluzione  che  consenta  di
neutralizzare o minimizzare il rischio» (cfr., ex multis, Cons.  St.,
sez. III, ord. 20 aprile 2017, n.  1662),  impropriamente  posto  dal
Governo a  fondamento  del  decreto-legge n.  73  del  2017,  avrebbe
dovuto, al contrario, indurlo a  limitare  l'obbligo  vaccinale  alle
sole situazioni in cui esso si rende realmente  necessario.  E  cio',
non gia' in forza di un'astratta e del tutto apodittica  affermazione
circa l'esigenza di raggiungere una copertura del 95%  per  tutte  le
patologie elencate all'art. 1, comma 1,  ma  in  base  a  un'accurata
valutazione  epidemiologica  (che  non  risulta  essere   mai   stata
compiuta) del rischio di diffusione delle  varie  malattie  infettive
nei diversi contesti spazio-temporali. 
    Peraltro, dal momento che non risulta vi  siano  altri  Paesi  al
mondo in cui si fatta esperienza di  un  sistema  di  profilassi  che
somministra in  modo  obbligatorio  dodici  vaccini,  ne  deriva  non
esistono studi disponibili per valutare gli esiti concreti della loro
applicazione nel breve nel medio e nel lungo periodo, con l'obiettivo
di valutare se questo tipo di sistema aumenta realmente le  coperture
vaccinali. 
    Da  questo  punto  di  vista,   le   norme   impugnate,   proprio
contraddicendo il principio  di  precauzione,  introducono,  come  e'
stato affermato, una sorta di grottesca  «sperimentazione  di  massa»
obbligatoria senza un adeguato consenso informato, senza il  sostegno
di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una supervisione
bioetica  (34) . 
    Anche  sotto  questo  profilo  risulta   quindi   confermata   la
violazione degli enunciati  parametri  costituzionali,  ulteriormente
aggravata dalla circostanza che nel decreto-legge n. 73 del 2017  non
si  rinviene  alcuna  traccia,  a  fronte  ad  un  incremento   cosi'
consistente del numero delle  vaccinazioni  obbligatorie,  di  alcuna
misura di  valutazione  preventiva  del  rischio  e  conseguente  suo
alleviamento. 
    La mera previsione di un esonero in caso  di  accertato  pericolo
per  la  salute  in  relazione  a  specifiche   condizioni   cliniche
documentate attestate dal medico di medicina generale o dal  pediatra
di libera scelta (art. 1, comma 3) non rappresenta una adeguata forma
di cautela o di  analisi  prodromica  del  rischio,  la  quale  resta
affidata al caso o alla «onerosa» previdenza dei genitori. 
    Sarebbe stato, invece, necessario come affermato  dalla  sentenza
n. 258 del 1994 codesta Ecc.ma Corte, individuare e prescrivere  «gli
accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili
rischi di complicanze» e  il  legislatore  avrebbe  dovuto  prevedere
«tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il rischio  di
complicanze» (sent. n. 118 del 1996). 
    Di cio', come detto, manca invece ogni traccia nel  decreto-legge
impugnato, confermando quindi la violazione degli  art.  2,  3  e  32
della Costituzione. 
    2.7.  Le  disposizioni   impugnate   devono   essere   dichiarate
incostituzionali - oltre che per le  ragioni  fin  qui  illustrate  -
anche   per   violazione   del   principio    di    buon    andamento
dell'amministrazione  di  cui  all'art.  97  della  Costituzione,  in
combinato  disposto  con  gli  artt.  117,  comma  3,  e  118   della
Costituzione,  in  quanto  determinano  una  grave  ingerenza   nelle
competenze regionali in materia di organizzazione e funzionamento del
Servizio sanitario regionale, con potenziali ricadute negative  sulla
capacita' della Regione di erogare efficacemente i servizi sanitari. 
    Le misure da esse previste, nella loro irragionevole immediatezza
e rigidita', costringono infatti le Regioni -  anche  quelle  dotate,
come il Veneto, di  un'efficace  strategia  vaccinale,  in  grado  di
conciliare la liberta' di  scelta  degli  individui  con  l'interesse
della collettivita' - a concentrare le proprie risorse e  il  proprio
personale sanitario  sulle  vaccinazioni  per  far  fronte  ai  nuovi
obblighi previsti dal decreto-legge (art. 1, comma 1) e  ai  connessi
adempimenti amministrativi (art. 1, commi 2, 3, 4  e  5,  e  art.  3,
comma 2), a danno degli altri LEA,  con  conseguente  sacrificio  del
fondamentale  diritto  alla  salute  dei  cittadini  (art.  32  della
Costituzione). 
    Ne' va trascurato che le stesse norme, condizionando l'accesso ai
servizi educativi per l'infanzia e  alle  scuole  dell'infanzia  alla
presentazione   della   documentazione    relativa    all'adempimento
dell'obbligo  vaccinale  (art.  3,  comma  3)  e  comminando  pesanti
sanzioni amministrative alle famiglie (anche a quelle meno  abbienti)
che non sottopongano i propri figli  alle  vaccinazioni  obbligatorie
(art. 1, comma 3), sono suscettibili di incidere negativamente  sulla
capacita' delle Regioni di erogare i servizi per l'infanzia (art.  31
della Costituzione) e di garantire il diritto allo studio nell'ambito
delle  istituzioni  scolastiche   ed   educative   (art.   34   della
Costituzione). 
    2.8. Tutte le violazioni delle norme costituzionali indicate  nel
punto 2.1 e specificate nei punti  successivi  del  presente  ricorso
determinano  quindi  un'evidente  ridondanza   sulle   competenze   e
attribuzioni di spettanza regionale. 
    Oltre all'obbligo imposto alle aziende  sanitarie  di  provvedere
alle vaccinazioni, va ricordato, nello specifico che l'art. 1,  comma
4, dispone che, in caso di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale,
«ai genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e ai tutori  e'
comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a
euro settemilacinquecento»; tale sanzione non si applica qualora,  in
seguito alla contestazione da  parte  dell'azienda  sanitaria  locale
territorialmente competente, i genitori o i tutori provvedano  a  far
somministrare al minore il vaccino. 
    Ne consegue che, anche alla luce quanto previsto  dal  successivo
art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017,  l'accertamento  e
la  contestazione  del   mancato   rispetto   dell'obbligo   spettano
all'azienda sanitaria locale competente per territorio, la quale,  se
ricorrono i presupposti, dovra' anche irrogare la sanzione prevista. 
    Il medesimo art. 1, al  comma  5,  dispone  poi  che  il  mancato
rispetto del termine indicato dall'azienda sanitaria locale  in  sede
di contestazione implica che quest'ultima  sia  tenuta  a  «segnalare
l'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla Procura della  Repubblica
presso il Tribunale per i Minorenni per gli eventuali adempimenti  di
competenza». 
    Ulteriori  adernpimenti  sono  posti  a  carico   delle   aziende
sanitarie locali dall'art. 3, comma 2,  del  decreto,  ai  sensi  del
quale queste ultime ricevono le segnalazioni  relative  alla  mancata
presentazione della documentazione  concernente  l'adempimento  degli
obblighi  vaccinali  inviate  loro  dai  dirigenti  scolastici  delle
istituzioni del sistema nazionale di istruzione  e  dai  responsabili
dei servizi  educativi  per  l'infanzia,  dei  centri  di  formazione
professionale regionale e delle  scuole  private  non  paritarie.  La
segnalazione comporta l'obbligo per  l'azienda  sanitaria  locale  di
provvedere agli adempimenti relativi  all'accertamento  ed  eventuale
irrogazione della sanzione prevista dall'art. 1 del decreto. 
    Le disposizioni citate, quindi, si  confermano  come  norme  che,
travolgendo il modello della legge  reg.  n.  7  del  2007,  incidono
sull'organizzazione  dei  servizi  sanitari  che,  come  piu'   volte
chiarito da codesta Ecc.ma Corte, sotto  il  profilo  della  potesta'
legislativa  e'  da  ritenersi  «parte  integrante  della   "materia"
costituita dalla "tutela della salute" di  cui  al  terzo  comma  del
citato art. 117 Cost» (Corte costituzionale sent. n.  371  del  2008;
cfr. anche, ex multis, sentenze n. 105 del 2007, nn. 328  e  181  del
2006, nn. 384 e 270 del 2005, n. 510 del 2002). 
    In tale ambito, quindi, lo Stato potrebbe  intervenire  solamente
definendo  i  principi  fondamentali,  mentre  le  disposizioni   che
incidono «su profili che  attengono  direttamente  all'organizzazione
del servizio sanitario» devono essere considerate quali  disposizioni
di dettaglio (Corte costituzionale sent. n. 371 del 2008). 
    Come gia'  anticipato,  le  previsioni  normative  qui  censurate
introducono invece adempimenti e obblighi direttamente in  capo  alle
aziende sanitarie locali,  chiamate,  oltre  che  a  somministrare  i
vaccini, anche a svolgere le  descritte  attivita'  di  accertamento,
segnalazione,   contestazione   e    irrogazione    delle    sanzioni
amministrative previste dal decreto-legge. In  questo  modo,  vengono
disciplinati   in   dettaglio    profili    direttamente    attinenti
all'organizzazione  dei   servizi   sanitari,   la   cui   competenza
legislativa spetta invece chiaramente alle Regioni. 
    Anche  con  riferimento   alle   disposizioni   riguardanti   gli
adempimenti vaccinali  per  l'iscrizione  ai  servizi  educativi  per
l'infanzia e alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, di
cui agli artt. 3 e 4, decreto-legge n. 73  del  2017,  le  violazioni
sinora censurate ridondano su competenze e attribuzioni regionali. 
    In particolare, l'art. 4, comma 1, del decreto-legge dispone  che
i minori per i quali  le  vaccinazioni  obbligatorie  possono  essere
omesse o differite in caso di accertato pericolo per la salute  «sono
inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti  solo  minori
vaccinati o  immunizzati,  fermi  restando  il  numero  delle  classi
determinato secondo  le  disposizioni  vigenti  e  i  limiti  di  cui
all'art. 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107 e  all'art.
19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111  [queste  ultime
disposizioni  normative  riguardano  le  limitazioni   delle   piante
organiche  delle  istituzioni   scolastiche   statali]».   L'articolo
censurato  prosegue,  al  comma  2,  disponendo  che  i  dirigenti  e
responsabili scolastici  comunichino  all'azienda  sanitaria  locale,
«entro il 31 ottobre  di  ogni  anno,  le  classi  nelle  quali  sono
presenti piu' di due alunni non vaccinati». 
    Tali  disposizioni  incidono  senza  dubbio  sulle   attribuzioni
regionali  relative  alla  competenza  concorrente  in   materia   di
istruzione e alla competenza residuale in  materia  di  istruzione  e
formazione professionale. 
    In  particolare,   e'   presente   un'evidente   ridondanza   con
riferimento   alla   programmazione   scolastica   regionale   e   al
dimensionamento  della  rete  delle   istituzioni   scolastiche   sul
territorio, ambiti di sicura competenza legislativa  regionale.  Come
infatti affermato da codesta  Ecc.ma  Corte,  «l'ampio  decentramento
delle funzioni amministrative ...  ha  visto  delegare  importanti  e
nuove  funzioni  alle  Regioni,   fra   cui   anzitutto   quelle   di
programmazione dell'offerta  formativa  integrata  tra  istruzione  e
formazione  professionale  ...,  e  di  programmazione   della   rete
scolastica ... Sicche', proprio alla  luce  del  fatto  che  gia'  la
normativa  antecedente  alla  riforma  del  Titolo  V  prevedeva   la
competenza regionale in materia di dimensionamento delle  istituzioni
scolastiche, e quindi postulava la  competenza  sulla  programmazione
scolastica ..., e' da escludersi che  il  legislatore  costituzionale
del 2001 «abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione  che  era
gia' ad esse conferita»» (sent. n. 34 del  2005;  in  senso  conforme
Corte costituzionale sentenze n. 147 del 2012 e  n.  200  del  2009).
Peraltro,  anche  l'istituzione  di  nuove   sezioni   nelle   scuole
dell'infanzia  gia'  esistenti,  «attiene,  in  maniera  diretta,  al
dimensionamento  della  rete  scolastica   sul   territorio»   (Corte
costituzionale sent. n. 92 del 2011). 
    Le disposizioni di cui all'art. 4, decreto-legge n. 73 del  2017,
quindi, introducendo norme che  incidono  sulla  conformazione  delle
classi, si riflettono indirettamente anche sulla programmazione e sul
dimensionamento delle istituzioni del sistema scolastico, dei servizi
educativi per l'infanzia e dei centri  di  formazione  professionale.
Non e' da escludersi, infatti, che la necessita' di  inserire  minori
che non possono vaccinarsi in classi in cui tutti  gli  altri  alunni
siano immunizzati possa confliggere con le disposizioni regionali  in
materia di dimensionamento degli istituti.  Tale  evenienza  potrebbe
essere ancor piu' probabile nei comuni di piccole dimensioni, in  cui
gli istituti scolastici presentano un numero  di  iscritti  inferiore
alla media. 
    In  tali  casi,  quindi,  il  corretto  sviluppo   dell'autonomia
regionale in materia di programmazione e dimensionamento  della  rete
scolastica territoriale  risulta  quindi  limitato  dall'applicazione
delle  disposizioni  censurate,   con   evidente   ridondanza   sulle
competenze regionali in materia di istruzione  (art.  117,  comma  3,
della Costituzione) e istruzione  e  formazione  professionale  (art.
117,   comma   4,   della   Costituzione),   nonche'   sull'autonomia
amministrativa regionale tutelata dall'art. 118 della Costituzione. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 4 e 5, e degli
articoli 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione
degli articoli 81, comma 3, e 119, commi 1 e 4, della Costituzione. 
    3.1. L'art. 7 («Disposizioni finanziarie») stabilisce che: 
    «1.  Agli  oneri  derivanti  dall'art.  2,  comma   3,   pari   a
duecentomila   euro   per   l'anno   2017,   si   provvede   mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art.
1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. 
    2.  Dall'attuazione  del  presente  decreto,  a  eccezione  delle
disposizioni di cui all'art. 2, comma 3, non devono derivare nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
    3. Il Ministro dell'economia e delle finanze  e'  autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio». 
    In questi termini  le  nuove  vaccinazioni  obbligatorie  imposte
dall'art. 1, comma 1, per i minori di eta' compresa tra zero e sedici
anni come «obbligatorie e  gratuite»,  risultano  prive  di  adeguata
copertura finanziaria, in violazione degli artt.  81,  comma  3,della
Costituzione («ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede
ai  mezzi  per  farvi  fronte»),  che  conseguentemente  ridonda   in
violazione, anche diretta ed autonoma, dell'art. 119, commi  1  e  4,
della Costituzione. 
    Nessuna copertura, ad eccezione di quella per  le  iniziative  di
formazione, viene infatti prevista per gli  ingenti  oneri  derivanti
dalle nuove vaccinazioni che vengono rese obbligatorie, e  del  tutto
surrettiziamente  l'art.  7,  comma  2,  afferma  che   dalle   altre
disposizioni del decreto-legge non  derivano  oneri  per  la  finanza
pubblica. 
    In realta' maggiori ed  ingenti  oneri,  come  si  precisera'  di
seguito, vengono imposti, da piu' punti di vista, alle strutture  del
servizio  sanitario  regionale  in  assenza  di  adeguata   copertura
finanziaria,  in  violazione  quindi  della  garanzia  costituzionale
dell'autonomia finanziaria  e  del  principio  per  cui  «le  risorse
derivanti dalle fonti  di  cui  ai  commi  precedenti  consentono  ai
Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e  alle  Regioni  di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 
    In questi termini la mancanza di copertura determina una  lesione
dell'autonomia finanziaria regionale, dal momento che, come affermato
in  piu'  occasioni  da  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale,   la
«garanzia di tale autonomia, infatti, comporta che non possano essere
addossati al bilancio regionale (o provinciale) gli  oneri  derivanti
da decisioni non imputabili alla regione stessa» (gia' sent.  n.  452
del 1989), per cui «la disponibilita' finanziaria costituisce  limite
alla autonomia, con duplice funzione di protezione dei vari  soggetti
e con carattere di reciprocita', cioe' nel  senso  che  gli  enti  di
autonomia debbono provvedere  con  risorse  proprie  in  presenza  di
maggiori  spese  dipendenti  da  proprie  scelte,  giustificabili  da
esigenze locali. Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i
mezzi finanziari di cui  vi  e'  disponibilita',  puo'  rifiutare  di
addossarsi gli ulteriori disavanzi per spese  estranee  alle  proprie
scelte o dipendenti da determinazioni degli enti gestori, ma non puo'
addossare al bilancio regionale oneri relativi alla  spesa  sanitaria
che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse»  (cosi'
sent. n. 416 del 1995; si vedano anche sentenze numeri 283 del  1991,
369 del 1992 e 22 del 2012). 
    3.2. Nello specifico la  mancanza  di  adeguata  copertura  delle
norme impugnate si evidenzia gia' nella stessa relazione  tecnica  al
decreto-legge  (Atti  Parlamentari,   Camera   dei   Deputati,   XVII
Legislatura, A.C. 4533). 
    In essa, infatti, si afferma  che,  oltre  alla  copertura  delle
quattro  vaccinazioni  gia'  obbligatorie,  «delle   ulteriori   otto
introdotte  con   il   presente   decreto,   cinque   (anti-morbillo,
anti-parotite,   anti-rosolia,   anti-pertosse   e   anti-Haemophilus
influenzae b), rientrano nei livelli essenziali di  assistenza  (LEA)
fin dal 2001, ai sensi del decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri 29 novembre 2001,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  8
febbraio 2002, n. 33». 
    A fronte della facile  obiezione  che  nei  suddetti  Lea  questi
ultimi cinque vaccini non erano obbligatori, la Relazione tecnica  ha
cura di precisare che l'obiettivo di copertura vaccinale pari al  95%
«e' stato inserito anche  nella  relazione  tecnica  al  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei   ministri  12  gennaio  2017,  recante
«Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502». 
    Tuttavia, essa omette di considerare che la Relazione tecnica  al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  12  gennaio  2017,
recante i nuovi LEA, facendo riferimento  al  PNPV  2016-2018,  aveva
avuto cura di specificare come l'obiettivo della copertura  vaccinale
al 95% fosse un  obiettivo  graduale  da  raggiungere  per  il  2018,
ipotizzando peraltro che non  tutta  la  popolazione  di  riferimento
avrebbe fatto ricorso al vaccino nei tempi  proposti.  Il  successivo
PNPV  2017-2019,  infatti,  ha  spostato  il  suddetto  obiettivo  di
copertura al 2019. 
    Ma  soprattutto  la  Relazione  tecnica  omette  di   considerare
completamente la questione delle ingenti risorse  necessarie  per  il
recupero dei non vaccinati (coorti 2001-2016), essendo  la  copertura
precedente relativa solo ai nati nel 2017. 
    Non solo. 
    La stessa Relazione tecnica, se da un  lato  riconosce  che  «gli
oneri derivanti dalle vaccinazioni raccomandate  dal  PNPV  2017-2019
hanno trovato copertura finanziaria nell'art.  1,  comma  408,  della
legge 11 dicembre 2016, n.  232,  che  a  decorrere  dall'anno  2017,
nell'ambito  del  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale,
prevede una specifica finalizzazione, pari a 100 milioni di euro  per
l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno 2018 e a 186 milioni di
euro  a  decorrere  dall'anno  2019»,  dall'altro  e'  costretta   ad
ammettere  che  «Tale  stanziamento  copre  il  raggiungimento  degli
obiettivi di  copertura  vaccinale  di  tutte  le  vaccinazioni  rese
obbligatorie dal presente decreto [ma questo in ogni caso  non  vale,
come detto per coprire i costi del recupero delle coorti  2001-2016],
ad eccezione dell'anti-meningococco B e dell'anti-varicella,  per  le
quali nel decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  12
gennaio 2017 e nel  PNPV  era  definito  un  obiettivo  di  copertura
vaccinale pari al 60% per  l'anno  2017,  al  75%  per  l'anno  2018,
nonche'  la  copertura  vaccinale  indicata  dall'OMS   a   decorrere
dall'anno 2019». 
    Tuttavia,  a  fronte  di  tale  realistica   considerazione,   la
Relazione tecnica perviene subito dopo alla irrealistica e  infondata
considerazione della assenza di nuovi e maggiori oneri sulla base  di
una artificiosa rimodulazione dei  dati  utilizzati  nella  relazione
tecnica di soli pochi mesi prima (quella al  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017),  ipotizzando  quindi
a) riduzione della coorte di popolazione interessata  dalle  predette
vaccinazioni, per effetto del calo demografico; b) una riduzione  del
prezzo  dei  vaccini;  c)  una  riduzione  del  numero  di  dosi   di
anti-meningococco B da somministrare, per il solo anno 2017. 
    Da qui la conclusione, per cui: 
    «per  l'anno  2017,  con  riferimento   all'anti-varicella,   non
sussiste alcun onere aggiuntivo; 
    per  l'anno  2017,  per l'anti-meningococco  B,  pur  considerato
l'incremento dell'obiettivo di copertura vaccinale (dal 60% al 95%) -
moltiplicando la coorte di popolazione di riferimento per  il  prezzo
delle dosi di vaccini da somministrare  -  si  verifica  che  l'onere
associato e'  coerente  con  la  copertura  prevista  a  legislazione
vigente; 
    per   l'anno   2018,   per   l   'anti-meningococco   B   e   per
l'anti-varicella,  pur  considerato  l'incremento  dell'obiettivo  di
copertura vaccinale (dal 75%  al  95%)  moltiplicando  la  coorte  di
popolazione di riferimento per il prezzo delle  dosi  di  vaccini  da
somministrare  -  si  stima  un  onere  leggermente  superiore   alla
copertura prevista a  legislazione  vigente  (cfr.  Tabella  1),  che
tuttavia e' compensato dal minor costo per gli altri vaccini  ove  si
utilizzino i dati aggiornati della popolazione». 
    E' evidente quindi che la copertura viene riscontrata sulla  base
di dati del  tutto  aleatori:  basti  considerare  che  le  gare  per
l'acquisto dei vaccini sono  regionali  e  non  e'  stata  verificata
alcuna riduzione di prezzo e che peraltro la relazione non  specifica
per quali vaccini questa si sarebbe verificata. 
    In considerazione che il PNV non prevedeva la obbligatorieta' dei
vaccini, la Regione Veneto e' in grado di documentare  nella  tabella
allegata (doc. n. 3), il maggior onere che  risulta  posto  a  carico
dell'autonomia finanziaria regionale. 
    Complessivamente, dalla coorte 2001 (16enni) a  quella  del  2017
(nuovi nati) sono da prevedere oltre  760.000  dosi  di  vaccino  per
completare la copertura per le dodici vaccinazioni rese obbligatorie:
una dose MPR coorti 2001-2017, seconda dose MPR coorti 2001-2011, tre
dosi Esavalente coorti 2001-2017,  una  dose  meningococco  C  coorti
2012-2017, una dose per varicella e due per  meningococco  B  per  la
coorte 2017. 
    Tali sono le dosi  necessarie  per  assolvere  alle  prescrizioni
stabilite dalle norme impugnate (sono ovviamente gia' esclusi i  gia'
vaccinati per le rispettive vaccinazioni e rispettive dosi).  Volendo
escludere la coorte dei nuovi nati si giunge ad un totale di  448.000
dosi. 
    Applicando il costo dei vaccini a tali cifre si puo'  stimare  in
oltre 26,8 milioni di euro la cifra  necessaria  per  l'acquisto  dei
vaccini necessari (cifra che scende a 12  milioni  e  600  mila  euro
escludendo i nuovi nati). 
    3.3. Ma non solo. 
    Nel  valutare  l'impatto  sull'autonomia  finanziaria   regionale
occorre, infatti, considerare  i  costi  dell'insieme  degli  ingenti
adempimenti previsti a carico del  sistema  organizzativo  regionale,
sia  soprattutto  in  termini  di  carico  di  lavoro  in  capo  alle
istituzioni regionali preposte alla somministrazione dei vaccini, sia
per  le  ulteriori  disposizioni  che  ricadono   sull'organizzazione
amministrativa regionale (in base all'art. 3, comma 2  l'accertamento
e  la  contestazione  del  mancato  rispetto  dell'obbligo   spettano
all'azienda sanitaria locale competente per territorio, la quale,  se
ricorrono i presupposti, dovra' anche irrogare la sanzione  prevista;
in forza dell'art. 1, al comma 5, il  mancato  rispetto  del  termine
indicato dall'azienda sanitaria  locale  in  sede  di  contestazione,
implica che  quest'ultima  sia  tenuta  a  segnalare  l'inadempimento
dell'obbligo  vaccinale  alla  Procura  della  Repubblica  presso  il
Tribunale per i minorenni). 
    La relazione tecnica in modo del tutto sbrigativo e  superficiale
si limita ad affermare che «le attivita' che si dispone  svolgano  le
aziende sanitarie locali non comportano nuovi e maggiori oneri per la
finanza  pubblica,  in   quanto   rientrano   tra   gli   adempimenti
istituzionali di competenza delle stesse  a  legislazione  vigente  e
sono previsti,  tra  l'altro,  dal  Piano  Nazionale  di  Prevenzione
Vaccinale 2017-2019 (cfr. Intesa, ai  sensi  dell'art.  8,  comma  6,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano - Rep. atti n.  10/CSR  del  19
gennaio 2017)». 
    L'affermazione e' del tutto apodittica e dimentica  che  il  PNPV
non era in alcun modo fondato sul presupposto  della  obbligatorieta'
di  dodici  vaccinazioni  -  stabilita  invece  solo  ora,  anche  in
relazione alle coorti 2001-2016, dalle impugnate  disposizioni  -  ma
sulla condivisione di un obiettivo tendenziale. 
    Il  presupposto  e'  quindi   radicalmente   diverso   e   incide
pesantemente, quanto ai tempi, alla mole di lavoro e ai costi,  sulla
struttura organizzativa regionale, che si trova  gravata  da  ingenti
costi per il personale come stimato dalla tabella allegata  (doc.  n.
3): considerando solo 10 minuti a medico e 10 minuti a  comparto  per
le vaccinazioni (quando e' noto che l'attivita' esige invece maggiori
tempistiche in  quanto  c'e'  tutto  l'aspetto  legato  all'anamnesi,
all'invito, al colloquio  col  genitore,  alla  gestione  della  sede
vaccinale - aperture, stoccaggio vaccini, ecc. -  che  nella  tabella
non e' stato considerato) in termini di personale  e  tempo  si  puo'
quantificare approssimativamente  in  circa  7  milioni  di  euro  la
ulteriore spesa relativa al personale (4 milioni escludendo la coorte
dei nuovi nati). 
    3.4. La denunciata assenza  di  copertura  finanziaria  riguarda,
infine, anche i  costi  che  deriveranno,  in  forza  dell'estensione
dell'obbligo, dall'erogazione degli indennizzi dovuti  in  seguito  a
danni derivanti da vaccinazione. 
    La disciplina in questione, come noto, e' stata introdotta  dalla
legge n. 210 del 1992, recante  «Indennizzo  a  favore  dei  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati». L'art. 1, comma  1,  della  citata  legge  dispone  che
«chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni  obbligatorie  per
legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana,  lesioni  o
infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente della
integrita' psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da  parte  dello
Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge». 
    Il  medesimo  articolo  prevede  anche  che  il  beneficio  venga
corrisposto alle persone non vaccinate che abbiano riportato danni  a
seguito di contatto con persona vaccinata, nonche' alle  persone  che
si siano sottoposte a vaccinazioni non obbligatorie ma necessarie per
motivi di lavoro e ai soggetti a  rischio  operanti  nelle  strutture
ospedaliere (art. 1, comma 4, l. n. 210 del 1992). 
    La  giurisprudenza  di  codesta   Ecc.ma   Corte   costituzionale
successivamente  ha  in  parte  esteso  la  platea  dei  beneficiari,
includendovi i soggetti  sottoposti  a  specifiche  vaccinazioni  non
obbligatorie ma raccomandate e incentivate, quali  l'antipoliomielite
e l'antiepatite B, per il periodo precedente  all'introduzione  della
relativa obbligatorieta' (sentenze n. 27 del 1998 e n. 423 del 2000),
nonche' le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la  rosolia
(sent. n. 107 del 2012). 
    Successive   disposizioni   normative   hanno   previsto   alcune
integrazioni all'indennizzo in questione. Con la  legge  n.  238  del
1997 e' stata introdotta la possibilita' di richiedere un assegno una
tantum per il periodo  ricompreso  tra  il  manifestarsi  dell'evento
dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo. La legge n. 229 del 2005  ha
poi riconosciuto ai soggetti danneggiati indicati dalla l. n. 210 del
1992 un ulteriore  indennizzo,  consistente  in  un  assegno  mensile
vitalizio, corrisposto per la meta' al  soggetto  danneggiato  e  per
meta' ai congiunti che prestano o abbiano prestato ad esso assistenza
prevalente e continuativa. 
    Tanto premesso, si e' costretti  a  rilevare  che  ne'  le  norme
impugnate,  ne'  tantomeno  la  Relazione  tecnica,  si  sono   poste
minimamente il problema dei maggiori oneri che, dal  punto  di  vista
degli indennizzi, deriveranno dall'estensione dell'obbligo vaccinale. 
    Al  riguardo   e'   opportuno   precisare   che   la   competenza
amministrativa e gli oneri finanziari connessi  all'erogazione  degli
indennizzi in parola, in seguito all'adozione del decreto legislativo
n. 112 del 1998 e  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  26  maggio  2000  sono  stati  trasferiti  alle  regioni  a
decorrere dal 1° gennaio 2001, individuando al  contempo  le  risorse
finanziarie da trasferire ad esse dal bilancio dello Stato. 
    Tali risorse erano tuttavia rapportate alle  legislazione  allora
vigente, con un minor tasso di obbligatorieta' delle vaccinazioni. 
    Se successivi decreti del Presidente del Consiglio  dei  ministri
(in particolare 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003)  hanno  poi  operato
una rideterminazione delle  risorse  finanziarie  da  trasferire,  le
norme impugnate omettono  ora  ogni  considerazione  del  problema  a
fronte della pur imponente estensione degli obblighi di vaccinazione. 
    Di  conseguenza,  a  fronte  di  un  aumento  esponenziale  delle
vaccinazioni  obbligatorie  disposto  dalle   norme   censurate,   il
legislatore  avrebbe  dovuto  prevedere   una   specifica   copertura
finanziaria per il conseguente aumento delle domande di indennizzo. 
    La mancanza di ogni forma di copertura di questo ulteriore  onere
conferma quindi la censura esposta al punto 3.1. 
    A cio' si aggiunga che, ai sensi dell'art. 1, comma 586 della  la
legge di stabilita' 2016 (l. n. 208 del 2015), le  Regioni  sono  ora
tenute ad anticipare le somme dovute  a  titolo  di  indennizzo  agli
aventi diritto, «in attesa del trasferimento dallo  Stato»  (art.  1,
comma 586, l. n. 208 del 2015). 
    Dal momento che il decreto-legge impugnato non ha disposto alcuna
copertura finanziaria al riguardo, la Regione si trovera' esposta  ad
anticipare  le  relative  somme  senza  la  garanzia  di  un'adeguata
restituzione da parte dello Stato. 
 
                       Istanza di sospensione 
 
    La Regione del Veneto chiede che codesta Ecc.ma Corte, nelle more
del giudizio di legittimita'  costituzionale  delle  disposizioni  di
legge statale qui censurate, sospenda l'esecuzione degli articoli  1,
3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017 ai  sensi  dell'art.  35
della legge n. 87/53, come sostituito  dall'art.  9  della  legge  n.
131/2003, che tanto consente in presenza di un rischio di pregiudizio
grave e irreparabile all'interesse  pubblico  o  per  i  diritti  dei
cittadini. 
    E' del tutto evidente l'irreparabilita' del danno per  i  diritti
dei cittadini e per l'interesse pubblico che si verrebbe a verificare
nelle more ordinarie del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,
posto   che   l'introduzione   dell'obbligatorieta'    delle    nuove
vaccinazioni  e  i  relativi  oneri  posti  a  carico  dei  dirigenti
scolastici, dei responsabili dei servizi  educativi  per  l'infanzia,
dei centri di  formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole
private  non  paritarie,  nonche'  delle  aziende  sanitarie  locali,
travolgono il percorso avviato sin dal  2007  dalla  Regione  Veneto,
fondato sul consenso informato e sull'alleanza terapeutica rivolta ad
una adesione consapevole. 
    Qualora quindi  l'udienza  si  svolgesse  non  prima  dell'inizio
dell'anno scolastico, inevitabili ripercussioni  si  verificherebbero
con riferimento al principio di autodeterminazione della  persona  in
materia  di  trattamenti  sanitari,  per  l'effetto  del   traumatico
passaggio da una strategia vaccinale basata sulla convinzione  a  una
basata  sulla   coercizione,   senza   peraltro   che   siano   stati
adeguatamente  considerati  gli  accertamenti  preventivi  idonei   a
prevedere e a prevenire i possibili rischi di complicanze. 
    Risponde dunque all'interesse  generale  sospendere  l'esecuzione
delle suddette disposizioni, nelle more del giudizio di  legittimita'
costituzionale, dato il concreto rischio di un pregiudizio  grave  ed
irreparabile per i diritti dei cittadini, nonche' di un  irreparabile
pregiudizio all'interesse pubblico. 

(1) S. Salmaso, I  Vaccini  come  strumento  di  prevenzione,  Centro
    Nazionale  di  Epidemiologia,  Sorveglianza  e  Promozione  della
    Salute, Istituto Superiore di Sanita'; P.E. FINE, Herd  immunity:
    History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp.  265-302.
    Cfr., inoltre, P. Urbano, F.G. Urbano, Giornale di batteriologia,
    virologia ed immunologia, 1997, vol. 89, p. 47 ss.; G. Gonçalves,
    Herd Immunity: Recent Uses  in  Vaccine  Assessment,  Expert  Rev
    Vaccines, 2008. 

(2) World Health Organization - Regional Office For Europe,  European
    Vaccine    Action     Plan     2015-2020,     consultabile     in
    http://www.euro.who.int/data/assets/pdf_file/0007/255679/WHO
    EVAP_UK_v30_WEBx.pdf?ua=1). 

(3) Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019, di cui
    all'intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, l. 5 giugno  2003,  n.
    131, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di  Trento
    e Bolzano, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  41  del  18
    febbraio 2017, approvato il  19  gennaio  2017  dalla  Conferenza
    Stato-regioni con lo scopo  primario  dell'"armonizzazione  delle
    strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire  alla
    popolazione, indipendentemente da luogo di residenza,  reddito  e
    livello  socio-culturale,  i  pieni  benefici   derivanti   dalla
    vaccinazione; intesa sia come strumento di protezione individuale
    che di prevenzione collettiva, attraverso l'equita'  nell'accesso
    a vaccini di elevata  qualita',  anche  sotto  il  profilo  della
    sicurezza,  e  disponibili  nel  tempo   (prevenendo,   il   piu'
    possibile, situazioni di carenza), e a servizi di  immunizzazione
    di livello eccellente". 

(4) Centers For Disease Control and Prevention (CDC) and World Health
    Organization  (WHO/OMS),  History  and  Epidemiology  of   Global
    Smallpox Eradication. From the training course  titled  Smallpox:
    Disease, Prevention, and Intervention, Slides  16-17,  pubblicato
    in
    http://www.bt.cdc.gov/agent/smallpox/training/overview/pdf/eradic
    ationhistory.pdf. I dati in essa contenuti vengono ripresi  anche
    dalla letteratura scientifica, almeno fino al 2015 (R.M. Merrill,
    Introduction           to           Epidemiology,           2015,
    https://books.google.it/books?id=Vy0iswEACAAJ&printsec=frontcover
    &hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Smallpox%20&f=false). Si veda anche: P.E. FINE, Herd immunity: History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302;  M.
    Doherty, P. Buchy, B. Standaert, C. Giaquinto,  D.  Prado  Cohrs,
    Vaccines Impact: Benefit for Human Health,  Vaccine,  Volume  34,
    Issue 52, 20 December 2016, p. 6707-6714; S. Salmaso,  I  vaccini
    come strumento di prevenzione, cit. 

(5) P.E. Fine, Herd Immunity:  History,  Theory,  Practice  Epidemiol
    Rev, 15 (1993), pp. 265-302; S. Salmaso, I vaccini come strumento
    di prevenzione, cit. 

(6) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non  basta  ridurre  il  numero  degli
    obbligatori,  serve  un'alleanza   terapeutica,   in   Quotidiano
    sanita',               3               luglio               2017,
    http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?artic
    olo_id=52302&fr=n,   dove    viene    radicalmente    contestata,
    confrontando sia gli indici  dell'OMS  sia  la  piu'  accreditata
    letteratura scientifica, l'indicazione della soglia del  95%  per
    l'effetto gregge da parte dell'ISS. 

(7) http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.a
    spx?id=217494. 

(8) http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp. 

(9) Cfr.
    http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vaccin
    azioni. 

(10) Ministero  della  salute,  dato  al  2016,  coorte   del   2014.
     www.salute.gov.it. 

(11) http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/Infografica2017.as
     p 

(12) C. Colapietro, La  valutazione  costi-benefici  nei  trattamenti
     sanitari obbligatori: il bilanciamento  tra  gli  interessi  del
     singolo e quelli della collettivita', in  Aa.Vv.,  Vaccinazioni:
     obbligo o liberta?, Forum internazionale, Napoli, 2017,  p.  68,
     consultabile                                                  in
     http://www.luimo.org/images/forum/Napoli_forum_vaccinazioni_it.p
     df.; nello  stesso  senso,  v.,  gia',  R.  D'Alessio, I  limiti
     costituzionali  dei  trattamenti  "sanitari",   in   Diritto   e
     Societa', 1981, p. 546 e ss.,  e  V.  Caianiello,  Limiti  delle
     prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del
     diritto di scelta del cittadino, in  Nuova  Rassegna,  1985,  p.
     827. 

(13) Sulla  persona  umana   come   valore   centrale   nel   sistema
     costituzionale, al quale tutti gli altri si  riportano,  v.,  ex
     multis, A. Barbera, Commento all'art. 2,  in  Commentario  della
     Costituzione a cura di G.  Branca,  Bologna,  1975,  p.  91;  N.
     Occhiocupo, Liberazione e promozione umana  nella  Costituzione.
     Unita' di valori nella pluralita' di posizioni, Milano, 1988, p.
     68 e ss.; A. Baldassarre, Diritti inviolabili,  in  Enciclopedia
     Giuridica, XI, Roma, 1989; A. Pace, Problematica delle  liberta'
     costituzionali  -  Parte  generale,  Padova,  1990,  passim;  L.
     Carlassare, Forma di Stato e diritti fondamentali,  in  Quaderni
     Costituzionali, 1995, 1, p. 45. 

(14) R. Dworkin, La  democrazia  possibile.  Principi  per  un  nuovo
     dibattito politico, Milano, 2007, pp.  28-29.  Cfr.  inoltre  G.
     Marini, Il consenso, in S. Rodota'  e  P.  Zatti  (diretto  da),
     Trattato di biodiritto, vol. I; S. Rodota' e M.  Tallacchini  (a
     cura di), Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010,  pp.  381
     ss. 

(15) Gli articoli 5, 6 e 9 della Convenzione di  Oviedo  sui  diritti
     dell'uomo e la biomedicina sono contenuti al Capitolo II recante
     "Consenso", e sono rispettivamente rubricati  "Regola  generale"
     (art. 5), "Protezione delle persone che non hanno  la  capacita'
     di  dare  consenso"  (art.  6),  e   "Desideri   precedentemente
     espressi" (art. 9). 

(16) Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, punto  7.2:  "Ora,
     e' noto che, sebbene  il  Parlamento  ne  abbia  autorizzato  la
     ratifica con la legge 28 marzo 2001, n. 145, la  Convenzione  di
     Oviedo non e' stata a tutt'oggi ratificata dallo Stato italiano.
     Ma da cio' non consegue che la Convenzione sia  priva  di  alcun
     effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all'accordo valido  sul
     piano internazionale, ma non ancora eseguito  all'interno  dello
     Stato, puo' assegnarsi - tanto piu' dopo la  legge  parlamentare
     di autorizzazione alla ratifica - una  funzione  ausiliaria  sul
     piano interpretativo: esso  dovra'  cedere  di  fronte  a  norme
     interne  contrarie,   ma   puo'   e   deve   essere   utilizzato
     nell'interpretazione di norme interne al fine di dare  a  queste
     una lettura il piu' possibile ad esso conforme.  Del  resto,  la
     Corte costituzionale, nell'ammettere le richieste di  referendum
     su alcune norme della legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente
     la  procreazione  medicalmente  assistita,  ha   precisato   che
     l'eventuale vuoto conseguente al referendum non si sarebbe posto
     in  alcun  modo  in  contrasto  con  i  principi   posti   dalla
     Convenzione di Oviedo del 4 aprile  1997,  recepiti  nel  nostro
     ordinamento con la legge 28 marzo 2001,  n.  145  (Corte  cost.,
     sentenze n. 46, 47, 48 e 49 del 2005): con  cio'  implicitamente
     confermando che i principi da essa posti fanno gia'  oggi  parte
     del sistema e che da essi non si puo' prescindere." 

(17) Cfr.
     http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vacci
     nazioni. 

(18) Cfr. http://vaccinarsinveneto.org. 

(19) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351. 

(20) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351. 

(21) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351. 

(22) DGR  Veneto  n.  3664  del 25  novembre  2008,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=211577. 

(23) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351. 

(24) DGR  Veneto  n.  3139  del 14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351. 

(25) Regione Veneto, Report sull'attivita' vaccinale dell'anno  2016.
     Copertura  vaccinale  a  24  mesi  (coorte  2014),  marzo  2017,
     consultabile                                                  in
     https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
     ni.  

(26) Regione  Veneto,  Report  sul  monitoraggio  della   sospensione
     dell'obbligo vaccinale. Dati sulle  coperture  vaccinali  per  i
     nuovi  nati  aggiornati  al  31  marzo  2017,  consultabile   in
     https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
     ni, p. 14. 

(27) Dati  EpiCentro,  portale  dell'epidemiologia  per  la   sanita'
     pubblica, a cura del Centro nazionale per la  prevenzione  delle
     malattie e la promozione della salute dell'Istituto superiore di
     sanita',                     consultabili                     in
     http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp.  Per
     le restanti  vaccinazioni  raccomandate,  inoltre,  i  tassi  di
     copertura in Veneto non  si  discostano  di  molto  dalla  media
     nazionale: pertosse 92% (media nazionale:  93,55%);  Hib  91,26%
     (media nazionale: 93,05%); pneumococco 84,46%  (media  nazionale
     88,35%) - i dati EpiCentro si  riferiscono  sempre  alla  coorte
     2014. 

(28) Progetto "Indagine sui  Determinanti  del  Rifiuto  dell'Offerta
     Vaccinale nella Regione Veneto", Report di Ricerca, Analisi  dei
     Dati e Indicazioni Operative (DGR n. 3664 del 25 novembre 2008 -
     All.  B)  (del.  Az.  ULSS  20  n.  278  del  27  maggio  2009),
     consultabile        in        https://prevenzione.ulss20.verona.
     it/iweb/1324/argomento.html, p. 6. 

(29) Ivi, pp. 46-47. 

(30) Consultabile                                                  in
     https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr
     .aspx?id=334537. 

(31) F.   MODUGNO,   Trattamenti   sanitari   "non   obbligatori"   e
     Costituzione, in Dir. e Soc., 1981, p. 310. 

(32) R.   D'ALESSIO, I   limiti   costituzionali   dei    trattamenti
     "sanitari", in Dir. e Soc., 1981, p. 540. 

(33) V.  le  recenti  dichiarazioni  del  Ministero  della  salute  e
     dell'Istituto    superiore    di    sanita'    (riportate     in
     http://www.epicentro.iss.it/problemi/meningiti/EpidemiaMediatica
     .asp) che hanno definito i casi di  meningite  verificatisi  nel
     2016 "un'epidemia mediatica".  

(34) Cfr. I. CAVICCHI, Vaccini. Non basta  ridurre  il  numero  degli
     obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, cit. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione del Veneto chiede che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale
dichiari l'illegittimita' costituzionale: 
    dell'intero decreto-legge  n.  73  del  2017  e,  in  ogni  caso,
dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4, 5 e 7,  per
violazione dell'art. 77, comma 2, della  Costituzione,  in  combinato
disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione; 
    dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4 e 5, del
decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 31,
32, 34 e  97  della  Costituzione,  in  combinato  disposto  con  gli
articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione; 
    dell'art. 1, commi 1, 4 e 5, e degli articoli 3, 4,  5  e  7  del
decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma
3, e 119, commi 1 e 4, della Costituzione. 
    Si depositano: 
    1. delibere della giunta regionale n. 897 del 13 giugno 2017 e n.
975 del 23  giugno  2017  di  autorizzazione  a  proporre  ricorso  e
affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale; 
    2. tabella riassuntiva copertura Regione del Veneto e definizione
della soglia minima; 
    3. tabella sui maggiori oneri per la Regione Veneto. 
 
          Treviso-Venezia-Roma, 14 luglio 2017 
 
            Avv. Zanon - Avv. prof. Antonini - Avv. Manzi